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Rachmaninov : Etudes-Tableaux Op. 33 e Op. 39


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Rachmaninov : Etudes-Tableaus Op. 33 e Op. 39
Steven Osborne
Hyperion 2018
registrato a Londra nell'agosto 2017, disponibile in formato 96/24
durata 1:01:39

***

Composizioni particolari che hanno messo in nuova luce Rachmaninov, tra il 1911 e il 1915-16 (rispettivamente le due raccolte Op. 33 ed Op. 39).
Fondamentali, secondo me, per apprezzarne le qualità di compositore al di fuori dei clichet imposti dai suoi concerti per pianoforte, insieme alle due sonate per pianoforte e ai preludi.

Generalmente tenderei a lasciare ai russi l'interpretazione di questa musica.
Bisogna essere nati in quella terra per capirla bene e poterla così spiegarla agli ascoltatori.

Ma ciò non esclude affatto che un pianista raffinato, colto, sensibile, cresciuto con tutto il repertorio pianistico moderno come Steven Osborne non ce ne possa offrire una lettura personale.

Forte ma intimista quando serve, nel 39/1 mi pare di vedere la slitta che di notte porta Sergei al sicuro in Svezia, fuggendo dalla follia della rivoluzione.

Le interpretazioni moderne sono tutte differenti da quelle di Rachmaninov. Nei pochi esempi che abbiamo (registrate tra il 1919 e il 1929) abbiamo tempi molto differenti e soprattutto dinamiche diverse.
Ciò non impedisce comunque ai differenti interpreti di dare una visione personale, quando non sono troppo impegnati a far vedere quanto sono bravi o virtuosi.

E' così in questa edizione di Osborne che ha anche il grande pregio di avere una registrazione impeccabile, di grande equilibrio, con un pianoforte dinamico e privo di quelle asprezze tipiche di registrazioni ravvicinate che rendono meno interessanti altre letture.

Rispetto alla recente registrazione di Giltburg (2018 per l'Op. 33 e 2016 per l'Op. 39) vediamo dinamiche meno esagerate (Giltburg tende a rallentare per rafforzare poi le accelerazioni) e ci sono differenze importanti proprio nella lettura. Ad esempio nel 33/5 (postumo) Giltburg tende ad accentuare la linea del basso con forza, dove Osborne risolve tutto con delicatezza, aumentando ritmo e forza solo verso il finale, ma sempre con garbo.
Nel 33/2 siamo su tempi esattamente sovrapponibili con quelli di Sergei stesso. Stessa dinamica, ancora più sussurrato.

Forse in qualche momento mi mancano l'ardore e la passioni giovanili della Grimaud del 1985 (Denon) o del primo Lugansky (1992, Vanguard) ma certamente Osborne è uomo maturo, oggi.

Da ascoltare con attenzione, approfittando dell'ottimo bilanciamento sonoro della registrazione ma avendo sotto mano (parlo allo specialista) le altre raccolte disponibili.

edizioni alternative :

Ogdon, Emi
Lugansky Vanguard
Ashkenazy, Decca
Giltburg, Naxos

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