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  1. In questo articolo con il termine "capanno attrezzato" intendo quei capanni in cui oltre al riparo per il fotografo sono disposti posatoi ad hoc ed è presente mangime di vario genere allo scopo di avvicinare i soggetti. I soggetti sono perfettamente liberi, è la presenza di cibo e di acqua ad attirarli consentendo al fotografo di riprenderli con maggiore facilità. C'è chi costruisce questi capanni ad uso personale e ce ne sono di quelli gestiti da varie organizzazioni, ad esempio Skua, o da singoli individui che li affittano ai fotografi. Negli ultimi anni c'è grande richiesta. I capanni in sè possono essere molto semplici o molto elaborati, da poco più che tende a quasi dei mini bungalow, ma non è questo il tema dell' articolo. Mi interessa spiegare come ottenere il meglio, perchè anche se incredibilmente più facile che fare della fotografia vagante, la foto nel capanno attrezzato richiede comunque attenzione per evitare di fare foto banali o percepite come poco naturali, od addirittura brutte per chi ha un minimo di sensibilità estetica e di conoscenza della fotografia naturalistica. Non parlo dei capanni per gli orsi e simili, che non conosco, mi riferisco ai piccoli capanni nostrani per fotografare di solito uccelli e piccoli mammiferi. Le foto giuste e sbagliate sono tutte mie così non offendo nessuno. Vediamo le cose a cui fare attenzione: Ambiente ristretto: Il capanno attrezzato a cui mi riferisco è come un piccolo set di posa, per cui se questo permette di avere dei posatoi "scelti" che consentono inquadrature gradevoli: D'altro canto le dimensioni limitate fanno sì che se non si sta attenti nel comporre le immagini, possono restare inclusi dei particolari che rivelano l'artificialità della situazione. L'angolo della vaschetta a sinistra. Così è meglio. Il mangime nei capanni in affitto è generalmente ben distribuito dal gestore in punti nascosti prima di ogni sessione, ma occorre lo stesso fare attenzione quando si inquadra a non includere elementi chiaramente estranei come ad esempio noci e nocciole incastrate per attirare i picchi. La nocciola...non si può guardare. Niente nocciola. Meglio, molto meglio. Spesso durante la sessione sono gli animali stessi a disperdere i semi creando un tappeto sgradevole, molta attenzione quindi quando si inquadrano soggetti posati a terra. Sbrodoloni! In alto a destra... quanti semi! Anche sfuocati si notano. Noooo! Meglio. si vede ancora qualcosa comunque, ma disturba meno. Se qualcosa scappa si può tentare di aggiustare in postproduzione, ma sarebbe meglio partire con lo scatto corretto. In questa foto di Poiana c'è un pezzettino di ...Pollo a destra, che fa una piccola macchia bianca, potremmo tirarlo via in postproduzione. Nei capanni autocostruiti per diletto personale, a volte si usano mangiatoie da supermercato, tipo le retine, che gli uccelli possono fare cadere, occhio anche a quelle. Sinistra Sì, destra No. E' anche molto poco gradevole fotografare i soggetti con il cibo nel becco, se non è cibo coerente con l'ambiente, Una peppola ben difficilmente troverà un seme di girasole nel bosco, quindi, evitiamo. Sono stato pesantemente criticato (con ragione) per questa foto alla Nocciolaia da me scattata tanti anni fa con l'ingenua idea "che bello una nocciolaia con la nocciola in bocca". Nocciole nella neve in un bosco di conifere, ma quando mai! Me meschino! NOTA BENE, COME HO GIA' SCRITTO IN RISPOSTA AD UN MESSAGGIO, LE MIE NON SONO INDICAZIONI PER IMBROGLIARE E FAR PENSARE CHE QUESTE FOTO RAVVICINATE SONO MERITO DI CHISSA' QUALE NOSTRA GRANDE ABILITA'. CHIUNQUE E RIPETO CHIUNQUE CAPISCA UN MINIMO DI FOTOGRAFIA NATURALISTICA SA CHE NEL NOSTRO PAESE CERTI ANIMALI A CERTE DISTANZE CI VENGONO SOLO SE ATTIRATI E SE IL FOTOGRAFO E' NASCOSTO. LE MIE VOGLIONO ESSERE DELLE INDICAZIONI PER FARVI OTTENERE UN RISULTATO IL PIU' POSSIBILE GRADEVOLE ESTETICAMENTE DALLE VOSTRE FOTO, SFRUTTANDO AL MEGLIO LA SESSIONE FOTOGRAFICA. Le condizioni di luce. Tranne rari casi, i capanni attrezzati per la piccola fauna stanno in un bosco, magari con una piccola radura, ma sono quasi sempre presenti coperture, quindi zone illuminate e zone in ombra, perchè negli spazi troppo aperti i soggetti non si sentono sicuri e non si avvicinerebbero. Occorre farci attenzione, inoltre la direzione e l'inclinazione della luce varia molto con il passare delle ore. Questo però può anche essere un vantaggio per fare foto particolari. Qual'è l'obiettivo migliore per il capanno attrezzato? Lo zoom tele che parta da 100-150-200mm ed arrivi a 400-500mm perchè i soggetti possono avvicinarsi moltissimo e se avete solo dei tele fissi lunghi come un 500mm potreste avere delle grosse difficoltà. Vicino e lontano in pochi secondi: Un' ultima cosa nelle foto da capanno attrezzato i soggetti tendono ad essere quelli, ed il rischio di fare la milionesima foto già vista è alto; occorre impegno per ottenere qualcosa di interessante: Quello che distingue una buona foto da una scarsa in capanno, oltre all' escludere elementi di disturbo, è proprio cercare una luce interessante e cogliere atteggiamenti particolari. Molta gente pensa che basti l'animale a fare la foto. No. Il fotografo ci deve mettere del suo, come in tutti gli altri generi. E se vuole migliorare deve conoscere i soggetti e in generale la natura. C'è da imparare, molto. Spero di essere stato utile a qualcuno, od almeno che sia stata una lettura non troppo sgradevole. Silvio Renesto
  2. Mi sono preso due giorni di fuga a quasi 3000m di altitudine per evitare le temperature africane. Fra le altre cose ho scattato anche le foto per questo blog, che vuole essere un po' una riflessione su un commento di Valerio Brustia sul significato delle immagini e un po' una proposta operativa in linea con il blog di Massimo Vignoli sulla crescita. C'è chi sostiene che se una foto abbisogna di spiegazioni allora non è una foto riuscita, c'è chi al contrario sostiene che senza una contestualizzazione una foto può perdere molto del suo significato. Chi ha ragione? Ma tutti e due! Dipende dalla foto e... da chi guarda la foto. Restringo il discorso alla fotografia naturalistica, in particolare la wildlife photography per brevità e perchè sono un seguace dell'antico detto offeleè fa' el to' mesteè (parla di quello che sai). Ecco qua. Uuh, bel ritratto, ma cos'è? E' un Gracchio alpino. Un piccolo corvide. Ah, ok. E' sufficiente? Anche no. Mi spiego, un appassionato di ornitologia oppure un fotografo naturalista lo saprebbe già, mentre e chi non conosce il Gracchio alpino è al punto di prima, solo ha un nome in più nella testa di cui non sa bene cosa farsene. Certo, Il nome alpino farà pensare che sia un uccello di montagna ma niente più, potrebbe essere rarissimo oppure no, vivere chissà dove o dappertutto... Dobbiamo copiare una voce di Wiki/enci/clopedia sul Gracchio alpino per farci capire? Noo siamo in un sito di fotografia. Proviamo con le fotografie. Come si fa? Contestualizziamo il nostro soggetto con altre fotografie! Eccolo nel suo ambiente: Qui si capisce che tollera i suoi simili. Volatore veloce ed acrobatico Anche in gran numero, specialmente dove abbondano rifiuti ed avanzi di cibo lasciati dagli umani sporcaccioni ambientali: Questo mi è venuto letteralmente fra i piedi per vedere se avevo lasciato avanzi... Perchè ho scritto questo blog insomma? Per invitare a non fermarsi al ritratto standard dal sicuro valore estetico -che per carità ci vuole!- ma se si può, fare anche qualche foto diversa, che sia lo stesso gradevole e permetta a tutti di farsi un'idea di com'è è e come vive un Gracchio alpino (in questo caso particolare, ma vale per qualunque creatura selvatica). La discussione è aperta, se ne avete voglia
  3. Nel mio blog sul Gracchio, Gianni ha scritto in un commento che conosceva il posto e non gli piace per niente. Ho risposto che ha ragione e qui propongo un reportage "sul posto" come spunto di discussione (se mai qualcuno ne avesse voglia). Il "posto" è il Passo dello Stelvio, ci sono andato proprio su indicazione di Gianni, che ringrazio, perchè lì è abbastanza facile avvistare e fotografare il Gipeto, nonostante sia una zona turistica frequentatissima da escursionisti, ciclisti, bikers, camperisti e altro. Avvistare e fotografare il Gipeto è stata un'emozione grandissima, non l'avevo mai avevo visto libero se non a distanze enormi, finalmente ho potuto ammirarlo da vicino nel suo ambiente e fare delle foto, anche se non eccelse, ma per me importanti per ricordare questo momento e condividerlo. Potrebbe finire qui e saremmo tutti contenti (noi umani almeno, al Gipeto probabilmente non interesserebbe affatto ). Ho invece deciso diversamente, di non fermarmi alla bellezza del soggetto e mostrare anche l'altra verità, quello che rende il posto sgradito a quelli cone Gianni e come me. La metto in chiave umoristica per non essere pesante (o pedante?) ma la riflessione è seria. Che splendide vedute! di sicuro il tuo respiro si allarga ed il cuore è in pace. No. Anche perché le foto non riproducono i rumori. Questa strada è percorsa incessantemente da migliaia di motociclisti che fanno il passo in direzione Bormio o viceversa Bolzano. Veduta splendida ma acusticamente sembrava di essere in pista. Persino il giorno dopo ho avuto in testa il rombo delle moto. Al passo fanno tappa per un bratwurst con i crauti (buono anche per i fotografi, devo ammettere) una birra (una sosta in bagno?) e ripartono. Non ho niente contro i bikers (se non mi schiantassi mortalmente tre-cinque minuti dopo averla inforcata, mi piacerebbe anche avere una bella moto vintage), sto solo mostrando che la realtà spesso è diversa da come una singola foto potrebbe far pensare, per lo più il naturalista sceglie di concentrarsi sull'aspetto naturalistico, sul soggetto che gli interessa, giustissimo, ma per una volta ho deciso di mostrare convivenza e contraddizione fra natura e uomo. Il Gipeto, anzi i Gipeti, sono del tutto liberi, arrivano dai loro luoghi di nidificazione, lontani dal Passo, lo sorvolano periodicamente per vedere se c'è qualcosa da mangiare. Anche perchè dagli alberghi spesso buttano rifiuti (ragione della presenza di centinaia di gracchi, ma Gipeti mangiano ossa, per cui è strana la cosa). Il punto migliore per fotografare è appena sotto una piattaforma panoramica, dove delle rocce fanno da sedile improvvisato a quei fotografi o birdwatchers che, come me, hanno i calli sul didietro come i Babbuini , mentre gli altri si attrezzano meglio con seggiolini... perchè l'attesa spesso è lunga. Un trio di birdwatchers, anche il cane è concentratissimo. E' lui che "fa" la foto. Non ha molto a che vedere col discorso, lo so, ma mi piaceva troppo . Non c'è niente di male in questo assembramento di wildlifers , almeno credo, però lungo il sentierino che porta sotto la piattaforma, poco più di un solco, ho visto degli "affioramenti di rocce vetrose" che non sono per nulla in accordo con la geologia del luogo: In pratica ci sono qua e là accumuli di cocci di bottiglie frantumate, fra cui occasionali coperchi di lattine rose dalla ruggine e altra immondizia del genere. Di sopra ci sta gente con i camper, Di sotto ci stanno i fotografi. La mia permanenza è stata troppo breve per capire se i responsabili di questo disgusto siano da cercare fra i camperisti, fra i fotografi o fra tutt'e due. O altri passanti sconosciuti. Ma qualcuno è stato ed ha pensato di creare mini discariche negli avvallamenti anzichè portare i rifiuti con sé. Voglio credere che nessun fotografo che si definisce NATURALISTA faccia queste sconcezze ma... specialmente negli ultimi tempi con la nascita della fotografia naturalistica "di massa" (un ossimoro fattosi realtà ), chi lo sa. Nei due giorni in cui mi sono fermato, gli avvoltoi si sono fatti vedere molto poco perchè sopra le nostre teste ronzavano dei droni (vietati, mi pare, nei parchi naturali). Si fosse trattato di Aquile, bestie più pragmatiche, i droni sarebbero stati aggrediti e fatti a pezzi , ma gli Avvoltoi, più timidi, preferiscono starsene alla larga. Conclusione: L'incontro con il Gipeto è stata una grande emozione NONOSTANTE il posto, sono quindi molto contento di esserci andato. Potevo anche limitarmi a pubblicare le foto wildlife e raccogliere apprezzamenti, critiche, cuoricini (o indifferenza) per quelle, ma la penso come Valerio Brustia, la fotografia è anche indagine e documento; in questo caso mi è sembrato giusto metterci anche il resto. La discussione che vorrei seguisse, mi piacerebbe incentrata su quanto sia frequente, quasi inevitabile, oggi (e difficile) questa integrazione fra l'aspetto antropico, umano, e la natura, oppure sulla necessità di consapevolezza per poter conservare, e perchè no, anzi apprezzerei interventi anche sul ruolo che può avere il nostro (mio, vostro, non troppo in astratto) essere fotografi nel divulgare, nell'educare, nel rendere consapevoli gli altri, andando oltre al "soggetto" quando si pena sia il caso di farlo. Evitiamo se possibile, i luoghi comuni.
