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  1. In un paese di poco più di 20 anime si racconta che un'anima non abbia ancora trovato pace: leggenda o verità? Il contesto storico è noto e reale: nel 1300 in Romagna dominava la famiglia Malatesta i cui domini dal 1295 al 1528 si estendevano principalmente nel territorio di Rimini e provincia, fino ad arrivare, nel periodo di massima influenza, ai castelli settentrionali di San Marino, alla provincia di Pesaro e parte di quelle di Ancona, di Forlì, di Cesena e di Ravenna. Attorno alla metà del 1300 signore di Montebello di Torriana era Ugolinuccio (o Uguccione) Malatesta. Si dice che questi ebbe dalla moglie Costanza una figlia, Guendalina, con una caratteristica particolare: era albina. La piccola aveva i capelli candidi come la neve, la carnagione color latte e gli occhi verdi (o azzurri) che sembrano brillare nella notte e, nel medioevo, epoca di superstizioni in cui si diffuse la caccia alle streghe e la paura del demonio, l’albinismo era visto con sospetto e paura. Gli albini venivano considerati figli del demonio e, se di sesso femminile, streghe capaci di qualsiasi sortilegio. "...Anno dopo anno, i colori di quel mondo e di quella storia iniziarono a spegnersi. I ricordi divennero polvere nella mente dei posteri ed il tempo ne approfittò per continuare indisturbato il suo corso. Passò un secolo. Montebello cambiò i propri signori regnanti. I nuovi castellani vennero a conoscenza,dalle voci dei più anziani, di una vecchissima leggenda legata alla rocca. Parlava di una strana bimba dalla pelle pallida ed i capelli azzurri. Durante certi giorni, all'imbrunire, un flebile lamento sembrava provenire dal nevaio. Era appena percettibile e bisognava essere molto attenti per udirlo. Passò quasi un altro secolo e tutti, proprio tutti si dimenticarono di Deline. La sua vicenda pareva essere definitivamente sepolta nel passato. Poi, un giorno, uno strano giorno, incominciarono improvvise le apparizioni..." Sono passati tre secoli dai fatti di cui si narra alla prima stesura scritta, ad opera di un parroco della zona... e la storia si perde nella leggenda: Il nomignolo deriva dal fatto che per coprire il colore candido dei capelli, al fine di proteggerla, la madre li tingesse con pigmenti di natura vegetale che, anche a causa della loro scarsa capacità di trattenere la colorazione, davano alla capigliatura della bambina un riflesso azzurrognolo. Come spesso accade, passando di bocca in bocca i fatti vengono alterati, abbelliti, perdendo in tutto o in parte la corrispondenza con la verità storica, un po’ come succede ne ‘telefono senza fili’ dei bambini dove 10 di loro si mettono uno di fianco all’altro, una frase viene sussurrata dal primo all’orecchio del secondo e così via fino all’ultimo. All’ultimo la frase non giungerà fedele all’originale, ma subendo un'arbitraria modificazione. Secondo la leggenda il 21 giugno del 1375, nel giorno del solstizio d'estate, mentre il padre era lontano impegnato in una guerra, Azzurrina giocava nel castello con una palla di stracci, cosa normale in quel tempo, mentre fuori infuriava un temporale. Era vigilata da due armigeri di nome Domenico e Ruggero. Secondo il resoconto delle guardie la bambina inseguì la palla caduta all'interno della nevaia sotterranea. Avendo udito un urlo le guardie accorsero nel locale entrando dall'unico ingresso ma non trovarono traccia né della bambina né della palla. Nei giorni seguenti, il castello, le campagne e l’intero borgo, vennero setacciati nella disperata ricerca della bambina. Il suo corpo, però, non venne mai più ritrovato. Da quel giorno di giugno, secondo la leggenda, ogni 5 anni, nella notte del solstizio d’estate, nel castello di Montebello ritorna il fantasma di Azzurrina. La si sentirebbe ridere, parlare o piangere. Su quella che è stata veramente poi la sorte di questa creatura ci sono versioni diverse tra loro che concordano solo nel finale. Nel 1989 il castello, inserito