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Ma la Nikon D780 ce l'ha il focus stacking ? [Ripresa con Cambio di Messa a Fuoco secondo la terminologia di Nikon Italia] Si, ce l'ha. E funziona particolarmente bene, perché si può impostare la fotocamera in modalità "silenziosa" in modo da evitare ogni vibrazione [specchio alzato, otturatore aperto]. Si tratta di una procedura automatica sviluppata all'inizio per la Nikon D850 e poi estesa alle macchina successive, compresa la Nikon D780 e quasi tutte le Nikon Z. In questa situazione, la D780 è un filo meglio di quanto può fare la D850, perché eredita molte delle sue funzionalità dalla Nikon Z6, dove sono state perfezionate. Ma procediamo passo-passo. Di che stiamo parlando ? Quando dobbiamo riprendere un oggetto esteso (ma il concetto si presta perfettamente anche ad un paesaggio, non solamente ad oggetti ben definiti : l'unico requisito fondamentale è che non ci siano parti in movimento ma tutto sia bene fermo) normalmente chiudiamo il diaframma quanto è necessario e facciamo uno scatto. Ma se vogliamo la massima profondità di campo, idealmente sufficiente ad avere proprio tutto a fuoco e il massimo dettaglio, allora uno scatto così può non essere sufficiente. questo è uno scatto fatto ad f/8, messa a fuoco intorno al tasto DISP. Tempo di scatto 0.62'', ISO 100. Come si può ben vedere se il piano di messa a fuoco ... è a fuoco, non lo sono ne le parti davanti ad esso, ne quelle di sfondo. Mentre la nostra amata Nikon Zf è solo parzialmente a fuoco. Insomma, questo scatto può andare bene per una ripresa "artistica" ma non per una che abbia la massima precisione e dettaglio. Per essere chiari, questo è il risultato a cui tendiamo idealmente : potremmo provare a chiudere ulteriormente il diaframma. Ma non sarebbe sufficiente. Ed andremmo pericolosamente a contatto con i noti fenomeni di diffrazione che, alle risoluzioni a cui lavoriamo, influirebbero negativamente sulla definizione dell'immagine, anziché aiutarla. Come risolvere il problema per arrivare alla fotografia che vogliamo ? Niente paura. Non è scienza aerospaziale, parliamo di cose che sono alla portata di tutti, ma proprio tutti i fotografi. La foto che vedete è stata realizzata con la Nikon D780, con il meno adatto dei Nikkor, il 58/1.4G. Il soggetto è illuminato ... dalla luce ambiente (sostanzialmente i LED del lampadario della stanza altre aggiunte. Ma naturalmente qui potremmo utilizzare ogni luce fissa o flash di cui disponiamo. Lasciamo ai singola la scelta. Considerate che per le foto di repertorio dei nostri articoli, noi andiamo in studio ed usiamo 4 flash da 600 W/s ognuno dotato di softbox ottagonale da 120 cm di diametro con nido d'ape). Il bilanciamento del bianco è stato premisurato per non avere inconvenienti poi. Ovviamente la D780 è su treppiedi - uno semplice, non ne serve uno da milionari - con una testa a sfera da 42mm. Ci viene incontro il software Il problema ce lo risolvono le tecniche multiscatto. Facendo una serie di scatti cambiando il punto di messa a fuoco, è possibile avere una sequenza di immagini che coprono l'intero campo visualizzato (e anche oltre, se è possibile). Ci sono programmi dedicati - ma è possibile farlo a mano anche con Photoshop - che elaborano automaticamente queste sequenze di scatti per estrarre da ognuna le zone di immagine più nitide e contrastate. Per creare una immagine risultate che sia il più possibile "perfetta" e con una profondità di campo senza soluzione di continuità ? Magia ? No, è alla portata di qualsiasi fotografo. Persino quelli privi di qualità fotografiche come siamo noi. Abbiamo parlato di sequenze di immagini. Nella preistoria, si facevano ad ... occhio. Ovvero si facevano gli scatti un pò dove l'occhio colpiva, tentando di avere una copertura più o meno completa dei dettagli del soggetto. Per poi andare nel software e magari ... scoprire che il dettaglio più importante, il punto nodale della foto, non era nitida. Dovendo ovviamente ricominciare tutto da capo. Ancora ad occhio ! Ma Nikon ci offre questa procedura automatica che abbiamo deciso di sfruttare con la nostra Nikon D780. nel menù ripresa, in fondo, troviamo la voce Ripresa con cambio messa a fuoco. Come vedete ci sono altre funzionalità automatizzate nella D780 (riprese intervallate, Ripresa time-lapse). Ma fate mente locale invece all'opzione Fotografia live view silenziosa. E' una prerogativa delle Nikon Z. Ma la Nikon D780 è l'unica reflex che ce l'ha ! L'ha ereditata dalla Z6. In questa modalità, la D780 non produce alcuna vibrazione. Tanto che non è necessario impostare particolari intervalli tra uno scatto ed un altro, anche quando si scatta a tempi lunghetti. entrando nella voce del menù, abbiamo una serie di opzioni. Sotto al tasto Avvia, che in sostanza attiva la procedura (è quello che premeremo per far partire la sequenza), ci sono varie opzioni. il numero di scatti da fare. Indica alla fotocamera quanti scatti dovrà effettuare Larghezza step di messa a fuoco. E' un parametro qualitativo che comunica alla fotocamera una quantità di scostamento di messa a fuoco progressiva tra uno scatto e un altro Blocco esposiz. primo fotogr. Segnala alla fotocamera di non variare l'esposizione tra i vari scatti, fermandola alla prima misurata nel primo scatto (sinceramente noi suggeriamo di scattare in manuale, in modo da avere una impostazione fissa. Idem per il bilanciamento del bianco. Meglio fisso o premisurato) Fotografia silenziosa. Se messo su ON, la D780 opera in otturatore elettronico. In silenzio e senza vibrazioni. Se messo su Off, viene utilizzato l'otturatore meccanico. Preferibile usare l'otturatore elettronico tranne i