  4. Se ne parlava di recente: Il Nikon Z 400mm f4.5 S può diventare un 400mm quasi macro? Attenzione, in questo articolo do' i numeri (in senso letterale del termine) se qualcuno non ama questo tipo di ragionamento, si limiti alla prima parte discorsiva. Disclaimer: Sono perfettamente consapevole che il 400mm f4.5 non è un macro, non è pensato per fare macro, che il mio è un ragionamento per casi particolari di fotografia ravvicinata e che per la macro vera in ambito nikon Z esiste il 105mm MC che è un eccellente macro. Period, come dicono gli Inglesi. Allora perchè ne scrivo? Beh perchè non tutta la macrofotografia è uguale. Nella macro meno spinta, quella che potremmo chiamare anche fotografia ravvicinata, si possono avere situazioni dove le caratteristiche del soggetto, la situazione contingente rendono difficile o quasi impossibile con un 105mm arrivare al soggetto, oppure non far scappare il soggetto (che si vuole fotografare non dormiente, ma vivo e sveglio, meglio se in attività) . Per questo si discuteva se il Nikon Z 400mm f4.5 S sarebbe potuto diventare un 400mm quasi macro. Qui, ad esempio, davanti al soggetto (sensibile) acqua melmosa e vespe agitate... nemmeno il 200mm micro ce la fa, ergo, 400mm. o qui: Dove c'era questo tizio (e la sua signora): Per questo qualcuno (fra cui ci sono io, ma non sono il solo) per questo tipo di soggetti preferisce usare un tele con un teleconverter 1.4x o alternativamente, secondo le circostanze, con un tubo di prolunga, se necessario sfruttando il formato APS-C (Dx) per avere una maggiore copertura. Come esempio di utilizzatori, oltre al nostro Alberto Salvetti, potrei citare il compianto Ronnie Gaubert, che usava un 300mm con i tubi e non era proprio l'ultimo dei macrofotografi (lo metterei fra i primi!). Ronnie Gaubert, che considero una delle mie fonti di ispirazione per la macrofotografia, e che ebbi l'onore di intervistare (esiste una versione dell'intervista anche sul vecchio Nikonland). Foto (c) di Ronnie Gaubert, scattata con un 300mm e tubi Kenko su formato Dx. Quindi, chiarito (spero) che in alcuni casi specifici, che sono incidentalmente anche quelli che a me interessano di più, può avere senso non usare un macro corto/medio, ma invece un teleobiettivo che possa mettere a fuoco da relativamente vicino, sia da solo oppure con un converter ed un tubo, possiamo entrare nel vivo del discorso . Anni ed anni fa la SIGMA aveva una coppia di tele a messa a fuoco ravvicinata denominati Apo macro, un 300mm f4 ed un 400mm f5.6. Obiettivi mediamente costosi per l'epoca e, specialmente il 400mm, piuttosto validi ai loro tempi. Entrambi arrivavano ad un rapporto di riproduzione di 1:3,3 a 1,2m di distanza il 300mm e a 1,6m il 400mm. Li ho usati entrambi con soddisfazione, particolarmente il 400mm. Il vetusto SIGMA 400mm f5.6 APO Macro su tappeto Ikea come quello di Valerio Brustia. La corta distanza di messa a fuoco e il notevole RR (Rapporto di Riproduzione) lo rendevano unico per la fotografia ravvicinata, almeno fino alla comparsa, anni dopo, del 300mm f4 AFS (con o senza converter). Aeshna mixta in volo nel canneto. Rospo smeraldino nel fango dello stagno (siamo di notte ed i rospi di notte sono attivi.). Oggi per noi nikonisti "Z", esiste un telobiettivo fisso con prestazioni paragonabili in quanto a fotografia ravvicinata? No, ma potrebbe, con un piccolissimo accorgimento. Mi riferisco al Nikon Z 400mm f4.5. E' un'ottica eccezionale, dalla qualità immensamente, incomparabilmente, indiscutibilmente superiore in tutto, non solo al SIGMA, ma anche ad altri 400mm più recenti e di "nobile casato" come hanno già dimostrato nei loro articoli e con le loro foto sia Mauro Maratta che Max Aquila e anch'io, quando ho avuto modo di provarlo (troppo brevemente) ne sono rimasto più che colpito. Dal punto di vista della fotografia ravvicinata però (apparentemente) non ci siamo, è un 400mm "classico" per cui la messa a fuoco minima è 2,5m ed il rapporto di riproduzione 0,16 (circa 1:6,25). Siamo molto lontani dall' 1:3,3 del 400 SIGMA Apo Macro. Ma cosa succederebbe se mettessimo un tubo di prolunga? essendo una focale lunga, ci vuole un tubo di discreta lunghezza, senza però esagerare per evitare eccessiva caduta di luce e creare marchingegni grotteschi. Il tubo Fotodiox, sulla carta (perchè non ho un 400mm Z ), con soli 35mm di allungamento potrebbe consentire già un rapporto di riproduzione leggermente superiore ad 1:4 (1:3,7) a 1,7 m circa dal soggetto. Non siamo più così lontani dalla fotografia ravvicinata, un discreto rapporto di riproduzione la cui copertura di immagine può essere incrementata sfruttando il formato Dx. Ho creato un piccolo esempio "virtuale" di quale potrebbe essere la variazione del rapporto di riproduzione. Nella figura sotto la libellula misura 7,7 cm. In alto come la riprenderebbe il 400mm da solo alla normale distanza di messa a fuoco, in mezzo con il tubo Fotodiox da 35mm a 1,7m , in basso con il tubo Fotodiox da 35mm a 1,7m in formato Dx: Fine della parte discorsiva. Da qui inziano i numeri. La parte in corsivo è per gli interessati, per chi volesse una giustificazione delle mie affermazioni, ma gli altri possono astenersi che non perdono nulla e saltare alle conclusioni. Come si fa a calcolare a che distanza ed a che ingranmdimento si può arrivare con un tubo su un determinato obiettivo? Ci sono delle formule basate sull'ottica. Bisogna avere a disposizione alcuni dati ma non è troppo difficile. Innanzi tutto bisogna calcolare la focale effettiva alla minima distanza di messa a fuoco. Se non ho sbagliato i conti per il 400mm f4.5 Z è pari a 297mm. Dopo si che si calcola il tiraggio T alla minima distanza (che è diverso dalla focale): T=(R+1)xF=(0,16+1)x297=344,52 F è la focale effettiva R il rapporto di riproduzione. A questo punto a T si aggiunge l'allungamento dato dal tubo e di ottiene T'= 344,52+35= 379,52 Il Rapporto di riproduzione finale col tubo si calcola così: R= 379,52/297 -1= 0,27 che corrisponde a 1:3,7 che si ottiene alla distanza D di D=Fx(1/R +R + 2) = 297x(0,27+ 3,7 +2) = 1773mm, cioè 1,77m. Conclusioni. Con un tubo da 35mm si può all'occorrenza trasformare il Nikon Z 400mm f4.5 S in uno strumento utile per la fotografia ravvicinata (non per la macro dove sarebbe una forzatura!) ossia dove i rapporti di riproduzione sono in genere inferiori ad 1:2 di solito al massimo arrivano ad 1:3. Sconsiglio vivamente di aumentare il RR aggiungendo altri accrocchi perchè la struttura potrebbe diventare poco gestibile e la perdita di qualità, minima seppur presente anche con il tubo, verrebbe incrementata, il che vanificherebbe il senso di usare un obiettivo così bello. L'ideale sarebbe una versione Z del PN11 ossia un tubo di prolunga da 5cm. Lascio a voi la gioia di fare i calcoli . Dimentico qualcosa? Sì, l'elefante nella stanza: Esiste il Nikon Z 100-400mm f5.6 che ha un RR di 1:2,6 a 98cm! Per queste cose potrebbe essere una soluzione migliore? Penso di sì. L'articolo è però rivolto ai possessori del 400mm f4.5 che lo hanno preferito al 100-400 per altri motivi, ma potrebbero volerlo usare anche nella fotografia ravvicinata. Infine: La fotografia è poesia e sensibilità, non è solo calcolo cervellotico, ed io non ho un animo o una mente da ingegnere, le mie foto ed i miei articoli ,tutti, ma cito ad esempio quelli sui fotografi giapponesi sostenitori del mosso, sfuocato, sgranato (e sofferente) dovrebbero ricordarlo. Soltanto mi piace indagare le possibilità di alcuni strumenti se penso che possano servire a fare le foto che amo fare e mi fa piacere condividere i risultati di queste indagini, ci fossero altri interessati. Silvio Renesto.
  5. Un paio di mini uscite per mettere alla prova la Z8, o forse dovrei dire me stesso con la macchina. Comunque condivido alcune immagini e considerazioni, sperando di far cosa gradita e se ripeto qualcosa di quanto già scritto da altri prendetela come una conferma ulteriore, un rinforzo, una stellina in più. Versione di una riga: devo studiare un pochino i settaggi per poterla usare al meglio ma già al primo contatto è bella, rapida e intuitiva. Ne sono soddisfattissimo. Preliminari: Ho tirato gli attacchi della tracolla: tengono. Ho montato e smontato tutti gli obiettivi: nessun problema. Adesso passiamo all'azione: Confermo tutto quello che hanno scritto gli altri possessori di Z8 sulla rapidità di reazione e di messa a fuoco. Purtroppo non c'erano molti volatili che volavano, probabilmente per colpa delle tempeste dei giorni precedenti, ho inseguito un povero cormorano lontano e la macchina non ha sbagliato, le foto non le pubblico perchè veramente insignificanti. Pubblico questi Cigni bianchi, ottima resa per essere un controluce totale. Nikon Z8, 300mm f4pf + Tc14 eii + FTZ, mano libera formato FF. Il fatto di avere circa 46 megapixel significa poter scattare anche in Dx con una risoluzione più che dignitosa, come nel caso di questa famigliola di Svasso Maggiore, sempre putroppo in controluce ( il motivo è che dovevamo andare in un'altro posto, ma i disastri lo hanno reso inaccessibile quindi abbiamo dovuto trovare una soluzione di ripiego nelle vicinanze): Nikon Z8, 300mm f4pf + Tc14 eii + FTZ, f7.1, mano libera formato Dx. Un albero vittima del maltempo. Nikon Z8, 24-200mm Z a 37mm, formato Fx Naturalmente la soddisfazione di riuscire a fotografare di nuovo una libellula in volo, ma ne ho già parlato... Nikon Z8, 300mm f4pf + Tc14 eii + FTZ, f7.1, mano libera formato Dx. Qui una Libellula (Ortethrum albistylum maschio) ripresa a pieno forrmato con il 300mm ed un tubo Z compatibile da 35mm. Nikon Z8, 300mm f4Pf + FTZ + Tubo da 35mm, mano libera, formato Fx. Se invece il soggetto è più lontano, come questo maschio di Calopteryx splendens, rieccoci ad usare il Tc14 e ritagliare al formato Dx: Nikon ZX8, 300mm f4pf + Tc14 eii + FTZ, mano libera, formato Dx. Insomma questi primi tentativi di wildlife e macro con la Z8 mi hanno soddisfatto, anzi entusiamato. In ultimo vi propongo questo Bombo, ripreso con il Nikon Z 105mm MC in formato Fx e Dx , quindi 150mm "equivalenti" (ma non proprio, lo so" ) Nikon Z8 e 105mm MC in formato Fx Nikon Z8 e 105mm MC in formato Dx. NOTA, il formato Dx è ottenuto in postproduzione a scopo dimostrativo, non sono stato a passare in continuazione da un formato all'altro sul campo .
  6. Un giovane sbuca dall'ombra: I giovani restano vicini agli adulti sperando in un'ultima imbeccata, ma ormai sono grandi...
  7. FOTO NSFA (Not Suitable For Arachnofobes), siete avvisati. L'Argiope è un ragno "iconico" per i macrofotografi, abbastanza grosso e colorato (la femmina, il maschio come è tipico per i ragni, è pateticamente minuscolo ed insignificante), da noi è presente con una specie, A. bruennichi (che vedete in queste foto, tutte femmine ovviamente) più settentrionale e dall'addome rotondo, ed un'altra più mediterranea, A. lobata, con l'addome dal contorno ondulato. Molto bella e particolare anche lei. Sono ragni TOTALMENTE INNOCUI per l'uomo. I problemi (fotografici) con le Argiopi nascono dall'ambiente dove prediligono tessere le loro grosse tele, ossia cespugli fitti, soprattutto roveti. A peggiorare le cose, si posizionano preferibilmente con la "pancia" verso l'esterno, mentre il "dorso" è rivolto verso il cespuglio. Insomma il più delle volte la si trova così: Foto tutt'al più segnaletica a scopo didattico o di censimento/ricerca, ma inguardabile per lo sfondo e per il fatto che "di pancia" non si vedono nè la testa (si chiama in un altro modo ma fa niente) nè le tipiche striature sulla parte dorsale dell'addome (non si chiama così nemmeno lui, ma non vi opprimo con i dettagli anatomici). Io tento due approcci. Ne cerco una che sia possa riprendere di lato: Si sta impacchettando la merenda (una malcapitata damigella). L'ottimo sfuocato del 105 MC (qui su Z6) rende sopportabile lo sfondo, che da questo punto di ripresa è un po' più lontano anche perchè la tela è molto larga e danneggiarla per andare più vicino significherebbe per prima cosa disturbare l'animale e poi farlo fuggire perdendo la foto. Oppure insisto finchè non ne trovo una fotografabile dal dorso,magari incuneandomi nel cespuglio in modo da inquadrare uno sfondo un po' più decente. Se venisse la tentazione di usare un flash, occorre fare attenzione ai rovinosamente rovinosi riflessi dati da foglie, rametti ecc. : Alla fine con un 300mm f4Pf e tubi Meike su Z6, ecco il risultato che ho ottenuto in luce ambiente a mano libera: SHELOB! Due ultime osservazioni: L'"addome" dalla parte del dorso è molto sporgente rispetto al capo, per avere a fuoco tutto occorrerebbe o fare del focus stacking, se possibile, oppure almeno chiudere molto i diaframmi, accettando di venire penalizzati in una certa misura dalla diffrazione. Qui ero a f18. Quando si fotografano le Argiopi è importante lasciare un po' di spazio intorno a loro, in modo che si veda lo "stabilimentum" ovvero la grossa fascia a zig zag con cui "firmano" le loro tele. A nessuno di voi verrà mai in mente di andare in giro a fotografare Argiopi, lo immagino, ma io condivido lo stesso e comunque mi sono divertito a fare un piccolo, torrido, macro safari (altre bestie, altro post ).
  8. Se non la migliore, senz'altro quella che desideravo di più scattare. Dal 2019 non si riusciva per un motivo o per l'altro (COVID, chi è andato a vivere altrove, qualche incidente di percorso...) ad organizzare una uscita al completo di noi quattro vecchi amici. Per l'occasione abbiamo scelto una meta non particolarmente impegnativa, cioè Torrile (PR). Purtroppo non c'era grande varietà di soggetti a distanza fotografabile, è stato quasi uno shooting con una sola modella (erano tanti esemplari diversi, ma della stessa specie) la Sgarza Ciuffetto -ne pubblicherò una mini serie- , interessante quanto si vuole, ma dopo un po' si è anche sazi. Io volevo però fotografare l'Airone Rosso, che per mè è il più bello di tutti, è anche il più timido, ho poche foto sue infatti. Così, ho lasciato le Sgarze, girato per i diversi capanni e verso la fine della giornata fotografica l'ho trovato! Mi ha concesso pochi minuti, forse uno o due, ma sufficienti per qualche fotografia statica e ne è venuta una "buona" durante il decollo, prima che la Z6 andasse per frasche: Questa foto mi piace anche perchè nell'ombra si intravede un Airone Cenerino che arricchisce l'immagine. Sono contento!