quello stesso anno tra i monumenti nazionali italiani, riapre i battenti dopo essere stato ristrutturato dagli attuali proprietari con lo scopo di creare un museo aperto al pubblico con visite guidate. Da lì a un anno la leggenda diventa di dominio pubblico, tanto da attirare, oltre a numerosi cuoriosi, anche studiosi e troupe televisive. Durante i lavori di ristrutturazione, che hanno interessato anche le cantine, sono stati trovati molti cunicoli, alcuni dei quali portavano ad accessi chiusi nel corso dei secoli precedenti, per evitare intrusioni nel castello. Tutte le porte murate vennero riaperte, ridando la possibilità di accedere a quelle stanze. Tutte tranne una. Ci si accorse, durante la ristrutturazione, che una stanza non era più accessibile e chi ne murò l’accesso lo fece in modo che, se fosse stato violato, la stabilità dell’intero edificio sarebbe stata compromessa. Numerose ricerche sono state fatte da parapsicologi col fine di catturare, mediante registratori audio ad attivazione sonora, i rumori all'interno del castello chiuso ed isolato, prodotti dal presunto fantasma. Le registrazioni, che vengono normalmente fatte sentire ai visitatori al termine della visita guidata, finora non hanno portato a nessun risultato concreto ma hanno registrato suoni che, a prescindere dalla leggenda, non hanno ancora una spiegazione sull’origine. Varie registrazioni sono state effettuate anche dalla Rai e dall’università di Bologna. In esse vi si sentirebbe una voce di bambina piangere sommessamente in mezzo ai rumori di un temporale. Nel 1995 e nel 2000 si sarebbe riuscita a captare più chiaramente la voce di Azzurrina che, in una delle due occasioni, avrebbe pronunciato, in mezzo al suono delle campane, la parola “mamma”. Diverse ipotesi sono state fatte su cosa potrebbe essere successo in realtà: secondo una prima versione, data da una medium che si sarebbe messa in contatto con lo spirito della bambina, si sarebbe trattato di un incidente , la bambina sarebbe morta sul colpo cadendo dalle scale. Le guardie, temendo l’ira del padre, l’avrebbero sepolta da qualche parte in giardino e alla madre avrebbero raccontato della misteriosa sparizione della piccola. A nulla sarebbero valse le loro scuse dato che il padre, una volta rientrato, preso dall’ira e ritenendoli comunque resposabili, li avrebbe fatti mettere a morte. Una seconda ipotesi darebbe proprio il padre della bambina come responsabile del fatto in quanto, non potendo nascondere l’anomalia della figlia, avrebbe preferito farla uccidere e, dopo averla fatta murare in qualche segreta dei sotterranei, avrebbe raccontato, soprattutto alla moglie, della misteriosa scomparsa. Qualcuno si spinge anche oltre nei dettagli di quello che sarebbe accaduto: Ugolinuccio Malatesta, stanco di nascondere la piccola e colto da un attacco di follia omicida, una notte del 1470 avrebbe strangolato Azzurrina gettandone poi il corpicino ancora agonizzante in una fossa comune piena di punte affilate, ricoprendola con della calce bianca, per evitare il disperdersi dell'esalazioni corporee. Una terza ipotesi vorrebbe le guardie artefici dell’omicidio, a causa della superstizione dilagante dell’epoca. Anche in questo caso i due sarebbero stati messi a morte dal signore del castello. In mezzo a tutte queste ipotesi non abbiamo nemmeno la certezza del nome della bimba. Secondo lo storico Marco Filippi, stando a quanto dichiarato dalla sensitiva Marina Dionisi, è probabile che il nome non fosse Guendalina, entrato in uso in Italia solo agli inizi del 1800, ma Adelina. Questo nome si avvicinerebbe maggiormente al titolo dell’unico presunto documento sulla storia di Azzurrina: “Mons Belli et Deline”. “Deline”, tradotta dal latino all’italiano, corrisponde al nome di “Adelina” e non di “Guendalina”. Il castello, essendo di proprietà di privati non è fotografabile all’interno ma solo esternamente. Qui trovate Gli altri articoli del mio blog. Al prossimo articolo! ciao!