casi di illuminazione oscillante che crei bande di luce negli scatti Avvio cartella di memorizzazione (nelle successive opzioni è possibile indicare se la macchina deve creare una cartella apposita per ogni sequenza o se debba ripetere la numerazione per le varie sequenze) Tutto bellissimo se non ci fosse il dilemma di scegliere il numero di scatti e la larghezza dello step di messa a fuoco. Con l'esperienza si riescono a scegliere i numeri giusti. Ma non sempre. E la necessità di ripetere la sequenza cambiando i parametri è sempre dietro l'angolo. Diciamo che più sono gli scatti, più piccolo dovrebbe essere lo step. Ma detto così sembra una cosa a cui credere per fede ... un paio di scatti del semplice set impostato per questo articolo. Una tavola di truciolare nobilitato come piano. La D780 su treppiedi. Il cavo USB-C per la connessione al computer, in modo da evitare i dover togliere la scheda di memoria per prelevare gli scatti. Ma il cavo verrà utile anche per la seconda parte dell'articolo ... E andiamo agli scatti Con l'accortezza di mettere a fuoco ad occhi, davanti al soggetto, non sopra, un filo davanti. Andiamo al menù e premiamo Avvia il display si oscura. Passa un breve momento e poi partono gli scatti. Vediamo che la macchina lavora perché si accende e si spegne la spia di memorizzazione delle immagini sulla card. Ma la sequenza avviene in modo silenzioso. Ci vuole un pò di tempo perché abbiamo scelto un tempo di 2/3 di secondo. Ma dopo il tempo necessario la macchina si riavvia. Ovviamente durante questo tempo noi dobbiamo stare in religiosa attesa, senza fare né poter fare nulla di utile. Preleviamo gli scatti Potremmo prelevarli anche wireless con l'Utility Nikon Wireless Transmitter ma non ci sembra il caso di complicarci la vita. Abbiamo un cavo USB-C da 3 metri. La Nikon D780 viene vista dal nostro PC. come se fosse una qualsiasi periferica. Vediamo la scheda di memoria da 256 GB, una comune SD Lexar 1066x. navighiamo all'interno e vediamo la cartella di memorizzazione delle foto. e anche l'anteprima degli scatti. Li prendiamo e li trasferiamo in una cartella nel disco fisso del computer. Parte software Abbiamo scritto un tutorial sullo stacking via Photoshop. Ma non tutti hanno Photoshop, che è un programma costoso e complesso. Per fortuna ci sono sul mercato software dedicati allo stacking, estremamente più efficaci e semplici, oltre che velocissimi. Noi abbiamo adottato Helicon Focus, di una software house ucraina. è una app a pagamento, con la licenza rinnovabile di anno in anno, oppure valida per sempre. E' solo una questione di prezzo. il programma, appena avviato si presenta così : con l'invito a trascinare le immagini da elaborare nello spazio grigio non ci facciamo pregare troppo e con il mouse trasciniamo le nostre 11 immagini dentro al programma. Le vediamo in miniatura sulla destra, mentre nel riquadro principale abbiamo l'anteprima del primo scatto. Si vede già che è a fuoco la parte anteriore dell'obiettivo. Mentre il resto è sfuocato. il programma presenta svariati metodi di "montaggio" tra le opzioni. Approfondirle non è oggetto di questo articolo. Magari un'altra volta. Ma noi possiamo anche andare con le impostazioni dell'ultima volta. Basta premere il tasto Crea. Il programma mostrerà il progressivo processo di creazione della fusione di immagini con una animazione in bianco e nero che, al termine, mostrerà il risultato. possiamo salvare l'immagine sul disco fisso. Che poi apriamo con il nostro programma di editing preferito. In questo caso Photoshop. con la taglierina ritagliamo il soggetto in modo da eliminare parti dello scatto non pertinenti che abbiamo lasciato per avere più materiale su cui mettere a fuoco. e qui esaminiamo il risultato. Il soggetto è nitido ma la stessa cosa non possiamo dire dello sfondo. Non sarebbe un problema, ma esteticamente potremmo avere un miglior effetto con tutto a fuoco. Nella foto qui sopra, in verde ciò che ci piace, in rosso ciò che non ci piace. Dove é il problema ? Impostando una sequenza di 11 scatti siamo riusciti a coprire il soggetto ma non molto oltre. E questo non ci ha dato la profondità di campo infinita che volevamo realizzare. Per risolvere non avremmo altro modo che ripetere la sequenza con un numero di scatti maggiore. Quanti scatti ? Un numero maggiore ... a nostro piacimento. Forse sufficienti, forse ancora insufficienti. Forse troppi, un numero eccessivo. Così come continua a non convincerci quel numero che definisce lo Step che non abbiamo modo di parametrare. E' il limite della procedura Nikon. Comoda ma non ideale. Ma che comunque funziona bene e che, con un pò di esperienza vi assicuriamo che ognuno saprà trarne il meglio. Per fotografare, in modo che tutto sia a fuoco, oggetti e soggetti comunque grandi, impossibili da riprendere con profondità di campo infinita, con un unico scatto. Sperando di avervi incuriositi, vi rimandiamo alla prossima puntata per un metodo alternativo ed efficiente. Sempre con la D780 nelle vesti di regista e la Zf di modella.
