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  1. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Wagner : Siegfried Idyll, versione originale con orchestra da camera
    Wagner : Wesendonck-Lieder, versione arrangiata per voce e orchestra da Andreas N. Tarkmann
    Camilla Nylund, soprano
    Bayreuther Festpiele (13 solisti) diretti da Christian Thielemann
    ***
    Cosima Wagner si svegliò la mattina del 25 dicembre 1870 sentendo una musica nuova.
    Una serenata mattutina organizzata dal marito, con 15 solisti sistemati lungo le scale che portavano alla camera della sposa, durante le vacanze sul Lago di Lucerna dei Wagner.
    Era la versione originale per quintetto d'archi e fiati, arrangiata dal marito partendo da idee abbozzate per un mai completato quartetto d'archi.
    E' restata come una lettera d'amore di Richard a Cosima per gli anni a venire, con un cerimoniale identico, sempre la mattina di Natale, davanti alla porta della camera di Cosima, nella villa dei Wagner, Wahnfried a Bayreuth.
    Una cosa tutta loro finchè, attanagliati dai debiti come sempre, Wagner non si sentì costretto a venderla al suo editore che la pubblicò, rendendola disponibile a tutti.
     

    il salone di Wahnfried, foto dell'epoca di Wagner

    riunione di famiglia, con Cosima, Richard, Liszt (non conosco il personaggio con i baffi a destra, forse un direttore d'orchestra ?)

    il giardino di Wahnfried ad inizio del 900. Sigfried Wagner sulla destra, suo figlio Wolfgang  a sinistra, con la mamma e le sorelle

    la prima generazione dei Wagner sui gradini di ingresso di Wahnfried

    la villa in questi anni, sempre di proprietà della famiglia (costruita con i fondi del Re Ludwig II del quale c'è il busto nel giardino dove sono sepolti Richard e Cosima)

    Katharina Wagner, figlia di Wolfgang, nipote di Siegfried, bisnipote di Richard e di Franz, direttrice del Festival di Bayreuth dal 2010, sorridente di fianco al marito, Christian Thielemann
    ***
    In epoca Covid è difficile pensare a qualche cosa di grande, quando devi annullare eventi che sono stati mantenuti anche sotto le bombe come il Festival di Bayreuth.
    Christian Thielemann si è impegnato in prima persona, la moglie malata gravemente a primavera si è rimessa solo in settembre, per offrire comunque il massimo possibile, dando in diretta streaming dei concerti tenuti al chiuso con tutte le precauzioni anticontagio possibili.
    Questo disco è stato registrato dentro alla villa Wahnfried con una formazione cameristica di 13 solisti del Festivalspiele, distanziati tra loro come da norma e con il pubblico in giardino o davanti agli schermi.
    Il programma è la sintesi perfetta dell'intimità familiare wagneriana.
    L'Idillio di Sigfrido, diviso in tre parti nella registrazione per comodità d'ascolto e poi i 5 meravigliosi lieder Weswndock arrangiati dal compositore Andreas Tarkman per la stessa compagine che ha eseguito l'Idillio.
    Non sappiamo se c'è altro oltre nell'idea di Thielemann (Ma Katharina è nata il 21 maggio, mentre nonna Cosima il 24 dicembre, per questo il dono di Richard la mattina di Natale). Non indaghiamo non sono affari nostri.
    Andiamo alla musica.
    Ammetto senza troppa indulgenza che trovo la direzione di Thielemann - SEMPRE - piuttosto fredda e distaccata. L'idea che ha della musica si discosta dalla mia. Ma temo, spesso, anche da quella dei compositore cui si accosta.
    La familiarità con i Wagner dovrebbe aiutarlo ma sinceramente anche qui io non mi ritrovo.

    Wolfgang Wagner - la maschera dei Wagner inconfondibile - con il genero Thielemann

    Christian che applaude il direttore del Festival, Wolfgang Wagner che cede l'impegno alle due figlie Katharina ed Eva
    Insomma, restando all'Idillio, e restando alla forma cameristica - giustamente - scelta, rispetto a quella, con la stessa compagine, di Klemperer del 1961, sembra una prima lettura.
    Le idee ci sono tutte ma manca l'amore con cui certamente Richard vi si è accostato.
    Mentre se pensiamo ad una edizione per orchestra piena come quella di Cantelli, beh, c'è da impallidire.
    Ma si tratta di approccio, so chè Thielemann ha i suoi estimatori in Wagner e in Strauss.
    Andiamo invece al vero motivo per cui io mi sono accostato a questo disco.
    I 5 lieder che io non avevo mai ascoltati, con la voce meravigliosamente delicata ed intensa di Camilla Nylund, soprano finlandese consumata interprete di Walkyrie, Tanhauser, Arabelle e Dame senza Ombra e Cavalieri con la Rosa, me ne ha fatto innamorare.
    Tanto che li ascolto ipnotizzato in continuazione. L'effetto che dovrebbe dare a tutti Wagner.

    Eppure anche la Nylund passa per una creatura gelida e distaccata.
    Ma dietro a lei Thielemann incede con garbo, classe, mai una nota fuori posto.
    Bellissimo e se mai vi foste sognati di ascoltare questo disco di 38 minuti, andate direttamente ai lieder e lasciate Siegfrid al suo glorioso destino.
    Registrazione perfetta, con linee di basso non troppo evidenti - i volumi sono quelli possibile con questa formazione - suono caldo, voce chiara ma non esagerata.
    Insomma, con questa interpretazione, mi sono innamorato (anche) di Camilla.
  2. M&M

    Recensioni : Masterpieces
    Richard Wagner, trascrizioni per pianoforte dall'Oro del Reno, La Valchiria, La Caduta degli Dei, Parsifal, Tristano
    Di Louis Brassin, Felix Mottl, Franz Liszt, Zoltan Kocsis e Nikolai Lugansky
    Harmonia Mundi, 8 marzo 2024, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Che Nikolai Lugansky sia uno dei più straordinari pianisti del nostro tempo, non lo dico solo io.
    Con il tempo ha perso un pò dell'ardore giovanile ma ha guadagnato enormemente in profondità.
    L'ho capito con il disco dedicato a Cesar Frank del 2020 e mi scuso di averlo fatto in ritardo.
    Qui abbiamo una prova che però va oltre, perché qui il pianista si appropria personalmente di pagine complicate già in originale, difficilissime da rendere al pianoforte.
    Perché tolto Liszt, che era innamorato del genero Richard e che lo faceva apparire quasi una sorta di semidio della scena musicale del suo tempo - con grande scorno del vecchio Brahms che detestava tutta questa sceneggiata - gli altri trascrittori di Wagner hanno più che altro popolarizzato le partiture per renderle potabili ad amatori e pianisti accompagnatori di cantanti in cerca di un futuro wagneriano quando le audizioni con l'orchestra erano rare.
    Ma qui abbiamo ben altro, queste sono prove d'amore che accentuano ancora di più la curiosità che - almeno in questa vita - non potrò soddisfare, di sentire l'altro appassionato interprete di Wagner che però ha lasciato quasi nulla di registrato (mentre sappiamo che passava notti intere alle prese con Tanhauser e Siegfried), ovvero l'ineffabile Glenn Gould.
    La selezione qui è facile, dal prologo dell'oro/anello del Reno si arriva dritti alla morte di Sigfrido e la cadute degli dei. L'amore dell'algida Brunilde per l'unico eroe capace di suscitarle vera passione, l'amore di Isotta per il suo traghettatore Tristano.
    L'amore ascetico dell'eroe puro Parsifal, scevro da ogni carnalità.
    Il pianismo di Lugansky trascende ogni considerazione tecnica, permea l'anima, scolpisce la forma sonora e la offre, dono supremo, a chi è capace di ascoltarlo.
    Non è musica per tutti, già nella sua forma originale, dove il suono puro e viscerale di Wagner è preludio al canto rivelatore della trama. Qui siamo oltre, è comunicazione non verbale. Lo scopo ultimo della musica.
    Lugansky non ci arriva, va ben oltre.
    L'unico rammarico è che abbia usato l'arrangiamento di Liszt per l'idillio dei due amanti maledetti di Cornovaglia. Sono sicuro che lui é capace di fare altrettanto.
    Ma certo, dalle lacrime che mi bagnano entrambi gli occhi, posso confermare che si tratta di un trio inarrivabile : Richard, Ferenc e Nikolai.
     
