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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 18/07/2021 in Blog Entries

  1. Questo articolo non vuole essere critico, non si esprimono giudizi o considerazioni sulla validità delle scelte della società Fujifilm, né sui suoi prodotti. E' tanto politicamente .... scorretto da voler riportare solo i fatti. Fujifilm ha cominciato la sua attività nel 1934 con la produzione di pellicole fotografiche. Nel 1948 ad esse è stata affiancata quella delle fotocamere, con la Fujica Six. Nel 1982 ha introdotto sul mercato il Minilab, un sistema integrato per lo sviluppo e la stampa rapida dei negativi fotografici. Nel 1986 ha messo sul mercato la prima fotocamera a colori "usa e getta". Nel 1998 è entrata in commercio la prima Fujifilm Instax. Nel 2019 Fujifilm ha venduto 10 milioni di macchinette Instax, più dell'intero comparto mondiale delle fotocamere digitali in tutto il 2020. Oggi il gruppo Fujifilm fattura circa l'equivalente in Yen di 20 miliardi di dollari. Ma l'87% di questi non deriva da attività connesse con l'immagine. Delle tre divisioni di cui è composta, 17,4 miliardi di dollari di fatturato arrivano dalle due divisioni che si occupano di riproduzioni e di apparati medicali. I restanti 2.6 miliardi - che sono comunque una cifra ragguardevole - provengono dal settore film e fotocamere digitali. Ma di questi 1,8 miliardi sono vendite di Instax, circa 800 milioni di fotocamere digitali e obiettivi. In termini di marginalità, nel 2001 il comparto immagini portava il 54% degli utili, oggi solo il 9%. Il 65% del totale degli utili di Fujifilm è prodotto dalla divisione medicale che è quella dove Fujifilm sta investendo la gran parte delle sue risorse in termini di sviluppo. *** Questa è la premessa. Lo scorso aprile c'è stato un avvicendamento al vertice. Il nuovo CEO ha un cognome piuttosto comune in Giappone, Goto, ed è un uomo che lavora in Fujifilm da 40 anni, avendo fatto carriera partendo proprio dal settore pellicole a colori. intervistato dal Bloomberg ha confermato il refocusing totale del gruppo verso "l'assistenza sanitaria" mentre l'altro business in ascesa è quello indirizzato verso i produttori di semiconduttori (business2business non produzione diretta di microchip), settore maledettamente in crescita per la fame di microchip del mondo. Fujifilm in questo periodo pandemico ha sviluppato un farmaco antinfluenzale - Avigan - e vende reagenti per sviluppare i tamponi e kit per test rapidi Covid 19. Oltre naturalmente a tutto ciò che riguarda lastre radiografiche, sistemi di endoscopia, indagine e diagnosi medica, etc. etc. In questo settore sono stati investiti 1240 miliardi di Yen, con una buona parte destinati alla filiale statunitense all'interno di un piano che prevede investimenti per $11 miliardi nel corso del triennio. E il settore imaging ? Resta la terza gamba, quella che produce e rende di meno, la gran parte deriva ancora da strumenti connessi con la pellicola e da quelli destinati al cinema (ottiche cine ma c'è tutto il mondo della riproduzione dei contenuti video ad alta risoluzione che tira alla grande). Verrà mantenuta - non ne è prevista la vendita né lo scorporo - ma tenuta separata per visibilità e necessità contabili (Sony ha invece inserito la sua divisione imaging in quella più ampia dedicata all'elettronica di consumo destinata ai privati e allo svago cosicché adesso non si capisce se le fotocamere vendono più dei televisori o dei telefonini, o al viceversa). Continuerà per la sua strada finché farà profitti, ha un valore storico, sociale, di prestigio. Ma i veri soldi vanno altrove, dove si fanno i soldi veri. E' il segno dei tempi, non è una questione di partigianeria.
    4 punti
  2. Franz Schubert, sonate per pianoforte D.959, D.959, D.960. Francesco Piemontesi, pianoforte. PentaTone 2019 *** In quest’ultimo anno non sono mancate le registrazioni interessanti dedicate alle ultime sonate di Schubert: dall’affascinante lettura di Schiff su fortepiano (qui), alla tormentata versione di Lonquich (qui accostato alla melliflua e meno convincente Buniatishvili), per finire con la prova iper-raffinata di Volodos (qui). Ora anche il talentuoso pianista ticinese Francesco Piemontesi si mette alla prova con la triade delle ultime sonate, dopo gli ultimi dischi dedicati ai primi due libri delle Années de Pèlerinage. Come abbiamo già avuto modo di scrivere riguardo al suo Liszt, Piemontesi è un pianista che sembra aver raggiunto in questi anni uno stato di grazia, sia dal punto di vista tecnico che interpretativo e questo Schubert ne è una conferma. Ritroviamo qui il Piemontesi grande narratore che avevamo conosciuto in Liszt: ci accompagna con estrema naturalezza nei solitari paesaggi musicali dell’ultimo Schubert, passando dalla quiete alla sommessa disperazione, dall’intima palpitazione dei passaggi più scherzosi allo sconforto più drammatico. Lo fa con grande finezza e eleganza, rendendosi completamente invisibile e totalmente al servizio della musica. E nonostante le “celestiali lunghezze” di Schubert possano spesso indurre torpore, non è fortunatamente il caso qui. Piemontesi riesce a rendere l’architettura dell’opera nella sua complessità e al tempo stesso la cura del dettaglio, con una capacità di controllo magistrale. Siamo ancora una volta di fronte a un disco importante di un artista solido e maturo, che entra di buon diritto tra i miei riferimenti degli ultimi anni. Notevole anche la qualità della registrazione (che ho ascoltato in formato liquido 96/24), realizzata nella bella acustica della Salle de musique a La Chaux-de-Fonds in Svizzera. Il pianoforte è reso in maniera assolutamente realistica in tutto lo spettro, con timbri caldi e rotondi e un'immagine ben centrata e coerente.
    1 punto
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