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E' piccolino per gli standard Audio-gd, solo 24x30x8,5 cm per 4.5 chilogrammi di peso. Ma è un piccolo gioiello di integrazione. E' realmente bilanciato. E' realmente R2R. E' realmente tutto in classe A. Ovviamente in un telaio così piccolo non potremmo aspettarci di avere un vero DUAL MONO. L'alimentazione è unica, la scheda madre è unica e comprende tutte le sezioni, anche se la separazione è chiaramente individuabile e i due canali di uscita perfettamente simmetrici. I moduli di conversione, modello DA-7MK2 sono separati, due doppi sovrapposti e protetti dalla solita schermatura che non ho voluto smontare per le mie foto, per cui sfrutto quelle ufficiali del produttore. Sono marchiate Audio-gd per non indurre a pensare che siano prodotte fuori ed adattate. Sono tutte identiche ed accoppiate dopo misurazione. Ne abbiamo già parlato a proposito del R27HE. La rete di resistenze, doppia per ogni sezione di ogni convertitore, è controllata per maggiore precisione da un processore Xilinx che si occupa di mantenere le tolleranze di esercizio. Il segnale entra dalla sezione digitale posta alla sinistra dei moduli ed esce per i canali di amplificazione posti sotto ai moduli. Che vediamo in questa foto qui sotto, perfettamente simmetrici e totalmente a discreti in questo schema a blocchi invece ci viene evidenziato l'angolo di controllo del segnale e l'isolamento galvanico che permette di scartare le spurie in ingresso dalla porta USB. Che è la solita Amanero (solita per Audio-gd in quanto non mi pare che ci sia qualcun altro che la adotta). le alimentazioni, le stabilizzazioni e tutti i circuiti di servizio sono in classe A. Ma in una unica scheda madre, con un solo trasformatore. E' il compromesso di un progetto così compatto e così ... relativamente contenuto di prezzo (circa 900 euro di listino). Al posto della solita parete di separazione che negli apparecchi più grossi è una piastra di alluminio spessa 5mm, qui abbiamo una sottiletta di acciaio, infilata tra l'alimentazione e il resto dei circuiti. Mentre - stranamente, sul lato sinistro della macchina c'è una piastra a ridosso del fianchetto il cui scopo, se non ha motivi di equilibrio meccanico, mi sfugge. Ma vediamolo nelle mie foto del mio esemplare (comprato con i miei soldi da Magna Hifi di Amsterdam). comandi e prese di ingresso sono della stessa qualità di tutti i modelli, anche quelli superiori. Lo standard è molto elevato. la vista di insieme dell'interno con in primo piano l'alimentatore, unico per i tre circuiti il frontale è più che essenziale. La struttura è da macchina industriale. Il dispendio di materiali da ferramenta indiscutibile. il fondello è solido. Non presenta feritoie di sfiato per il calore. uno dei quattro piedini isolati di buona fattura e dimensione. Le tante viti di blocco di componenti elettronici e circuiti. la matricola e la tensione sono stati messi su un lato anzichè sopra alla presa di corrente come di solito evidentemente lo sticker non ci stava. Ingressi e uscite sono di alta qualità. Si nota la porta USB e sotto quella ottica in standard HDMI (ma non compatibile con i segnali video, ovviamente, solo audio) manca, abbastanza inspiegabilmente visto che altri produttori la mettono anche su macchine da 200 euro, un ingresso AES/EBU. Le uscite invece sono complete nei tre standard di tutte le macchine bilanciate Audio-gd. altra vista. Sotto c'è la scheda digitale, la porta USB e quella di controllo del segnale, compreso l'isolamento galvanico della stessa. L'ingresso I2S è regolato da microprocessore. La scheda di alimentazione sta sul frontale ed è unica ma comunque costruito con grande dispendio di materiali, esattamente come quelle doppie o triple dei modelli superiori. Alimenta in classe A tutte le sezione del convertitore. I due moduli doppi, in totale 8 convertitori, sono messi in sopraelevata e schermati da piastre di acciaio. Sono poste sopra i due canali analogici di uscita, totalmente a discreti. vista ravvicinata della porta USB e della logica di controllo digitale. dettaglio degli avvolgimenti del trasformatore dei cablaggi e dei transistor di potenza dell'alimentatore la schedina di controllo del display posta a ridosso del frontale il frontale, sezione pulsanti ancora un dettaglio della scheda USB di Amanero e l'FPGA Xilinx già visto negli altri DAC Audio-gd che è programmato dal costruttore allo scopo di controllare i flussi di segnale in ingresso verso i moduli di conversione Per finire le funzionalità, accessibili per i tre tastini appena sotto al display. Che è ad una sola linea e a LED a barre, come nelle calcolatrici degli anni '70. Comunica poco e per di più lampeggia le informazioni in successione (tipo frequenza di campionamento in ingresso, porta, settaggi). Abbastanza discutibile ma è una costante di tutti i prodotti del marchio. 44.1 Kilohertz. Ok. e poi ? boh ?
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HIFIMAN Jade II - prova di ascolto
M&M posted a blog entry in BWV 988 : Variazioni Goldberg's BWV 988 : Recensioni Audio
Un grandissimo grazie ad HIFIMAN che ci ha inviato in prova questo set - cuffie Jade II e amplificatore dedicato - si tratta di un sistema che pur essendo entry-level per la gamma di cuffie elettrostatiche del marchio HIFIMAN possono offrire una risposta definitiva a certe esigenze di ascolto. Ma non voglio anticipare troppo le conclusioni dell'articolo che troverete in fondo alle note di ascolto. Andiamo direttamente alla prova di ascolto comparativa : la batteria di campionesse a confronto : HIFIMAN JADE II, HIFIMAN ARYA, STAX SR404 SN *********************************************************************** Seguono i brani ascoltati in dettaglio ma in SINTESI : Le Jade offrono un suono entusiasmante e dettagliato ma sono estremamente selettive sia nel genere che nei singoli dischi. Inadatte - secondo il mio punto di vista - a dipanare enormi masse orchestrali o contenuti energetici elevati, nei piccoli complessi, sia vocali che strumentali e soprattutto negli strumenti solisti, danno il massimo con un risultato che è ad un passo dall'evento reale. Attenzione al volume perchè dopo un pò potreste farvi male : non c'è distorsione e quindi si tende a voler ascoltare ogni singolo suono distinto dagli altri. Le vecchie Stax se la cavano ma offrono sempre una prova molto personale, spesso sopra le righe. Portano in luce cose che con le Arya non si sentono proprio ma trascurano invece intere sezioni dello spettro. Le Arya sono la sintesi e l'equilibrio. Magari gli amanti della musica rock/heavy faranno bene ad evitarle, ma per gli altri sono un vero piacere. Ma le Jade in alcuni dischi sono semplicemente di un'altra classe. Non sempre, però dove le Arya danno una prova ottima ma non sorprendente, le Jade invece rendono magico quello che state ascoltando. Le acquisterei ? Ve lo dico alla fine ! *********************************************************************** I dischi utilizzati nella prova in batteria AC/DC : The Razors Edge/Thunderstruck e Fire Your Guns Jade : suono dettagliato, precisissimo ma nel complesso sottile. Chitarre non invadenti, voce un pò più sottile di come la conosco io. Basso indietro, un pò vuoto. Arya : basso pieno anche se non stravolgente, voce chiara, piatti metallici ma concreti Stax : chitarre fantastiche, voce perfetta, basso secco, corto, anzi, cortissimo Le Arya danno la risposta più convincente con un genere che non è adatto a nessuna di queste planari. Le Stax, al solito, se la cavano sempre bene, le Jade non trovano giustizia con questa musica Bach : Grosse Preludien un Fugen - Ullrich Bohme Jade : il pedale è più presente di quanto non si senza con le Stax, le voci superiori sono perfettamente separate, la spazialità del suono esemplare, rispetto alle Stax ma anche alle Arya Arya : basso molto più in evidenza ma si nota un pò di stacco con il medio e l'alto. Suono complessivamente più convincente delle altre due cuffie Stax : suono avvolgente e deciso, basso non particolarmente immanente e immagine non particolarmente ampia ma c'è tutto quello che si vorrebbe sentire Le Arya hanno la risposta più completa ma il suono delle Jade è semplicemente più bello. Le Stax rappresentano invece un organo molto più piccolo. Sinéad O'Connor : I do not want what I haven't got/Feel so different Jade : la voce è su un altro piano come c'era da aspettarsi, l'orchestra presente con i suoi pizzicati, immagine larghissima Arya : voce chiarissima, bella. Violini tersi, cristallini, nessuna fatica a seguire l'intero brano anche a volumi da mal di testa Stax : voce perfettamente amalgamata con l'orchestra, bassi pieno, immagine ampia Le Jade sono più emozionanti e nel complesso il risultato è più sexy di quello delle Arya. Le Stax non ci arrivano proprio. Sergey Babayan : Rachmaninoff/Appasionato Jade : mano sinistra molto più in evidenza, basso in ritirata, un pianoforte troppo più esile di quanto non si vorrebbe Arya : prestazione esemplare, suono pieno, pianoforte smisurato, basso potente, le due mani in perfetto equilibrio Stax : alti un pò metallici, sembra che la registrazione sia stata effettuata più da vicino, i bassi non si sentono Arya, Arya, Arya, soprattutto. Schubert : Trio Op. 100/II Andante con moto Jade : immagine fantastica, pianoforte non troppo in evidenza, violino lagnoso, violoncello un pò esile Arya : il violoncello qui si riscatta in pieno, il violino è meno rugoso, meno brillante, meno sexy, il pianoforte è completo e non copre gli altri strumenti Stax : pianoforte in evidenza che copre il violino, il violoncello é bello ma non abbastanza pieno Arya e Jade alla pari, che vi piaccia di più il violoncello o il violino, dipende da voi. Bach/Christian Tetzlaff : Ciaccona in re minore Jade : il violino moderno di Tetzlaff è semplicemente inarrivabile nel suono offerto dalle Jade, si sente il suo respiro (del violino, non del violinista), il nero tra gli spazi, una prova di un livello artistico sensazionale Arya : bello e completo, amalgamato Stax : elegante, questo è il campo delle elettrostatiche, pulito, chiaro, analitico. Manca però la nitidezza e il capacità di microdettaglio delle Jade Jade insuperabile, Stax per una prova molto personale, Arya in secondo piano. Questo disco è meraviglioso, con le Jade non riesco a smettere di ascoltarlo. Queste cuffie dovrebbero essere consigliate a tutti i violinisti. Diana Krall : The girl in the other room Jade : rispetto alle Stax si sente di più il riverbero della voce, il suono del piano è più bello e anche l'accompagnamento è più rotondo Arya : basso più rotondo, contrabbasso perfettamente udibile dove con le Stax non si sente, la voce è in secondo piano ed è meno chiara rispetto alle altre due, un pò più bassa e manca di tutto il dettaglio e l'ultrarealismo delle Jade Stax : la voce di Diana è più in risalto con le Stax, ma il complesso della prova offerta dalle Jade è di un altro livello Anche qui le Jade secondo me danno prova di elevato livello. Le Arya sono raffinate ma non così sexy. Silje Nergaard Jade : voce bellissima di cui si apprezza ogni dettaglio, pianoforte un pò metallico, meno appagante ma non è quello che mi interessa in questo disco Arya : bello finché non si sente con le Jade ma il pianoforte delle Arya è di un altro livello Stax : complessivamente meglio delle Jade, è il timbro di voce che meglio si presta alla sua impostazione. Pianoforte chiaro e tutto sommato migliore di quello delle Jade Jade o Stax secondo i vostri gusti. Probabilmente per me, Stax John Williams : tema di Guerre Stellari Jade : suono chiaro, forse troppo ma è questione di gusti Arya : equilibrio energetico più lineare con una presenza sulle basse più intensa ma archi meno accattivanti delle altre due Stax : bello ma suono un pò esile Un direttore d'orchestra qui certamente tenderebbe a preferire le Arya, i violinisti continuerebbero a scegliere Jade Genesis : Sellng England by the pound Jade : la voce di Peter Gabriel appare un pò più esile di quanto non mi piacerebbe, e i bassi sono chiaramente meno potenti Arya : bella prova, voce, quadro d'insieme, potenza, più interessante Stax : suono troppo esile, troppo sbilanciato sulle alte E' un disco che anche rimasterizzato resta un pò aspro. Le tre cuffie danno una prova differente. Le Stax eccellono negli arpeggi delle chitarre, le Jade nella voce di Gabriel che però é più corretta nelle Arya che hanno più potenza. Le Stax in un ascolto prolungato sono troppo esili e un pò artificiose. Beethoven/Savall : sinfonia n. 3 Jade : suono pulito, ampio, archi setosi e leggeri, bassi decisamente in secondo piano Arya : questione di equilibrio, questa registrazione si caratterizza per l'ampio risalto dato ai timpani e la leggerezza degli archi. Il contenuto energetico con le Arya salta subito in primo piano, non che con le due elettrostatiche non ci siano i timpani, ma sono leggeri ed aperti come il resto della registrazione Stax : una via di mezzo tra le due, archi in primo piano, medio-bassi in evidenza, bassi profondi inesistenti (contrabbassi) Monteverdi : Il terzo libro de' madrigali Con questa registrazione - praticamente perfetta - siamo nel dominio delle cuffie planari. Sinceramente non riesco a decidere una prevalenza. Le Stax pongono, come sempre, in primissimo piano le voci femminili. Le Jade hanno un suono splendido e, magicamente, le voci maschili sono le più belle. Le Arya, eleganti ed energetiche come sempre. Till Bronner : Night Fall E' un disco in cui si sente il fiato di Till mentre suona e ogni singola corda del contrabbasso di Dieter Ilg. Le tre cuffie danno una interpretazione molto differente tra loro. Le Stax mettono tutto in primo piano, senza privilegiare nulla. Le Arya sono più scure. Le Jade, incredibilmente dettagliate in tutto, e a dispetto di quello che si penserebbe, donano il più bel contrabbasso immaginabile. Il suono è più chiaro ma più lucido, come l'evento reale. *********************************************************************** Jade e Stax si sono alternate sia sull'amplificatore HIFIMAN che sul mio valvolare Stax. Le Arya sono state pilotate dal mio Audio-GD R28 via cavo bilanciato in argento. L'Audio-GD R28 ha fatto sa semplice ricevitore/DAC per gli amplificatori delle elettrostatiche. Costruzione : Robuste e bellissime. Meglio delle Arya. Non solo per quella fluorescenza verde che traspare dai padiglioni ma proprio per l'insieme. Mi piace di più sia il pad che l'archetto, tondo. Stanno perfettamente in testa senza alcun bisogno di regolazione. il cavo è di ottima fattura. Non lunghissimo e ovviamente, non intercambiabile. Sembra anche robusto. Connettori di splendida fattura, nel complesso più elegante della fettuccia interminabile delle mie Stax. Costruttivamente sono superiori alle Stax, che sono sempre state fragili e tutte in plastica (oltre che orrende) quel connettore pentapolare è del tutto compatibile, come la tensione di alimentazione, agli standard Stax : quindi intercambiabilità totale. segni particolari ? Bellissime ! L'amplificatore offerto in bundle è di ottima fattura. Solido e pesante, non offre appigli a critiche. L'esemplare in prova ha la manopola del volume un pò allentata. Forse basterebbe stringere le viti di blocco ma non ho voluto verificare. offre due uscite per due cuffie differenti (cosa che mi ha permesso di alternare all'ascolto le mie Stax senza equilibrismi) mentre gli ingressi sono sia bilanciati (da preferire, perchè le elettrostatiche sono bilanciate per natura) che sbilanciati la sagoma laterale è a forma di trapezio, giusto per rendere più elegante la forma complessiva. ho letto in molte recensioni critiche a questo apparecchio. Nell'ascolto in confronto con il mio Stax (che costa molto di più ed è a valvole) si notano alcune sfumature a favore dello Stax ma sostanzialmente solo nella gamma più alta. Considerando l'offerta di acquisto e la disponibilità molto rara di amplificatori per cuffie elettrostatiche io non starei troppo a pormi dei dubbi. Se non avete già uno Stax in casa, prendetelo con fiducia. ****************************************************************************************************************** Non sto ad indicare le caratteristiche tecniche delle Jade II, potete trovarle insieme a tutta la documentazione sul sito ufficiale. Per i più tecnici, rimando alle misure di risposta che ho effettuato e pubblicato nei giorni scorsi qui : e che in larga parte trovano conferma nelle sensazioni di ascolto. ********************************************************************************************** Conclusioni Prova molto, molto impegnativa perché queste sono cuffie di alto livello e con caratteri simili. Difficile stabilire un vincitore anche se tenderei ad escludere le Stax che guardo con indulgenza per la loro età e per cosa hanno rappresentato per me. Se non avessi già le Arya acquisterei subito le Jade II. Si sposano alla perfezione con quello che significano per me le cuffie. Per me l'ascolto in cuffia non è una alternativa a quello tradizionale con gli altoparlanti. Quello resta il mio modo di ascoltare la musica. In cuffia voglio poter analizzare il dettaglio e non mi interessa una riproduzione o un tentativo di riproduzione in scala dell'evento musicale. Il dettaglio, il suono, tutto ciò che generalmente non si riesce ad ascoltare anche dal miglior speaker del mondo. Per questo credo che non ci possano essere delle cuffie assolute in grado di suonare tutto al meglio e come piace a me. Le Jade II, se vogliamo, sono ancora più esclusive in una visione di questo genere perché sono eccezionali - non esito a dire MAGICHE - in certe cose. Ma non in tutte, sebbene sappiano dare sempre una interpretazione di grandissima classe. Suono raffinato, dolce, mai affaticante sebbene il medio e l'alto - almeno finché arrivano le miei vecchie orecchie - sia di una precisione ad altissima risoluzione. Nei violini non ho mai sentito niente di altrettanto realistico. E nelle voci a cappella o comunque, senza intermediari elettronici in mezzo, non si possono assolutamente battere in questa fascia di prezzo. E nel jazz fatto di piccoli gruppi e con voci complementari, dove persino il contrabbasso diventa vivo oltre l'immaginabile. Sono molto meno convincenti dove ci vuole energia e dove le masse sonore trascinano il senso del suono. Dove non c'è dettaglio è uno spreco utilizzare queste cuffie. Un pò come tentare di guardare fuori dalla finestra con il microscopio. Anche le Arya non sono indicatissime per i grandi volumi sonori (non parlo di livello acustico, parlo di volume, avete in mente l'ottava sinfonia di Mahler ?) ma si tolgono dai guai meglio delle Jade. Se hanno un limite è nel prezzo del sistema, perchè uno deve comprarsi anche l'amplificatore. E queste non possono essere le uniche cuffie che hai in casa, perchè per certe cose non possono essere usate (tipo il rock o l'heavy metal, oltre alla grande orchestra). Ma se avete già un amplificatore oppure volete avere dei monitor elettrostatici che in fondo costano una frazione di qualsiasi altra cosa di fascia superiore possiate immaginare, beh, pensateci bene. Io stesso, che potrei comprare le sole cuffie, sono maledettamente indeciso .... cederò alla tentazione ? Ve lo farò sapere !- 8 comments
