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  1. Robert Schumann : Sinfonia n.2, Sinfonia n.4, Ouverture Genoveva London Symphony Orchestra Sir John Eliot Gardiner LSO 2019, 96/24 *** Lo scorso aprile Sir John ha compiuto 76 anni. Per la prima volta nella sua storia il Monteverdi Choir e la English Baroque Soloists hanno assunto un direttore vicario stabile. Forse (anche) per liberarlo dalle sue incursioni alla guida della LSO, come decano dei direttori inglesi ancora in attività. Ma la freschezza della sua "riscoperta" del repertorio romantico che sta ripercorrendo per intero per almeno la seconda volta a distanza di un ventennio dalle registrazioni con la DG/Archiv sembra quella del ventenne. Dopo Brahms e Mendelssohn, è la volta di Schumann. Questo é il primo disco, il secondo comparirà ad inizio 2020. La sua lettura è quella integralmente fedele al testo originale, specie nella Quarta Sinfonia che è la stesura del 1841, quella preferita da Schumann e da Brahms che ne curò la stampa nel 1891. E senza le incrostazioni novecentesche, le riorchestrazioni mahleriane, la liturgia della seconda metà del novecento, la musica e le idee di Schumann appaiono per quello che erano a Robert e a Clara alla prima rappresentazione. E che a Clara e a Robert ... non erano piaciuti. L'aneddotica di questa edizione parla di un Gardiner che ha convinto i musicisti a suonare stando in piedi per sentirsi più uniti tra loro. Come sia, conta il risultato. La tessitura delle parti si sente chiaramente. Hanno senso anche i movimenti denominati in italiano (nella seconda stesura Schumann userà per la prima volta le dizioni in tedesco). Ritmo, velocità, leggerezza sono quelli tipici di Gardiner e non necessariamente quelli di una grande orchestra tradizionale come la London Symphony. Servono un paio di ascolti per capirlo. Ma poi diventa immediata l'immagine che viene resa. Ricordiamoci che all'epoca della prima al Gewandhaus (non so se in presenza di Mendelssohn) Brahms aveva solo 8 anni, mentre si tende un pò comunemente a "brahmsizzare" queste pagine nelle esecuzioni correnti. E' musica che vive di situazioni, di immagini, non del tutto legate tra loro. Frasi e frammenti. Esplosioni. Come nel finale della Quarta, epico, con gli echi dei corni inglesi e poi degli ottoni tutti, ben più che segnali per Sigfrido. Al limite del commovente l'inizio della Seconda. Arrembante il seguente scherzo, reso con grandissima dinamica. E l'adagio non è più mahleriano ma il lamento liederistico di Schumann. Bellissimi i legni e sempre sostenuta la forza dei bassi. Esplosione di felicità nel finale dove gli archi si inseguono tra loro tra il fraseggio di legni ed ottoni e timpani. Due parole per l'Ouverture Genoveva eseguita abbastanza raramente che inizia questo disco, anzichè chiuderlo per riempirne il programma. Struttura, brillantezza della composizione, tessitura, gioco tra archi e ottoni, è perfettamente coerente con le due sinfonie. L'opera completa è degli anni successivi. Ed è tanto lontana dal Wagner coevo (Rienzi, Olandese, Tannhauser : Richard si trovava a Dresda in quegli stessi anni, tra Lipsia e Dresda ci sono solo 121 km). Insomma, veramente un bel disco che sono certo verrà completato allo stesso livello con la prossima registrazione. Come già fatto con Schumann. Bella registrazione di sala, suono terso, con dinamiche corrette, senza eccessi
  2. Mark Sutton a Silverstone D6 e 180-400/4 come sistema standard
  3. Si ma guardati bene dallo stamparli ! Inglese Italiano Guida di riferimento online in italiano PS : raccomandazione per l'ambiente : non stampate inutilmente i manuali, consultateli online quando vi serve
  4. M&M

    Nuova Nikon Z fc

    Anche noi siamo stati contattati in tal senso. Devo dire che il servizio è impeccabile, peccato che non abbiano prodotto abbastanza pezzi per accontentarci subito. Aspetteremo.
  5. La dimensione del file è una questione geometrica e di numero di fotogrammi. Quindi più è denso il file, più è pesante. Ma qui parliamo di surriscaldamento durante la ripresa con la macchina che va in protezione e si spegne dopo pochi minuti. La Z50 non alcun problema del genere.
  6. La penso allo stesso modo, specialmente considerando che queste "macchinette" (tutte, non solo le Nikon) non sono strutturate per lavori di questa entità elaborativa che dovrebbe essere riservata solo ai pesi massimi con adeguata ventilazione e capacità dissipativa. In alternativa ci sono le macchinette con sensori da 1'', 1/2'', 1/4''.
