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  1. M&M
    Brahms, Concerto per Violino e Orchestra, Bartòk, Concerto per Violino e Orchestra n. 1 - Jansen/Pappano
    Orchestre di Santa Cecilia e LSO
    Decca 2016
    ***
    Tre disclaimer prima di questa recensione mi sembrano doverosi.
    in generale non amo il violino, come non amo i soprani tradizionali, ma l'ultima generazione di grandissime violiniste che stanno - per nostra fortuna - animando la scena internazionale in questo periodo, rende tanto frizzante il panorama discografico per questo strumento (decisamente meno per quanto riguarda i soprani) che non se ne può non parlare a dovere ! il concerto per violino di Brahms e il concerto per violino n. 1 di Bartòk ci azzeccano tra di loro come la maionese sulla crostata di mele. Comprendo le necessità editoriali di riempire l'intero spazio di un CD ma qui perlomeno non si tratta della solità scelta di marketing per meglio "veicolare" del contenuto ostico inserendo brani di programma più appetibili dal largo pubblico. Questi sono certamente due pezzi forti della letteratura violinistica, quello di Brahms, per me personalmente, è IL concerto per violino e orchestra ma il vero trait-d'union qui è la violinista perchè ... adoro - oserei dire amo - Janine Jansen. Mi piace il suo suono, adoro il suono del suo straordinario ... Stradivari, è una interprete di livello assoluto, quando è sul palco è una tigre. Lei per quanto mi riguarda è il violino oggi. La sua statura è tale da porla vicina ai grandi del passato di questo strumento.
    E adesso cominciamo dal fondo. Il direttore conta, eccome se conta. Pappano è tra i migliori maestri concertatori di oggi.
    E' un pò ruspante nell'aspetto, spesso istrionico alla Bernstein - e ne ha ben d'onde - qualche volta un pò provinciale, ammettiamolo, ma sa mettere a suo agio al meglio i solisti (è memorabile il duetto con la Di Donato) condividendone il progetto bene a fondo. Tanto che loro ritornano sempre volentieri a Roma quando possono. Raramente a Milano.
    Ne parlano insieme in una intervista disponibile su Youtube. Pappano spiega a Janine che ciò che lei prova quando si trova a Santa Cecilia è lo spirito italiano. La passione.
    E confessa al contempo che la sua più incoffessabile paura è di andare sul palco a suonare un brano ben noto e non avere nulla di nuovo da dire.
    Lo dice convinto, suscitando lo stupore della violinista che certo questo timore non l'ha mai provato, né immaginato.
    Tanta è la sua personalità straripante di forza e sensibilità, anche quando sovrasta l'orchestra in una partitura tanto densa e dove - normale per Brahms - è forte la carica del tutto orchestrale, sul solo violino.
    L'ho visto nella Serenata di Bernstein con gli stessi interpreti - (memorabile secondo me e sul livello di quelle di Bernestein con Stern o Perlman, spero che venga riversata su disco prima o poi) l'ho ascoltato nel concerto di Brahms, stiamo parlando di questo modo di suonare, che si cala come il vestito fatto su misura per questa interprete.
    Non c'è un secondo di calo di tensione. Dalla prima all'ultima nota in questa edizione. Che è il mio riferimento tra quelle degli ultimi anni.
    Anzi, non me ne viene proprio in mente un'altra con questo livello di forza e armonia legate insieme.
    Il secondo movimento - spesso purtroppo accade in Brahms se chi suona non sa esattamente con chi ha a che fare - può essere preso con eccessivo relax e suscitare sbadigli, qui invece ti lega alla sedia. L'introduzione dell'orchestra ti culla e ti fa desiderare presto l'entrata del violino. Che poi non ti lascia più anche quando passa la mano ad oboi e clarinetti.
    E il finale. La cadenza. Chi li ferma più ?
    Scusatemi, ma io un Bartòk innamorato proprio non me lo figuro. Un personaggio così scuro, teso, controverso ... barbaro ... innamorato ?
    Deve essere stata una violinista eccezionale, quella per la quale Bela ha scritto il suo inedito, in vita, primo concerto per violino.
    Conservato per tutta la vita dalla donna amata, cui era stato donato il manoscritto originale, pubblicato postumo e di cui quasi nessuno sapeva nulla.
    Certamente una donna eccezionale per un concerto eccezionale.
    Che con questi interpreti finisce persino per piacere a me che, lo confesso, come per tutta la musica di Bartòk, avevo sempre evitato accuratamente di ascoltare.
    Io non avevo mai nemmeno sentito nominare la signora Stefi Geyer, di come Bartok la vedesse e se ne abbia idealizzato o meno i tratti con questa composizione.
    Lo sento suonato dalla Jansen e ne idealizzo i tratti della sua personalità.
    Probabilmente il lungo assolo su cui si dipana il primo movimento, con l'orchestra che ne sottolinea appena, con garbo, gli sviluppi senza quasi mai prendere l'iniziativa le rappresenta entrambe sul piano spirituale.
    Ma parliamo pur sempre di creature terrene e il secondo movimento, diametralmente opposto, le riporta un pò più qui tra noi.
    Insomma, quasi i due lati di uno stesso ritratto, con le dissimetrie che il volto di ciascuno di noi possiede se lo guardiamo coprendo l'altra metà.
    Ma trascurando queste connotazioni "biografiche" che io leggo vedendo la nostra Janine nei panni della Stefi di Bartok, il barbarico ardore solito che mi fa detestare la musica dell'ungherese qui è stemperato ed al servizio del sensazionale virtuosismo della violinista.
    Il suo Stradivari danza insieme alle diverse sezioni dell'orchestra. Indugia. Indulge. Fa la moina.
    Non sarà un caso se il fotografo ingaggiato da Decca per questo disco abbia scelto di scattare queste foto e poi l'editor le abbia incluse nel libretto.
    Si questo è il primo, personalissimo, originale concerto per violino di Bartok. Una perla rispetto al detestabile secondo ... secondo me.
    Mi sto innamorando di Bartok ? Non succederà mai, qui mi sono smarrito solo per un breve attimo. Pensando a Janine 

    per tutto il materiale qui pubblicato (C) a Decca, solo ai fini divulgativi della recensione.
     
  2. M&M
    Brahms/Schonberg : Quartetto per pianoforte n.1 Op. 25
    Composto nella forma originale da Johannes Brahms, trascritto per orchestra da Arnold Schonberg
    Qui inserito nel pregevole cofanetto dedicato da SWR alla memoria del grande Michael Gielen, edito nel 2020 con registrazioni di opere di Brahms effettuate tra il 1989 e il 2005
    ***
    Premesso che tutto il cofanetto è da considerare tra i migliori tributi a Brahms del 2020, sebbene non rappresenti la vetta dell'arte dello scomparso Michael Gielen, qui lo cito perchè non mi vengono in mente registrazioni migliori dell'edizione orchestrale del quartetto con pianoforte Op. 25 di Brahms.
    Il quartetto in origine è del 1861 e in 4 movimenti :
     
    Allegro (sol minore) Intermezzo. Allegro ma non troppo (do minore) e Trio: Animato (fa minore) Andante con moto (mi bemolle maggiore) Rondò alla Zingarese. Presto (sol minore) pubblicato nel 1863 ed eseguito ad Amburgo per la prima volta con Clara al pianoforte il 16 novembre 1861.
    Si tratta di una composizione di proporzioni sinfoniche in cui il pianoforte si incarica di rinforzare la struttura non limitandosi a partecipare da solista.
    Brahms ha ancora solo 28 anni ed è ben lontano dal presentare la sua prima sinfonia ma sappiamo che già nei primi lavori pianistici le strutture che aveva in mente travalicavano la capacità di volumi ed articolazioni del singolo strumento.
    Non approfondiamo ulteriormente la composizione originale che avrebbe bisogno di un articolo a se stante. Stabiliamo semplicemente che non deve meravigliare che Otto Klemperer commissionò allo stesso Schonberg di trascrivere (o riscrivere) il quartetto per grande orchestra (non per orchestra da camera) per presentarlo nella stagione concertistica con la Los Angeles.
    Siamo nel 1937 e Schonberg è in "esilio" volontario in California.
    Orchestrazione: 3 flauti (3 ° = ottavino), 3 oboi (3 ° = corno inglese), clarinetto in mi bemolle, 2 clarinetti (2 ° = clarinetto basso), 3 fagotti (3 ° = controfagotto), 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, tuba, timpani, percussioni (grancassa, piatti, glockenspiel, rullante, tamburello, triangolo, xilofono) e archi
    Prima esibizione di LA Phil: 7 maggio 1938, direzione di Otto Klemperer (prima mondiale)
    La durata complessiva resta intorno ai 43 minuti, una lunghezza, appunto, da sinfonia, più che da quartetto.
    Il rapporto di Schoenberg con Brahms è di natura particolare. Anche qui il discorso meriterebbe un articolo a se stante ma non conosco (e non intendo conoscere) abbastanza Arnold per poterlo affrontare.
    In una serie di conferenze definì "Brahms il progressista", mettendolo in contrapposizione con la tendenza del mondo culturale tedesco di inserirlo come successore di Beethoven o di chissà chi altri o in antitesi alla filosofia a tema di Wagner-Liszt.
    Dobbiamo quindi credere quando parla con amore del quartetto Op.25.
    Le sue motivazioni al riguardo della trascrizione sono semplici.

