Strade...
Una strada porta in tante direzioni: ognuna utile a chi la percorra.
Ma ciascuna porta con sè miriadi di esperienze e testimonianze che sono la memoria ed il ricordo degli avvenimenti che le riguardano.
Alcune ben note a tutti, la maggior parte invece, patrimonio personale dei loro viandanti.
Centro, a Palermo, è un concetto elastico quanto il senso di appartenenza degli abitanti per ogni quartiere della città dove mettono radici.
Ma ogni tracciato conduce inevitabilmente al Teatro del Sole, il meraviglioso Ottagono seicentesco di piazza Villena, dal nome del vicerè spagnolo che lo volle edificato, per mano dei più rinomati architetti e operai del periodo artistico forse più prolifico di questa Capitale di tanti Regni.
Li chiamiamo anche i Quattro Canti di Città, contrapponendoli così a quelli di Campagna che, a meno di un chilometro di distanza, stabilivano con l'analoga opposta distanza rispetto alla Stazione Centrale, il diametro della estensione cittadina, fino all'inizio del 900: una città stretta e lunga, dal mare fino alle montagne.
A questo percorso si è aggiunta poi la città Liberty del secolo scorso, in un lunghissimo tracciato rettilineo su cui si affacciano il magnifico Teatro Massimo ed il Politeama, che adesso porta al mare anche in senso orizzontale rispetto a piazza Villena, attraversando la città nuova della speculazione edilizia, che ha collegato frazioni e abitati rurali, facendo piazza pulita progressivamente degli agrumeti e terreni per l'estensione dei quali, ancora cent'anni fa, era definita essere la Conca d'Oro.
E da questo barocco Teatro del Sole, magnifico epicentro urbano, dove per ogni stagione il sole illumina di volta in volta due Canti alla volta, si colgono ad occhio tutti i riferimenti nei quattro punti cardinali, una bussola per cittadini e visitatori, un naturale punto di incontro per l'inizio o la fine di qualsiasi itinerario, storico, gastronomico, culturale o godereccio, sentimentale, come per ogni sposa che esca a farsi fotografare per strada, da una delle infinite e magnificienti chiese che insistono su questo esoterico crocevia.
Ancora di più, l'edificazione dei Quattro Canti contribuì alla divisione urbanistica della città di allora nei quattro principali quartieri del Capo, Kalsa, Loggia e Albergheria, che seguirono destinazioni e sviluppi architettonici differenti, contribuendo a mettere le basi per le successive espansioni territoriali nelle aree esterne alle mura originarie della città, in un progresso continuo di allargamento che ha portato a determinare nell'originario nucleo di Palermo, l'area di centro storico più estesa in tutta Europa e per ciò stesso, immagino, in tutto il mondo.
Ogni gruppo marmoreo si sviluppa in tre ordini: le fontane alla base rappresentano intanto i quattro fiumi che attraversando la città, si dirigevano poi a mare, il Papireto, l'Oreto, il Kemonia (fiume del maltempo), ed il Gabriele (o Pannaria) mentre le rispettive statue di Eolo, Venere, Cerere e Bacco, sono la raffigurazione delle quattro stagioni.
Al secondo livello, quello di centro, le raffigurazioni dei sovrani spagnoli che si sono avvicendati, Carlo V, Filippo II, Filippo III e Filippo IV.
In alto la raffigurazione delle quattro originarie Sante protettrici della Città, ossia Santa Cristina, Sant'Agata, Santa Ninfa e Santa Oliva. prima dell'avvento della attuale Santuzza, Santa Rosalia, che solo pochi anni dopo l'edificazione dell' Ottangolo, durante la violenta epidemia di peste del 1624, apparsa ad un cacciatore che stava tentando il suicidio e ritrovate le sue spoglie sul Monte Pellegrino, dove gli chiedeva nel sogno di essere cercata, portata in processione, fece repentinamente cessare l'epidemia e rese d'un colpo obsolete nella fede dei palermitani le povere sante dei Quattro Canti.
Leggenda e mito, fiumi e sovrani, architetti e povera gente, fasti e miseria, in un rivugghio di mescolanza (ancora un melting pot) tra Sacro e profano, tra potere spirituale, temporale e...naturale, come quello delle stagioni, ognuna delle quali, a Palermo, condiziona gli umori, la politica, la Fede.
Si... il palermitano è metereopatico assai...!
Nella mia città, Palermo, una delle caratteristiche peculiari del suo tessuto viario è certamente il TRAFFICO: non solo di mezzi, sopratutto di accadimenti, che si incrociano e ripetono di epoca in epoca, con polarità a volte del tutto opposte: è una città che si è vista attraversare da popoli appartenenti a civiltà e culture del tutto differenti, sicani, cartaginesi, greci, arabi, ebrei, normanni, spagnoli, francesi, ancora spagnoli, piemontesi per poi infine ...diventare siciliana.
Che significa... non del tutto italiana, ma con qualcosa in più ed altrettanto in meno, in bilico perennemente tra la ricerca di riscatto economico e il pavoneggiamento degli antichi o recenti fasti.
Perchè perfino nei periodi più oscuri gli stranieri di passaggio si sono impegnati con tutta la loro perizia a lasciare traccia, segno, lingua, cucina, esperienza.
Se le pietre parlassero, se su di esse apparisse scritto il loro punto di vista, scopriremmo il vero senso degli avvenimenti che nei secoli fino ai giorni nostri hanno coinvolto la loro superficie, ne hanno eroso la materia.
A Palermo la Storia si stratifica su ogni balata di travertino, nonostante l'eventuale colata di asfalto che la ricopra, da cui prima o poi qualcuno riesce sempre a riesumare i fatti che le abbiano caratterizzate.
Non serve studiare: basta ascoltare.
I cunti della gente viaggiano nel vento.
Max Aquila photo (C) per Nikonland Magazine 02/2023
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