    Ma prima di indugiare oltre nel meloframmatico, facciamo parlare l'amico Nikolai Levic (lo considero praticamente un cugino moscovita, nato, qualche anno e solo qualche giorno dopo di me e Prokofiev) [traduzione automatica]
    "Alcune persone potrebbero essere sorprese nel vedermi dedicare un album a Wagner. Ma mi ha affascinato per lungo termine. Ricordo ancora il primo grande impatto che Wagner ebbe su di me: avevo appena compiuto diciotto anni o più diciannove ed erano gli albori dei compact disc.
    Con i pochi soldi che avevo mi comprai un CD di estratti The Ring con la Cleveland Orchestra diretta da George Szell in uno dei miei primi viaggi all'estero. È stata una rivelazione, e da allora Wagner non ha mai smesso di affascinarmi. Anche la sua personalità è sorprendente: non ne conosco nessun altro artista della storia che aveva una tale forza creativa, un'energia così sconfinata. Al punto da non permettere mai alcuna critica – e chissà quanto di ciò ha ricevuto da lui durante la sua vita – rimane senza risposta, punto per punto. È come se tutto ogni ostacolo, ogni tragedia personale, gli dava una forza ancora maggiore. Come artista – e come uomo – era così sicuro di sé, dell'importanza di ciò che aveva da offrire al mondo!
    Ho tre opinioni diverse sulla sua musica, a seconda di quando l'ha composta. C'è stato il primo periodo, quando scriveva la sua Sinfonia in do maggiore e numerose opere per pianoforte; e se ci limitiamo a guardare oltre questi pezzi, non vedo come c'era qualcosa di promettente in loro. Poi sono arrivati Rienzi, Der fliegende Holländer, Tannhäuser: ecco la musica oscilla tra il buono e l'ispirato. Infine, tutto ciò che ha scritto da Lohengrin in poi è puro genio.

    Questo è molto insolito per un compositore: nella maggior parte dei casi si possono individuare i semi del genio nelle primissime opere di lui. Lo so è in questo periodo finale della sua produzione, e in particolare nelle scene del ciclo monumentale Der Ring des Nibelungen, che mi hanno scelto di presentare qui.
    Mi è difficile riassumere in poche righe tutto ciò che accade nelle quattro opere che compongono l'Anello.
    Dobbiamo ricordare che, con lui, le cose sono spesso molto binarie: hai l'energia nera da un lato e l'energia bianca dall'altra. È così che funzionano i miti: ci sono eroi e personaggi oscuri; buono e cattivo. Per me, la nozione chiave di l'Anello è l'antagonismo tra il potere associato alla ricchezza da un lato, e l'amore dall'altro.
    L'anello può esercitare il suo immenso potere solo se la persona che lo possiede ha rinunciato all'amore. Questo è molto profondo idea, valida oggi come lo era nel Medioevo! Per Wagner non c'è differenza tra ideale, amore platonico e carnale. Das Rheingold inizia con Alberich che rinuncia all'amore per mettere le mani sull'oro.
    Il primo brano che suono, "Entry of the Gods into Valhalla", costituisce la sezione conclusiva di Das Rheingold. È una scena del trionfo: Wotan, il sovrano degli dei, prende possesso del palazzo che si è fatto costruire dai giganti Fasolt e Fafner, due fratelli che si uccideranno a vicenda per ottenere l'anello d'oro, che Wotan dona loro dopo aver rubato ad Alberich. Ma Alberich ha lanciato una maledizione sull'anello. Per questo passaggio ho combinato quello di Louis Brassin trascrizione con la mia versione delle ultime grida delle Figlie del Reno, che lamentano la perdita del loro oro. Il secondo il pezzo, questa volta interamente di mano di Brassin, è la 'Magic Fire Music', che chiude Die Walküre. Qui Wotan punisce la sua amata figlia Brünnhilde per avergli disobbedito. La addormenta e la circonda di un fuoco invalicabile:
    solo chi oserà penetrare in questo cerchio magico potrà risvegliarla. Questo è ciò che dice il giovane Siegfried, l'impavido eroe, andrà bene. (Per inciso, vale la pena notare che l'anello sembra aver perso il suo potere quando Siegfried ne prende possesso di esso. Naturalmente è vero che Siegfried e Brünnhilde sono appassionatamente innamorati – il loro amore sembra aver trionfato sulla maledizione.)

    Poi passo direttamente alla fine dell'Anello, con quattro estratti dal Götterdämmerung. La prima scena è tratta da il Prologo dell'opera: 'Alba'. Siegfried e Brünnhilde si risvegliano dopo una notte d'amore. Questo è un numero splendido, luminoso e pieno di energia. Corrisponde alla forza vitale dell'eroe, che sente il bisogno di cercare il suo destino altrove – gli eroi sono viaggiatori, hanno bisogno di esplorare il mondo. Il che ci porta al secondo brano che interpreto: "Il Reno di Siegfried".

    Viaggio'. Dopo questo interludio incredibilmente brillante arriva la “Marcia funebre di Siegfried”, un pezzo grandioso. Il mondo ha perde l'eroe più radioso della storia, viene assassinato vigliaccamente, e sua moglie Brünnhilde chiede vendetta. IL la scena finale dell'opera la mostra mentre si uccide su una pira, trascinando con sé il vecchio mondo contaminato. E l'anello potrà finalmente ritornare al suo posto in fondo al Reno. . . 
    Questa scena illustra una meravigliosa redenzione attraverso l’amore. Spesso vengono tracciati parallelismi con la vita di Wagner, e sappiamo che egli attribuiva grande importanza al successo sociale, il denaro e il potere che il denaro fornisce. Ma l'essenziale per lui era l'amore: amore umano, amore per la musica, amore per
    arte. Questi numeri mi perseguitano da tempo: ho concepito queste trascrizioni più di venti anni fa, e le ho messe gli ultimi ritocchi solo pochi giorni prima delle sessioni di registrazione.
    Successivamente ascolto due trascrizioni del Parsifal. La "Musica della trasformazione" del primo atto, che mostra i cavalieri preparandosi a svelare il Graal, la coppa da cui Gesù Cristo bevve il vino e lo condivise con i suoi discepoli nell'Ultima Cena. Ogni volta che i cavalieri desiderano celebrare questa cerimonia, il loro condottiero Amfortas soffre un dolore atroce come il suo la ferita si riapre. La ferita gli ricorda anche il suo peccato: fu colpito perché desiderava il bello Kundry! Segue qui il finale dell’opera: Parsifal è divenuto un valoroso cavaliere, e un saggio, sant’uomo, ora capace di curare Amfortas dalla sua ferita e il mondo dai suoi peccati. Qui ho utilizzato la meravigliosa trascrizione del grande pianista ungherese Zoltán Kocsis. Per la “Transformation Music”, invece, ho basato la mia performance su una partitura del direttore d'orchestra Felix Mottl, caro amico del compositore che partecipò alla realizzazione del primo Ring completo
    a Bayreuth nel 1876.

    Quando si parla della musica di Wagner, viene spontaneo pensare alla sua ispirata gestione dei timbri orchestrali. Ma è fantastico le opere vanno ben oltre questo singolo aspetto, per raggiungere l'universalità. Ecco perché l'idea di presentarne alcuni dei suoi più momenti affascinanti al pianoforte, farli miei, per così dire, mi sembra del tutto legittimo. È vero esistono almeno due concezioni di trascrizione: o si rimane fedeli all'originale con lo scopo di farne a conosciuto il proprio lavoro e diffondendolo al più vasto pubblico possibile, come avveniva quando non esistevano registrazioni o trasmissioni radiofoniche; oppure c’è un modo più libero e più aperto di lasciare che il pianoforte prenda il sopravvento su questi straordinari narrativa con le proprie risorse. Idealmente, per me, una trascrizione per pianoforte dovrebbe essere un'opera a sé stante. . . Nel caso di Wagner, quindi, l'ideale non è mantenere assolutamente tutte le voci orchestrali presenti nella partitura originale, ma per fare delle scelte e trovare un equilibrio che preservi la forza emotiva della musica. Liszt ne è un perfetto esempio ambivalenza: la maggior parte delle sue trascrizioni avevano essenzialmente lo scopo di promuovere i compositori che ammirava. Ma alcuni di essi si tratta di veri e propri capolavori pianistici, come Isoldens Liebestod, che è un vertice assoluto! È la fine di uno
    delle più grandi opere della storia, e probabilmente uno dei pezzi più belli mai scritti sull'amore e la passione. L'amore è presentato come ciò che conta di più, un’emozione che si eleva al di sopra di ogni moralità, “al di là del bene e del male”. L'amore che lega
    i nostri due protagonisti, simboleggiati dal filtro d'amore che bevono all'inizio dell'opera, li superano. Anche dopo la morte di Tristano, quell’amore non si spegne. Isotta non ha altra scelta che seguirlo, in una sorta di sacrificio d'amore. . . "
    NIKOLAI LUGANSKY
    ***
    Non ho molto altro da aggiungere.
    Immodestamente sono anche io caduto nelle maglie di Wagner più o meno all'età di Nikolai (ma una decina di anni prima), già in vinile e grazie a Von Karajan, prima con Rienzi e Tanhauser, poi con l'Anello. E infine con Parsifal che però resta lontano dalla mia indole (come i Maestri Cantori e Lohengrin). Per Tristano, la colpa é di Kleiber !
    Nonostante quello che dice Johannes, credo non sia disputabile la potenza della sua musica e il livello della passione umana che c'è dentro.
    Questo disco è su quel piano, anche in quello puramente tecnico. E' un monumento che Lugansky ha eretto per se stesso e per noi.
  3. M&M