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In questo articolo con il termine "capanno attrezzato" intendo quei capanni in cui oltre al riparo per il fotografo sono disposti posatoi ad hoc ed è presente mangime di vario genere allo scopo di avvicinare i soggetti. I soggetti sono perfettamente liberi, è la presenza di cibo e di acqua ad attirarli consentendo al fotografo di riprenderli con maggiore facilità. C'è chi costruisce questi capanni ad uso personale e ce ne sono di quelli gestiti da varie organizzazioni, ad esempio Skua, o da singoli individui che li affittano ai fotografi. Negli ultimi anni c'è grande richiesta. I capanni in sè possono essere molto semplici o molto elaborati, da poco più che tende a quasi dei mini bungalow, ma non è questo il tema dell' articolo. Mi interessa spiegare come ottenere il meglio, perchè anche se incredibilmente più facile che fare della fotografia vagante, la foto nel capanno attrezzato richiede comunque attenzione per evitare di fare foto banali o percepite come poco naturali, od addirittura brutte per chi ha un minimo di sensibilità estetica e di conoscenza della fotografia naturalistica. Non parlo dei capanni per gli orsi e simili, che non conosco, mi riferisco ai piccoli capanni nostrani per fotografare di solito uccelli e piccoli mammiferi. Le foto giuste e sbagliate sono tutte mie così non offendo nessuno. Vediamo le cose a cui fare attenzione: Ambiente ristretto: Il capanno attrezzato a cui mi riferisco è come un piccolo set di posa, per cui se questo permette di avere dei posatoi "scelti" che consentono inquadrature gradevoli: D'altro canto le dimensioni limitate fanno sì che se non si sta attenti nel comporre le immagini, possono restare inclusi dei particolari che rivelano l'artificialità della situazione. L'angolo della vaschetta a sinistra. Così è meglio. Il mangime nei capanni in affitto è generalmente ben distribuito dal gestore in punti nascosti prima di ogni sessione, ma occorre lo stesso fare attenzione quando si inquadra a non includere elementi chiaramente estranei come ad esempio noci e nocciole incastrate per attirare i picchi. La nocciola...non si può guardare. Niente nocciola. Meglio, molto meglio. Spesso durante la sessione sono gli animali stessi a disperdere i semi creando un tappeto sgradevole, molta attenzione quindi quando si inquadrano soggetti posati a terra. Sbrodoloni! In alto a destra... quanti semi! Anche sfuocati si notano. Noooo! Meglio. si vede ancora qualcosa comunque, ma disturba meno. Se qualcosa scappa si può tentare di aggiustare in postproduzione, ma sarebbe meglio partire con lo scatto corretto. In questa foto di Poiana c'è un pezzettino di ...Pollo a destra, che fa una piccola macchia bianca, potremmo tirarlo via in postproduzione. Nei capanni autocostruiti per diletto personale, a volte si usano mangiatoie da supermercato, tipo le retine, che gli uccelli possono fare cadere, occhio anche a quelle. Sinistra Sì, destra No. E' anche molto poco gradevole fotografare i soggetti con il cibo nel becco, se non è cibo coerente con l'ambiente, Una peppola ben difficilmente troverà un seme di girasole nel bosco, quindi, evitiamo. Sono stato pesantemente criticato (con ragione) per questa foto alla Nocciolaia da me scattata tanti anni fa con l'ingenua idea "che bello una nocciolaia con la nocciola in bocca". Nocciole nella neve in un bosco di conifere, ma quando mai! Me meschino! NOTA BENE, COME HO GIA' SCRITTO IN RISPOSTA AD UN MESSAGGIO, LE MIE NON SONO INDICAZIONI PER IMBROGLIARE E FAR PENSARE CHE QUESTE FOTO RAVVICINATE SONO MERITO DI CHISSA' QUALE NOSTRA GRANDE ABILITA'. CHIUNQUE E RIPETO CHIUNQUE CAPISCA UN MINIMO DI FOTOGRAFIA NATURALISTICA SA CHE NEL NOSTRO PAESE CERTI ANIMALI A CERTE DISTANZE CI VENGONO SOLO SE ATTIRATI E SE IL FOTOGRAFO E' NASCOSTO. LE MIE VOGLIONO ESSERE DELLE INDICAZIONI PER FARVI OTTENERE UN RISULTATO IL PIU' POSSIBILE GRADEVOLE ESTETICAMENTE DALLE VOSTRE FOTO, SFRUTTANDO AL MEGLIO LA SESSIONE FOTOGRAFICA. Le condizioni di luce. Tranne rari casi, i capanni attrezzati per la piccola fauna stanno in un bosco, magari con una piccola radura, ma sono quasi sempre presenti coperture, quindi zone illuminate e zone in ombra, perchè negli spazi troppo aperti i soggetti non si sentono sicuri e non si avvicinerebbero. Occorre farci attenzione, inoltre la direzione e l'inclinazione della luce varia molto con il passare delle ore. Questo però può anche essere un vantaggio per fare foto particolari. Qual'è l'obiettivo migliore per il capanno attrezzato? Lo zoom tele che parta da 100-150-200mm ed arrivi a 400-500mm perchè i soggetti possono avvicinarsi moltissimo e se avete solo dei tele fissi lunghi come un 500mm potreste avere delle grosse difficoltà. Vicino e lontano in pochi secondi: Un' ultima cosa nelle foto da capanno attrezzato i soggetti tendono ad essere quelli, ed il rischio di fare la milionesima foto già vista è alto; occorre impegno per ottenere qualcosa di interessante: Quello che distingue una buona foto da una scarsa in capanno, oltre all' escludere elementi di disturbo, è proprio cercare una luce interessante e cogliere atteggiamenti particolari. Molta gente pensa che basti l'animale a fare la foto. No. Il fotografo ci deve mettere del suo, come in tutti gli altri generi. E se vuole migliorare deve conoscere i soggetti e in generale la natura. C'è da imparare, molto. Spero di essere stato utile a qualcuno, od almeno che sia stata una lettura non troppo sgradevole. Silvio Renesto
