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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 02/01/2021 in tutte le aree

  1. Non il solito Wata come lo pensiamo: molto dimagrito anche se tonico, ci fa gli auguri per l' anno appena entrato Sul finire del suo spot, fa un accenno al fatto di aver personalmente sofferto...ma di essersi rialzato col sasso in mano... Auguri da tutti noi di Nikonland, quindi. Continueremo a contribuire con la sua creatura.
    4 punti
  2. Ieri sera ho visto un film/commedia francese intitolato "C'est la vie"/prendila come viene. Niente di che, ma con quella frizzante leggerezza ed ironia tipica di certa commedia francese , che è sempre gradevole e penso favorisca anche la digestione. Riguarda l'organizzazione di una sontuosa festa di matrimonio con cena, musica ecc. Uno dei personaggi è il fotografo matrimonialista. Non voglio discutere di come sia stato tratteggiato bene o male il personaggio, nè di nient'altro. Voglio solo riportare una inquadratura di una scena che mi è sembrata emblematica della quotidianità attuale. Al momento del bacio-abbraccio degli sposi il fotografo, dopo aver raccomandato di lasciargli spazio, si prepara opportunamente e... : D'istinto la mia simpatia è andata tutta al fotografo, di cui ho "sentito" la frustrazione. Come ho già scritto, NON voglio innescare discussioni o polemiche, solo condividere un'immagine che ritengo illustri con una certa verve (visto che siamo in Francia) una situazione molto reale. PS Il film doveva essere parzialmente sponsorizzato da Nikon perchè nelle varie scene in cui compare il fotografo oltre alla tracolla e naturalmente la fotocamera, anche la borsa fotografica e qualcos'altro erano tutto con il marchio nikon ben esposto (niente di male, anzi).
    2 punti
  3. Il mio contributo per il Centenario dalla fondazione di Nikon e' gia' online da ben 11 anni ed e' relativo all'Inizio della Storia che la riguarda. Un inizio non facile, perche' si trattava di una riconversione industriale post bellica, di una guerra che il Giappone aveva perso e che lo vedeva paese occupato e smilitarizzato. Una bella storia, di ripresa economica ed industriale che ci ha portato fin qui, nel nuovo secolo del nuovo millennio a parlare ancora di Nikon Kaizen indica il miglioramento continuo nella vita personale, privata, sociale, professionale.Quando e’ applicato al posto di lavoro, kaizen significa miglioramento continuo che coinvolge dirigenti, quadri, operai allo stesso modo.All'interno dell'industria, il kaizen si applica in pratica come risoluzione immediata dei problemi che si presentano.Si deve accertare con sicurezza il luogo, gli oggetti, i contenuti che hanno a che fare con un problema. Si ritiene inopportuno, infatti, fare analisi a tavolino senza osservare come si svolgano i fatti nella realta’.Infine, la continuita’ e’ la principale caratteristica del kaizen che si oppone, in questo modo, al kakushin (innovazione).Da qualsiasi angolazione lo si osservi, e’ questo il concetto-guida che ha portato alla nascita, alla crescita esponenziale ed in tempi recenti anche alla eclissi della prevalenza delle imprese sorte nel secondo dopoguerra del XX secolo in Giappone: da dovunque lo legga, questo concetto, mi suona Nikon! E’ alla fine del 1945 che la societa’ Nippon Kogaku Kogyo Kabushiki Kaisha, che durante il secondo conflitto mondiale era arrivata ad impiegare ben 23000 persone per la costruzione autarchica del vetro ottico necessario alla macchina bellica giapponese, si ritrovo’ in un Giappone occupato dagli americani a dover riconvertire all’industria civile il know-how accumulato, ridimensionata all’estremo, con una forza lavoro di appena 1400 persone.Vennero costituiti all’interno dell’azienda una Commissione ed un Comitato con lo scopo di effettuare dei sondaggi di mercato per definire la possibilite’ di produrre fotocamere e soprattutto per valutare di che tipologia.Le opzioni erano varie ed alcune molto rischiose: l’industria fotografica dell’epoca parlava prevalentemente tedesco ed i modelli obbligati si chiamavano Rolleiflex, Leica, Contax.Superata una prima fase di sperimentazione biottica gia’ nella primavera del 1946 il gruppo di studio guidato da Masahiko Fuketa indirizzato sulle 35mm Leica a vite e Contax, inizia la progettazione di una fotocamera a telemetro e baionetta Contax dall’inconsueto formato di 24x32mm progettato sia per esigenze di risparmio (di spazio e di pellicola) ma anche perche’ proporzionalmente piu’ adatto ai formati in pollici (anglosassoni) della carta da stampa: insomma un perfetto rapporto 4:3 !Gia’ nel settembre del 1946, in anticipo sui tempi preventivati, la preproduzione della nuova fotocamera e’ ultimata, ma una serie di disguidi organizzativi fanno slittare di