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Ho comprato questo DAC nel dicembre del 2022 e l'ho utilizzato ininterrottamente fino al mese scorso come unità di conversione semplice, nella catena di controllo dei miei diffusori dipolari quadriamplificati. Avvicendava l'Audio-gd R28, usato solo nella sua funzione di DAC, nello stesso ruolo, che mi sembrava un pò troppo delicato per i miei bestioni. Adesso l'ho sostituito temporaneamente con il vecchio Audio-gd NFB 7.1, altro Sigma-Delta che ha all'attivo una decina di anni di servizio. Nella realtà questo Gustard è molto più di un DAC, potendo funzionare anche come preamplificatore digitale e ricevitore di segnale wireless. Ci sono altri Gustard ancora più evoluti che possono fungere da renderer di rete e via discorrendo. Vanta una pletora di ingressi, completo di tutto quello che si può chiedere ad un apparecchio di questa classe di appartenenza. L'ho trovato su Amazon in campagna sconto natalizia, venduto dal distributore cinese dei tanti marchi noti anche sul nostro mercato. Sinceramente io sono "vecchia scuola", nel senso che tendo a preferire unità separate e specializzate. Per cui mi piace che un DAC faccia il DAC e niente altro. Ma tutto sommato in questo caso si tratta semplicemente di una fisima, in quanto basta non utilizzare il resto, scegliere l'ingresso adatto e poi mettere a ZERO il controllo di volume e anche questo X26 PRO farà il DAC puro e semplice. Immagino che la sigla PRO derivi dalla scelta del chip principale, l'ESS SABRE ES9038PRO, per l'appunto che qui è utilizzato in doppio mono con tutti i canali interni messi in parallelo a servizio di uno dei due canali stereo, uno per canale. Si tratta di un chip monolite , estremamente sofisticato e con caratteristiche di altissimo livello, l'ammiraglia del marchio californiano in quel momento, in grado di caratterizzare l'intero progetto. É un convertitore da digitale ad analogico che funziona sul principio della modulazione Sigma-Delta (vi risparmio la frequenza di Nyquist, il teorema di Shannon e la funzione di Dirac : in questa sede non aggiungerebbero nulla) per trasformare il flusso di bit con cui è codificata la musica digitale in una corrente analogica. L'operazione nel suo complesso viene effettuata in un chip singolo nella più classica ed economica tecnologia CMOS (come quella dei nostri sensori digitali delle fotocamere). un microchip ESS ES9038PRO visto di sopra e di sotto. I tanti piedini sono i contatti di ingresso e di uscita. Il circuito di controllo deve essere progettato strettamente secondo le specifiche di ESS, pena un decadimento delle prestazioni o il mancato funzionamento secondo le specifiche. ESS è uno dei principali produttori di convertitori monochip dedicati al mondo audio. Insieme ad AKM, Wolfson, Crystal, Texas Instruments e pochi altri, praticamente tutti statunitensi o giapponesi. Ma torniamo al nostro apparecchio. Si presenta in un telaio di alluminio del peso di 7 chilogrammi e delle dimensioni di 330mm x 260 x 65. La finitura è in nero e grigio antracite. Le superfici sono spazzolate e la qualità percepita è subito elevata. naturalmente io l'ho aperto, rimuovendo il telaio (per farlo si devono svitare sei viti passanti che dal fondo arrivano al coperchio superiore. C'è poi una vitina di blocco sul retro che tiene fermo definitivamente anche il pannello delle connessioni). Le pareti del telaio sono spesse dai 5 agli 8 mm e l'insieme è tenuto da squadrette interne avvitate alle pareti. Nel sollevarlo si nota subito uno sbilanciamento sulla sinistra. E' dove sono ubicati i due trasformatori toroidali audio-grade. notiamo subito la separazione tra i trasformatori, il circuito di alimentazione e la sezione di conversione digitale. In piedi, sul lato corto, troviamo una scheda madre che contiene i processori di controllo mentre a ridosso del frontale ce n'è un'altra che pilota la manopola del menù e il display anteriore. i due trasformatori sono marchiati Gustard e sono separati dal resto da una parete di alluminio che fa da schermo. in mezzo c'è la sezione di livellamento che contiene condensatori da 6800 microFarad, sufficienti per un piccolo amplificatore integrato, transistor tripolari di potenza e altri condensatori Wima. E' tutta componentistica di primordine e costo adeguato. Sulla parte in fondo ci sono i ricevitori e il clock interno, anche questo marchiato Gustard. a destra c'è la sezione di conversione vera e propria che ha una topologia simmetrica con i due canali separati a partire dai convertitori, surmontati da un dissipatore ad alette. La componentistica è ibrida, a discreti e a integrati. i due ES9038PRO e il loro dissipatore. La schedina in verticale è il controllo del multiselettore del menù. La schedina sulla destra, di costa, prende tutta l'elettronica di controllo. il clock interno, marchiato Gustard K2 dettaglio dei condensatori di livellamento della corrente. Una sana sezione di alimentazione è sempre indice di un progetto interessante. Diffidare di chi si vanta di utilizzare un alimentatore esterno o di uno switching. particolare della scheda centrale, di costa che contiene il ricevitore USB XMOS, un DSP Shark e processore ARM con tanto di memoria flash. Praticamente si tratta di un microcomputer che gestisce tutte quelle funzioni evolute che io, nella realtà, ho bypassato del tutto. Vediamo invece i condensitari WIBA ad alta tensione e quelli Gold più grandi in fondo. ancora una vista dei due ESS e dei circuiti di uscita le piattine di connessione della scheda di controllo e del display anteriore il multiselettore di accesso al menù e il marchietto X26pro. e ancora un dettaglio di ARM, memoria Flash e DSP Analogo Devices Shark con una vista sulle connessioni. Andiamo proprio alle connessioni. c'è un ingresso per un eventuale clock esterno da 10 MHz, l'ormai desueto ingresso ottico, così come il coassiale digitale. La porta USB e quella per l'antenna bluetooth se uno vuole usare questo apparecchio come ricevitore di un segnale MQA da smartphone e infine le porte più utili, per i miei utilizzi. La tripolare AES/EBU per cavi ad impedenza controllata e la porta HDMI incaricata del trasporto del segnale digitale I2S, quella raccomandata per la minimizzazione del jitter, anche se il reclock interno di questa unità sembra funzionare molto bene. in quanto alle uscite, non ho mai impiegato quelle sbilanciate che recano ancora il cappuccio rosso mentre impiego correntemente quelle XLR bilanciate E completiamo il tour con il fondello, molto ben fatto con quattro piedini ben dimensionati per sostenere un peso non indifferente visto il telaio così piccolo. sia il fondo che i fianchetti sono dotati di fori e di fessure di ventilazione adeguate Ultima vista di insieme L'ingegnerizzazione è di livello veramente elevato. La qualità dei componenti ma soprattutto la tipologia dei circuiti e la loro fattura dimostra qualità fuori dal comune. Sembra di vedere un apparecchio Yamaha o Panasonic del massimo livello. Insomma, a differenza di altri cinesi più esoterici, non ha nulla da invidiare alla migliore produzione industriale - audio e di elettronica professionale - occidentale. Oramai l'implementazione di questi componenti è alla portata di tutti così come è relativamente facile integrare processori così sofisticati per consentire misure consone al livello atteso. Qui peraltro stiamo parlando di un dispositivo di fascia media del costo corrente di circa € 1.500, non esagerato ma certo ben al di sopra della fascia più diffusa. Chi ne mastica di audio e di audio digitale in particolare, sa che si può fare un apparecchio funzionante relativamente con poco e che la scelta di questo o quel componente è relativamente ininfluente se la circuitazione è adeguata. Ma fare alimentazioni all'altezza e stadi di uscita che portino il suono al livello atteso è un altro paio di maniche. E qui abbiamo tutti gli ingredienti giusti. La riprova è data dal fatto che acceso, il Gustard X26PRO dopo un pò si scalda. E qui si spiega il motivo di un telaio robusto e pesante con spessori notevoli per questa classe. *** Trascuro i dati di misura. Parliamo di cose tipo 129 dB di rapporto segnale/disturbo e bilanciamento tra i due canali a livello di secondo decimale. La distorsione è a -110 dB con un minuscolo picco a 12KHz, misurabile con difficoltà. La risposta è una retta orizzontale, L'uscita bilanciata produce 5,115 Volt e questo è un dato interessante, per l'interfacciamento con l'amplificatore. Sono informazioni che trovate sui siti dove questo apparecchio è in vendita (per esempio su Audiophonics.fr, verso cui vi indirizzo). Noi ci concentriamo sul suono che è la cosa più importante. Ancora mi scuso se ho utilizzato ed userò "liscio" questo convertitore, impostato su NOS (senza sovracampionamento) e senza alcun filtro che ne moduli la fragranza (sono cosine che si inventano quelli di ESS per mettere a disposizione degli integrati facili sistemi per modulare il suono se non sono capaci di farlo con l'elettronica). qui è posato sul preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III, connesso con cavi XLR. Il preamplificatore è collegato a due monitor professionali Adam Audio A77H a tre vie con 500 watt integrati. Il DAC prende il segnale digitale via cavo HDMI da una interfaccia digitale Gustard U18, il cavo è un comune HDMI da televisore, adatto per il 4K ma di poco costo (lo uso per mostrare le fotografie alle modelle mentre le scatto). Il display del DAC mostra informazioni essenziali l'ingresso (IIS IN), il tipo di segnale (in questo caso PCM a 96 Khz, inviati da un mini pc su cui gira Audirvana collegato con Qobuz) e il volume digitale, qui messo a ZERO per lasciare il segnale elettrico in uscita al massimo, delegando il resto al preamplificatore. Dal menù è possibile fare ulteriori scelte ma nulla di troppo sofisticato. Non chiedetemi cosa sia il PCM Filter, l'ho lasciato su Gentle perché le altre dizioni mi inquietano. l'ingresso 1 del preamplificatore, il volume 28, l'uscita altoparlanti, la simulazione di un suono "a valvole", riguardano invece l'Audio-gd. Ne riparleremo. Noto subito che il volume necessario è superiore a quanto sono abituato con la catena Audio-gd, collegata con la connessione proprietaria ACSS. Poco male, il livello può arrivare fino a 100 e già così ho davanti un Bosendorfer Imperial di grandi dimensioni, nonostante la vicinanza dei due monitor Adam Audio (due woofer in parallelo, un midrange a cono e un tweeter ESS). Il suono di questo DAC è molto concreto, appena il tutto è caldo è evidente il lavoro fatto dai tecnici Gustard. Concreto, solido e molto lineare. Roccioso sul basso e neutro sul medio e sull'alto. Il violino lo ha notato profondo e corposo, Max addirittura al telefono stamattina mentre stavo facendo i primi test. La voce femminile è robusta, impostata. Ma soprattutto si apprezzano due caratteristiche che sono la firma di questo convertitore. Il basso roccioso e la separazione tra i livelli con quello che chi scrive queste recensioni tende a definire silenzio di fondo o "nero" ben definito. Questo favorisce l'ambienza. In questo momento un coro canadese intona lo straordinario inno If Ye love me di Thomas Tallis e le sezioni vocali si leggono in profondità, chiare e distinte tra loro. La dolcezza di Mille Regretz di Orlande de Lassus si mantiene ma senza che si perdano le dinamiche tra le voci che restano, precise. Il senso di precisione complessivo è veramente notevole, complice la stessa impostazione nei monitor. Ma l'impressione si mantiene intatta anche nell'ascolto con le HIFIMAN Arya usando l'uscita cuffie del preamplificatore. Rappresentazione di classe che è perfettamente intonata con le caratteristiche estetiche del X26PRO, a promessa del risultato. La sinergia con l'interfaccia digitale Gustard U18 è ineccepibile, si vede che sono concepiti per funzionare insieme. Non c'è la minima incertezza (che invece mi rende impossibile usare la Gustard con i DAC Audio-gd). *** Insomma, prestazione maiuscola. Almeno finché si confronta con apparecchi dotati di convertitori sigma-delta. Nello stesso sistema, il mio Audio-gd NFB7.1 dotato del ES9018 si dimostra ancora più gigantesco nel basso, forte della sua alimentazione più che sovradimensionata (è un telaio da 22 chilogrammi) ma non così controllato sul medio e sull'alto. Però a paragone con DAC R2R il discorso cambia. Sia l'R27 che l'R1 di Audio-gd hanno una dolcezza e un microdettaglio che semplicemente questo X26 perde. Lui recupera sul basso che è sempre più importante, deciso, corposo e soprattutto controllato ma cede in quanto a precisione, sacrificando il dettaglio all'insieme. Con le cuffie planari di fascia alta la cosa è più evidente. Insomma, come per tutte le ricette, non è detto che ogni ingrediente sia sempre il più adatto, spesso si dovranno miscelare diversamente. L'X26PRO con i miei dipoli fa un lavoro egregio, dove la prova degli R2R che sinora ho provato faticano ad evidenziare un basso che tende sempre a stare un pò sulle sue ma in una catena che è votata alla trasparenza cristallina alle frequenze del violino e della voce femminile si nota che è la sua, la voce un pò più stonata. Nulla di grave, niente è perfetto e non è obbligatorio che ogni accoppiamento funzioni alla perfezione sempre, comunque e con qualsiasi repertorio. In questo momento sto ascoltando del jazz scandinavo e contrabbasso, piatti e rullante vorrei che suonassero per sempre ... Ma adesso ti rimonto il coperchio che se no qui prendi polvere ... Giudizio complessivo PRO: costruzione e ingegnerizzazione inappuntabili solido apparecchio in relazione al prezzo richiesto; componentistica di pregio funzioni complete (ma, per chi è interessato, i fratelli successivi hanno anche capacità di lettura di rete); può funzionare anche da preamplificatore digitale collegato a dei diffusori attivi ingressi e uscite complete affidabilità prestazione lineare con un basso importante ma suono complessivamente chiaro CONTRO: in confronto con DAC di tipo R2R mostra minore dettaglio e trasparenza può suonare in modo affaticante, bisogna stare attenti agli abbinamenti peso sbilanciato per la scelta di mettere i due trasformatori sul lato (ma non dobbiamo sollevarlo ogni momento, giusto ?)
