Falco di palude. Si, bello, ma le foto?Stavolta non ci sono foto. Mi accorgo di un esemplare che entra in un canale, penso per predare un roditore. Mi apposto con calma per coglierlo al volo quando uscirà, ma dopo un paio di minuti ancora non esce. Non quadra. Per niente. Mi sporgo e lo vedo allontanarsi da me, ma non volando. Qualcosa non va. Lascio il treppiedi con la macchina sopra e cerco di avvicinarmi. Il falco risale l'argine del canale opposto a me e cerca riparo tra l'erba senza riuscirci, la sua ala destra rimane aperta. Probabilmente è ferito. Mi attacco al telefono e dopo una ventina di minuti un guardaparco arriva sul posto. Arriviamo nei pressi del rapace che alla nostra vista cerca la fuga ma non potendo volare rovina lungo l'argine e finisce in acqua, compresa parte della testa. Non ho pensato nemmeno per un attimo al becco e soprattutto agli artigli che avrebbero potuto ferirmi. Ho gentilmente raccolto le ali sul corpo del falco e l'ho tirato fuori. Il volatile è stato poi portato in un centro di recupero per la fauna selvatica e quella che si pensava essere una frattura si è invece rivelata essere un'intossicazione per aver predato qualcosa probabilmente contaminato da pesticidi. Avrei potuto fare scatti al falco in tutta calma e tranquillità per poi spacciarli come scatti di bravura e tecnica. Molti (troppi) fotografi naturalisti (ma non mi spingerei a definirli naturalisti, avrei un paragone con le deiezioni umane ma sorvoliamo) usano mezzi non propriamente deontologici per arrivare al loro fine e poi vantarsi in questo e quell'altro forum o partecipare a concorsi. La fotografia oggi per me è andata in secondo piano, non potrebbe essere altrimenti. Non varrà mai la sopravvivenza o la sofferenza di un essere vivente. Mai.Se c'è un fine nella fotografia naturalistica, oggi l'ho trovato. Ed è molto più emozionante, soddisfacente e bello di qualsiasi foto io possa mai scattare.