  7. Mi informano dall'assistenza che l'ultimo firmware "dovrebbe" aver risolto questo problema : motivo per cui ribadiamo il concetto : fate sempre gli aggiornamenti dei firmware anche quando sembrano superflui ...
  8. In relazione a perplessità simili espresse dai fotografi Canon circa la velocità di autofocus dei nuovi 400/2.8 e 600/4 RF - che peraltro sono del tutto identici alla versione EF con l'aggiunta di un anello di conversione EF->RF integrato - Canon ha anticipato che la Canon EOS R3 offrirà un livello di potenza (leggi : batteria a 10.8 V) che consentirà migliori prestazioni indotte di questi superteleobittivi. CVD salvo verifica in casa Nikon.
  9. Mozart : Concerti per pianoforte e orchestra (d'archi) K413 n.11, K414 n. 12, K415 n. 13 (cadenze di Alexander Schimpf ispirate a Mozart) Alexander Schimpf, pianoforte Bayerische Kammerphilarmonie diretta da Gabriel Adorjan GEMA 2020, via Qobuz streaming unlimited *** Concerti celeberrimi, qui ripresi nella stesura "autorizzata" dallo stesso Mozart per pianoforte e soli archi. E quindi senza fiati, protagonisti nelle altre edizioni che conosciamo di coloriture e abbellimenti. Il risultato è naturale e se vogliamo ancora più equilibrato. Questi sono i concerti di transizione prima di quelli finali cui si deve la fama del Mozart pianista e direttore. la scelta del pianoforte con un suono se vogliamo un pò "leggero" rispetto ai soliti grancoda Steinwey ha stemperato ancora di più il dualismo tra le parti. La compagine al completo (in questi concerti però mancano del tutto i fiati). Con il leader, primo violino in mezzo. Schimpf è un mozartiano nato e qui si è divertito anche a comporsi le cadenze. In questi anni stiamo assistendo ad ogni sorta di esperimento su questi ed altri concerti che io conosco fin nelle più minute pieghe del fraseggio. E' difficile trovare qualche cosa di nuovo e quando mi capita, mi sembra di vedere un panorama noto da un'altro punto di vista, un'altra finestra. Per fortuna c'è ancora chi vuole mostrarsi vivo e vivace, senza clichet ma senza nemmeno voler stravolgere inutilmente e in modo autoreferenziale e autoindulgente là dove ha già detto tutto l'autore. L'esperimento a me sembra perfettamente riuscito e la musica che ne viene fuori vi invita ad alzare la manopola del volume. Viva Mozart.
  10. Shschedrin : Carmen-Suite Respighi : Pini di Roma Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks diretta da Mariss Jansons BR Klassik 2020, formato HD *** E' vero che la Carme è tra le poche opere in francese che io riesca a tollerare (o l'unica ?) e che già la Suite originale di Bizet sia una composizione che apprezzo moltissimo. Ma la Carmen-Suite di Rodiòn Shschedrin aggiunge spirito e forza ad un amalgama già convincente. Grazie alle percussioni e alla volontà di farne una composizione da balletto. Insomma l'ho sempre adorata ed è forse l'unica composizione che digerisco di questo autore. Non la ascoltavo da decenni e questa bella registrazione - probabilmente tra le ultime fatte - di Mariss Jansons con la sua orchestra di Monaco è stata una grande sorpresa. Come molte delle ultime uscite del Maestro il ritmo è un pò più compassato di quanto ci piacerebbe ma la coerenza complessiva esemplare. E alla fine il risultato è molto convincente anche se non così effervescente come potrebbe. Anche nei Pini di Roma di Respighi, altra composizione dove la tavolozza sonora di una grande orchestra come questa non può che distinguersi, il gioco è tra piani sonori anzichè per effetti speciali. Ci piace così. E il giudizio finale non può che essere positivo. Grazie ancora Mariss. Bel suono, terso, potente, chiaro.