    Recensioni : orchestrale
    MOMENTUM 1
    Walton : concerto per violino e orchestra
    Respighi : sonata per violino e pianoforte
    Liya Petrova, violino
    Royal Philarmonic Orchestra diretta da Duncan Ward
    Adam Laloum, pianoforte
    Mirare, 19 maggio 2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Disco che avevo riposto da qualche parte e poi ho ripreso quando ho visto che, toh, una volta tanto, anche quelli di Gramophone ..
    E' il primo volume, ne uscirà un secondo l'anno prossimo, MOMENTUM 2, giusto per non essere troppo originali :

    con Kantorow come pianista ad accompagnare Liya Petrova, emergente violinista bulgara.
    Il disco in esame ha l'impossibile missione di unire due cose incompatibili, l'inglesissimo anglosassone Walton con il mediterraneo Respighi, e la sua italianità.
    Il trait d'union però è proprio questo, Walton si ritirava quando poteva ad Ischia e il suo concerto per violino - 1937 - è intriso di italianità, tarantelle, ritmi e suoni ... addirittura profumi, delle nostre coste.
    Di contro la sonata di Respighi - del 1917 - è più neoclassica, a tratti cervellotica, ma di una lirica operistica.
    Che la Petrova interpreta con il temperamento incandescente della gente dei balcani, mettendoci la sua passione per cementare quel MOMENTUM che, al solito, nel titolo, mi ha fatto storcere il naso.
    Almeno fino a quando non ho ascoltato il disco.
    Lei fa cantare il suo violino su tutti i registri e con tutte le dinamiche. Ha un medio eccezionale, specie quando non sale troppo di volume e il suo cantabile è perfettamente operistico.
    In Walton toglie un pò di quella melanconia tutta british a cui siamo abituati mettendoci "un pizzico di follia" che non guasta per nulla.
    E in Respighi spiana i toni più spigolosi per presentarci la musica in modo più melodico.
    Il risultato è veramente uno dei dischi più interessanti dell'anno.
    Aggiungo che l'orchestra è veramente di ottimo livello, così come la direzione.
    Nulla da dire del pianista che è assoluto partner paritetico nella sonata.
    A questo punto aspetto con grande curiosità Korngold+Strauss, fusion ancora più improbabile ...
     



  4. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    WAVES : Music by Rameau, Ravel, Alkan - Bruce Liu, pianoforte
    Deutsche Grammophon, 3 novembre 2023, 96/24, via Qobuz
    ***
    E' un disco di esordio ed andrebbe valutato con indulgenza.
    Ma è anche una compilation di musica che lega tre autori che più slegati non ce ne sono.
    Che sono accomunati tra loro solo dalla lingua comune.
    Nei fatti il Rameau è poco naturale. Suonarlo al pianoforte  come fa Sokolov, estraendone tutta la leggerezza del barocco più effettistico, ha un senso, ma qui il risultato non convince.
    Nemmeno Ravel, piuttosto intellettuale, che perde molta della sua natura ipnoticamente impressionistica.
    Restano gli studi di Alkan, compositore cui io non sono particolarmente legato ma che invece vanno al punto con umorismo e bravura.
    Probabilmente Liu dovrebbe decidere, nel prossimo disco - non sappiamo che cosa abbia in repertorio nei recital - di essere un pò meno audace nel programma (ma magari la responsabilità è dei discografici), per mostrarci cosa ha veramente nelle sue corde.
    Tecnicamente non abbiamo dubbi che sappia dominare un pianoforte importante (forse un Fazioli).
    Registrazione tesa e vivace, nel complesso, buona.
  5. M&M
    William Byrd e John Bull al pianoforte
     Kit Armstrong, pianoforte
    Deutsche Grammophon 9 luglio 2021 , formato 96/24, acquistato
    ***
    Il titolo " i visionari della musica pianistica " mi aveva in un certo qual modo allarmato all'inizio ma poi ascoltando il disco ho capito.

    Conosciamo Byrd e Bull come i due titani della musica tardo-rinascimentale inglese 

     
    vissuti contemporaneamente al lungo regno di Elisabetta I, hanno rappresentato l'anello di congiunzione tra la scuola Tudor che con musicisti come Thomas Tallis ha elaborato le proposte italiane e franco-fiamminghe portandole a livelli inauditi per l'Europa continentale, e la musica madrigalistica, più "leggera" che ha visto John Dowland come epigono (altro quasi contemporaneo di Bull e Byrd).
    Non parliamo in questa sede di Orlando Gibbons e di Thomas Morley, il primo tanto caro ad esempio a Glenn Gould che ne ha riscoperto molte pagine.
    Nel libretto del disco si fa questo parallelo, spingendo la scrittura di Bulle Byrd verso la scuola clavicembalistica tedesca e francese

    ma io sinceramente se leggo il raffinato contrappunto dei due, ne sento ancora più chiaramente gli echi nella musica della generazione di compositori inglesi del primo '900, quindi ben tre secoli oltre.
    Dopo Bull e Byrd in Inghilterra ebbero il momento felice di Purcell, compositore eminentemente "britannico" e poi praticamente più nulla, una colonia italiana anche per mezzo del sassone Handel fino a tutto il periodo romantico.
    Ma non è un caso se con Elgar, Vaughan Williams e Britten vengono riprese le radici inglesi della musica saltando il romanticismo tedesco - anche per ragioni storiche - e persino un celebre direttore formatosi con Elgar abbia usato temi di Byrd per la sua meravigliosa Suite Elisabettiana.
    Quelle che suona Kit Armostrong in questo disco doppio di ben 2 ore e 14 minuti è una sequenza di danze, pavane, gagliarde, e musica di circostanza come marce e ground, ma le variazioni contrappuntistiche con cui sono elaborate hanno una raffinatezza elevata, degna di Frescobaldi se non di Pachelbel e Buztehude che sarebbe come dire Bach.
     
    Io non ho idea se nell'isola ideale assediata dai cattolici con le loro armate, leggessero l'italiano, si dice che Shakespeare - chiunque egli fosse nella realtà - leggesse Dante in italiano, e se Frescobaldi abbia fatto sentire la sua influenza fin lassù.
    E' possibile, Roma era comunque il centro del mondo, altrimenti Enrico VIII non se la sarebbe presa col Papa e con il Re di Spagna altrimenti.
    Ma comunque il livello è quello, la raffinatezza pur con lo stile cortigiano tipico di questa musica, è la stessa se non superiore.
    La scrittura, densa ed estremamente impegnativa, da virtuosi per virtuosi, come si può chiaramente vedere sin dal manoscritto :

    una pagina autografa di William Byrd, estratto di Parthenia, è un preludio.

    la scrittura cromatica di John Bull, da un estratto del Fitwilliam Virginal Book conservato all'Università di Oxford, culla artistica oltre che culturale del tempo.
    Composizioni originariamente pensate per il virginale, strumento leggero e capace di dinamiche molto limitate, probabilmente travalicavano le capacità tecniche di quegli strumenti, tanto da risultare - ammettiamolo - noioso all'originale, diventano vive, palpitanti, emozionanti, profonde e complessissime con il moderno pianoforte impiegato con eccellenza da Kit Armstrong.