  9. Nel weekend precedente abbiamo fatto un tentativo di fotografia vagante (no capanno, no cibo, unico nascondiglio eventuale l'auto, se no a piedi). Tentativo infruttuoso per la quasi totale mancanza o la indecorosa distanza dei soggetti. Oggi ci abbiamo riprovato con maggior successo. Per fortuna. Per l'attrezzatura ho deciso di fare una doppia scelta: Se le condizioni fossero state confortevoli, tali da fermarsi in un punto, usare il monopiede ecc. avrei usato il SIGMA 150-600mm C con la Z6, se invece le condizioni fossero state tali da costringerci a spostarci in continuazione sia in auto che a piedi, avevo il kit "leggero", Zfc 300mm f4 pf con Tc14 E II. In entrambi i casi era un'attrezzatura ibrida Z-f. Si è verificato il secondo caso: il 150-600mm e la Z6 sono rimasti nel bagagliaio. La siccità (su cui torno dopo), ci ha messo del suo e abbiamo dovuto girare un po'. Ci sono stati casi in cui scattare usando la macchina come capanno era impossibile, come qui, ad esempio: Dall'auto: Un solitario Airone Bianco Maggiore (eh dove? Ah sì, laggiù in fondo...) Per cui siamo dovuti scendere dall'auto ed avvicinarci con cautela, scattando ogni tanto fino ad arrivare all'argine del "torrente" restando al coperto degli alberi. L'airone era sull'altro argine. Airone Bianco Maggiore, qui si vede. In queste circostanze la compattezza del 300mm + TC unita al fattore di crop della Zfc mi ha permesso di portarmi in giro senza impiccio e senza sforzo (ed anche di scattare a mano libera agevolmente) qualcosa di più di 600mm (equivalenti). Cambiamo zona, ci dirigiamo verso una Garzaia (luogo di riproduzione degli ardeidi). Anche qui niente auto perchè non era possibile fermarsi vicino quindi, di nuovo a piedi. Airone Guardabuoi Altro Airone Guardabuoi. Di Guardabuoi ce n'era una discreta colonia. Ho tentato degli scatti al volo con risultati fallimentari, almeno con i guardabuoi: Con gli Aironi Cenerini che hanno un volo più lento, qualcosa è riuscito, ma i dispettosi volavano sempre controluce, per quello non ne pubblico qui. In compenso per quel che riguarda i Cenerini mi ha consolato questo paio ben posato: La Zfc ha litigato un po' con i rami, costringendomi a volte a sfruttare la messa a fuoco con il pinpoint. Ma alla fine eccoli qui. Niente Ibis in Garzaia, al contrario degli anni scorsi dove erano addirittura invadenti. Ho letto sul sito del GOL (Gruppo Ornitologico Lombardo) che la siccità al Nord li sta spingendo a spostarsi verso il Centro-Sud Italia. Una puntata con l'auto in uno sterrato ci ha regalato qualche Ibis rimasto. Le foto che seguono sono state scattate dall'auto, anche da vicino, perchè con un minimo di attenzione gli Ibis sono abbastanza tolleranti, molto più degli ardeidi (vedi il Guardabuoi invece dov'era, nell' ultima foto). Queste ultime foto documentano la sofferenza della campagna a causa dell'aridità. In modo particolare questa foto di Airone Guardabuoi: Dal punto di vista del naturalista sono molto preoccupato, la siccità nelle regioni interessate sembra addirittura in anticipo rispetto allo scorso anno. Dal punto di vista dell'attrezzatura usata, sono moderatamente soddisfatto, BIF (uccelli in volo ) a parte. Certo che se comparisse sulla scena un corpo macchina Nikon Z APS-C con prestazioni adeguate, accoppiandolo al 100-400 Z, sarebbe un kit formidabile per versatilità soprattutto per quando serve poco ingombro e poco peso. Questo discorso lo faccio valere per l'ambito fotonaturalistico di caccia vagante nostrana ed eventualmente foto ravvicinata (quasi macro) inclusa, se si vuole girare con un solo corpo ed obiettivo "compatti". Non va esteso ad altri generi fotografici non naturalistici, nè a spedizioni tropico-polari, a foto da capanno comodo o a quant'altro. Dont' shoot me, I'm only the piano player. Silvio Renesto
  10. L'idea con cui avevo fatto lo zaino, ero salito in auto e avevo sopportato un po' di coda in tangenziale, era quella di provare a fotografare ardeidi in volo, visto che c'era un po' di sole. Appena imboccata l'autostrada mi sono reso conto che sul novarese iniziava a gravare una cappa di nuvole non troppo scure, ma tali da trasformare il cielo in un ammasso grigiastro. Arrivato sul posto, dopo due scatti ho avuto conferma che gli uccelli in volo erano improponibili sagome scure con qualsiasi trucco di esposizione tentassi, al massimo riuscivo a farne dei fantasmi slavati. Meglio cambiare proposito e cercare di portare a casa qualche immagine non troppo noiosa della Garzaia. La situazione dal punto di vista ambientale è tragica. Tutto rinsecchito e grande povertà di specie, dove anni fa nidificavano in gran numero Aironi Cenerini, Ibis sacri, Garzette, Nitticore e Aironi Guardabuoi questa primavera l'unica presenza consistente erano proprio i Guardabuoi e qualche rara coppia di Cenerini. Avevo il cuore triste. Non per le fotografie, ma per la sofferenza dell'ambiente. Qualche foto di consolazione l'ho portata a casa: Arrivo in volo (trovate l'intruso ): Saluti all'ospite: Di vedetta: Non è più come una volta, mio caro sig. Cenerino. Figura di danza NIkon Z6 e SIGMA 150-600mm Contemporary su monopiede.
  11. Oggi eravamo in giro in cerca di Cicogne, per le campagne del Pavese. E ormai il tempo della nidificazione e si sperava di fare dei buoni incontri. Certo le risaie e i campi non mettevano troppo ottimismo: Diciamo che non è proprio il colore che ci si aspetta in primavera e le scarpe non dovrebbero sollevare nuvolette di polvere. Ma le Cicogne c'erano. Il primo nido è quello sulla torre del "castello" dei Salamon, la famiglia che ha creato l'Oasi di Sant'Alessio. Non ci interessava entrare nell'oasi anche perchè saremmo finiti troppo sotto per riprendere come si deve. Con la z6 ed il 150-600 Sigma C potevo arrivare fin qui: Se raddrizzavo il tetto si inclinava l'asta. Ho preferito tenere verticale l'asta perchè era la realtà, la torre era angolata rispetto al mio punto di osservazione. Le differenze di luce sono dovute sia alla posizione del sole che alla variabilità atmosferica. Sono perciò passato alla Zeta Fc sia per avere un maggiore ingrandimento che una migliore parallasse: Dopo le immagini "statuarie" , si spera di poter fare qualche foto più dinamica. E' andata bene: Sono anche riuscito ad avere foto con il tetto meno storto . Lasciato il "Castello Salamon" con una rotazione di 180 gradi ci rivolgiamo alla Chiesa Parrocchiale, le giriamo un po' intorno per metterci con la luce giusta. Vista "larga" a 230mm Alla focale di 600mm, ecco un classico, la Cicogna e la Croce. Una Taccola di passaggio movimenta l'immagine. Lavori di costruzione del nido. Ci spostiamo nuovamente, verso il Cimitero, dove c'è un traliccio: Traliccio che è un piccolo condominio con almeno tre nidi: Nella foto sotto ho inquadrato per intero il ripetitore (o quel che è), anzichè stringere sulla Cicogna, per contestualizzare la situazione. Lo zoom ha qualche vantaggio però . Lasciamo questo interessante ma un po' inquietante mix di umano e naturale e dopo un po', rarità, scoviamo un nido su un albero! Ora per completare il reportage, una foto a terra: Sta raccogliendo paglia per il tappezzare il nido. E per finire, non senza qualche sforzo, la Zeta Fc mi "regala" una foto in volo, con la quale vi saluto.
  12. Sabato 11 Febraio 2023, erano le 5:50, piena notte ancora e il termometro segnava i -7°c. Siamo a Madzharovo in Bulgaria, sul gruppo montuoso del Rodopi est. Il fuoristrada di Marin, un vecchio furgoncino Mitsubishi Delica, ha incominciato ad arrampicarsi tra roccie e buche di una, per modo di dire, strada sterrata. Nostra destinazione il capanno della Rewilder Rhodopes Foundation gestito da Marin Kurtev. Dovevamo raggiungerlo prima dell’ alba. Il nostro obiettivo e’ incontrare, osservare e fotografare una colonia di avvoltoi che popola le roccie di questo angolo montuoso della Bulgaria, parco protetto Natura 2000. In questo periodo invernale dal capanno fotografico della fondazione si possono osservare i grifoni, l’aquila reale e se siamo fortunati l’avvoltoio monaco o eccezionalmente lo sciacallo e il lupo. I grifoni sono i più socievoli e diffusi rispetto ad altre specie, cercano cibo in gruppi e si riproducono in colonie su ripide pareti rocciose. L'avvoltoio monaco cerca cibo in gruppo o individualmente e talvolta si unisce a gruppi di grifoni. La Rewilder Rhodopes Foundation sta lottando per ripopolare la specie di questi straordinari uccelli, i suoi sforzi si concentrano anche su altre specie per costruire una catena alimentare completa e stabile, oltre a ripristinare una piena biodiversità. Il fuoristrada avanza come un carro armato e alle 6:35 siamo fuori dall’ ingresso del capanno. Fa tanto freddo ma purtroppo non c’e’ la neve come tanto speravamo (eppure c’era la settimana precedente). Il posto e’ spettacolare, siamo su una collina rocciosa e davanti a noi si presenta uno scenario costituito dalle pareti rocciose della montagna di fronte e il fiume Ardas che scorre nella vallata. Entriamo nel capanno di fretta trasportando la nostra attrezzatura in totale silenzio. Il mio compagno di avventura di questa experience, il fotografo di viaggi e natura Babis Giritziotis, ed io ci dividiamo le postazioni del capanno. Lo spazio per stabilirci e’ abbondante, avremmo dovuto essere in quattro a condividere questa esperienza ma alla fine siamo solo noi due. Una vista del terreno davanti al capanno Una lunga attesa La prima ora nella nostra postazione passa velocemente senza avvistare alcun animale. Verso le 7:40 arrivano i primi corvi ed alcune cornacchie. Cominciamo a fare qualche scatto fiduciosi nell’ arrivo dei grifoni. Finalmente verso le 9:40 il primo avvistamento di un grifone che ha sorvolato il nostro appostamento. Dopo qualche minuto un secondo e un terzo esemplare passano alti ma non ne atterra nessuno. Di seguito abbiamo osservato piu’ di venticinque avvoltoi passare nel cielo in alto. Abbiamo pensato che prima o poi sarrebero atterrati per cibarsi ma abbiamo aspettato invano. Con il passar delle ore ci siamo scoraggiati. Verso le 14:30 abbiamo assistito al rientro della colonia dei gipeti che uno dietro l’ altro tornavano a casa passando sopra la nostra testa, verso le pareti rocciose della montagna di fronte a noi oltre la vallata. 1. Durante la lunga attesa del primo giorno le cornacchie e i corvi erano l’unico soggetto da fotografare. Corvo imperiale (Corvus Corax). Nikon Z9, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, iso 220, 1/2000s, f5.6. 2. Cornacchia grigia (Corvus cornix). Nikon Z9, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, iso 220, 1/2000s, f5.6. Finalmente L'Aquila Eravamo quasi disperati. Unico conforto i messaggi di Marin che ci invitava ad avere pazienza: nel pomeriggio arrivera’ l’aquila, diceva il messaggio. Neanche se l’avesse ordinato. Attorno alle 15:30 io ero distratto a fare altro quando Babis mi ha annunciato gioioso a sottovoce l’avvicinarsi di un esemplare di aquila reale. Era veramente un’animale maestoso nel vederlo cosi da vicino e in piena liberta’ librarsi nell’ aria. E’ atterrato proprio davanti a noi ad una distanza tra i 15 e i 20 metri. Abbiamo cominciato a fare foto all’istante, documentando il suo arrivo e il suo comportamento una volta toccata terra. Questi uccelli, al contrario degli avvoltoi, non sono tanto sensibili ai piccoli disturbi sonori o di movimento. Stiamo parlando di eventuali rumori che puo’ produre un’attrezzatura fotografica, le reflex appartengono in questa categoria soprattutto se si scatta a raffica, o di eventuali movimenti insoliti come puo’ essere lo spostamento dell’ obiettivo che spunta tra le fessure del capanno per seguire il soggetto. Questo esemplare di aquila chrysaetos era maturo ed imponente. Ci ha regalato bei ritratti e tante belle foto in volo per quasi mezz’ ora. Dopo di lui si sono avvicinati una dietro l’ altra tre aquile reali che pero’ erano leggermente piu’ piccole di stazza, probabilmente piu’ giovani. Abbiamo continuato a scattare fino alle sei del pomeriggio quando e’ andato via anche l’ultimo dei nostri ‘’modelli’’, ormai era buio. La Z9 agli ultimi scatti, dell’ ultima mezz’ ora, viaggiava a iso alti tra i valori di 10000 e 16000 restituendomi immagini favolose. Quasi dodici ore di capanno e solo le ultime due ore e mezza sono state quelle produttive. Abbiamo lasciato il nostro posto con soddisfazione. La giornata e’ stata salvata in extremis. 3. La prima aquila reale (aquila chrysaetos) che ha rotto la nostra solitudine e’ arrivata maestosamente dal cielo alle 15:35. Nikon Z9, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, iso 450, 1/2500s, f5.6 4. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 300mm, iso 800, 1/2500s, f5.3. 5. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 340mm, iso 720, 1/2500s, f5.3. 6. Nikon Z9, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, crop, iso 280, 1/2000s, f5.6 7. La cornacchia aspetta pazientemente ma l’aquila fa capire che non ci sono speranze finche’ lei non avra' finito di mangiare. Nikon Z9, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, iso 400, 1/2500s, f5.6 8. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 340mm, iso 720, 1/2500s, f5.3, AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps 9. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 340mm, iso 720, 1/2500s, f5.3, AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps, 10. Sono le 17:35, quasi buio e la Nikon Z9 restituisce immagini ad altissimi valori di iso Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 14400, 1/2500s, f5.6, AF-C, Dynamic-area AF (L), VR sport, 20fps 11. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 14400, 1/2500s, f5.6, AF-C, Dynamic-area AF (L), VR sport, 20fps 12. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 16000, 1/2500s, f5.6, AF-C, Dynamic area AF (L), VR sport, 20fps 13. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 16000, 1/2500s, f5.6, AF-C, Dynamic area AF (L), VR sport, 20fps Second round, il giorno dopo Al mattino presto del giorno dopo eravamo di nuovo nel nostro posto, aspettando i grifoni piu fiduciosi che mai. Erano quasi le nove quando abbiamo notato il volo di un uccello grande e solitario che si dirigeva verso la nostra collina. Abbiamo subito pensato alla visita mattutina di una delle aquile del giorno prima. Dopo aver fatto due giri e’ atterrato. No, non era un’ aquila. La fortuna ci aveva sorriso fin da presto questa volta. Davanti a noi si esibiva un bellissimo esemplare di avvoltoio monaco. Non ci eravamo ancora ripresi dall’ emozione di quel improvvisato incontro che abbiamo assistito letteralmente ad un’ invasione dal cielo da parte dell’ intera colonia dei grifoni. Atterravano davanti ai nostri occhi, e’ stato uno spettacolo vederli arrivare uno dietro l’altro. Babis ed io ci siamo guardati e ci siamo parlati a gesti. Non avremo scattato finche’ gli uccelli non avessero cominciato a mangiare. Gli ordini del ‘’grande capo’’ erano chiari, niente rumore e nessun movimento. Questi uccelli sono molto diffidenti e sospettosi, non sono come le aquile. Infatti la distanza tra noi e loro era cosi poca che rendeva avvertibile qualsiasi nostra intenzione. Correvamo il rischio di far saltare tutto per aria se non dimostravamo pazienza e prudenza. Potevamo cominciare a far foto solo se si fossero sentiti a loro agio e questo, per loro, vuol dire mettersi a mangiare. Era quasi passata un’ ora ma i nostri ospiti non volevano saperne di cominciare il pasto. Nel frattempo altri due esemplari di avvoltoio monaco sono arrivati. Uno di loro, con grande cautela, ha cominciato a beccolare. Sembrava essere un specie di gran capo. Tra i grifoni si percepiva esserci una certa gerarchia. Alla fine un po’ alla volta tutti gli ucceli hanno abbassato la guardia e si e’ subito capito che si sono rilassati anche se non davano attenzione al cibo sparso. Abbiamo cominciato a scattare foto e un po’ alla volta muovere con cautela i nostri obiettivi. La calma ha pervaso tutta la colonia. I nostri soggetti c’ erano e si prestavano alla foto ritratto, in gruppo o da soli. Pochissima se non nessun’ azione, pochi movimenti, tipica immobilita’ da avvoltoi. Ci sono volute due ore e tra qualche disputa, uno dei grifoni a cominciato a prendere la rincorsa per il decollo. Per fortuna non ha datto il via per l’ immediata partenza del intero gruppo. Uno alla volta e con grande calma i gipeti hanno cominciato a decolare e a fare dei giri sopra la vallata. Qualcuno tornava ma poi riprendeva il volo. Dopo quasi quaranta minuti l’ ultimo tra loro ci ha lasciati. Le nostre schede erano piene di bellissimi scatti. Ci siamo rilassati anche noi. Il secondo giorno e’ stato ricco di interesse e di azione fotografica. Per il pomeriggio speravamo nel ritorno delle aquile. Invece sono ritornati due, tre esemplari di grifoni solitari. Nel intervallo abbiamo avuto la visita di un piccolo mamifero che visto da lontano sembrava uno sciacallo ma quando si e’ avvicinato ci siamo accorti che era una volpetta vecchia e malconcia che semrava avesse la rogna. Niente sciacallo e niente lupo ma il nostro bilancio e’ stato piu’ che positivo. 14. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 145mm, iso 560, 1/2500s, f4.8. 15. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 145mm, iso 450, 1/2500s, f4.8. 16. Nikon Z9, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, iso 110, 1/400s, f5.6 17. Nikon Z9, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, iso 280, 1/500s, f8 18. Nikon Z9, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, iso 400, 1/500s, f8 19. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 900, 1/3200s, f5.6 20. Una volpe malandata, forse con la rogna e’ arrivata a cinque metri di distanza dal mio obiettivo. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 500, 1/2500s, f5.6 21. Nikon Z9, AFs Nikkor 300mm f2.8G + TC1,4EII @420mm, iso 500, 1/2000s, f4 22. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 500, 1/2500s, f5.6, AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps. 23. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 450, 1/2500s, f5.6, AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps 24. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, iso 450, 1/2500s, f5.6, AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps 25. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, crop, iso 400, 1/2500s, f5.6, AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps 26. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, crop, iso 360, 1/2500s, f5.6, AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps 27. Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s @ 400mm, crop, iso 360, 1/2500s, f5.6, AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps Bulgaria, localita’ di Madzharovo. Segnato con il cerhio rosso il posto del capanno. Il capovaccaio, una promessa. Il capovaccaio o gipeto egizio (neophron percnopterus) è la più piccola delle quattro specie di avvoltoi presenti in Europa. Questi gipeti sono famosi per la loro monogamia ed erano considerati un simbolo della cura dei genitori nell'antico Egitto. In primavera e’ presente sulle montagne del Rodopi est a Madzharovo. Qui, in questa piccola localita’ della Bulgaria diventano il tema di un murales in un edificio del centro abitato. Questi uccelli saranno il soggetto della prossima experience naturalistica e fotografica in questo balcone roccioso dei balcani. Nota biografica riguardante Marin Kurtev Marin Kurtev è nato nel 1976, si è laureato in Scienze forestali a Sofia nel 1999. Dal 2004 al 2011 è stato direttore del Nature Conservation Center di BSPB a Madzharovo. Ha una vasta esperienza nel campo dell'ornitologia e della guida di gruppi turistici. Ha partecipato a numerose attività educative, monitoraggio di uccelli e attività legate all’ ambiente in tutta la Bulgaria. Marin attualmente si offre come guida per escursioni in kayak e osservazione della fauna selvatica nella zona di Madzharovo. Annotazioni tecniche Atrezzatura impiegata: Nikon Z9, Nikkor Z 100-400mm f4.5-5.6 s, AFs Nikkor 500mm f5.6E PF, AFs Nikkor 300mm f2.8G, TC-14EII, FTZ II, trepiedi Leofoto LS365C, testa gimbal Wimberley WH-200 II, Peak Design Carbon Travel Tripod. Modalita’ di scatto. Per le foto statiche: AF-C, Dynamic-area AF(L), VR sport, scatto singolo, Animal eye focus. Per le foto in volo: AF-C, 3D-tracking, VR sport, 20fps, Animal eye focus.