  11. Beethoven : Concerti per pianoforte e orchestra 0-5 Mari Kodama, pianoforte Deutsches Symphonie-Orchester Berlin Berlin Classics 2019 *** Chiariamo due punti subito. Kodama e Nagano sono moglie e marito nella vita. E questa non è la prima volta che registrano insieme. Come possa essere costruire insieme un repertorio così importante quando si è così legati non so immaginarlo. Ma credo sinceramente che questo elemento abbia profondamente influenzato (in positivo) il risultato finale. Kent Nagano e Mari Kodama durante le prove di una di queste registrazioni. Il titolo sottintende che si tratta di una integrale allargata. Ovvero si parte dal "concerto n. 0", cioè il giovanile WoO 4 del 1784 (Ludwig quattordicenne) e si arriva all'Imperatore, passando per il triplo concerto e il rondò WoO 6. Riempitivo molto gradito le variazioni Op. 35 sull'Eroica. Ma mancherebbe se vogliamo la trascrizione del concerto per violino e orchestra, voluto fortemente da Clementi e tutt'altro che disprezzabile, sebbene raramente eseguito. Nagano sul podio durante una performance una foto di repertorio di Mari Kodama Conosco benissimo il Nagano accompagnatore di solisti eccezionali (mi vengono in mente Lugansky, Tetzlaff e Repin, ad esempio) e la solidità della sua interpretazione. Attenzione al senso generale pur nel rispetto della posizione del solista. Della moglie ho ascoltato alcune delle 32 sonate di Beethoven per la Pentatone e ricordo un disco dedicato a Martinu con la sorella Momo. Tocco concreto, tempi generalmente veloci, visione brillante anche se non necessariamente approfondita. Tono "chiaro", veemente, chiaroscuro appena accennato. Che ben si "sposa" con quello del marito tanto che la fusione delle due visioni in questo cofanetto di 4:30 ore non si presta a nessuna critica particolare. Non cercheremo la delicatezza di Pollini nel 4°, la forza titanica della Argerich o di Gilels nel 3°, l'umanità di Backhaus nell'insieme. Ma l'ascolto è piacevole ed a tratti avvincente. Di un Beethoven possente e virile, se mi è concesso. Sempre lucidamente contrappuntistico, pienamente nel suo tempo, sebbene non ci sia alcuna concessione "filologica" per un prodotto che è sinceramente del 21° secolo. Bella l'interpretazione anche del concerto giovanile del 1784, un bell'esercizio di stile dove, senza forzare oltre modo, gli interpreti ci fanno intravvedere chiaramente il Ludwig che verrà di li a poco. Nella registrazione, l'orchestra, ha un bel suono, pieno ed ampio, specie sul basso. Il pianoforte è spesso un pò troppo ravvicinato ed asciutto, forse per una questione di bilanciamento ed a tratti un pò forzato. Ma va bene anche così. Nella realtà sono registrazioni riprese in periodi differenti, il bel triplo concerto, ad esempio, ha un suono molto caldo con il pianoforte più in ritirata, il rondò WoO è dolce come sua la musica prevede. In sintesi una bella sorpresa questa visione nipponica di Beethoven (nella realtà Nagano è americano di terza generazione mentre Kodama è praticamente cresciuta ed ha studiato in Europa), tanto che l'ho ascoltato di getto ed ho scritto a caldo queste mie considerazioni.
  12. Mozart : - trio in sol maggiore K 496 - tre movimenti per trio, K 442, completati da Robert Levin Robert Levin, pianoforte Hilary Hahn, violino Alain Meunier, violoncello Le Palais des Dégustateurs 2019, disponibile in formato 96/24 *** Tra le tante partiture lasciate incomplete a vario titolo da Mozart, ci sono tre movimenti sciolti per trio composto da pianoforte, violino e violoncello, pubblicati nel catalogo Köchel al n. K 442. Sono esattamente : - un allegro in Re maggiore, composto da 169 battute, completo dall'inizio alla ripresa finale, composto non prima del 1787, pubblicato col numero 442/2 - un altro allegro, questo in Re minore, di sole 50 battute, probabilmente composto nel 1785, che ha la evidente forma sonata tipica dei primi movimenti, pubblicato col numero 442/1 - un minuetto in Sol maggiore, di 150 battute, del 1787, pensato in origine come movimento finale del Trio in Sol maggiore K 496, poi scartato e lasciato incompleto, K 442/3 Ciò ha dato origine all'equivoco che esistesse un Trio K. 442 ... un trio inesistente, proprio perchè composto da tre brani in chiavi differenti, equivoco convalidato dal completamento ad opera dell'allievo di Mozart, Stadler, su richiesta della vedova Constanze. Stadler era un musicista e un compositore molto quotato alla sua epoca, per noi è passato alla storia come estremamente capace di comporre alla maniera di Mozart. Tutto sommato il completamento di Stadler non è male, anche nelle parti aggiunte, probabilmente un lavoro migliore di quello di Sussmayer per il celeberrimo Requiem. E così per un certo periodo circolò un Trio K 442 che in parte è di Mozart, in parte no ma che certamente Mozart non pensò mai in questa forma e con questo scopo. Venne pure stampato ufficialmente con il numero di catalogo, come appartenente a Mozart. E' stata fatta ammenda solo di recente, ripubblicando l'originale di Mozart, pur incompleto, e ... l'originale di Stadler, a sua firma e con un intero movimento in Re maggiore completamente di Stadler. Robert Levin, oltre che ottimo pianista è anche un raffinato musicologo che conosce ogni pagina nota di Mozart, ha completato di recente i tre movimenti originali che vengono proposti come piatto principale di questo nuovo disco. Giusto insieme al trio K 496 la cui origine è vicina al minuetto K 442/3. Le parti aggiunte da Levin sono ben evidenziate e l'autore stesso ne parla come di un lavoro rispettoso ma naturalmente assemblato. Il risultato devo dire che è splendido, la musica di gran livello ma soprattutto l'esecuzione lo porta al pari dell'altro trio originale di Mozart, in una sorta di "equalizzazione" del tutto convincente. Levin suona con piglio, la Hahn lo asseconda con malizia, un pò in secondo piano - come all'origine in queste composizioni - il violoncello. I tre comunque pongono queste due composizioni tra quelle più serie di Mozart e non nel repertorio cameristico da passatempo casalingo. Una prova interessante ed originale che ci permette di ascoltare queste pagine di Mozart, altrimenti raramente eseguite se non a scopi accademici. Bella registrazione da parte di una etichetta che propone materiale molto originale e che adesso, grazie alla musica "liquida" viene portata anche alla nostra attenzione di ascoltatori generalisti. Ripeto, è un bell'ascolto, non una curiosità per specialisti o fanatici dell'integrale di Mozart.