    "Mi piace
    E' poco eseguito.
    E' eseguito male perchè spesso il pianista è la figura chiave del quartetto e tende a prevaricare gli altri strumentisti
    Mentre a me piace che si senta tutto."
    Cosa che ha tentato di fare nella sua trascrizione.
    Che inizia con una atmosfera del Brahms più matura, con il violino solo che intona il tema di quattro note che viene subito variato da tutta l'orchestra.
    Gielen asseconda la strutturazione di Schoenberg - d'altronde era un consumato direttore di musica contemporanea - allineandosi alla rilettura.
    Ne viene un Brahms giovane, ancora più vigoroso ma soprattutto non isolato nel titanico sforzo sempre infruttuoso di emulare con il pianoforte quello che una grande orchestra moderna può fare.
    E' vero, alcuni passaggi della trascrizione sono esagerati e ci sono sovrapposizioni meno eleganti di quanto il delicato Brahms avrebbe preferito.
    Ma non stiamo parlando di una traduzione "giurata", questa è un'altra composizione. Un tributo, non un plagio.
    Come sia, nemmeno un secondo del "nuovo" quartetto, annoia in questa lettura. E non mancano momenti lirici e "corali" come nel terzo movimento "Andante con moto".
    Ma resta un Brahms molto virile e potente.
    Che nell'ultimo rondò é ritmato al massimo.
    Ammetto che ha ragione Arnold, specie per l'utilizzo di strumenti che Brahms non conosceva (il glockenspiel ?) e per la generosità d'uso della grancassa, del triangolo, dello xilofono (anche questo non mi pare fosse usuale nella tavolozza di Johannes) si sente ogni nota.
    Alcune anche più di altre.
    Musica moderna al servizio di quella romantica. Forse il più atto d'amore che si possa fare ad un autore che si adora.
    Come dicevo vi consiglio l'intero cofanetto. Ma in verità anche tutti gli altri della Gielen Edition.
    Direttore tra i massimi del '900, ingiustamente trascurato perchè "poco scenico".
    Ma capace di un suono coerente, lucido, vivace in ogni momento.
    Registrazione dal vivo - come le altre - dinamica e potente.
    Dischi da 5 stelle.
  3. M&M

    Recensioni : orchestrale
    British Music for Strings I
    Parry, Elgar, Jacob
    Sudwestdeutches Kammerorchester Pforzheim diretta da Douglas Bostock
    CPO 8/1/2021, formato CD, via Qobuz
    ***
    Trovo semplicemente deliziosa la An English Suite di Charles Parry che qui apre questo primo volume di quella che sembra una raccolta di dischi di musica inglese per orchestra d'archi.
    E' realisticamente una suite con tanto di minuetto e di sarabanda ma vicina ad una vera e propria sinfonia per archi.
    Qui è ben resa anche se conosco edizioni anche più frizzanti.
    Credo che comunque rappresenti bene lo spirito veramente britannico di questa composizione (scritta durante la guerra tra il 1914 e il 196)
    Segue una versione per orchestra d'archi scritta da Hans Kustovny della sonata per organo Op. 28 di Edward Elgar (1895). Si tratta di un arrangiamento tedesco contemporaneo (2006) di una composizione classicamente inglese.
    E' mantenuta l'atmosfera tranquilla dell'originale ma se con l'orchestra d'archi guadagna la tessitura della trama musicale, si perde l'immanenza organistica. Il risultato è interessante ma un pò criticabile.
    La sinfonia per archi di Gordon Jacob è il più recente dei lavori presentati in questo disco (1943).
    E' musica "tedesca", nel senso della tensione contrappuntistica, specie nel terzo movimento, tutto fatto di fugati ed abbastanza vivace (non proprio "molto vivace" come indicato dall'autore) e viene dopo due movimenti andanti, piuttosto desolanti.
    Probabilmente ispirati dal tempo di guerra.
    Nel complesso, probabilmente il brano più impegnato e tecnico dei tre ma il meno piacevole da ascoltare (tranne, appunti, gli interessanti fugati finali, molto tecnici ma poco musicali alla fine).
    Questo disco mi pare interessante ma un pò "freddo" e non troppo coinvolgente. Anche il suono degli archi è un pò freddo (ascoltato sia nei diffusori che in cuffia elettrostatica) e probabilmente questo non aiuta a convincere di più l'ascoltatore.
  4. M&M
    Benjamin Britten quarantenne ritratto dal grandissimo Yousuf Karsh nel 1954.
    Si può amare oppure detestare. 
    Credo sia difficile mettersi su posizioni mediane, oppure semplicemente trascurarlo.
    La sua importanza musicale è indubbia, di fondo è il più grande compositore inglese dopo Purcell (ma forse più grande di Purcell, con le dovute, evidenti differenze).
    Con buona pace dei tanti Elgar, Vaughan Williams, Walton & co. che hanno popolato il "rinascimento" musicale britannico di inizio XX secolo.
    I suoi lavori sono di indole introversa ma caratterizzati da episodiche esplosioni di pura potenza, simili a tempeste o deflagrazioni cosmiche.
    Eclettico, profondissimo - tra i massimi - conoscitori delle qualità cromatiche e coloristiche di ogni singolo strumento musicale, maestro dell'orchestrazione, del colore, degli accostamenti tonali ma al limite dell'atonale.
    Sarebbe potuto essere anche un grande stilista o un pittore ma sempre in bilico tra realismo assoluto ed accennato surrealismo.
    Estremo interprete delle pulsioni del secolo breve, senza indugiare troppo nello stucchevole narcisismo del linguaggio fuori dal mondo proposto dalla Seconda Scuola di Vienna ma nemmeno nell'eccessiva zuccherosa e autoindulgente nostalgia del perduto impero dei tardo-romantici compositori britannici della sua era.

    Benjamin e Peter, legati per tutta la vita
    Io non conosco e non amo particolarmente le sue composizioni operistiche e trovo ostiche certe sue pagine che però sono comunque somme in termini di pura scrittura musicale.
    Il suo travaglio personale traspare spesso, anche al di là delle influenze storiche (in primo luogo l'orrore per la guerra e i totalitarismi).
    Ancora di più le grandi amicizie musicali e di vita, oltre a Peter Pears, con Rostropovich, con Richter, grazie ad una naturale affabilità e bonarietà d'animo.
    Ottimo pianista, specie come accompagnatore, fine direttore d'orchestra, coltissimo. In vita inviso da molti colleghi e critici per le sue qualità compositive senza pari e perché troppo disinvolto cosmopolita, poco "inglese".
    In età matura scrisse musica complicata e abbastanza indigesta, io tendo a preferire le composizioni giovanili.
    Dichiarò più avanti che avrebbe potuto usare un linguaggio più difficile ma che questo avrebbe reso la sua musica non fruibile dalla maggior parte degli appassionati di musica mentre il suo obiettivo era farsi ascoltare.
    1
    Confesso che come tanti altri, l'ho conosciuto grazie alle proposte del grande Leonard Bernstein, specie nella bellissima "The young person's guide to the orchestra", ascoltata già alle scuole medie, insieme al solito "Pierino e il lupo".
    Al di là della sua destinazione "culturale" per giovani ascoltatori, le qualità di questa composizione sono inarrivabili.
    Per la profondità delle variazioni al servizio dell'orchestrazione che mette in luce tutti gli strumenti.

    la troviamo in questo sensazionale disco del 1961 con Bernstein anche nella sua felice e normale vita a New York, con la NY Philarmonic.
    Dal primo tema di Purcell alla fuga finale qui abbiamo la voce di un ragazzino che spiega l'ingresso degli strumenti ma sotto c'è tutta la consumata abilità di Bernstein che certo aveva grande ammirazione per il collega inglese.
    Ogni sezione dell'orchestra è valorizzata, anche negli strumenti più inusuali. Ma traspare l'amore per l'arpa e per le percussioni.
    Il bello dell'interpretazione è la doppia lettura, compositiva - e qui si sente tutto il Bernstein - nelle variazioni organizzate in prima lettura, fino alla fuga. E quindi nella versione divulgativa con lo speaker.
    Ma questo disco contiene anche una prima versione - molto tersa e diretta -dei fantastici Four Sea Interludes dal Peter Grimes.
    Bernstein li riprenderà a fine carriera, nel suo lancinante ultimo concerto con la Boston Symphony del 1991

    con un accostamento coloristico estremo con la 7a di Beethoven.
    Altrettanto immancabile è la Passacaglia, sempre dal Peter Grimes.
    Insomma, un primo disco imperdibile che associa pagine orecchiabili ad altre meno dirette ma non meno interessanti.
    La registrazione è eccezionale con livelli di bassi e dinamiche straordinarie.

    Di ascolto più complicato, la tarda Suite on English Folk Tunes, Op. 90 che completa il disco.
    2

    anche se in questo cofanetto Britten è direttore e pianista, non è possibile arrivare a capirne la maestria, senza conoscerlo.
    Ci sono pagine sensazionali in queste 31 ore di grande musica.
    A cominciare da una umanistica e dolora Johannes Passion tradotta in inglese da Imogen Holst e Peter Pears (1972).
    C'è l'amatissimo NH Mr. Henry Purcell con The Fairy Queen (anche qui con l'intervento culturale della figlia di Holst e di Peter Pears).
    C'é il meraviglioso Mozart, con lui solista, con Richter e quello indimenticabile con Clifford Curzon.
    La Fantasia D940 di Schubert, con Richter.
    L'Arpeggione con Slava Rostropovich. E sempre con Slava, la sonata di Shostakovich.

    Benjamin, Peter e Dimitri ad Aldenburgh per il festival musical patrocinato da Britten (1966)
     
    3

    Tornando al compositore Britten, adoro questo disco Chandos anche se contiene solo le Variazioni su un tema di Frank Bridge, composizione giovanile dedicata al suo professore e mentore, morto durante il suo viaggio negli Stati Uniti sullo scoppiare della guerra.
    E' musica per archi ma qui il compositore dimostra già una consumata abilità di orchestrazione e riesce con le sole voci delle sezioni di archi a costruire architetture contrappuntistiche complesse, come dimostrato nella Fuga Finale.
    Attenzione, la scrittura di Britten non ha nulla a che vedere con il modello Mozart, non c'è niente di classico. Le radici arrivano piuttosto da Tallis e Purcell - in questo c'è una inglesità simile a quella mostrata da Debussy per i compositori francesi classici - fusa con le strutture moderne di Mahler e Berg e i colori di Strawinsky.
    Un impasto originale, difficile da decifrare ma onestamente affascinante, a mio gusto.
     
     
    4

    ma naturalmente tutta la musica di Britten si trova, con l'autore sul podio in una serie di cofanetti editi da Decca.
    Il Vol. 4, per esempio, comincia con il concerto per pianoforte Op. 10 interpretato da Richter con Britten che dirige, per l'appunto, la English Chamber Orchestra.
    Sono registrazioni effettuate tra il 1954 - inizio dell'era stereofonica - fino al 1976, morte di Britten.
    Possono essere considerate le edizioni "autentiche" ma non per questo sempre esaustive.
    Segnalo tra le cose curiose, le Diversioni per pianoforte (mano sinistra) Op. 21 con il grande Julius Katchen

    questo singolo contiene la celebre registrazione dei due concerti di Britten (mi ricordo quando lo comprai, tanti anni fa

    e altrettanto questo, appena passato in digitale sul "nuovo" CD (nuovo per gli anni '80)

    come questo, con le edizioni di riferimento delle suite per violoncello con Rostropovich

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    i quartetti di Britten compongono un mondo tutto loro. Aggiungerei anche il fanciullesco e schubertiano primo lavoro, senza numero d'opera, ma i 3 catalogati coprono tutta la parabola compositiva dalla giovinezza all'ultimo periodo, con il 3° composto pochi mesi prima di morire.
    Ascoltarli e come fare un viaggio per il novecento, dagli anni della speranza fino a quelli dell'oscurità della guerra fredda.
    Qui ho scelto l'edizione del Takacs Quartet per la registrazione bellissima di hyperìon. Ma amo molto anche quella più fredda e apollinea del Belcea

    che oltre ai quartetti contiene anche i 3 divertimenti.
    Sono composizioni che oscillano a tratti tra Purcell e Haydn e la frase dopo, volano verso Bartok e Shostakovich.
    Trascurando tutto quello che c'è stato in mezzo.