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E' una frase fatta , ma comunque una gran verità. Come quella che afferma che l'equipaggiamento più importante sta alcuni centimetri dietro il mirino. Spesso si fotografa a caso soprattutto, purtroppo, nella fotografia naturalistica dove, attratti dal soggetto ci si dimentica del contorno, ci si dimentica di fare attenzione, di valutare alternative, di pre-vedere il risultato, di sperimentare, insomma, di pensare. Ne abbiamo parlato e scritto in non so quanti articoli e tutorial, io ne ho discusso soprattutto per la macro. In questo blog cercherò di non ripetermi, ma farò esempi di come il fatto di pensare di spostarsi di qualche centimetro o di qualche passo, pensare di cercare un'occasione migliore, una luce diversa, possa fare la differenza. Le foto sono tutte mie, così non si offende nessuno . Cominciamo con delle Damigelle. Point and shoot (inquadra e scatta) stile compatta porta di solito a risultati... inguardabili e siamo tutti d'accordo. Non c'è bisogno di grande analisi per dire che è un orrore di foto? Bene. Facciamo un passo avanti qualitativamente, abbiamo un macro, dei tubi, una lente, insomma proviamo a fare qualcosa di più interessante, ma presi dal soggetto, o semplicemente distratti, insomma senza guardare, non è che escano foto migliori: Presto, il cestino! Ma questa damigella ci piace tanto, se ne sta lì ferma, ci lascia avvicinare, riproviamo ad ingrandimento maggiore: Un po' meglio, ma poco. Rendiamoci conto che o si tolgono i fili d'erba o la foto sarà al massimo così (per me da scartare). Dobbiamo impegnarci in un "salvataggio" successivo, clonando e trafficando sopra e sotto? Se volete, oppure ci si rende conto che le damigelle sono tante e se ne sceglie una su un posatoio migliore e si cura meglio l'inquadratura: Mezzo metro più in là sullo stesso cespuglio, ecco sfondo migliore e curando l'inquadratura, si sfuoca l'addome in modo che non risulti tagliato (non è la stessa dell'altro blog, eh): C'è differenza? Un altro esempio, L'Orthetrum albistylum, Il soggetto è bello, ma ripreso da lontano stando in piedi, il risultato non è così bello: C'è addirittura una foglia davanti all'addome, nella zona posteriore, ingannati dalla visuale del mirino (fa rima con cestino)? Avvicinandosi un po' ma soprattutto inginocchiandosi: Un po' meglio vero? Non ho pulito il puntino di sporco ed il peluzzo sul sensore, lo so, ma sono foto didattiche, che vogliono spiegare una cosa diversa, tutti sappiamo cosa fare dei puntini pre o post... . Questa foto (ripulita dei puntini ) è dignitosa. Bella uguale a tante altre che ho fatto. Però, volendo, si può fare di più, osservare (che è un sinonimo di guardare) il comportamento e vedere che il posatoio è un punto di decollo e di atterraggio, quindi si può riprenderlo appena atterra ad ali alzate per una foto più di effetto. Ed allora: Cambiamo soggetto, camminando incontro questi quattro marangoni minori -grazie a Gianni per la correzione nell'identificazione, distrattamente li avevo presi per dei Cormorani-sui rami nell'acqua. Punto e scatto, ecco quattro Marangoni nell'acqua del fiume. Passabili. Ma se provassi a cercare un punto diverso? Mi sposto di due metri o poco più: E' meglio? E' peggio? E' diversa. I Marangoni diventano elemento grafico con il monocolore dell'acqua. Sempre natura, ma con un pizzico di interpretazione. Questa mi stuzzica anche la fantasia, voglio farne una versione in bianco e nero, cosa che che con quell'altra non avrebbe avuto senso, non avrebbe reso quel che avevo immaginato. Magari piace solo a me. Spero tantissimo che abbiate colto il senso di questo mio blog. In tutti i generi fotografici, anche con gli animali, metterci la testa va ben oltre il curare la messa a fuoco l'esposizione e così via. Le foto, a parte quella dei cormorani, sono diverse da quelle del mio blog precedente, non è un riciclaggio. Il discorso è rivolto a chi è alle prime armi, gli altri non si offendano, lo so che lo sanno già. Silvio Renesto
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A commento del mio "Diario di un fotografo di libellule" mi è stato chiesto di proporre un'edizione aggiornata del mio vecchio articolo sul Dragonflywatching, che sarebbe come osservare le libellule, per cui lo ripropongo, tenendo conto che a noi interessa soprattutto come fotografarle. L'articolo vecchio lo trovate qui: http://www.nikonland.eu/forum/index.php?/page/indice.html/_/nat/dragonflywatching-perche-no-r829?pg=1 Ed ecco la versione nuova, un po' diversa come stesura, per non essere ripetitivo, e con un po' di foto aggiornate. Prima di cominciare: Le libellule sono belle, ma anche importanti e fragili. Non va dimenticato che libellule sono degli agenti di controllo biologico (ad esempio le damigelle mangiano milioni di zanzare), sono indicatori ecologici di grandissima importanza, le ninfe di alcune specie ad esempio, possono vivere solo in acque pulite, ricche di ossigeno, altre sono legate a determinati ambienti e così via. Molte sono minacciate dalla degradazione del loro ambiente, dalle modalità di coltivazione del riso all'asciutta e così via. Non mancano siti edassociazioni, da noi in Italia la più importante è Odonata.it che, come recita la home page del sito, è una Associazione scientifica che promuove la ricerca odonatologica (sugli odonati, cioè sulle libellule) di base e applicata, la divulgazione, delle conoscenze sull’odonatofauna e la protezione delle libellule e dei loro habitat. Nel mio vecchio articolo trovate un piccolo elenco di altri gruppi e segnalo che c'è anche un gruppo di Facebook : Libellule d'Italia. Ultimo, ma più importante, sono esseri viventi, non giocattoli, sono degne di rispetto, una foto non vale mai la sofferenza di qualsiasi animale (noi compresi). Cosa serve per fotografare le libellule? Conoscere le libellule! Magari si inizia per caso, attratti dalla eleganza dei soggetti, ma poi per appassionarsi davvero bisogna capire cosa si sta guardando e fotografando, altrimenti si cade nella ripetizione e nella noia. la consultazione di guide serie ci aprirà un mondo, mostrandoci sia la diversità insospettabile di specie che il modo di riconoscerle correttamente distinguere giovani e adulti, maschi e femmine, sapere quali ambienti frequentano in modo da cercare le specie che ci interessa riprendere con criterio e non a caso. Si ama ciò che si conosce. Esiste una guida molto, molto bella di cui Carlo Galliani è coautore che ha persino una versione per