     
     
     

    un virginale inglese dell'epoca. Strumento dal suono argentino e flessibile, con estensione abbastanza contenuta e nessuna capacità di dinamica bassi-acuti.
    Ne viene uno splendido affresco di musica colta e raffinata dove viene mantenuto lo spirito dell'epoca probabilmente sublimandone le intenzioni originali, un ponte ideale verso la musica del futuro.
    In questo senso è confermato lo spirito del sottotitolo del disco (I visionari della musica pianistica, qualche cosa che i due non potevano nemmeno immaginare se non in sogno).
    Io mi sono letteralmente innamorato della straordinaria simmetria della Pavan Chromatic della Regina Elisabetta di Bull.
    Ma il massimo sono le 30 variazioni di Bull, che stanno al pari del meglio di Handel secondo me, scritto nella stessa isola cento anni dopo.
    E naturalmente la struggente Pavan del Conte di Salisbury,
    Ma tutto questo disco sin dal primo preludio all'ultima parte (una fantasia ... su una Fuga di Sweelinck e una serie di canoni di Bull) è secondo me sensazionale.
    Non conoscevo molto bene Kit Armstrong, avendo appena ascoltato il suo disco del 2013 in cui accosta Bach con il Ligeti della Musica Ricercata.
    Musicista colto e molto sensibile, come potrete accertare voi stessi se ascolterete questi dischi.

    Registro del pianoforte chiaro, senza eccessi.
    Bella proposta di DG che vi consiglio senza riserve.
     
  6. M&M

    Composizioni
    l'edizione di riferimento, quella con l'autore sul podio della Philarmonia.
    Cofanetto di 4 CD che contiene anche il concerto per viola e quello per violino con Yehudi Menuhin
    ***
    "Questa sinfonia è un'eruzione vulcanica di passione oscura e sensuale che parla con potenza immediata fin dalla prima battuta. Il primo movimento è una delle esperienze più inesorabilmente intense e delle strutture più straordinarie nella musica del XX secolo; lo scherzo è un Presto "con malizia" pungente e amaro ("con malizia"); il movimento lento è un malinconico dolore di dolore cromatico; e il quarto movimento è l'apoteosi in chiave maggiore dell'opera, un controverso (anche criticato, per alcuni) finale ottimista che canta, corre trionfante e grida di gioia."
    Nel 1934 Walton aveva una trentina d'anni. E voleva dare la paga a tutti gli altri compositori inglesi.
    Il periodo che va fino al 1940 é l'epoca d'oro della musica inglese di tutti i tempi, l'epoca vittoriana si chiude nell'ordalia della Grande Guerra. I musicisti inglesi ne sono permeati ma rifuggono le influenze continentali.
    La loro musica diventa tipica, iperromantica, con una strutturazione di colori tardo-crepuscolari, tonalità e tessiture complesse, intricate, ma sostanzialmente armoniche.
    I loro compositori sono i più attendibili testimoni di un'epoca che si è definitivamente chiusa con la nuova guerra.
    Walton è ancora praticamente sconosciuto ma in possesso di solidi mezzi compositivi.
    La sua prima sinfonia ha una genesi complessa. Praticamente arriva a definire completamente i primi tre movimenti in un tutt'uno.
    Sono influenzati dalla burrascosa fine della sua relazione con la baronessa Imma Von Doernberg, personaggio certamente particolare che lo lasciò di punto in bianco per un medico ungherese.

    Come ammise in seguito Walton, una musica di tale bruciante intensità proveniva dal profondo della sua anima. Questa sinfonia in si bemolle minore ha davvero avuto la sua ispirazione negli eventi della vita personale di Walton. Di solito è pericoloso per un compositore attingere all'immediatezza delle proprie vite emotive, trasformare quei materiali oscuri e grezzi nelle fondamenta di un'enorme struttura sinfonica. Ma nei primi tre movimenti – e quello di apertura più di tutti – Walton riesce esattamente a questo, e la musica è una devastante ferita emotiva che è al tempo stesso incandescente nella sua intensità e ferocemente avvincente come struttura sinfonica. Il pezzo trasmuta la frustrazione e le paure di Walton, i suoi dubbi e la sua rabbia al termine della sua relazione con Imma von Doernberg: quel Presto malizioso è una tempestosa faida tra i due amanti. Ma il finale è stato composto più tardi, Alice Wimborne , una viscontessa di 22 anni più vecchia di Walton entra nella sua vita.
    Non è così semplice come mappare il dolore emotivo e il conseguente piacere sulla struttura della sinfonia, ma quella narrazione è una parte cruciale di come il pezzo è stato concepito.
    Solo che si avvicinava il momento prefissato per la prima esecuzione e il finale non era pronto. Il concerto dovette essere annullato.
    Poi ripreso l'anno dopo, rimandato, per poi essere eseguito con i soli tre movimenti finiti, perché il finale aveva prologo ed epilogo completi ma Walton non aveva idea di come legarli insieme.
    Si arriva al novembre del 1935 per la prima della sinfonia completa, anche se la precedente esecuzione era già stata un trionfo.
    La stampa avviene solo nel 1936 e Walton sceglie di mantenere la dedica ad Imma, segno che ... il segno era rimasto ben profondo.
    Ci interessa tutto sommato poco, perché è come tutto ciò si traduce nella musica che conta.
    Armonicamente parlando, il movimento di apertura è costruito su un'instabilità che risuona proprio all'inizio negli accordi che vengono prodotti dall'ostinato negli archi bassi e nei corni prima che la melodia dell'oboe inizi il suo acuto progresso
    Il movimento presenta due tipi contraddittori di movimento ed emozione allo stesso tempo : questa musica è allo stesso tempo uno dei primi movimenti più irrequieti e trainanti della storia sinfonica, eppure tutte le sue grandi melodie hanno il carattere di un lamento.
    È musica che è fermamente ambientata in un mare di instabilità, se non è troppo paradossale; e la tensione implicita nei mondi emotivi e armonici della musica produce alcuni climax sconvolgenti e strazianti, intorno due terzi del percorso e la monumentale processione di dolore che segna la fine del movimento.
    Tutto però è sostenuto da un ritmo ostinatamente tenuto e un impertinente tono che poi trova sfogo nel successivo presto, lo scherzo "con malizia".
    Dopo l'energia frammentaria e cupamente eccitante dello Scherzo, che esplode in un climax che é forse ancora più sconvolgente di quelli del primo movimento poiché sembra meno motivato e più casuale, il movimento lento esprime un genuino e intimo rimpianto. La melodia di apertura era originariamente prevista per il primo allegro; rallentando la melodia sprigionava la sua vera forza espressiva, e questo movimento racchiude la musica più toccante, lirica e malinconica della sinfonia.
    Tutta questa intensità e angoscia personale fa invece sembrare il finale una brano preso da un'altra composizione.

    Dove c'era dolore e follia, arriva una eloquenza esteriore, quasi formale,  come se il dolore e il dolore dei tre movimenti precedenti fossero stati esorcizzati dai precedenti grandi scontri sinfonici o improvvisamente dimenticati.
    In un certo senso il finale sembra un poco "ruffiano" ma ascoltato dopo l'introduzione iniziale che poi sfocia un brillante fugato l'ultimo movimento diventa il colto momento della sinfonia.
    Si, a tratti celebrativa, quasi da incoronazione (era il momento del passaggio da Giorgio V a Giorgio VI attraverso la breve apparizione di Edoardo VII e la sua Lady Simpson).

    Questione di gusti, in fondo vediamolo come una rivendicazione del viaggio sinfonico di Walton che chiude il suo sforzo in modo trionfante, per avere dato effettivamente la paga ai suoi contemporanei.
    Ma resta probabilmente la conclusione della sinfonia britannica più bruciante ed emozionante fino ad allora (e ad oggi) composta.
    ***
    Fin qui la storia e la descrizione della composizione.
    Vale la pena di ascoltarla ? Ma per la miseria, si.
    E dopo la versione giurata, del compassato Sir William che io ho conosciuto da ragazzo per le musiche dei film shakesperiani di Sir Lawrence Olivier (Enrico V e Riccardo III), ci sono altre possibilità.
    La prima, forse ancora la migliore, quella "lavish" di André Previn con la LSO

    la registrazione è stata fatta a Londra da tecnici Decca per conto di RCA. L'edizione è quella originale (Walton ci rimise le mani nel 1953 ma non troppo a proposito).
    Ed è di una vivacità senza pari.
    Ci sono altre edizioni storiche, come quella di Pritchard e di Haitink ma la nouvelle vague degli ultimi direttori inglesi ha prodotto versioni interessanti con un suono sontuoso.

    io scelgo quella Chandos con Edward Garner e la BBC Symphony che include anche il concerto per violino con la bravissima Tasmin Little.
    Ma, volendo, se ne possono esplorare altre edizioni, se vi va.
     