    6

    ritengo il concerto per violino di Britten tra le pagine più belle scritte in questa struttura, non solo nel XX secolo.
    Tra le tante edizioni disponibili, quella che mi appassiona di più è l'edizione con Paavo Jarvi alla testa della LSO che accompagna la straordinaria Janine Jansen.
    Ma ci sono tante altre versioni interessanti, da quella di Vilde Frang alla recentissima di Isabelle Faust.
    E non escluderei quella all-british con Tasmin Little e la BBC Philarmonic diretta da Edward Gardner, pratocinata da BBC Radio e con Howard Shelley che suona il concerto per pianoforte

     
    il suono Chandos vale sempre il prezzo del "biglietto".
    7
    Ho citato il disco per violoncello DECCA con Rostropovich ma ci sono tanti dischi moderni molto interessanti.
    Questo del grande Truls Mork ci regala una registrazione "lavish" della sonata per violoncello op. 65 unendola a letture bellissime delle sonate di Debussy e di Frank Bridge
     

     

    mentre un altro disco magistrale e molto british è l'integrale delle suites con Jamie Walton per Signum Records.
    La registrazione è eccezionale, l'interpretazione chiarissima, tersa, essenziale. Bellissima (anche se la musica è complicatissima da seguire).
    8

    non vorrei assolutamente dimentica questo disco, altrettanto british, ancora Chandos, che qui cito per la bellissima e leggera Simple Symphony.
    E' l'Op. 4 del catalogo e questo ce le dichiara come giovanile, giustamente inserita insieme ad una bella e chiara versione delle variazioni coeve su un tema di Frank Bridge.
    Completa il disco un oscuro preludio e fuga Op. 29. Nove minuti e mezzo di assonanze e dissonanze a metà tra il tonale e l'atonale, contrappuntisticamente però ineccepibili.
     
    9

    le radici tardo rinascimentali inglesi (e quindi italiane) nella musica vocale di Britten sono fuse con la visione coloristica contemporanea anche quando hanno tematiche religiose.
    A Ceremony of Carlos unisce virtuosismi corali al suono delicato dell'arpa. L'impasto è bellissimo, specie in questa edizione dei The Sixteen.
     
    10

    Io credo che la sonorità particolare della voce e la sensibilità di Ian Bostridge sarebbero piaciute a Sir Benjamin Britten.
    In questo disco che contiene la serenata per Tenore, corno e archi, è accompagnato da Sir Simon Rattle.
    Il disco EMI/Warner è completato dalla più giovanile Les Illuminations e dal notturno crepuscolare Op. 60 e ci offre il modo di uscire da un circolo che sarebbe potuto continuare ancora più a lungo con altre letture ed interpretazioni di musica raffinata, colta, originale, irripetibile.
    Non per tutti i palati. Non era questo lo scopo di Britten, ma per chi lo riuscisse ad intendere, si.
     

  5. M&M
    Benjiamin Britten :
    concerto per violino e orchestra Reveille Suite per violino e pianoforte, op. 6 due pezzi per violino, viola e pianoforte (prima registrazione mondiale) Isabelle Faust, violino
    Alexander Melnikov, pianoforte
    Boris Faust, viola
    BR Klassik (harmonia mundi), 12 aprile 2024, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Il concerto è una registrazione dal vivo da Monaco di Baviera, sede dell'orchestra della Bayerischen Rundfunks, del 28-29 ottobre 2021.
    Due parole sulle composizioni di questo programma, metà dal vivo e metà in studio (Berlino, agosto 2022).
    Il concerto, celeberrimo, pensato sul finire del 1938 e già del tutto abbozzato nel 1939 durante il viaggio di Britten in America.
    Orchestrato in settembre, durante l'invasione della Polonia, presentato in anteprima mondiale a New York il 29 marzo 1940 con il violinista spagnolo Antonio Brosa - dedicatario del concerto - e Sir John Barbirolli alla guida della NY Phil.
    Rivisto moderatamente negli anni '50, ha la classica forma in tre movimenti che però non hanno nulla in comune con il concerto classico/romantico.
    Tolte le reminiscenze beethoveniane degli echi dei timpani iniziali, la forma è contemporanea, simile al concerto per viola di Walton [1923], e al primo di Shostakovich [1948] (che a sua volta deve molto al primo di Prokofiev, 1923).
    Britten in età matura confessò che avrebbe potuto scrivere pagine molto più complesse di quelle che consegnò alla storia ma desiderava che potesse essere ascoltata con piacere dalla maggior parte degli appassionati di musica.
    E per fortuna, perché molta della sua musica è ostica, difficile, da eseguire ed ascoltare.
    Ma è di una raffinatezza e di un gusto straordinari.
    Prendiamo questo concerto che presenta difficoltà per l'esecutore elevatissime, al limite fisico in determinati passaggi, con un confronto solista->orchestra a tratti tesissimo, cambi di ritmo improvvisi, asperità e dolcezze che si susseguono senza apparente respiro.
    Momenti realmente "feroci" sebbene definiti come "animati" nel manoscritto, colori caldi, settembrini, opposti a tonalità invernali.
    Forse comuni, in parte, alle seguente Sinfonia da Requiem (1940), pensata sulle impressioni della guerra in atto ma ispirata ai macelli di quella precedente.
    Tutta un'altra faccenda il "Risveglio" [Reveille], "for Toni Brosa" del 1937 che segue il concerto. Probabilmente perché l'amico Toni non era solito alzarsi presto al mattino, e Beniamino gli indicava nella partitura, in italiano, "Andante - rubato e pigro".
    Nella realtà alla morbidezza del risveglio fa subito largo un incalzare ostinato e continuo di figure rapide e altamente virtuosistiche del violinista. Che doveva essere già ben sveglio in quel momento !
    I due brani finali, di rarissima esecuzione e qui registrati per la prima volta, sono opere giovanili dello studente sedicenne e con l'influenza del maestro Frank Bridge, violista appassionato.
    La suite invece, anche essa giovanile (1936) ha influenze che vengono da linguaggi moderni differenti. Possiamo richiamare sia Berg che Stravinsky ma ci sono anche influenze francese (sia Ravel che Debussy).
    Pur scritta a soli 21 anni, è un'opera colta, complessa, matura, strutturata e con tutti i connotati del Britten di successo.
    Anzi, se vogliamo, più pura di alcune, elaborate e faticose partiture del dopo guerra.
    I due strumenti giocano e dialogano prendendosi anzi, guadagnandosi, ognuno il suo proprio spazio.
    ***

    Ma veniamo al disco.
    Il concerto di Britten è uno dei miei preferiti e lo conosco profondamente. Credo che sia tra le pagine di riferimento per la letteratura di quello strumento, non solo per il XX secolo.
    Britten, a mio parere, richiede un preciso equilibrio tra razionalità astratta e passione viscerale.
    L'eleganza di Isabelle Fausta ci va a nozze ma nei momenti più estremi sembra che la celebralità un pò tutta teutonica la porti a frenare gli eccessi.
    Ne viene un pò attutita la forza esagerata che, nella esecuzione dal vivo, Janine Jansen con Paavo Jarvi mi coinvolge letteralmente.
    Per Isabelle sembra più una cosa di tutti i giorni (ma non l'ho potuta vedere dal vivo, quindi non lo posso dire).
    Il che non significa che la sua esecuzione non sia esemplare, come lo è sempre in assoluto in tutte le sue performance.
    Vorrei un pizzico in più di calore e di passione.
    Bellissimo il Reveille, che segue alla lettera le indicazioni dell'autore. Sensazionale invece la Suite, con Melnikov che conferma l'intesa perfetta con la sua compagna di tante performance.
    Dei due pezzi finali sono resi, con trasporto puramente viennese [seconda scuola], con echi di Hindemith e di Reger, insomma, un viaggio mitteleuropeo, il primo.
    Parigino e raveliano il secondo, con il violino petulante che evita di sovrastare la lamentosa viola (qui suonata dal fratello Boris Faust, non nuovo ad incisioni con Isabelle).
    Il disco si chiude con un'atmosfera di sogno (con tinte da incubo notturno) [con molto moto] che si contrappongono ai toni olimpici del [Moderato con moto] del primo movimento del concerto.
    La registrazione è magistrale, il tono del violino è chiaramente distinguibile (so che Isabelle ha suonato lo Stradivari Bella Addormentata del 1704, mi sembra quello ma nel disco non è indicato).
    Nel complesso un disco bellissimo che rende giustizia ad un compositore complesso ma straordinario, con musicisti assolutamente eccellenti (lo stesso direttore Hrusa è tra i più promettenti della sua generazione, sull'orchestra non c'è molto da aggiungere, è tra le migliori al mondo).
  6. M&M

    Artisti
    5 giugno 1941, Buenos Aires, vede la luce una delle più straordinarie pianiste della storia, Martha Argerich

    Proviamo a segnare nei commenti i nostri dischi preferiti scelti tra la sua sconfinata discografia ?
    E' aperto a tutti, senza formalità 
  7. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Ferruccio Busoni  Quartetti per Archi n.1 Op. 19 in Do maggiore, n.2 Op. 26 in Re minore - Pellegrini Quartett
    CPO, settembre 1994, formato 44.1/16