  13. Madame Schumann Musiche di Clara e Robert Schumann, Scarlatti, Handel, Schubert, Mendelssohn, Chopin, Gluck Ragna Schirmer, pianoforte Berlin Classics 2019, formato CD *** Il 13 settembre 2019 saranno duecento anni tondi dalla nascita di Clara Schumann, nata Wieck. Figlia, moglie, madre, musa ispiratrice per l'immaginario collettivo degli appassionati di musica romantica ma soprattutto il prototipo della donna concertista che si permette di mettere in programma le sue composizioni in un mondo per soli uomini che prevedeva per la donna il solo ruolo di cercare di fare il miglior matrimonio possibile o, in caso contrario, di fare l'istitutrice per i figli degli altri. Clara Wieck nel 1839 Questo disco è un omaggio alla concertista e alla compositrice e idealmente replica un recital tenuto proprio dalla stessa Clara durante un tour in Inghilterra nel 1872. In questo recital la pianista viene presentata come Madame Schumann nel programma stampato in oltre mille copie, a testimonianza della grande celebrità riconosciuta per tutta Europa. Clara Schumann in un ritratto degli anni '50 del XIX secolo Nel recital, il Quartetto per Pianoforte ed Archi Op. 47 di Robert, il Trio Op. 17 di Clara, le Kinderzsenen di Robert (dedicate alla moglie), un lieder di Schubert, uno di Schumann, due brani di Chopin, uno di Mendelssohn, una sonata di Domenico Scarlatti. Nulla di Johannes Brahms, ma la sua mano si legge nell'arrangiamento della gavotta di Gluck e nella scelta di tre pezzi da una suite per cembalo di Handel, compositore che Brahms conosceva a memoria e il cui amore condivideva certamente con Clara. Due parole in più sulla scelta dei brani che rappresentano il mondo di Clara Schumann. Un recital molto simile era stato presentato dagli Schumann nella casa berlinese di Fanny Hensel-Mendelssohn nel 1847 e questo programma "inglese" ne rappresenta la replica, nella memoria del marito. Clara cominciò lo studio del pianoforte con il padre all'età di quattro anni. Il padre era un famoso didatta e tra i suoi studenti aveva Robert Schumann. Aveva certamente il temperamento e le doti della grande solista ma era piccola e gracile. Per tutta la vita ebbe problemi fisici dovuti allo sforzo impresso nel suonare. Problemi che si acuirono dopo la morte del marito quando per sostenere i suoi sette figli riprese a pieno l'attività concertistica con impegno sovrumano (si parla di un momento nella stagione del 1854 con 22 concerti in due mesi). Sopportò il dolore con disciplina fino al culmine nel 1875 quando il solo pensiero di sedersi al pianoforte le provocava rifiuto e dovette smettere di suonare. Per superare in parte il problema accettò cure alternative basate su un approccio psicologico e su fisioterapia sperimentale che le permisero di proseguire l'attività concertistica quasi fino agli ultimi. Ma dovette anche limitare il proprio repertorio a ciò che non l'affaticava eccessivamente, escludendo, per esempio, tutta la musica di Brahms con cui suonava solamente in occasioni private, in casa, a quattro mani o a due pianoforti, perchè richiedeva troppo sforzo Anche questo spiega in parte la scelta dei brani scelti per questo lungo recital (due ore di musica). Il mio pensiero va a quella che doveva essere la vita di un concertista dell'epoca, che suonava in tour in Europa con questi ritmi. Oltre alle case malsane, i trasporti in carrozza, in nave o con i treni a carbone, lenti e scomodi. Le luci ad olio e solo più avanti i lumi a gas (ragione per cui molti concerti erano dati in matineè). Le frontiere, le guerre, i moti rivoluzionari. Le malattie tipiche del periodo, acuite dall'assenza dei medicinali che oggi sono di base. Insomma, ci voleva una volontà d'acciaio quando il fisico non reggeva e suonare doveva essere veramente una prova di stoicismo. Ragna Schirmer che presta la sua arte (e il suo volto nella copertina) in questo omaggio discografico è una appassionata studiosa dell'opera e della vita di Clara Schumann (sempre per la stessa etichetta ha pubblicato un disco che si intitola più semplicemente "Clara" in cui interpreta il Concerto per Pianoforte Op. 7 di Clara Schumann insieme al 4° concerto di