  7. M&M

    Recensioni : Opera
    Wolf-Ferrari : Il segreto di Susanna, intermezzo in un atto
    Serenata per archi in mi bemolle maggiore
    Judith Howarth, soprano
    Angel Odena, baritono
    Oviedo Filarmonia diretta da Friedrich Haider
    Naxos 2019, 44/24
    ***
    Non conosco la ripresa del 2010 di Vassily Petrenko a Liverpool ma ricordo l'edizione più storica della Decca condotta magistralmente da Lamberto Gardelli.
    E' una rarità questo intermezzo in un atto che richiama l'opera buffa italiana del settecento quando il panorama lirico è intriso di drammae tragedie.
    Lieve ed intensamente ... mediterraneo che nulla ha a che vedere con Strauss o Puccini, tantomeno con Wagner.
    Vi rimando alla trama ben descritta nel libretto (un fresco marito geloso pensa dapprima che la moglie abbia un amante "fumatore", lui detesta il fumo già dall'odore, lei indulge con le sigarette per ristorarsi in qualche modo dall'eccessiva guardiania del marito, poi la scopre, è lei e non il suo amante né il servitore che intanto prepara la cioccolata. Un richiamo della Serva Padrona che in qualche modo fa da modello a questa piccola opera).
    L'ouverture è un piccolo capolavoro di temi intrecciati, di contrappunto, di frizzantezza (tanto brillante da essere stata incisa anche da Bernstein)
    E tutta la composizione (13 tre arie e duetti, anche con accompagnamento al piano solo) è fatta di pura melodia all'italiana, del pur italiano solo per parte di madre, Wolf-Ferrari. Il finale riprende i temi dell'ouverture 
    Aggiungo solo che la composizione data 1905-1909 ed è stata composta ed eseguita per la prima volta a Monaco nel 1909, in tedesco. L'autore aveva una trentina d'anni. Di li a poco l'Europa sarebbe annegata nel sangue, Mahler stava completando la sua opera.
    E proprio contemporaneamente a questo momento di gioioso menage familiare dell'epoca edoardiana, Schonberg impostava atonalità e dodecafonia, probabilmente quanto di più lontano dal mondo musicale del brillante Ermanno Wolf-Ferrari.
    Ancora più lieve e con un leggerissimo sentore di melanconia (ma leggero, leggero), la serenata per archi del 1893 (l'autore diciassettenne).
    L'articolazione delle parti è già ricca e si permette di chiudere il finale con un fugato estremamente veloce.
    L'ispirazione è mozartiana ma non è affatto una operazione di restaurazione musicale, si tratta di una piccola gemma che è ben più interessante, musicalmente, di altre più celebrate nei repertori correnti (tipo, senza fare nomi, quella di Chaikovsky).
    Una bella operazione di recupero di Naxos che approfitta di un cast di primordine.
    La soprano è ben conosciuta ed ha cantato per Soldi, Abbado e Sinopoli.
    Il baritono spagnolo è ad uso al repertorio italiano (tra Verdi e Puccini).
    Il direttore è austriaco ma ha sangue italiano ed è un estimatore dell'opera di Wolf-Ferrari.
    L'interpretazione nel complesso è molto ben condotta, su toni frivoli e frizzanti che richiamano effettivamente più la musica italiana del barocco (senza strafare) dove invece quella meno recente di Gardelli ha come modello, probabilmente, Mascagni.
    Bel disco che consiglio anche per andare oltre la curiosità, Ermanno Wolf-Ferrari è un compositore di cui dovremmo andare più fieri, noi italiani.
    Edizione alternativa, Decca (probabilmente introvabile) :

  8. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Yoav Levanon : Rachmaninov Etudes-tableaux 39
    Warner Classics, 9 febbraio 2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Anticipato da settimane con l'emissione di assaggi, secondo la prassi per i dischi delle rockstar, somiglia ad uno di quelli anche per la durata, del tutto libera dall'idea di disco/cd "classico", vista la durata contenuta in soli 39 minuti.
    C'è chi suggerisce che avrebbero dovuto aggiungere anche gli altri studi op.33, come la gran parte delle altre registrazioni.
    Ma forse c'era impellenza di lanciare il ragazzo per le tourné del 2024.
    Yoav Levanon viene descritto come astro nascente del pianismo internazionale e se ne sta cercando di montare un fenomeno.
    Che poggia, per carità, su solide basi, l'altro disco già disponibile (stessa etichetta, del 6 maggio 2022 è veramente un "Monument for Beethoven").
    Yoav ha cominciato a studiare pianoforte all'età di Mozart ed ha adesso 19 anni.
    Ha già suonato con tanti partner importanti, tra cui Sergey Babayan.
    Studia ancora, ovviamente e negli ultimi anni si è perfezionato con due soggetti del calibro di Murray Perahia e Andras Schiff.
    Ha temperamento, mani d'acciaio (certe ottave ricordano quelle di Horowitz), tecnica sopraffina ma soprattutto una maturità e una delicatezza di lettura inusuali per un ragazzo.
    Se penso ai suoi coetanei nostrani, alla sottocultura in cui si abbeverano (la manifestazione canora nazionale della settimana scorsa è purtroppo una bandierina rivelatrice al riguardo) e all'assenza di un futuro sbocco di elevazione, dovrei essere disperatamente pessimista.
    Ma l'esistenza stessa di un personaggio come Levanon mi strappa un pensiero di speranza.
    Detto questo, andiamo ai nostri 38:52 di puro distillato di tecnica pianistica misticamente forgiata da Rachmaninov su fonti di ispirazione rimaste largamente sconosciute.
    Volutamente, perchè lo stesso Rachmaninov ha dichiarato di aver nascosto le chiavi di interpretazione dei suoi studi dietro ad una cortina di complicazioni tecniche perché ogni pianista le trovasse da se.

     
    Fin dal primo studio Levanon dimostra una proprietà di linguaggio disarmante cui associa ritmo, elasticità, dinamica da concertista consumato.
    Nel terzo aumenta ancora di più la dinamica, forzando qualche passaggio ma mantenendo l'atmosfera libera e sognante, da corsa all'aria aperta.
    L'appassionato #5, sempre teso e intriso di disperante senso di perdita è più contenuto di altre letture, quasi che il pianista tenesse a freno le mani che solo in alcuni accenti e passaggi pestano come zappe sui bassi.
    Il #6 è lugubre nell'introduzione e rubato nell'evoluzione. Un crescendo di dinamica.
    Martellante il #9, secco, come di una danza di cavalli bardati in una giostra o nelle scuderie imperiali coperte d'inverno.
    Nei movimenti lenti (ogni composizione di questa raccolta è in tono minore, tranne il finale in Re maggiore) l'atmosfera descritta è sognate.
    In particolare nel #2 e nel #7 (la e do minore).
    Il 7 non mi sembra all'altezza del resto, preferisco il #8, sempre delicato, sognante, portato.
     
    Complessivamente è una prova di elevatissimo livello che dimostra la maturità di questo giovanissimo il cui futuro credo sia assicurato.
    Sarà bello risentirlo tra venti anni (ma non confido di esserci ancora).
    Certo è che se continuerà a crescere così, lo ascolteremo ancora in prove sempre più sfidanti.

     
    registrazione ricca di dinamica con bassi pieni che ho apprezzato di più in cuffia
    [capigliatura da novello Liszt e atteggiamenti da Mago Silvan ? Possiamo anche farne a meno ...]
  9. M&M
    C'è un breve momento in cui tutto quello che c'è nella mente, nell'anima e nello spirito di una persona si riflette attraverso i suoi occhi, le mani, il suo atteggiamento. Questo è il momento di scattare.
     
    Guarda e pensa prima di aprire l'otturatore. Il cuore e la mente sono il vero obiettivo della fotocamera.
     
    In ogni uomo e donna é nascosto un segreto, come fotografo il mio compito é rivelarlo, se posso.
     
    Yousuf Karsh
     
     
     

    Yousuf Karsh suggerisce la postura delle mani a Papa Giovanni XXIII
     
    Yousuf Karsh è il più grande fotografo ritrattista del nostro tempo.
    La sua firma vale, con le dovute proporzioni dovute al differente mezzo, quella di Caravaggio o di Hayez  o di Boldini per avvicinarci di più ai tempi nostri .
    Nel suo studio di Ottawa c'era la fila per farsi ritrarre.
    E lui poteva andare a ritrarre chi voleva.
     
