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  1. L’amico Effe, commentando questo mio articolino in cui ho pubblicato delle mie foto ad una scultura di Fabio Fogliazza, autore di una ricostruzione dell’Uomo di Neandertal di risonanza internazionale, fra altre cose mi scrive: "...l'argomento è veramente interessante e mi piacerebbe saperne di più del lavoro che svolge il tuo amico Fabio: come nasce una ricostruzione, le tecniche che utilizza. Ti sto proponendo un altro blog, mi rendo conto, ma sono veramente curioso." Gli avevo risposto che glielo avrei fatto raccontare da Fabio stesso, così ecco questa intervista, non è proprio fotografia,, ma a mio parere è molto ghiotta. Fabio, raccontaci qualcosa di te Sono nato a Milano nel 1967, diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera (un titolo di studio equivalente ad una laurea magistrale). Ho iniziato a frequentare il Museo di Storia Naturale nel 1986, inizialmente come semplice appassionato di fossili…. poi, da cosa nasce cosa e nel ‘92 ho cominciato a lavorare nel Laboratorio di Paleontologia come contrattista. In principio Contratti per Prestazione Occasionale, che mi impegnavano nelle preparazioni di fossili e nella realizzazione di illustrazioni a corredo delle pubblicazioni scientifiche. Il caso ha voluto che proprio in quel periodo fosse appena terminato il recupero dello scheletro del Besanosaurus (Un Ittiosauro, un rettile marino, lungo circa 6 metri NdR), dallo scavo del Sasso Caldo (VA ) e c’era bisogno di personale per la preparazione. I contratti sono diventati a co.co.co (collaborazione coordinata e continuativa ), ed è andata avanti per 15 anni. Sono stato finalmente assunto per concorso pubblico nel 2009. Attualmente sono l’unico tecnico di Paleontologia del Museo e, temo, non lascerò discendenza. Il tuo lavoro ha due aspetti principali, uno più tecnico la preparazione dei fossili ed uno più artistico e interpretativo l' illustrazione o ricostruzione degli antichi viventi. Ci vuoi dire qualcosa sulla preparazione? Come ,credo, in ogni attività la passione si stempera nel mestiere o quanto meno si trasforma in professione. Non c’è alcun particolare segreto nel liberare i resti fossili dalla matrice che li include: tanta pazienza, conoscenza della strumentazione necessaria e una “mano educata”, una appropriata conoscenza dell’anatomia. Il resto lo mette l’esperienza, l’aver visto molti esemplari e aver lavorato sulla maggior parte di essi. Gli strumenti sono diversi a seconda delle esigenze di conservazione dei campioni: dai semplici chiodini d’acciaio da falegname a vibropenne meccaniche fino alla sabbiatrice; naturalmente il laboratorio deve essere progettato per sostenerne l’installazione: molti di questi necessitano di un impianto ad aria compressa e di impianto elettrico appropriato ( per esempio le penne meccaniche e la sabbiatrice ). La preparazione, che si intenda a scopo di studio o anche solo espositivo, è un’attività impegnativa: per fare un esempio, liberare i resti fossili del Besanosaurus, tre tecnici sono stati impegnati per oltre 17.000 ore di lavoro al microscopio ottico binoculare, utilizzando diversi strumenti. Nei tempi d’oro , tra la metà degli anni ‘90 fino al 2006, il Laboratorio poteva contare su tre preparatori a contratto. Fabio al lavoro su un fossile con la punta d'acciaio. Foto S. Renesto. E sull’illustrazione? L’illustrazione e ancor più la scultura sono in realtà le mie “vere” attitudini. Nel primo caso confesso di aver vissuto due fasi distinte: la prima più volta all’aspetto tecnico legato all’acquerello, con il quale ho realizzato la maggior parte dei disegni per il Museo ma non solo, ed una seconda dove ha prevalso l’aspetto interpretativo, più “artistico” se così si può definire, che mi ha dato le soddisfazioni maggiori, sia a livello personale che in ambito professionale. Ultimamente uso quasi esclusivamente la matita. Alcune delle ricostruzioni di Fabio: Cycleryon, un "gambero" preistorico. Placodonte (rettile marino del Triassico) Pontosaurus (rettile marino del Cretacico). Saltriovenator (dinosauro carnivoro giurassico italiano) L'opera che ti ha dato maggiore notorietà è il busto di uomo di Neandertal. Raccontaci la sua storia Ho realizzato diverse sculture per il Museo, fra cui la ricostruzione di Ciro (Scipyonix, il primo dinosauro carnivoro scoperto in Italia, NdR). Particolare della ricostruzione di Scipionyx Il lavoro più apprezzato che ho mai realizzato è certamente la scultura che ritrae un uomo di Neandertal. L’idea nacque qualche anno fa chiacchierando con gli amici archeologi preistorici dell’Università di Ferrara (la preistoria…un’altra mia passione!). Avevano appena concluso la campagna di scavo annuale alla Grotta di Fumane, nei monti Lessini e stavano pubblicando i risultati dell’indagine archeologica su alcuni livelli di occupazione neanderthaliana, molto ben conservati. Il famoso busto di Uomo di Neandertal. Foto di G. Bardelli. Nacque l’idea di realizzare un ritratto realistico che visualizzasse le nostre teorie sulle capacità cognitive ed espressive dell’Uomo di Neandertal, fino ad allora considerato poco più che il nostro cugino mal riuscito. Per la ricostruzione si è partiti da una copia in resina