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HIFIMAN Audivina : I put a spell on you
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HIFIMAN Audivina e Audio-GD R27HE Chantal Chamberland, Temptation (I put a spell on You), 2019 Maria Pia De Vito, So Right (Harlem in Havana, The One-eyed Man), 2005 Art Pepper + Eleven (1960) Magnus Ostrom & Dan Berglund e.s.t. 30 (2024) la pagina di presentazione del distributore italiano Playstereo.com Sulle prime non mi sono piaciute per niente. E' inutile nasconderlo. Sono cuffie molto particolari. Dopo un paio di mesi di rodaggio però sono cambiate. Ed io ho imparato a sfruttarle per quello che sono. Però bisogna farle scaldare. E bisogna che il front-end sia caldo. Io le metto sopra al mio Audio-GD R-27HE che dissipa 1200 Watt per metterne 20 sull'uscita bilanciata e il carico di 20 Ohm delle Audivina. E metto un disco di jazz. Quando lui raggiunge i 45-50 °C (scotta al tatto), allora le indosso. Mentre apprezzo la comodità di averle in testa (nonostante il peso aggiuntivo delle coppe in vero legno lucidato a mano stanno in testa esattamente come le HE1000. Perché in fondo, sono delle HE1000 ... !) Robbie Williams parte con il suo swing in puro stile Sinatra/Martin. E la performance comincia ad avvolgermi. Il palco è enorme - per delle cuffie - ma l'atmosfera è da cantina adibita a jazz club. Le note di marketing non scherzano, è così, al di là di quanto dicono sulle forme pensate su quelle del palco di Bayreuth. Sono cuffie da jazz (vocale ma non solo), più che da grande articolazione sinfonica. Se sono calde - perché fredde sono aspre - l'atmosfera è calda, suadente, avvolgente. Affascinante. Emozionante. Almeno, quanto lo è la musica che ascoltate (non saprei dire come siano se un soprano canta Berg ...). Nonostante la sensibilità sia alta - almeno nel dichiarato - il volume a seconda dei programmi cresce. A 60 punti (logaritmici) il mio RE-27 eroga al picco 12 Watt e ci vogliono tutti per apprezzare la straordinaria Seconda di Mendelssohn nella recente registrazione di Paavo Jarvi. Ma non è nelle grandi formazioni che queste cuffie danno il massimo. Perché per delle planari, la focalizzazione e il microdettaglio non è al massimo. Il Dr. Fang ha preparato un piatto particolare in cui sono state sacrificate in parte le peculiarità di introspezione analitica delle HE1000 in cambio di impatto e coinvolgimento. Così la voce è un pò più indietro e il basso più pieno e potente. Gli strumenti brillano il giusto. Solo a condizione di alzare di molto il volume - almeno con le mie malandate orecchie - si ottiene un riequilibrio, che io reggo per poco ma con risultati veramente emozionanti. Chantal Chamberland è veramente "tentatrice" con il suo Temptation e l'incantesimo di I Put a Spell On You funziona. Audivina fa brillare i trilli del pianoforte e della chitarra prima che la voce calda e leggermente roca di Chantal entri in scena e porti il canto su percussioni leggermente arretrate. Il piano è li a destra, un pò in alto. Lei è in centro, leggermente a sinistra. E c'è veramente l'illusione del piccolo gruppo jazz che suona su un paio di tavole qui davanti a me. Passo al violoncello cavernoso della Folia della Kobekina e apprezzo ogni corda ed ogni pizzicato. Ma il tono è scuro, cupo, non chiaro come sarebbe con le Arya o le HE1000. Chiamo in causa la straordinaria Bernarda Fink nell'altrettanto straordinaria interpretazione di lieder di Brahms. Il suo Guten Abend è piacevole e senza asprezze, fino alle note più alte. E anche Silje Neergard non riesce a straziarmi i timpani come ricordo che è riuscita a fare con le HE1000. Il pianoforte di Lugansky nel suo recital a Verbier è metallico. Il pianoforte con le Audivina non mi convince del tutto. E' meglio di quello delle Sundara Closed Back che è un pò ovattato. Ma qui alle volte è un pò troppo metallico, altre invece è perfettamente intonato (straordinaria la Campanella di Nikolai, di un garbo eccezionale, ben resa anche dalle cuffie che non eccedono in nessun registro). La registrazione di Dina Ugorskaya del II Libro del Clavicembalo ben Temperato è spettacolare, pur nei 44.2/24. Il piano è chiaro e preciso, le due mani perfettamente identificabili, il basso entra leggero e nitido ma potente. Intimissimo il violino e i pochi strumenti che accompagnano Tetzlaff nel concerto di Berg. Il violino non ha il nitore che si può sentire con le HE1000, è più intimo. La performance eccelle sul medio, rinforzata dal poco medio-basso che questo strumento ha. Il clavicembalo risulta smussato di molte asperità e il suono è argentino ma molto caldo, almeno quello usato da Giulia Nuti nel "The Fall of the Leaf". Potrebbe rendere gradevole questo strumento a chi lo ama poco. Ultima incursione sul sinfonico. I bassi di chiusura frase dell'introduzione della Rapsodia Paganini di Rachmaninoff sono potenti e profonde. La registrazione DG con Wang e Dudamel rende pienamente giustizia all'idea dell'autore anche se in taluni momento io sento (o mi invento) alcuni accenni un pò crudi. Andando sul repertorio più moderno, Peter Gabriel è energetico ma si perde un pò della qualità del mix minuzioso del suo "i/o". Il sinfonismo jazzista dei King Crimson è coinvolgente. Basso profondo, immagine stereo che segue le scelte del sound engineer, percussioni molto veloci. Impianto sonoro ampio. La voce in Cirkus è indietro rispetto al pianoforte ma è chiarissima. Bellissimo il sax baritono ma soprattutto le percussioni. Il basso di Toni Levin. Intendiamoci, il corpo è importante ma lontano dall'eccesso delle cuffie dinamiche più punchy. Sono e restano delle cuffie planari, non un imbastardimento con la scusa del padiglione chiuso. Ma chiudo con quello che secondo me è l'ambiente ideale per queste cuffie, il jazz. The Tea Leaf Prophecy, cantata da Joni Mitchell con l'accompagnamento di Herbie Hancock e i suoi, nel disco dedicato all'autrice è piacevole ma più interessante ancora il duetto tra Tina Turner e gli strumentisti (sax in primis). Ancora, la performance non è "monitor" come sarebbe con l'iperanaliticità delle HE1000. Il problema è che qui siamo in un test, in una prova. Queste sono cuffie da ascolto. Rilassato, piacevole, dove non si va a ricercare la performance ma il divertimento. Per questo smetto di pensarci e mi godo il resto del brano senza più indugiare su come siano il piano (bello !) o il sax (bellissimo !!) o Tina (!!!!). *** la risposta delle HIFIMAN Audivina misurata con miniDSP Ears, alla guida un trio di Audio-GD. Giudicando dalla risposta in frequenza non si darebbero nemmeno pochi euro per queste cuffie. Tanto è ... poco lineare l'andamento, con quella collina sul medio centrata sui 1000 Hz. Vi assicuro - se volete fidarmi - che questa è la risposta dopo due mesi di rodaggio. Perché all'inizio tutta la parte destra era più alta. Sospetto che con i mesi e gli anni, il tutto si linearizzerà maggiormente. Ma non dobbiamo vedere queste cuffie né come neutre, né come cuffie monitor. Sono cuffie da apprezzare ascoltando musica, avvolti da un guscio caldo e con la voglia di ascoltare solo musica, non individuare ogni singolo strumento nello spazio. La prestazione cambia da disco a disco e da brano a brano. Potete amarle oppure odiarle a seconda di quello che ascoltate, di come state, di come cambia la musica. In un certo qual modo sono cuffie un pò bizzarre e vanno prese per come sono. Possibilmente dimenticando molte iperboli di alcuni recensori. Chi le considera spazzatura e le detesta in modo clamoroso, chi le consiglia senza controindicazioni. La verità assoluta non esiste. Queste cuffie sono un modo di aggirare certi limiti delle planari - bellissime, chiarissime ma, proprio in quanto planari, leggere e poco coinvolgenti - per proporre un suono più emozionante e corposo, anche a rischio di snaturarle un pò. Che siano chiuse non cambia la sostanza - tranne che per me che non sopporto a lungo le cuffie chiuse per questioni di ... udito - si cede un pò di focalizzazione spaziale e di dettaglio in primo piano, per spingere i solisti un pò indietro per avere più spazio, aria e corpo sul medio-basso. Peccato per quel picco ad un Khz che a me ammazza buona parte del repertorio che ascolto di più nella mia vita musicale. Insomma, non sono cuffie per il barocco, per il pianoforte solo, per il coro femminile di Hildegard Von Bingen. Oppure si ? Aspetta un attimo ... Ma si invece, funzionano anche con il monofonico del XII secolo. Forse dovremmo aprire un pò di più i cancelli delle nostre aspettative. Insomma, suonano tutto, con una netta preferenza per il jazz acustico, secondo me. *** Costruttivamente non c'è molto da dire. Avete presente le HIFIMAN HE1000 ? Ecco, sono praticamente identiche (stesso archetto, stessi padiglioni, stessa articolazione, stessa banda), tranne quelle meravigliose coppe in legno naturale lucidato a mano con il marchietto HIFIMAN in mezzo. l'interno del padiglione è impreziosito da una doppia protezione. I cuscinetti sono eccezionali (se vi piace il color tabacco). La banda è meglio di quella delle Arya, secondo me. Ma penso di poter concludere a questo punto. Ricordo che le ho in testa praticamente da più di due mesi. Che sono maturate. Che sono maturato io. Che in certi momenti non mi convincono, ma dopo un pò mi fanno lacrimare per l'emozione. Sono cuffie particolari, non per tutti. Allargano l'orizzonte interpretativo di chi ama le cuffie. Bellissime, per me non possono essere le uniche cuffie di casa. Se leggete le (poche) recensioni che ci sono online, non prendetele alla lettera. Magari, se vi interessa un altro modo di ascoltare la musica ma siete malati come me di planari e non vi interessano più le dinamiche, provatele se qualcuno ve lo concede. Ma non per cinque minuti. Ci vuole tempo, bisogna capirle. Può essere che scatti la scintilla. Oppure no. A me "hanno fatto un incantesimo" e ne sono stregato. No, non rinnego le mie Arya e certamente non le mie Jade, sono tutta un'altra storia quelle. Ma so che quando ho bisogno di un certo tipo di suono, le Audivina risponderanno divinamente. Da par loro, perché sono Divine. Ma attenti, come tutte le Dive, non tollerano confronti. Se passate dalle HE1000 a queste, sulle prime non vi piaceranno. Ma dopo un pò ... non vi verrà voglia di tornare indietro (e viceversa !). Giudizio complessivo PRO: belle come il sole praticamente le HIFIMAN HE1000 con le coppe in legno lucidato facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) dentro alla modesta confezione c'è almeno un cavo bilanciato (ma vi toccherà comprarne uno migliore per farle cantare al meglio) coinvolgenti ed emozionanti più delle Arya e della media delle planari ma con qualche compromesso da accettare l'aver arretrato gli strumenti solisti ha ampliato il palco nel suo complesso (per delle cuffie) qualità costruttiva elevata CONTRO: costano un botto ! D'accordo quelle coppe costano ma ... il cavo bilanciato in dotazione è buona ma giusto per cominciare perdono quell'analiticità, iperdettaglio, precisione ed effetto wow tipico delle HE1000 sono cuffie chiuse, sulle lunghe impegnano di più le orecchie (almeno è così per me, preferisco le aperte) non possono essere le uniche planari di casa. Se avete queste, dovreste avere anche le HE1000 Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com- 14 comments
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Il nuovo Audio-gd Master 9 Mk 3 riprende la denominazione dei precedenti Master 9 ma se ne distanzia per dimensioni e peculiarità costruttive. Ma ne riprende le caratteristiche sonore, elevandole ad una firma sonora ancora più naturale. C'erano una volta l'Audio-Gd Master 9 e il Master 19. Due pezzi di bravura posizionati diversamente sul mercato. Entrambi preamplificatori in classe A bilanciati dual-mono, con amplificatore per cuffie. il Master 9 era una bella bestia, dal telaio standard, 16 chilogrammi, 9 watt su 40 Ohm dall'uscita bilanciata con la raffinata soluzione delle due prese per i canali separi, oltre a quella tradizionale a 4 poli. il Master 19 era condensato in un telaio più compatto, pesava 7 chili ma dimostrava lo stesso approccio e le stesse caratteristiche di fondo e sempre la stessa uscita cuffie. Meno sofisticazione nel complesso ma uguale sostanza. Nell'ultima ristrutturazione del catalogo, il Master 9 è evoluto verso la linea HE (alimentazione rigenerativa), il Master 19 è uscito di catalogo, mentre vi è entrato l'ultimissimo arrivato della gamma, il Master 9 Mk. 3 che è oggetto di questo articolo. Si tratta nuovamente di un componente dual-mono, interamente e realmente bilanciato, tutto in classe A, in un telaio compatto da 7 chilogrammi che idealmente è la versione "condensata" del Master 9 ma con l'approccio meno impegnativo del Master 19. E' stato aggiornato il layout, manopola, comandi, display e prese cuffie sono sostanzialmente identiche a quelle dei modelli di fascia alta (RE27 incluso), ma il peso e il volume occupato sono quelli del Master 19. L'impiego di tecnologia SMD per la produzione delle schede (identiche per i due canali) e delle alimentazioni (sdoppiate a partire dai due trasformatori che sono separati e non usano la stessa armatura) ha consentito un recupero economico che si riflette in un prezzo di acquisto competitivo. Con poco più di 1250 euro si acquista un componente che si può tranquillamente definire allo stato dell'arte, con controlli di volume separati a discreti asserviti da relais con resistenze di precisione, componentistica selezionata audio-grade, soluzioni di livello assoluto e raffinato. Concezione nel dominio della corrente e non nella tensione, connessione con gli altri componenti della catena bilanciata tradizionale o tramite collegamento proprietario ACSS. Le stesse, stessissime capacità di carico che consentono di pilotare qualsiasi cuffia esistente passata, presente e futura (sempre 9 Watt di targa a 40 Ohm oppure 630 mW per 600 Ohm -> equivalenti alla potenza di un amplificatore di potenza da 45 watt con riserva di energia a livello di trasformatori per 135 Watt, quindi più che adeguata ad ogni esigenza). *** Operazione di marketing, quindi ? La linea Master 9 si estingue e viene sostituita dalla HE 9 che propone alimentazione rigenerativa, mentre la linea Master 19 diventa Master 9 e rimane con alimentazione tradizionale. Direi di si e la prova sta nel pudding. Ma andiamo a guardarlo bene da vicino questo preamplificatore. La taglia è quella di un falso magro perché comunque ha una impronta sul tavolo di circa 35x35 cm e una altezza con i piedini di 8,5. Il peso è di 7 chilogrammi. Il telaio è in solido alluminio. I fianchetti sono di 4/5 mm di spessore, il sopra e il sotto sono di 4 mentre frontale e retro di un confortevole 8 mm, anche perché sono quelli più sottoposti a sforzo. l'aspetto riprende quello degli apparecchi più recenti della firma, con gli angoli stondati e il frontalino con due smussi sopra e sotto nella parte centrale, sopra al display. Il display è a due righe come quello degli apparecchi più "belli". la base del telaio ha fori di dissipazione (questo coso dopo mezz'ora scalda da matti !) e una quantità industriale di viti di blocco di schede e dispositivi. I piedini sono generosi e adeguati al peso qui ho cercato - invano - di evidenziare i differenti spessori. Il fianchetto non è così spesso, lo smusso arrotondato è praticato dal pieno del frontale/retro , via fresatura CNC il copritelaio è tenuto fermo da 8 viti filettate. i comandi e le prese cuffie così come il manopolone del volume sono in apparenza identici a quelli del RE27HE che in questo momento lo sta sostituendo alla guida dei dipoli DIP21. le uscite sono di qualità e ben solide, capaci di durare più di una vita. Entrambe hanno il blocco di sicurezza con pulsante di sblocco. Il retro è un condensato di razionalità e di qualità. Le prese e gli ingressi sono identici a quelli delle linee più pregiate. Le prese XLR sono incassate. il dettaglio del canale destro, 4 ingressi, due bilanciati, uno sbilanciato e uno proprietario ACSS. Le uscite sono tre, per i tre tipi di connessione. vicino alla prese di corrente c'è la targa con il seriale e la tensione. Nella realtà all'interno c'è un interruttore che credo consenta di passare a 110 Volt ma non mi interessa verificare. E andiamo finalmente a vederlo aperto la topologia è evidente per quanto molto semplice. I cavi volanti ridotti al minimo. La sezione di sinistra contiene i due trasformatori ben dimensionati, uno per canale. Le due schede sono speculari, una per canale. Contengono anche la parte di livellamento dell'alimentazione. dettaglio dei due trasformatori. Sono tipici delle realizzazioni di Audio-Gd che li lascia liberi, senza resinarli come è un pò abitudine occidentale. il fascio dei cavi che conduce l'alimentazione alle schede di segnale schede che portano marcata la scritta .... Master 19 Mk3 a chiarire definitivamente che questo di fatto è la riedizione del Master 19, con il nome cambiato Il motivo però non è solo marketing, ne parleremo quando si tratterà di definire le sue caratteristiche sonore. un'altra vista d'insieme non guasta mai. A ridosso del pannello frontale e in corrispondenza del display abbiamo la logica di controllo delle indicazioni dello stesso display. Ed ecco finalmente le schede di linea, identiche tra loro qui riprese dai due lati mostrarne i dettagli. Queste schede sono prodotte con procedimenti SMD per contenere i costi ma sono poi misurate singolarmente ed accoppiate dai tecnici di Audio-gd. questo è invece uno dei controlli di volume, realizzato senza uso di potenziometro ma con relais che controllano una rete di resistenze di precisione che intervengono a passi successivi da 0 a 100. il controllo avviene per mezzo di questi due microprocessori. Le due schedine sono sopraelevate per non influenzare per nulla il percorso di segnale delle due schede di linea dettaglio dei perni di sollevamento che sospendono sopra alla scheda di segnale la schedina di regolazione del volume. Tutto è analogico, nonostante vengano impiegati dei microprocessori per il controllo delle funzioni principali, questi non hanno alcuna attinenza col percorso del segnale. le prese di segnale. Quei cavetti trasparenti, davanti alle connessioni della presa XLR di uscita, alimentano la presa ACSS. La presa RCA è separata, non ci sono trucchi come sono spesso usi produttori meno qualificati. Questo apparecchio è realmente dual-mono e veramente bilanciato dall'ingresso alle uscite. Un ultimo sguardo lo meritano i transistor di potenza che, insieme ai condensatori di livellamento, potrebbero popolare un amplificatore di potenza da 45-50 watt senza problemi, grazie anche alla generosa quantità di corrente messa a disposizione dai due trasformatori. E in un telaio così piccolo ... sono disposti sui lati a ridosso della parete di separazione (si vedono in pianta due solide lastre di alluminio da 5mm, una che separa i due canali e una il canale destro dai trasformatori). Questi erogano fino a 9 watt su carichi da 40 Ohm (ovvero 22,5 watt su cuffie da 16 Ohm) e permettono a questo amplificatore di pilotare sostanzialmente qualsiasi carico presente sul mercato. un ultimo sguardo alle prese dorate di uscita. Il foto filettato di blocco del tetto del telaio e la piastra del retro dello stesso. *** Funzionalità Non c'è molto da dilungarsi. Questo apparecchio non richiede regolazioni. Ha un tasto di accensione e due tastini di selezione. All'accensione il display a linee LCD lampeggia qualche cosa che ricorda il nome dell'apparecchio che come tutte le altre indicazioni, tipicamente Audio-gd non è troppo intelleggibile. qui ci sono il numero di ingresso, il volume, il tipo di guadagno impostato e altre indicazioni che .... non ricordo e per cui vi rimando al breve e oscuro manuale presente sul sito del produttore. La peculiarità introdotta in questo apparecchio è quella di disporre di due tipi di risposta - pensati per le cuffie - quella normale (la lettera N dentro a PLNAL) che può essere cambiata nella lettera t (minuscola nell'immagine sopra). La posizione "t" starebbe ad indicare una curva di risposta modulata che scalda il suono, una sorta di effetto loudness che però si applica ad ogni livello di volume. L'ho misurata ed effettivamente è presente e ben audibile. questa è la risposta in frequenza delle cuffie AKG K-371 come come tutte quelle tipicamente del marchio, ha una tendenza al chiaro ben evidente. La posizione "t" del Master 9 Mk 3 attua una attenuazione della risposta a partire dai 100 Hz fino all'estremo superiore che ne ammorbidisce il suono. Mentre incrementa leggermente i bassi da 50 Hz in giù. Un sistema pratico di equalizzazione "al volo" attuato senza interventi digitali o processori di segnali, disegnata dal progettista direttamente nella scheda di amplificazione. Geniale, semplice, funzionale e ... compresa nel prezzo. *** A completamento della presentazione, il prezzo è piuttosto contenuto per la qualità del prodotto e le sue potenzialità, circa 1260 euro. La garanzia illimitata è di 10 anni come standard per Audio-gd. I tecnici, una volta assemblato l'amplificatore lo tengono collegato per circa 300 ore dopo di che lo misurano e lo testano, prima di spedirlo al cliente o al distributore europeo. La raccomandazione è quella di rodarlo per altre 300-500 ore prima di giudicarlo. E di cominciare a considerarlo in opera, solo dopo almeno 30 minuti di accensione, meglio se dopo due ore ...
