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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 28/07/2019 in Blog Entries

  1. Bad Gastein è un noto centro turistico situato a ridosso degli Alti Tauri nella regione saliburghese, celebre per i suoi stabilimenti termali e per gli sport invernali. I primi insediamenti risalgono a circa 2000 anni fa, colonizzata dai Romani e successivamente dai Celti, la valle era un luogo di transito delle merci; ma è a partire dal XVII secolo che diventa meta dell’aristocrazia europea. Frequentato da Otto von Bismarck, da Guglielmo di Prussia e Francesco I° con sua moglie Elisabetta (la celebre Sissi), in tempi moderni ha conservato nell’architettura i fasti del secolo scorso abbinando costruzioni moderne e funzionali per gli sport invernali. L’ho visitata fuori stagione, con poca gente in giro, lontano dai clamori turistici. Dall’Italia si può accorciare la strada approffittando della navetta ferroviaria che si prende a Mallinitz : caricata l’auto sul treno dopo circa una decina di minuti si arriva a destinazione: Verso sera il cielo è grigio, siamo ai primi di ottobre, e all’arrivo giusto il tempo per una passeggiata fugace per prendere confidenza col luogo, rimandando al giorno successivo una visita con tutta calma. Al risveglio le aspettative vengono confermate: dopo la pioggia a valle, la neve ha spolverato le cime circostanti e il sole prende animo Il paese è attraversato dal torrente Gastainer Ache che alimenta le celebri cascate. L’acqua è sicuramente un elemento importante sia sotto il profilo paesaggistico che salutistico. Bad Gastein è famosa sia come stazione sciistica che per le sue acque termali fin dall'ottocento. La struttura alberghiera riflette vecchi fasti che ancora oggi sono ben curati e conservano un certo fascino pur in presenza di segnali di abbandono Il contrasto urbanistico tra vecchio e nuovo non mi è sembrato stridente, anzi. Come questo sovrapasso ferroviario, che consente ai pedoni di raggiugere agevolmente l’altra metà del paese, perfettamente integrato con il resto Non potevo trascurare la chiesa dedicata a San Nicola... dall’interno semplice e di buon gusto, con annesso cimitero come si usa da queste parti (e non solo) Un ultimo sguardo e un arrivederci magari sugli sci…
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  2. Dopo poco più di un mese di utilizzo della Nikon Z 7 ed un migliaio di scatti, scrivo le mie osservazioni, anzi meglio i miei primi appunti sul viaggio intrapreso con la nuova creatura e l’obiettivo 24-70/4 S (presente nel Kit), note da utilizzatore non professionale, ma molto molto normale. Premetto che quanto già scritto già da Mauro (Z 7) e Max (Z 6) è “SCIENZA" ed anche più comprensibile del manuale d’uso, anche se la lettura di quest’ultimo resta necessaria. Io con questo blog ho buttato giù due righe terra terra, attesa la differente esperienza e professionalità, oltre alla diversa mole di scatti effettuati con Z 7 dal sottoscritto (la mia non ha ancora completato il rodaggio) e da Mauro. La sua, se fosse un’auto, avrebbe già sostenuto il primo tagliando. Ergonomia: la macchina cade in mano bene, le dita stanno comodamente sull’impugnatura ed anche lavorando a lungo con il 70-200/4 più FTZ (non ho ottiche più lunghe e neppure più pesanti), l’insieme non stanca, seppure la ghiera delle focali non sia posizionata nella parte anteriore a quella del fuoco, come nelle ultime creazioni. Mentre con il compatto 24/70 è una meravigliosa compagna di viaggio. Sarà perché ho le mani lunghe ed affusolate, ma per me le dimensioni sono giuste. D’altronde io mi sono