un anno la fase di produzione in serie, ed e’ cosi’ che nel novembre 1947 vedono la luce i primi prototipi e poi, nel marzo del 1948, che inizia la produzione continuativa del progetto classificato come ’6FB’: Nell'immagine in alto il progetto dell'otturatore a piano focale, mutuato invece che dalla tendina metallica a scorrimento verticale Contax, da quella di tessuto a scorrimento orizzontale della Leica che sembrava offrire maggiori garanzie di uniformita’ di esposizione; gli viene attribuito a questo punto il nome, operando una crasi del nome NIppon Kogaku, evitando il gia’ precedentemente utilizzato nome Nikko in favore del piu’ agile Nikon che suona cosi’ tanto Nippon e, aggiungo, assomiglia cosi’ da vicino al notorio marchio Ikon, proprieta’ della celebre Zeiss, tanto da procurare una serie di fastidi non proprio da poco al momento (successivo) della commercializzazione europea del marchio. Nikon I - 1948 Il risultato e’ quello di un apparecchio a telemetro, strutturato con un otturatore in seta gommata appunto a scorrimento orizzontale e con velocita’ da 1 secondo ad 1/500 piu’ le pose B e T La regolazione dell’otturatore, come sulla totalita’ delle macchine fotografiche dell’epoca, e’ separato in due ghiere concentriche, una dedicata ai tempi veloci, dal 1/500 al 1/20, l’altra in basso, da 1/20 ad 1’’, con un manettino da collimare nel passaggio dai tempi veloci a quelli lenti.Il formato, come detto da 24x32, consente l’effettuazione di 40 pose su di una pellicola 135.Il telemetro a sovrapposizione di immagine ha una base di 60mm (effettiva da 36mm) ed e’ collegato ad un mirino galileiano che copre l’ 85% soltanto del campo inquadrato da un obiettivo di 50mm.Alle due estremita’ del tettuccio della fotocamera i due bottoni zigrinati per l’avvolgimento ed il riavvolgimento della pellicola.Alcuni esemplari (rari e di valore!) della Nikon I vengono realizzati con baionetta a vite 39x1 Leica, ma presto questa soluzione viene abbandonata in favore della meno comune baionetta rapida Contax, per evitare la possibilita’ di usare ottiche non Nikon sulla fotocamera.Non e’ la sola baionetta ad essere copiata dalla Contax II bensi’ tutta la struttura del frontale della Nikon I, ivi compresa la rotellina di messa a fuoco rapida posta a portata di indice destro e la forma stessa della macchina,escluso il tettuccio del tutto ridisegnato, con il pulsante di scatto arretrato (stile Leica), il contapose coassiale alla ghiera di avvolgimento e, decentrata sulla sinistra, la staffa porta accessori (come questo elegante e ricercato mirino folding multiformato). L’obiettivo standard e’ un Nikkor 5cm f/2 a sei lenti ed in montatura rientrante, copia dell’equivalente Sonnar Contax, con il quale la nuova fotocamera arriva a pesare 765 grammi. I primi numeri di serie, identificativi della data di progetto cominciano per 609xx(dove 6 e’ l’ultima cifra dell’anno 1946 e 09 indica il mese di settembre):la prima matricola non prototipo sembra essere la 60922 E’ a questo punto che si innesta la vicenda piu’ interessante della moderna storia della Fotografia che mi ha stimolato a ricercare e a procurarmi le protagoniste di un cantuccio della Storia degli Uomini e delle loro guerre: parlo delle similitudini dettate dall'andamento delle trattative di Pace del secondo dopoguerra che portarono Nikon a costruire una telemetro basata (e molto somigliante) a quella Contax II che era stata la protagonista dell'informazione bellica in mano non soltanto ai tedeschi ma sopratutto all'eccellenza dei reporter alleati, quel Bob Capa che se la porto’ appresso dall'Africa alla Sicilia e fino al D-Day in Normandia e nei giorni della Liberazione di Parigi, ma che per gli eventi connessi all'armistizio e alla spartizione di Berlino, cadde con tutte le maestranze e le officine in mano sovietica e continuo’ ad essere prodotta in Ucraina a Kiev, con le stesse linee di produzione che ne avevano decretato un successo universale in Germania.Tre macchine a telemetro, la Contax prodotta fino alla fine della guerra, la Nikon tra il 1948 ed il 1959, la Kiev fino quasi alla caduta del muro di Berlino, nel 1989, probabilmente il piu’ longevo esempio di imitazione pedissequa di un manufatto... effettivamente ben riuscito, ma non certo benchmark della categoria come invece la coeva Leica a vite.Mi riservo di approfondire nello specifico, avvalendomi dei lavori gia’ pubblicati in proposito da piu’ autorevoli e documentati storici come Robert Rotoloni e Danilo Cecchi, questa affascinante storia di persone sconosciute le une alle altre, ma accomunate nel progettare e costruire un unico strumento .Nel mio piccolo tentero’ di mostrare come la passione mi abbia condotto, nel cercare di recuperare le vestigia di questo abbastanza recente passato, sebbene