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HIFIMAN Ananda Nano : l'hi-end a ~€500
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pagina delle caratteristiche dal sito del distributore Playstereo.com Versione riveduta e aggiornata dell'apprezzata HIFIMAN Ananda. Che incorpora i nuovi magneti stealth e il diaframma ultrasottile e si ripresenta con un nuovo look, tutto argento, per differenziarsi meglio da altri modelli della gamma. Nella prima versione si trattava sostanzialmente di una alternativa economica alle più prestigiose Arya, molto distanti dalle HE1000, di cui questa nuova versione ricalca un pò il look. il marchietto ANANDA NANO caratterizza l'arco di queste cuffie. che riprendono la forma del padiglione e anche la struttura dalle cuffie superiori. Ma con un pizzico di attenzione al risparmio nel sistema di articolazione dell'arco che di fatto impedisce ai padiglioni di seguire la forma della testa con leggerezza. Questo, unito ad una pressione piuttosto importante e ad una banda superiore - bella - piuttosto rigida, sulle prime non rende queste cuffie molto comode, almeno sulla mia testa. Allungando la corsa regolabile la pressione si attenua ma restano puntate sulla parte bassa. Non escludo che col tempo si adeguino alla forma della testa. In genere bisogna avere pazienza su questi versanti. Ma comunque Audivina (un guanto !), Arya e HE1000 restano di una categoria a se per quanto riguarda la comodità in testa. Detto questo, è tutto piuttosto solido e di qualità. I cuscinetti sono ottimi, morbidi (forse troppo), ben consistenti e aderenti. Anche la banda sembra superiore per consistenza a quella delle Arya. padiglioni e cuscinetti, approvati per fattura e consistenza. come la griglia di protezione, molto bella e resistente. La spugna interna praticamente nasconde del tutto i diaframmi, invisibili all'occhio e ben protetti. Nel complesso io le definisco molto belle. Non aggraziate come Arya e HE1000 ma siamo chiaramente in quella fascia di estetica e concretezza. *** Le cuffie hanno il classico spinotto da 3.5mm che le rendono compatibili con ogni cavo adatto a tutte le altre HIFIMAN di nuova generazione. Per cui le ho utilizzate con il miglior cavo che ho in caso, sull'integrato HIFIMAN R-27HE. L'impedenza da 14 Ohm anche se la sensibilità è medio-bassa, garantisce un carico facile ed elevata capacità di erogazione di corrente da parte dell'amplificatore. Io potrei scaricare decine di watt ma con il controllo di volume a meno della metà suonano già forte. Diamo un'occhiata alla risposta in frequenza. che è già all'origine decisamente molto corretta e lineare. Quasi una riga con una variazione inudibile fino a 3000 Hz. Dopo di che ci sono le solite oscillazioni in alta frequenza. Io fino a li non ci arrivi e nemmeno ci arriva la mia musica. Mentre la promessa di un basso e medio basso molto autorevole mi sembrano un buon viatico per queste cuffie, dopo le stranezze dei due modelli chiusi appena provati sul nostro sito. Ebbene, alla prova dei fatti, l'ascolto è di gran lunga il più soddisfacente che mi è capitato negli ultimi anni. Il basso è pieno, corposo, autorevole e punchy. Il medio basso risponde con la stessa velocità e autorevolezza. Il medio è pulito e chiaro. Nel complesso le definirei cuffie dal suono chiaro ma senza che nessuna gamma sai oscurata o prevaricata da quella alta che è si frizzante ma senza sibilanti o fastidiose esagerazioni. Neutre e concrete, sin dalla prima nota. Che sia jazz o heavy metal, sinfonico o barocco. Sono cuffie adatte a tutti i generi e a tutti gli ascolti. In particolare la voce femminile jazz con accompagnamento ritmico veloce. Ma non solo, il violino, il coro. cuffie autorevoli, dal suono pieno e piacevole, capaci di offrire un grande e notevole palcoscenico (senza pretese impossibili) con una buona evidenza di quanto in primo piano ma senza che scompaiano gli strumenti secondari. dire che la concretezza traspare dalla fattura. Così i miei dischi selezionati per i test si alternano veloci tra loro. Il suono resta chiaro e cristallino, ma questa è una firma del marchio, non di queste cuffie. Che invece si pongono esattamente nella mediana tra gli altri modelli, prendendo il meglio da tutti gli altri. Moderno, antico, complesso, semplice, senza differenze di interpretazione. Come se fossero cuffie di riferimento. Che al prezzo di € 559 è il complimento migliore che mi viene da fare. Naturalmente Arya, HE1000 Stealth e HE1000 SE sono li per offrire ancora più forza, ancora più dettaglio, ancora più analiticità, ancora - chi più, chi meno - effetto WOW. Che comunque a queste ANANDA NANO non difetta. Quasi che avessero preso, crescendo, tutto il meglio delle HE1000 senza alcuni eccessi sulle alte frequenza che non mi hanno troppo appassionato. Cuffie perfette insomma, con le sole riserve sull'indossabilità e comodità indotte da quel meccanismo di articolazione rigido e una certa inerzia nel copiare il profilo della mia testa. Forse non sarà così per tutti, ma per me, sulle prime, sono risultate non comodissime. Sul suono invece non ho riserve. E penso che con il tempo diventeranno ancora più piacevoli e naturali. Senza voler usare troppe iperboli, tra le HIFIMAN che ho provato sinora, sono le migliori per equilibrio, risposta e rapporto prezzo/prestazioni. Provatele un pò anche voi se potete. Non credo che le rimanderete indietro ! Giudizio complessivo PRO: belle e consistenti sia per materiali che per estetica fanno il verso non troppo velatamente alle HIFIMAN HE1000, come se fosse una sorta di loro manifesto di intenti facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) come per tutte le magnetoplanari, sempre poco sensibili coinvolgenti ed emozionanti hanno un basso perfetto, un medio corretto e una gamma alta mai invadenti il fronte sonoro è decentemente esteso (ma condensato sulla vostra testa, non fatevi troppe illusioni, cuffie sono !) rapporto prezzo / prestazioni eccezionale. Per delle planari non si può avere nulla di simile a questo prezzo ! CONTRO: scomode, l'articolazione dei padiglioni è modesta e la pressione sulla mia testa (non so sulla vostra) è elevata, spero che nel tempo si allentino perché così le posso tenere in testa per non troppe ore la dotazione è al solito scarna (solo il cavetto single ended); per farle suonare come le ho sentite io rischierete di spendere molto per il cavo come le planari in generale, richiedono un buon front-end per dare il meglio di loro (ma questo non è certo demerito loro !) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com- 9 comments
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sono un vecchio estimatore del marchio austriaco. Possiedo da quaranta anni le mitiche cuffie ibride K340 che ancora funzionano (sebbene mostrino l'età che hanno). In tempi più recenti ho comprato altri modelli riscontrando un cambio importante di qualità dopo il passaggio al gruppo Harman (a sua volta oggi di proprietà Samsung). Alcuni modelli sono oggi prodotti in Slovacchia ed hanno una qualità decente. Altri sono costruiti in Cina. E sono di qualità così-così. Alcuni sembra che siano semplicemente cuffie cinesi o koreane rimarchiate. Ho scritto delle K712 Pro, su queste pagine. Ho avuto anche le K700 (un trapano da dentista !). Con queste K371 ho acquistato anche le K550. Belle cuffie, dal suono ricco. Se non fosse che dopo qualche anno di uso moderato hanno cominciato a sbriciolarsi. Letteralmente ! Prima la banda superiore, poi i padiglioni, quindi le guarnizioni dei driver. Belli, per carità e con una struttura delle cuffie interessante. Ma alla fine ho deciso semplicemente di buttarle nel cestino. Perchè ne parlo qui ? Perché la prima bozza di questa recensione delle K371 è partita nel 2020 (le foto risalgono ad allora). Ma poi vedendo la brutta fine delle K550 mi sono fermato. Fino ad oggi, avendo riscontrato che nonostante sia passati 5 o 6 anni le K371 restano sempre quello che erano il primo giorno. Dici che hanno selezionato i materiali ? Sembra di si. Insomma, niente cedimenti delle "pelli" né della meccanica. Sono cuffie semplici, compatte, leggere. Tutto sommato funzionali. ecco qui sopra le K550 all'inizio del processo di sbriciolamento. Reference ... mi spiego ? la scatola è tipicamente consumer, da supermarket. Dentro, le cuffie, il cavetto con attacco tripolare proprietario che termina con un mini-jack. E un adattatore standard da 6.3 mm a vite. i cuscinetti sono molto morbidi e cedevoli. Poggiano sulle orecchie (sono letteralmente sovraurali) ma non pressano rendendo agevole tenerle in testa. Purtroppo dopo un pò la "pelle" tende a farmi sudare le orecchie. Ma è abbastanza normale con queste cuffie che peraltro, sono chiuse. il cavetto di comunicazione tra i due driver. Il segnale entra da un solo lato. l'interno del padiglione mette in mostra il driver, protetto da una tela nera la regolazione dell'archetto funziona ma non c'è articolazione che è demandata allo snodo del padiglione stesso la presa per lo spinotto del cavo lo spinotto tripolare. Le condanna ad un utilizzo standard single ended. Sono cuffie leggere, sensibili, di impedenza standard (255 grammi, 114 dB, 32 Ohm). AKG dichiara un driver da 50mm (simile a quello delle K550) e una risposta da 5 a 40.000 Hz. Si trovano ancora sul mercato tra i 150 e i 170 euro. Le ho misurate, ovviamente, ricavandone una risposta tipica. Noto una elevata estensione sul basso più profondo ma un avvallamento sul basso che conta (tra i 40 e i 100 Hz), un medio in evidenza e una risposta piuttosto brillante sugli altri. Le ho addomesticate usando il mio Master 9 Mk III in simulazione "valvolare" Audio-gd Master 9 Mk III : risposta su Normal Audio-gd Master 9 Mk III : risposta su Tube misure effettuate con miniDSP Ears Nella simulazione "valvolare" la risposta del Master 9 Mk III viene modulata incrementando i bassi sotto ai 50 Hz ed alleggerendo i medi sopra ai 100 Hz con una gradazione che si riduce oltre i 2500 Hz. In questa modalità il suono delle K371 diventa meno aperto ed avanti, permettendo di apprezzare meglio ogni genere musicale. Non che al naturale siano esageratamente aggressive, ma comunque viene mantenuta la presenza tipica mitteleuropea del marchio. Il suono è potente, basta un filo di "gas". Sono certamente più versate per i generi moderni, sulle medie e sulle alte non hanno una definizione adeguata alla musica ad alta risoluzione. Nel complesso non sono disprezzabili per cuffie chiuse con driver dinamico e anche in termini di fatica di ascolto non stancano troppo presto. Ma a questa fascia di prezzo non offrono nulla di particolare se non un modello piccolo, compatto, quasi da viaggio e tutto sommato " a perdere" (tipo vacanza o spiaggia, oppure come monitor per strumenti musicali o utilizzi tipo videoconferenza e computer). Non dopo l'uscita di cuffie planari in questo range di prezzo. Come dire che le HIFIMAN Deva se le mangiano offrendo una performance da intenditori mentre, volendo un suono più moderno e rotondo, le HIFIMAN HE400 Se sono ben altra classe. Volendole chiuse ? Abbiamo provato le Sundara Closed Back che, secondo me, buttano fuori dal mercato praticamente tutte le dinamiche sotto ai 350 euro. Insomma, va bene la simpatia per il marchio e la fedeltà nei secoli. Ma non tutta la vita (come cantavano quelli la).
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Monitor posizionati a parete, a differenti distanze dalla parte di fondo, circo 120cm da quelle laterali, altezza circa 100cm dal suolo (su stativo in ghisa), microfono a circa 250 cm di distanza. risposta confermata da Dirac Live, posizionamento praticamente a parete nonostante il condotto reflex sia sul posteriore. Simulazione "home", con testa a 105 cm di altezza. Cinque misurazioni. filtro creato con punto di inversione sul basso a 32 Hz, risposta standard calante oltre i 100 Hz e incremento sul punto minimo il processore ha impostato un ritardo di 0,2 millisecondo tra il canale sinistro e quello destro l'interfaccia virtuale tra Dirac e l'uscita USB del computer. *** Stiamo parlando del modello di punta della nuova serie T, la entry level del marchio tedesco che parte dalla versione con mid-woofer da 5 pollici, sale con quella da 7 ed arriva all'oggetto della prova che ha un bel cono plastico da 8 pollici, dotato di una soddisfacente sospensione in gomma. ogni monitor pesa circa 10 chilogrammi, è alto 40 cm, largo 25, profondo 33. Assorbe 150 watt, con un amplificatore sul woofer da 70 watt e uno da 20 watt sul tweeter. Il tweeter è un U-ART da 4 pollici con un diaframma in mylar che pesa 0.17 grammi, dotato di guida d'onda orizzontale a tromba HPS. Il woofer è in polipropilene da 8 pollici con bobina da 25mm. La risposta dichiarata è di 33 Hz - 25.000 Hz (-6db). La frequenza di incrocio è di 2600 Hz. La pressione sonora massima ottenibile è di 118 dB a 1 metro. Controlli e connessioni sono sul posteriore, come è sul posteriore il bel condotto di accordo reflex a profilo esponenziale. Le casse sono solide, massicce, robuste, i materiali sono ottimi anche se qualche risparmio è stato fatto su interruttori e switch. Il frontale è appena ingentilito da due leggere smussature che si chiudono sopra al tweeter, altrimenti è il classico box da monitor a due vie da usare in verticale. Il posteriore è accessibile svitando il pannello sostenuto da 12 viti. Io le ho provate in near-field ai lati del monitor, posandole su punte sul piano in palissandro della mia scrivania ma poi le ho sostituite con i più prestanti A77H. Adesso le sto usando in posizione "da casa" per vedere se possono andare come casse in un sistema hi-fi tradizionale, anche se sono state pensate come monitor per il missaggio di registrazioni in home-recording o in piccoli studi amatoriali. Ovviamente Adam Audio offre ai professionisti le gamme di monitor superiori. Per la cronaca questi costano BEN 250 euro l'uno ! E sinceramente a questo prezzo non esiste nulla di meglio. una tipica installazione proposta da Adam Audio ai lati dei monitor video della workstation di lavoro di un appassionato/musicista che mixa le sue registrazioni in casa. Non c'è trattamento a parete e i monitor sono posati sul tavolo. L'ascolto avviene a distanza molto ravvicinata. *** il mio monitor "sinistro" dettaglio del tweeter U-ART di derivazione Air Motion e costruito a Berlino, responsabile di buona parte dell'intonazione di tutti i monitor Adam Audio il profilo dell'uscita del tubo di accordo reflex posteriore dettaglio del cono in polipropilene del woofer da 20 cm del T8V il quadro controlli posteriore. A parte la presa di corrente standard (tipo computer) e le due prese di ingresso, sbilanciato/RCA (da non utilizzare se possibile) e bilanciato XLR (preferibile), la manopola di livello utile anche per equilibrare eventualmente i due canali e i due controlli di livello per le alte e le basse frequenze con due decibel +/- di escursione. La spia di acceso/spento è sul posteriore. Francamente l'unico difetto che ho trovato in questi monitor (al netto della fascia di appartenenza). Bene, andiamo alle impressioni sonore, con a mente un impiego di tipo tradizionale. Nella prova hanno suonato collegate con cavi XLR da un euro al metro, al mio Audio-gd Master Mk. III, alimentato a sua volta da Audio-gd DI2024HE e R-1 NOS. Un complesso che vale più o meno 3000 euro e quindi di un ordine (o più) di grandezza superiore a questi monitor, pensati per essere connessi a postazioni di lavoro con una interfaccia digitale tipo Scarlett o simili. La timbrica già uscite dalla scatola è corretta, appena calante verso le alte, con bassi pieni e profondi. Potenti. Il medio è neutro e l'equilibrio regna sovrano. Corrette via Dirac Live (intervento necessario per allineare fase e interferenze indotte dalla stanza di ascolto) sono diventate ancora più complete, fornendo un ascolto ancora più sincero. Ricordo che sono posizionate con il condotto a un paio di pollici di distanza dalla parete ma che nella mia particolare configurazione, allontanarle dal fondo non sembra apportare vantaggi sotto ai 200 Hz mentre si linearizzano o meno la gamma media e media-superiore. Nonostante il punto di incrocio abbastanza alto per un otto pollici (scelto probabilmente per salvaguardare il tweeter), non si notano indurimenti nella gamma media, la più critica. Personalmente preferisco sempre le tre vie (quando non le quattro) ma qui c'è poco da lamentarsi. Sia nei generi moderni che in quelli classici la performance è sempre "rotonda". Alta dinamica e non sembrerebbe necessario mai avere più watt (l'amplificatore dei bassi è di "soli" 70 watt, io in genere ne metto a disposizione molti di più). Il basso è profondo e pieno. Si sentono belle chiare le pelli delle percussioni e i piatti non sono in alcun modo sporcati da un medio-basso scomposto. Se dovessi indicare un genere più confacente a questi monitor, sarebbe il jazz classico (quello con sax, trombe, batteria vera, contrabbasso acustico). Mentre il meno indicato è quello vocale complesso, tipo i Mottetti di Bach o la musica rinascimentale. Non perché non se la cavino ma è dove il medio va più in crisi. E ci mancherebbe altro. Ricordiamoci che sono casse da 500 euro la coppia ... amplificatori compresi ! Mentre se dovessi farmi un impianto dedicato al rock classico, da come sto ascoltando i King Crimson in questo momento, partirei da questi T8V ! Ecco, potrei anche continuare a parlare di musica ma preferisco ascoltarla. Non è nel mio stile inventarmi concetti impossibili da trasferire a parole o differenze impercettibili tra metà gamma e un'altra. Concludiamo Giudizio complessivo PRO: costruzione professionale nonostante la fascia di prezzo economica è un apparecchio di fascia entry ma le prestazioni sono di livello superiore potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori nonostante i pochi watt e anche disposto a distanze molto superiori a quelle per cui lo ha pensato il progettista valido in tutte le gamme, basso potente e avvolgente, medio di classe, alto mai disturbante eccezionale rapporto prezzo/prestazioni ma così buono che a causa sua mi sono comprato il modello a tre vie della fascia superiore non necessitano affatto di subwoofer. L'accordo e il woofer spingono fino in basso verso frequenze inusuali per questi diametri di woofer CONTRO: pesanti e ingombranti a conferma che c'è tanta sostanza il suono "fuori dalla scatola" va addomesticato se l'installazione e la stanza suonano contro il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) ma perdonano di più le registrazioni non ineccepibili perché meno radiografanti della serie A di Adam Audio ricordo che esistono anche i modelli T5V e T7V rispettivamente con woofer da 5 e da 7 pollici ma lo stesso tweeter, che sono più piccoli, leggeri e meno costosi. Ed esistono sia la serie A che la serie S per prestazioni a scalare superiori ma a prezzi che non sono proporzionali all'aumento di prestazione. Purtroppo non credo si possano ascoltare prima di acquistare e comunque per l'impostazione da "monitor", avrebbe poco senso farlo fuori dalla propria installazione. Sono e restano diffusori nati per uso professionale o amatoriale ma di servizio alla produzione di musica. Vanno bene in ambito hi-fi. Certamente si se si sa cosa si sta comprando. Non sono minidiffusori di scuola inglese e nemmeno italiana. Sono di scuola tedesca e simili a quelli francesi. Aperti, cristallini. Freddi, secondo qualcuno. Vanno addomesticati e richiedono un orecchio educato. In confronto ad altri monitor che ho ascoltato (JBL, M-Audio, KRK, non c'è confronto. Con Focal, Genelec, dipende dalle aspettative. Io non gradisco né le cupole invertite né i tweeter a cupola con guida d'onda). Purtroppo non posso filtrare il mio giudizio escludendo i miei gusti, le mie abitudini e l'educazione delle mie orecchie. Mi spiace, dovete fidarvi. Ma vi assicuro che valgono ogni euro che spenderete per comprarli. E anche un paio di centinaia l'uno di più.