smartphone. Altra guida molto valida comprendente l'Europa è il manuale di Dijkstra. Qual'è la stagione migliore? In generale gli adulti emergono dalle ninfe quando la temperatura dei corsi d'acqua si stabilizza permanentemente sopra i 15-16°C quindi primavera ed estate, si possono avere (poche) specie di libellule che volano fino ad ottobre inoltrato, attenzione però: Diverse specie di libellule hanno periodi di volo diversi, qualcuna vola per tutta l'estate, altre sono solo solo primaverili, altre estive, altre ancora autunnali, quindi se si vuole fare una cosa più approfondita, si torna al punto sopra: documentarsi, inutile cercare a settembre una specie che da adulto "vola" solo tra Aprile e Giugno. In ogni caso tra fine Aprile e fine Agosto si ha la massima diversità di specie. Dove si trovano? Per divertirsi, per provare, quasi ovunque: va bene qualsiasi specchio d'acqua anche piccolo, anche in un parco cittadino, purchè non eccessivamente inquinato. Ho fatto foto molto belle al Parco della Villa Reale di Monza o al Parco Nord tra Milano e Cinisello, ad esempio. Lungo appena 100 metri del fiume Adda, quest'estate ho fotografato oltre dieci specie fra libellule e damigelle. Nel torrentello davanti alla Villa Reale di Monza si possono agevolmente fotografare diverse specie di Libellule. Altra vista dello stesso canale, con macrofotografo annesso. A Firenze, in questa fontana: Ho fotografato questo (ed altro): Nikon D500, 70-300mm P + Lente addizionale 300mm f10, 1/800s, 800 ISO Nikon D500, 70-300mm P + Lente addizionale 185mm f8, 1/250s, 400 ISO Il discorso cambia se si vuole salire di livello, mettersi a cercare specie particolari, allora occorre sapere quali specie trovi solo presso acque ferme o lente, quali invece frequentano solo acque correnti e così via, poi ci sono specie di nicchia, alcune ad esempio sono tipiche di torbiera ed è difficile trovarle altrove. Lanca del Ticino con acqua corrente e zone stagnanti. Si può trovare di tutto. Poi ci sono quelle ancora più rare, che trovi solo in in alcuni siti di alcune regioni. Per fotografare quelle occorre documentarsi (e magari farsi dare qualche dritta sul posto), ma son cose da appassionati . In quali orari? Dipende dalla stagione e da come le si vuole fotografare. Se voglio documentare il momento magico dell'emersione dell'adulto dalla larva devo essere sul posto nella stagione giusta e prima che sorga il sole, perchè lo "sfarfallamento" (termine improprio, ma tanto per capirci) ha inizio appena prima dell'alba: in quanto durante tutto quel delicato processo le libellule sono completamente indifese e facile preda degli uccelli. Una volta emerse ci vuole anche del tempo perchè le ali si distendano, le vene alari si induriscano e la libellula assuma il colore . Esemplare appena emerso dalla ninfa. Ha ancora le ali appiccicate. D700, 200mm micro nikkor F4 AfD, f16, 1/200s 2000 ISO, Treppiedi. Femmmina ancora "tenera" (non sono ancora induriti l'esoscheletro e le nervature delle ali). D700, 200mm micro nikkor F4 AfD, f16, 1/100s 1600 ISO Treppiedi. Se voglio fotografare le libellule in attività invece va bene tutto il giorno, finchè c'è luce e la temperatura adatta, tra l'altro certe specie hanno meno problemi di noi col caldo. Più difficile invece che volino col brutto tempo. Come avvicinarsi? Piano, lentamente, avanzando in linea retta, cioè senza bruschi cambiamenti di direzione. Da evitare anche il cambiare improvvisamente forma, ad esempio avvicinarsi in piedi e poi inginocchiarsi rapidamente per scattare può farle fuggire. Importantissimo è evitare di proiettare la propria ombra sul soggetto (soprattutto se è un giorno di sole), l'ombra viene percepita come una minaccia (l'arrivo di un uccello predatore) e nove volte e mezzo su dieci provoca la fuga immediata. Un partecipante (dei due) al mio unico workshop per Nikonland tanti anni fa... Anche smuovere la vegetazione per sistemare il cavalletto può portare alla fuga. Ci sono poi specie più timide e specie più confidenti: Sympetrum striolatum, una libellula di Settembre-Ottobre a volte ti si potrebbe posare sull'obiettivo o addirittura in testa. Altre invece hanno una distanza di fuga elevata. Il colore del vestito è relativamente poco influente, basta che non sia troppo acceso e che non ci siano macchie vivaci che si spostano intanto che ci muoviamo. Se ci si muove bene e la fortuna aiuta (cioè la libellula sta mangiando o "pensando ad altro") si può arrivare anche molto vicini. Stando molto attenti e muovendosi bene, si può arrivare a distanza di vera macro anche col soggetto "caldo". In questi casi, se le condizioni lo consentono, io provo a fare delle serie di scatti in sequenza avvicinandomi sempre di più. Anche altri momenti interessanti, come l'accoppiamento, richiedono pazienza ed attenzione, ma possono essere ripresi con lo stesso criterio. Un paio di scatti in avvicinamento progressivo, non sono crop. Nikon D700, Sigma 400mm APO MACRO f8 1/320s, 1000 ISO. Attrezzatura e metodo. Dipende moltissimo da cosa si vuole fare e come si vuole fotografare. Ci sono diversi modi di fotografare le libellule. Io amo fotografare tutti gli animali per quello che sono, vivi e liberi. Cerco di esaltare la loro bellezza "naturale" e/o mostrare quello che fanno. Preferisco quindi riprenderli nei periodi di attività ed in contesti realistici. Questo si riflette nelle mie scelte sull'attrezzatura. Altri che fotografano con altri criteri, potrebbero usare attrezzature differenti. Per le foto a figura intera soprattutto delle libellule "vere" (che sono più grandi delle damigelle) io uso focali lunghe. La maggior parte delle mie foto di libellule sono state scattate con focali