    Nato in Armenia nel 1908, fuggito alle persecuzioni con la famiglia nella più tranquilla Aleppo, si ritrovò nel Quebec da uno zio che faceva il fotografo. Lo zio, viste le potenzialità di Yousuf, gli trovò un posto di apprendista presso un suo amico ritrattista di Boston.
    John Garo, che era anche un pittore, oltre che fotografo, lo iniziò alle tecniche di illuminazione in studio con la luce artificiale e lo introdusse nell'ambiente dei pittori.
    Una formazione che pose le basi di quella che sarà poi l'illuminazione drammatica di tanti ritratti del Karsh professionista.
    Fatti tre anni di apprendistato e frequentata anche la scuola d'arte serale, ritornò in Canada per aprire un suo studio nela capitale, Ottawa.
    La dedizione nel suo lavoro e la fortuna gli consentirono di introdursi negli ambienti governativi per fotografare i dignitari in visita nel suo Paese.
     
    La fortuna gli consentì di scattare il celeberrimo ritratto di Winston Churchill nel 1941
     

    Yousuf Karsh : ritratto di Winston Churchill, Ottawa, 1941
     
    uno scatto destinato a diventare un'icona del XX secolo e che gli valse la notorietà.
     

     
    Una foto importante (più tardi Karsh venne soprannominato "l'uomo che tolse il sigaro di bocca a Churchill") ma cui non si arriva certo per caso se guardiamo questa foto del 1936, che apparentemente sembra una istantanea ma che in realtà è un ritratto dell'epoca prebellica :
     

    il Presidente Roosevelt (con suo figlio) in visita nel Quebec a colloquio informale con il primo ministro canadese e il governatore generale del Quebec. Il modo più semplice per far sapere alla Corona Inglese cosa poteva pensare della situazione europea l''inquilino della Casa Bianca ?
     
    Per 67 anni ebbe la costanza di applicare il suo metodo al suo lavoro.
    Se deve alla fortuna la fama, questa si è certamente sviluppata solo per le sue capacità.
     
    Ogni suo ritratto è diverso dagli altri. Ma in tutti si riconosce la sua firma.
    E non c'è fotografo al mondo ancora oggi che, magari inconsciamente, non gli debba qualche cosa.
     
    Del resto, nei 67 anni di ininterrotta attività, Karsh annotò non meno di 15.278 sessioni fotografiche, lasciando qualche cosa come 150.000 lastre di grande formato scattate con il suo banco ottico, sviluppate personalmente e stampate a regola d'arte.
     
    Sono numeri impressionanti anche per il convulso mondo digitale odierno (una lastra in 20x28cm vale lo sforzo di centinaia di scatti in 35mm in digitale) che però non scalfiscono che la superficie di questo gigante della fotografia.
     Quale era il suo segreto ?
     

    Karsh osserva una lastra prima di caricarla in macchina.
     
    1) mettere a proprio agio il soggetto
     
    Una persona sta meglio quando è comodamente seduta.
    Sembra banale ma permette già di raggiungere metà del risultato
     
    2) conoscere il proprio soggetto
     
    Karsh si documentava sulla vita e le peculiarità di chi doveva fotografare.
    Ne arrivava a conoscere tanto i dettagli da poter poi guidare la conversazione su argomenti familiari che potessero alleviare la tensione di chi, non professionalmente, posa per un fotografo.
     

    Karsh a colazione con Albert Schweitzer
     
    per farlo si prendeva il tempo necessario, arrivando anche ad una relazione di familiarità con chi fotografava, quando possibile.
     

     
    basti vedere l'atteggiamento di confidenza con Ernest Hemingway. I due sono ripresi nella casa dello scrittore all'Havana, nel 1957.
     
    Certo non con tutti, ma volete dire che dal 1943 al 1984 i rapporti saranno rimasti freddi e distaccati ?
    Dall'espressione di Sua Maestà non si direbbe
     

    Sua Altezza Reale la Principessa Elisabeth Windsor nel 1943
     

    Sua Altezza Reale la Regina Elisabetta II nel 1984
     
    considerando che se uno scatto della Regina è diventato il francobollo standard di tutto l'Impero Britannico
     

     
    e che le fotografia ufficiali non posso che essere formali
     

    1966, Londra, la Regina Elisabetta d'Inghilterra con il Principe Filippo di Edimburgo
     

    1984
     
    ma io noto nell'espressione la rilassetezza che si può provare solo davanti ad una persona di cui ci si fida

     
    anche in questo scatto con i figli dove anche il compassato Principe Carlo appare sorridente e rilassato

     
    Senza questa capacità di entrare in relazione e di cogliere l'attimo fuggente non si spiegherebbe altrimenti questa altra icona del XX secolo :
     
    il celeberrimo ritratto di Albert Einstein, del 1948

     
    o questo, altrettanto fermo nella nostra memoria del già citato Hemingway
     
     
     

     

    a sinistra, Karsh in posa davanti alla sua camera, a destra mentre con un dito suggerisce la postura al soggetto inquadrato
     
    3) essere pronto ad improvvisare traendo ispirazione dal soggetto e da quanto ti succede davanti
     
    lasci il soggetto libero di essere se stesso come in questo caso
     

    il cancelliere tedesco Willy Brandt
     
    oppure, se per esempio è un attore, gli dai uno spunto e poi lasci che sia lui ad interpretare il suo ruolo più congeniale
     

    con Alain Delon in studio
     

     
    magari lo lasci distrarre
     

     
    trafficando con le tue apparecchiature
     

     
    mentre gli parli
     

     
    e poi lo prendi sull'attimo, secondo come sei isprirato dal soggetto stesso.
     

    ancora Delon, stessa sessione
     

    Depardieu
     

    Woody Allen
     

    Bogart, 1948
     

    Laurence Olivier
     

    Clark Gable, 1946
     
    magari non gli dai il tempo giusto per sedersi, per vedere l'espressione che ha mentre si appoggia
     

    Alfred Hitchcock
     
    raggiungendo livelli di spontaneità diversamente inimmaginabili ... per un attore, come in questo splendido ritratto dell'altrettanto splendido Yul Brynner
     

     
    certo con gli attori é più facile
     

    come questo ispirato Gregory Peck che non aveva ancora conosciuto Moby Dick
     
    meglio ancora se hanno gli abiti di scena come lo straordinario Mosè interpretato da Charlton Heston

     

    un grande regista può anche essere molto ispirante
     
    è più complicato con persone differenti.
    Ma se poi ha un grand'uomo che è anche stato un attore, allora puoi lasciarlo recitare per te
     

    Ronnie Reagan, 1980
     

    Karsh nel suo studio sistema le luci sul soggetto
     
    4) la luce non è solo illuminazione
     
    appreso studiando pittura e seguendo il teatro, quanto sia importante la luce.
    Che non è solo illuminazione, nel senso di luce sufficiente a formare l'immagine sul materiale sensibile (sul sensore, oggi) ma il modo di esprimere, assecondare o sottolineare i tratti e i caratteri di un volto umano.
     
    Io ne vedo i risultati in particolare in questa carrellata di politici, ritratto stretto limitato al volto, di personaggi importanti, in grado di cambiare la storia e allo stesso tempo soli, nella solitudine di chi prende decisioni per gli altri.
     
    La luce svolge un ruolo fondamentale, così come la postura che la asseconda o la esalta (e viceversa)
     

    Ronnie Reagan
     

    e il suo antagonista Michail Gorbatchev
     

    Jimmy Carter
     

    Eisenhower. Qui Ike è scuro e duro come l'acciaio delle bombe e dei cannoni che hanno devastato la Germania dei suoi progenitori.
     

    JFK
     
    del quale vediamo una panoramica a 180° con le mani che svolgono il ruolo di smorzare la luce secca
     


     
    Karsh racconta di aver incontrato Reagan dopo che aveva discusso per due ore con il Segretario di Stato, pranzato con il Cancelliere Tedesco e ricevuto il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito.
    Stanco ma ancora in grado di raccontare barzellette ...
     

     

    Karsh ritratto ad una mostra di sue fotografie
    5) la reputazione è importante per la riuscita di un ritratto
     
    sembra banale ma la reputazione del fotografo conta. Come e più del suo portfolio.
    Quando si ha a che fare con personaggi importanti, con una agenda piena, diffidenti o impegnati.
    Altrimenti non solo si fa fatica a farsi ricevere ma ci si trova di fronte un'istrice difficile da penetrare.
     