trovato benissimo con l’F.3 e pure bene con la Df, come non potevo trovare confortevole anche la Z 7. Riporto le misure dei tre corpi per giustificare quanto sopra detto: F3 – 148,5x115x7,1 Df – 143,5x110x66,5 Z 7 – 134x100,5x67,5. Come si può notare le differenze sono minime, specie in altezza e profondità. Mirino: è semplicemente eccezionale, chiaro, grande, nitido. Sembra un mirino ottico che però non si scurisce quando fa buio. Inoltre, la sua conformazione (sporge circa 2 cm. dal corpo macchina), consente ai portatori di lenti ed a quelli come il sottoscritto che inquadra con l’occhio sinistro ed è pure dotato di una discreta proboscide, di vedere comodamente il 100% dell’area inquadrata e di lavorare con il pollice della mano destra senza colpire il naso o la lente degli occhiali. Da questo punto di vista il mirino è superiore a quello già ottimo della D850 (sempre per coloro che hanno i soliti miei problemi nell’inquadrare, per gli altri è eccezionale). Una nota negativa riguarda l’orizzonte artificiale, che seppure a colori e facile da mettere in bolla, invade completamente il centro del mirino ed ostruisce in maniera significativa la scena inquadrata. E’ utile solo per livellare la macchina sul cavalletto. Avrei preferito che fosse stata adottata la soluzione utilizzata per la D850, dove abbiamo due cursori ai lati del mirino che non danno alcun fastidio ed utilizzabili anche a mano libera. Posto le foto dei mirini (quello della D850 ripreso dal manuale) per rendere meglio l’idea. Z 7 D850 - I riferimenti della livella sono i n. 1 e 5 Quindi, per evitare le linee cadenti operando a mano libera con la Z 7 è adoperabile solo il reticolo. Comandi principali e tasti funzione: dopo i primi scatti ho cercato di assegnare ai tasti programmabili tutte le mie funzioni preferite, cercando di riportare, seppure lontanamente, la funzionalità della D850. Utile è anche il menù selezionabile con il tasto “i”, anche se la manovra non è così immediata ed ancora stento ad operare correntemente, tanto che ricorro ai tasti funzione anteriori (facili da usare), a quelli posti vicino al pulsante di scatto (ho programmato anche quello destinato a video) e quelli posti sul retro, limitatamente al Joystick, al pulsante AF/ON e DISP. Gli altri con l’occhio sinistro al mirino non sono molto comodi da utilizzare. La torretta di sinistra non è confortevole e rapida come quella della D850, però lavorando quasi sempre in manuale, la uso poco. Comunque, è utile la selezione “U1/U2/U3”, dove si può personalizzare le impostazioni più diverse senza lavorare con i menù. Ad esempio ho settato sulla posizione “U1” le impostazioni che uso quando metto la macchina sullo stativo, per cui ho disattivato il VR interno alla macchina, ho impostato l’automatismo a priorità di diaframmi e la sensibilità ISO in manuale (64). Tale sistema mi consente con un solo clic di settare la macchina senza dimenticare qualche variazione necessaria quando uso il treppiede e con un altro clic torno ad operare a mano libera con le impostazioni preferite. Autofocus: Dell’autofocus dico solo che mi manca la messa a fuoco a gruppi, non ho ancora capito con cosa sostituirla, per il resto occorre leggere quanto già scritto da Mauro, ma per me è già ottimo così. Infatti, utilizzo raramente la raffica, in quanto i miei soggetti sono per lo più statici o non veloci (auto d’epoca), per cui non ho incontrato problemi. Le rare incertezze che per ora ho potuto verificare, le ho notate puntando il cursore dell’autofocus sui cofani delle auto, specie quelli piatti senza modanature. Comunque, è stato sufficiente spostare il punto