del cranio molto ben conservato e completo di La Ferrassie I (un esemplare francese coevo ai livelli di Grotta Fumane, che purtroppo non ha restituito alcun elemento scheletrico di Neandertal). Su questa base si è ricostruito il probabile aspetto, consultando per gli aspetti di ricostruzione facciale un amico esperto di tecniche di criminologia forense, le stesse che si usano per ricostruire l’aspetto di vittime di omicidi di cui si ritrova solo lo scheletro a distanza di anni dalla morte. Foto di G. Bardelli. Foto di G. Bardelli Con la stessa tecnica Fabio ha realizzato anche i modelli facciali di altri ominidi: La famosissima Lucy (Australopithecus afarensis). Foto di G. Bardelli. Paranthropus boisei, un ominide "robusto". Foto di G. Bardelli. Questa immagine quasi mostruosa di un ominino simile all'Homo erectus è frutto di un accurato studio, una vera autopsia: il cranio mostra che l'uomo aveva preso un colpo che gli aveva incrinato la mandibola e spaccato dei denti, l'infezione conseguente era degenerata producendo degli ascessi che gli avevano deformato il viso, infezione che poi si è propagata fino al cervello, uccidendolo fra sofferenze atroci. Foto di G. Bardelli. Hai rappresentato l’Uomo di Neandertal con un aspetto simile ad un "indiano d'America", ossia un nativo americano del Nord, come mai? Il gruppo del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università di Ferrara, durante la campagna di scavo nella grotta di Fumane di cui ho accennato sopra, ha scoperto fra l’altro in livelli di 44mila anni fa, resti ossei di varie specie di uccelli (avvoltoi, aquila, falco cuculo, gracchio alpino, ecc.). L’analisi ha mostrato tracce di tagli effettuati con strumenti in pietra, finalizzati al recupero delle ali e delle penne remiganti più vistose. Questo porta indietro di decine di migliaia di anni l’origine della pratica di adornarsi e dimostrerebbe che non è un’esclusiva della cultura di Homo sapiens: già i Neandertaliani utilizzavano oggetti a scopi simbolici ed ornamentali dimostrando di possedere un peculiare senso dell’estetica. Questa ipotesi è sostenuta da scoperte nelle grotte di gran parte del continente europeo, dalla Francia (Pech de L’Azè ) alla Spagna (Gibraltar, Cueva de Antón e Cueva de los Aviones) alla Croazia (Crapina ). In ognuna di queste sono stati riconosciuti gli stessi processi culturali: utilizzo delle penne e degli artigli di rapaci, uso di pigmenti naturali quali l’ocra rossa. La tendenza in campo scientifico, attualmente è di considerare il pensiero simbolico una prerogativa non più esclusiva della nostra specie. Ancora oggi, a distanza di qualche anno e nonostante l’avanzare delle conoscenze, la nostra interpretazione rimane un punto di riferimento per chiunque decida di cimentarsi in una ricostruzione dell’aspetto dei Neandertaliani. Tornando alla tua attività di illustratore, c'è stata una evoluzione, una maturazione nel tuo stile. cosa è cambiato e perchè? Prima ero più legato ad un discorso didascalico, ossia illustrare l’animale preistorico in modo più naturalistico, più vicino a quello che si pensava fosse il suo aspetto reale, passando alla paleoantropologia, pur restando nell’ambito del rigore permesso dalle conoscenze, mi interessa di più invece evidenziare l’aspetto suggestivo, simbolico. Scimpanzè Tyrannosaurus rex Voglio che chi guarda le mie immagini venga coinvolto emotivamente, portato dai segni, dai colori e dai giochi di luci ed ombre, a cogliere l’atmosfera e le sensazioni che pensiamo fossero parte della vita dei nostri antenati. Da qui la scelta della matita, più essenziale, rude ed efficace nel delineare chiaroscuri e l’uso nelle illustrazioni degli stessi colori che venivano usati nella Preistoria, ad esempio il rosso dell’ocra dell’Argilla ed il nero del Carbone,. Donna sapiens (in red) e neandertaliana (in black) Per una mostra sul Neandertaliano di Rio Secco, (Friuli) dove sono stati trovati monili ricavati da artigli d'Aquila. Alla base del disegno il cranio di un Orso delle Caverne. Sciamano aurignaziano (H. sapiens, circa 40.000 anni fa)) Ma il mio interesse artistico va oltre la preistoria e comprende la natura Civetta E l'etnologia, anche i popoli attuali mi ispirano sia al disegno che alla scultura. Donna Berbera Koishan Donna Tuaregh La testa di Mora, come la chiama Silvio, è figlia di un intensa esperienza nel Sud dell’Etiopia, Valle del Fiume Omo. Chi fosse interessato a capire di che cosa parlo, consiglio “Vanishing Africa” di Gianni Giansanti. Foto di S. Renesto La scultura, il cui titolo è in realtà EBANO, è ispirata all’incontro con una giovane donna, di cui non so il nome (per la verità me lo disse ma non è riproducibile … rimpiango di non essermelo fatto scrivere!), conosciuta al mercato di Key Afer …e, probabilmente, anche di tante altre incontrate viaggiando attraverso le Southern Nations. E' stata una lunga carrellata, ma penso ne sia valsa la pena! Un'ultima cosa. Come avete visto quasi tutte le foto non sono mie, ma di Giorgio Bardelli, naturalista, bravissimo fotografo e convinto nikonista (penso di dedicare anche a lui un'intervista prossimamente, le sue foto meritano davvero). E con questo terzetto di figuri, vi saluto... Foto di A. Pobbiati. Alla prossima!