  13. Un bel pomeriggio e una bella passeggiata in zona umida, lo stagno di PIlo. Probabilmente dalla parte sbagliata perchè l'ammucchiata di fenicotteri (giovani) e di garzette era sull'altra sponda. Poi non so per quale strano motivo una garzetta ha deciso di fare un giro panoramico per giunta in controluce D500/ 200-500 - ISO 1250, 1/2000 f. 13
  14. Finito lo sfibrante semestre di lezioni e altre attività più o meno sgradevoli, mi sono preso una pausa di meditazione: una giornata in un capanno fotografico. Frequento i capanni molto meno di un tempo, ma quando mi arriva una dritta interessante, ad esempio l'avvistamento di qualche bel soggetto che non ho mai fotografato, cado in tentazione (o cedo alla tentazione?) e ci torno. Poi, si sa, non è detto che il soggetto quel giorno si presenti (così ahimè è stato!), ed è un peccato, ma il tempo nel capanno è lo stesso un tempo speciale per me. Soprattutto d'inverno. Si comincia a giocare già la sera prima quando, oltre a scegliere l'attrezzatura fotografica, si prepara l'abbigliamento tecnico che ti permetterà di resistere fermo per ore a 3 gradi centigradi o giù di lì e scattare senza congelarti le dita. Non vorrai rovistare nell'armadio alle 5 del mattino torturando il sonno alla la povera consorte, no? Prepari prima e intanto pregusti già la piccola avventura! Se ci sono anche gli amici, fin dalla partenza si entra nell'allegro mood tribale degli antichi ominidi maschi in spedizione. Purtroppo entrambi i miei soliti compagni d'avventure si erano presi un male di stagione, quindi niente tribù. In solitaria il mood è diverso, più riflessivo, ma è bello lo stesso. Appartengo ad una generazione a cui guidare piace, il rumore da trattore del mio turbodiesel è gradevole e il pezzettino finale di strada di campagna con le sue curve e sconnessioni mi diverte. Anche questo fa parte del gioco. Nel capanno, una volta piazzato il cavalletto, montato il cannone (il SIGMA 150-600mm C) con la Z6 ed il cannoncino (un 300mm f4) da usare prevalentemente sulla Zfc ( a mano libera per inquadrare angoli scomodi o quando la scarsa apertura massima del Sigma è troppo ...scarsa) mi metto ad aspettare. Una Ghiandaia sospettosissima. Sono convinto che in qualche modo si sia accorta di me. Non sono una persona particolarmente paziente, al contrario, ma il bosco mi piace, mi piace starci, sentire e guardare gli uccelletti indaffarati nel loro chiassoso viavai. E' come guardare in un acquario molto, molto vivace. E' un tempo davvero piacevole, anche senza scattare foto. Alcune specie infatti non le fotografo quasi più, a meno di pose particolari, perchè ho già tantissime loro foto nel mio archivio, ma è sempre bello starle a guardare. Per questo posso stare ore ed ore tranquillo nel capanno. Picchio Rosso "indaffarato". Però, capiamoci, non faccio centinaia di chilometri all'alba per fare psicoterapia, ma per fotografare e quando arriva qualcosa che interessa, o succede qualcosa di interessante, si scatta, perchè quello è la "ciccia" la parte gustosa della giornata. Maschio di Capinera, grigio su grigio Fringuello, "salmone" e verde. Fotografare gli animali per me è un momento di comunione col soggetto. E' un rapporto a senso unico purtroppo, perchè devo essergli invisibile, per non recare disturbo, stress e , naturalmente, perchè altrimenti scapperebbe subito. Gli animali sono sensibili, ma non telepatici. I Pettirossi mi hanno fatto compagnia quasi tutto il giorno, anche troppo ravvicinata. Cos'è qualcosa di interessante? Un soggetto visto di rado, oppure un bell'accostamento di colori tra soggetto e sfondo od una posa simpatica, un'attività insolita, insomma, occasioni non mancano. Il Picchio Muratore mi ha concesso le foto migliori della giornata. Purtroppo la star del momento, il motivo della mia uscita quel giorno era indisponibile, cose che con gli animali liberi può capitare e capita (due giorni dopo invece c'era, come mi hanno crudelmente dimostrato, mandandomi le foto). Non mi nascondo dietro un dito, mi dispiace e il fatto mi ha tolto un po' di soddisfazione per giornata, però sono sincero, una volta mi sarei proprio arrabbiato, pensando di aver solo sprecato del tempo. Invece adesso preferisco vedere il lato pieno del mezzo bicchiere: Mettiamola così: Ho passato delle ore piacevoli ed ho portato a casa qualche buona immagine. Già qualcosa, no? Autoritratto riflesso in un finestrino del capanno. Quadro nel quadro alla Cartier Bresson (beh quasi ). Col cellulare? Ebbene sì. Ah, non vi ho detto chi doveva essere la star? Eh... Picchio Nero! Sarebbe proprio stato un bel vedere (e fotografare!).
  15. Il cammino verso la creatività è solitario. Parlare di arte nella fotografia, è un discorso soggettivo, personale e quasi intimo. Fotografare la natura e gli animali selvaggi vuol dire immergersi nel mondo senza l’uomo, un mondo in cui ci si ritrova disarmati faccia a faccia con un grande mistero: la vita, nella sua essenza.Garry Winograd affermava: ‘Non vedo foto finché non vedo le foto. Quando fotografo vedo vita’’. La fotografia è un racconto. Un’immagine ben realizzata può riuscire a trasmettere sentimenti e sensazioni; allora parliamo di una realtà del mondo e della vita ben filtrata dal modo di essere di chi fotografa. Un procedimento che non funziona sempre ma quando un fotografo ci riesce vuol dire che vive e crea. Analizza, ci mette l’animo e sintetizza creando immagini che emozionano. Questa affermazione può essere una risposta alla domanda su cos’è l’arte. Secondo me, tra le tante definizioni che tentano di avvicinarsi al concetto di arte, la più semplice e immediata è questa: Arte è un lavoro complesso di analisi ma soprattutto di sintesi, nel quale insieme agli elementi oggettivi vengono mescolate le sensibilità estetiche e a volte filosofiche dell’ artista. A questo punto colgo l'occasione per nominare un grande fotografo naturalista e artista, l’inglese Nick Brandt. Nel mio blog ho dedicato a lui, maestro del bianco e nero, una piccola recensione del suo lavoro. Il titolo che ho datto è: ‘’Nick Brandt, il fotografo di natura con l’anima al posto dell'obiettivo’’. In pratica è la sintesi semplificativa della definizione appena citata. Nick però è un capitolo a parte di questa storia. Parlare di arte nella fotografia naturalistica diventa ancora più complicato e difficile. Il fotografo naturalista non solo deve essere preparato riguardo le varie tecniche che il mezzo fotografico gli offre ma deve essere, prima ancora, amante della natura e delle sue creature. Deve essere attento, studiare, imparare e conoscerne le forme, le manifestazioni, i capricci. Quando arriva alla fine di questo percorso, in un certo senso, deve dimenticare tutto e fare un tuffo esoterico per parlare con se stesso e spiegare il perchè di tutto ciò. La sua creatività artistica dipenderà dalle sue risposte. Il cammino verso un modo di fotografare creativo e forse anche artistico è appunto solitario. La cosa migliore è spiegare queste affermazioni non solo con le parole ma con le immagini, immagini forti e in quale miglior modo se non con il lavoro di due fotografi della natura selvaggia: Frans Lanting e Vincent Mounier. Frans Lanting, il naturalista pioniere Era verso la fine degli anni ottanta quando dal nulla si è fatto vivo Frans Lanting, un naturalista fotografo, olandese di origine, che con la sua macchina fotografica ha cominciato a ritrarre la natura come nessuno l’ aveva mai fatto prima. Gli articoli sull’ autorevole rivista National Geographic divulgavano il suo lavoro, in continua evoluzione, riguardante la natura selvaggia. Fotografare specie come i gorilla, gli elefanti, i giaguari, le scimmie, gli ippopotami, i pappagalli o gli albatros allo stato selvatico e nel loro ambiente naturale è un'attività che costa parecchio tempo e fatica. Lanting decide di immergersi nell'ambiente naturale e diventa un pioniere in questo modo di essere fotografo. Amazzonia, Antartica, Australia, Botswana, Madagascar e tanti altri posti sulla terra sono diventati il palcoscenico di un teatro meraviglioso che ha accolto l’ umile Frans come lo spettatore per eccellenza. Lanting adopera i teleobiettivi ma non per fotografare dal lontano; lui vuole il posto in prima fila, lì dove si svolge la scena. Quando il campo di visione però deve essere ampio, per raccontare e ritrarre meglio la natura, Frans non esita ad adoperare pure il grandangolo. Si immerge letteralmente in lei e contemporaneamente lei lo accoglie. Osa fare ‘’Eye to eye’’ e i suoi soggetti acconsentono alla relazione e posano per lui. Nell’ opera di Lanting hai la sensazione di essere lì insieme a lui. Senti l’umido dell’ acqua, ti godi i colori intensi e la luce meravigliosa, quasi ascolti i rumori della savana o il vento delle Galapagos e tutto questo trasmette sentimenti e sensazioni, diventa l'espressione di un’ arte quasi non cercata. Infatti secondo me Lanting viveva la natura con gli occhi spalancati, assorbiva tutto con grande emozione e piacere e le sue fotografie lo trasmettono a noi. Dopo molte spedizioni che gli affida e gli sponsorizza il National Geographic e guardando indietro sente il desiderio di ricapitolare facendo ‘’Life, a journey through time’’. L’ opera di Lanting è cosi piena di vita che ancora oggi confonde con i sentimenti e le sensazioni che trasmette.Gli scatti sono inconcepibili, frutto di una persistenza e audacia inimmaginabili e assumono un valore artistico tale che a volte non si comprende se è bravura del fotografo o l'imporsi della natura stessa. Questo scambio di energie in realtà diventa un motore per Lanting, che lo spinge in avanti e gli apre la strada nella mitologia della fotografia naturalistica. Ho esagerato nelle mie espressioni? A voi il giudizio. Dopo Lanting o meglio contemporenaemente a lui, altri fotografi amanti della natura sono emersi. Nomi come Jim Brandenburg, David Doubilet, Art Wolfe, Michael Nichols hanno contribuito con il loro lavoro creativo e artistico. Ma facciamo un piccolo salto nel tempo e parliamo di un altro fotografo e vero artista della wildlife, amante della fotografia e della natura, Vincent Munier. Vincent Munier, il poeta del bianco Vincent Munierè un rinomato fotografo naturalista e appassionato di animali, che dedica la sua vita a viaggiare per il mondo e a fotografare la fauna selvatica più incontaminata della natura. Dopo aver documentato qualsiasi cosa, dai lupi bianchi dell'Arcipelago Artico canadese agli orsi polari in Norvegia e le gru al’isola Hokaido in Giappone, Vincent ha voluto spingersi oltre il limite e realizzare il suo progetto di fotografia da sogno. Nella sua mente c'era solo un progetto da perseguire. Sarebbe andato in Tibet e avrebbe combattuto in alta quota, con temperature gelide e terreni accidentati per documentare il leopardo delle nevi, notoriamente timido e solitario, un animale a rischio di estinzione in seguito al cambiamento climatico. Mentre era lì, avrebbe anche tentato di fotografare una varietà di animali, tra cui lo yak selvaggio, la gazzella tibetana e l'antilope, la volpe tibetana e il gatto di Pallas, per sensibilizzare la gente sulla fauna selvatica del Tibet e colmare il "divario" che si crede esistere tra uomo e natura. Alla ricerca dell'elusivo leopardo delle nevi, Vincent ha dovuto percorrere terreni accidentati e salire ad altezze estreme, raggiungendo quote fino a 5.000 metri. “Queste non sono condizioni facili in cui lavorare, ma è per questo che li adoro. Non sono soddisfatto se non mi sento sfidato. Sono guidato dalla curiosità e dalla sete di avventura, quindi le condizioni in Tibet erano perfette per me’’. Il fotografo francese fa del bianco una sua modalità espressiva. In una lettura più immediata Vincent Munier lo si sente fin da subito forse più artista in confronto con Lanting. Il bianco diventa la tela per i suoi soggetti. Lepri, bisonti, civette, lupi, cigni, gru vengono avvolti dal bianco e il colore non colore diluisce la loro esistenza, i loro movimenti e i loro sguardi. Un modo di interpretare la fotografia della natura efficace e molto espressivo che però viene, in primis, filtrato dalla sensibilità estetica di Vincent. I suoi scatti fermano movimenti quasi ballerini, inquadrano sguardi intensi e diventano poesie. Poesie con il fondo bianco. Due fotografi di natura, due maniere diverse di fare arte. Forse sì. Ma è meglio osservare che sono due maniere diverse di vivere la stessa natura e di condividere la stessa passione: la fotografia.