Beethoven con le cadenze della stessa Clara ). Devo dire che questa passione si sente in ogni nota del disco. E se i punti più elevati sono raggiunti - a mio pensare - piuttosto nella parte cameristica del disco - nel Quartetto iniziale di Robert Schumann e poi nel Trio di Clara Schumann - che in quella solistica, la suggestione creata è tale che ad un certo punto dell'ascolto io ho cominciato ad essere convinto di ascoltare Clara Schumann e non Ragna Schirmer. Tanto che il disco scorre veloce, sebbene non si tratti di interpretazioni del tutto memorabili e il pianoforte non sia intonato con l'epoca. Ma c'è una grandissima sensibilità e un garbo ammirevoli. Probabilmente anche la volontà di offrire uno stile non del nostro tempo ma di quello di Clara, anche in quello che un pubblico comune poteva accettare in una donna al pianoforte. Insomma, un disco non fondamentale sul piano puramente interpretativo (anche se, ribadisco, la parte cameristica è di ottimo profilo) ma molto interessante su quello artistico. Confidiamo anche in altri tributi a questa grande dama della musica nell'anno del suo bicentenario.
  14. Bach : Goldberg Variationen BWV 988 trascrizione per trio d'archi del Trio Zimmermann Bis 2019, formato originale in 96/24 *** Frank Peter Zimmermann suona il violino Stradivari Lady Inchiquin del 1711 Antoine Tamestit suona la viola Stradivari "Mahler" del 1672 Christian Poltéra suona il violoncello Stradivari "Mara" del 1711 il Trio Zimmermann durante la ripresa alla Tonhalle di Dusseldorf nel 2017 i tre protagonisti del disco, Zimmermann, Poltéra e Tamestit Dopo aver approfondito la trascrizione disponibile da tempo di Dmitry Sitkovetsky per trio d'archi delle Variazioni Golberg di Bach, il Trio Zimmermann ha trovato una ricchezza così articolata di dettagli e splendori musicali che ha voluto attingere direttamente alla partitura originale per farsene la propria trascrizione. Sappiamo che l'originale è stato scritto per un cembalo a due manuali che trae la sua ragion d'essere proprio per quello strumento e con quella articolazione, tanto che nella versione per pianoforte - oramai più eseguita in assoluto - diventa "piatta" e richiede al pianista di compensare con l'espressività del piano e del forte, quello che perde in termini di ricchezza armonica. Il trio d'archi idealmente permette di recuperare l'idea originale e di renderla al meglio, anche se non sappiamo certamente come e con quali accorgimenti l'avrebbe trascritta lo stesso Bach che, come sappiamo, considerava di routine questa prassi, avendo adattato il proprio e l'altrui materiale musicale innumerevoli volte per le sue proprie necessità di esecuzione in funzione di chi e cosa avrebbero suonato i musicisti a disposizione. I tre - eccezionali - e perfettamente amalgamati strumentisti di questo trio che prende il nome dal celebre Frank Peter Zimmermann (non che gli altri due siano degli sconosciuti "carneadi" ...) si avvale di una terna di spettacolari Stradivari dal suono inconfondibilmente ricco e rugoso. Lo spirito è quello di Bach, non c'è l'idea di trasmutarlo anche temporalmente. Le dinamiche sono brillanti, molto più coinvolgenti della medie delle edizioni "Sitkovetsky", fanno pensare quasi a Vivaldi o comunque al barocco italiano nello sviluppo. La musica sensazionalmente bella (del resto, non a caso, ci siamo ispirati a questo caposaldo della letteratura musicale europea per intitolare questo sito). L'armonizzazione delle parti rende giustizia ai tre strumenti e alla polifonia della composizione. Nessuna voce è in evidenza o sovrasta le altre. Il violoncello sussurra la sua parte, senza violentare gli altri. Lo stesso fa il violino che non copre la viola. Le tre parti contrappuntistiche si integrano perfettamente. Ma comunque le tre voci sono perfettamente chiare e limpide, distinte, cantabili. Un vero trio d'archi. Metti una grande partitura, tre grandi solisti, tre grandi strumenti, una registrazione a regola d'arte (come di ... regola per Bis) ed avrai un disco di grande interesse. Ci sono altre edizioni delle Goldberg per trio d'archi ma in questo momento non me ne viene in mente una migliore di questa. BRAVI !