    Karsh racconta di essere riuscito a stento a far sedere Nelson Mandela, appena giunto dall'Africa all'Onu, stanco e teso per il viaggio e le preoccupazioni
     

     
    che solo dopo un pò di conversazione con un uomo di grande umanità come Karsh, riuscì a rilassarsi tanto da permettere questo istante di libertà dai pensieri
     

     
    sottolineato da una risata liberatoria
     
    e se sembra ansioso di mostrare la propria grinta Fidel Castro
     

     
    non lo è affatto il Crushev della scarpa sul tavolo
     

     
    figuriamoci l'impettito De Gaulle

     
    o quell'Harry Truman con ancora il gravoso fardello di essere stato l'unico Presidente della Storia ad autorizzare lo sgancio di due atomiche su civili inermi ...

     
    pensate che il Visconte di El Alamein (sic!) avrebbe permesso a qualunque fotografo di ritrarlo ?
    Guardate le mani (!)

     
    o Maggie Thatcher, impegnata nella sua guerra con il mondo ?
     
     
     
    Chiaramente non possono essere solo questi i segreti di Karsh.
    Sono le indicazioni che vengono dai tanti aforismi citati, dalla lunga carriera di una leggenda.
    Un uomo in fondo anche molto vanitoso che ha giustamente goduto in vita del suo successo.
    Ritirandosi solo nel 1998, alla tenera età di 90 anni suonati (morirà nel 2002).
     
    Gli altri restano nelle sue tante foto, nel garbo, nella grazia, nella forza di tanti scatti a persone della più diversa estrazione e livello.
     
    Personaggi famosi
     

    Dali
     

    Giovanni Paolo II
     

    Albert Einstein
     

    Jacques Cousteau
     

    Cassius Clay
     

    Andy Warhol
     

    Alfred Hitchcock
     

    Bernard Shaw
     

    Madre Teresa
     

    Picasso
     
    Di Picasso, Karsh racconta di essere andato a casa sua.
    E questi, visto il caos dei tanti figli che giocavano rincorrendosi per casa, suggerì di trovare un pò di pace nel suo studio.
    Ne venne fuori questa foto, un pò fuori dagli schemi anche per Karsh (l'ispirazione del momento) ma certamente a tema con lo stile del soggetto.
     
     
    Una frase di Karsh, poco politicamente corretta per lo stile di oggi che riporto in questa pagina dedicata alle attrici.
     
    Fotografare le belle donne è un peccato, perchè devi spegnere la luce solo quando se ne sono già andate via (per sviluppare le lastre, evidentemente)
     

    Audrey Hepburn ad inizio carriera
     

    Sophia Loren
     

    la giovane Liz Taylor appena arrivata in America
     

    l'incantevole Ingrid Bergman, anche essa appena giunta ad Hollywood
     

    ancora la Hepburn ai tempi di Sabrina
     

    Anna Magnani nei suoi anni hollywoodiani
     
    Karsh venne anche incaricato di immortalare l'evento rappresentato dalle nozze di Grace Kelly con Rainier di Monaco
     




     
    un soggetto tanto abbagliante quando ripreso bene come in questo scatto
     

     

    Anita Ekberg ai tempi della Dolce vita
     
    e Lauren Bacall emancipata dopo la morte di Bogart
     
     


     
    Ovviamente un fotografo di queste capacità, sebbene principalmente impegnato nel ritratto, poteva occuparsi di altro.
    Nel 1952 accettò un lavoro di approfondimento sulle condizioni del suo Paese di adozione - il Canada - nel periodo post-bellico.
     
    Riporto alcuni scatti
     

     

     

     

     

     
    altro non sono se non ritratti ambientati ma caratterizzati dall'opera, dal lavoro.
     
    Nei primi tempi di attività si dedicò anche al nudo in studio, di grande delicatezza
     
     
     

     
    Concludo con un mondo a me molto caro e che ai tempi di Karsh era l'epoca d'oro, i musicisti.
     


    Arthur Rubinstein
     

    il grande compositore finlandese Jean Sibelius
     


    Glenn Gould nel 1957, all'apice della carriera concertistica prima della decisione di dedicarsi esclusivamente alla sala d'incisione.
     

    Jasha Heifetz
     

    Jehudi Menuhin
     

     
    Potremmo continuare per giorni con le 150.000 lastre donate al museo da Karsh.
     
    Io trovo le sue immagini straordinarie anche se in un certo senso (in senso buono) confinate nel loro tempo.
     
    Palpitano di vita e di umanità, di garbo e di sensibilità. Sembra di vedere Karsh con i suoi grandi occhi indagatori che fissano i soggetti, invitandoli con infinita dolcezza a donarsi al suo otturatore, nell'atto di attendere il momento migliore per scattare.
    Sono tanti scrigni che racchiudono storie straordinarie. Alcune che restano nella nostra memoria al posto del nome del fotografo, ignoto ai più, altre che ci riportano ad un tempo di cui abbiamo smarrito il ricordo.
     
    Ho scelto di chiudere con due ritratti opposti ma legati dal vivo spirito di spontaneità, uno che guarda direttamente lui e non la camera
     

    il maestro Ansel Adams che nella vita non si è allontanato a più di 5 miglia dalla sua montagna che sorride bonariamente al maestro Yousuf Karsh che invece ha trasvolato l'Atlantico innumerevoli volte per immortalare i VIP di tutto il mondo. Due personaggi del tutto opposti, sebbene legati a stretto filo dalla loro arte
     

     
    e la grande tenerezza spontaneamente regalataci da Laurence Olivier nei confronti della moglie Vivien Leigh in uno degli oramai rari momenti di lucidità di questa, negli ultimi anni del loro matrimonio, entrambi incuranti della presenza del fotografo.
     
    Una foto impossibile per chiunque altro. Un altro segreto ?
     

     
    nessun segreto, se guardiamo questa foto, fatta a loro insaputa che li ritrae nella loro familiarità.
    Il fotografo e i suoi soggetti messi sullo stesso piano.
     
    Persone legate, non creature aliene ed estranee.
     
    ******************************************
     

    Mi sono avvicinato con grande umiltà a questo articolo, pensandolo nell'ultimo anno.
    Sentendomi inadeguato a sondare un tale monumento di arte e umanità.
    Mi sono sentito alla fine in dovere di scriverlo perchè penso che non possa mancare su Nikonland, un tributo al più grande ritrattista del nostro tempo.
    Qualcuno che, con il cappello in mano e grande senso di inadeguatezza mi spingo a mettere vicino ai miei miti, Caravaggio, Velasquez e Vermeer, del tutto incapace di andare oltre nella mia modesta analisi dell'opera di un genio inarrivabile.
     
     
    Per chi volesse approfondire, segnalo, disponibile (ma non sempre) il libro :
    Karsh: A Biography in Images

    un libro biografico per immagini redatto dal curatore del Museum of Fine Arts di Boston che è scritto in modo tale che pare che Karsh vi racconti prima la sua vita e poi vi illustri egli stesso, per aneddoti, le sue foto più rappresentative.
    Un libro molto pregevole, secondo me. 200 pagine, 38 euro su Amazon.
    ***
    Il 21° secolo è l'era della superficialità.
     
    Non solo i personaggi pubblici non durano - c'è ancora la Regina Elisabetta che Karsh ha fotografato a 16 anni ma non ci sono altre donne di quella rilevanza, o sono morte oppure non sono ancora nate - mentre i fotografi famosi della nuova leva sono imbarazzanti sul piano culturale, vuoti sul piano morale e in quanto a sensibilità umana, mi verrebbe da voltarmi dall'altra parte.
    Ho letto una intervista ad un notissimo ritrattista di oggi (sui 40 anni scarsi, mica 70) che ... fa venire voglia di piangere.
    In quanto a Gandhi dubito sia mai entrato in uno studio fotografico.
    Ma ho trovato Indira

    Indira Gandhi di Yousuf Karsh
    e BB

    Avevo dimenticato ...
    Walt Disney con il suo sorriso contagioso

    e tra i musicisti


    Pablo Casals
     

    e Mstislav Rostropovich
    Karsh che osserva una delle sue innumerevoli lastre

    (autoritratto)