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Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un video youtube dove l'oratore, in un lungo monologo, cerca di convincerci con dovizia di argomenti, che i monitor professionali non possano suonare in altro modo che mediocre. Se la premessa è questi monitor siano della classe dei mitici Yamaha NS, quelli bianchi messi sul banco del mixer, pensati all'epoca in cui la destinazione del missaggio era la compressione di dinamica e picchi in modo da non far saltare le cupole dei tweeter e le membrane dei woofer dei poveri impiantini di casa, incapaci di reggere livelli adeguati, allora si. L'idea è riprodurre un suono medio, più che mediocre, in linea con quello che poi ascolterà l'utente medio. Siamo ancora all'epoca del vinile stampato in malo modo e riprodotto finché il master non si rovina e poi ascoltato sui mitici 15 watt e con le casse Heco o Indiana Line. Con il lancio del CD, peggio mi sento, la dinamica ha avuto un picco ma gli impianti sono rimasti quelli. E quindi il missaggio ne doveva tenere conto. Ma oggi è un altro paio di tasche. Abbiamo avuto una profonda selezione degli ascoltatori. Una buona parte - il grosso - è scomparso. Quelli che avevano il compattone o hanno le casse con i coni da ribordare oramai ascoltano la musica in auto o con le cuffiette. Quelli che la musica la amano come noi, invece, hanno impianti in grado di rendere "quasi" tutta la dinamica che si vuole, almeno restando a volumi inferiori alla soglia del dolore alle orecchie ... ... quindi la pretesa è che il materiale sonoro sia reso disponibile al meglio, su supporto ... smaterializzato e semplici lettori software si permettono di fare lo scan della dinamica al volo dei brani ascoltati in streaming mostrando curve che si approssimano al limite teorico dei bit a disposizione. Tolto quel limite, e adeguati gli impianti di riproduzione, il mix deve essere fatto con monitor buoni. Quindi sia i near-field (quelli posti sul banco) che quelli mid-field (quelli messi dietro al banco) sono di un livello superiore, mediamente. Sono attivi, sono potenti. Sono fedeli. E intanto sono arrivati produttori nuovi che hanno proposto linee di monitor attivi multivia, con tanti watt a disposizione, driver di qualità, processori interni, flessibilità di pilotaggio. Non mi riferisco solo o esclusivamente a quelli di riferimento (sono in genere messi a parete negli studi di registrazione e servono più che altro per impressionare i clienti, perché hanno prestazioni da palco) ma a tutti gli altri. Dando un'occhiata a venditori di livello come Thomann si ha un esempio della gamma proposta, anche da marchi famosi come Dynaudio. E di produttori specializzati come Neumann, Focal, Genelec, Adam Audio. I marchi citati si contendono la scena, insieme ad altri meno famosi, nell'attrezzare gli studi di tutto il mondo, con monitor di tutte le fasce economiche. Ci sono sistemi a 2 e a 3 vie, con 2-3-4 driver per canale. Sono sistemi amplificati, che accettano segnali per lo più analogici (ma alcuni anche digitali). Che si possono controllare via software con connessione ethernet. E vari livelli di sofisticazione. E che possono costare svariate migliaia di euro l'uno (perché i monitor attivi professionali si comprano per singolo pezzo). Adam Audio, europea società berlinese che si permette ancora di fare alcune lavorazioni in patria, si è guadagnata un nome con una gamma completa e su svariati livelli che può accontentare sia l'hobbysta che il grande studio. Qui abbiamo già visto la prova di un modello a tre vie della serie S, io ho in casa dallo scorso dicembre una coppia di due vie serie T e questa coppia di tre vie serie A di cui vi parlo in questo articolo. Sono monitor a tre vie, 4 altoparlanti, tre amplificatori, cross-over interno a DSP, controllo del suono via DSP, ingresso ethernet per il controllo dei parametri e l'immissione della curva di correzione. *** Ma perché ne parliamo su queste pagine ? Perché questi sistemi, concepiti per il professionale possono essere benissimo adattati anche per l'ascolto in casa. Purché, purché, purchè ... Tornando al video di cui parlavo all'inizio, il monitor professionali non sono pensati per un uso "pronto e cuoci". Hanno una risposta che pur regolabile dal pannello posteriore, è pensata per dare solo la base al professionista. Che sa benissimo che in base al posizionamento in studio e al tipo di suono che cerca per il suo lavoro, non potrà accontentarsi del suono così come esce dai diffusori. Solo dopo la calibrazione i monitor saranno pronti per l'uso a cui sono destinati. Altrimenti, è vero, suoneranno in modo se non mediocre, almeno ordinario. qui abbiamo i miei due monitor, posizionati sul tavolo di lavoro, a circa 35° di orientamento verso di me, il medio e all'altezza delle mie orecchie, a 110 cm di distanza per la precisione. Con 60 cm di spazio dietro verso la parete, ad angolo per il monitori di destra, la finestra, per il monitor di destra. Sono monitor piuttosto grandi, 531 x 350 x 236 mm, Peso: 17,1 kg. Stanno su un piedistallo in metallo regolabile a 20 cm dal piano. la pagina con le specifiche di Thomann. Sono sempre in cima alla classifica delle vendite. In pronta consegna. A me sono arrivati con UPS in due giorni. i dati di amplificatori e altoparlanti Dicevo che la risposta sarà influenzata da tanti fattori. Le due misure che ho pubblicato più in alto sono differenziate per l'altezza dal piano. Ma presentano entrambe rinforzi e cancellazioni sul basso per interferenze costruttive e distruttive dovute all'emissione posteriore che arriva in fase o in controfase rispetto a quella anteriore dei due woofer da 7'' e delle aperture reflex. Il medio presente anche esso un paio di avvallamenti ma poi tutto sommato prosegue abbastanza linearmente verso l'alto, con una risposta quasi piana. Naturalmente sono compromessi dovuti al posizionamento e all'assenza totale di assorbenti o trattamenti acustici in questa stanza che certo non è uno studio di registrazione. Ma è una stanza comune come quella di tutti gli altri. Ovviamente l'ascolto così sarà pesantemente influenzato da queste anomalie. Per non parlare della presenza di oggetti nel campo acustico. Per risolvere il problema senza ribaltare la stanza o spendere N volte il valore dei monitor per il trattamento della stanza (mai abbastanza efficace in una casa normale, quale che sia la spesa fatta), oggi si interviene per via elettronica. Misurando la risposta da diversi punti vicini a quello dove si troverà l'ascoltatore, per avere poi un modello capace di generare una serie di filtri che modifichino digitalmente - a monte del sistema di riproduzione - la risposta misurata. Non solo in asse sul piano della potenza in arrivo ma soprattutto intervenendo sulla fase dei due canali e sui ritardi alle singole frequenze. Adam Audio propone per questa serie l'uso di Sonarworks, che si interfaccia con il DSP integrato per inserire la correzione direttamente dentro ai diffusori. Io non dispongo di questo software che non conosco se non per le recensioni lette. Soprattutto non possiedo un microfono XLR e non ho interfacce con alimentazione a 48 V. Per cui ho preferito usare il mio Dirac Live che conosco e che utilizza il mio microfono usb Umik di minidsp. Partendo dalla risposta numero due di cui sopra, ho fatto la calibrazione poco fa, dopo aver cambiato i piedistalli dei due monitor. ho usato la simulazione di uno studio, non quella tipica di una sala di ascolto. Il sistema dopo le 9 misurazioni standard ha proposto questo genere di correzione che mi convince perfettamente, perché segue un profilo di tipo Harman con un rinforzo sempre gradito sotto ai 100 Hz, ponendo un limite intorno ai 30 Hz ma con una risposta piena a 32 Hz. Considerando che i due 7'' in parallelo equivalgono ad un 10 pollici circa, non è male. Come detto il midrange in composito da 3.5 pollici è all'altezza delle mie orecchie mentre il tweeter X-ART (air-motion) fatto a mano da artigiane berlinesi è poco più sopra. Impiegando il Dirac Processor come terminale di Audirvana, il mio sistema non è influenzato da queste elaborazioni. perché lui "impersona" la porta USB Amanero della mia Audio-gd DI24HE che a sua volta alimenta il DAC R-1 NOS e il preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III. *** Una installazione tipica per questi monitor non vi mostro la mia perché è molto più disordinata e soprattutto non ha alcun Mac ma un più modesto mini PC cinese a controllare il tutto. Io non ci produco musica, mi limito ad ascoltarla, scrivere le modeste recensioni che vedete su queste pagine, provare apparecchi. questi monitor, pur compatti per lo standard di settore, sono imponenti, essendo larghi poco meno del mio monitor da 32 pollici. E pesano un botto, difficili da spostare una volta posizionati. A conferma della solidità tutta teutonica. Il materiale delle membrane è tutto tecnico, la corsa dei due woofer è lunga. La distorsione anche a livelli da ... studio di registrazione, è inesistente ed è più probabile che vibrino i vetri. Complici le due porte reflex anteriori l'emissione è solida e concreta. Il suono - una volta calibrato - è concreto, lineare, cristallino, senza enfasi. Coerente e solido. Con una immagine stereofonica granitica. L'impostazione resta di tipo teutonico ed è tale da non perdonare nulla alle registrazioni. Ma è questa la loro prerogativa, ciò che ne giustifica l'esistenza. Roberta Invernizzi nel disco Fineline "O dolcezze amarissime" non è in alcun modo edulcorata ed è resa senza indulgenza (la voce è sempre bellissima ma il microfono è troppo vicino secondo me ...). Se la registrazione è pulita, viene voglia di alzare il volume fino oltre la metà (del logaritmico controllo di volume analogico del mio Audio-gd) come è il caso della straordinaria registrazione di Ysaye di Hypérion. Come quella Vraft Recordings di Art Pepper + Eleven del 1959. Naturalmente potrei giocare con i livelli del Dirac per modulare la risposta come la voglio io ma snaturerei la logica di questi monitor. E poi, io ho altri diffusori più strutturati per dare una visione più musicale e meno "in avanti" della musica in questa stanza. Sempre calibrati con Dirac Live ma progettati per essere meno presenti. Del resto, non volevate un suono monitor dettagliato e radiografante ? Eccolo qua ! il pannello posteriore con gli ingressi, l'inusuale presa ethernet, la presa di corrente e i controlli di tono a DSP, oltre al bianciamento. Tutte cose che io ho lasciato rigorosamente in flat. Personalmente sconsiglio di usare monitor di questo tipo con collegamento single-ended, devono essere usati con cavi XLR di buona qualità. vista di tre quarti con gli splendidi driver in primo piano e le porte dei condotti reflex agli angoli. La smussatura ai bordi superiori è puramente estetica. il famoso tweeter X-ART con la guida d'onda. E' possibile girarlo anche in orizzontale per modificare la dispersione. E concludiamo così anche se potremmo parlarne a lungo. Magari se ci saranno commenti ... I monitor attivi professionali suonano in modo mediocre ? Decisamente no, se sono buoni e di ultima generazione e sono calibrati bene a seconda dello scopo che si ha in mente. Possono sostituire amplificatore e diffusori HIFI tradizionali ? Decisamente si, con qualità costruttiva di un ordine di grandezza superiore, risparmiando spazio e denaro rispetto a certe proposte da audio-gonzi che circolano nel mondo hifi di oggi oramai ridotto a "il gatto e la volpe" da un lato e tante pecorelle credulone dall'altra parte. Giudizio complessivo PRO: costruzione inappuntabile. Siamo realmente nel mondo professionale è un apparecchio di fascia media ma le prestazioni sono di alta gamma potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori suono ad alta risoluzione, gamma media e alta cristallina i vantaggi delle tre vie, di cui quelle superiori di gran classe disponibilità di controlli sia hardware che software per personalizzare il suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene della cosiddetta alta fedeltà che questo livello costruttivo e questo suono se lo sognano possibilità di calibrazione interna tramite il software opzionale Sonarworks (con microfono dedicato) CONTRO: pesanti e ingombranti su un tavolo, meglio su piedestalli professionali in solida ghisa il suono "fuori dalla scatola" non basta per convincere l'ascoltatore il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) non perdonano le cattive registrazioni (anche perché questi monitor dovrebbero servire per verificare il mix delle registrazioni audio) non costano poco ma Adam Audio propone altre soluzioni più abbordabili sia nella gamma A che in quella T dove ci sono modelli sorprendenti per capacità sonore rispetto al costo
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R-27 rappresenta il top di gamma degli integrati - DAC/preamplificatore/amplificatore cuffie - di Audio-gd. L'erede ideale degli apparecchi dotati di chip di conversione 1704. Nella realtà al momento la gamma si compone dei soli R-28 ed R27, perché il piccolo R11 non è più in produzione. R-27 è disponibile in più versioni, quella in esame è la R-27 HE, dotata di alimentazione rigenerativa, il fiore all'occhiello di Audio-gd insieme all'amplificazione ACSS. Veniamo proprio al cuore di questo dispositivo, l'alimentazione. questa scheda è marchiata orgogliosamente Regenerate Power Supply ed è una delle due collegate al trasformatore di ingresso. che è di dimensioni generose, resinato al suo interno e con una schermatura in rame. E' un avvolgimento che potrebbe sostenere il carico di un discreto amplificatore finale di potenza e che qui invece si limita ad accogliere la corrente di rete a 220 Volt. per consegnarla pulita e "rigenerata" con frequenza stabile e tensione fissa a tre ulteriori trasformatori più compatti, ognuno alimentante le rispettive sezioni di alimentazione delle tre sezioni in cui è diviso il dispositivo. La circuiteria di ricezione del segnale e i due canali del DAC. vista parziale in pianta, da destra e nel centro, le due sezioni di alimentazione : la rigenerativa e quella per i singoli canali. La simmetria è ammirevole. Non all'altezza di realizzazioni ultrasofisticata l'articolazione, più definibile artigianale - sebbene di alto livello - sia per la presenza di svariate cavetterie volanti quanto di residui di lavorazione non proprio eleganti. Regna su tutto il sovradimensionamento complessivo. di rado nelle recensioni vengono rappresentati i fondi degli apparecchi. Eccolo qua, invece, al di là dello spessore del piano - 8mm di alluminio rigido - il numero di feritoie, ma soprattutto l'innumerevole quantità di viti di blocco delle varie schede interne dimostra lo sfoggio di materiale (e i discendenti tempi di assemblaggio) degli apparecchi di questa classe. Che per Audio-gd sono lo standard di riferimento, siano essi all-in-one come questo, semplici preamplificatori, DAC puri o amplificatori integrati. Ne sono prova i 2560 grammi del solo coperchio, fissato con una dozzina di viti, lo spessore del telaio a pianta quadrata e il peso complessivo di 22.000 grammi che lo rendono un campione di ... facilità di posizionamento in casa. Il mio piano è profondo 60cm eppure lo regge a fatica in estensione, con i cavi di connessione posteriori che sfiorano la parete di fondo. questa versione è in alluminio naturale, spazzolato. Bella e lucente ma un pò fragile sia nel catturare le impronte delle dita quanto degli eventuali graffi per sfregamento. Poco male, la superficie non suona. Ma un telaio del genere assicura la dissipazione dell'elevato calore prodotto. Che nel caso del più compatto Master 9 Mk III tende a raggiungere temperature da ustione mentre qui, caldo è caldo ma nulla di anormale. di trequarti così non impressione poi tanto, sembra uno strumento di misura industriale qui con il coperchio appoggiato sopra (per toglierlo, l'unica è farlo scivolare mettendo in bilico la macchina), invece è più impressionante. ma deve impressionare l'interno, ordinato eppure molto affollato, qui evidenziato dalla fotografia a telaio aperto e posto sul fianco. A sinistra abbiamo i due canali del convertitore, in mezzo a loro la scheda di ricezione, davanti le alimentazioni separate che prendono energia dai tre trasformatori alloggiati in un vano separato da pareti di schermatura. Infine a destra, l'alimentazione rigenerativa, un trasformatore di ingresso e due schede simmetriche. A ridosso della parete frontale, la scheda di controllo del display. altra vista del marchio della scheda di alimentazione rigenerativa altra vista di tre quarti anteriore. Si nota subito il minimalismo dei controlli : accensione e due tastini di selezione delle varie modalità e ingressi. Manopola del volume (elettronico) ed uscite cuffie, single ended e bilanciate. la scheda centrale che contiene tutta l'elettronica di ricezione del segnale, il processore di controllo, i due clock di precisione. dettaglio del processore dedicato agli ingressi, un Altera Cyclone a 32 bit, i due clock, i due isolatori degli ingressi. Componentistica allo stato dell'arte. sopraelevata la schedina di ingresso USB, sotto i vari isolatori degli altri ingressi, clock esterno compresi. Anche la porta I2S rappresentata da una presa HDMI è isolata, a garanzia di pulizia del segnale. Della porta USB viene usato solo il ricevitore mentre tutto il resto è ricostruito dal processore. La distinzione tra le schedine dovrebbe consentire maggiore separazione. Secondo Audio-gd, questo ingresso è tanto qualitativo da non richiedere una interfaccia digitale esterna (ci sentiamo di avere qualche dubbio, almeno considerando la qualità della DI-24 HE che stiamo utilizzando in un altro stack in parallelo a questo apparecchio). ma andiamo al pezzo forte del DAC effettivo. I due canali sono disimpegnati da quattro moduli simmetrici posti su due schede separate impilate una sull'altra e ulteriormente schermate da una piastra d'acciaio avvitata sopra. Sono i moduli DA-7 specifici di Audio-gd e responsabili della conversione del tutto analogica del segnale digitale in analogico. i due DA-7 del canale sinistro, coperti dalla piastra di schermatura che una volta rimossa mette in mostra la topologia del tutto simmetrica del push-pull. Due processori Xilinx si incaricano di coordinare il lavoro mentre una serie di chip regolano la precisione della maglia di resistenze. Il cuore di un convertitore R2R sta qui. Al posto di uno o di più chip sintetici, viene usato un circuito analogico composto da resistenze di precisione che leggono a cascata il segnale. I due moduli sovrapposti offrono 4 convertitori per singolo canale, per un totale di 8, per il segnale PCM. Per il DSD ci sono 4 moduli dedicati. Ovviamente non viene fatta alcuna conversione da PCM a DSD come in molto apparecchi economici (anche di gran marca). la pianta di un modulo Audio-gd DA-7 Mk II installato nel R-27 HE. Tra i due moduli, che hanno alimentazione superiore, c'è il controllo di volume, anche esso a resistenze, quindi discreto, separato per ogni singolo canale. Per offrire una reale circuitazione bilanciata. al capo opposto, avvitata sul pannello anteriore, la scheda di logica di controllo del display anteriore. la vista al volo dal posteriore ci introduce al pannello ingressi ed uscite. le entrate sono completissime. I2S, ottica, USB di tipo B, XLR AES/EBU e due porte coassiali per clock esterno e digitale SPDIF. In aggiunta una porta speciale per l'eventualità di aggiornare il firmware della macchina (che io farei solo a rischio della vita ...) le uscite sono le tradizionali per Audio-gd, bilanciata XLR, bilanciata ACSS e sbilanciata RCA, con i due canali separati fisicamente. L'unica indicazione del modello è presente in questo adesivo posto vicino alle presa di corrente che reca anche il numero di matricola. più semplice il frontale, con accensione, selettori e prese cuffie con in mezzo il display a cristalli liquidi sono comandi semplici ma solidi. Purtroppo asserviti al sistema poco intuitivo di Audio-gd che necessita la consultazione del manuale per ricordare a cosa corrispondano numeri e lettere mostrate nelle varie fasi. sotto una luce calda, l'alluminio, al vero un pò freddo, appare di una piacevole tonalità champagne. Tutti i connettori sono di altissima qualità. Neutrik per gli XLR e corrispondenti in oro per i coassiali e gli RCA. *** Visto l'interno, imponente, andiamo ai comandi. Il selettore è diviso in due tasti, uno per far ruotare le opzione, l'altro per modificarle. Il problema è l'intelleggibilità delle opzioni impostate. All'accensione l'R-27 fa lampeggiare i led per salutare orgogliosamente mostrando quello che evidentemente è il logo Audio-gd e il nome del modello. L'avvio non è immediato perché l'alimentazione rigenerativa ci mette una manciata di secondi ad andare in linea. quindi compare questa scritta. Quello che si capisce è che ho selezionato la porta USB (la IN 6 guardando il posteriore). Mentre in modalità operativa si legge la frequenza di campionamento rilevata, l'uscita, il guadagno dell'amplificatore, la porta di ingresso, il livello del volume. [non so cosa sia questo 128. Nella realtà il sistema è connesso ma non c'è alcun segnalo. Normalmente quel numero è 44, 48, 96, 192 etc.]