cosi’ radicalmente rimosso. Ma agli americani occupanti il Giappone (MIOJ=Made In Occupied Japan compare su molte flange di obiettivi e piastre macchina) non piacque il formato "monco" 24x32 della Nikon I, tanto quanto invece erano piaciuti i grandangolari 2.5, 2.8 e 3.5 alcuni dei quali costruiti anche con montatura a vite 39x1, e sopratutto i medio tele 8.5 e 13.5, quest'ultimo costruito anche con baionetta per reflex Exakta (tutte le lunghezze focali sono ovviamente espresse in cm) e pertanto commissionarono presto una seconda telemetro con lato lungo piu’ vicino possibile al formato Leica :Nikon M - 1949la Nikon M da 24x34 cm di formato, utile compromesso per non gettare alle ortiche il progetto originario, vide la luce nell'ottobre del 1949 e resto’ in produzione pochissimo, fino alla fine dell'anno seguente.Si distingue dalla Nikon I per la lettera "M" anteposta al numero di serie (primo di produzione il M609760): il primo lotto di macchine non ha le prese di sincronizzazione flash S ed F che vengono inserite sul fianco sinistro (prese a banana) a partire dal S/N 6092350 costituendo una variante, detta MS che pero’ non viene mai riportata ufficialmente sul corpo macchina o altrove: ne vengono prodotte in un anno 3300 esemplari, prevalentemente in silver-chrome: alcuni piccoli lotti vengono colorati in nero per le esigenze dei fotografi di guerra americani in Corea. Insomma, nell'arco di appena due anni dalla commercializzazione del modello I, questo ibrido tra una baionetta Contax e un otturatore Leica, fortemente voluto dai reporter di guerra americani, per evitare di dover fare ricorso alle (odiate tedesche) Leica ed Exakta, si avvia a prendere forma di marchio universalmente riconosciuto in forza delle vincenti scelte ingegneristiche e avvantaggiato dall'essere uno dei pochissimi produttori (e fornitori) di vetro ottico di pregio.Sono infatti le ottiche NK a dare la spinta piu’ forte al passo successivo, la produzione in grande serie del modello S del 1950, il piu’ moderno del progetto originario, l'ultimo con l'anomalia del formato limitato a 24x34mm. Nikon S - 1950 La sigla "S" forse indica la sincronizzazione flash ormai di serie su questo modello, con due coppie di prese a banana, contrassegnate da F ed S per Fast e Slow in relazione alle velocita’ di otturazione in uso ed alle conseguenti diverse lampade flash da utilizzare. Il primo numero di serie della Nikon S e’ 6094101 e la produzione di questo modello si protrae per cinque anni, dal gennaio '50 al gennaio '55, con una produzione totale di oltre trentaseimila pezzi, fino alla matricola 6129520, ma essendo passata per numeri anche di otto cifre, fino a 60911215, pur di mantenere il prefisso iniziale 609... continuita’ e miglioramentonella tradizione= kaizen! Tutte le S costruite entro l'8 settembre 1951, data del ritiro delle truppe di occupazione americane, portano la scritta MIOJ (made in occupied Japan) incisa sul fondello, successivamente soltanto Japan o Made in Japan. La gran parte delle S prodotte viene esportata e per questo motivo tale modello ha un valore piuttosto limitato sul mercato collezionistico: pur non essendo stato il modello piu’ prodotto e’ sicuramente risultato il piu’ popolare! Se due persone diedero impulso alla Nikon S esse furono sicuramente David Douglas Duncan, reporter di guerra per la rivista LIFE, il quale gia’ nel Maggio del 1950, dopo aver avuto a disposizione per mezzo di un corrispondente giapponese di LIFE, Miki JUN, dei negativi particolarmente interessanti per incisione e dettaglio, realizzati con il primigenio 8,5cm f/2 decise di provare tale obiettivo ed il 5,0cm f/1,5 sulle proprie Leica ed in un secondo momento, direttamente sulla S, coinvolgendo molti altri colleghi nella felice sperimentazione, fino a creare una linea diretta con la stessa Casa madre alla quale vennero spesso fatte realizzare delle modifiche ad uso e consumo esclusivo dei reporter di LIFE. La seconda persona, chiave del successo commerciale di Nikon, fu l'importatore ufficiale americano, Joe Ehrenreich che succedette nel 1953 alla Nikon Camera Company di San Francisco, impiantando invece la propria sede a New York nella Fifth Avenue (EPOI: Ehrenreich Photo Optical Industries, con un catalogo marchi diviso tra Nikon e nomi come Mamiya, Bronica, Sinar, Broncolor, Durst, Metz, Kindermann, Sigma ed altro).Fu questo imprenditore a decretare il successo commerciale della Nikon S e delle sorelle che la seguirono, fino alle piu’ famose reflex, grazie anche alla vasta serie di contatti con fotografi ed editori, in tutti i settori, dal reportage alla moda.La guerra in Corea duro’ giustappunto nell'arco di tutto il periodo di sviluppo del modello S, fino al 1953, quando i prototipi del modello successivo erano gia’ pronti per essere immessi sul mercato. Il peccato originale si chiamava formato ridotto...!Motivo per cui, la Nikon S, per quanto osannata e benvoluta restava pur sempre "quella" strana telemetro diversa dalle altre...Se poi si voleva proprio paragonarla a Contax che gia’ da anni forniva come prestazione dell'otturatore addirittura il 1/1250, beh... il 1/500 sembrava un po' pochino e se in sovrappiu’ ci si mette Leica che nel 1954 sforna la sua bellissima M3 con leva di carica rapida ed un telemetro ampliato di base, accoppiato a un mirino multifocale che in confronto all'oblo’ della S sembra un televisore... ecco che il prototipo Nikon gia’ pronto nel 1953, viene con qualche indugio modificato e nel dicembre del 1954 viene presentata la:Nikon S2 - 1954 Se per passare dal formato 24x32 della I al 24x34 della M e della S era bastato a M. Fuketa & company eliminare un piolo nell'asse di avvolgimento pellicola lasciando immutato il progetto originario, adesso l'otturatore della S2 viene totalmente rivisto allo scopo di raggiungere i fatidici 24x36mm intanto la velocita’ delle tendine viene portata fino a 16 ms, quindi, per contenere i "rimbalzi" delle tendine accelerate, viene progettato un nuovo freno di tipo a pendolo, che ne smorza le vibrazioni, causando una particolare sonorita’ di questo otturatore.(Pensate che lo stesso tipo di tecnologia e’ stato applicato alla moderna Nikon F5 per lo smorzamento delle vibrazioni dello specchio reflex!)La nuova Nikon adesso pesa meno della precedente S, grazie all'utilizzo di nuove leghe metalliche, nonostante le dimensioni della S2 siano leggermente accresciute rispetto la S.La scala dei tempi (che finalmente arriva al millesimo di secondo) si giova della moderna sequenza geometrica, sempre a due livelli: coi tempi rapidi (1000-500-250-125-60-30) e quelli lenti (15-8-4-2-1) piu’ pose B e T; la velocita’ di sincronizzazione si porta a 1/50" e compare sul fianco sinistro un unico contatto sincro pc standard. Il grande progresso nell'estetica complessiva si nota in relazione all'elegante gradino che divide in due il tettuccio tra la zona di sinistra con la ghiera di aggiustamento dei millisecondi della sincronizzazione flash con la la manovella di riavvolgimento coassiale e quella di destra dedicata ai comandi principali con la ghiera di selezione dei tempi, il pulsante di scatto e, finalmente, la grande novita’ costituita dalla leva di avvolgimento rapido che va a sostituire il pur agevole ruotone zigrinato delle precedenti RF, come da innovazione Leica sulla neonata M3. Altra innovazione sicuramente il mirino, sempre rotondo ma notevolmente piu’ luminoso sia in entrata sia in uscita rispetto a quello della S, purtroppo ancora ottimizzato soltanto per la focale di 50mm, rendendo cosi’ necessario utilizzare mirini esterniIl fattore d'ingrandimento 0,9x lo rende finalmente "lifesize" rispetto al ridotto potere del vecchio mirino della Nikon S. Di Nikon S2 vennero prodotti quasi 57.000 esemplari, a partire dal S/N 6135001 del 10 dicembre 1954 fino al S/N 6198380 del 1958, divenendo pertanto la telemetro Nikon costruita nel maggior numero di esemplari.A partire dal 1956 vengono presentati dei prototipi sui quali viene sperimentato l'impiego di un motore elettrico di avanzamento, anche se tali esemplari non raggiungono mai la produzione di serie.Al contempo viene sviluppato il progetto ottico che porterà alla luce quella meraviglia ottica che e’ il 5cm f/1.1 ... ci si prepara ad ulteriori novita’... qui dentro...ecco dove Nippon Kogaku conserva tre anni di attivita’ progettuale indirizzata fin dall'inizio del 1955 contemporaneamente su due fronti:-migliorare la S2 (impresa possibile)-innovare il sistema a telemetro (kaizen!) Ma in che modo si puo’ migliorare la S2 ?Guardando la concorrenza si puo’ obiettare che il mirino multifocale sarebbe una risposta utile al lavoro dei professionisti che devono cambiare spesso ottica sulla propria macchina, che la predisposizione al collegamento di un motore elettrico sarebbe un plus gradito a chi scatta parecchio, che inserire finalmente un autoscatto porterebbe all'acquisto molti fotoamatori, che rinnovare un'estetica "old style" alle soglie degli anni '60 parrebbe anche un buon marketing. E' per questo che da quella scatola con la scritta dorata balza fuori per prima la telemetro per i professionisti,la Nikon SP - 1957SP come S Professional, dotata di quanto auspicato prima e di molto di piu’, giacche’ con essa si gettano i ponti che porteranno solo due anni piu’ tardi alla commercializzazione della seconda parte del progetto iniziale, la reflex che spazzera’ di un sol colpo il mercato da tutte le telemetro ancora presenti (tranne una...), la Nikon F, strutturalmente identica a questa stupenda SP che non sostituisce