  16. Jorgos

    [grandi fotografi] Marina Cano

    La fotografa naturalista spagnola Marina Cano, specializzata in fauna selvatica africana, ha ricevuto uno straordinario riconoscimento per il suo lavoro. Le sue spettacolari immagini del regno animale hanno vinto numerosi premi e sono state esposte in tutto il mondo. Diplomatasi come musicista, Marina ha trascorso i suoi primi anni insegnando musica classica. Tuttavia, scatta fotografie da quando era un'adolescente, affinando le sue abilità al Cabárceno Wildlife Park in Cantabria, un rifugio per la fauna selvatica in via di estinzione. Anni dopo, Marina è diventata professionista e ha iniziato a viaggiare in Africa, dove si è subito innamorata del continente. La devozione per tutta la vita di Marina alla fauna selvatica e alla natura alla fine l'ha portata a dedicarsi alla fotografia a tempo pieno. Ha pubblicato i libri: Cabárceno (2009) Drama & Intimacy (2011) l'e-book Babies of The Wild (2015), Inspiración y Naturaleza (2016) e il suo volume più recente, Wild Soul (2018) Le sue immagini sono state pubblicate in tutto il mondo in numerose pubblicazioni di rispetto, tra cui una copertina del libro del National Geographic The Wisdom of Mums, una copertina della rivista National Geographic Traveler in Spagna, nonché immagini nelle sue guide di Spagna, Portogallo e Polonia . Nel 2015 è stata finalista al prestigioso concorso Wildlife Photographer of the Year. Nello stesso anno è stata nominata Canon Ambassador. Tiene conferenze e corsi di fotografia in tutto il mondo e ha esposto in città di tutto il mondo, tra cui L'Avana, Seoul, Cape Town, Siviglia e Londra. Conosciuta per la sua arte distintiva, lo stile di ritrattistica della fotografia naturalistica, Marina afferma che non esiste una ricetta magica per creare immagini di animali in modi che le persone non hanno mai visto prima. Tuttavia, crede che se sei appassionato e dedicato a dedicare del tempo, svilupperai presto il tuo stile unico di immagini. Lei stessa afferma: Ho un impegno speciale con il pianeta e la fauna selvatica minacciata e spero che il mio lavoro possa toccare il cuore delle persone. I fotografi di solito dicono di "catturare" le immagini, ma per me è vero il contrario, mi hanno catturato gli animali. Per approfondire Website: www.marinacano.com Instagram: @marinacano Facebook: @marinacanowildlifephotographer Twitter: @MarinaCanoPhoto Tutte le foto sono (c) di Marina Cano.
  17. No, non intendevo questo. Volevo dire che si può usare l'auto come un capanno mobile, o per appostamento fisso dove non ci sono capanni ma c'è la strada: Perchè l' auto può benissimo trasformarsi in un capanno. Addirittura un capanno vagante. Ha i suoi pro ed i suoi contro, come tutto, ma alle volte può consentire delle belle riprese. Non sto parlando dei safari fotografici come quelli africani in cui gli animali sono ormai assuefatti al corteo di fuoristrada zeppi di turisti ai quali non fanno quasi più caso, sto parlando di wildlife photography casalinga, qui da noi, con particolare riferimento, causa la mia posizione geografica, alla Bassa Lombardia ed al Novarese. Ma si applica con minime variazioni, anche alle altre regioni d'Italia, anzi da altre parti si può fare anche meglio. Prima di tutto le doverose considerazioni etiche e giuridiche: L'uso dell'auto come capanno non deve mai violare il codice della strada, le norme di sicurezza, mettere in pericolo se stessi e gli altri e tutto il resto. Deve inoltre rispettare la proprietà privata e naturalmente soprattutto l'ambiente. In decenni di capannomobile, io ed i miei amici non siamo mai usciti dalle strade consentite, asfaltate o sterrate che fossero, ma siamo rimasti sempre e solo dove la circolazione era senza restrizioni, mai introdotti nelle proprietà private senza chiedere prima il permesso, solo se e quando era possibile farlo. Tantomeno il fuoristrada selvaggio, devastatore ambientale, Assolutamente da non fare. Il nostro giocare non deve ledere la pace o l'integrità di nessun altro! E adesso cominciamo: Quale auto? Nei decenni di cui ho parlato sopra nel nostro gruppetto abbiamo usato molte auto diverse e l'esperienza ci ha insegnato che: NON occorre un SUV, anzi spesso è di impaccio, non siamo nel Tennessee, per cui le strade di campagna possono essere piccole, le aree dove fermarsi ... molto piccole. Piazzarsi con un macchinone che ingombra metà carreggiata quando dietro arriva una mietitrebbia... con gente che sta lavorando ...fate i vostri conti. Sconsigliate anche le supersportive ribassate , appena ve ne uscite dall'asfalto grattate tutto il grattabile che c'è sul fondo, con vostro dispiacere, immagino. . Il piccolo fuoristrada va benissimo, intendiamoci, ma non è necessario. Più che sufficiente una berlina compatta un minimo alta da terra. La trazione integrale può essere un utile backup, ma non ricordo ci sia mai servita. Senza scherzi, il miglior autocapanno che ho mai posseduto è stata la mia vecchia Renault Kangoo Pampa (non 4x4). Andava piano, beveva molto, senza troppo spunto, ma gli sterrati sassosi erano il suo pane e le dimensioni perfette. Aveva pure una piastra metallica a proteggere il motore. L'ho distrutta pian piano, con amore. Anno 2004(?), con la mia formidabile Kangoo Pampa sto entrando al parchegglio dell'Oasi delle Lame del Sesia (NO) e sì, per accedere al parcheggio si doveva superare un piccolo guado. Il vero requisito fondamentale per l'autocapanno è che non vi venga l'ulcera se per caso si riga la carrozzeria. Sulle strade sterrate, o fermandosi a ridosso dei cespugli, è facile che resti qualche segno sulla carrozzeria. A me non è mai importato troppo, sono ricordi delle avventure passate (ok, sono matto, l'ho detto prima io), Ma se sapete di essere di quelli che si disperano se la vostra auto non è intonsa come appena uscita dal concessionario, forse è meglio lasciar perdere. Occorrente per la fotografia vagante dall'auto: Un buon samaritano, cioè uno che si sacrifichi e guidi mentre l'altro o gli altri avvistano, fanno da copilota e... fotografano. Perchè o si guarda la strada o si guarda in giro, fare tutte e due le cose è vivamente sconsigliato. E' possibile fare a turno? E' possibile fare "i turni", nel senso che per un certo tragitto guida uno, poi ci si allontana, ci si scambia di posto e si ritorna indietro. Uscire dall'auto sul posto dove si fotografa vuol dire far sparire tutto immediatamente. Altro discorso è quando l'auto sostituisce un capanno fisso, allora si raggiunge un punto e ci si ferma, per cui la macchina è come un appostamento fisso e si fotografa tutti. Dalle parti di Biandrate (NO) fotocamera Nikon Dx col 300mm duplicato, in quattro su una Fiat Idea, con l'autista che superava abbondantemente i 120kg. Da fermi. la macchina era scossa come anzi più più che se dentro ci fosse un'orgia di orsi bruni. Gli ibis ci sopportarono per qualche minuto posi si spostarono di una ventina di metri. In macchina devi averlo lungo. Tranne rare eccezioni, le distanze sono maggiori che nei capanni fissi, quindi i 500mm in genere sono il minimo sindacale (poi capita che ti trovi il soggetto a due passi, ma è raro). Soprattutto se si fotografa vagando. Ci vuole qualcosa da interporre fra la base del finestrino e l'obiettivo, tecnicamente sarebbe il beanbag (sacchetto mimetico anche preformato, ripieno di qualcosa di sintetico, ma una volta si usava il riso), ne esistono diversi tipi ma va bene anche un cuscino,una sciarpa, insomma qualsiasi cosa protegga il barilotto dell'obiettivo dal bordo del finestrino ed assorba un po' le vibrazioni. Qui si parla di foto amatoriali eh, in commercio esistono affusti di ogni genere, da far invidia alle postazioni antiaeree, li ho visti e ho capito che per quel che faccio io sono eccessivi ed ingombranti. Le protezioni in neoprene non sono il massimo ma da fermi almeno proteggono il barilotto. Come fare per la fotografia auto-vagante? i copiloti devono aguzzare gli occhi, avvistare il soggetto da lontano e l'autista deve cercare di avvicinarsi rallentando gradualmente fino a fermarsi o quasi nella posizione migliore consentita dal rispetto di tutte quelle cose che ho scritto sopra in grassetto. In campo aperto siamo spesso in territori dove si pratica la caccia, quella non fotografica, e gli animali sono giustamente sospettosi. Qualsiasi cambiamento brusco, come fermarsi di colpo (a volte anche spegnere il motore) li mette in allarme, se poi pensate di estrarre e brandeggiare il teleobiettivo in prossimità dei soggetti... ripensateci. A loro sembrerà di vedersi puntare un oggetto allungato e scuro da cui non sanno se uscirà un clic o un pum, per cui nel dubbio... prendono il volo. Si inizia a puntare già da lontano, con i finestrini abbassati e si incomincia a scattare ancora prima di arrivare alla distanza utile. Ripeto, quello che fa fuggire i soggetti, a parte l'avvicinarsi troppo, è la rottura del ritmo, il cambiamento brusco, compreso il partire della raffica nelle DSLR. Lungo una Risaia nel Lodigiano, ci stiamo avvicinando lentamente e si comincia a scattare. Nikon D800 e 500mm equivalente (un 300 col TC17? non ricordo bene). No crop. Avvicinamento lento riuscito. Situazione di prima No crop. Stesso sito, stessa attrezzatura Sgarza Ciuffetto: Cicogna e garzetta Risaia novarese: Appena fermati, l'airone si è involato, ma questo ha consentito un bello scatto, mi è andata bene. Sotto, dalle parti di Biandrate, ero solo, avvicinamento lento e poi accosto, aspettando un attimo prima di spegnere il motore , un paio di foto interessanti: Airone Cenerino e Guardabuoi Nikon D500 e 500mm (750mm equivalenti). no crop Ibis e Guardabuoi, alquanto indifferenti, Nikon D500 e 500mm (ossia 750mmm equivalenti). no crop. Anche se non sempre si riesce ad arrivare vicino, si posssono comunque fare foto interessanti, suggestive: Lomellina, nikon D200 (!) e 400mm (600mm equivalenti). No crop. A volte succedono cose inaspettate: Stavamo tornando a casa, avvistata per caso, in un'area parcheggio della Provinciale. Doppio lato B: Lei e l'area parcheggio. Nikon D700, 300mm f2.8 e kenko 2x. La polvere bianca sul palo è brina. Se invece l'appostamento è fisso, si cerca di arrivare molto presto ci si ferma prima del sito per prepararsi e poi ci si piazza. Se si tratta di uccelli abbastanza confidenti e "pasturabili" diventa l'equaivalente dei capanni attrezzati, se invece sono soggetti più diffidenti ci vuole qualche accortezza, ad esempio un telo con cui coprirei finestrini opposti a la lato di ripresa, perchè la luce da dietro rivela le forme e i movimenti di chi c'è in macchina. E una riserva di pazienza. Gioco facile, soggetti attirabili (semini nelle fessure del tronco li vedete sotto), dalle parti di Castano Primo (VA): Nikon D7000, 400mmm (600mmm equivalenti) no crop. Brutta giornata invernale. Nessuna pasturazione, solo attesa per finire in bellezza: Nel Cremonese, una piccola cava di sabbia dismessa= Gruccioni, sono da solo, parcheggio la mia eroica Kangoo, e aspetto: Nikon D200 (!) 500mm 300+Tc (750mm equivalenti). Nel Ferrarese. Avevamo avuto una dritta: siamo parcheggiati a lato della strada, aspettiamo finchè lo vediamo arrivare: Ed ecco una delle foto di cui vado più fiero in assoluto, scattata dall'auto: Alla prossima!
  18. Sabato scorso mentre ero in un capanno del Vercellese ad aspettare altro, si è fatto vivo più volte anche un Pettirosso. Siccome è un soggetto sempre carino, gli ho dedicato diverse foto. La foto che volevo di più, e che ho ottenuto, è questa: Nikon Z6, Sigma 150-600mm f5-6.3 Contemporary (su FTZ) a 300mm, f7.1, 1/1000s, 1000 ISO, treppiedi. Ho scelto di fotografarlo quando c’era un po’ di foschia rispetto a quando è arrivato il sole e di inquadrarlo molto piccolo nell’immagine, con uno sfondo presente ma il più tenue possibile, appena suggerito, un po’ come in certa pittura orientale , o in una foto di Galen Burrell. Perché questa scelta? Perché volevo trasmettere una sensazione di quiete, con un po’ malinconia e delicatezza dell’insieme. Dare l’idea che il pettirosso è un esserino, un piccolo punto vivo nella immensità dell’inverno. Se posso osare , la mia scelta è stata di esprimermi con lo “spazio negativo” cioè lasciando spazio al vuoto, proprio per trasmettere delle sensazioni lievi, diverse da quelle di un soggetto che riempie il fotogramma. E’ una foto naturalistica o solo un tentativo artistico? Per me tutti e due perchè, sempre che sia riuscita ( voi che ne dite?), rappresenta un soggetto naturale nel suo ambiente e, almeno nelle intenzioni, dovrebbe andare oltre la pura documentazione. Meglio così o meglio riempire l’inquadratura col soggetto? Per me questa domanda non ha senso. Non c’è un meglio od un peggio. C’è una scelta., Quale emozione provo in quel momento? Quale sensazione voglio suscitare in chi guarda? Altre volte ho fotografato il Pettirosso, sempre d’inverno; così: Qui la foto mi da' una sensazione opposta alla precedente: E' più vivace, colpisce di più, c’è presenza, energia. Intendiamoci, una foto a soggetto pieno può anche essere triste o drammatica, ma in ogni caso è più "forte", mentre l'altra è "delicata" come ho scritto. Se volete lasciare il vostro pensiero nei commenti, mi farà molto piacere!