  15. Johannes Brahms : Sonate per violino e pianoforte, Clara Schumann, romanza (versione per violino e pianoforte) Alina Ibragimova, violino, Cédric Tiberghien, pianoforte Hyperion 2019 *** Registrate lo scorso anno a Londra, escono adesso in un unico disco le tre sonate di Brahms, per la premiata coppia Ibragimova/Tiberghien. L'affiatamento dei sue - che suonano insieme dal 2005 - è ben testimoniato da una discografia che si fa anno dopo anno più imponente, spaziando per tutta la letteratura per violino e pianoforte. Purtuttavia, nonostante il tempo passi, resta in un certo qual modo un approccio molto accademico, strettamente aderente al testo, come peraltro confermato dal vivo in interviste recenti. Approccio rispettoso, certo, ma non propriamente adatto al Brahms che conosciamo noi e che ci è stato tramandato da una scuola che parte da Joachim e da Brahms stesso. Queste sonate sono composizioni dell'età matura di Brahms e sono assimilabili a dei lieder per soprano, confezionati in forma sonata. Però a differenza di quelle per viola/clarinetto, non c'è la tipica atmosfera autunnale dell'ultimo periodo creativo, il clima è piuttosto primaverile. Le tonalità sono tenui ma comunque con prevalenza di colori chiari. Ma soprattutto è un canto continuo, dove le espressioni, tenero, dolcemente, un pco presto e con sentimento, permangono anche nei momenti in cui la musica è più brunita perchè non diventa mai del tutto crepuscolare. E il vivace, ma non troppo va inteso come liberamente. La Ibragimova è sempre fredda e se non eccede - giustamente ! - con forti e fortissimi (assenti nel tratto di queste sonate) dove il violino NON DEVE mai diventare esageratamente protagonista, non riesce ad essere realmente presa abbastanza dalla musica da ... far cantare il suo strumento. E' probabilmente ancora più distaccato il suo collega Cédric che resta sempre asciutto e per nulla vivace. Nella concezione di Brahms queste sonate impiegano i due strumenti in un piano di piena parità (nel manoscritto della seconda sonata Johannes ha riportato di suo pugno "sonata per pianoforte e violino" e non per violino o violino accompagnato) ma Tiberghien si fa fatica a rintracciarlo in questa registrazione. Naturalmente i due musicisti hanno mezzi tecnici in abbondanza e la parte virtuosistica è pienamente ben esposta. Ma resta l'impressione di una performance di routine. Quella che si vede nella fotografia qui sopra, con loro impegnati a ... leggere la partitura più che interpretarla. Le tazze a tarre dicono più delle espressioni. Certo si tratta di musica straordinariamente bella che si ascolterà sempre volentieri. Ma a tratti in questo disco ho faticato a riconoscere Brahms con passaggi che - per composizioni che conosco a memoria - mi sono sembrati inediti. Siamo comunque fortunati abbastanza da poter scegliere tra una discografia sterminata (la mia preferita interpretazione va al Perlman accompagnato da un brillantissimo Baremboim per Sony, piuttosto che il precedente Emi con Ashkenazy. E scusate se è poco. Ma anche di recente abbiamo avuto buone prove, ad esempio Faust/Melnikov e Tetzlaff/Vogt). Un plauso incondizionato invece alla ripresa, con un equilibrio appena a favore del violino la cui leggera rugosità viene impreziosita dalla registrazione, con lo strumento perfettamente definito li a sinistra, davanti al pianoforte.