    ***
    “L'idea popolare secondo cui i suoi sforzi creativi fossero semplicemente il risultato dell'ambizione ultima di un virtuoso, quando non rimanevano più allori da conquistare nella sua sfera personale, è del tutto errata. Non ci sono dubbi che se fosse stato un musicista meno brillante, la sua musica avrebbe ricevuto maggiore attenzione. Questa è la grande tragedia della carriera di Busoni... Il significato di Busoni come compositore è stato spesso gravemente sottovalutato. Era riccamente dotato di talenti naturali, e possedeva poteri fenomenali in termini di padronanza tecnica e versatilità di risultati."
    Al conservatorio di Lipsia dove è andato su raccomandazione scritta al suo collega Carl Reinecke, Busoni studia il contrappunto e si perfeziona.
    Ha occasione di conoscere Chaikovsky, Mahler, Grieg e Delius.
    E' il 1886, il suo genio inquieto non gli permette di stare più di un anno a lezione ma si ferma tre anni in quella città.
    Sono di quegli anni (lui è intorno ai venti di età) questi due quartetti, composizioni giovanili per qualsiasi altro musicista meno dotato ma se tutta la sua opera giovanile fosse catalogata in senso cronologico questi sarebbero l'Opp. 208~221.
    Ci siamo capiti.
    Già nel 1890, a 24 anni, riceve l'incarico di insegnare al Conservatorio di Helsinki dove conosce Sibelius. Poi vince il premio Rubinstein ma rinuncia alla carica a Mosca per intraprendere la carriera di concertista in giro per il mondo, America per lo più.
    Quando torna in Europa si ferma a Berlino. Non ha trenta anni ma è più che maturo artisticamente.
    Se il primo quartetto è una composizione in tono maggiore che deve molto a Schubert e a Mendelssohn anche se l'intreccio contrappuntistico è chiaramente bachiano, il secondo ha un debito nei confronti di Brahms.
    Il Quartetto per archi n.2 in re op.26 risale al 1889, l'ultimo anno trascorso da Busoni a Lipsia, momento in cui non studiava più al Conservatorio. Il Quartetto inizia con un Allegro energico massiccio e molto potente . Dopo 3 accordi all'unisono, il violoncello produce un tema minaccioso che viene suonato su una nota di pedale bassa e lunga nel 2° violino e una serie di crome frettolose della stessa altezza nella viola. C'è un immediato senso di urgenza. La tensione cresce man mano che questo tema viene sviluppato. All'improvviso, un secondo tema furioso ed eroico di potenti crome esplode mentre la viola e il 2° violino ne presentano ciascuno una misura e mezza in un passaggio virtuosistico. Troviamo tonalità tradizionali sapientemente intervallate dalla modernità e la musica è praticamente irta di idee originali e insolite. Il secondo movimento é un beethoviano, Andante con moto , è molto più tradizionale. Inizia come un duetto adorabile e malinconico tra il violoncello e il primo violino. Segue un Vivace assai . È uno scherzo che potrebbe essere la musica perfetta per un inseguimento frenetico lungo un passaggio buio ma illuminato da torce sotto un castello medievale. Busoni apre il finale con un'introduzione, Andantino . È pensieroso anche se non minaccioso e non ha alcuna relazione con lo stato d'animo del movimento principale, Allegro con brio (mitt Humor) . Il primo tema è affidato al solo violoncello e lo sviluppo inizia con una breve fuga che viene progressivamente dilaniata da un processo di disintegrazione cromatica. Per essere il 1889, qui si possono trovare molte tonalità avanzate e nuove idee ritmiche che preludono al primo quarto del secolo seguente.
     
    Non stento a definirlo un capolavoro, molto originale e perfettamente riuscito. Dovrebbe essere nel repertorio stabilmente, almeno quanto i quartetti di Britten o di Bartòk.
    Ma è il salto tra i due quartetti, distanti cronologicamente di un triennio che mostra una maturazione sorprendente.
    Ovviamente queste composizioni non sono affatto frequentate.
    Questa del Pellegrini Quartett è a mio avviso la migliore scelta, quella del Quartetto Italiano è disponibile ma a me sembra mancare della normale profondità di quella straordinaria compagine.
    Esiste anche un altro disco del The Busoni String Quartet che non mi sembra di questo livello.
    Qui c'è coesione, tensione, rispetto, inventiva, ritmo.
    Tutto quello che serve per rendere un servizio a quello straordinario compositore.
    Registrazione eccellente anche se in normale formato CD.
     

    Antonio Pellegrini- Thomas Hofer – violino Fabio Marano - viola - Helmut Menzler violoncello
    [questa è l'attuale formazione del quartetto Pellegrini, diversa da quella della registrazione]
  8. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Ferruccio Busoni : Sonate per violino e pianoforte op. 29 e op. 36a
    Ingolf Turban, violino
    Ilja Scheps, pianoforte
    CPO 2020, formato CD
    ***
    Queste due sonate del 1890 sono dedicate a Johannes Brahms ma in fondo se anzichè Busoni le avesse firmate lo stesso Brahms non ci sarebbe molto da dubitare, tale è l'intimo legame tardoromantico che lega i due musicisti.
    Personalmente ritengo Busoni un genio assoluto - del resto, dopo Ferruccio, di nome faceva Dante, Michelangelo e Benvenuto, non a caso .... - purtroppo parzialmente inespresso.
    Un pò perchè era un personaggio complesso, dai mille interessi e di cultura illiminata, un pò perchè la sua musica é si una complessità esasperata, tanto che lui in vita, era l'unico a poterla valorizzare a pieno.
    Ma in fondo perchè è morto a soli 50 anni in un'epoca di profonde mutazioni culturali, storiche, musicali, con geni grandissimi che lo hanno certamente eclissato con una carriera più lunga e piena.
    Qui il suo genio si mette più umilmente del solito al servizio della musica e il tributo al grande Johannes - di cui Ferruccio è in larga parte culturalmente figlio, se mai Johannes può vantare dei reali discendenti - è totale.
    Provate ad iniziare l'ascolto dalla sonata Op. 36, movimento IIIb - Andante con moto.
    Seguite variazioni, fugati, cambi di ritmo, di umore delle variazioni successive. dove risuonano richiami bachiani.
    E poi ditemi.
    Estremamente importante anche per Busoni stesso, tanto che lui definiva la sua seconda sonata come il suo inizio effettivo, la sua opera prima, distanziandosi personalmente dalla prima sonata, quasi non fosse nemmeno sua.
    Non se lo merita però effettivamente la seconda è di un altro livello.
    E chissà ascoltarla di persona con lo stesso Busoni ad accompagnare Fritz Kreisler alla priama Londra nel 1911.

    Interpretazione molto appassionata ed autenticamente romantica da parte del bavarese Ingolf Turban insieme al didatta russo Iljia Scheps la cui intesa va oltre le note scritte in queste meravigliose pagine.
    Suono caldo ed avvolgente, perfettamente intonato a questa atmosfera.
  9. M&M
    C.P.E. Bach : Concerti per pianoforte Wq.11, Wq. 43/4 e Wq. 24 - Michael Rische pianoforte con i Berliner Barock Solisten
    Hanssler Classic 2020, via Qobuz Unlimited
    ***
    Bel disco che si aggiunge ai quattro già pubblicati da Rische, vero specialista del repertorio.
    Emanuel Bach ha scritto "per se stesso solamente" ben 52 concerti per pianoforte e orchestra.
    Sono composizioni della metà circa del '700 e che consegnano il genere in mano ai suoi eredi, Mozart e Beethoven.
    Concerti a 3 o a 4 movimenti, lunghi anche più di 20 minuti, con alternanza di momenti di grande vivacità già oltre lo Sturm Und Drang e di grande liricità.
    Il rapporto tra il pianoforte e l'orchestra è già quello moderno. In questo Emanuel va largamente oltre il modello del padre, più legato agli stilemi italiani e francesi di cui abbiamo grande testimonianza.
    Questo proprio nella struttura veramente solistica della parte del pianoforte, oltre, effettivamente, all'uso di un pianoforte al posto del clavicembalo.
    Perchè se fosse solo lo strumento a caratterizzarli, sarebbe lo stesso con i concerti di Sebastian portati al pianoforte. Ma non è così.

    Rische con i Berliner Barock Solisten durante la registrazione.
    Michael Rische è da anni un apostolo del grande Emanuel Bach. La sua interpretazione è estremamente brillante, veloce il giusto, mozartiana (in senso favorevole al salisburghese) quando basta.
    I tre concerti presentati in questo disco sono differenti tra loro.
    Il primo, in re maggiore, è in tre movimenti, molto brillante e frizzante.
    Il secondo, in do minore è in quattro movimenti ed è celeberrimo perchè arrangiato e trascritto per altri strumenti solisti, come da prassi dell'epoca (tradizione continuata oggi).
    Ma nonostante la tonalità drammatica resta galante e brillante, infatti comincia e finisce con un Allegro Assai.
    Il terzo, in mi minore, lo conosco per clavicembalo, per flauto, per violoncello, ed è estremamente bello come il precedente numero Wq 23 (bellissimo !), con una parte per pianoforte estremamente sviluppata.
    Ma il concerto stesso dura più di 22 minuti.
    Insomma, onore al merito, ad Emanuel, troppo spesso semplicemente il secondo figlio di Bach, a Michael Rische che ce lo fa apprezzare.
    Segnalo questo cofanetto di 4 CD con circa 4 ore di concerti, pubblicato lo scorso mese di novembre, che comincia proprio con un eccezionale Wq 23

    registrato con la Kammerorchester Leipzig.
    Registrazioni non spettacolari ma comunque di buon livello
  10. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Emanuel Bach, concerto per pianoforte, archi e basso continuo in re minore WQ 23
    Christian Zacharias, piano e direzione dell'Orchestre National d'Auvergne
    21 Music 2020, via Qobuz Streaming
    ***
    Dura solo 29 minuti questo "disco" registrato live ben interpretato dal "vecchio" Zacharias che suona con grande brillantezza questo concerto "per piano" del figlio più alla moda di Bach.
    Sappiamo che alla corte di Re Federico spopolavano i pianoforti. Lo stesso Bach "padre" ha incassato una commissione per l'intermediazione di una partita di pianoforti costruiti a Dresda di qualità migliore di quelli che il Re gli aveva fatto trovare a Sans Souci.
    Quindi non deve dare scandalo questo concerto trasferito al pianoforte dall'originale H427 per clavicembalo composto e pubblicato a Postdam, ovviamente, nel 1748, col vecchio Bach ancora in vivo e vegeto.
    E' una composizione estremamente brillante e virtuosistica che già chiama il futuro Mozart all'appello.
     

    che Zacharias ha portato in giro per l'Europa la scorsa stagione.