dai 300 ai 400mm. In occasioni più disinvolte, meno impegnative va bene anche uno zoom 70-300 magari con lente addizionale. Nelle didascalie ho evidenziato in grassetto l'attrezzatura e i dati di scatto, così vi potete fare un'idea di con che cosa e come ho scattato. Al momento in cui scrivo il mio obiettivo di elezione per le uscite mirate alle libellule è il 300mm f4 Pf, se serve accoppiato al TC 14. Punto. Prima usavo il 300mm f4 AFS sempre con TC14 all'occorrenza (e prima ancora il 300mm f4 SIGMA APO MACRO). Il 300mm f4 Pf rispetto al predecessore ha il vantaggio della compattezza e soprattutto della stabilizzazione, che mi evita sempre più spesso di usare il cavalletto. Il teleobiettivo, oltre a permetterti di mantenere una distanza tale da non innervosire i soggetti più sensibili, consente anche di staccarli dallo sfondo, che diviene omogeneo o comunque non invadente. Diventa anche più facile portarsi all'altezza giusta, raramente un soggetto macro ripreso dall'alto è bello, perchè il rischio di "schiacciarlo" contro lo sfondo, creando in questo modo una scena confusa piena di elementi di disturbo, è elevato. Col teleobiettivo aumentando la distanza si riduce la parallasse per cui il problema è minore. Allo stesso modo grazie all'effetto tele, chiudere il diaframma per garantirsi una certa profondità di campo per avere il soggetto ben a fuoco non avrà effetti negativi sullo sfondo, o ne avrà di meno. Questa coppia era in mezzo alle canne, una focale lunga permette il giusto ingrandimento e di eliminare sfondi confusi. Nikon D300, 300mm f4 + Tc14, f9, 1/1000s, 1000 ISO. Anche per questa Damigella, stessa situazione, il teleobiettivo risolve il problema della distanza e dello sfondo. Nikon D500, 300mm f4Pf + Tc14, f9, 1/1250s, 1100 ISO. Operativamente potremmo dividere la fotografia alle libellule in due parti. Su posatoio ed in volo. Le libellule usano spesso uno stesso posatoio per riposare, sorvegliare il territorio e da cui decollare una volta individuata una preda od un rivale per poi ritornare a posarvisi. Se si trova un soggetto interessante e si vede che ha un posatoio preferito, ci si può avvicinare, lentamente, evitando di innervosirlo, senza preoccuparsi, anche se vola via, a meno che non sia stata colpa nostra, quasi certamente ritornerà. Ci si apposta preparandosi con calma, posizionandosi secondo la luce, si prefocheggia sul posatoio e si attende che la libellula ritorni, magari con una preda, rendendo la foto più interessante. In questi casi il cavalletto è molto utile perchè si scatta da posizione fissa e si può aspettare che il soggetto ritorni senza fare fatica. Le riprese possono essere quelle classiche, di lato, per le libellule che si posano più o meno orizzontali sopra ad un supporto, oppure da sopra o dal dorso, soprattutto per quelle (di solito specie molto grandi che invece si appendono sotto al posatoio tenendo il corpo verticale). Molto spesso si cerca il perfetto parallelismo tra il corpo del soggetto e il sensore, oppure se si ha la possibilità di avvicinarsi, si possono inquadrare di tre quarti o di fronte per avere immagini un po' più originali. Quando si riprendono di lato quelle libellule che si posizionano "sopra", in orizzontale, se si è abbastanza rapidi le si riesce a cogliere nell'attimo in cui si posano, quando per un momento tengono le ali ben aperte lasciando scoperto il capo, con un effetto estetico migliore. Nikon D300, 200mm F4 micro-nikkor AfD, f16, 1/125s, 400 ISO, Flash. Scattare al posatoio può essere utile anche per riprendere decolli o più facilmente atterraggi, si punta il posatoio e quando la libellula arriva in zona si inizia a scattare a raffica finchè non si è posata, la maggior parte degli scatti saranno da scartare, ma qualcuno a fuoco ed allineato di solito si riesce ad ottenerlo. Sequenza di atterraggio. Nikon D500, 300mm Pf f10, 1/1000s, 1270 ISO Treppiedi. Se si vogliono fotografare le libellule in volo bisogna armarsi di pazienza (e di ottimismo!), scegliere una zona dove le libellule non possano vagare troppo in lungo ed in largo, oppure dove ce ne sono tantissime. Non si deve cedere alla tentazione di "inseguire" il soggetto, perché il loro volo è troppo rapido ed imprevedibile. Conviene osservare per un po' i loro voli di pattuglia, capire se hanno rotte piuttosto costanti. Allora si preselezionerà a una distanza di messa a fuoco utile a dare un discreto rapporto di riproduzione e si aspetterà puntando su una delle aree "di volo". Una volta che la libellula entra nella zona inquadrata alla distanza giusta, l'af si occuperà (si spera) di perfezionare il fuoco. Ideale è che si fermino in volo stazionario per un attimo. La raffica è essenziale così come tempi di scatto rapidissimi, potendo, diaframmi non inferiori a f8 e ... ISO di conseguenza. Qui il 300mm f4 (con Tc 14) è insostituibile, addirittura ci vorrebbe un 500 macro!! Libellula depressa (femmina) in volo sopra l'acqua. Nikon D7100, 300mm f5.6, 1/1600s, 1600 ISO. L'attrezzatura cambia se si vogliono fare invece dettagli o riprese ravvicinate. Questo sarebbe (anzi è) il regno dei 200 micro o 180 macro, perchè combinano una distanza di messa a fuoco ancora sufficientemente grande, sfondi abbastanza belli come sfuocato, con rapporti di riproduzione da vero macro. Nikon D300, 200mm f4 micro Nikkor AfD, f18, 1/250s, 400 ISO, flash. In alternativa possono andare bene anche buoni zoom xx-200 o xx-300 con una lente addizionale di qualità. In questo caso sono belle anche inquadratura angolate con a fuoco solo la testa o frontali per sfruttare geometrie creati dalle posizioni delle ali. Nikon D7100, Sigma 180mm f2.8 APO MACRO, 1/1250s, 900 ISO, treppiede. Focali