ma affianca soltanto la S2, definendo per la prima volta in casa Nikon una bipartizione di utenza di destinazione: la Nikon SP e’ un prodotto di nicchia! Possiede un otturatore a scorrimento orizzontale prima con tendine di stoffa gommata, poi, a partire dal maggio 1959, in titanio; ha una velocita’ di traslazione delle tendine leggermente diminuita rispetto la S2 per ridurre i rischi di disuniformita’ di esposizione, un selettore delle velocita’ non piu’ sdoppiato, che finalmente non ruota durante lo scatto, una sincronizzazione flash fino al 1/60" una scala cromatica identificativa dei tempi di scatto, anche in bassa luce, grazie alla vernice verde fluorescente,ed un'estetica da urlo... che ne fa a parer mio la piu’ bella rangefinder camera mai costruita da chicchessia (parola di RFSP)! La grande innovazione e’ costituita dall'enorme mirino multifocale provvisto di selettore sul tettuccio per le focali 5 8,5 10,5 e 13,5 cm che si sovrappongono nel mirino le une alle altre, fino alla 13,5 con la quale compaiono contemporaneamente tutte e quattro All'interno della montatura unica del mirino, una seconda finestra provvede a mostrare l'inquadratura per il 2,8cm e la cornice del 3,5cm Anche la SP possiede un unico contatto sincro standard selezionabile tra X ed FP, ma a differenza della S2 possiede anche un sincro diretto sulla staffa portaaccessori Il contapose e’ adesso ad azzeramento automatico e rende possibile preselezionare rulli da 20 o 36 pose.Il frontale della macchina, completamente ridisegnato, ha costretto a decentrare il marchio e pur misurando in larghezza e profondita’ gli stessi 136mm per 43,5 della S2 adesso l'altezza e’ aumentata di poco, fino a 81mm. Le rifiniture in nero aumentano, fino a colorarne la corona esterna alla baionetta di innesto ottiche, il peso arriva a 720 grammi col 5cm f/1.4 montato. Altra innovazione non da poco, la predisposizione all'attacco del motore S36, alimentato da sei batterie da 1,5V contenute in un portabatteria separato, capace della bellezza di tre scatti al secondo con velocita’ di otturazione superiore al 1/30": da solo costava 50.000 yen da aggiungersi ai 98.000 che servivano per SP con 5cm f/1.4 La Nikon SP e’ la macchina a telemetro con la quale NK raggiunge l'apice del successo come oggetto tecnologico nella sua categoria, ma con la quale al tempo stesso gli uomini di Nippon Kogaku si rendono conto che a causa delle insormontabili difficolta’ ingenerate specie con i teleobiettivi piu’ lunghi della base telemetrica disponibile, l'era di questi apparecchi e’ rapidamente trascorsa ed e’ giunta l'ora di pensare allo sviluppo del progetto temporaneamente accantonato ma che vedra’ nella reflex F l'apoteosi della Casa di Tokio.Viene costruita in tutto in appena 22.000 esemplari a partire dal 19 settembre 1957 (S/N 6200001) per concludersi a giugno 1960 col ne’ 6232150. Nel gennaio 2005 Nikon annuncia una produzione limitata di 2500 Nikon SP riedite col Nikkor 35mm f/1.8: Ma non parliamo del prezzo, per favore... E' soltanto nel 1958 che la Nikon decide di dare una rinverdita al progetto(vincente) della S2.Il risultato e’ quello di una macchina che si affianca alla SP, portando avanti lo stesso tipo di produzione differenziata in funzione del target di clientela, secondo lo stesso presupposto che negli anni successivi vedre’ nascere le Nikkormat accanto alle Nikon F ed F2, le FM e le FE accanto alla F3 e cosi’ via. Nikon S3 - 1958 Il risultato e’ quello di una macchina che nasce attorno allo stesso otturatore della SP, lo stesso selettore dei tempi e leva di autoscatto, nonche’ le stesse predisposizioni per il collegamento col flash e con i motori elettrici.L'unica differenza degna di nota e’ contraddistinta dal mirino (fiore all'occhiello della SP), che nella S3 offre un rapporto di ingrandimento 1:1, e’ molto luminoso e copre quasi l'intero campo inquadrato da un obiettivo da 3,5cm: le uniche tre cornici ppresenti sono appunto quella per il 3,5 e quelle per il 5 ed il 10,5 cm.La finestra anteriore del mirino e’ diversa da quella della SP e consente di riallineare al centro il marchio NikonAnche peso e dimensioni sono del tutto paragonabili a quelle della SP (peraltro quasi indistinguibile anche dalla S2) Ovviamente sul tettuccio della S3 manca la ghiera di variazione delle cornici luminose che qui sono fisse nell'unico mirino. I prezzi sono analoghi a quello della S2 prima che venisse messa fuori produzione, quindi intorno agli 86.000yen col 5cm f/1.4 al momento della sua uscita sul mercato.Viene costruita in poco piu’ di 14.000 esemplari a partire dal marzo 1958 col S/N 6300001 fino al marzo 1961 quando, in conseguenza del forte successo di vendite della reflex Nikon F, la S3 viene bruscamente messa fuori produzione. Proprio a causa