    nella stimolante doppia veste di maestro concertatore e solista.
    L'originale Concerto a Cembalo Concertato, 2 violini, viola e basso continuo era già all'origine così brillante ma si giocava meno tra le parti, avendo una struttura cameristica molto leggera.
    Qui, per l'appunto, con una compagine di taglio mozartiano assume una dimensione più moderna e meno Sturm und Drang.
    Chiude l'altrettanto "mozartiano" rondeau WD 59/2 per pianoforte solo, molto, molto bello.
    Zacharias mantiene il suo tocco leggero ma molto espressivo, alternando staccati e legati con grande disinvoltura.
    Il disco è registrato dal vivo non si sa in quale occasione (manca il libretto) con qualche colpo di tosse nel finale e qualche rumore di scena nei pianissimi.
    Dura solo 29 minuti ma molto ben spesi. (il CD costa però solo €4.99). Lungo applauso finale meritato.
  11. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    C.P.E. Bach: sonate per tastiere e violino
    Rachel Podger, violino
    Kristian Bezuidenhout, clavicembalo e fortepiano
    Channel Classics, 28 aprile 2023, formato 192/24
    ***
    Forse a torto considero Emanuel Bach tra i più importanti ed influenti musicisti della sua epoca.
    Un'epoca di mezzo, disunita, caratterizzata dal rapido mutare del gusto musicale europeo e senza il dominio dei titani appena precedenti (Bach, Handel) e seguenti (Mozart, Beethoven).
    Lo stesso Mozart, peraltro, considerava suo padre spirituale il Bach di Berlino (nella realtà non ebbe modo di frequentarlo ma il valore musicale della sua opera era indubbio).
    Già grande quando il padre era nel pieno della maturità musicale, si formò a Lipsia alla Thomaskirche e all'Università di Lipsia e giovanissimo componeva già sotto la guida del padre.
    Più tardi il suo effettivo sviluppo alla corte del Re di Prussia, il colto Federico.
    Il repertorio presente in questo bel disco lo rappresenta perfettamente.
    La sonata in Sol minore iniziale, potrebbe (e in effetti lo è stata) essere scambiata per un'opera del padre, tanto è brillante ed eloquente.
    Mentre la seguente, in do minore, col fortepiano al posto del cembalo, è più intimista e personale ma anche allo stesso tempo più "galante" ma piena di stile proprio.
    L'adagio centrale, lunghissimo, potrebbe sembrare di Mozart (Amadeus aveva composto praticamente tutte le sue sonate per violino e pianoforte con Emanuel in vita).
    Mentre la danza finale, vivace ha un carattere imitativo tra i due strumenti che fa un salto all'indietro nel tempo in un batter d'occhio.
    L'arioso con variazioni è delizia salottiera, probabilmente composto per dilettanti di alto livello, musicisti che non mancavano nelle case aristocratiche della Germania Centrale.
    La seguente sonata in Si minore ricorda i tanti concerti per strumento solista dell'autore con le due parti che si intersecano in modo molto raffinato.
    Qui lo stile galante è più presente, con ritmi e tempi e tempi variati. Scherzo il finale alla Siciliana.
    L'ultima sonata, in quattro movimenti, torna ancora indietro nel tempo nel suono ma lo stile è già quello di metà del '700.
    Insomma, disco analitico, splendidamente eseguito e con una scelta del repertorio perfettamente rappresentativo di uno dei compositori forse troppo sottovalutato probabilmente a causa del chiamarsi Bach ma non Sebastian.

  12. M&M
    Calendario eventi.
    Mi sfuggisse qualche cosa e qualcuno ne è al corrente, sarò grato di ogni segnalazione.
    Grazie.
    ***
    PROVVISORIO
    ***
    Febbraio
    25 – 26 Test Curbstone (GT, Prototipi)
    Marzo
    2 – 3 Speer Racing test
    16 – 17 Test Kateyama (GT, TCR, Prototipi)
    19 Trackday Pistenclub
    23 Coppa Milano Sanremo
    28 – 29 Test Kateyama (GT, TCR, Prototipi, Formula)
    Aprile
    1 – 2 FX Racing Series
    4 – 5 Test Kateyama (GT, TCR, Prototipi)
    14 Test Porsche Carrera Cup Italia
    16 ACI Storico Festival
    22 – 23 Fanatec GT World Challenge Europe
    24 Curbstone Sports club
    29 – 30 Festival dello Sport
    Maggio
    2 Test Kuno Schaer
    5 – 6 Niki Hasler Trackday
    16 – 17 Speer Racing test
    24 – 25 Ferrari F1 Clienti – Programma Ferrari FXX
    30 – 31 Test Kateyama (GT, TCR, Prototipi)
    Sulla nostra pagina Eventi a breve il calendario da scaricare sul tuo cellulare
    Giugno
    5 – 6 Test Kateyama (Formula)
    10 – 11 Monza 12H Creventic
    13 – 14 Test Gedlich Racing (GT, Formula)
    16 – 18 Milano Monza Motor Show
    23 – 25 ACI Racing Weekend 1
    Luglio
    1 – 2 Time Attack Italia
    7 – 9 WEC 6h Monza
    14 – 16 Porsche Sportsclub Suisse
    22 Monza Power Run
    Agosto
    3 – 4 Test Kateyama (GT, TCR, Prototipi)
    Settembre
    1 – 3 Gran Premio d’Italia
    16 – 17 ACI Racing Weekend 2
    22 – 23 – 24 GT Open (TCR Europe, Euroformula Open, Boss GP)
    Ottobre
    15 Trackday Pistenclub
    16 – 17 Guidare Pilotare
    Novembre
    2 – 3 Test Kateyama (Formula)
    Dicembre
    1 – 3 ACI Rally Monza
  13. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Rachmaninov : Rapsodia su un tema di Paganini (trascrizione per organo e orchestra di Cameron Carpenter)
    Poulenc : Concerto per Organo e Orchestra 
    Konzerthausorchester Berlin, direttore Christoph Eschenbach
    Vierne : il finale della Sinfonia per Organo n. 1 in Re minore
    Sony Classical 2019, formato 96/24
    ***

    ha rinunciato alla criniera punk e ad un pò (non tutte) delle sue peculiari eccentricità Cameron Carpenter per questa incisione Sony che è forse la più "canonica" delle sue registrazioni all'attivo.
    Insomma non è "All you need is Bach" anche perchè lo sforzo per adattare all'organo la celeberrima Rapsodia di Rachmaninov non deve essere stato da poco e l'occasione, la location, il direttore, richiedevano un pò più di sobrietà.
    Ma l'organo specialissimo di Carpenter è sempre quello (un organo moderno, elettronico, modellato sopra a quello tipico a vapore delle occasioni pubbliche americane, ricchissimo di registrazioni e con un pieno strepitoso ma pur sempre capace di espressività sconosciute agli organi tradizionali) e l'istrionica capacità di ricamare sulla musica dell'esecutore se vogliamo, persino più ricca.
    E' un Rachmaninov che richiama le atmosfere dei bistrot di Parigi, molto meno russo di quanto lo vogliamo credere.
    Impensabili al pianoforte certe soluzioni (vedi Variazione XV) permesse da quest'organo. Viscerale in certi momenti (Var. XVII) , pastorale in altri (diametralmente opposta all'originale la XVIII). Una cavalcata trionfale in altri passaggi (XX).
    Intenso e solenne il concerto di Poulenc che si giova certamente della guida di Eschenbach (cui Carpenter tributa grandi ringraziamenti per averlo sostenuto in questo progetto) ma mai banale, nonostante sia una composizione certamente complicata da leggere.
    Il disco si chiude con il finale della prima sinfonia per organo di Vierne che è omerico tanto da sembrare uscire dalla cabina del capitano Nemo sul suo Nautilus.
    Insomma, non si smentisce questo estroverso mucista sempre border line, anche se qui è decisamente più calato nella sua parte di concertista tradizionale in una sala tradizionale come non ce n'è e di fronte ad un pubblico non troppo abituato ad istrionismi da tacchi alti e borchie.
    Io credo che anche ai più ortodossi amanti di Rachmaninov, questa versione della Rapsodia "Paganini" finirà per piacere.
    Mentre gli altri si avvicineranno - e questa è certo la missione che si è data Carpenter quando ha cominciato il suo percorso concertistico - a pagine certo non facilissimi ed eseguitissime come il concerto di Poulenc o le sinfonie (fantastiche !) per organo di Vierne.
    Insomma, non è del tutto vero che All you need is Bach. A volte ci vuole anche dell'altro.

    Cameron Carpenter davanti al suo organo, costruito su suo progetto originale e capace di una ricchezza espressiva impossibile per ogni organo tradizionale.
    Registrazione di ottimo livello che valorizza tutta la gamma dinamica dello strumento, compresi tutti i suoi straordinari registri .
  14. M&M
    Camille Saint-Saens : I concerti per violino e orchestra
    Andrew Wan, violino
    Kent Nagano alla testa della Orchestre Symphonique de Montréal
    Analekta 2015, formato 96/24
    ***
    Pesante, pedante, superato, vecchio, fuori moda. Alcuni aggettivi con cui veniva epitetato in vita Camille Saint-Saens, poi quasi dimenticato dopo morto.
    Probabilmente la sua colpa fu di essere longevo, prolifico, molto attaccato alla tradizione romantica, poco o per nulla vicino alle avanguardie.
    Una specie di Brahms alla francese, nato all'organo, amante di violino e violoncello.
    Io lo adoro, naturalmente.
    Oggi cade esattamente il centenario della morte, avvenuta a Parigi, la sua città, il 16 dicembre 1921.
    Lo voglio celebrare non con le solite e arcinote composizioni e nemmeno con i concerti per pianoforte che io conosco nota per nota ma con i meno noti, almeno i primi due, concerti per violino e orchestra.
    Saint-Saens scrisse le sue composizioni per violino per l'amico Pablo de Sarasate, in particolare la celebre Introduzione e Rondò Capriccioso e i concerti n.1 e n.3
    Il Concerto n. 2 nella realtà è il primo ad essere stato composto, con gli altri due successivi.
    Nota di curiosità, il 3° ha lo stesso numero d'opera del concerto per violino di Beethoven ( di cui il 13 si celebrava il compleanno).
    Dei tre concerti, il 3° è pluriregistrato, anche da molti celebrati violinisti, gli altri due sono più rari. Rarissime le integrali, ancora più rare quelle dal vivo.
    Come questa che vede Kent Nagano direttore stabile dell'orchestra di Montréal e Andrew Wan primo violino e solista della stessa orchestra.
    Ho scelto questa edizione per la qualità del suono, brillante e potente, pur se dal vivo (con applausi) a differenza delle altre che ho ascoltato.
    Anche se forse il momento più debole dell'intera incisione è proprio il famoso finale del 3° concerto.
    Ma l'intesa tra l'orchestra, il solista e il direttore, e la qualità dell'orchestra sono di gran lunga le migliori.
    Il materiale tematico e l'eloquio di Saint-Saens in questi concerti però richiede una vicinanza culturale che forse questo canadese possiede solo in parte.
    Non stupisce se la francese Fanny Clamagirand letteralmente danza con le dita sulle note del 2° concerto e mostra piglio e personalità assolute nel 1°.
    Per non parlare degli assoli del terzo.
    Insomma, potendo fare la sintesi, sarebbe bellissimo avere l'orchestra di Montreal con la registrazione di Analekta e il violino della Clamagirand.
    Ma la registrazione Naxos è proprio povera e Patrick Gallois - il flautista - poco si fa intendere dai freddi finlandesi.
    Quindi godiamoci questa strana coppia in un caleidoscopio di super-romanticismo con il violino più brillante che si possa avere !

    edizione alternativa per Naxos, formato CD, 2010
    Fanny Clamagirand, violino
    Sinfonia Finlandia diretta da Patrick Gallois
    Entrambi i dischi sono disponibili via Qobuz
     