di fuoco sulle intersezioni fra il cofano e il parafango o il frontale ed il gioco è fatto. Peraltro, una delle qualità sufficienti all’acquisto di tale macchina, è la possibilità di mettere a fuoco da un angolo all’altro del mirino, senza dover spostare l’inquadratura, bloccare la messa a fuoco, ricomporre l’inquadratura e scattare. Qui basta spostare il cursore con il joystick, mettere a fuoco il soggetto ed il gioco è fatto. Buffer: non parlo del buffer perché non scatto a raffica, ma ho notato, scattando in raw a monitor con Lexar 2933, che la spia di segnalazione della registrazione della foto si illumina solo per un battito di ciglia. Modi di scatto (otturatore elettromeccanico o elettronico): quando scatti la macchina non vibra neppure con l’otturatore meccanico, che è dotato pure di un suono molto soft ed usabile perfino a teatro. In modalità silenziosa è notevole. A proposito di quest’ultima modalità operativa, mi auguro che i progettisti quando installeranno sulle future mirrorless solo l’otturatore elettronico, inseriscano la possibilità di abbinare allo scatto un suono simile al rumore dell’otturatore meccanico, magari con il volume del “clic” regolabile. Inoltre, grazie alla modalità silenziosa ed alla sua forma, la fotocamera passa abbastanza inosservata, per cui tenendola ad altezza ombelico con il monitor leggermente aperto, si scatta che è una meraviglia senza destare sospetti o curiosità. stand-by: Una cosa particolare e un po’ fastidiosa è quando la macchina va in stand-by, perché non operativa. In questo caso il tempo di riattivazione è superiore a quello, brevissimo, che occorre passando da “Off” ad “On” con l’interruttore posto a corona del pulsante di scatto. Per ottimizzare i tempi morti dello stand-by, come ha già suggerito Mauro, basta avere l’accortezza di premere leggermente il pulsante di scatto o più comodamente il tasto “af/on” a portata di pollice e nel mentre si porta all’occhio, la Z 7 è già attiva. Tengo, tuttavia, a sottolineare che se perdo una foto è solo per colpa mia non della macchina. Batteria: La batteria in dotazione prima di chiedere di essere sostituita ha fatto 750 scatti, con un uso intenso del monitor, dello scatto silenzioso e di numerose foto eseguite con alti ISO. L’obiettivo: per ora il solo Nikkor Z 24-70/4 S Line del Kit. E’ un ottimo zoom direi pari al mio Sigma 24-35/2 anche se paga due stop di luminosità. E’ compatto, silenzioso e rapido nella messa a fuoco. Di seguito posto alcune immagini ed i relativi ingrandimenti di particolari al 100%, dove si può notare la nitidezza dell’ottica anche ai bordi. Speriamo, comunque, che i prossimi zoom non mantengano la necessità di essere sbloccati per attivare la ripresa, come accadeva anche con gli zoom della serie One. E’ solo un’inutile passaggio in più. Aston Martin Le Mans del 1933 (Focale 26,5 - F. 5,6 - ISO 1800 - 1/100) Crop 100% Aston Martin DB4 del 1959 (focale 41 - F. 5,6 - ISO 280 - 1/100) Crop 100% Ferrari 365 GTC 4 del 1971 (Focale 53 - F. 5,6 - ISO 140 - 1/100) Crop 100% Stand Porsche – auto restaurate in attesa di premiazione (Focale 28,5 - F. 5,6 - ISO 320 - 1/100) Crop 100% Motore Ferrari V12 Tipo 125 di 2953cc montato su una Ferrari 250 GT Boano del 1956 (Focale 24 - F. 5,6 - ISO 5000 - 1/100) Crop 100% Alfa Romeo Giulia Sprint Speciale del 1964 (Focale 70 - F. 5,6 - ISO 720 - 1/100) Crop 100% Maserati 3500 GT del 1960 (focale 48 - F. 5,6 - ISO 640 - 1/100) Crop 100% Motore Maserati 8V 4200 del 1963 che equipaggiava la Maserati Quattroporte del 1963 (Focale 29,5 - F. 5,6 - ISO 7200 - 1/100) Crop 100% Le foto sono state effettuate tutte a mano