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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 01/01/2021 in tutte le aree

  1. Articolo ironico con contenuto serio. Questo blog esprime le mie opinioni personali, basate su quel che so, ma essendo opinioni non hanno pretesa di verità, ed è assolutamente possibile non essere d'accordo in parte o del tutto. Non è mia intenzione offendere nessuno. Credo che tutto possa essere più o meno cominciato con questo libro (questa la versione italiana, ma il libro è stato un successo enorme in tutto l'Occidente): In cui l'autore, un professore tedesco di filosofia, racconta che essendo incapace di concepire lo Zen a livello intellettuale (lo credo bene!) gli viene consigliato di provare ad avvicinarsi tramite una delle arti in cui lo Zen è presente, nel caso il tiro con l' arco giapponese, il Kyudo (kyu- arco, do- via, metodo). Il libro è breve, interessante, di piacevole lettura, e porta in appendice anche un discorso di un maestro giapponese sullo Zen e l'arte della scherma (Ken-jutsu). Il meritato successo di questo libro ha portato in tempi successivi, a partire dall'epoca buia della New Age, ad una serie infinita di altri libri dal titolo "Lo Zen e .... (mettere una qualsiasi attività a piacere)", il cui scopo, oltre alla vendita del libro, sarebbe di spiegare come con lo Zen tutte le cose vengano meglio, meravigliosamente meglio, e si sia tutti più felici. Che sarebbe proprio bello. Eh sì, non manca nemmeno "lo Zen e l'arte di scopare" di Jacopo Fo, figlio del più noto Dario. Confesso di non averlo letto. NOTA: Caso a parte è "Lo Zen e l'arte della manutenzione della Motocicletta" interessante libro biografico di M. Pirsig, dove la "manutenzione della motocicletta" è un pretesto per scrivere d'altro, un po' come le balene in Moby Dick, per cui non c'entra con i vari manuali dello "Zen e...". Tutti questi manuali presuppongono forse che chi scrive abbia raggiunto lo Zen così da poterlo insegnare ad altri (?). Implicano forse che lo Zen sia un modo, uno strumento, per fare meglio le cose, e che possa essere trasmesso con un libro? Sarà, ma da modesto cultore di alcune arti e forme di pensiero orientale da almeno quarant'anni, mi permetto di avere qualche dubbio in merito. Temo cioè che si faccia un po' di confusione, ingenuamente o astutamente, non lo so. La sensazione è che si usi il termine Zen banalizzandolo come ricettacolo di "semplici trucchi" , infilandoci con una massiccia dose di superficialità. Quindi in tutta umiltà vorrei provare a chiarire un pochino, tutto qui. Lo Zen. Lo Zen (in cinese C'han) ha origine quando il Buddhismo dall'India arrivò in Cina ed assorbì degli elementi del Taoismo (non vi tedio oltre con la storia, è facile trovare il modo di approfondire, se interessa). Dalla Cina è stato poi portato in Giappone (il nome Zen è la versione giapponese di C'han). Come tutto il Buddhismo ma, in fondo, come tutte le maggiori religioni, lo Zen è una via per la liberazione dalle sofferenze, che per i Buddhisti si ottiene raggiungendo uno stato di "risveglio" o "illuminazione", in giapponese Satori (per inciso la prima scuola di arti marziali che ho frequentato a quindici anni si chiamava pomposamente "Ryu Satori" cioè "Scuola dell'Illuminazione", ma non "illuminava" molto ). Non vado oltre, aggiungo solo che rispetto ad altre pratiche lo Zen ha un carattere più diretto, ma non per questo è più facile anzi, richiede intensa applicazione. Lo Zen, pur essendo sorto in un contesto religioso, può essere esportato anche al di fuori dall'ambito della religione, come molte altre pratiche Buddhiste, ad esempio la "mindfulness" che mi sembra sia ancora molto in voga nella psicoterapia, nel coaching aziendale e in non so cos'altro, ma che in fondo non è che una "occidentalizzazione" di alcune pratiche buddhiste di consapevolezza. Ma