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happygiraffe

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  1. Dmitri Shostakovich, 24 Preludi e Fughe Op.87. Ronald Stevenson, Passacaglia on DSCH. Igor Levit, pianoforte. Sony Classical, 2021. *** Igor Levit negli ultimi anni si è imposto come uno dei migliori pianisti della sua generazione, distinguendosi da un lato per le scelte di repertorio che danno ampio spazio a compositori e composizioni meno noti, dall’altro come l’uomo delle incredibili maratone pianistiche (l’ultima sua follia che mi viene in mente è la diretta su YouTube di Vexations di Érik Satie, 18 ore di musica!). Levit è un pianista colto e intelligente che affronta la sala d’incisione con grandissima serietà e preparazione. Quest’ultimo disco ci offre un’altra prova ciclopica: i 24 preludi e fighe Op.87 di Shostakovich e la meno nota Passacaglia su D.S.C.H. di Ronald Stevenson, per un totale di 3 ore e 50 minuti di musica. Era il 1950 quando Dmitri Shostakovich (1906-1975), che aveva allora 44 anni, fu chiamato a Lipsia come giurato di una rassegna che celebrava il secondo centenario della morte di Bach. In quello stesso contesto conobbe la giovane pianista russa Tatjana Nikolaeva, vincitrice del concorso pianistico. Fu in quell’occasione che decise di rendere un omaggio a Bach, componendo una serie di 24 preludi e fughe per pianoforte, che percorrevano tutte le tonalità maggiori e minori, così come aveva fatto Bach nel Clavicembalo ben temperato, ma questa volta non in ordine cromatico, bensì secondo il circolo delle quinte (Do-Sol-Re-La-Mi ecc. dove al maggiore segue il relativo minore). Era la sequenza già adottata da Chopin nei suoi 24 Preludi, op.28. Una prima parziale esecuzione avvenne per mano dello stesso compositore nel 1951, ma l’opera fu bollata di “formalismo” dal regime sovietico (in pratica non era conforme al realismo social-popolare al quale gli artisti dovevano piegarsi in quegli anni). Fu la stessa Tatjana Nikolaeva ad eseguire integralmente i Preludi e Fughe in pubblico nel 1952 e ad assicurarne la pubblicazione. Pur nell’evidente omaggio a Bach, il linguaggio di quest’opera è lontano da ogni manierismo e anzi si apre a un ampio ventaglio di stili e caratterizzazioni diversi: da lirico a marziale, da epico a introspettivo, da sfrenato a dolente, da serio a sarcastico. Ed è nella precisa e raffinata restituzione di tutti questi diversi caratteri che si rivela la maestra di Igor Levit. Ascoltiamo la soave evocazione delle primo preludio in do maggiore, o l’andamento misterioso del quarto preludio e fuga in re maggiore. E poi l’iridescente e gioiosa settima fuga in la maggiore, resa con una delicatezza commovente, seguita dall’ironica marcetta dell’ottavo preludio, che porta a quello che forse è il capitolo più introspettivo e doloroso di tutta l’opera, la lunga fuga in Fa diesis minore. La vivace immediatezza della successiva fuga in Mi maggiore ci riporta gioia e speranza. Si arriva così alla conclusione della prima metà, con Levit che ci porta dagli abissi del dodicesimo preludio alla sfrenata cavalcata della fuga in 5/4! Il provocativo sarcasmo del quindicesimo preludio è restituito in maniera implacabile e la successiva fuga in re bemolle maggiore, velocissima, ci trascina in un feroce vortice in cui si arriva a sfiorare l’atonalità. Il preludio e fuga che seguono, arrivano alle nostre orecchie come una soave e lunga consolazione. Il suono delicato e morbido di Levit è di commovente bellezza. Si arriva così all'ultimo grandioso preludio e fuga al quale il pianista riesce a conferire un senso di tragica inesorabilità, pur mancando nel finale di imprimere quel furioso cambio di tempo, indicato nella partitura e eseguito da molti altri pianisti. Tatjana Nokolaeva registrò tre volte i Preludi e Fughe Op.87, nel 1962, 1987e 1990 e per molti anni queste incisioni sono state considerate un riferimento assoluto nella discografia. Grandi pianisti russi come Richter e Gilels ne incisero purtroppo solo una manciata. C’è una testimonianza discografica dello stesso Shostakovich che ne esegue un discreto numero in questo disco molto interessante: In tempi più recenti si ritrovano diverse incisioni (addirittura ce n’è una di Keith Jarrett), delle quali ricordo quella notevole di Alexander Melnikov per Harmonia Mundi, purtroppo non disponibile su Qobuz, ma reperibile comunque su altri siti. Quest’ultima di Igor Levit si pone a mio avviso come il nuovo riferimento assoluto per chi si voglia avvicinare a quest’opera. Veniamo ora alla seconda parte di questo disco, la Passacaglia su DSCH di Ronald Stevenson (1928-2015), compositore scozzese conosciuto