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  1. La fotografia naturalistica, soprattutto la cosiddetta “wildlife photography”, cioè la fotografia agli animali liberi, impropriamente tradotta come caccia fotografica, esercita un grande fascino e a molti viene voglia di cimentarsi in questo genere, per provare l’emozione di vedere dal vero e riprendere animali in libertà. La ripresa di animali in ambienti non controllati richiede però grande esperienza della biologia dei soggetti del territorio, perizia tecnica, molto spesso anche una buona preparazione fisica ed una notevole dose di pazienza, nonché la disponibilità ad accettare la sconfitta, ossia di tornare a casa a mani vuote perché gli animali, almeno quelli che pensavamo di vedere, non è detto che si mostrino. E’ anche da considerare un impegno economico non indifferente per l’attrezzatura (fotocamere performanti e tele lunghi e luminosi) e, se si va all’estero in cerca di specie esotiche, anche per i trasferimenti e la logistica (sto parlando di fare foto esteticamente valide, non quelle sul pulmino del safari turistico sgomitando per riprendere leoni assonnati). Questo può finire per scoraggiare molti. Esistono però dei modi di fare fotografie agli animali che possono permettere anche a chi non può o non se la sente di impegnarsi nella “caccia fotografica” pura, di ottenere risultati soddisfacenti, con qualche compromesso. Vista da un Capanno dell'Oasi di Torrile. Le oasi: Ci sono molte oasi, gestite ad esempio dalla LIPU (e anche da altre organizzazioni) che sono nate soprattutto a scopo di tutela e conservazione, ma contemporaneamente, o successivamente, sono state attrezzate con capanni soprattutto per l’osservazione col binocolo e in alcuni casi adattate anche per la fotografia. Queste oasi possono essere liberamente visitabili (ad es. l’oasi dell’Alberone a Villa d’Adda (BG), la Palude Brabbia (VA) )oppure gestite ed accessibili solo alcuni giorni della settimana. Chiaramente le seconde sono più controllate ed offrono molte più occasioni fotografiche. Un esempio è Torrile (PR). L’oasi è piuttosto ampia, ci sono numerosi capanni, si accede nei giorni di apertura pagando un modico biglietto di ingresso giornaliero. In questo tipo di oasi gli animali ci sono perché si ritrovano in un ambiente relativamente tranquillo e protetto dai cacciatori, però i soggetti non vengono in alcun modo attirati ai capanni, per cui le possibilità di avvistamento sono estremamente variabili, così come le distanze e i tempi di attesa. Io ho fatto ottime foto a Torrile, spesso con i soggetti vicinissimi, “bruciando” una scheda in pochissimo tempo, mentre altri giorni non ho quasi scattato. Garzette a Torrile, lontane. O vicinissimo! Spatole e Cavaliere d'Italia a media distanza Tuffetto, praticamente sotto al capanno. Proprio per la variabilità dei soggetti (dal piccolo martin pescatore alla spatola, passando per il falco di palude) e delle distanze di ripresa, in queste oasi è consigliabile avere a disposizione un buon range di focali, compresi i supertele, oppure un superzoom (ideale, in casa Nikon, il 200-500mm f 5.6) . Alla reception dell’oasi di Torrile (in altre realtà non esiste reception o se esiste non so come sia) il personale ai tempi in cui ci andavo io era gentile e sapeva anche indicare quale capanno offriva le migliori possibilità in quel momento (relative, perché siamo sempre di fronte all'imprevedibilità dei soggetti). Un altro aspetto da considerare è che se l’oasi ha una buona reputazione, si rischia di trovare i capanni affollati, soprattutto nei weekend, per cui diventa disagevole fotografare senza darsi fastidio a vicenda. Inoltre, oasi diverse offrono possibilità diverse fra loro, da buone a scarsissime, per cui conviene fare indagini preventive. Il sottoscritto a Torrile, un po' di anni fa (al fotografo mancava il VR). Siti attrezzati per i fotografi: Da un decennio o forse più si sono concretizzate altre realtà più commerciali, per così dire, orientate sì alla conservazione ma anche e soprattutto alla fotografia naturalistica come business. Organizzazioni più o meno grandi, oppure singoli, hanno realizzato, in accordo con proprietari di appezzamenti di terreno che ricevono una quota dei guadagni, dei ripristini di zone umide, oppure delle mini oasi attrezzate. In questi casi i capanni sono progettati espressamente per i fotografi, spesso con ampie vetrate semiriflettenti, anziché feritoie da binocolo, e le specie per le quali è possibile farlo, vengono attirate con del cibo. Spesso sono presenti anche dei mini stagni, in modo da poter fotografare i passeriformi che si abbeverano o fanno il bagno. Le possibilità di portare a casa buone foto, specialmente nel caso di uccelli più piccoli e timidi come i picchi, o particolarmente diffidenti come alcuni rapaci sono superiori, mentre nei capanni sugli specchi d’acqua previsti per gli ardeidi e le anatre non ci sono troppe differenze rispetto alle oasi descritte