non sono cose facili, possono richiedere una intera vita di pratica, non ci sono semplici trucchi. Il Maestro Taisen Deshimaru, scomparso nel 1982, esperto anche di arti marziali, è fra quelli che ha diffuso lo Zen in Europa in tempi recenti. I suoi libri sono sì una valida lettura. Lo Zen e... Tornando ai libri, posso sbagliare, ma sembra che in quei "manuali" lo Zen sia visto come un qualche cosa, un metodo semplice per migliorare quel che si fa, presupponendo quindi uno scopo, un fine pratico, che è il contrario esatto dello Zen . Se pensiamo uno dei requisiti fondamentali per raggiungere lo Zen è l'essere quello che in Giapponese si dice mushotoku (privo di intenzione, di fine, di desiderio, di attaccamento), cercare di raggiungere lo Zen per ... già escluderebbe la possibilità di arrivarci. E in ogni caso è riduttivo. Il fatto può essere che la parola Zen piace, è breve , semplice ed ha appigli nell'immaginario delle persone (di un certo genere), per cui "attira" ma il concetto che c'è dietro a quella parola è profondo. E' altro. Lo Zen e la Fotografia? In Internet e sulla carta stampata non mancano titoli come "Lo Zen e la Fotografia", oppure "Fotografia Zen", anzi, ce ne sono tanti. L'impressione che ho leggendo questi articoli è che si pensi esistano delle ricette per fare una non meglio identificata "Fotografia Zen" o che un approccio Zen alla fotografia ci darà la pace interiore. Può essere benissimo che tramite una pratica intensa e rigorosa di un'arte, fotografia compresa, si arrivi alla piena maestria e questo potrebbe essere un modo di "avvicinarsi" allo Zen. E può essere benissimo anche che chi ha "capito" lo Zen (si è "risvegliato") dato che tra le tante altre cose è diventato spontaneo, sereno, calmo, attento, presente a se stesso, concentrato e non ossessionato dal risultato, di conseguenza sia in grado fotografare molto meglio di prima, anzi tutte le cose che fa gli vengono meglio che se fosse preoccupato, precipitoso, distratto, nervoso ed ansioso per il risultato. Ma da questo a dare "ricette rapide" per fotografare Zen o arrivare allo Zen ce ne passa. Io purtroppo non so dirvi come sia essere Zen, ma penso di saperne abbastanza da suggerire che nelle "semplici ricette" NON c'è lo Zen. Quindi a mio personale ed arbitrario parere, sono comunque letture simpatiche, e alcuni i consigli possono essere utili, quindi leggiamo pure i vari "Zen e la fotografia di questo e di quello" ma stiamo attenti che ... Non è necessariamente vero che se uso una fotocamera manuale a pellicola e solo obiettivi manuali del secolo passato arrivo prima allo Zen, uno può essere (o non essere) consapevole praticando con una Sony A4R o una Nikon Z6II tanto quanto con una vecchia Nikon SP. Non è necessariamente vero che lo scatto singolo è Zen, la raffica no. Non è necessariamente vero che lo street o la foto naturalisitica sono Zen e il Fashion o che altro no. Se la persona è "risvegliata" questo si riflette in qualsiasi cosa faccia. Quando Musashi capì l'arte della scherma, divenne anche un ottimo calligrafo e poeta. Non è necessariamente vero che fotografare in bianco e nero sia più Zen che fotografare a colori. Può esserlo oppure no, come sopra. Non è detto che si debba per forza fotografare pile di sassolini , giardini, ruscelletti, cespugli di bambù, paesaggi nebbiosi o gatti addormentati per fare fotografia Zen. Qualsiasi soggetto (o quasi) può esprimere lo Zen oppure (più spesso) non esprimerlo. Perchè non è tanto il soggetto che conta ma come (con che disposizione interiore) lo si fotografa, cosa che si dovrebbe riflettere nella foto e si spera, arrivare a chi la guarda. C'è qualche differenza tra le foto sopra e quelle sotto? Quali trasmettono qualcosa? Buon Anno a tutti!! Tutte le immagini sono copyright dei rispettivi aventi diritto, riprodotte solo a scopo illustrativo.