  2. La settima tappa del viaggio in Giappone ci porta nella città di Sendai. Sendai è il capoluogo della prefettura di Miyagi e, col suo milione di abitanti circa, la più grande città della regione del Tohoku. A Sendai si volge uno dei Matsuri più importanti della regione: il Tanabata. Mentre nel resto del Giappone questa ricorrenza cade il 7 luglio, a Sendai si tiene un mese dopo, il 7 agosto e le manifestazioni legate ad esso si svolgono in tre giorni, dal sei all’otto di agosto. Ma cos’è il Tanabata? Il Tanabata (七夕 che letteralmente significa "settima notte") è una tradizione nipponica che però di rifà a una leggenda di origine cinese. Questa leggenda narra la storia di una bellissima principessa, Orihime, figlia di Tentei, l’imperatore del cielo, dedita alla tessitura degli abiti degli dei, e di un mandriano, Hikoboshi, il cui compito è quello di stare a guardia delle greggi celesti. Orihime e Hikoboshi rappresentano, rispettivamente le stelle Vega e Altair. Tentei, vedendo sua figlia triste, decise di farla incontrare con Hikoboshi per dargliela in sposa. Tra i due scoppiò un amore a prima vista che li portò, però, travolti dalla passione, a trascurare i propri compiti. Tentei, adirato, decise di punire i due innamorati facendo in modo che non si potessero più vedere, separati dal fiume celeste, la Via Lattea. Si narra che, impietosito dalla disperazione della figlia, Tentei concesse loro di potersi incontrare, attraversando il Fiume Celeste, una volta all’anno, il settimo giorno del settimo mese, il giorno, appunto, del Tanabata. Esistono varie versioni di questa leggenda, molte delle quali legate all’astronomia. Tra queste una versione molto conosciuta è ambientata in Cina, sulle rive del fiume Han. In questo luogo, si dice, viveva la figlia del sovrano della regione, abilissima tessitrice che, in età da marito, venne data in sposa a un giovane pastore. Anche in questo caso i due giovani, travolti dalla passione, abbandonano i loro doveri per essere poi crudelmente separati. Per il fatto che i cinesi sono un popolo dedito allo studio del cielo e dei suoi fenomeni, a questa storia venne dato uno scenario celeste. Con l’introduzione del calendario gregoriano, alla fine dell’ottocento, la festa del Tanabata è venuta a coincidere con il sette luglio, mentre in precedenza il calendario utilizzato era quello lunisolare per il quale l’anno inizia a febbraio. Secondo questo calendario il settimo mese cade ad agosto e ciò spiega il motivo per cui in molte zone del Giappone i festeggiamenti siano rimandati di un mese rispetto alla data fissata del 7 luglio. La festa del tanabata fu importata dalla Cina in Giappone dall’imperatrice Kōken nel 755. La sua origine si deve al Kikkōden (乞巧 奠festa per pregare per le abilità), versione nipponica del Qīxī che veniva celebrato in Cina e che fu adottato dal Palazzo Imperiale di Kyoto nel periodo Heian. È nel periodo Edo, però, che diventò popolare tra i giapponesi, quando le celebrazioni si uniscono all’obon (che all’epoca cadeva il 15° giorno del 7° mese) dando così origine al Tanabata come lo conosciamo oggi. Il matsuri di Sendai risale all’epoca di Date Masamune, leader del clan Date e fondatore della città. I kisudama, le decorazioni con cui viene addobbata la città, originariamente avevano la forma di un fiore. Hanno assunto l’aspetto attuale nel 1946 su iniziativa del proprietario di un negozio ubicato in centro città. Insieme alle stelle filanti fukinagashi, sono le decorazioni moderne più famose del Tanabata. Onnipresenti nella vita dei giapponesi, anche qui non potevano mancare i personaggi dell'animazione (in questo caso Takami Chika e, nella foto successiva, Kurosawa Ruby di "Love Live! Sunshine!!") I tanzaku sono delle striscioline di carta che simboleggiano i fili di seta intrecciati da Orihime e sui quali vengono scritti i desideri o le preghiere, anche in forma di poesia, da rivolgere alle stelle. Questi ‘foglietti’ vengono legati a un ramo di bambù e poi bruciati per consentire loro di raggiungere le divinità. Questa usanza ebbe origine nel periodo Edo, quando i desideri dei bambini erano di migliorarsi nella scrittura, per cui si allenavano a scrivere vari caratteri su piccoli ritagli di carta. Per le bambine il desiderio, invece, era di migliorarsi nelle attività manuali. Gli orizuru, o gru di carta, sono un tipo di origami e per la precisione quella che ne è considerato la forma più classica. L’orizuru rappresenta la gru della Manciuria e si ritiene che porti salute, protezione e lunga vita alle famiglie. Ciò perché secondo tradizione vivrebbe fino a 1000 anni. Questo particolare tipo di origami è legato alla storia, per chi la conosce, della piccola Sadako e della sua tragica fine causata da una delle bombe atomiche (ne ho scritto in un articolo precedente tempo fa). Eventi come spettacoli teatrali, danza tradizionale, musica dal vivo e intrattenimento si svolgono in piazza Shimin Hiroba, nel Parco Kotodai e lungo la via Juzenji Dori. Sono sempre presenti le immancabili bancarelle col cibo. Piccole idol crescono... Qui trovate Gli altri articoli del mio blog. Concludo con in breve filmato montato da me. つづく
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