libera FTZ: una sola parola, efficientissimo. Non fosse per il rumore del VR del 70/200 non avverti differenze prestazionali. Ottimo anche con il Sigma. La Z 7 è divertente e facile da usare anche in modalità manual focus, ma di una cosa sono certo, non ci monterò i miei cari AIS, che resteranno nella vetrina della mia stanza dei giochi in bella mostra con la F 3. Per cui avanti con lo zoom dedicato, il 24-35/2 ed il 70-200/4 “effetizzati”. Resto, comunque, in attesa che Nikon mantenga gli impegni presi con la roadmap, ad iniziare dal 50/1,8 (previsto per dicembre) e successivamente del 20/1,8 e del 70/200 (previsti per il 2019), per mandare in pensione l’FTZ, seppure stia dimostrando tutta la sua efficacia. Non è previsto nella roadmap, ma confido anche in un 105 micro, per completare le necessità e le voglie. Tramonto a Volpaia (24/70 - focale 24 - F. 5,6 - ISO 160 - 1/100) Tramonto a Volpaia (24/70- focale 70 - F. 5,6 - ISO 200 - 1/100) Vallombrosa - la foresta (24/70 - focale 64 - F. 5,6 - ISO 64 - 15 Sec.) Limone selvatico (70/200 - focale 200 - F. 5,6 - ISO 64 - 1/320) Fiore di Cardo selvatico (70/200 - focale 200 - F. 5,6 - ISO 560 - 1/160) Loc. Casa Maggio (70/200 - focale 120 - F. 5,6 - ISO 64 - 1/160) Evoluzioni di storni (70/200 - focale 70 - F. 5,6 - ISO 640 - 1/160) (70/200 - focale 70 - F. 5,6 - ISO 400 - 1/160) (70/200 - focale 70 - F. 5,6 - ISO 560 - 1/160) (70/200 - focale 70 - F. 5,6 - ISO 640 - 1/160)
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  3. Essendo un frequentatore dell’evento in oggetto, riporto in sintesi quanto raccolto sul posto dagli agricoltori e sulle pagine del Web, che descrivono come si formano queste meraviglie della natura ed i migliori periodi per ammirarle. Essendo un frequentatore dell’evento in oggetto, riporto in sintesi quanto raccolto sul posto dagli agricoltori e sulle pagine del Web, che descrivono come si formano queste meraviglie della natura ed i migliori periodi per ammirarle. La fioritura del Pian Grande di Castelluccio è senza dubbio uno degli appuntamenti più conosciuti e importanti che hanno come protagonista l’altopiano dei monti Sibillini. Un evento naturalistico molto apprezzato dai visitatori e tradizionalmente mantenuto dai residenti. Un trionfo di colori che si rinnova ogni anno, tra giugno e luglio. Ad essere precisi, però, dovremmo chiamarle “fioriture”, perché a sbocciare sono tanti tipi di fiori diversi. La zona del Pian Grande si trova a circa venti chilometri da Norcia, collocata proprio alle pendici del Monte Vettore e forma una conca circondata da monti più o meno elevati. La piana si trova ad un’altitudine di m. 1.452 e oltre a questa estesa spianata, sono presenti altri due piani, denominati Pian Piccolo e Pian Perduto. Il micro clima della zona è da considerarsi quasi assimilabile a quello della steppa ed è caratterizzato da ampie escursioni termiche giornaliere, per effetto della dispersione di calore da parte dell’ampia superficie carsica. Queste condizioni, unite ad un terreno fortemente drenante a causa del carsismo, scoraggerebbero molte coltivazioni. Eppure tali avverse condizioni sono state superate grazie alla tenace convivenza tra uomo e territorio, che ha portato alla selezione nel tempo di una varietà di lenticchia (Lens culinaris), che oggi è conosciuta come la lenticchia di “Castelluccio IGP”. L’evento della fioritura del Pian Grande, solitamente, viene collegato alla fioritura della lenticchia. In realtà non è proprio così, sarebbe riduttivo riportare alla sola fioritura della lenticchia, quello che è uno spettacolo floreale unico al mondo. Occorre precisare che