    5 punti
  2. Io non sono un maestro Zen, anzi sono meno di un principiante scarso, non posso quindi istruire nessuno di mio, a meno di scrivere un altro libro di ricette banali. Però posso riportare gli insegnamenti classici, almeno per quanto riguarda il metodo. La componente Taoista del Buddhismo Zen comprende il concetto di Via (metodo, percorso) che è una delle sfaccettature della "Grande Via", il Tao (cinese pinyin Dao, da cui il giapponese Do. Per cui Ju-do, Ken-do, Kyu-do Cha-do (l'arte del tè) ecc. sono tutte vie per arrivare ad una "divina maestria" che è però non è il fine ultimo, ma può essere una porta verso lo Zen. Chiaramente cambiano le pratiche (preparare il tè non è tirare con l'arco) ma la radice del metodo, per qualsiasi arte si tratti (marziale, pittura, tè, origami, fotografia, musica) è la stessa, semplice nel concetto e difficilissima nella pratica. Lo spiega molto bene il maestro di spada Takuan Soho, nella appendice del libro "Lo Zen e il tiro con L'arco" . Si traduce nel praticare (e studiare) incessantemente, con la massima umiltà, diligenza e distacco (non prendersela per i fallimenti e non inorgoglirsi per i successi), fino a essere talmente tutt'uno con quello che si fa, che non c'è più bisogno di ragionare a priori, coscientemente su quello che devi fare per esprimere la tua arte, ma diventa un atto spontaneo. All'inizio i progressi si vedono, poi si arriva ad un punto in cui avendo acquisito una buona esperienza si percepiscono i propri limiti e sembra di rallentare sempre più nel progresso, ma se non ci si rassegna nè ci si spazientisce, si insiste senza mai accontentarsi, ma con distacco, finchè i limiti ad un certo punto sono superati e ad un tratto si è ad un livello superiore. Prima sei tu e l'oggetto (o lo strumento) della tua arte, divisi in contrapposizione, poi a poco a poco vi integrate, finchè l'arte è parte di te stesso. Un maestro dell'arte è di notevole aiuto almeno agli inizi. Da questa maestria qualcuno va oltre e scopre che è l'arte è diventata una guida per percepire la vita intera, e allora, forse, si è dalle parti dello Zen. Sono quasi sicuro che ti può sembrare deludente (tutto qui?), ma il succo è questo (oppure ci si mette a studiare lo Zen sul serio).
    4 punti
  3. Non il solito Wata come lo pensiamo: molto dimagrito anche se tonico, ci fa gli auguri per l' anno appena entrato Sul finire del suo spot, fa un accenno al fatto di aver personalmente sofferto...ma di essersi rialzato col sasso in mano... Auguri da tutti noi di Nikonland, quindi. Continueremo a contribuire con la sua creatura.