di questa politica commerciale, volta a favorire il lancio della reflex F, nel marzo del 1959 viene affiancato alla Nikon S3 un ulteriore semplificazione del concetto: Nikon S4 - 1959 in sostanza una S3 senza la leva dell'autoscatto, il contapose automatico, la predisposizione per il motore e la cornice per il 3,5cm... un salto nel passato per diminuire fino a 52.000yen il prezzo di vendita col 5cm f/2Purtroppo la concomitanza del lancio della Nikon F fa rifiutare al magnate Ehrenreich di importare negli USA la S4, decretandone anzitempo il suo avvenire, che si concretizza mestamente in appena seimila esemplari costruiti, tutti cromati, a partire dal S/N 650001 Bisogna ovviamente citare anche la versione speciale della S3 del 1960, modificata per ottenere su rullino standard 72 pose, con un formato da 17,5x24mm molto simile all'APS-C di molte reflex digitali dei giorni nostri... se non fosse per l'orientamento verticale del fotogramma! Nikon S3M - 1960 Tale macchina nasce per assecondare le esigenze dei fotografi sportivi al fine di ottenere un numero maggiore di scatti in sequenza rispetto quelli ordinarii.Le caratteristiche complementari di questa ultima telemetro Nikon sono assolutamente identiche a quelle della S3, mirino e cornicette comprese.Della S3M vengono pero’ costruiti appena duecento esemplari a partire dal S/N 660001 Ringraziamenti e citazioni: alla pazienza e conoscenza di storici della fotografia moderna quali Robert Rotoloni e Danilo Cecchi, le cui opere mi hanno guidato ed ispirato nella realizzazione di queste pagine. Insieme alla copiosa quantita’ di immagini per le quali ho attinto avidamente a siti basilari per la conoscenza di queste tematiche quali: Nikon Corporation (jp) mir.com Nikon Historical Society Stephen Gandy 's CameraQuest che se non ci fossero.... dovrebbero inventarli! e ci piacerebbe un giorno lo dicessero di NOI Max Aquila (RFSP) per Nikonland 2006 (C)
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  4. Articolo ironico con contenuto serio. Questo blog esprime le mie opinioni personali, basate su quel che so, ma essendo opinioni non hanno pretesa di verità, ed è assolutamente possibile non essere d'accordo in parte o del tutto. Non è mia intenzione offendere nessuno. Credo che tutto possa essere più o meno cominciato con questo libro (questa la versione italiana, ma il libro è stato un successo enorme in tutto l'Occidente): In cui l'autore, un professore tedesco di filosofia, racconta che essendo incapace di concepire lo Zen a livello intellettuale (lo credo bene!) gli viene consigliato di provare ad avvicinarsi tramite una delle arti in cui lo Zen è presente, nel caso il tiro con l' arco giapponese, il Kyudo (kyu- arco, do- via, metodo). Il libro è breve, interessante, di piacevole lettura, e porta in appendice anche un discorso di un maestro giapponese sullo Zen e l'arte della scherma (Ken-jutsu). Il meritato successo di questo libro ha portato in tempi successivi, a partire dall'epoca buia della New Age, ad una serie infinita di altri libri dal titolo "Lo Zen e .... (mettere una qualsiasi attività a piacere)", il cui scopo, oltre alla vendita del libro, sarebbe di spiegare come con lo Zen tutte le cose vengano meglio, meravigliosamente meglio, e si sia tutti più felici. Che sarebbe proprio bello. Eh sì, non manca nemmeno "lo Zen e l'arte di scopare" di Jacopo Fo, figlio del più noto Dario. Confesso di non averlo letto. NOTA: Caso a parte è "Lo Zen e l'arte della manutenzione della Motocicletta" interessante libro biografico di M. Pirsig, dove la "manutenzione della motocicletta" è un pretesto per scrivere d'altro, un po' come le balene in Moby Dick, per cui non c'entra con i vari manuali dello "Zen e...". Tutti questi manuali presuppongono forse che chi scrive abbia raggiunto lo Zen così da poterlo insegnare ad altri (?). Implicano forse che lo Zen sia un modo, uno strumento, per fare meglio le cose, e che possa essere trasmesso con un libro? Sarà, ma da modesto cultore di alcune arti e forme di pensiero orientale da almeno quarant'anni, mi permetto di avere qualche dubbio in merito. Temo cioè che si faccia un po' di confusione, ingenuamente o astutamente, non lo so. La sensazione è che si usi il termine Zen banalizzandolo come ricettacolo di "semplici trucchi" , infilandoci con una massiccia dose di superficialità. Quindi in tutta umiltà vorrei provare a chiarire un pochino, tutto qui. Lo Zen. Lo Zen (in cinese C'han) ha origine quando il Buddhismo dall'India arrivò in Cina ed assorbì degli elementi del Taoismo (non vi tedio oltre con la storia, è facile trovare il modo di approfondire, se interessa). Dalla Cina è stato poi portato in Giappone (il nome Zen è la versione giapponese di C'han). Come tutto il Buddhismo ma, in fondo, come