solo agli addetti ai lavori e decisamente meno noto di Shostakovich. Socialista, pacifista, obiettore di coscienza, Stevenson fu un compositore, ma anche un grande virtuoso del pianoforte, ponendosi sulla scia di Busoni. E’ ricordato principalmente proprio per questa Passacaglia, famosa per essere un’opera in un unico movimento (in realtà contiene delle suddivisioni) della durata di circa 85 minuti. Composta nel 1963, la Passacaglia è un omaggio dichiarato allo stesso Shostakovich. DSCH è il monogramma musicale ideato dallo stesso Shostakovich: D.Sch., D–Es–C–H, che nella notazione tedesca equivalgono infatti ai nostri Re, Mi bemolle, Do, Si. Il compositore russo usò queste 4 note in molte sue composizioni, come una vera e propria firma. Lo stesso motivo è alla base della lunga serie di variazioni di Stevenson che compongono la Passacaglia. Stevenson la suddivide in tre grandi parti: la prima che riunisce l’iniziale Sonata, una suite di danze e altri pezzi brevi, il secondo che ricorda più una fantasia composta da variazioni di carattere molto diverso e études, il terzo contenente una poderosa tripla fuga. Quest’opera monumentale contiene diversi riferimenti e influenze musicali (oltre a Shostakovich, scorgiamo Liszt, Busoni, Messiaen, fino alle manifeste citazioni finali del Dies Irae e del monogramma di Bach, B.A.C.H.), così come storici (da uno slogan di Lenin, alle vittime dell’Olocausto, passando per l’Africa emergente). Si tratta di un lungo viaggio, che richiede tempo e concentrazione all’ascoltatore, ma che può regalare molte soddisfazioni. Pochissime le incisioni alternative, tra le quali quella di John Ogdon, che però non è più reperibile. Questa versione di Levit sicuramente si pone come un riferimento, non solo per le capacità tecniche con le quali supera le difficoltà della partitura, ma per la capacità di tenere insieme una struttura così lunga, articolata e complessa. Tirando le conclusioni, questo è un disco monumentale che impegna l’ascoltatore in un lungo tour de force, ma che da un punto di vista artistico e intellettuale è probabilmente una delle migliori produzioni discografiche degli ultimi anni.
  2. Tre grandi jazzisti, un’intesa perfetta. Disco davvero magnifico.
  3. Uh, grazie Mauro, mi sono divertito a leggere e ad ascoltare. Per la nostra felicità la musica di Bach si offre a molteplici possibilità interpretative, dalle più ortodosse alle più bizzarre (notevole quella di the art of moog), ma, anche restando all’interno delle letture più tradizionali, tra la versione di Gould e quella di Richter c’è un mondo. (magnifico Frédérick Haas che suona il clavicembalo in infradito!)
  4. Disco bellissimo, tutto norvegese, dal compositore (Grieg) agli interpreti: l’astro nascente Lise Davidsen, soprano dotato di straordinari mezzi vocali, e Leif Ove Andsnes, ottimo pianista, molto a suo agio in questo repertorio. Il ciclo Haugtussa che apre il disco è splendido, peccato che non abbia la minima idea di cosa parli, perché Qobuz non mette a disposizione il libretto con i testi, ma per quel che mi riguarda la Davidsen potrebbe cantare anche l’elenco del telefono e a me piacerebbe ugualmente!
  5. Il vecchio Bohm con un giovane Pollini in stato di grazia. Un K.488 di bellezza apollinea. Uno dei miei dischi preferiti.
  6. Ahimè, Jarrett ha avuto due ictus nel 2018 e non può più usare la mano sinistra…
  7. I 24 preludi e fughe di Shostakovich e la meno nota Passacaglia su DSCH di Ronald Stevenson. Un ascolto impegnativo, ma molto appagante. Igor Levit si conferma uno dei migliori pianisti dei nostri giorni.
  8. Ho avuto un po' di difficoltà a scegliere il mio disco preferito del 2021. Se da un lato ho in mente diversi ottimi dischi, dall'altro faccio fatica a identificarne uno che mi abbia davvero impressionato. Alla fine ho scelto questo disco di Bach suonato al Piotr Anderszewski, uscito a gennaio. La particolarità di questa incisione è che, in'un epoca di registrazioni storicamente informate, di integrali, di politically correct musicale, Anderszewski spariglia le carte. Prende quanto di più tradizionale ci sia nel repertorio occidentale per tastiera, il clavicembalo ben temperato di J.S.Bach, seleziona 12 peludi e fughe dal secondo libro e li rimescola senza seguire l'ordine scelto da Bach. Schiere di musicologi si saranno sentite male, ma il risultato è assolutamente rinfrescante. Il pianista polacco crea una galleria di 12 miniature perfettamente interconnesse e messe in scena in maniera spettacolare. Se ne parlò QUI con maggiore dettaglio.
  9. Bill Evans con Chuck Israels e Larry Bunker in questo bellissimo live, rimasterizzato in 192/24, che sembra registrato ieri!