  16. Mozart : Concerti per pianoforte n. 12 e n. 13 Karin Kei Nagano, pianoforte Cecilia String Quartet Analekta 2014 *** Karin Kei Nagano è la figlia di Mari Kodama e di Kent Nagano. Nata in California si è formata qui in Europa dove ha vinto svariate competizioni. al debutto con il padre nel 2007 (a 9 anni) Il quartetto Cecilia è un gruppo canadese completamente al femminile In questo disco vengono affrontate due pagine tra le più brillanti del Mozart più in voga a Vienna. Il concerto n. 12 ha un struttura molto cameristica nel suo sviluppo e sostanzialmente lascia tutto al pianoforte lo svolgimento della parte principale. Che è brillante ma non esageratamente virtuosistico. Anche il n. 13 ben si presta a questo tipo di trasposizione perchè fa parte dello stesso trittico di concerti. All'ascolto il Quartetto sviluppa purtroppo una quantità di suono un pò flebile se rapportato al possente volume sonoro dello Steinway della Nagano. Probabilmente uno strumento di inizio '800 sarebbe stato meglio (cfr. ed. Northstar con le sorelle Kujiken e la Petite Band) Ma questo c'è nel disco e di questo dobbiamo parlare. Alla fine, apprezziamo la brillante interpretazione della pianista, che certo ha preso dalla madre il tocco ma ha di suo tanta dolcezza in più e che ci piacerebbe ascoltare con un'orchestra di dimensioni almeno mozartiane ( come nel caso dell'eccezionale edizione Brendel/Marriner/ASMF). Mentre il quartetto - che pure è ineccepibile - sembra suonare in fondo alla stanza, per conto suo. Il risultato forse sarebbe interessante dal vivo ma non in questa registrazione. Ed è un peccato. Però la ... parte di Mozart è talmente bella che si lascia ascoltare lo stesso questo ... strano quintetto.
  17. Histoires d'un Ange, musiche per viola da gamba sola ed acocmpagnata di Marin Marais, Robert de Vissé, Francois Couperin e JEan-Philippe Rameau Johanna Rose, viola da gamba, Josep Maria Martì Duran, tiorba, Javier Nunez, clavicembalo Rubicon 2019, 96/24 *** i tre musicisti di questo disco un'ltra rappresentazione artistica dell'angelo. Non è un'algida bionda "l'angelo" di questo disco ma Marin Marais, di cui si diceva che suonasse come un angelo. La scelta dei brani è abbastanza varia ed inframmezzata da parentesi di suoi contemporanei. Nel resto d'Europa la viola da gamba stava lasciando rapidamente il passo al più "facile" violoncello. Ma mentre in Italia e, di riflesso in Germania che leggeva ed assorbiva rapidamente le invenzioni italiane (sono tante e tante le radici italiane del Bach violista e violoncellista), si sperimentavano nuove soluzioni e si aprivano nuove strade, in Francia si tramandavano gli insegnamenti degli antichi per tradizione diretta. Sono celebri le lezioni di Marain Marais dal suo Maestro Sainte-Colombe e benchè non manchi di originalità, l'opera di Marin Marais non se ne discosta moltissimo. L'impostazione meditativa e seriosa, di questa musica - bellissima se presa a dosi non troppo massive - ne dà la misura ad ogni battuta. Marais però ha aggiunto, prendendolo dai contemporanei quel tanto di gusto ad imitazione, da rendere la sua musica ben riconoscibile. E' il caso del "Cloches ou Carillon" del II Libro dei Pièces de Viole che con l'aiuto del cembalo va a ricordare un carillon meccanico. Meno brillante ma melodico il Rondea "Le Bijou", molto elegante e con un fraseggio a volte interminabile. Brillanti e leggere le Chaconne e le Passacaille (nulla di bachiano, qui siamo nella semplice danza), anche quelle dei compositori "ospiti". Ma questa è la musica per la corte del Re Sole, immutabile, solenne ed a volte un pò immota. I tre bravi musicisti danno una buona prova e rendono scorrevoli i 60 minuti dell'intero programma, registrato in modo molto vivo con presa diretta degli strumenti che sono come davanti a noi, sebbene un pò a scapito dell'ambienza. Ma ci sta, era ed è musica da camera da ascoltare da molto vicino. Come dite, probabilmente senza quella copertina questo disco venderebbe meno ? Forse però è un pò creare false aspettative, la musica barocca francese comunque è questa, prendere o lasciare e non sarà una bionda con le ali d'angelo a renderla diversa. Ma ascoltate la BRAVA! Johanna Rose per confermare come in fondo non le manchi nessuna dote tanto da non meritarsi una copertina come questa ...
  18. Beh, l'hai fatta fucsia, che altro volere di più ?
  19. Il programma di controllo genera uno sweep di "rumore bianco" (o meglio, una sventolata da 20HZ a 20.000 HZ a potenza costante che i miei cani detestano) il cui effetto viene misurato dal microfono. A quel punto la risposta misurata viene approssimata ad una curva di riferimento applicando il numero necessario di filtri parametrici. Ma io poi posso regolarla ... secondo le mie orecchie e misurare il risultato finale Ovviamente entro i limiti fisici della stanza e degli altoparlanti.
  20. disco del 2013 pubblicato da Sony che vi segnalo per comprendere meglio le qualità di un pianista da tenere certamente d'occhio.