. Le opzioni modificabili sono il tipo di sovracampionamento (di default è su OFF), il livello di luminosità del display, lo spegnimento o meno del display. C'è infine una modalità "artistica" che Kingwa dice di aver mutuato dal lungo ascolto del giradischi analogico. Dovrebbe essere a suo dire un modo per generare un suono particolarmente dolce e caldo che darebbe il suo meglio con oversampling 1x o 2x. L'ho provata senza tanto successo. A differenza della modalità "tube" del Master 9 Mk III che è anche misurabile nel suo intervento, qui io stento a riconoscerne l'effetto. *** Bene, con questa carrellata ci siamo. Ma vorrei riepilogare le componenti di questo grosso amplificatore. Nello stesso, enorme, telaio, abbiamo : l'alimentazione rigenerativa che è in grado di dare corrente elettrica pulita a tutte le schede, con frequenza precisa e tensione stabilizzata. Non è una cosa banale, qui non ho grossi problemi, ma nella mia casa precedente, la tensione di rete oscillava tra 210 e 230 Volt, con frequenza tutt'altro che stabile. Qui invece avevo fatto installare uno stabilizzatore meccanico che alla fine si è rivelato quasi superfluo, tanto da averlo disinserito l'alimentazione con tre trasformatori separati e circuiti dedicati in classe A la scheda di ricezione dei segnali, controllata da un processore Altera Cyclone, due clock Accusilicon ad alta precisione, isolatori su tutte le prese, ingresso per clock esterno, interfaccia USB Amanero due convertitori "analogici" a discreti (rete di resistenze) controllati da microprocessori due controlli di volume "analogici" a relé due amplificatori in classe A per le uscite cuffie che possono operare con guadagno differenziato a +13dB e +26dB erogando fino a 15 watt su 25 Ohm di carico sulla uscita bilanciata (teoricamente pari a 45-50 watt su un carico di 8 ohm se fosse possibile alimentare dei diffusori) un circuito di preamplificazione lineare, sempre in classe A (uscita fino a 20 V contro i 2~5 se usato come semplice DAC) l'alimentazione è pulita per tutti i sistemi, gli ingressi sono isolati, la macchina è virtualmente esente da jitter già sul piano concettuale. L'avere tutto nello stesso telaio unisce ai difetti di avere un telaio enorme e pesante, i vantaggi di una messa a punto precisa nell'indirizzo della sua firma musicale, come intesa dal progettista. In teoria, un DAC non dovrebbe suonare. Un preamplificatore non dovrebbe suonare. Dovrebbero solo fare il loro lavoro di rendere analogico un segnale digitale - quale che sia - e di elevarne il livello alle necessità del sistema di riproduzione (amplificatore o diffusori amplificati). Il discorso è un pò diverso se pensiamo all'amplificatore cuffie, che può avere un suo carattere, secondo le impostazioni di fondo. Nei modelli economici a chip operazionali, le modalità di funzionamento sono impostate in via digitale. Qui invece è la topologia dell'architettura che influenza il risultato. *** E quindi, alla prova dei fatti, o meglio, del suono ? Che si usi come semplice DAC, come preamplificatore o come dispositivo integrato, l'Audio-gd R-27 HE fa il suo lavoro. E' presente ma è lineare, offre una risposta molto dettagliata e precisa ma non analitica. Ha una impostazione calda e dolce, più o meno a prescindere dalla modalità di funzionamento selezionato. Nei mesi in cui l'ho usato sinora, per lo più è stato senza oversampling (NOS) ed ha pilotato praticamente tutte le cuffie che ho avuto in casa, mettendole sempre in condizioni di dare il meglio di se. Offrendo una risposta ricca e convincente con un palcoscenico ampio, profondo e credibile. Ma non è uno strumento di misura, non è pensato per dare prestazioni di laboratorio asettiche. Ha un carattere e un anima. Tutte orientali. Dolce, gentile, possente ma tranquillo. Come un mastino inglese ma del tutto opposto dalla scuola e filosofia del Nord Europa, votata all'analiticità e all'iperdettaglio, magari a prezzo di una certa fatica di ascolto. Se metto in testa le Arya Organic o le Jade II (in questo caso con l'amplificatore a valvole Stax e l'R-27 che fa solo da DAC) posso stare per ore ad ascoltare la musica che mi piace. Senza pensare un attimo a questo o a quel dettaglio. Tutto mi sembra naturale (quasi) come quando ascolto il mio sistema di diffusori planari a dipolo. Naturalmente se la sorgente fa schifo, farà schifo la musica riprodotta. Se le cuffie (o i diffusori usati : e con le Adam Audio A77H sulle prime è stata una lotta, tanto che le ho passate la Master 9 Mk III) sono secche, aspre o poco definite, l'R-27 non cercherà di ingentilirle, lascerà impietosamente che mostrino i loro difetti, senza tentare di compensarli. Quel caldo e quel dolce, non significano eufonico o edulcorato. Siamo nel mondo dell'alta definizione. E non vi so descrivere la distanza siderale che separa questo sistema dai miei vecchi giradischi Marantz SA11S2 e Teac VRDS 10 con convertitori Philips e BB. Eleganza contro sguaiato. Eppure 25 anni fa quelli erano il non-plus-ultra (o quasi). Vale 3600 euro ? Non saprei dire, dipende da cosa ci dovete fare e cosa vi aspettate che faccia. Se avete più cuffie alto di gamma e un amplificatore in classe A e dei diffusori planari robusti, ascoltate musica unplugged registrata a regola d'arte ... e avete lo spazio dove sistemarlo in modo tale che dissipi il calore che produce. E allora si. Altrimenti sarebbe un vero spreco. Si può avere di più ? Certo, sempre. Io non sono un grande appassionato di sistemi integrati, tendo a preferire le soluzioni a componenti separati. Quindi, restando in casa Audio-GD, una DI-24H, un R-7HE e un HE-9 Mk III sicuramente vi strapperanno dei sorrisi ebeti (specie se avete delle HIFIMAN Susvara o delle HE1000 SE). Ma ad un prezzo più che doppio di quello già stratosferico di questo. Ci sono sistemi più economici di questo che offrano prestazioni simili ? Si certo ma comunque attenzione a selezionare cose che abbiano lo stesso tipo di impostazione a discreti, dall'alimentazione ben dimensionata alla quantità di transistor di uscita, senza operazionali. Ne sono contento ? Si, assolutamente si. Ma in fondo il mio sistema di backup (sempre Audio-gd) riesce a comportarsi a modo, con una prestazione sui monitor attivi da bancone, che è superiore a quella dell'R-27 che è più spietato e schizzinoso. Quindi ? L'Hi END è così, una malattia a cui bisogna saper porre rimedio. Ognuno trova la medicina musicale che fa per lui. Giudizio complessivo PRO: costruzione senza lesinare. Addirittura esagerata solido apparecchio di fascia realmente top; componentistica di pregio ingressi e uscite per tutte le necessità suono eccezionale se la sorgente e il sistema di riproduzione sono all'altezza caldo, dolce ma sempre estremamente dettagliato, senza alcuna concessione nessun convertitore Delta-Sigma che io abbia sinora ascoltato è in grado di dare questo genere di suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene a tre unità separate (interfaccia digitale, DAC e preamplificatore) CONTRO: ingegnerizzazione molto sofisticata per un sistema in apparenza molto semplice costruito per ridondanza quasi overkill costruzione artigianale con molte concessioni a livello di realizzazione (connessioni, resinature, residui su schede e piastre : nulla di questo si vede in occidente, in questa campo Audio-gd deve molto migliorare e curare i dettagli) I francesi userebbero il termine alambique peso, dimensioni, prezzo ... enormi ! comandi e display astrusi (a dir poco) impietoso verso chi non è alla sua altezza (sorgente musicale e cuffie/diffusori)
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In prova con questa catena di test : Qobuz via Audirvana Gustard U18 Gustard X26PRO via I2S Audio-gd Master 9 Mk III via XLR caso stock single-ended HIFIMAN e cavo crystal bilanciato HIFIMAN la pagina del prodotto dal distributore italiano, Playstereo.com. Il prezzo attuale di € 125 non rispecchia il valore reale di queste cuffie, è solo una fase di mercato in cui HIFIMAN come da sua abitudine, promuove il ricambio di magazzino. Si tratta se non sbaglio della terza edizione di questo modello. Ho posseduto ed apprezzato le originali HE400, le ho sempre preferite alle Sundara per il loro suono più naturale e non affaticante. Ho anche la versione 2020, denominate HE400i o improved, aggiornamento di metà carriera ma oggi mi voglio soffermare su questo modello che continua ad essere, secondo me, il miglior punto di ingresso nel mondo delle magnetoplanari aperte ad un prezzo eccezionale. armatura robusta (in plastica) argentata, padiglioni rotondi sovraurali, cuscinetti morbidissimi, appena vellutati. Connettori standard da 3.5 mm che consentono di accettare tutti i cavi che ho in casa per le HIFIMAN. l'edizione se mantiene l'archetto semplificato (efficace anche se un pò cheap) e l'articolazione sufficiente a trovare subito l'accomodamento sulla testa. Queste cuffie hanno il diaframma standard (non nano di ultima generazione) ma incorporano i magneti stealth, trasparenti al suono. La sensibilità è abbastanza bassa - 91 dB - il peso è contenuto. L'impedenza di carico è di 32 Ohm, valore standard per le cuffie di oggi, cosa che le rende facilmente pilotabili. Ma ho il sospetto che la potenza necessaria per farle volare sia elevata. Del resto c'è scritto anche nelle note che probabilmente un DAP o uno smartphone non basterà. Sono rodatissime, le ho da quando sono uscite, per cui le conosco già bene. Ho cambiato il front-end per usare il nuovo Audio-gd Master 9 Mk. III ma questa volta alimentato da una coppia tutta Gustard. L'interfaccia digitale U18 e il DAC X26 PRO. La coppia è consanguinea e si apprezza la connessione diretta via cavo HDMI (un modello Ricable da pochi soldi che uso per visualizzare le foto via Nikon Z quando devo mostrarle alle modelle durante gli scatti), ovviamente via porta I2S. Il carattere del Gustard X26 PRO è ben definito. Lo uso da 18 mesi per i miei diffusori (planari e dipolari !) per le sue caratteristiche. Il convertitore tipo Sigma-Delta ESS 9038 PRO qui è usato in configurazione doppia, per un perfetto bilanciamento. Alimentazione e stadi finali sono a discreti. E' un apparecchio da circa 7 chili, tutto sostanza ma con un livello di ingegnerizzazione elevato. Ma ne parlerò in un successivo articolo. Dicevo del carattere che mostra i muscoli sul basso che però rimane controllato. Mentre il medio e l'alto sono chiari e in primo piano. Ho misurato queste cuffie con il mio solito microfono doppio miniDSP Ears il DAC Gustard posato sull'Audio-gd Master 9 Mk III le cuffie sul miniDSP Ears (sulla immediata sinistra, l'interfaccia digitale Gustard U18). Ecco la misura, ripetuta due volte stringendo i cuscinetti. C'è una particolare dolcezza in queste cuffie che si riscontra perfettamente nella risposta : il basso scema come nei diffusori dipolari, il medio ha un avvallamento con il centro a circa 1850 HZ, l'alto è tormentato ma di livello non molto più alto del piccolo picco a 800 Hz. E' strana la discesa dopo i 12Khz ma a quelle frequenze chi la sentirà mai ? E' un peccato che io non trovi più la misura fatta quando erano nuove. Magari è in queste pagine da qualche parte, salterà fuori. *** Ma di tutte queste cose ci interessa poco o per niente di fronte al suono. Ebbene, mi ripeto un pò rispetto a quanto ho scritto per le HIFIMAN Edition XS. Queste sono entry-level, decisamente e non arrivano in nessun modo al dettaglio delle alto di gamma. Ma il carattere, ben coadiuvato dal DAC Gustard, privilegia l'ascolto, come se fossero dei minidiffusori di scuola inglese. Il basso è importante, non in primo piano, lo è il medio, mentre la voce c'è, è chiara, senza esasperazioni. La solita caldissima voce di Chantal Chamberlain che "vorrebbe danzare con qualcuno che l'ama", è a tratti ben più che commovente. Si sentono i suoni emessi dalle labbra. E lei la potrei ascoltare cantare per ore. Appena più leggera di quanto sono abituato con Arya e Audivina, Maria Pia De Vito, con il pianoforte meno dettagliato di quanto mi piacerebbe. Il volume è più alto del solito ma non saprei dire se per la sensibilità bassa delle cuffie o per il livello di uscita del Gustard. In genere il Master 9 riceve il segnale via ACSS dal DAC R1 NOS di Audio-gd. Ma se voglio sentire di più il basso devo alzare il volume. Solo a quel punto mi soddisfa. E questo senza che le altre frequenze lo coprano. Sono cuffie abbastanza sensibili al livello della registrazione. Amano che la traccia sia almeno una 96/24 Ma passando allo swing di Robbie Wililams in 44/16 non si chiederebbe molto di più (e naturalmente viene da chiedersi dove sia finita Miss Jones !). Lo Studio della Rivoluzione nelle mani di Valentina Lisitsa è quello che ci vuole per apprezzare un pianoforte con una buona ambienza. Ma devo alzare il volume di parecchio. Chiamo Vincenzo Maltiempo a raddoppiare il suono con la prima di Scriabin. Il suono è più argentino. Il basso nella marcia funebre c'è ma non viscerale come piace a me. Torno al jazz più classico con Art Pepper+Eleven. Resta una bella performance ma mi conferma come queste cuffie siano ben lontane dal tipo di suono monitor di altri modelli - radiografanti - di HIFIMAN. Come per le Edition XS questi sembrano diffusori. Con solo un palcoscenico meno ampio. Ma comunque molto ben caratterizzato. Jesu Meine Freude par Raphael Pichon ha le voci femminili in evidenza ma il basso c'è cavernoso in sottofondo. Il coro però non mi appassiona tantissimo. Mentre è bellissimo il violino di Alina Ibragimova nella sua bella lettura di Ysaye. ... continua dopo il break doveroso per far riposare le orecchie ... ... e siccome i miei dubbi rispetto al solito sono aumentati, cambio la catena di comando Qobuz via Audirvana Audio-gd DI2024HE Audio-dg R1 NOS 2024 via I2S Audio-gd Master 9 Mk III via ACSS cavo crystal bilanciato HIFIMAN e le cose si rimetto a posto. Il fortepiano di Olga Pashenko nel suo ultimo disco mozartiano è delicatissimo, il piano di Valentina è più robusto, la voce della De Vito è più pulita. Chantal resta calda. Il basso dei King Crimson di The Hell Hounds of Krim resta coinvolgente ma meno potente, più signorile, più controllato. il palcoscenico cresce, si allarga, si approfondisce. Morale, pur essendo cuffie che costano poco, non sono cuffie da poco. Non avranno mai il dettaglio delle HE1000, ovviamente, ma sono molto sensibili a cosa le pilota. Con la catena Gustard abbiamo un bel basso granitico ma perdiamo molto della leggerezza del medio e dell'alto. E anche un pò di palcoscenico. Con il sistema Audio-gd, anche appena appena acceso, sembra tutto più coinvolgente ed emozionante, più preciso, ma con un basso meno secco e violento. Che posso fare ? Ricorro a Janine. Il finale del concerto di Sibelius mi da la prova che "per quello che ascolto io", qui va meglio. Giudizio complessivo PRO: la porta di ingresso per il mondo delle magnetoplanari. Con 125 euro non si compra nemmeno una scheda di memoria SD discreta ... rapporto prezzo qualità insuperabile per le planari (come per le Edition XS al cui carattere le avvicino) suono neutro, caldo, avvolgente, abbastanza dettagliato, palcoscenico molto ben caratterizzato su tutte le dimensioni sembrano diffusori acustici e si possono ascoltare a lungo senza problemi nessuna gamma in evidenza, basso un pò in ritirata abbastanza comode ma io sono troppo ben abituato ai padiglioni grandi ovoidali e circumaurali delle altre HIFIMAN CONTRO: molto sensibili alla catena di controllo, per spingere il basso ci vuole un Sigma-Delta ma poi si perde di chiarezza e precisione in gamma medio-alta sensibilità bassa, ci vuole potenza e un ottimo amplificatore a spingerle aspetto e costruzione cheapy. Ma a quel prezzo ... insomma se vi incuriosiscono le planari ma non volete o potete spenderci tanti soldi, correte a prendervi queste HE400SE con l'unica avvertenza che sono fuori catalogo e forse uscirà un nuovo modello abbastanza presto. Ma questo non le farà smettere di suonare bene. A me piacciono come sono piaciute quelle dei due modelli precedenti. Ci ascolto di tutto con prevalenza per jazz e hard-rock ma anche violino e voce sono spettacolari. Cedono nelle trame complesse e nelle tessiture di coro e grandissima orchestra, non è il loro pane. Ma per quello ci vogliono altri apparecchi. Attenti però a cosa c'è attaccato all'altro lato del cavo di potenza ...