il fiore della lenticchia è piccolo e bianco, che in un ambiente esente da pesticidi di sorta, si amalgama insieme ad altre specie vegetali spontanee. Si tratta di specie vegetali che prosperano proprio negli ambienti coltivati. Quello delle piante spontanee è spesso visto come un problema, eppure nella piana del Castelluccio la presenza di queste colture si trasforma in una potenzialità. Le radici di queste piante, infatti, fanno in modo che nel terreno si mantenga un costante livello di umidità, che permette alla lenticchia di svilupparsi. Inoltre consentono di prevenire la perdita dei nutrienti dal suolo, che è interessato da un forte drenaggio. Ovviamente non vengono seminate insieme alla lenticchia, ma si propagano naturalmente nei campi e di anno in anno li colonizzano. Ecco quindi che nell’attesa dello sviluppo della lenticchia, i visitatori e gli abitanti di Castelluccio possono godere di uno spettacolo floreale del tutto naturale, dato dalle fioriture spontanee. Durante tutto il periodo si assiste ad un concerto di colori, dato dal fatto che le fioriture delle diverse specie vegetali non avvengono nel medesimo periodo, ma si susseguono in periodi temporali diversi. A dare inizio alle fioriture sono le corolle gialle e delicate della senape selvatica, che si mischiano insieme ai primissimi papaveri, che iniziano a tingere di rosso la piana. Questo avviene verso gli inizi di maggio, e durante questo mese, con il passare dei giorni, si aggiungono sempre nuove note di colore. Verso metà maggio iniziano a comparire le note bianche portate dalla camomilla bastarda e dal leucantemo. Si aggiunge, sempre a maggio, anche il grazioso blu dello “specchio di Venere”, che può virare al violetto e al celeste. Maggio è il mese del risveglio della natura e quindi dell’inizio della preparazione alla vera fioritura, che vede il suo culmine nei mesi di giugno e inizio luglio, quando arriva anche il fiordaliso che dona alla piana l’ultimo tocco di colore, con il suo particolare violetto. Ed ecco quindi che tra i mesi di giugno e luglio il Pian Grande del Castelluccio e i due piani Piccolo e Perduto, offrono questo spettacolo. Il periodo di massimo splendore della fioritura è solitamente tra fine giugno e la prima decade del mese di luglio. Quest’anno, purtroppo, prima il freddo prolungato fino alla fine di aprile e successivamente il grande caldo secco, in assenza di pioggia ha fatto terminare in anticipo la fioritura. Mentre, dodici mesi fa ho potuto ammirare una delle fioriture più belle e lunghe di sempre tanto che si era protratta fino al 20 luglio. Il Pian Grande il 10/07/2018 Il Pian Grande l' 8/07/2019 2018 2019 Dal produttore al consumatore Inoltre, mi preme sottolineare che Castelluccio è stata fortemente danneggiata dal sisma del 2016 e la zona rossa, seppur ridotta rispetto agli anni precedenti, fa ancora un effetto raccapricciante vedere la mole di rovine ancora non rimosse. Nonostante ciò, sul luogo si può soddisfare ogni tipo di esigenza alimentare, oltre ad acquistare ottime confezioni del prelibato legume, direttamente dai produttori. Mentre per dormire occorre riferirsi alle varie strutture ricettive presenti nella zona di Norcia. L' ammasso di rovine stringe il cuore Infine, una raccomandazione, per chi vorrà andare a vedere questo spettacolo della natura, mantenetevi nei percorsi e nei viottoli intorno agli appezzamenti coltivati, evitando di calpestare le colture, per rispetto alle persone che ci lavorano per ottenere con fatica un prezioso raccolto. Quest'anno il divieto di accesso non è servito
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