  10. Ecco che finalmente DG ripubblica un po’ alla volta il grande Géza Anda.
  11. La rinascita bachiana di Murray Perahia, dopo un problema a una mano che negli anni ‘90 lo tenne lontano dall’attività concertistica per alcuni anni, fu una vera folgorazione! Queste Goldberg sono in cima alla mia persona classifica.
  12. Un po' di folk-rock di gran classe? e poi Bill Callahan e Bonnie "Prince" Billy insieme in questo nuovo disco, che contiene cover di Cat Stevens, Steely Dan, Hank Williams Jr., Robert Wyatt, Silver Jews, Billie Eilish, così come rivisitazioni di diversi loro brani:
  13. Lo sto ascoltando anche io! Stavo appunto venendo qui a scriverne, ma sei arrivato prima tu! Semplicemente spettacolare!
  14. Neil Young, uno degli ultimi grandi dinosauri del rock ancora in circolazione, si ritrova ancora una volta con i Crazy Horse, il suo storico gruppo, per questo album Barn, appena uscito. Si divertono ancora molto questi arzilli nonnetti del rock! La voce di Neil non è più quella degli anni d’oro, ma l’energia scorre ancora a fiumi e ci sono diversi bei momenti in questo disco. Pensate che questo dovrebbe essere il 47esimo album in studio di Neil Young, se non ho fatto male i conti, ai quali si aggiungono diversi dischi dal vivo, tra i quali dei meravigliosi gioielli che negli ultimi anni ha ripescato dai suoi archivi.
  15. Brahms, sonata per pianoforte n.3 Op.5, Variazioni e fuga su un tema di Handel Op.24. Jonathan Fournel, pianoforte. Alpha 2021. *** Un pianista di cui sentiremo ancora parlare, Jonathan Fournel, francese, vincitore del prestigioso concorso Queen Elisabeth nel 2021. Interpretazioni magistrali e che mi hanno lasciato a bocca aperta per la capacità di rendere il discorso musicale con una fluidità incantevole. Fournel stupisce anche per il suono ricco e al tempo stesso limpido, in questo aiutato da una registrazione di livello stellare. Gran bel disco!
  16. Uscito da poco, questo disco è la registrazione di un concerto del 2019 del decano dei trombettisti italiani per celebrare i suoi 80 anni e i 50 anni della gloriosa etichetta ECM. Enrico Rava è accompagnato da Francesco Diodati alla chitarra, Gabriele Evangelista al contrabbasso, Enrico Morello alla batteria, Francesco Bearzatti al sax e dal pianista Giovanni Guidi. Disco assolutamente frizzante e pieno di freschezza, alla faccia degli 80 anni del Maestro! Chapeau!
  17. Segnalo ai fan del gruppo irlandese l’edizione del trentennale di Achtung Baby, finalmente in 96/24, con addirittura 3 dischi extra contenenti vari inediti e remix.
  18. Brahms: Sonata per violino n.2 Op.100 (trascr.per clarinetto e piano di M.Collins), sonate Opp.120 n.1 e 2 per clarinetto e pianoforte. Michael Collins, clarinetto, Stephen Hough, pianoforte. BIS 2021 *** Sempre per BIS esce oggi un altro disco di Brahms assai diverso da quello solenne e anche un po' pomposo del pur bravvisimo Alexandre Kantorow. Qui l'accopiata tutta inglese di Michael Collins e Stephen Hough fa faville nell'ultimo Brahms, quello delle due sonate per clarinetto e pianoforte e della seconda sonata per piano e violino, qui trascritta dallo stesso Collins per clarinetto. Disco molto bello e caldamente consigliato.
  19. Bellissimo!! Non conoscevo Micus, grazie della segnalazione!
  20. 19 anni, 65 milioni di dischi venduti, 7 grammy awards. Billie Eilish è il fenomeno musicale di questi anni. Questo è il suo ultimo disco.
  21. Parliamo di numeri. Questi sono i dati del mercato americano in milioni di dollari del primo semestre 2021: Si evince che i supporti fisici rappresentano poco più del 10% dei formati liquidi. La cosa interessante è che le vendite dei vinili in termini di fatturato sono più del doppio rispetto ai CD. Le vendite dei vinili sono cresciute del 94%, mentre quelle dei CD del 50%. Certo, ricordiamoci che il primo semestre del 2020 deve essere stato un periodo nero per le vendite di supporti fisici. In ogni caso il trend è chiaro, almeno per il mercato americano.
  22. Geza Anda è stato un pianista straordinario. Purtroppo la sua casa discografica (DG) sembra essersi dimenticata di lui da diversi decenni. Speriamo che questo anniversario possa essere l'occasione per ridargli la giusta visibilità. Di Anda mi piace moltissimo il suo Schumann, oltre ai già citati Mozart, Brahms e Bartòk. Proprio la scorsa settimana è stato ripubblicato il secondo concerto di Brahms con Fricsay: un'interpretazione di una bellezza commovente, che testimonia l'intesa perfetta tra direttore e solista. Grazie Mauro per averci ricordato questo grande interprete!
  23. Realizzo ora di avere la stampa autografata di una sua foto in casa. Un raggiante David Bowie nella sua prima tournée americana nel 1972:
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