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HIFIMAN Edition XS : recensione
M&M posted a blog entry in BWV 988 : Variazioni Goldberg's BWV 988 : Recensioni Audio
Ed eccoci finalmente all'ultimo pezzo del quintetto di cuffie planari HIFIMAN in prova. Si tratta delle HIFIMAN Edition XS. un modello che si caratterizza storicamente per scelte di compromesso al risparmio per contenere il prezzo ma non per la qualità di ascolto. Ci sono state altre proposte nel recente passato, tutte derivate dall'alto di gamma che non hanno mai deluso. In questo caso la scelta è stata quella di adattare i padiglioni in stile HE1000 all'archetto usato per Deva ed HE400 SE. In questo modo l'indossabilità si mantiene di alto livello ma probabilmente si risparmia sui costi. Nonostante ciò queste cuffie hanno i magneti stealth e i diaframmi ultrasottili, come tutta l'ultima generazione di cuffie. Il padiglione ha la caratteristica forma ovoidale che avvolge del tutto l'orecchio e si poggia sui lati della testa. Le armature sono estremamente solide, con finitura argento. I cuscinetti sono morbidissimi ed avvolgenti, con una texture che ricorda la vera pelle. Si indossano facilmente, non pesano e non stringono troppo, quel tanto che basta per aderire al corpo e non favorire trafilaggi. Sono cuffie aperte ma devono stare ben strette per assicurare un buon basso. la scatola è quella minimal in cartone naturale con una banda adesiva che specifica il modello. e che riporta bene in evidenza tutte le caratteristiche non sono promesse per aria, perché il tutto è mantenuto appena le provate. Sono confortevoli e tecnologicamente avanzate. riporto la pagina del negozio online del distributore italiano. Si caratterizzano per una impedenza bassa di soli 18 Ohm, una sensibilità bassa di 92 dB. Il peso dichiarato è di 405 grammi (non ho verificato, ci credo). L'interno della scatola riprende quello delle altre, con le cuffie protette da un preformato in schiuma di polistirene e l'unico accessorio è un cavetto single-ended, pregevole ma che io non ho usato. I connettori sono quelli standard da 3.5mm, quindi mi permettono di usare i miei cavi bilanciati che impiego con le Arya e le Audivina. l'articolazione, pur non particolarmente raffinata fa il suo lavoro, rendendo queste cuffie meno rigide delle Ananda Nano che invece utilizzano un altro sistema, esteticamente più appagante ma meno confortevole alla prova dei fatti, almeno per me. l'archetto è solido e rivestito di finta pelle, ben rifinita. l'interno del padiglione. Si nota l'armatura interna di protezione, il velo che la ricopre, il nido d'ape esagonale che assicura morbidezza al cuscinetto. *** la misura con il consueto sistema miniDSP Ears mostra una risposta in frequenza ben articolata che ricorda quella dei diffusori acustici. La gamma media non ha evidenze, quella medio-alta ha un avvallamento con un minimo a 2000 Hz e un picco a 4000, la gamma altissima non ha picchi esagerati (come invece hanno le Ananda). Il basso è un pò in ritirata, con una flessione di circa 6 db sotto ai 100 Hz. Ricordo sempre di non innamorarsi di queste misure. Perché possono variare nel tempo e perché non è affatto detto che sulla testa siano confermate, rispetto al sistema di prova con la sua struttura e la sua pressione sonora. Per questo preferisco sempre far maturare ogni cuffia che provo. Nel tempo le cuffie acquistano gradualmente le loro caratteristiche peculiari mano a mano che suonano. E anche le mie orecchie si abituano a riscontrarne le loro peculiarità. Le ho provate in particolare negli ultimi giorni con questa catena : Audirvana che gira su un mini PC Windows interfaccia digitale Audio-gd DI2024 HE dac Audio-gd R1 NOS 2024 amplificatore Audio-gd Master 9 Mk III cavo bilanciato HIFIMAN se le prime impressioni contano ho riscontrato da subito la bassa sensibilità che richiede di alzare il volume dell'amplificato per raggiungere una pressione sonora tale da permettere alle cuffie di dare il meglio di loro. Il suono è caldo e privo di asprezze in generale. E' inutile impiegare la modalità del Master 9 Mk III che simula un amplificatore a valvole, già lo fanno le cuffie. La gamma media è suadente, gli alti setosi e il basso mai invadente. Sembrerebbe un quadro da caminetto in una sera di primo inverno se non fosse che dopo un pò vi accorgete di quanto suonino naturali queste cuffie. Il fortepiano di Elisabeth Pion è pignolo ma grazioso, gli archi presenti, i fiati legnosi. Non è un suono monitor, al contrario, siamo in un ambiente di ascolto. Insomma, queste cuffie propongono una situazione degna di ottimi diffusori acustici ben posizionati in un ambiente acusticamente trattato. Senza rimbombi, senza riflessi. Il suono non è ovattato ma non viene privilegiata nessuna gamma. Insomma, un suono da intenditori. Che sulle prima non farà sbalordire con quell'effetto un pò urlato che hanno altre cuffie ma che apprezzerete se vi piace la buona musica acustica. Lasciando Mozart per passare al jazz di Chantal Chamberland, la sua voce ha un tono roco caratteristico, è forte ma senza dilaniarvi i timpani. La ritmica c'è, è appena dietro, non vi capita di confondere i suoi. Il piano lo individuate subito, così come ogni corda della chitarra. E' la stessa cosa con Pietra Mia De Vito che nel disco So Right è registrata con un mare di ambienza. Ma si sente l'effetto sul microfono quando respira e si alza di frequenza. La voce è chiarissima ma il piano lo è allo stesso modo. Il Prokofiev di Jansen/Makela è come credo lo abbiano ascoltato in sala di regia mentre lo registravano. Alzo un pò il volume dopo il jazz perché il livello è più basso ma dietro al violino i fiati sono perfettamente nitidi come il continuo tremolare degli archi, fino alle prime arcate dei violini. Che meraviglia. Non tutte le cuffie sono adatte a riprodurre a pieno un Fazioli come quello che suona Giltburg. Il suo Rachmaninov è scintillante. Mi piacerebbe però che il basso fosse più presente, perché qui la mano destra ha il sopravvento. Va meglio - ma forse è la registrazione - il disco DG con Babayan e Trifonov e quindi abbasso il volume. Ma il duo suona come se fossero un'orchestra, come credo abbia inteso volere il sound engineer che ha mixato la ripresa. E quindi finisco per rialzare il volume al primo pianissimo. Il Vespro di Pichon si conferma impressionante con tutte le parti in perfetta sincronia. Armoniose è il termine per definire queste cuffie. Poco potenti perché poco sensibili e che richiedono un pizzico di potenza in più. Ma senza che questo vi faccia poi correre dal medico ... Un confronto con la risposta delle quasi equivalenti per prezzo, HIFIMAN Ananda Nano mi porta a confermare quanto siano bravi in HIFIMAN a creare fragranze diverse con ingredienti molto simili. le ANANDA Nano suonano molto più forte, sono dritte come un fuso con un basso prepotente e impetuoso, i medio-alti sono in avanti e gli altissimi sparano. Queste Edition XS anche alzando il volume non perdono il loro carattere morbido, suadente, da ascoltare per ore tanto sono naturali. E in questo mi ricordano le mie amate Arya prima versione. Cuffie che io ho pagato 4 volte di più solo sei anni fa. Che dire di altro. Che sono fatte bene e sono anche belle, sebbene non eleganti come altre HIFIMAN. sembrano robuste e capaci di regalarvi anni di ascolti rilassati. Sono adatte a tutto ma credo che la loro vocazione sia per la musica con strumenti naturali non amplificati. Ma un passaggio sui King Crimson mi smentisce. Perchè la voce di Cirkus è sempre commovente e il pianoforte liquido. Il sax fragoroso e solo i bassi meno esagerati di come li sentirei con le Audivina. Ma non per questo meno belli. Anzi, io li definirei raffinati, capaci di elevare anche la musica più popolare di un intero livello. Insomma, a dispetto di un aspetto un filo più dimesso e di qualche compromesso in più rispetto ad altri modelli della gamma HIFIMAN, queste Edition XS si confermano nella loro essenza. Quando quelli di HIFIMAN usano il marchio Edition, stanno presentando un paio di cuffie eccezionali, one-off da prendere al volo per non farsi sfuggire l'occasione, capaci di condensare in "pochi soldi" le qualità delle loro migliori cuffie. Credetemi, se potete, dovreste ascoltarle. Se siete superficiali, le HE1000 Stealth o le Ananda vi piaceranno subito di più. Ma se avete a cuore innanzitutto la musica e poterla ascoltare a lungo, le qualità neutre e morbide da alto di gamma delle Edition XS dopo il giusto rodaggio vi conquisteranno. Può essere che una parte del merito venga dal front-end che ho utilizzato. Non saprei dire se in single-ended e con un comune ampli-dac cinese da un paio di centinaia di euro le cose sarebbe uguali. Ma ricordatevi che HIFIMAN propone eccellenti DAC R2R capaci di far volare ogni loro cuffia. Giudizio complessivo PRO: buona scelta di compromesso sotto l'aspetto tecnico mantengono la sostanza (magneti e diaframmi) rapporto prezzo qualità insuperabile per le planari suono neutro, caldo, avvolgente sembrano diffusori acustici in un ambiente ben trattato nessuna gamma in evidenza, elevano di qualità ogni traccia audio di ogni genere sia CONTRO: non impressionano al primo ascolto, devono essere capite; altri modelli saranno certamente più immediati. Non rimandatele indietro al primo ascolto da valorizzare con un DAC R2R e una discreta riserva di potenza non impressionanti sul piano estetico ma comunque ben costruite -
Audio-Gd è un marchio cinese di cui abbiamo già avuto modo di parlare spesso su Variazioni Goldberg. La sua anima è il progettista, Kingwa (traslitterazione occidentalizzata), ingegnere formatosi negli Stati Uniti che ha assorbito le logiche progettuali Krell. I suoi progetti sono frutto dell'amore per la musica prima che per le esigenze commerciali. La filosofia di Audio-Gd si basa su un'idea semplice che però, in un'era di miniaturizzazione e di virtualizzazione, pare eretica o rivoluzionaria. Ci sono due aree fondamentali che compongono un apparecchio audio : l'alimentazione e gli stadi finali. Quello che c'è in mezzo è importante ma se non viene messo in condizione di ingerire corrente pulita ed emettere corrente pulita, può essere il migliore del mondo ma non si sentirà la differenza tra un prodotto da $200 e uno da $20.000 Quindi alimentatori sovradimensionati, spesso con tre o più trasformatori separati, PSU in classe A con transistor di alta potenza con dissipatori enormi. Schermature, separazione dei canali compreso il controllo di volume. Terminali a discreti di potenza tale da poter pilotare dei diffusori anche se si tratta di un preamplificatore. Circuiti realmente bilanciati. Zero Feedback. Telai in alluminio adeguati al modello, alcuni realmente molto pesanti. Controlli torniti dal pieno. Etc. Questo preamplificatore e amplificatore per cuffie è un apparecchio di ingresso per il marchio. Prodotto tra il 2017 e il 2018, a formare una linea con un DAC coordinato. Di "mezzo formato" rispetto ai vari Master 9 e 19 che hanno sempre rappresentato la prima linea dei preamplificatori Audio-Gd. Derivato dal Master 9, ne ricalca la filosofia pur con alcuni compromessi, necessari per poter stare in un piccolo telaio e pesare non più di circa cinque chilogrammi. E costare 600 euro, ovvero quanto chiedono certi altri marchi cinesi per un integrato con alimentazione switching, controllo di volume digitale, operazionali in ingresso e in uscita. Ma un display fancy a colori, un nome pompato dagli influencer a suon di apparecchi regalati a tutti e prestazioni di laboratorio perfettine, e tutte uguali tra loro. Audio-Gd non ha praticamente comunicazione. Ha un sito in cinese e in un inglese molto approssimativo, disegnato in HTML old-fashion. Parla solo per email e con messaggi difficili da interpretare. Cambia linea di prodotti solo quando ha qualche cosa di nuovo da proporre sul mercato. Ma andiamo al nostro NFB-1, è uno dei pochi Audio-Gd di cui troverete tante recensioni. Degli altri si parla poco o per niente. alluminio spazzolato naturale di adeguato spessore ma senza esagerazioni. 240x360x80 mm di dimensioni; circa 5 chilogrammi, per lo più concentrati sul trasformatore a doppio avvolgimento. A riposo assorbe 30 W. E' in grado di erogare sull'uscita cuffie : 9900 MW / 25 ohm 8000 MW / 40 ohm 3500 MW / 100 ohm 1200 MW / 300 ohm 600 MW / 600 ohm lo fa con un circuito che permette due livelli di guadagno, uno a +16dB e uno a +25db, con un controllo di volume esponenziale a 100 livelli le due curve esponenziali di uscita a seconda della posizione del volume (in verde quella marchiata L sul display) Le forme sono spartane, quasi di stile post-industriale. I comandi sono digitali a relais ma fermi e solidi. La manopola del controllo di volume è ricavata dal pieno. Ma attenzione, dietro non c'è un potenziometro. Si tratta di un controllo a scatti, by-wire che controlla una rete di relais che inseriscono o disinseriscono maglie di resistenze di altissima precisione. qui è ripreso in studio mentre qui è sul mio tavolo di prova con collegate delle AKG K371 nell'ingresso single-end. Le due prese cuffie sono sulla sinistra, appena dopo il pulsante di accensione, quella sopra è la classica per lo spinotto coassiale da 6.3 mm, quella sotto ha le quattro prese XLR/Cannon. Sotto al display a linea singola ci sono i controlli, la modalità di uscita (altoparlanti o cuffie), il livello di guadagno (+16 o +25 dB), l'ingresso. Infine il manopolone del volume. Il display è a segmenti blu, sembra quello di una calcolatrice degli anni '70. Non parla, bisogna sapere cosa dice e cosa può dirci. qui è nella configurazione standard : H-> Headphone, L-> Low Gain, Ingresso 3, volume a 26 sulla scala che va da 0 a 100. Il volume all'accensione è sempre a Zero, per evitare sorprese. Bisogna ricordarsene per non domandarsi perché diamine non si sente niente. Volendo sarebbe possibile programmare l'aggeggio perché si ricordi l'ultimo volume impostato prima dello spegnimento. Ma morire se io, pur seguendo le istruzione sul sito, ci sono riuscito ! qui abbiamo selezionato l'ingresso 4, non chiedetemi cosa sia, per saperlo devo guardare il quadro posteriore qui abbiamo il Gain ad High, le cuffie ricevono 9 decibel di guadagno in più e suonano veramente forte. E' un modo per smuovere sassi come le prime HE-5 HIFIMAN, oppure per simulare che delle cuffie single-end come le AKG K371 siano bilanciate (ma con cuffie da 106 dB di sensibilità, sinceramente ve lo sconsiglio). infine, quella P non significa che siamo sull'ingresso Phono ma che il segnale è stato commutato dalle uscite anteriori alle porte posteriori. Quindi se abbiamo collegato dei diffusori, questi suoneranno. E' in vecchio stile degli NFB Audio-Gd. I nuovi display sono differenti per stile e materiale. Purtroppo però sono ancora più criptici di prima ... i display dell'interfaccia digitale DI-24HE e sotto del DAC R-1R NOS 2024. Esaurito il frontale, andiamo al retro. abbiamo un set di ingressi abbastanza articolato, per cinque linee complessive. Di cui due sono bilanciate, 3 sbilanciate, una é quella bilanciata speciale di Audio-GD denominata ACSS. E un sistema di trasmissione del segnale che è coerente da un apparecchio ad un altro e consente di mantenere il dominio analogico in modo lineare, senza inutili buffer intermedi. E il metodo d'elezione che io utilizzo per l'ingresso del segnale dal DAC e che userei, in uscita, se avessi un finale Audio-GD. Non mancano, ovviamente, uscite linea bilanciate e sbilanciate tradizionali. Nella configurazione attuale, il mio NFB-1 riceve il segnale dalla coppia DI-24HE + R-1R NOS via cavi ACSS Audio-GD e pilota un paio di monitor da studio Adam Audio A77H. Ma naturalmente il bello sta dentro, se fosse per l'esterno, non degnereste di uno sguardo alcun apparecchio Audio-Gd. qui si intravvede il trasformatore e la paratia di separazione dell'alimentazione dagli stadi di amplificazione. alzando lo sguardo dal retro abbiamo un vista d'insieme con in primo piano i due canali e i transistori di potenza, degni di un integrato da 70 Watt (sono a 150 Watt l'uno, polarizzati in Classe A e scaldano come un termosifone). questi sono i due canali di uscita, totalmente simmetrici anche se composti su una scheda madre unica. In primo piano ci sono i controlli di volume (relais digitali e resistenze di precisione), completamente separati per realizzare una topologia veramente bilanciata dal segnale alle uscite di "potenza". una vista dal posteriore all'interno l'intero apparecchio qui in pianta. A destra l'alimentazione. Il trasformatore è unico, concessione alla dimensione ridotta del telaio. Lo stadio di alimentazione è in classe A ed impiega transistor ad alta potenza. Non ci sono integrati in nessuna parte dell'apparecchio. Il trasformatore ha una piccola schermatura in lamierino. Io preferirei un dispositivo resinato ma c'è una scuola di pensiero contraria a questa pratica. Io non ne sono molto per dare un parere. I condensatori di livellamento sono di qualità e tali da poter stare in un finale di potenza. Quindi andando verso sinistra c'è una paratia di separazione che lascia spazio alla camera