  21. William Byrd e John Bull al pianoforte Kit Armstrong, pianoforte Deutsche Grammophon 9 luglio 2021 , formato 96/24, acquistato *** Il titolo " i visionari della musica pianistica " mi aveva in un certo qual modo allarmato all'inizio ma poi ascoltando il disco ho capito. Conosciamo Byrd e Bull come i due titani della musica tardo-rinascimentale inglese vissuti contemporaneamente al lungo regno di Elisabetta I, hanno rappresentato l'anello di congiunzione tra la scuola Tudor che con musicisti come Thomas Tallis ha elaborato le proposte italiane e franco-fiamminghe portandole a livelli inauditi per l'Europa continentale, e la musica madrigalistica, più "leggera" che ha visto John Dowland come epigono (altro quasi contemporaneo di Bull e Byrd). Non parliamo in questa sede di Orlando Gibbons e di Thomas Morley, il primo tanto caro ad esempio a Glenn Gould che ne ha riscoperto molte pagine. Nel libretto del disco si fa questo parallelo, spingendo la scrittura di Bulle Byrd verso la scuola clavicembalistica tedesca e francese ma io sinceramente se leggo il raffinato contrappunto dei due, ne sento ancora più chiaramente gli echi nella musica della generazione di compositori inglesi del primo '900, quindi ben tre secoli oltre. Dopo Bull e Byrd in Inghilterra ebbero il momento felice di Purcell, compositore eminentemente "britannico" e poi praticamente più nulla, una colonia italiana anche per mezzo del sassone Handel fino a tutto il periodo romantico. Ma non è un caso se con Elgar, Vaughan Williams e Britten vengono riprese le radici inglesi della musica saltando il romanticismo tedesco - anche per ragioni storiche - e persino un celebre direttore formatosi con Elgar abbia usato temi di Byrd per la sua meravigliosa Suite Elisabettiana. Quelle che suona Kit Armostrong in questo disco doppio di ben 2 ore e 14 minuti è una sequenza di danze, pavane, gagliarde, e musica di circostanza come marce e ground, ma le variazioni contrappuntistiche con cui sono elaborate hanno una raffinatezza elevata, degna di Frescobaldi se non di Pachelbel e Buztehude che sarebbe come dire Bach. Io non ho idea se nell'isola ideale assediata dai cattolici con le loro armate, leggessero l'italiano, si dice che Shakespeare - chiunque egli fosse nella realtà - leggesse Dante in italiano, e se Frescobaldi abbia fatto sentire la sua influenza fin lassù. E' possibile, Roma era comunque il centro del mondo, altrimenti Enrico VIII non se la sarebbe presa col Papa e con il Re di Spagna altrimenti. Ma comunque il livello è quello, la raffinatezza pur con lo stile cortigiano tipico di questa musica, è la stessa se non superiore. La scrittura, densa ed estremamente impegnativa, da virtuosi per virtuosi, come si può chiaramente vedere sin dal manoscritto : una pagina autografa di William Byrd, estratto di Parthenia, è un preludio. la scrittura cromatica di John Bull, da un estratto del Fitwilliam Virginal Book conservato all'Università di Oxford, culla artistica oltre che culturale del tempo. Composizioni originariamente pensate per il virginale, strumento leggero e capace di dinamiche molto limitate, probabilmente travalicavano le capacità tecniche di quegli strumenti, tanto da risultare - ammettiamolo - noioso all'originale, diventano vive, palpitanti, emozionanti, profonde e complessissime con il moderno pianoforte impiegato con eccellenza da Kit Armstrong. un virginale inglese dell'epoca. Strumento dal suono argentino e flessibile, con estensione abbastanza contenuta e nessuna capacità di dinamica bassi-acuti. Ne viene uno splendido affresco di musica colta e raffinata dove viene mantenuto lo spirito dell'epoca probabilmente sublimandone le intenzioni originali, un ponte ideale verso la musica del futuro. In questo senso è confermato lo spirito del sottotitolo del disco (I visionari della musica pianistica, qualche cosa che i due non potevano nemmeno immaginare se non in sogno). Io mi sono letteralmente innamorato della straordinaria simmetria della Pavan Chromatic della Regina Elisabetta di Bull. Ma il massimo sono le 30 variazioni di Bull, che stanno al pari del meglio di Handel secondo me, scritto nella stessa isola cento anni dopo. E naturalmente la struggente Pavan del Conte di Salisbury, Ma tutto questo disco sin dal primo preludio all'ultima parte (una fantasia ... su una Fuga di Sweelinck e una serie di canoni di Bull) è secondo me sensazionale. Non conoscevo molto bene Kit Armstrong, avendo appena ascoltato il suo disco del 2013 in cui accosta Bach con il Ligeti della Musica Ricercata. Musicista colto e molto sensibile, come potrete accertare voi stessi se ascolterete questi dischi. Registro del pianoforte chiaro, senza eccessi. Bella proposta di DG che vi consiglio senza riserve.
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