  19. Vi propongo la versione semiseria del mio articolo sulle destinazioni uso delle foto naturalistiche, dove mostravo soprattutto macro. Questo è un articolo ironico, forse anche un po' sarcastico (poco), ma il contenuto vorrebbe essere serio. E non è tanto obiettivo, anzi, dichiaratamente di parte (la mia). Ci sarà chi la pensa come me e chi non è per nulla d'accordo. Va bene così, non litighiamo, non voglio convincere nessuno, solo far riflettere qualcuno che vuole iniziare a fotografare animali. Per questo, sconsiglio la lettura a chi non ha senso dell'umorismo e/o si offende facilmente, onde evitare... . Per gli altri, spero lo troviate almeno divertente spero anche che i principianti possano trovarci qualche piccolo spunto. In ogni caso, ci sono tanti articoli seri nel web, e ne sono apparsi di interessanti anche qui, sulle varie incarnazioni di Nikonland (1-2-3) da parte di Massimo Vignoli, Valerio Brustia, Giovanni Ciraso (scusate se dimentico qualcuno) e qualcosa anche di mio. Fate un piccolo sforzo e cercateli. Le foto di esempio sono mie perchè sono passato anch'io per questi gironi infernali, poi con gli anni ho imparato a tirarmene fuori, almeno un po', ogni tanto (mica sempre). INFERNO: La foga del principiante per i microbi Guarda!! Ho fotografato il Cardellino! Il mio primo Cardellino! Guarda, il Gheppio! Ehm... dove? Ma lì non vedi? aspetta che ingrandisco al 100% no meglio al 200% eccolo, adesso lo vedi vero? Ah sì, come no. Credo sia una fase iniziale che ha contagiato tanti di noi quando abbiamo cominciato a fare fotografia agli animali. L'entusiasmo per l'incontro con un animale "interessante" ci fa dimenticare tutto, nel mirino ci sembra sempre bello grande e l'entusiasmo fa il resto, addio composizione, proporzioni, luce (basta che il sole sia alle spalle no?). Ehm, no. Queste foto non diranno mai nulla a nessuno, anzi forse sono anche un po' controproducenti, se proprio non riusciamo a buttarle via perchè ci siamo affezionati, teniamole gelosamente custodite da qualche parte fra i ricordi di gioventù. Uuh la mia prima ed unica Cicogna Nera! Ok "complimenti per la cattura", ma... permettimi un consiglio: Tienila per te o se è importante, usala come segnalazione nei gruppi ornitologici, ma non proporla al BBC Wildlife Photographer of The Year, potresti avere una delusione. Fotograficamente fa ... dice poco. Insomma, in una foto si deve capire qual'è il soggetto, ma questo è solo il primo requisito, fondamentale ma per nulla sufficiente, come ho scritto fino alla noia anche la foto di un animale deve (dovrebbe) risultare interessante, possibilmente piacevole, non solo al naturalista, dovrebbe dire qualcosa a chiunque la guardi. Attenti però, l'animalscape non è il microbo, nell'animalscape la composizione è studiata, il soggetto è piccolo, ma chiaramente individuabile, e tutto ha una funzione più che studiata, meditata per un risultato altamente suggestivo. Un animalscape ben fatto è un capolavoro. Andate a vedere quelli di Massimo Vignoli per capire cosa intendo, io purtroppo non credo di averne mai fatto uno veramente bello. Impossibile confondere un microbo con l'animalscape: è come assaggiare un bicchiere di aceto ed uno di Barolo, il riconoscimento è immediato. La bestia schiacciata. A meno di essere in cerca di effetti particolari, quando facciamo un ritratto ad una persona, non saliamo su una scala. Scattiamo all'altezza del viso. Le foto di animali sono dei ritratti, andrebbero scattte all'altezza dell'animale. Per pigrizia facciamo fatica a cambiare la nostra posizione bipede eretta, conquistata con fatica sei milioni di anni fa, così il risultato è di avere il soggetto spiaccicato contro il suolo (o l'acqua) creando uno sfondo che va dall'insignificante all'orribile. Sforziamoci di ricordare che sono ritratti e che per ottenere qualcosa di buono dobbiamo fare un pochino di fatica, come per tutte le cose. Eh ma non potevo fare diversamente, il punto di ripresa era alto. Ascolta amico mio: il tuo scopo è fare belle foto? Il posto non lo consente? Allora cambia posto o lascia perdere. La brutta foto tanto per portare a casa qualcosa è una abitudine da sradicare prima possibile. LIMBO Il Dinosauro. Moolto soggettivo lo so. Io la penso così, ma non voglio obbligare nessuno, se la pensate diversamente siamo amici lo stesso e io voglio restare amico vostro . Quando la passione per il soggetto in sè si accompagna con una passione per il dettaglio, anzi per il dettaglio supernitido e contrastato si fanno i Dinosauri, con gli uccelli di solito (è più frequente fare Dinosauri con loro che con i Mammiferi, forse perchè gli uccelli sono Dinosauri?) ci si delizia nel distinguere le barbe delle penne, anzi meglio ancora le barbule che intrecciano le singole barbe, allora soggetto a pieno fotogramma, ops, inquadratura, in cui gli vedi le ossicine intorno alla pupilla... Foto di sicuro impatto e apprezzatissime da molti, ma lasciatemi dire che in questo modo si rischia di perdere (a mio avviso eh) parti significative per la fotografia di animali, il contesto ad esempio, ma anche la percezione dell''animale stesso qualche volta è falsata, almeno per chi non lo conosce (le foto sono fatte anche per farle vedere!!) quando facevo i "Dinosauri", molti si complimentavano con me, ma chi aveva una formazione un po' meno "tecnica" e più artistica mi diceva, "Questo Pettirosso non è un Pettirosso". Scusi, per caso lei è un parente di Magritte? No, ma il Pettirosso è qualcosa di leggero, piccolo, un folletto, questo caro Silvio, mi pare un lottatore di Sumo vestito da Robin (appunto) Hood. Ecco così è già meglio, ci vedo l'inverno, ci vedo il freddo ci vedo l'esserino che è. Se lo vogliamo grande, allora meglio giocare sul particolare, sul ritratto, c'è impatto c'è emozione, c'è un messaggio "oltre". PURGATORIO La foto corretta. Mi ripeto, liberi di pensarla diversamente... Cosa? Eh già. La foto corretta è una foto ad un bell'animale. Punto. Ecco questo è il Fistione turco Ah, bello. Questa è l'anatra mandarina, oh carina, questo è il Codone Uhh (sbadiglio) già, senti scusami, ma sono tutte così? Il naturalista in noi inorridisce e insorgiamo: Ma come, non capisci? Non vedi che questa è un'alzavola, invece questo un falaropo beccosottile, questo un piro piro boschereccio...vero, gli animali sono belli ed interessanti di per sè, è magica per per noi appassionati la diversità delle specie ma se ci interessa anche che la foto sia una bella foto di animale e non solo la foto di un bell'animale (sono due cose profondamente diverse e l'ho già scritto), ci si deve mette un minimo di interpretazione, di vita, se no si hanno le foto delle enciclopedie, l'equivalente ornitologico delle cartoline (quelle piatte almeno). E' un'ottima raccolta documentativa, ma non si va molto oltre con foto "ferme", interessanti sì, ma si può fare di più. Questo tipo di fotografia lo vedo come una palestra, in cui ci si allena, si impara la tecnica, l'avvicinamento, tutto quanto, ma la poi se ci interessa passare dalla documentazione all'espressione, si deve diventare creativi, ciascuno come può ci mancherebbe, ma mettendoci un minimo di sforzo, per creare qualcosa di gradevole, o di vivace o di tutt'e due. E comunque la ricerca dell'espressione non va a scapito della documentazione, anzi spesso la rende al meglio. Quindi? PARADISO Un po' di interpretazione. Giochiamo con la luce? Confrontate le due mandarine... Ambientiamo un po'? Cerchiamo un'interazione? Il mio primo ed unico Falco Cuculo, amo molto questa foto perchè... è il mio primo ed unico Falco Cuculo, ma non la ritengo una grandissima foto. E' una buona ...illustrazione. Forse è un po' più riuscito fotograficamente questo Gheppio che sta facendo ... il Gheppio. L'animalscape. Per questo girone del Paradiso rivolgersi all'articolo sui Musk Ox... io non sono ancora stato ammesso. E ... se vogliamo passare da Dante all'India... (ossia uscendo dai canoni e contaminando i generi): IL NIRVANA Dove il soggetto naturalistico viene espresso in modo grafico senza però tradire la sua essenza di soggetto naturale e senza artificiosità nella ripresa, nella costruzione dell'immagine. Lo si ama o lo si odia, io lo amo. Siamo nell'Oriente quindi non ci vanno spiegazioni. Questo non è un uccello, ma concedetemi un'eccezione... Ecco, ho cercato di spiegare il mio punto di vista a chi vuole provare a cimentarsi in questo genere di foto. Cari fotonaturalisti alle prime armi, pensateci sopra e soprattutto cercate altri che la pensano diversamente da me, confrontate e poi scegliete come muovervi. Dai, che è divertente. PS Ho lasciato fuori da tutto questo arbitrario discorso una categoria: Lo Svarovski (il cristallino luccicante, non il binocolo), perchè su questo le opinioni sono troppo divise (per qualcuno è inferno profondo, per altri il top del paradiso, non c'è la via di mezzo) ed io amo la pace... . Come scrisse l'eremita Valerius Brustianus nel nono secolo: chi intende intenda, gli altri al frecc. Silvio Renesto
  20. Dopo diecimila imprevisti sono riuscito a organizzare con un amico una piccola uscita naturalistico-fotografica ad un capanno, dove mi avevano detto che c'era un po' più di varietà rispetto alle solite cince e, se fossi stato fortunato ... anche una sorpresa. Amo gli animali, amo vederli in libertà e li fotografo al meglio che posso, soprattutto per portarmi a casa il ricordo e l'emozione di quell'incontro, e pubblico le foto per condividere queste emozioni, questi ricordi, con chi ama gli animali come me. Fare foto diverse alle vecchie conoscenze è sempre bello, ma fare nuovi incontri è ancora più emozionante! Ecco, per gli amanti del genere, qualcuno degli gli amici vecchi e nuovi che ho incontrato (tutte le foto sono state scattate con la Nikon Z6 ed il Sigma 150-600 f5-6.3 Contemporary): Appena sistemati nel capanno davanti alla piccola pozza, subito una novità, una Balia Nera femmina (Il nome deriva dal maschio che è veramente bianco e nero, la femmina è un po' smorta). Cince bigie, Cinciallegre, Cinciarelle non si contano, formano una chiassosa brigata che mette allegria, starei a vederle per ore, ma le ho fotografate già tante volte, per cui ho dedicato a loro solo qualche scatto quando ho visto scenette simpatiche, ve ne propongo uno solo: Ma insomma, non si può fare il bagno in pace! Indaffaratissimo, il Picchio Muratore corre su è giù per i tronchi. Il Picchio Rosso Maggiore, metodico, ispeziona tutto il vecchio tronco. Bellissimo, un maschio di Codirosso Comune, non l'avevo mai fotografato come si deve! A me piace inquadrarlo così: Per chi preferisce invece ritratti più stretti metto un crop (l'unico di tutta la serie). Sorpresa, arriva un giovane scoiattolo assetato. Doppia sorpresa c'è anche il fratellino, più scuro, direi che i due sono quasi agli estremi del range della variabilità di colore dello Scoiattolo Europeo. Normalmente è solo in alta montagna che se ne trovano di più scuri. Probabilmente sono in cerca di un territorio libero dove insediarsi. Ho fatto veramente tante foto, in condizioni di luce diverse, anche ad altri uccelli, ma mostrarne altre qui sarebbe troppo, le farò vedere un'altra volta. Ora veniamo al piatto forte: Ad un certo punto della giornata spariscono tutti, di colpo. Ed arriva lui, lo Sparviero. E' così bello che mi sarebbe bastato il solo vederlo, ma... comincio a scattare ! Si posa e si guarda intorno più volte, Sembra sapere che ci sono. Ma non gli interessa. Non resisto e faccio un ritratto stretto a 600mm. Purtroppo il bosco e fitto e gli ISO tanti. Si rilassa e si concede un bagno. Una scrollata finale. Un istante dopo è già su un ramo, da cui si involerà subito, scomparendo nel bosco. Io, dopo giornate come queste sono contento, di più, sono felice. Poche cose mi fanno bene come stare nel bosco (nella palude...) con gli animali! Silvio Renesto
  21. Spunta la testolina e sembra che mi stia guardando. Foto del mese scorso. Lago di Varese. Nikon Z6 e Sigma 150-600 C
  22. Incuriosito da una discussione su Nikonland, ho voluto provare a fotografare uccelli in volo con la Z6. Non che mi aspettassi che la Z6 è la fotocamera di elezione per questo genere di foto, però mi interessava sperimentare. Ho scelto uccelli dal volo abbastanza veloce anche se non fulminei come le sterne. Aironi di varie specie ed Ibis che nidificano tutti in una Garzaia del Novarese. Gli uccelli volavano in tutte le direzioni e spesso con brusche virate senza preavviso, una palestra impegnativa quindi. Attrezzatura: Nikon Z6, 300mm f4Pf con TC 14 EIII e naturalmente FTZ. Settaggio Fotocamera: Af C, priorità al fuoco, Auto ISO, 1/1600s, area Af estesa*, velocità di raffica H. NOTA, I risultati sono fortemente dipendenti dagli obiettivi usati e dai riflessi del fotografo, quindi la stessa fotocamera potrebbe rendere in modo diverso con ottiche diverse ed in mani diverse. Tutto molto soggettivo quindi, anche se alcune caratteristiche non cambiano. Veniamo al dunque: focheggiando prima, ad es. le cime degli alberi della garzaia, cioè prefocheggiando in modo da trovarsi già nel range di messa a fuoco più probabile in cui si potrebbero trovare i soggetti, e se i soggetti sono grandi più o meno come l'area Af, una volta inquadrati si riesce ad agganciarli "abbastanza" spesso ed a seguirli, anche se non tutti gli scatti della sequenza sono a fuoco. A questa distanza si riusciva a seguirli abbastanza bene, ma sono troppo lontani per avere foto soddisfacenti Così è già meglio, volo parallelo al soggetto, prefocheggiatura, tutto ok. Soggetto correttamente a fuoco. Perso... a fuoco lo sfondo. Che fosse troppo piccolo il soggetto? Soggetto a fuoco correttamente. Cambiamento delle condizioni atmosferiche, il Guardabuoi è comunque a fuoco. Senza prefocheggiare... nella maggior parte dei casi va a perdersi all'infinito o da qualche altra parte. La mia impressione è che ci sia un sensibile rallentamento dell'Af dovuto sia al TC sia all'FTZ. Secondo me con un'ottica Z le cose potrebbero andare meglio. Così la reattività non è il top. Non ricordo se esiste modo di disattivare lo stand by automatico, nel caso esistesse, assolutamente da fare, io non l'ho fatto col risultato di dover sempre tenere il pulsante di scatto mezzo schiacciato per evitare lo spegnimento automatico ed il lag successivo quando si cerca di inquadrare il soggetto. In conclusione, con alcune accortezze non è affatto impossibile fotografare uccelli in volo con la Z6, se si riesce ad agganciarli, si possno avere dei buoni risultati, ma se io fossi molto interessato al genere (a me interessa marginalmente), probabilmente cercherei un'altro modo o almeno proverei con ottiche native (che al momento vuol dire solamente provare col 70-200 duplicato) per vedere se le cose vanno meglio (io penso di sì). La Z6 da' sicuramente il meglio di sè in altri generi fotografici. Per dovere di onestà, questo tizio: https://www.youtube.com/watch?v=4G6vel-hbAg&ab_channel=MathieuGasquet Sembra avere ottenuto risultati molto buoni con la Z6 e il 300mm moltiplicato. Consiglio di guardare il suo video per vedere se ha fatto qualcosa più di me o meglio di me nei settaggi. Faccio notare però che i suoi "Kites" (Nibbi) dalle riprese sembrano essere sopra una discarica per cibarsi, infatti mostrano un volo differente, più lento e veleggiato con occasionali atterraggi e decolli, quindi sono soggetti più facili rispetto ai miei aironi/ibis che volavano di volo battuto lineare rapido. Anche cosa fa il soggetto influenza molto il risultato. Nessun crop e nessuna postproduzione, a parte la conversione jpeg ed il ridimensionamento.