prima. Le foto che seguono sono scattate da capanni di tre associazioni diverse. Nei capanni per passeriformi, poiane ecc., le distanze possono essere anche ridotte, addirittura in un caso (mi è capitato) “regolabili”, in quanto il gestore, saputo con che focali sarei andato, ha sistemato i posatoi a distanze convenienti. ù In queste realtà i posti nel capanno sono fissi (di solito due o tre) e vi si accede solo previa prenotazione, per cui si ha la sicurezza di scattare con tranquillità in un ambiente confortevole. Il prezzo come prevedibile è di molto superiore rispetto alle oasi che ho citato prima. Naturalmente, niente è garantito al 100% (una mia uscita in uno di questi capanni per riprendere espressamente lo sparviere che si diceva passasse quasi quotidianamente per abbeverarsi, ha dato dei verzellini ed un merlo… si vede che sono andato in uno dei giorni “quasi”). In questi casi uno zoom 100-400, un 300mm possono anche bastare (magari un 1.4 da accompagnare il 300 se abbiamo una fotocamera a formato pieno o un 70-300 se abbiamo un formato Dx). L'Oasi di Cervara (TV), ha una serie di capanni gestiti su prenotazione come sopra, uno dei quali dedicato al Martin Pescatore. Infine, ci sono anche possibilità (pochissime, ma ci sono) di fotografare certe specie in aree dove hanno perso la paura dell’uomo. Lì basta avere l’accortezza di predisporre un rametto che faccia da posatoio e disporre di una manciata di semi che il risultato è (quasi) garantito, l’esempio più famoso è il sentiero delle Cince in Val Roseg dove almeno quattro specie di cince, più il picchio muratore ed il fringuello sono facilissime da avvicinare (le cincie bigie ti prendono il cibo dalla mano). Cincia dal ciuffo (sopra) e cincia bigia (sotto)allo scoperto in Val Roseg (fotografate in stagioni diverse). A Biandrate (NO) si possono fare dal marciapiede della provinciale belle foto di ardeidi e Ibis sulle cime degli alberi o che volano avanti e indietro dalla garzaia (in cui NON SI DEVE ENTRARE!) per la costruzione del nido o per procurare cibo ai nuovi nati. Ultima osservazione, se qualcuno ha un giardino in una località compatibile, vicina ad un pezzo di bosco, basterà posizionare accortamente delle mangiatoie strutturate in modo da consentire di riprendere gli uccelli senza inquadrarle (non per imbrogliare, tanto lo sappiamo tutti, ma perché le inquadrature con pezzi di mangiatoie, così come quelle con i soggetti con i semi nel becco, sono veramente brutte) e piazzate con accorgimenti che le rendano non raggiungibili dai ratti e dai gatti 😉 , si potrebbero anche fare riprese interessanti dalla finestra di casa! Dalla finestra della cucina di un vecchio amico... la cui casa confinava col Parco Pineta di Appiano Gentile (CO). Ok per il come e il dove, ma il"Quando"? Come ho scritto all'inizio per fotografare gli animali occorre una conoscenza almeno di base della loro biologia e comportamento. Soprattutto se sono specie migratorie. Altrimenti si corre il rischio di arrivare fuori stagione e vedere poco o nulla. Occorre quindi documentarsi per le diverse specie ma in generale si può dire che ad esempio che le stagioni di passo sono quelle in cui si ha la maggiore possibilità di incontrare grande diversità di soggetti. I passeriformi d'inverno fanno fatica trovare cibo quindi si vedranno molto più facilmente alle mangiatoie dei capanni rispetto alla buona stagione, quando hanno anche altre fonti di alimentazione. Inoltre alcune specie scendono a svernare da noi. Sempre d'inverno è più facile vedere numerose specie di anatre nordiche che scendono da noi a svernare (ultimamente un po' meno per via del riscaldamento globale). Al contrario alcuni rapaci svernano in Africa e da noi si vedono nella bella stagione. Gli Aironi sono particolarmente attivi all'inzio della primavera quando nidificano nelle Garzaie. Adesso ad es. a Biandrate non c'è quasi nulla, a Marzo/Aprile invece si sentono e si vedono da lontano. Sempre in primavera gli svassi si corteggiano con le loro coreografiche parate nuziali. Morette e moriglioni che svernano a Calolziocorte (LC) Un tempo i cormorani erano per lo più invernali, ora tendono ad essere stanziali. NOTA BENE, questo mio articolo è puramente informativo, vuole illustrare a chi non ne fosse già a conoscenza, l’esistenza di alcune modalità “facilitate” per fotografare alcuni animali; ma non ha la pretesa di essere esaustivo. Soprattutto non è il luogo ove discutere in merito al rapporto facilità, modalità di ottenimento e valore documentaristico/naturalistico dell’immagine. Quindi pregherei di evitare nei commenti di avviare discussioni su cosa sia la "vera fotografia naturalistica", perché si finirebbe in un ginepraio e soprattutto sarebbe fuori contesto. Discutiamo invece, e in questo caso molto volentieri, su ciò che è inerente al tema o segnaliamo eventuali realtà simili a quelle da me citate, di cui siamo a conoscenza. Silvio Renesto
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