più corte come i 105mm o i 60mm sono a mio parere più problematiche, perchè richiedono di avvicinarsi di più, evidenziano maggiormente elementi di disturbo sullo sfondo, si corre il rischio di agitare gli steli vicini al soggetto facendolo fuggire (se lo si fotografa sveglio/vivo/attivo) è più faticoso posizionarsi perfettamente paralleli. Focali del genere funzionano meglio con soggetti ancora freddi per la notte o in altro modo impossibilitati a fuggire. Sigma Sd Quattro H e 105 mm Macro OS , f8, 1/60s 100 ISO Mirrorless o DSLR? Da quando ho la Nikon Z6, uso quella con piena soddisfazione per tutto quello che è posato, la qualità di immagine e la precisione di messa a fuoco tagliano ogni discussione. In volo... le mie ultime libellule in volo le ho fotografate con la D500, non ha ancora avuto modo di provare come si comporta la Z 6. Immagino che le riprese di atterraggi e decolli puntando al posatoio non presentino problemi. I soggetti in volo... vedremo. Orthetrum cancellatum (maschio). Nikon Z 6, 300mm f4 Pf + TC 17 (!), f8, 1/1250s , 720 ISO. Crocothemis erythraea (maschio) che mangia una damigella (blu). Nikon Z 6, 300mm f4 Pf + TC 17 (!), f8, 1/250s , 900 ISO appoggio di fortuna. Il flash lo uso soprattutto come luce di schiarita su soggetti posati per gestire il controluce, attenuare le ombre o i contrasti quando necessario. Non amo molto gli sfondi neri e tranne pochissime eccezioni non li cerco. Le libellule non sembrano preoccuparsi troppo del lampo. Di solito non uso flash molto potenti, quando avevo fotocamere con il flash incorporato spesso usavo quello, con la D500 molte volte l'SB 400 bastava, magari con davanti un mini diffusore "fai da te" per ammorbidire la luce. Con e senza flash: Lampo di schiarita: D800, 400mm SIGMA APO MACRO, f16, 1/250s flash, treppiedi Nikon D500, 300mm f4Pf + TC 14, f11, 1/640s 640 ISO, flash, treppiedi. Spero che questa versione aggiornata sia di vostro gradimento, se avete osservazioni o domande, saranno molto apprezzate.
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Come fotografare bene (e male) gli Uccelli.
Silvio Renesto posted an article in Wildlife Photography
Questo è un articolo rivolto a chi non se ne intende troppo, è rimasto incuriosito dal genere fotografico ormai molto diffuso e vorrebbe provare, chi se ne intende non troverà molto di nuovo, però può contribuire ad arricchire l'articolo nei commenti, anzi lo gradirei molto. Non è un articolo che parla di tecniche fotografiche o di scelta di attrezzature, ma di come provare ad ottenere foto interessanti. In questo articolo ci sono leggere tracce di ironia qua e là. L' ironia è una delle poche caratteristiche che differenzia l'uomo dagli altri animali. Chi non avesse il senso dell'ironia sappia che non c'è alcuna intenzione offensiva, eventualmente smetta di leggere. L'articolo è intriso di soggettività, sono le mie personali opinioni, nessuna pretesa di possedere la verità. Infine uso le mie foto per illustrare l'articolo, questo non vuol dire che so fare belle foto, ma che credo di saper distinguere quelle che mi sono venute meglio da quelle che mi sono venute peggio, può essere che il mio meglio faccia ribrezzo, ma il peggio lo farebbe ancora di più, quindi il discorso rimane valido Fotografare bene gli animali, non è semplice, occorrono esperienza, conoscenza dei soggetti, una valida attrezzatura ma non basta, occorre fondere le doti del naturalista con quelle che caratterizzano tutti i fotografi capaci di fare buone foto, ossia senso dell'inquadratura e della composizione. Di questo si occupa l'articolo, uso gli uccelli come esempio, ma vale anche per tutti gli altri animali (e perchè no, vegetali ). E adesso cominciamo. La ricetta dell'anatra spiaccicata. Non è un piatto orientale, ma è un vizio diffusissimo tra chi fotografa gli animali per caso, quando si riprendono i soggetti, magari alti venti centimetri, stando in piedi. Il risultato è che la paperella risulta ripresa da sopra la testa schiacciata sullo sfondo. Come non saliamo su un tavolo per fare i ritratti alle persone (salvo effetti particolari studiati apposta) ma li riprendiamo all'altezza degli occhi, così si dovrebbe fare anche con gli animali. Se serve abbassiamoci, che le ginocchia non sono di vetro. Altrimenti le foto sono proprio brutte. Io cerco di non fare riprese dall'alto, per cui questa è la più brutta che ho, ma in giro si vede di peggio. Un microbo ripreso dall'alto, ecco questa è anche peggio. Il Ritrattone, ovvero la foto ornitologica. Questo, in confronto a quanto sopra è un peccato veniale. Capita, soprattutto se siamo abituati a guardare le foto a monitor anzichè stamparle, di volere il soggetto bello grande, per deliziarci dei particolari. Lo so bene, succede spesso anche a me. Ma a volte si esagera. Specie se il soggetto in realtà è piccolo. Ingigantendolo, si possono vedere le trame, i dettagli, cosa che ci delizia e ci stupisce, ok, ma da una parte si ingabbia il soggetto nell'inquadratura, astraendolo dal contesto naturale, dall'altra se ne da' un'immagine un po' distorta. E' vero che gli Uccelli derivano dai Dinosauri, ma le Cince sono dei batuffoli di leggiadria, questa (mia) foto mi fa venire in mente la barzelletta: sai che verso fa un passero di trenta chili? Questo forse è un po' meglio ma sempre un po' troppo da manuale di ornitologia. Queste foto, che chiamo con affetto Ritrattoni, piacciono molto a chi conosce gli uccelli e i siti di Birding/Wildlife ne sono pieni, ricevono moltissimi like , se fatti bene. Intendiamoci, in molti casi non sono per niente facili da ottenere, spesso richiedono appostamenti e tempi lunghissimi, ma sono un po' da specialisti (se i