  23. Cherry picking (scegliere le ciliegie) è un modo di dire inglese che significa scegliere accuratamente i pezzi migliori, come si cercano le ciliegie senza bachi. In attesa di tornare a fotografare quel che mi interessa, ho pensato di riproporre qualcuna delle foto a cui sono più affezionato, anche se non tutte al top della qualità possibile, accompagnate da un piccolo commento e dove esista il link al mio precedente blog sullo stesso soggetto. LIBELLULE ESCLUSE, gli ho già dedicato il diario e niente ragni così anche gli aracnofobi possono dare un'occhiata. Gufo di palude ambientato, Nikon D800, 330mm f4 AFS + TC 14. Qui il blog: http://www.nikonland.eu/forum/index.php?/gallery/image/5842-gufo-nella-palude/ Le raganelle sono piccole e timide (ho delle foto a formato pieno eh, però.. questa è più interpretata). Nikon D700, 500mm (300mm + tc 17?). Mantide, sempre affascinante. Nikon D700 ed il glorioso micro-nikkor 200mm f4 AfD ED. Un Gruccione non può mancare. Nikon D500, 300mm f4 Pf e Tc 14. Il più rosso Scoiattolo Rosso che abbia mai visto. Una delle mie prime foto a scoiattoli, per quello ci sono particolarmente affezionato. Nikon D300, 80-400mm Af VR (a 180mm, siamo in Engadina). Poiane che litigano. Foto da capanno. Nikon D500, Sigma 100-400 a 135mm. Alba dorata. Nikon D700, 300mm f2.8 Af. Codibugnolo, folletto fantastico. Nikon D300, 300mm f4 AFS + TC17. Airone Bianco Maggiore. Nikon D500, 300mm f4 Pf. Cucù, Gheppio, fotografato dal tavolino del bar, mentre sorseggiavo un calice di Prosecco . Nikon D500, 300mm f4 Pf.
  24. Come organizzare un viaggio fotografico. Orso Bruno europeo - Finlandia, 18/7/2014 - D4 su 500/4 AFS-VR, 1/640 f4 2000ISO A me viaggiare piace un sacco, per vedere posti nuovi ma soprattutto per fotografare. Ma non mi piace per nulla farlo in gruppi numerosi, voglio essere flessibile e dinamico nell’affrontare le situazioni e nello sfruttare le opportunità che si presentano. Niente di più frustrante per un fotografo, credo, vedere situazioni bellissime ma solo con una luce pessima perché il viaggio è organizzato, invece che intorno alla luce, in base agli orari dei pasti dell’hotel dove si è a pensione completa! Oppure smettere di fotografare troppo presto, per la pressione del gruppo che vuole spostarsi per rispettare la timetable! In ogni caso, poiché lavoro per vivere e viaggio durante le vacanze, che pago da me, ho necessità di essere concreto nel predisporre viaggi “possibili” in relazione alla probabilità di raggiungere l’obbiettivo fotografico definito. Per questo, negli anni, ho accumulato una significativa esperienza nel viaggio fotografico fai da te, che con questo articolo voglio condividere con voi. Mi riferisco, nello specifico, non al week-end in una delle innumerevoli splendide mete turistiche che costellano la nostra penisola ma a località più remote e complesse da gestire, anche logisticamente. Ovviamente, i consigli sulla logistica sono utili anche a chi decide di aggregarsi ad un workshop. Il tipo di viaggio. Io considero, nella mia vita e conseguentemente in questo articolo, tre tipologie distinte di viaggio. Le vacanze “con famiglia o amici”, dove normalmente non porto la macchina fotografica. Le foto ricordo le faccio con il cellulare, che sta in tasca, è sempre carico e basta allo scopo. Questo tipo di viaggio… Non è il viaggio che tratterò in questo articolo, facile. No? Quello parzialmente fotografico, cioè quello che faccio con mia moglie e mia figlia ma nel quale voglio anche fotografare. Ovviamente intendo non loro che mi sorridono con dietro un bel paesaggio. Oppure si, anche, ma non sono quelle le foto che intendo e, di fatto, neppure questo è il tipo di viaggio che tratterò in questo articolo. In ogni caso, nei viaggi di questo genere, ho ormai bandito la fotografia naturalistica, limitandomi da tempo a paesaggi e reportage che reputo più compatibili con le esigenze complessive del gruppo. L’ avventura fotografica, dove tutto ruota intorno alla fotografia, dove vado senza la famiglia. Perché voglio concentrarmi sulla fotografia, sulle mie fotografie. Inoltre questo mi consente di andare in luoghi particolarmente inospitali, ma dove trovare soggetti particolari o comunque da noi molto difficili se non impossibili da fotografare. Ecco, questo sarà il centro dell’articolo. Ghiandaia siberiana, in un bosco raggiunto in motoslitta - Lapponia, 3/2/2017 - D5 su 500/4 AFS-VR, 1/1000 f5.6 2500ISO Ma perché? Questo, per me, è un punto importante. In molti me lo chiedono. Perché viaggiare così? Per me la risposta è questa: Perché la fotografia è parte di me, un me che vuole esistere. Ma che non può esistere in competizione con il resto di me, la famiglia, il lavoro. E quindi devo dargli un suo spazio, privato. L’ho capito tanti anni fa: se voglio sul serio fotografare devo concentrarmi su quello, escludendo il resto. Purtroppo, sono appassionato di fotografia naturalistica e questo aggiunge sfida a sfida, i miei soggetti non li posso trovare nel corso di una passeggiata tra Piazza del Duomo e Galleria Vittorio Emanuele, la domenica mattina prima del pranzo di famiglia. Così come, se voglio dare tempo di qualità alla mia famiglia, non posso farlo pensando a composizioni ed inquadrature, tantomeno stando ore appostato ad aspettare che succeda qualcosa in caccia fotografica. Quindi, nel tempo, la cosa più funzionale per me è stata separare i due ambiti. Non necessariamente la soluzione per tutti, ma credo che per tutti i fotografi sia estremamente utile, se non necessario, trovare il tempo in cui togliere tutto il resto e mettere al centro la fotografia. Cosa – Dove – Quando - Come. Sembra la cosa più facile, quasi ovvia. Ma non necessariamente lo è, in particolare per gli appassionati di fotografia naturalistica come me. Anche se, a volte, il primo passo è facile, basta che qualcuno abbia l’idea base, come a me è successo anni fa quando Fabrizio mi ha detto “Andiamo a fotografare i Musk Ox?“. Musk Ox - Norvegia, 25/2/2016 - D4 su su 80-400AFS-VR@400mm - 1/500 f8 125ISO Ma poi resta da definire dove, quando, come - identificare cioè il modo per raggiungere l’obiettivo. Attenzione che cosa, insidiosamente, può nascondere parte di dove, quando, come. Non capirlo impedisce di fare il viaggio che si vorrebbe. Faccio un esempio. Da anni so che voglio, e ho deciso che devo farlo prima che sia troppo tardi, fotografare l’Orso Polare. Ci sono, sul mercato dei viaggi fotografici organizzati, opzioni logisticamente molto semplici, basta comprarle e sono pure quelle meno costose. Tutte promettono il risultato “garantito”, le virgolette sono comunque necessarie, nature-is-nature e nessuno può realmente garantire nulla. Ma io so che lo voglio fotografare sulla banchisa, nell’ambiente dove le sue qualità sono state definite ed affinate dall’evoluzione e non sulla costa nell’attesa, sempre più lunga, che il mare ghiacci. Quindi, cosa del mio sogno non è solo l’Orso Polare, ma indissolubilmente l’Orso Polare nell’ambiente e con il clima estremo per il quale e nel quale quella specie è diventata quello che è. Per questo ancora non l’ho fatto ed è per me ancora un sogno. Per tornare sulla terra, quindi parlare di quello che ho fatto e non di quello che sogno di fare, fotografare il Musk Ox nel suo ambiente ha significato fare un bel po’ di ricerche su internet, per trovare la zona – il centro della Norvegia nel mio caso. Ma questo non basta, bisogna capire quando e come. Il momento giusto che abbiamo identificato era fine febbraio, perché volevamo le tempeste di neve, non ci bastava l’inverno norvegese. Anche a scapito di avere giornate ben più corte di quelle che ci sono a marzo inoltrato. Norvegia, 21/2/2016 - D810 su 16-35/4@24, 1/40 f11 64ISO Capito che il territorio era molto vasto, e pur essendo noi abbastanza esperti di animali e di montagna, abbiamo risolto il come cercando e trovando una guida locale, che abbiamo ingaggiato per aiutarci a trovare e raggiungere gli animali. Cosa che abbiamo fatto, insieme il primo giorno e poi da soli una volta localizzata la zona. Ma allo stesso tempo abbiamo prenotato una buona seppur economica sistemazione in fondovalle in modo da poter riposare bene tra un giorno e l'altro. I miei 4 compagni di viaggio, avanzano ognuno al suo passo, schiacciati dallo zaino. Molto, molto lontani 2 gruppi di Musk Ox - Norvegia, 24/2/2016 - D4 su 70-200/4@100, 1/200 f8 140ISO Strategia, questa, che consente anche di approfondire gli aspetti naturalistici, integrando quanto già noto con le informazioni e direttive dell’esperto locale. Consente, inoltre, di farsi consigliare per bene in relazione all’abbigliamento ed, in questo caso dove fotografare implicava lunghe ore di marcia per raggiungere i soggetti, anche quale stato di allenamento fisico sarebbe stato necessario e quale attrezzatura per affrontare le variabili condizioni climatiche. Fabrizio in salita verso i Musk Ox, guidato dal GPS in meno di 20 metri di visibilità - Norvegia, 25/2/2016 - D4 su 80-400AFS-VR@240mm, 1/800 f5.6 100ISO Internet ha ristretto il mondo, perché tutto questo l’ho ovviamente fatto dal soggiorno di casa, cercando e scambiando e-mail con i contatti che via via andavo trovando. Questo approccio lo adotto anche per viaggi molto più semplici. A fine 2018 ho fatto 5 giorni ad Istanbul, ovviamente autogestito. Per il primo giorno ho fissato, già dall’Italia e semplicemente via WhatsApp, una guida, con l’obiettivo di farci fare una bella passeggiata a vedere la città, fuori dai soliti percorsi turistici. Guida che ho trovato con passaparola dopo che la prima che avevo contattato mi ha detto di non avere disponibilità. Stessa cosa per gli ultimi due viaggi in Lapponia, in inverno, a fotografare le aquile. È evidente che questi animali non si possono fotografare semplicemente andando in giro ma che occorre appostarsi in capanno, capanno che deve essere ben posizionato in relazione alla luce e con un’organizzazione professionale che consenta di massimizzare le possibilità fotografiche. O per fotografare gli orsi. D'estate quella zona si raggiunge a piedi, ma eravamo li in primavera per fotografarli appena usciti dal letargo mentre muovono i primi passi con ancora la neve a terra. Nico con Kari sul Quad cingolato, Fabrizio vicino al capanno per gli orsi - Finlandia, 21/4/2013 - D800 su 16-35/4@16, 1/400 f6.3 100ISO Orso bruno europeo - Finlandia, 22/4/2013 - D800 su 70-200/4@200, 1/200 f4 1400ISO In questa fase si definiscono anche altri aspetti molto importanti per la logistica. Come capire quale automobile è opportuno prendere a noleggio (un 4x4 o una utilitaria) e se mezzi meno convenzionali possono essere la soluzione migliore. Ad esempio, nel giugno 2011 sono andato in Islanda. L’obiettivo principale era fotografare paesaggi ma data la lunghezza del giorno, a quelle latitudini ed in quella stagione, ho capito che sarebbe stato difficile essere sistematicamente sul campo nei momenti di luce buona dormendo in guesthouse o B&B ed evitando di massacrarsi non dormendo praticamente mai. Quindi ho noleggiato un camper! Fotografavo al mattino molto presto ed alla sera molto tardi e quando rientravo avevo sempre pronto qualcosa di caldo da bere, prima di fare un bel pisolino! Islanda, 6/6/2011 - D700 su 24-85AFS@24, 1/60 f14 200ISO Il tramonto arrossa le nuvole, (ore 0:58) - Islanda, 7/6/2011 - D700 su 70-300AFS-VR@110, 0,5' f16 100ISO Puffin (ore 23:33) - Islanda, 5/6/2011 - D700 su 500/4AFS-VR+TC14, 1/640 f5.6 1600ISO Insomma, il punto chiave è immaginare cosa si vuol fotografare e trovare le soluzioni per mettersi nelle migliori condizioni per farlo. Quali foto? Internet ci da un ulteriore aiuto, ci consente di farci un’idea, più o meno dettagliata, di cosa troveremo, come ambientazioni, soggetti e quant’altro. Di solito io faccio un bel po’ di ricerche su Istagram o Pinterest, su altri siti di fotografia o banalmente su Google Earth. Integro cercando se ci sono fotografi che organizzano Workshop e che fotografie usano per pubblicizzarli e cerco di capire, incrociando le informazioni, cosa mi aspetta, quali sono le opportunità e cosa cercare. Il tutto finalizzato ad immaginare le fotografie che potrò fare e pormi nella situazione migliore, una volta sul campo, per farle. Ma il meglio del meglio, qui, sono i libri fotografici. Nel mio caso i Musk Ox vengono dritti dritti dall’opera di Vincent Munier. In ogni caso, capire quali foto si vogliono fare consolida e definisce il periodo dell'anno nel quale fare il nostro viaggio. Questa fase, sostanzialmente, chiude il primo cerchio perché conferma che l’idea è praticabile. Un orsetto a spasso con mamma - Finlandia, 16/7/2014 - D4 su 500/4AFS-VR, 1/500 f5.6 1600ISO Puffin che porta il pescato al nido per i piccoli - Islanda, 6/6/2011 - D700 su 500/4AFS-VR+TC14, 1/160 f5.6 800ISO Valutare il budget realmente necessario. Questo è spesso sottovalutato. Nel senso che tutti, volenti o nolenti, scartano viaggi evidentemente troppo costosi. Ma il mio punto è un altro. Fare queste cose in sicurezza e contemporaneamente massimizzando le possibilità di successo significa capire bene quello che serve, veramente, e verificare che si abbiano i fondi necessari a dotarsene. Un esempio? Canada, febbraio 2018. Per fotografare il gufo delle nevi occhi-negli-occhi come avevo pensato di fare devo stare fermo ad aspettare, a -20°C. Snowy Owl - Canada, 2/2/2018 - D5 su 500/4AFS-VR+TC14, 1/4000 f5.6 1000ISO Una volta sul campo ho capito che il modo migliore di sfruttare il sole appena sorto era sdraiarmi sul ghiaccio a pancia sotto ed appoggiare il 500 allo zaino, come fosse un beanbag. Ad esempio, aspettando... questo. Snowy Owl - Canada, 2/2/2018 - D5 su 500/4AFS-VR+TC14, 1/640 f5.6 200ISO Per farlo è indispensabile l’abbigliamento corretto. Che significa, se devi comprarlo, aggiungere al budget del viaggio circa 1.100€ tra piumino Himalayan di TNF, scarponi Glacier di Sorel, sopra pantaloni in goretex, calze tecniche, guanti doppi ecc. Questa la mia soluzione. Ne esistono altre ma nessuna è più economica a pari, adeguata, efficacia. Altri esempi? Uno che dovrebbe essere anche più semplice da capire, riguarda un punto non meno sottovalutato. Noi italiani siamo abituati all’assistenza sanitaria gratuita, o quasi, ma questa in parecchi paesi semplicemente non esiste. Occorre informarsi bene, capire quando è necessario acquistare una copertura assicurativa dedicata e comprarla. La propria salute ha un valore inestimabile, non solo quando pensiamo che una volta curati dovremmo potenzialmente pagare una fattura a 5-6 cifre, ma anche che in certi posti, semplicemente, senza una copertura assicurativa non si viene nemmeno ricoverati in ospedale o non si può essere trasportati, magari in elicottero, all’ospedale più vicino. Oppure possiamo parlare di attrezzatura fotografica: ha senso fare viaggi di questo genere, ed intendo sia costo sia sforzo