tutte le maggiori religioni, lo Zen è una via per la liberazione dalle sofferenze, che per i Buddhisti si ottiene raggiungendo uno stato di "risveglio" o "illuminazione", in giapponese Satori (per inciso la prima scuola di arti marziali che ho frequentato a quindici anni si chiamava pomposamente "Ryu Satori" cioè "Scuola dell'Illuminazione", ma non "illuminava" molto ). Non vado oltre, aggiungo solo che rispetto ad altre pratiche lo Zen ha un carattere più diretto, ma non per questo è più facile anzi, richiede intensa applicazione. Lo Zen, pur essendo sorto in un contesto religioso, può essere esportato anche al di fuori dall'ambito della religione, come molte altre pratiche Buddhiste, ad esempio la "mindfulness" che mi sembra sia ancora molto in voga nella psicoterapia, nel coaching aziendale e in non so cos'altro, ma che in fondo non è che una "occidentalizzazione" di alcune pratiche buddhiste di consapevolezza. Ma non sono cose facili, possono richiedere una intera vita di pratica, non ci sono semplici trucchi. Il Maestro Taisen Deshimaru, scomparso nel 1982, esperto anche di arti marziali, è fra quelli che ha diffuso lo Zen in Europa in tempi recenti. I suoi libri sono sì una valida lettura. Lo Zen e... Tornando ai libri, posso sbagliare, ma sembra che in quei "manuali" lo Zen sia visto come un qualche cosa, un metodo semplice per migliorare quel che si fa, presupponendo quindi uno scopo, un fine pratico, che è il contrario esatto dello Zen . Se pensiamo uno dei requisiti fondamentali per raggiungere lo Zen è l'essere quello che in Giapponese si dice mushotoku (privo di intenzione, di fine, di desiderio, di attaccamento), cercare di raggiungere lo Zen per ... già escluderebbe la possibilità di arrivarci. E in ogni caso è riduttivo. Il fatto può essere che la parola Zen piace, è breve , semplice ed ha appigli nell'immaginario delle persone (di un certo genere), per cui "attira" ma il concetto che c'è dietro a quella parola è profondo. E' altro. Lo Zen e la Fotografia? In Internet e sulla carta stampata non mancano titoli come "Lo Zen e la Fotografia", oppure "Fotografia Zen", anzi, ce ne sono tanti. L'impressione che ho leggendo questi articoli è che si pensi esistano delle ricette per fare una non meglio identificata "Fotografia Zen" o che un approccio Zen alla fotografia ci darà la pace interiore. Può essere benissimo che tramite una pratica intensa e rigorosa di un'arte, fotografia compresa, si arrivi alla piena maestria e questo potrebbe essere un modo di "avvicinarsi" allo Zen. E può essere benissimo anche che chi ha "capito" lo Zen (si è "risvegliato") dato che tra le tante altre cose è diventato spontaneo, sereno, calmo, attento, presente a se stesso, concentrato e non ossessionato dal risultato, di conseguenza sia in grado fotografare molto meglio di prima, anzi tutte le cose che fa gli vengono meglio che se fosse preoccupato, precipitoso, distratto, nervoso ed ansioso per il risultato. Ma da questo a dare "ricette rapide" per fotografare Zen o arrivare allo Zen ce ne passa. Io purtroppo non so dirvi come sia essere Zen, ma penso di saperne abbastanza da suggerire che nelle "semplici ricette" NON c'è lo Zen. Quindi a mio personale ed arbitrario parere, sono comunque letture simpatiche, e alcuni i consigli possono essere utili, quindi leggiamo pure i vari "Zen e la fotografia di questo e di quello" ma stiamo attenti che ... Non è necessariamente vero che se uso una fotocamera manuale a pellicola e solo obiettivi manuali del secolo passato arrivo prima allo Zen, uno può essere (o non essere) consapevole praticando con una Sony A4R o una Nikon Z6II tanto quanto con una vecchia Nikon SP. Non è necessariamente vero che lo scatto singolo è Zen, la raffica no. Non è necessariamente vero che lo street o la foto naturalisitica sono Zen e il Fashion o che altro no. Se la persona è "risvegliata" questo si riflette in qualsiasi cosa faccia. Quando Musashi capì l'arte della scherma, divenne anche un ottimo calligrafo e poeta. Non è necessariamente vero che fotografare in bianco e nero sia più Zen che fotografare a colori. Può esserlo oppure no, come sopra. Non è detto che si debba per forza fotografare pile di sassolini , giardini, ruscelletti, cespugli di bambù, paesaggi nebbiosi o gatti addormentati per fare fotografia Zen. Qualsiasi soggetto (o quasi) può esprimere lo Zen oppure (più spesso) non esprimerlo. Perchè non è tanto il soggetto che conta ma come (con che disposizione interiore) lo si fotografa, cosa che si dovrebbe riflettere nella foto e si spera, arrivare a chi la guarda. C'è qualche differenza tra le foto sopra e quelle sotto? Quali trasmettono qualcosa? Buon Anno a tutti!! Tutte le immagini sono copyright dei rispettivi aventi diritto, riprodotte solo a scopo illustrativo.