  15. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Bach : sonate per violino e pianoforte n.3-6 BVW 1016, 1017, 1018, 1019
    Renaud Capucon, violino
    David Fray, pianoforte
    Erato 2019, formato 96/24
    ***
    Premessa n.1 : detesto l'accompagnamento col pianoforte delle sonate barocche. Si dovrebbe usare esclusivamente il cembalo
    Premessa n.2 : il Bach di David Fray (cfr. concerti registrati l'anno scorso) mi pare in generale troppo sognante, onirico, quasi da post dose di LSD ...
    detto questo, è un bel disco. A tratti da musette ma che poi si vivacizza improvvisamente (ad esempio il passaggio tra l'adagio e l'allegro della BWV 1017).
    Il piano è ... semplicemente protagonista, nonostante il violino suoni sopra come tono, ma Fray è veramente impressive, molto autorevole e richiama ... il microfono e l'attenzione.
    Staccatissimo ... quasi gouldiano (lo so, sono un eccentrico !) nel largo della BVW 1019, detta il tempo al suo amico Renaud che qui (ancora una volta) mi pare che manchi di personalità.
    Anche alla ripresa con il secondo allegro della BWV 1019 c'è solo il piano. Le due mani perfettamente scandite, si possono seguire una ad una.
    Nel dacapo ci sono i giusti accenti, il ritmo corretto ma il tono resta dolce. Senza fretta.
    Capucon tenta di riscattarsi nel finale ma non ce n'è. Fray evidentemente vive di Bach ultimamente.
    Andiamo alla n.5, l'iniziale. Il tempo non è esageratamente lento. Quasi al secondo quello di Gould/Laredo. Due minuti più corto della recente registrazione della Faust. Quasi la metà di quello .... mortuario di Keith Jarrett (non aveva dormito la notte prima ?) del 2013.
    Mentre è lentissimo l'adagio, praticamente un'altra composizione rispetto a quella della Faust ... praticamente un'altra composizione rispetto a quella del già citato duo Gould/Laredo.
    Fantastico il vivace finale.
    Insomma ero scetticissimo, mi sono ricreduto al secondo ascolto dopo l'iniziale sbigottimento della sonata n.5.
    Il Guarneri di Capucon suona meravigliosamente rugoso sopra un pianoforte chiaro di cui si possono distinguere tutte le note.
    Bel disco. Soggettivo. Di carattere. Non sarà il riferimento tra queste registrazioni abusatissime ma ad un concerto avrei applaudito a lungo.
    Fray una spanna sopra. E' Capucon che in pratica lo accompagna ... 
  16. M&M
    Abel : sonate per viola da gamba e basso continuo
    Paolo Pandolfo, viola da gamba
    Chemin, Buccarella, Boysen, basso continuo
    Glossa 1/1/2021, formato 88/24 via Qobuz
    ***
    Carl Friedrich Abel è nato a Kothen. E non a caso era il figlio del violista dell'orchestra di Bach.
    Cresciuto con i figli di Bach, amico intimo del Bach "inglese" con cui ebbe grande successo nei concerti Abel-Bach di Londra tra il 1764 e il 1766.
    E' chiaramente musica in stile galante, quello imperante all'epoca, anche successivamente all'arrivo di Mozart e di Haydn.
    Ma di grandissima qualità.
    Paolo Pandolfo (classe 1964) è un virtuoso della viola da gamba che si è formato ed ha suonato a lungo con Jordi Savall, ha in repertorio musiche che vanno da Saint Coulombe/Marais a Bach.

    disco molto interessante, registrato in modo esemplare.
  17. M&M

    Recensioni : Musica Strumentale
    Carlo Rizzi : Puccini, Suite sinfoniche
    Welsh National Opera Orchestra, direttore Carlo Rizzi
    Signum Classics, 9 febbraio 2024, formato 96/24, via Qobuz
    Nell'anno dell'anniversario di Puccini, il direttore principale della Welsh National Opera Carlo Rizzi ha creato nuove versioni puramente orchestrali di alcune delle sue opere più conosciute e amate. Rimanendo puro e fedele all'orchestrazione originale di Puccini senza nulla aggiungere per "coprire" qualsiasi percepibile mancanza di linea vocale, la brillantezza di Madama Butterfly, Tosca e altre opere di Puccini risplende in questo album di registrazioni in prima mondiale.
    ***
    Per gli amanti di Puccini (come il sottoscritto) può essere un sacrilegio (non è il mio caso) ma usando le parole dello stesso Carlo Rizzi (classe 1960, direttore d'orchestra cresciuto con Vladimir Delman al Conservatorio di Milano ma adesso gallese d'adozione) :
    “Spero che coloro che già amano Tosca e Butterfly possano godere dell’opportunità di concentrarsi interamente sull’orchestra mentre ascoltano, e che le persone che di solito sono più attratte dalla sala da concerto che dal teatro dell’opera siano ricompensate esplorando qualcosa di nuovo. Alla fine il mio unico obiettivo è condividere e celebrare Puccini con tutti loro” – Carlo Rizzi

    L'opera totale come l'ha concepita Puccini, estrema spettacolarizzazione degli stilemi wagneriani, pre-cinema e pre-Sanremo (!), fa passare in secondo piano la straordinaria maestria dell'autore in termini puramente sinfonici.
    Verrebbe naturale ascoltare semplicemente la musica, senza le parole. Viene sempre prima la musica delle parole. Le parole sono un'invenzione umana, per rendere la comunicazione univoca ma la musica è un linguaggio universale.
    Di qui questo esperimento, riuscito secondo me, di creare dalla musica di Butterfly e di Tosca due suite sinfoniche corrispondente, scritte ed interpretate qui da Carlo Rizzi.
    Naturalmente manca la linea vocale che però è molto libera in Puccini, semplicemente "uno strumento in più", non necessariamente "il solista".
    Sono 17 e 20 minuti, rispettivamente, cui si aggiungono due preludi sinfonici e un capriccio aggiuntivi.
    L'immaginazione di Rizzi è perfettamente coadiuvata dall'orchestra operistica del Galles, sconosciuta o quasi dalle nostre parti che esprime bene il carattere di questa musica.
    Registrazione ricca di dinamica sui miei monitor Adam Audio A77H pilotati dal mio nuovo Audio-GD R27 HE.

     
    è un disco che vi segnalo come curiosità, magari trascuratelo se siete puristi. Ma se vi piace veramente Puccini pensate che sarebbe piaciuto anche a lui !
  18. M&M
    Sonar in Ottava : concerti doppi per violino e violoncello piccolo
    Vivaldi :  Sinfonia in Re maggiore RV 125, Concerto in Do maggiore RV 508, Concerto in Mib Maggiore RV 515
    Bach : Concerto in re minore BWV 1043 3 BWV 1060
    Goldberg : sonata in Do minore DurG 14
    Giuliano Carmignola, violino
    Mario Brunello, violoncello piccolo
    Accademia dell'Annunciata diretta da Riccardo Doni
    Arcana 2020, formato 96/24
    ***
    Un dream team letteralmente, oltre ai due celeberrimi solisti, anche Riccardo Doni e tutta la compagine dell'Accademia si pongono tra le migliori voci del nostro barocco.
    Carmignola e Brunello, poi , sono amici di lunghissima data fin dal Conservatorio.



    come testimoniato dalle tante foto ironiche del libretto, altrettanto pregiato, con note in italiano estremamente approfondite.
    L'idea è quella di accoppiare due strumenti diversi anche in composizioni che invece sono pensate per solisti gemelli.
    In Vivaldi non c'è nulla di nuovo, nei 106.000 concerti del Veneziano ci sono composizioni per ogni possibile formazione e strumento disponibile nella ricca città lagunare.
    Molto diverso l'adattamento - sempre perfettamente lecito, visto che già l'autore lo praticava con le sue e le altrui partiture - e l'esperimento con i concerti di Bach.
    Nella realtà sono pochi i concerti di Bach che ci sono pervenuti nella forma originali, spesso sono ricostruzioni o rielaborazioni, di Bach stesso, dei figli, di compositori successivi.
    L'interesse principale di questo disco risiede proprio qui, nei due concerti, quello per due violini BWV 1043 e quello (come lo conosciamo) per due cembali BWV 1060.
    Il risultato è certamente apprezzabile e i concerti escono diversamente da come siamo abituati.
    Forse anche troppo. Il Guarneri del 1733 di Carmignola ha uno suono chiaro e squillante mentre il "piccolo" Fasser (su Amati del 1610) è forse fin troppo brunito.
    Ne viene un suono non sempre bilanciatissimo che non è abituato da una ripresa forse un pò troppo ravvicinata per il cello e una timbrica forse un pò troppo "lunga" sui bassi.
    Insomma, alla fine questo Bach non mi convince troppo, probabilmente un'ottava di distanza è un pò troppa.
    Invece il raddoppio in Vivaldi mi sembra più naturale e godibile, proprio per l'intonazione dei concerti (tutti i tono maggiore) di Vivaldi.
    Che anzi perdono un pò di quella - a volte - stucchevole atmosfera cui siamo abituati.
    Però se devo scegliere il meglio di questo disco che - lo ammetto - non mi ha soddisfatto proprio del tutto, rispetto alle aspettative generate dalle premesse, è la bellissima sonata a quatrto di Golberg, il cui impasto si tinge di un colore più scuro e drammatico cui siamo normalmente abituati.
    Registrazione che non sembra sempre del tutto inappuntabile, con qualche basso un pò lungo.
  19. M&M

    Interpreti
    allieva a New York con Rudolf Serkin negli anni '70

    con i due figli, qualche anno fa

    estrosa in casa sua

    ad un recente concerto

    affascinante negli anni d'oro
    Classe 1961, filippina. Non ho in mente altri grandi pianisti filippini.
    Cecile Licad ha avuto un periodo d'oro a metà degli anni '80, quando registrò due dischi per CBS, divenuti celeberrimi.
    Uno tutto dedicato a Rachmaninov, nel periodo di Chicago di Abbado, l'altro premiatissimo, che contiene Chopin e il celebrato secondo di Saint-Saens con Prevìn alla testa della London Philarmonic.
    Ricordo quelle copertine nei miei negozi preferiti, EMI e Ricordi in Galleria a Milano. Per me sono mitiche.
    Virtuosa, comincia a studiare all'età di tre anni, con già grande temperamento ma anche sensibilità estrema.
    Si perfeziona poi a New York dove si trasferisce per studiare con, tra gli altri, Rudolf Serkin.
    Basta sentirla pochi secondi per capire quanto sia grande come interprete.
    La sua discografia purtroppo è limitata a sporadiche incursioni in studio. Ma ogni disco è degno di nota.

    questo è del suo debutto, con il secondo concerto e la Rapsodia Paganini.
    Registrazione ancora CBS ma già Digital (in CD) del 1984
    E' una lettura forte, decisa, degna di nota ancora oggi.

    ma è superiore in tutto, ed ancora per certi versi da "riferimento", la successiva, sempre per CBS ancora del 1984.
    Qui la fusione con Previn e la LPO è ancora più equilibrata. Le istrioniche parti solistiche di entrambi i concerti sono rese con piglio e forza, senza mai un cedimento.