organizzativo, senza disporre degli strumenti adeguati? Organizzazione, organizzazione, organizzazione. Se siamo arrivati fino a questo punto, nel mio modo di pensare, significa che abbiamo trovato qualcosa che ci fa battere il cuore e che è possibile organizzare. A questo punto la parte più difficile è fatta e resta “solo” un po’ di lavoro per definire tutti i dettagli rilevanti e prendere alcune precauzioni per evitare problemi. Sula Bassana - Shetland, 6/8/2016 - D4 su 500/4AFS-VR+TC14, 1/3200 f5.6 200ISO Di seguito alcune esperienze ed avvertenze, entrambe senza pretesa di completezza. Prenotazioni. Io tendo a fissare tutte le prenotazioni ragionevolmente necessarie prima di partire. Le sistemazioni le trovo prevalentemente su booking.com. I voli? Skyscanner.it o edreams.it o expedia.it, che spesso consentono di prenotare volo, auto e alcune sistemazioni. Se sono “fuori dal mondo” spesso il contatto trovato in loco è il tramite con il quale definire questi fondamentali aspetti. Parlavo prima di guide, ma sto ad esempio lavorando ad un viaggio in Namibia: sono in trattativa via email con un tour operator con sede a Windhoek. Speciale avvertenza per il volo: spesso prima si prenota e molto meno si spende! Documenti. Passaporto, permessi come visti o ESTA o ETA; Patente internazionale. Occorre informarsi per bene dei vincoli relativi ai paesi che vogliamo raggiungere ma anche a quelli che attraverseremo negli scali. Un esempio, sempre dal mio viaggio in Canada. Ho scelto, per convenienza economica, un volo Malpensa – Toronto con scalo a Newark, USA. Ma questo ha reso necessario non solo fare il permesso ETA per il Canada – Electronic Travel Authorization, del quale ovviamente sapevo - ma anche l’ESTA – Electronic System for Travel Authorization – per gli Stati Uniti, anche se non dovevo neppure uscire dall’aeroporto. Nonostante la mia prudenza, l’ho scoperto al momento dell’imbarco: come dicono da quelle parti: the wrong way! Il mio viaggio è sopravvissuto. Perché? Perché quando si viaggia bisogna prendersi dei tempi di sicurezza. Che significa essere in aeroporto prima del necessario, se si cambia volo in coincidenza prevedere adeguato tempo per gestire imprevisti e ritardi, ecc… Quindi ho tirato fuori dallo zaino il portatile, l'ho collegato al telefono in tethering e l’ho comprato al volo: 15’ e con un po' di sangue freddo, tutto fatto. E se perdo un documento? O se me li rubano? Non mi riferisco solo al passaporto, ma anche a voucher delle prenotazioni o cose del genere. Io ho una soluzione semplice: se il documento è digitale ne tengo una copia stampata a mano, una nello smartphone ed una su un servizio cluod, come Dropox. Se il documento non è digitale, come il passaporto? Ho l’originale, che fotografo e ne tengo una copia sullo Smartphone ed una su Dropbox. Questo mi ha salvato, ad esempio, in un viaggio alle isole Shetland con mia figlia di 3 anni. Al momento dell’imbarco in traghetto, al porto, porgo la sua carta d’identità per il controllo, dal finestrino del camper. Un gesto maldestro, un colpo di vento e finisce in mare. Da li in avanti e per tutto il viaggio, ad ogni controllo, abbiamo spiegato la situazione e mostrato la foto: non ha valore legale… ma funziona! Se viaggio in una zona senza accessi ad internet? più copie di carta in posti diversi (tasca, zaino, valigia). Scozia, 29/7/2013 - D800 su 16-35/4@19, 1.3' f11 100ISO Medicine? Ridondanza! Io porto la provvista completa dei farmaci che devo assumere nell’intera durata del viaggio nel bagaglio a mano ed altrettanto in stiva, dove metto anche le medicine che normalmente non assumo ma potrebbero servire (tachipirina, antibiotico,…). Generi di prima necessità? Altro esempio. Il mio secondo viaggio in Finlandia, in aprile. KLM perde il bagaglio in stiva, che riottengo solo dopo 3 giorni. Partito da Milano con 15-20 gradi a Helsinki eravamo a -5… ma io andavo ben più a nord! Me la sono cavata, perché un piumino, nonostante l’attrezzatura fotografica, lo avevo nello zaino ed ai piedi nonostante le temperature primaverili di Milano avevo indossato da casa gli scarponi invernali, anche se quei primi giorni li ho trascorsi indossando solo dei jeans e senza poter cambiare la biancheria. Scozia, 30/7/2013 - D800 su 16-35/4@35, 6' f16 100ISO Soldi in contanti? Io giro prevalentemente nel nord del mondo. In più l’euro aiuta parecchio. Quindi? Bancomat e 2 carte di credito e pochissima valuta locale che mi procuro con un bancomat in aeroporto, una volta a destinazione. Questa sezione potrebbe continuare parecchio, mi fermo qui perché alla fine è la fase di Cosa – Dove – Quando – Come ad essere specifica di un viaggio fotografico, quanto sopra è comune a tutti i tipi di viaggi in zone un po’ fuori mano. L’attrezzatura fotografica: quale e come portarla. Io tendo ad ottimizzare molto perché non mi voglio trasformare in un mulo. E se sono troppo stanco non riesco a fotografare. Less-is-more! Sostanzialmente: Naturalistica? 16-35/4, 70-200/4 o 2.8 a seconda degli obiettivi fotografici, 500/4, TC14; 2 corpi macchina. Sempre 2 corpi macchina, per ridondanza in caso di guasti e per poter tenere montate 2 ottiche. Paesaggi? 16-35/4, 70-200/4 e 1-2 corpi macchina. Polarizzatore, ND. Reportage di viaggio? Spesso solo 50/1.8 ed 1 corpo macchina; a volte integro con 24/1.8 e 70-200, dipende dai soggetti che sto cercando. Ma è sorprendente quante foto diverse si possano fare con solo il cinquantino. Quindi, mediamente, 2-3 ottiche e 1-2 corpi. Ovviamente ognuno si organizza come preferisce. Quello che intendo dire con questi esempi è che io, dopo anni in cui cercavo di essere sempre pronto a tutto e per farlo mi sovraccaricavo di materiale, ho capito che.... non serve! Scozia, 21/7/2013 - D800 su 16-35/4@26, 30' f16 100ISO Sempre, nello zaino come bagaglio a mano: Batterie di scorta, 2 per ogni corpo e relativo carica batterie (attenzione: le batterie al litio non possono viaggiare in stiva!); Schedine, minimo 2 per ogni corpo; Portatile e 2 dischi. Sempre, in stiva: Treppiede; Materiale per pulizia sensore ed ottiche; Prolunghe, prese triple e quanto serve a ricariche tutto in parallelo. Per me il portatile è quasi obbligatorio. Non per selezionare le foto ma perché voglio vedere se sto effettivamente riuscendo a fare quello che avevo in mente. Se non è così, insisto. Se ci sono già riuscito so che posso sperimentare di più ed evitare di rifare tutti i giorni piccole varianti delle fotografie già fatte, nella mancanza di certezza che siano venute bene. O, all’opposto, tornare a casa senza l’immagine cercata perché si è pensato di averla fatta ma… è micromossa e non sapendolo non si è più cercata l’occasione. Non fate mai, sottolineo mai, viaggiare il tele montato sulla macchina. Il suo peso unito alla lunghezza ed al conseguente braccio di leva può rovinare l’allineamento del bocchettone del corpo macchina se lo zaino cade a terra. Attenzione alle dimensioni, al limite di peso e di numero di colli del bagaglio a mano. Personalmente evito come la peste le compagnie più economiche perché tendono ad essere puntigliose su tutto mentre le altre, se le dimensioni sono nei limiti, non pongono limiti al peso o chiudono un occhio su piccoli eccessi. Alcuni trucchi ed un consiglio: Andate per tempo, i primi imbarcati normalmente sono meno controllati; Se la compagnia ammette 2 bagagli a mano – tipicamente uno dei due è la valigetta del computer – inserite nella valigetta oltre al computer anche uno o due corpi macchina, per riportare il peso dello zaino nei limiti; Se comunque vi trovano fuori peso state calmi e sorridete. Stanno solo facendo il loro dovere. Sorridete e mostrate candidamente il contenuto dello zaino – evidentemente fragile e costoso. Chiedete gentilmente e per favore il loro aiuto. A me ha funzionato, più di una volta, mentre chi si arrabbia, alza la voce, chiede di parlare con il responsabile spesso viene inchiodato al rispetto delle regole: bagaglio imbarcato in stiva con gli enormi rischi conseguenti; Se siete notevolmente fuori peso portatevi una sacca di tela della spesa, come ultima spiaggia in caso di imbarco del materiale in stiva. Vi consente di ridurre il rischio di danneggiamento tirando fuori dallo zaino alcune cose, le più costose, e portandole con voi fino al limite di peso. Giovane lupo in esplorazione - Finlandia, 24/6/2015 - D4 su 500/4AFS-VR, 1/250 f4 1250ISO Relativamente allo zaino, se viaggio in aereo, io mi oriento così. Se porto il tele uso un ThinkTank Commuter. Un mio amico l’ha definito lo zaino della Barbie, perché da fuori sembra molto molto piccolo (almeno per essere uno zaino capace di contenere un 500/4 oltre ad un mucchio di altre cose). Consiglio questa marca perché ha una forma molto efficiente ed una tasca per trasportare il PC, che poi sul campo può contenere comodamente un pile o qualcosa da mangiare. Quel modello è ben al di sotto dei limiti dimensionali dei voli. Se non lo porto, e vado ad esempio a fare un giro per città, zaino “mimetico” che non faccia capire che ho la macchina fotografica. Cioè uno zaino come quello che usano i ragazzi per i libri di scuola: un The North Face Borealis, con dentro una piccola custodia imbottita. Dentro questo zaino, non appeso fuori, riesco a mettere anche un treppiedino. Utilissimo per le notturne. Se prevedo grandi giri a piedi, uso un FStop Satori, che è praticamente comodo quasi come uno zaino da montagna, e che con la modularità delle ICU mi consente di dosare lo spazio per l’attrezzatura fotografica lasciando tutto il resto a disposizione per gli effetti personali. Massimo Vignoli per Nikonland - 12/1/2019
  25. Nello spirito delle "pulizie primaverili" e per allinearsi al nuovo corso Nikonland 3.0, mi sembra utile spiegare cosa mi aspetterei di vedere in questo club e, soprattutto cosa sarebbe meglio evitare, per avere idee più chiare e sperare in una partecipazione produttiva. Il club si chiama "Fotografia Naturalistica" che in inglese si traduce con Wildlife Photography, ovvero "Fotografia dedicata alla vita selvatica", animali, piante, funghi (possibilmente nel loro ambiente naturale) con una connotazione estetica ma anche di conoscenza. Per cui: Wildlife Photography non è Pet photography: il vostro cane, il vostro (e mio) gatto, criceto, canarino, mucca, pitone, tarantola o pesce rosso, qualunque animale da compagnia che ci giri per casa in giardino o o nell'acquario non è Fotografia naturalistica. Altrimenti il Club si dovrebbe chiamare " Fotografie di Animali e Piante" ed allora ci sta dentro tutto e non si capisce niente. Le foto dei nostri amici mettiamole da qualche altra parte, ok? Questo club è un club principalmente fotografico. Nel forum sono bene accette segnalazioni, richieste di identificazioni e simili, ma nelle gallerie e nei post fotografici (che dovrebbero essere la maggioranza) ci si aspetta di vedere soprattutto foto di qualità fatte al meglio delle proprie possibilità, come composizione, luci e quant'altro. In pratica questo club non è come Naturamediterraneo, eccellente forum di informazione e divulgazione naturalistica, in cui c'è anche un piccola sezione di fotografia naturalistica, ma per il restante 90% le foto sono solo a scopo informativo e/o documentativo e visto lo scopo, giustamente, poco importa che siano ben a fuoco, illuminate, composte, fatte con la compattina , il cellulare o chissà cosa. Qui è il contrario, un club dove presentare belle foto che ha anche uno spazio per identificazioni e segnalazioni. La fotografia naturalistica non è nemmeno fotografia "fantasy", mi riferisco a quelle poetiche (a volte inquietanti) invenzioni, che danno un'immagine distorta, diseducativa, della natura, che è l'esatto contrario della fotografia naturalistica. Ambientazioni false, fotografie di interazioni impossibili fra soggetti incompatibili, intesi come modelli a scopo creativo, si possono definire in qualsiasi modo che so, concept art?Non ne ho idea, ma il loro posto non è qui. Come ho già scritto , una Bambina col mantellina rossa che abbraccia un Pastore Cecoslovacco (intendo il cane di quella razza che più di tutti somiglia al Lupo) non è naturalistica. Ma allora che foto mettiamo qui? Non possiamo limitare i contributi alla fotografia naturalistica "dura e pura" alla Valerio e Massimo (Vignoli), altrimenti di foto se ne vedrebbero ben poche. Quindi siamo elastici, ma con onestà, magari dichiarando le condizioni di ripresa. Vanno bene: Foto naturalistiche vaganti o da appostamento nel territorio (quelle "dure e pure") Ballerina gialla che ha pescato un pesce, Calolziocorte (LC) senza capanno. Ballerina Gialla, tutto come sopra Ibis in Risaia , dall'auto. Foto in oasi naturalistica senza mangiatoie e altri richiami (ad esempio Torrile o Marcaria) Spatola a Torrile, foto da capanno. Foto da capanno attrezzato (con attrezzato si intende con presenza di cibo che attira i soggetti, che siano i passeriformi nel Monferrato o gli Orsi in Finlandia). Frosone , da capanno con mangiatoia ed abbeverata. Foto di animali che hanno colonizzato le città, Gazze, Cornacchie, Passeri, Falchi, Ratti, ma anche Aironi, Gabbiani e tanti altri animali si possono trovare in contesto urbano o periferico e si possono fare foto molto interessanti e significative. Airone Cenerino sul tetto a Pescarenico (LC)ù Airone Cenerino al Parco Nord Bresso/Cinisello/Milano. Nel contesto di natura urbana ci stanno anche gli invasori come queste tartarughe americane. Macrofotografie di animali e piante "sul campo", che non abbiano comportato manipolazioni a danno dei soggetti sempre, ma soprattutto se volte allo scopo di creare surreali scenette fantasy di cui ho già scritto sopra. A rigor di logica, come la pet photography non è fotografia naturalistica, così non lo è la garden photography; ossia la foto alla Begonia, Petunia, o altra specie non "spontanea". E gli Zoo-Parchi ? Ehm... hum... mah ... Le foto in uno zoo possono essere indubbiamente interessanti se contestualizzano lo zoo, magari come messaggio. Procione reso "obeso" dalla prigionia. Bayerische Wald. Altrimenti il soggetto a volte rischia di diventare fine a se stesso, o che le foto vengano "strane": Ad esempio un leone che passeggia su un prato rasato all'ombra di un abete, beh, fa strano. In senso stretto, un animale fuori dal suo ambiente non è proprio una foto naturalistica, ma qui non si vuole essere troppo restrittivi, per cui se a qualcuno piace il genere e gli riesce di fare belle foto di un animale allo zoo, va bene. Lince al Bayerische Wald, che in fondo è un grosso parco zoologico. La foto non è molto bella. A volte nei parchi si ottengono buoni ritratti come per questi lupi del Bayerische Wald. Spero di avere chiarito quali sarebbero gli intenti di questo club, aspetto le vostre foto con entusiasmo e perchè no, osservazioni e commenti qui di seguito.
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