    Man Ray
     

    Marc Chagall
     

    Marcel Marceau
     
    e il mitico Rudy

  10. M&M
    Ysaÿe: Sei Sonate per violino solo, Op. 27 - Sergey Khachatryan
    Guarneri del Gesù 1740 (ex Isaac Stern)
    Naive 29 marzo 2024, formato 96/24
    ***
    Composte sul finire della carriera di Ysaye e dedicate a sei suoi colleghi violinisti, rappresentano la summa virtuosistica del grande solista.
    Ma anche una citazione del repertorio dedicato a quello strumento da Bach ai suoi giorni (1924) passando per Paganini.
    A tratti dissonanti, con arpeggi e trilli demoniaci, cupo e brillante, queste sei sonate sono un banco di prova entusiasmante ma al tempo stesso denso di pericoli per ogni violinista.
    Prendiamo la seconda sonata che cita Bach inframmezzandolo con variazioni pennellate sul Dies Irae.
    Tant'è che né l'autore né nessuno dei dedicatari ebbe l'opportunità, l'occasione, la voglia, di registrarle.
    E fino all'epoca del LP erano rare le registrazione.
    In epoca digitale c'è invece una certa abbondanza e in questi ultimi mesi ne abbiamo due incisioni, l'estate scorsa Hillary Hahn, e adesso l'armeno Khachatryan.

    l'amore per il proprio talento è il migliore propellente per raggiungere vette più alte, qui poi c'è uno strumento straordinario
    Che armato di uno strumento straordinario dal carattere proteiforme, mette carattere in ogni passaggio, dimostrando sin da subito di avere ben di più da dire della sua collega americana (ma, perdonatemi, è gioco facile da questo punto di vista).
    Ma, tralasciando la mancata competizione, è proprio la spettacolare variazione di timbri, volume, tonalità che rende straordinariamente bello questo disco.
    Tanto da lasciare distante sin da subito, quello che era il mio precedente riferimento (Alina Ibragimova, Hyperion, 2015 : disco comunque bellissimo).
    Ibragimova a tratti utilizza tempi anche più veloci ma non sembra perché Khachatryan varia ritmo ad ogni frase.

    Ne viene fuori qualche cosa che è tutt'altro che un affresco, piuttosto una serie di bassorilievi cesellati finemente, l'unica immagine che mi viene in mente per descrivere una composizione che, fatta salva la distanza temporale in mezzo e la differenza culturale, può guardare le sonate e partite di Bach senza troppa riverenza.
    Al violinista che arriva in fondo a questi 75 minuti circa di tour the force, certamente Paganini avrebbe assegnato un premio per perfezionarsi ancora ma qui, sembra che siamo arrivati.
    Nel 2010 Khachatryan ha registrato, sempre per Naive, le sonate e partite di Bach. E qualche cosa si intuiva, almeno sulla capacità emotiva.
    Ma adesso ...
     
    edizione di confronto :

    Alina Ibragimova, hyperìon 2015
     
     
  11. M&M
    Yuja Wang : il suo recital di debutto al Festival di Verbier (2008)
    DG con Verbierfestival
    formato 44/16, 23 giugno 2023
    ***
    Esce solamente adesso per la collaborazione diretta tra il festival e l'etichetta gialla per cui la Wang registra in esclusiva.
    Alcune cose sono già note, altre inedite (almeno in disco, non so in video), per quanto io ricordi.
    Il repertorio spazia. Si comincia con due studi di Ligeti e si arriva al La Valse di Ravel, passando per la sonata in si minore di Liszt e la sonata fantasia di Skriabin insieme a quelli che potrebbero essere dei bis ma sono di fatto parte integrante del recital (lo scherzo dal Sogno di Mendelssohn, il Vocalize di Rachmaninov e il Volo del Calabrone ri Rimskj Korsakov trascritto da Rachmaninov per il pianoforte).
    Sono passati 15 anni e potrebbe essere Yuja in diretta che suona adesso in diretta.
    Il disco è elettrizzante dalla prima all'ultima nota.
    Contiene una delle più convincenti Seconda sonata di Skriabin ma persino ... l'indigesto Liszt è di elevato livello.
    Ligeti è fantastico e i tre brani di riempimento valgono da soli il biglietto.
    La Valse è un pezzettino fuori dalla portata della comune ventunenne. Ma non per Yuja Wang, la Wonder Woman del pianoforte.
    Ma possibile mai che l'abbiate tenuto nel cassetto fino ad oggi un recital del genere ?
    [Ok, ok, con Yuja Wang io sono sempre di parte. Perdonatemi]
  12. M&M
    Zurich annuncia che rimuoverà (temporaneamente ?) la Z bianca su campo azzurro dai suoi loghi per non dare appoggio alla campagna militare russa in Ucraina.
    Zorro toglierà la maschera e il mantello.
    Noi salteremo una lettera e il nostro alfabeto diventerà da 20.
    Le Nikon Z verranno messe al bando dal mercato ?
    Voi tutti state accuratamente limando le etichette delle vostre Nikon, vero ?
    Io no, non solo ne vado fiero ma me ne f...o !
     
    Hey, guys, this is MINE Nikon Z9 !

    I'm a proudly Nikon Z owner !

     
  13. M&M
    Premesso, questa è una non recensione.
    Non ho mai visto né preso in mano una di queste luci LED.
    Prima che Mtrading le prendesse in distribuzione non avevo mai sentito nominare nemmeno questo marchio.
    Quando mi è arrivata la newsletter le ho guardate con un minimo di curiosità, perché di led COB sul mercato ce ne sono decine.
    Ma poi, improvvisamente, una montagna di recensioni più che entusiastiche é comparsa contemporaneamente su Youtube (la migliore luce sul mercato, rivoluzionaria, luce potente e compatta etc. etc. etc. con punti esclamativi e entusiasmo a gogo).
    Ma a decine e decine, in tutte le lingue del mondo ...


     
    ho deciso di approfondire e mi sono letto bene le specifiche, poi i prezzi su Amazon. Infine qualcuno di questi video.
    Cosa sono ?


     
    come si capisce bene, sono due illuminatori led che possono funzionare sia a corrente di rete che a batteria.
    Nominalmente una da 60 W e una da 100 W.
    Con un aspetto fashion di rottura rispetto alle altre presenti sul mercato.
    Svariate funzionalità facili da attivare.
    Soprattutto molto, molto compatte. Anche troppo.
    Il trucco sarebbe - a detta loro - in una ventilazione forzata stile quella delle schede video dei computer.
    ***
    Ma non è tutto oro quello che luccica.
    Partiamo dalle caratteristiche. La luce promessa nella realtà non è nemmeno lontanamente quella di targa.
    Quei 60 W sono al più 20 e quei 100 W sono al più 40.
    Che peraltro si abbattono al 40% se si usano a batteria.
    Perché è inutile farle così piccoline se poi ti devi portare in giro un alimentatore grosso il doppio, no ?
    Una potrebbe anche funzionare con un power bank PD da 100 W ma mi immagino le prestazioni.
    E in effetti si parla di 30 minuti circa di autonomia a tutta potenza.
    Il riflettore è minuscolo e fa luce puntiforme. Se si vuole mettere un modificatore gli ingombri e i volumi di trasporto rendono inutile la loro compattezza.
    Ma soprattutto NON SONO COSTRUITI per durare, sono di plastica, sono pieni di aperture che mettono in comunicazione l'interno con l'esterno per motivi di raffreddamento (ma oltre all'aria invitano anche polvere e liquidi ad entrare).
    E poi costano un botto ! 289 euro per la luce base più 200 euro per la batteria.
    Ma con quei soldi ti ci compri un LED da studio con affusto serio ed attacco Bowens da 300 Watt veri.
    Quindi ?
    ***
    Bel marketing. Fai un paio di attrezzini belli da vedere e soprattutto che strizzano l'occhio a chi lo vuole piccolo-piccolo che più piccolo non si può.
    Ne imbarchi una nave per l'OVEST.
    Ne mandi un tot a tutti gli influencer Youtube noti e meno noti non così esperti e nemmeno così deontologicamente rigorosi ...
    Quindi registri le vendite.
     
    E poi ? 
    La morale è sempre quella : diffidare sempre dei super-hype e ragionare con la propria testa.
    Il mio pensiero mi è stato confermato da un recensore di cui mi fido e che ha provato praticamente tutte le luci che ci sono sul mercato.
    Ma dalla mia esperienza e dalle cantonate che ho già preso personalmente avevo già capito da che parte girava il fumo.
    E poi, la luce è energia : se non si ha una carica adeguata, non ci potrà mai essere luce adeguata.
    LED a batteria ? Si, forse, per usare lo smartphone o per effetti, non per fare fotografie serie ...
    Mentre se vi serve una cosina per fare video "cinematici" oscuri come di tendenza oggi, mica vorrete spendere quelle cifre, vero ? Giusto per averlo tanto piccolino ?
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