    1 punto
  4. Dopo la fine della II Guerra Mondiale, l'Unione Sovietica si impadronì, come risarcimento per i danni bellici, tra le altre fabbriche tedesche della sua Zona di Occupazione, della notissima e produttiva Carl Zeiss Jena, insieme al know-how ed ai tecnici ivi occupati. Uno dei progetti ottici di ultima generazione Zeiss era proprio il 6 lenti in 4 gruppi (Tessar) Biotar 58mm f/2 del 1939, costruito come standard di riferimento per il primo sistema reflex ad ottiche intercambiabili Ma il vetro di Schott tedesco, che non proveniva dalla zona occupata dai sovietici, non poteva essere più utilizzato per la fabbricazione di questa pregevole ottica Zeiss, ed allora, ricalcolando la formula ottica per il vetro sovietico disponibile, D.S. Volosov, padre di questa riconversione ottica postbellica, riuscì a riprodurre le fortune dello schema precedente, col nome di Helios 44 portandone la fabbricazione alla KMZ (Krasnogorsky Mekhanichesky Zavod) di Mosca a partire dal 1958 con la Start Camera, variandone negli anni a venire la fattura in svariate versioni, più o meno apprezzate. La seconda versione, del 1960 fu dedicata alle neonate reflex Zenit-3, mentre la versione 44-2 del 1967, ormai del tutto trasformata esteticamente, fu convertita in attacco a vite M42 ed utilizzata sulla Zenit-E (questo esemplare, addirittura ancora inalterato su fotocamera commemorativa delle Olimpiadi di Mosca 1980...) Con lo stessa sigla 44-2 questo obiettivo Helios 58/2 fu continuato ad essere costruito fino alla caduta dell' USSR , divenendo uno degli obiettivi di massa più conosciuto, sebbene questa produzione fosse esclusivamente legata a logiche ben differenti da quelle commerciali. Una delle caratteristiche più apprezzate di questa serie di obiettivi è sicuramente la qualità dello sfuocato, cosiddetto a spirale, a tutta apertura, oltre alla notevole incisività rispetto ai normali dell'epoca, concentrata sulla parte centrale dell'inquadratura, anche alle medie aperture . In questa immagine i due competitor, insieme ad una delle ultime derivazioni di questo fortunato schema ottico, un Helios-81 però divenuto 50mm f/2 che fu l'ottica standard della reflex Kiev19, del 1992, che i vecchi appassionati Nikon ricordano di certo... Si...ma a che pro su Nikonland e tra le ottiche Nikon a messa a fuoco manuale? Perchè grazie alla grande opportunità concessa dalle mirrorless Z, grazie all'assenza di specchio ed all'aumentato tiraggio, con dei semplici adattatori di utilizzare praticamente qualsiasi ottica sui propri sensori, sto cominciando a studiare le opportunità compositive che questo schema ottico promette, anche su sensori iper esigenti, come quello della Z7 ii sulla quale userò queste ottiche di altri tempi. Aspetto solamente l'arrivo dell'anello Exakta-NikZ, mentre posseggo già quello a vite M42 ed il più moderno Helios-81H addirittura era costruito in baionetta F come la fotocamera alla quale era stato dedicato (motivo per cui era ben conosciuto dai nikonisti del secolo scorso)... Work in progress... Max Aquila photo (C) per Nikonland 2020
    1 punto
  5. Sono d'accordo, il libro di Pirsig è una narrazione profonda di un percorso di rinascita, come ho scritto, non ha nulla a che spartire con le varie "guide Zen". Come avrai letto, l'autore l'ha scritto dopo essere uscito da una crisi che l'ha portato in un ospedale psichiatrico. Libro difficile, io l'ho apprezzato molto. E il tuo modo di vedere la Nikon RF mi piace, mi ricorda quasi il rapporto tra il Samurai e la sua katana. Giusto. La cosiddetta "divina maestria", mi si dice, sta proprio nel padroneggiare talmente l'oggetto (o la pratica) da poterlo usare senza più doverci pensare. Quando non devi più pensare, allora potresti essere un po' più vicino allo Zen.
    1 punto
  6. a Natale a mio figlio grande ho regalato: che ho letto tanto tempo fa insieme al tuo citato del tiro con l'arco e la cui retrocopertina riassume così: attinente al tema che sollevi. Una sola cosa....: questo ensamble RF + obiettivo è un capolavoro, ancora oggi: e per giunta adesso saremmo in pochi a saperlo dominare. Casomai è una nuova frontiera per chi si avvicini alla Fotografia come concetto: Zen potrebbe divenire per essi, il riuscire a servirsene con successo.
    1 punto
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