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  5. La mia schiena e le mie protrusioni mi fanno desistere da questo insano proposito: peraltro in quest'ultima sessione di 66minuti ho scattato la bellezza di 3682 files: finita l'epoca dei rullini da 36, qui ne avrei dovuti utilizzare 103... ! Il 500/4 lo uso quasi sempre su questo ensamble: che mi ero premunito a comporre quando avevo avuto per due settimane in prestito, l'anno passato, questo altro capolavoro Nikon e a rivederlo nelle mie foto, mi corre un brivido lungo C1-C5....
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  6. Due chiarimenti aggiuntivi: Lo Zen è un'esperienza personale, non descrivibile e non trasmissibile a parole, si possono dare delle indicazioni di metodo ma, come dicono i praticanti Zen, "non confondere il dito che indica la Luna con la Luna stessa, se ti fermi a guardare il dito, non vedrai mai la Luna", per questo non si può essere espliciti più di tanto, sarebbe deviante. Quello che so della pratica dello Zen viene oltre che dalla mia ricerca personale e pratica marziale, dal fatto che due dei miei maestri di Karate erano anche adepti Zen, uno era uno studente "laico", l'altro era un monaco (italiano): le lezioni di quest'ultimo erano tremende: nessuna concessione al divertimento, una sola tecnica per tutta la durata della lezione, ripetuta ad infinito finchè non ti era entrata nelle ossa e nella testa (ohi). E non dimentichiamo il guru Eckhart Tolle che disse: "ho vissuto con molti maestri Zen,ed erano tutti gatti "
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  7. Io non sono un maestro Zen, anzi sono meno di un principiante scarso, non posso quindi istruire nessuno di mio, a meno di scrivere un altro libro di ricette banali. Però posso riportare gli insegnamenti classici, almeno per quanto riguarda il metodo. La componente Taoista del Buddhismo Zen comprende il concetto di Via (metodo, percorso) che è una delle sfaccettature della "Grande Via", il Tao (cinese pinyin Dao, da cui il giapponese Do. Per cui Ju-do, Ken-do, Kyu-do Cha-do (l'arte del tè) ecc. sono tutte vie per arrivare ad una "divina maestria" che è però non è il fine ultimo, ma può essere una porta verso lo Zen. Chiaramente cambiano le pratiche (preparare il tè non è tirare con l'arco) ma la radice del metodo, per qualsiasi arte si tratti (marziale, pittura, tè, origami, fotografia, musica) è la stessa, semplice nel concetto e difficilissima nella pratica. Lo spiega molto bene il maestro di spada Takuan Soho, nella appendice del libro "Lo Zen e il tiro con L'arco" . Si traduce nel praticare (e studiare) incessantemente, con la massima umiltà, diligenza e distacco (non prendersela per i fallimenti e non inorgoglirsi per i successi), fino a essere talmente tutt'uno con quello che si fa, che non c'è più bisogno di ragionare a priori, coscientemente su quello che devi fare per esprimere la tua arte, ma diventa un atto spontaneo. All'inizio i progressi si vedono, poi si arriva ad un punto in cui avendo acquisito una buona esperienza si percepiscono i propri limiti e sembra di rallentare sempre più nel progresso, ma se non ci si rassegna nè ci si spazientisce, si insiste senza mai accontentarsi, ma con distacco, finchè i limiti ad un certo punto sono superati e ad un tratto si è ad un livello superiore. Prima sei tu e l'oggetto (o lo strumento) della tua arte, divisi in contrapposizione, poi a poco a poco vi integrate, finchè l'arte è parte di te stesso. Un maestro dell'arte è di notevole aiuto almeno agli inizi. Da questa maestria qualcuno va oltre e scopre che è l'arte è diventata una guida per percepire la vita intera, e allora, forse, si è dalle parti dello Zen. Sono quasi sicuro che ti può sembrare deludente (tutto qui?), ma il succo è questo (oppure ci si mette a studiare lo Zen sul serio).
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  8. a Natale a mio figlio grande ho regalato: che ho letto tanto tempo fa insieme al tuo citato del tiro con l'arco e la cui retrocopertina riassume così: attinente al tema che sollevi. Una sola cosa....: questo ensamble RF + obiettivo è un capolavoro, ancora oggi: e per giunta adesso saremmo in pochi a saperlo dominare. Casomai è una nuova frontiera per chi si avvicini alla Fotografia come concetto: Zen potrebbe divenire per essi, il riuscire a servirsene con successo.
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