  2. Max Aquila una volta ha scritto che sono un po' avaro nei miei interventi divulgativi. Ha ragione, ma lo faccio per non risultare noioso e non sembrare saccente e anche perchè spesso quel che pubblico è soggetto a diritti da parte degli editori delle riviste scientifiche. Ogni tanto però può capitare qualcosa non strettamente legato a novità scientifiche; si tratta più di consulenze "investigative": Ai Musei capita di acquisire del materiale interessante, che però ha bisogno di identificazione sicura da parte di uno specialista. Indagando si possono avere belle sorprese anche da materiale apparentemente scarso. Se avete voglia di seguirmi, vi racconto un piccolo caso. E' quasi una storia gialla; c'è una vittima da identificare, solo che è morta novanta milioni di anni fa e... ne è rimasto molto poco. Era stato etichettato come frammento di rettile marino non identificato, proveniente da un giacimento di un paese straniero (la barra è di dieci centimetri per dare l'idea delle dimensioni) ma andava determinato un po' meglio. Il sedimento è tipico di un giacimento di mare aperto. I denti conici sono tipici di chi caccia prevalentemente in acqua; La struttura dell'osso e il fatto che i denti hanno radici indicano che si tratta di un rettile (la faccio breve sui dettagli tecnici, mi perdonerete) della mandibola di un rettile marino. Novanta milioni di anni fa nel Cretacico, c'era una grande varietà di rettili marini (tartarughe enormi, plesiosauri dal collo lungo e così via). Ogni gruppo è riconoscibile, almeno a grandi linee, anche in base a poche ossa, purchè abbiano caratteri rivelatori, come ad esempio i denti. Questi denti a base larga e curvi all'indietro, insieme alla struttura delle ossa, dicono che il frammento è un pezzo di mandibola di un esemplare appartenente ad una qualche specie di Mosasauro, rettili marini predatori simili a grossi varani, con arti e coda modificati per il nuoto. Da internet, ricostruzione di diverse specie di Mosasauri. Ecco identificato il pezzo esaminato (in giallo). Questo ci permette di ricostruire le dimensioni effettive del proprietario. Si può anche scendere un po' più in dettaglio: alcuni particolari dei denti (curvatura, striature) danno qualche indizio in più. Per cui possiamo ipotizzare che poteva trattarsi di un Halisaurus. Da internet , scheletro completo di Halisaurus Da internet, ricostruzione ipotetica . Ma da buoni detective si osserva tutto, si scopre così che nella stessa lastra ci sono dei denti e dei pezzi d'osso completamente diversi, appartenuti ad altri animali ben diversi. Punti dove ci sono resti di altri animali. Questi denti non hanno radici ma partono dall'osso, per cui è un frammento di mascella di un pesce. Di un grosso pesce predatore estinto, Enchodus Da internet, possibile aspetto di Enchodus. Questi invece sono denti di uno squalo preistorico, Cretolamna. Probabile aspetto (da internet). E questo? Sempre un dente, ma misterioso, cerca e trova... è un dente della "sega" di un antico pesce sega! Che è un parente degli squali. Ricostruzione del possibile proprietario del dente (da internet, mentre la foto nel riquadro è la stessa mia) cerchiati i "denti" della sega. Avreste detto che in poco più di trenta centimetri di "sasso" c'è fotografata una fetta della vita di quell'epoca? Mica male come "pezzo" vero? In una detective story, oltre alla vittima non ci dovrebbe essere anche l'assassino? Questa volta no, questi resti d'ossa derivano da accumuli sul fondo di frammenti di scheletri staccatisi dai cadaveri e non si sa perchè siano morti; nel caso dei denti di squalo, si sa invece che gli squali anche da vivi li perdono e sostituiscono in continuazione. Su questo "pezzo" è stata fatta una Tesi di Laurea e verrà prossimamente esposto, con tutte le spiegazioni del caso, presso il Museo di Scienze Naturali "Mario Realini di Malnate (VA). Volendo è già esposto, ma mancano le indicazioni, pannellistica ecc. che sono in fase di progettazione. Al lavoro investigativo hanno partecipato una Nikon D610, un Micro nikkor 105 f2.8 VR e un 50mm f1.8 D Sempre sperando di non essere ...fastidioso.
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