soggetti sono rari), alla lunga possono stancare. Se invece lasciassimo un po' di spazio? Sarebbe molto meglio. Riecco la cinciallegra di prima, ma adesso può respirare, poverina, E' ancora un ritratto, ma a mio parere è di gran lunga preferibile. Questa garzetta non è brutta (forse). Ma questa è meglio, per me almeno: Siete d'accordo? Animalscapes! Ovvero paesaggio con animale, dove l'animale occupa una porzione piccola dell'inquadratura (ancora di più che nel ritratto ambientato) e ne costituisce un punto forte, di interesse. Se fatti bene sono immagini eccellenti perchè sono pittoriche e nel tempo stesso informative, raccontano dell'ambiente dove vive l'animale, (ripeto: se fatte bene) sono molto suggestive. Non è che si debbano fare solo animalscapes, ma inserirne nel contesto di un portfolio secondo me lo arricchisce enormemente. Questa foto di Tarabusino sta a mezzo tra il ritratto ambientato e l'animalscape. Attenzione! L' animalscape non dev'essere un alibi per spacciare foto insignificanti a microbi come opere d'arte: Questo non è un paesaggio con animale, è una garzetta troppo lontana. Un pizzico di creatività: Cerchiamo di fare i soggetti più nostri, più originali. Giochiamo con l'inquadratura, con la postura con la situazione in modo che la foto dica qualcosa di più. Possiamo sfruttare i riflessi: La postura e le ombre: Fare un ritratto stretto: Oppure sfruttare lo sfondo per suggerire qualcosa, ad esempio l'interazione con l'uomo: Od anche cercare suggestioni visive, con luce e composizione: Od una composizione minimalista... Gli animali devono fare ... gli animali. Insomma devono fare qualcosa. Nemmeno nei musei si espongono più gli animali in pose statiche, ma si ambientano in diorami e li si ricostruisce come fossero in azione. Tanto più deve valere per quelli vivi. Quante cose in più ci racconta una foto di un animale mentre caccia, lotta, litiga, corteggia e così via? Anche la più comune folaga può diventare interessante! Come scritto all'inizio gradisco molto gli interventi costruttivi e i quelli finora arrivati coprono alcuni aspetti essenziali che io, concentrato sul discorso di come inquadrare, avevo tralasciato. Riporto qui le parti essenziali in modo che arricchiscano l'articolo formando un tutt'uno con il mio testo ( le foto inserite, nel bene o nel male, sono sempre mie😞) Alberto Salvetti ... qualche piccolo distinguo. Il soggetto non deve essere incastonato nel fotogramma, ma a parte rare eccezioni, deve occupare almeno metà dell'immagine. Il soggetto deve essere molto staccato dal fondo ed il fondo deve essere il più evanescente possibile. Tendo a scartare le immagini con fondo invadente. Qualche volta inserisco il soggetto nel suo ambiente, se caratterizzante, ma non mi piacciono molto le immagini con il soggetto piccolo e ambientato esclusivamente perché non si è riusciti a fare una foto da distanza più ravvicinata. E' evidente che è meglio una foto dinamica di una foto statica. Io comunque cerco di privilegiare la nitidezza del soggetto, l'estetica e l'armonia dell'insieme. Per finire voglio fare un appello a chi si avvicina a questo tipo di foto. Fotografare gli uccelli, come del resto qualsiasi altro soggetto che sta in natura, deve servire all'approfondimento della conoscenza di ciò che si fotografa. Serve un buon manuale e curiosità, e cercate di contattare qualcuno che conosce questo tipo di fotografia. Ma attenzione!! La vostra attività non deve in nessun modo recare fastidio o peggio ancora danno ai vostri soggetti. Danno anche grave che potete procurare, tanto più siete inesperti. Nessuna foto vale il disturbo, soprattutto nel periodo della riproduzione. La bella foto prima o poi verrà quando meno ve lo aspettate. Mauro Maratta: ... E' vero, in ogni situazione si può impressionare il sensore per foto documentative, anche preziose. Ma nella stragrande maggioranza dei casi - a prescindere dal soggetto che può essere il più comune passerotto o il più esotico dei bipedi migratori - la luce conta. Sempre. E qualche volta il fotografo intelligente dovrebbe decidersi che la giornata potrebbe essere più proficuamente dedicata ad una mangiata con gli amici che ad una impegnativa escursione fotografica che si tradurrebbe, guardato il cielo, in una frustrante sequela di foto inguardabili. Francesco Contu: possono essere decisivi: la conoscenza dei luoghi e delle abitudini degli animali. La capacita' di mimetizzarsi, dato che si tratta quasi sempre di creature assai poco confidenti. Se per qualcuno il miglior grandangolo e' "un passo indietro", spesso il miglior tele e' "l'abbigliamento giusto".voglia di muoversi e viaggiare. Per esperienza, la barca e' un eccellente posto da cui fotografare e ci sono diversi luoghi dove ci si può accordare con pescatori e guide locali che organizzano dei giri. Alla peggio, ci si sara' fatti un bel giro nella natura. Molto più appagante che stare dentro un capanno, almeno per me che mi annoio mortalmente a star fermo. Sono d'accordo, questo Airone Rosso e questa Sgarza ciuffetto li ho ripresi dalla barca, Lago Superiore, Mantova. Grazie sentite a chi ha fornito queste interessanti considerazioni. Spero di aver scritto cose abbastanza interessanti ed aver mostrato foto non troppo indegne (a questo proposito, le foto spaziano nell'arco di anni ed alcune sono state scattate con Nikon digitali del tempo che fu, questo spiega almeno in parte alcune differenze di resa, il resto è incapacità del fotografo ). Poi, non prendetemi troppo sul serio. Anch'io faccio "passerosauri", uccelli impettiti ... ma l'importante è sapere dove si deve arrivare e provare ad arrivarci. Ma soprattutto spero sia stata una lettura divertente!