    ho trovato questo disco Amerco del 1995, disponibile su Qobuz altrettanto interessante per tutta l'ora che dura.
    Nonostante una certa durezza della registrazione.

    non è da meno questo di Ravel, sempre Amerco  del 2008.
    Seguono questi due dischi in cui la Licad accompagna il violoncellista Alban Gerhardt


    il primo dedicato al solo Fauré, il secondo ai bis di Pablo Casals (con tante rarità). Entrambi del 2011.
    Dove, anche come accompagnatrice di un altro solista, esibisce un pianismo effervescente e mai banale.
     

    c'è poi una serie di dischi antologici di musica pianistica americana. Questo dedicato a Gerschwin è del 2020.

    la lista delle registrazioni disponibili su Qobuz contiene vere e proprie rarità discografiche (attenzione, in alcuni titoli c'è solo un brano o due della Licad insieme ad altri pianisti).
    Di tutti questi dischi segnalo in particolare quello di Faurè e quello dedicato a Gershwin.
    Ma quello più apprezzabile resta quello con i concerti n. 2 di Chopin e di Saint-Saens.
    Saint-Saens in particolare salta immediatamente quanto sia potente e fenomenale anche a distanza di quasi quaranta anni.
    Il terzo movimento, la "quasi" tarantella del Presto finale è al calor bianco.
    Confrontato con Lortie, Kantorow e Chamayou, la nouvelle vague francese dei nostri giorni ... le "ragazze" sembrano loro.
    Stesso discorso con il quasi coevo (1981) Decca con Rogé e Dutoit, la prima integrale di Saint-Saens che io ricordi.
    Bisogna andare a riascoltare Rubinstein e Gilels per starle al pari ...
    Insomma, oggi semisconosciuta, meritava di essere citata sulle nostre pagine, no ?
  20. M&M

    Recensioni : Vocale
    Cecilia & Sol : Dolce Duello
    Capella Gabetta, Andrés Gabetta
    Musiche di Caldara, Albinoni, Vivaldi, Handel, Porpora, Boccherini
    Decca 2017
     
    Le due svizzere di adozione Cecilia Bartoli e Sol Gabetta sono le protagoniste di un album che poteva essere una bella trovata.
    Ci sono tutti gli ingredienti giusti, compreso un pizzico di pinup-fashion nelle foto del libretto.
    Completa la partecipazione a titolo familiare anche la Cappella Gabetta con Andrés Gabetta, giusto per rimanere in famiglia.
    Però .... tutta questa "musica più dolce del mondo" tutta insieme e questa impostazione da duellanti-amiche alla fine a me risulta stucchevole.
    Per il resto, la Bartoli é certamente nell'autunno della sua carriera, la bella Sol, secondo me riesce sempre meglio quando è da sola, è fatale.
    Insomma, una operazione editoriale un pò forzata, rispolvera certamente un repertorio poco frequentato (c'è anche qualche prima assoluta) ma disco non particolarmente interessante per me.
    Rimando chi volesse approfondire al bel libretto più che esaustivo sui contenuti e scopi del disco.
    Per il resto, al vostro giudizio.
  21. M&M

    Recensioni : Vocale
    Farinelli
    Arie di Porpora, Riccardo Broschi, Giacomelli, Hasse, Caldara scritte per Carlo Broschi
    Cecilia Bartoli, soprano
    Il Giardino Armonico diretto da Giovanni Antonini
    Decca 2019, formato 96/24
    ***
    Cecilia Bartoli ritorna con la collaudata collaborazione della compagine italiana guidata da Giovanni Antonini per un tributo a Farinelli.
    Lo fa alla sua maniera un pò provocatoria, presentandosi in copertina con un make-up da uomo barbuto e in "topless".
    Non sfuggirà la tinta delle unghie.
    E l'abbigliamento fluido dei successivi ritratti presenti nel libretto.
     



     



    Cecilia Bartoli (c) Decca 2019 e dei relativi autori. 
     
    Purtroppo in larga parte viviamo ancora nel solco del mendace film del 1994 che descrive un Farinelli del tutto di fantasia.
    Carlo Broschi aveva modi e atteggiamenti da vero nobile ed ostentava una rara modestia rispetto a molti suoi colleghi uomini e donne.
    E negli ultimi decenni di vita visse da vero ricco, servito e riverito, godendo di altissima considerazione sia come musicista che come insegnante.

     


    come lo vediamo ritratto in questi quadri contemporanei.
    Ma certamente la copertina del disco ha le sue ragioni di marketing su cui probabilmente ci siamo attardati anche troppo.
    Se ho ammirato moltissimo la Cecilia Bartoli degli esordi e dei tanti dischi coraggiosi del secolo scorso, devo ammettere che non ho trovato molte occasioni di apprezzamento negli ultimi anni. Anche per un pò di noia suscitata da accostamenti, titoli e propositi di molti dei suoi dischi.
    Complice la grandissima musica di questo disco, siamo ai massimi livelli della grandissima Opera all'italiana del pieno barocco (manca solo Handel ma è una scelta) invece qui mi tolgo il cappello.
    Sono opere scritte appositamente per sfruttare le qualità incredibili del "cantante dei re" che richiedono doti tecniche e virtuosistiche eccezionali.
    Cecilia Bartoli non ha né la potenza né l'estensione di Farinelli, certamente poi ora che non è più giovanissima.
    Ma ha il talento e qui lo sfodera tutto.
    Naturalmente con questa musica perché basterebbero l'aria del "Chi non sente al mio dolore" del fratello di Farinelli, Riccardo Broschi, meravigliosamente melodiosa, e la complicata aria finale dal Polifemo di Nicola Porpora, la celeberrima "Alto Giove" con le sue lunghissime frasi tenute e che qui dura in tutto oltre 9 minuti.
    Non che gli altri brani meritino di meno ma qui siamo veramente a vette altissime (anche nel confronto con altre interpretazione).
    E tutto sommato se tralasciamo le due iniziali, ancora di Porpora, piuttosto vacue, che al primo ascolto mi avevano fatto storcere il naso, si può dire sia veramente un disco ottimo che mi sento di consigliare ad ogni appassionato di musica vocale barocca.
    E poi basta un filo di pazienza e subito dopo arriva Hasse con la brillantissima "Morte col fiero aspetto" a rimettere le cose a posto.
    Sulla registrazione siamo ai livelli consoni a Decca che purtroppo ogni tanto non è scevra da qualche scivolone negli ultimi anni.
    La voce è un pò indietro ma ci sta, la Bartoli, lo abbiamo detto, non è Farinelli, e ogni aiutino sarebbe barare.
    Qualche sibilante di troppo ma nulla di fastidioso.
    Ripeto cominciate da quelle due arie anzichè dall'inizio del disco 
     
  22. M&M

    Scherzi a parte
    Lewis Hamilton è uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1.
    Non sono io che lo dico, parlano i numeri.

    Smarcato questo, io lo rispetto finché tiene le mani al volante e tace.
    Appena apre bocca o circola vestito da pagliaccio per il paddock, o, peggio, ammanta di "buonismo" di tendenza ogni "cosa o fesseria" che gli possa venire in mente, lo detesto con tutto me stesso.
    Infine, io non sono tifoso e seguo le corse - tutte quelle che mi capitano - per le modelle (le AUTOMOBILI) non per chi le guida.
    Ma dopo tutti questi anni di predominio assoluto aiutato da un atteggiamento molto meno che neutrale (é un eufemismo) nei confronti del Re Nero e della Mercedes di Britannia, non se ne poteva più.
    L'idea stessa di vederlo zampettare lui e le sue treccine sul podio ancora una volta con festeggiamenti rituali, inginocchiate e compagnia varia, l'ottavo titolo iridato di cui tre vinti per il rotto della cuffia e gli altri 4 per assenza di avversari, mi sarebbe stato intollerabile.
    Per questa ragione, anche se dovesse poi risultare che in appello la federazione di fronte al potere economico di Daimler-Benz e Petronas dovesse ribaltare le cose contro il produttore di "succo di cimici rosse", per me il fatto che ieri non si sia visto niente di questo non ha prezzo. Resterà nella mia mente come il titolo non vinto in pista da Hamilton/Mercedes/Wolff.
    E mi basta così, in attesa di vedere come andranno in pista le modelle del 2022 con le loro ruote da 18 pollici (come la mia Mini John Cooper Works)

    il pagliaccio con le treccine dovrebbe interrogarsi su quanto tempo vorrà onorarci della sua presenza.
    Ieri Kimi Raikkonen è uscito di scena con lo stile che gli si confa, onorato dalla Ferrari come se fosse ancora un pilota Ferrari. Presenti anche Domenicali e, dietro le quinte, Todt.

    sono certo che quella "macchinina" ha fatto breccia anche nel suo cuore di ghiaccio.

    Arrivederci Kimi, e grazie.
  23. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Chaconne for the Princess
    Musiche per flauto solo e accompagnato di Handel e Leclair
    Jana Semeradova, flauto
    Erich Traxler, cembalo
    Supraphon 2020, via streaming Qobuz
    ***
    Nascere principessa è già un privilegio. Ma quando sei musicalmente dotata e il tuo maestro si chiama Friedrich Handel è un'altra cosa.
    Poi diventi regina e ti circondi di musicisti che compongano musica per te.
    E' la sorte di Anna di Hannover, figlia di Re Giorgio II, cresciuta a Londra dal 1714 e poi nel 1734 all'Aia, quale Principessa d'Orange.

    Handel non le insegnava musica ma "avrebbe fatto di tutto per il fiore delle principesse".
    Questo disco include musiche di Handel scritte per la principessa Anna o arrangiate come se fossero state scritte per lei.
    E di Leclair, scritte alla corte della principessa in Olanda.
    Si tratta di musica per lo più nota ma non per questo meno interessante.
    Infatti è semplicemente deliziosa la trascrizione per flauto del celebre brano dalla suite in Sol, L'harmonoius Balcksmith di Hande.
    Interpretazione fresca di una ottima flautista dotata di grande intonazione per un disco di oltre un'ora pubblicato oggi 24 aprile 2020 e che io ho ascoltato in streaming illimitato di Qobuz.
    Registrazione chiara e pulita.
    Un disco che mi ha permesso di scoprire una principessa realmente di sangue reale (contribui a suo modo anche alla ricerca del primo vaccino per il vaiolo che la colpì in tenera età in Inghilterra)
  24. M&M
    Chaikovsky : sinfonia n. 4 - Leshnoff : concerto per clarinetto e fagotto / Manfred Honeck/Pittsburgh S.O.
    Michael Rusinek, clarinetto, Nancy Goeres, fagotto
    ***
    Disco molto interessante come tutte le registrazioni RR - Reference Recordings.
    E' la decima registrazione dal vivo della collaborazione con la Pittsburgh S.O. e il Maestro Manfred Honeck.
    Mi è capitato di ascoltare altri dischi della serie, sempre ottimi sul piano audiofilo con dinamiche sfrenate e dettaglio straordinario.
    Ho amato particolarmente quello con la terza di Beethoven.
    Qui abbiamo un accoppiamento un pò forzato, tra la melodrammatica Quarta Sinfonia di Chaikovsky e il concerto doppio del contemporaneo Leshnoff.
    Due composizione che tra loro non ci azzeccano nulla ma che in un programma di sala possono attirare il pubblico.

     
     

    Dirò subito che il Chaikovsky di Honeck non è il Beethoven di Honeck.
    E' troppo analitico, troppo intellettuale, troppo trattenuto.
    Non ci sono le esplosioni sonore, il dramma e il pathos irrazionale del russo.
    Honeck è decisamente troppo "tedesco" per questa musica. Lo dico senza polemica, non tutti siamo versati per ogni cosa.
    Io stesso trovo la 4a sinfonia un pò ostica da digerire ... anzi, anche solo da inquadrare.
    Si salvano un pò i due movimenti interni ma nel complesso non è una prova da ricordare.
    Tutto un altro paio di maniche il brillantissimo, scorrevole, melodico, bel concerto doppio di Leshnoff, autore che fino a pochi giorni fa io non conoscevo affatto e che è una sorpresa continua.
    Ovviamente scrive su commissione ma non fa musica di routine e, come Jennifer Higdon, scrive per la gente, non per gli studiosi di musica contemporanea.
    E' una composizione in tre movimenti, senza indicazioni particolari, apparentemente slegati tra loro.
    Una ouverture placida il primo con il fagotto che quasi subito introduce il suo tema.
    Ironico e istrionico il secondo, in tempo di danza.
    Brillante e eloquente il finale, che si costruisce su un dialogo continuo dei due strumenti.
    Eccellenti i due solisti, le parti sono piuttosto impegnativa ma non trascendentali a prima vista ma considerato che l'orchestra accenna appena la sua presenza per quasi tutta la composizione si capisce la tensione cui sono sottoposti per tutto il tempo.
    A me è piaciuto. Ditemi voi che ne pensate.
  25. M&M

    Composizioni
    Composto tra il 1881 e il 1882, quando l'autore aveva 40 anni.
    La prima esecuzione avvenne a Mosca il 30 ottobre 1882.
    Il trio venne completato a Roma e la dedica è metà in francese, la lingua colta per i russi, e metà in italiano «A la mèmoire d'un grand artiste. Roma, gennaio 1882» ma in nessun modo si fa riferimento diretto a Nikolaj Rubinstein morto nel 1881 lasciandolo sottinteso.
    Si tratta di una composizione che spezza ogni tradizione, peraltro dalla mano di un compositore per niente legato alla musica da camera.
    I due movimenti sono contrapposti, il primo "Pezzo elegiaco" nel manoscritto, in tre tempi, appunto dall'elegiaco al Moderato assai all'allegro giusto finale (~18 minuti)
    Ma soprattutto il secondo movimento, un lungo tema seguito da variazioni, finale e coda (~15 minuti)
    Il pianoforte apre con arpeggi su cui si innesta il tema portato dal violoncello cui risponde nella seconda frase il violino.
    Continua così il dialogo tra i due archi con il pianoforte che ne sottolinea le trame e riempie di sonorità sommesse gli spazi, stretti, tra i due strumenti.
    Poi il violoncello sostituisce il pianoforte che invece riprende il tema iniziale su cui il violino ricama.
    L'atmosfera è dolente ma non tragica come si vorrebbe definire, il pianoforte aumenta di volume, idealmente cantando un dolore crescente.
    Ma subito dopo violino e violoncello riprendono a portare la musica in un crescendo di ritmo che lascia poco spazio al pensiero.
    Il piano riprende con forza martellante, veemente, cui si oppone solo il violino.
    Torna la calma con il piano che introduce la seconda parte melodica del violino, il violoncello intanto cade un pò in disparte, al servizio dei suoi pari.
    E' ancora il piano che da il ritmo nella parte più veloce ma anche un pò salottiera del primo movimento.
    Verso il minuto 7 riprende il dialogo tra violoncello e violino con altro materiale melodico derivato dai precedenti. E' una rincorsa tra le voci. Si sentono echi dai temi operistici di Chaikovsky, sembra di vedere in qualche momento Olga che si rivolge ad Evgenji.
    I toni sono più smorzati, forse nostalgici, di qualche cosa che non può tornare ma si ricorda con piacere. Il violoncello non forza mai e nemmeno il pianoforte. Il violino ha un assolto melodico dopo oltre la metà del movimento che termina in un sussurro tenuto.

    Ritorna il tema iniziale, ancora con il violino che lo canta dolente, il violoncello si aggiunge sui registri più gravi ma la parentesi dura poche battute e il violino cerca di stemperare i toni con più ritmo, sincopando il tema.
    Il finale è disteso, nell'allegro giusto ma nella realtà nasconde una certa parodia di marcia funebre.
    In sintesi abbiamo tre grandi temi con lunghe variazioni, un intreccio teso con fraseggi che variano di modulazione, i tre strumenti hanno ampio spazio anche di assoli lirici.
    Il Secondo movimento è diametralmente opposto, un tema portato dal pianoforte di derivazione popolare apre ad una serie di variazioni "non formali" veloci, frizzanti, travolgenti. Con tanto di valzer, carillon, tema con contrappunto e fuga elaborata (per Chaikovsky) e una variazione finale di proporzioni sinfoniche che mi sarebbe sempre piaciuto ascoltare orchestrata.

    La letteratura narra che l'idea del Trio che, come sappiamo era tra le cose più lontane dalla mente del nostro, venne dalla solita mecenate Nadezhda von Meck il cui musicista di casa, tale Claude Debussy, aveva deliziata con un frizzante trio con pianoforte.
    Piotr doveva alla von Meck l'indipendenza economica e quindi dovette abbozzare, trovando alla fine l'ispirazione di questa sorta di sinfonia da camera che coincise con la morte di Rubinstein, fondatore del Conservatorio di Mosca - il famoso Rubinstein che rifiutò di eseguire il Primo Concerto per pianoforte di Chaikovsky definendolo "ineseguibile e triviale" - cui l'autore era estremamente legato.
    Per esagerare l'aneddotica, Rubinstein era malato grave di tubercolosi e pensò che un soggiorno in Costa Azzurra l'avrebbe aiutato.
    Non ci arrivò mai, l'aggravarsi della malattia lo costrinse a fermarsi a Parigi dove spirò ingozzandosi di ostriche.
    Il fratello Anton insieme a Chaikovsky, ovviamente, si precipitarono per rendere omaggio alla salma prima che venisse caricato sul treno per Mosca.
    Chaikovsky fu devastato dalla perdita dell'amico. La precarietà della sua sfera sentimentale e personale gli fanno perdere del tutto l'ispirazione.
    Trascorre mesi senza una sola idea musicale.
    I loro trascorsi datavano oltre venti anni e nonostante le molte differenze di visione - Rubinstein molto tradizionalista, Chaikovsky più moderno ma anche più "occidentale" - li legava grande amicizia.
    Fu Rubinstein a chiamare Chaikovsky in Conservatorio come insegnante di armonia e sempre Rubinstein a presentare le prime musicali delle principali composizioni dell'amico.
    Anche dopo il primo giudizio sul concerto, fu Rubinstein a dirigere l'orchestra con Tanejev come solista alla prima esecuzione.
    Quindi la morte e la devastazione conseguente, lasciano lo spazio al tributo musicale per il suggerimento della von Meck e nonostante le ritrosie iniziali spiegate in questa lettera un pò delirante :
    "I miei organi uditivi sono fatti in modo tale da non poter assolutamente ammettere alcuna combinazione con un violino o un violoncello. Per me i diversi timbri di questi strumenti si combattono ed è per me, vi assicuro, una vera tortura ascoltare un Trio o una Sonata con il violino o il violoncello [...] Un Trio presuppone uguaglianza di diritti e omogeneità, come avviene nel Trio per archi. Ma come può esistere una tale omogeneità fra strumenti ad arco da una parte e il pianoforte dall'altra?"
    che poi all'atto pratico della composizione non pesano affatto.
    Lasciando l'aneddotica e ritornando alla composizione, si tratta di una architettura di tali proporzioni ed impegno da aver richiesto grandissimo sforzo nella stesura e di fatto è diventato l'archetipo/prototipo del trio elegiaco russo successivo, per Rachmaninov e per Shostakovich.
    Ma richiede particolare impegno degli interpreti nel non banale dominio della dialettica tra le voci per tutta la durata "sinfonica" della composizione.
    Esistono decine e decine di interpretazione nella nostra discografia, con esimi violinisti (Heifetz, Menuhin, Perlman) e violoncellisti (Piatigorsky, Rostropovich), pianisti (Rubinstein, Gilels) solo per citarne alcuni.
    Ma l'affiatamento e l'intesa richiesti per non disperdere il carattere della musica per tutta questa durata sono non comuni e richiedono grande frequentazione.
    Tra le tante io sono particolarmente legato alla edizione EMI del 1972 con Barenboim, Zukerman e Du Pré il cui legame era intenso sia sul palco che nella vita di tutti i giorni.
    L'intera performance è viva, vivace, intensa, passionale, appassionata ma allo stesso tempo rispettosa, aperta, decisa, inappuntabile.
    Dalle prime note del pianoforte che aprono l'elegia iniziale alle ultime che chiudono la coda finale con un passo di marcia funebre.
     

    la copertina del LP rimasterizzato digitalmente nel 1985 della registrazione originale dei tre amici (i due di sinistra all'epoca anche marito e moglie) come si può intuire i queste altre foto fuori scena durante la registrazione


    Ma, che diamine, basta citarli per emozionarsi, i tre che seguono in questa ripresa che unisce il trio di Chaikovsky con quello in mi minore di Shostakovich.

    Rostropovich gioca a scacchi con Leonid Kogan durante una pausa sotto lo sguardo divertito del loro amico Gilels.

    Una delle edizioni di questo disco, con registrazione del 1954, appena morto Stalin (e si sente).
    Di registrazioni recenti ce ne sono molte, non sempre su questi livelli irraggiungibili.
    Segnalo giusto questa con un Capucon in grande spolvero

    In conclusione, vi invito ad esplorare l'inconsueto trio di Chaikovsky che forse conoscete per Patetiche e Cigni ma non come camerista.
    E' inutile che vi stia a scrivere quanto io ami senza nessuna riserva questa grandissima opera d'arte.
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