che ospita i due canali di amplificazione. C'è un solo cavo volante che porta la corrente all'altra parte della scheda madre. Si sarebbero potute scegliere soluzioni più eleganti. Ma qui abbiamo una ingegnerizzazione che ricorda più i lottatori di Sumo che i ballerini di Flamengo. una vista identica, con un'altra luce. Il coperchio è in alluminio, bloccato da 6 viti. completiamo il tour con altre viste esterne, compreso il fondo che esibisce quattro bei piedini di isolamento. Sopra e sotto hanno una piccola griglia di ventilazione. Ma il forte calore emanato viene sostanzialmente dissipato per convezione da tutto questo alluminio. A suo tempo, ovviamente, c'era anche la versione nera. Ma io quando l'ho ordinato ho trovato solo la versione Silver da Audiophonics di Bordeaux. ancora l'alimentazione, fonte di energia a basamento su cui il progettista costruisce ogni strumento musicale Audio-Gd. Andando alle prestazioni sonore non c'è moltissimo da dire. Per anni è stato il centro del mio impianto audio, ricevendo il segnale dal NFB 7, DAC da 23 chilogrammi sempre Audio-GD, in un sistema per il resto composto da finali AM Audio (classe A) di Vigevano. E' poi stato sostituito da un integrato R-28 ancora Audio-Gd che è composto per la parte amplificazione da una circuitazione simile a questa e per la parte DAC da un sistema analogico a "ladder" (rete di resistenze). Adesso è il sistema di backup da tavolo. A parte ho l'Audio-Gd R-27HE per gli ascolti critici in cuffia e la coppia Gustard+miniDSP per il controllo dei diffusori dipolari attivi a quattro vie. Il suono è neutro, pulito, lineare. La classica linea di tensione amplificata (o di corrente a seconda dell'uscita). Non ci sono cuffie che non possa pilotare. Con il Gain in H si perde di dinamica. Ma alle volte ci vuole. Chiarezza, dettaglio e tridimensionalità sono quelli desiderabili. Secondo quello che si dice oggi, non ha un fondo scurissimo. Ma io penso che sia un parto dell'immaginazione e per lo più, responsabilità del DAC. Un preamplificatore principalmente non deve suonare. Deve fare il suo lavoro e basta. Lato cuffie manca quel punch e quella dinamica che invece non mancano nel R-27. La resa è composta e meno emozionale. Parliamo semplicemente di progetti che non appartengono alla stessa classe (per prezzo, dimensioni, logiche). Come tutti gli Audio-Gd per suonare bene deve scaldarsi un'oretta. Altrimenti è piuttosto aspro. Ma se mettete le cuffie giuste e al alzate il volume al punto che la musica richiede e mettendo la vostra mano sopra al coperchio lo sentite caldo al punto giusto ... allora nessuno che non abbiamo modo di commutare su un sistema decisamente di classe più elevata, avrà nulla da rimproverare. In fondo l'ho pagato quanto certi pagano un cavo di potenza. Anzi, di meno ... una vista dell'interno, appena smontato il coperchio (le viti sono in alto a sinistra, il coperchio a destra : è il mio non sto parlando per sentito dire !) Giudizio complessivo PRO: compatto per gli standard Audio-Gd economico per gli standard Audio-Gd e in generale per le caratteristiche costruttive eroga potenza da vendere, nessuna cuffia può resistergli tutto in classe A dalla presa di corrente alle uscite; potenza in eccesso; controllo di volume e circuiteria realmente bilanciata e dual-mono dalla testa ai piedi funziona senza un intoppo da 7 anni : eh, questi cinesi inaffidabili (ogni Audio-Gd esce dalla fabbrica con 100 ore di impiego reale, non con due misure e via in scatola) suono lineare e corretto, neutrale si potrebbe dire CONTRO: estetica da Germania anni '20 controlli e display criptici il telaio in alluminio naturale è sensibile a graffi e segni; gli altri Audio-Gd di casa verniciati in nero sono meno "delicati" qualcuno potrebbe pensare che manchi di eleganza e di microdettaglio : ma è un boxeur come Rocky, non un ballerino non è più in produzione e non è stato sostituito; oggi per avere queste prestazioni si deve spendere almeno il doppio Impianto usato per la prova : Audio-GD DI-24HE + Audio-GD R-1 NOS 2024, cavi ACSS Audio-GD, monitor attivi Adam Audio A77H connessi con cavi bilanciato Audioquest cuffie HIFIMAN Arya, Sundara Closed Back, Edition XS mentre chiudo questa recensione sto ascoltando i miei dischi preferiti per i test. Quello che ascolto, pur con cuffie non ancora troppo rodate è tanto bello che mi chiedo perché gli "audiofili" non si contentino mai e cerchino sempre il confronto. Questo è un amplificatore eccezionale ! Peccato che a listino Audio-Gd ne abbia di altri, più grandi, più forti, più sofisticati. Ma con una base di design elettronico e una filosofia totalmente consanguinei. Che bello amare la musica ben riprodotta nel 21° secolo !
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Chi segue queste piccole recensioni, sa che tra le HIFIMAN planari tradizionali a diaframma ovale, le mie preferite sono le Arya, anche più delle HE1000. Per quella naturalezza "umana" che hanno, pur nella chiarezza proverbiale di questo genere di cuffie ma senza gli eccessi pirotecnici della serie superiore. Le ho da anni e mi sono abituato al loro suono. L'unico difetto che ho riscontrato è una certa scarsa tenuta dei materiali usati (ho dovuto sostituire i cuscinetti perché il rivestimento si è letteralmente sbriciolato; la banda superiore è usurata; in qualche momento anche una delle due prese di segnale traballa. Insomma, non una grande resa per la somma spesa ...). Ma in quanto a piacevolezza del suono, solo le Jade II - e solo sul medio-alto - le superano, per i miei gusti. Tanto che non ho avuto grande curiosità di provare il modello aggiornato con i diaframmi alleggeriti e i magneti stealth. Invece ho avuto la possibilità, grazie ad HIFIMAN Europe che ringrazio per la grande cortesia, di usare per due mese il nuovo modello Organic. Che si caratterizza per la banda attorno ai padiglioni che ricorda il legno naturale. E per tante altre caratteristiche che adesso vedremo. Unboxing e descrizione la scatola è quella dell'ultima serie, molto economica. specifiche esibite nello sticker sulla scatola : nuovi diaframmi ultrasottili e magneti "invisibili" riportate anche sul retro della scatola Per fortuna HIFIMAN adesso si è standardizzata sugli spinotti da 3.5mm. In questo modo i cavi sono tutti intercambiabili. la dotazione è inesistente. E devo dire che per cuffie di questa fascia di prezzo trovare solo un cavetto single-ended economico è una delusione. Ma HIFIMAN sa che noi appassionati siamo ben forniti di cavi buoni. E devo ammettere che i cavi bilanciati che ci sono in dotazione negli altri modelli non mi fanno impazzire, quindi va bene così. Anche se si deve mettere in conto di spendere un altro paio di centinaia di euri per un cavo adeguato alla classe di queste cuffie. Io qui ho alternato il cavo artigianale "inglese" fattomi su misura per le mie Arya e il cavo crystal di HIFIMAN acquistato da Playstereo.com liberati dalla scatola ecco le cuffie nella doppia tonalità, nero opaco e legno tipo ciliegio. l'estetica a me sembra accattivante, giusto un filo meno austera di quella delle mie Arya originali ma non tanto più vistosa come altri modelli color panna e tabacco ... noto subito che i nuovi cuscinetti sono nettamente meglio di quelli della prima serie. A prima vista sono rassicuranti. Indossati sono comodissimi. La fascia "in legno" sembra semplice vinile. L'archetto e la banda sono identiche a quelli della prima serie. Arya Organic dettaglio dell'armatura esterna, la grigia di protezione è molto robusta, si intravvede il diaframma che ha un colore che tende al verde. ancora un dettaglio della texture similpelle dei cuscinetti, proprio belli. l'interno, anche qui dietro al tessuto protettivo, si vede l'armatura metallica a protezione del diaframma, leggerissimo ed altrettanto fragile. Il meccanismo di movimento è totale a tutto vantaggio della comodità nell'indossare. E' un dettaglio a cui si presta poca attenzione sulle prime, concentrati sulla qualità del suono. Ma sulle lunghe la differenza tra cuffie diverse sta anche nella loro indossabilità a lungo termine. l'interno dell'archetto con le tacche di blocco e l'indicazione del canale Right. Si nota anche lo snodo che libera il movimento del padiglione. Specifiche e risposta in frequenza riprendo la pagina prodotto del mio fornitore abituale Playstereo.com che riporta anche il prezzo al pubblico di 1.449 euro con IVA in Italia. risposta in frequenza delle Arya Organic misurata con miniDSP Hears a confronto con le Arya V1 qui allineate per azzerare la differenza di sensibilità. Ripeto sempre di non innamorarsi troppo della risposta delle cuffie che nel tempo tende a modificarsi. Certe asperità si smussano e certe altre si incrementano mano a mano che il diaframma matura con l'uso. Qui però possiamo annotare immediatamente due cose. Le Arya Organic hanno realmente una sensibilità superiore a parità di regolazione del volume. Merito dei nuovi magneti e dell'impedenza dimezzata di 16 Ohm. La differenza è netta e si nota in caso di commutazione "al volo" tra i due modelli : è necessario allineare il volume. E poi una impostazioni diversa sulla gamma media. Questa è effetto dell'invecchiamento delle mie Arya perché all'inizio il medio non era così lineare. Comunque ci sono 4-5 dB di differenza nella gamma critica che va da 1.000 ai 2000 Hz. E' una gamma in cui ci sta la voce umana, specie quella femminile, e il violino. E poi le Arya Organic hanno acuti più frizzanti e un corpo più rotondo sul medio-basso. Segue con le impressioni di ascolto e le differenze con il modello precedente Le Arya Stealth pesano 440 g, però la pressione è perfettamente distribuita, i padiglioni sono morbidi e perfettamente sigillanti (pelle e poliestere, non in velluto); la forma asimmetrica dei padiglioni auricolari, rende l'utilizzo di queste cuffie una vera gioia. Anche per lunghe o lunghissime sessioni di ascolto. L'aspetto, come detto, non ha nulla di nuovo rispetto ai modelli precedenti, a parte il finto legno. Insomma, una sensazione rassicurante. Nell'ascolto, confermano l'impostazione tipica di questo modello. Musicale, pulito, trasparente. Il basso ha un buon corpo e una completa estensione, ma è leggero, tipicamente planare. Nitide e risolute, perfette per la musica da camera, il violino, la voce femminile. Sicuramente il medio e il medio alto sono avanti, mentre il basso è indietro anche se c'è ed è profondo. Ma, appunto, è leggero. Ma c'è più energia e meno secchezza rispetto all'assoluta neutralità del suono delle prime Arya. Gli alti e gli altissimi sono frizzanti. Non esagerati come quelli delle HE1000 ma sono certamente molto evidenti. Con il rodaggio un pò questa cosa si stempera. Ho l'esperienza delle prime Arya e sono sicuro che tra un anno le mie sensazioni saranno differenti. Insomma, al momento non sono certamente morbidi gli alti di queste cuffie (per niente !) ma non sono nemmeno aggressivi. L'impressione complessiva è di un ascolto in primissimo piano, dalla prima fila della platea, potendo quasi toccare il primo violino. C'è un dettaglio elevatissimo - caratteristica primaria di queste cuffie - con una resa che nell'insieme beneficia di un basso corposo e di un estremo acuto rifinitissimo. Il medio è un pò colorato - in senso positivo - e questo finisce col caratterizzare le voci. Il palcoscenico è buono ma comunque suonano in testa, proprio per questo iperdettaglio e questa nitidezza esasperata. Probabilmente è il compromesso scelto, per mantenerle nella tradizione di questo modello. Per allargare la scena e dare più profondità probabilmente si sarebbe dovuto scegliere di allontanare gli strumenti e perdere così tutti questi dettagli. Se il master è eccellente, non si perde una nota. In questo momento sto ascoltando Janine Jansen nel primo di Prokofiev e la sento qui nella mia testa ! Ma è impossibile perdersi una nota, uno squillo, una acciaccatura. Nonostante la sensibilità sia molto alta, tendo a tenere il volume alto. Magdalena Kozena ha registrato un disco molto intimo di canzoni slave con il marito Sir Simon alla testa della Czech. La sua voce in genere un pò critica qui è morbida e naturale ma un pò esile. Anche il violoncello della Kobekina suona in avanti, bello insieme alle nacchere. Del pianoforte (in questo caso il duo Trifonov + Babayan) si sente letteralmente ogni corda. Ma è un suono leggero, cantato, musicale. Le mani di Lugansky che articola la marcia funebre di Sigfrido ci sono tutte, e in primo piano. Andando a generi moderni, Amelia, con Joni MItchell accompagnata da Herbie Hancock è di rara bellezza e conferma la musicalità di queste cuffie. Anche il jazz svedese che sto ascoltando mentre faccio questi test di cuffie si conferma interessante, anche se l'estremo basso - estesissimo - è meno coinvolgente che con le HIFIMAN chiuse. Nel confronto con le Arya V1 che vi risparmio nel dettaglio, io trovo che le Organic siano complessivamente più musicali, più emozionanti, più coinvolgenti. Dove le V1 sono più neutrali, più terse, più radiografanti ma meno dettagliate e ipernitide. Con le Organic l'ascolto diventa un viaggio tra sonorità ricche e interessanti. Rendendo le V1 in un certo qual modo più "noioso", meno accattivanti. Ma più accurate nell'immagine complessiva. In sintesi, strumenti di indagine le Organic, musicalmente meno frizzanti ma più naturali e rilassanti le Arya. Che poi è l'impressione che ho in tutti i confronti con i modelli più recenti. Come se in HIFIMAN avessero voluto aggiungere un pò di pepe ad una prestazione che è eccellente ma a tratti monotona. Continuo a pensare che le Arya, in generale, non sia adatte al rock più energetico. Non perché non ne valorizzino il contenuto, al contrario. Ma l'analiticità e la trasparenza elevata portano a sottovalutare di molto l'impatto che si stempera di fronte a tutto quel dettaglio strumentale con tutto davanti e in primo piano. Ascoltare il rock o l'heavy in mezzo ai musicisti ? Grazie, no, meglio stare in mezzo al Takacs Quartet che accenna Schubert con il suo suono particolare. Quindi, concludendo ? Sono sempre le Arya, queste Organic. Non so dire se mi piacciano di più delle V1, a tratti si, perché sono più coinvolgenti senza usare trucchi speciali. Il basso è più pieno, potente e profondo, aiutato particolarmente da un medio-basso più dinamico. La sensibilità superiore aiuta certamente. Il senso di leggerezza dei nuovi diaframmi si sente tutto. La differenza di dettaglio è tutta a favore delle Organic che somigliano in questo alle HE1000 SE. Ma le Arya V1 restano naturali come delle elettrostatiche e per questo le amerò sempre. Comunque sia, promosse ad ammiraglie di casa, queste Organic, con l'unico caveat dato dalla scarsa dotazione per cuffie che costano una cifra iperbolica (€1449 non sono noccioline) senza un cavo bilanciato anche basico. Serve un front-end elevato per godersele, forse sarebbero aiutate da un DAC Sigma-Delta, non ho provato. Lo farò. Con i miei diffusori planari ho definitivamente reintegrato il vecchio ES9018 dell'Audio-GD NFB 7. Ma il dettaglio e l'analiticità di queste cuffie al medio e all'alta richiedono la chiarezza e la trasparenza di un R2R. E purtroppo non c'è compromesso possibile al riguardo. Giudizio complessivo PRO: simile nell'aspetto alle Arya precedenti, tranne la banda in simil-legno costruttivamente alcuni particolari sembrano di qualità nettamente superiore a quelli delle Arya V1 impedenza dimezzata a 16 Ohm e sensibilità conseguentemente aumentata in teoria si possono pilotare "con un filo di gas" e con qualsiasi dispositivo; io però raccomando di avere il miglior front-end a disposizione (DAC+AMPLI+SORGENTE) e con una buona riserva di potenza più coinvolgenti ed emozionanti delle Arya V1, sia per intonazione che per effetto del nuovo diaframma e dei magneti stealth. il suono sembra una sintesi tra le Arya e le HE1000 buona in tutte le caratteristiche, suono naturale con solo il medio un pò colorato; assenza di distorsione; dettaglio molto elevato ma non iperanalitico; palcoscenico abbastanza ampio comode come un guanto alle orecchie e in testa CONTRO: un pò meno naturali e rilassanti rispetto alle Arya V1 che però al confronto alla lunga sembrano "noiose" basso profondo e più potente di quello delle Arya V1 ma sempre con una risposta da planare necessitano di un front-end adeguato; non sono cuffie da telefonino o da DAP in single end per un apparecchio da €1500 la dotazione è insufficiente; un cavo bilanciato è d'obbligo tenuta del materiale da verificare nel tempo (non è mai stato un fiore all'occhiello di HIFIMAN) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audrivana come player cavo crystal HIFIMAN confronto HIFIMAN Arya V1 con cavo artigianale inglese dischi ascoltati :
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Le HIFIMAN Sundara (la versione originale) sono state l'inizio dell'avventura audio di questo sito. Uscite nel 2018 e proposte intorno ai €500, rappresentavano l'offerta midrange del marchio cinese che ha dato nuova vita ai diaframmi planari. Queste cuffie inauguravano anche l'era dei nomi esotici, di vaga derivazione indo-sanscrito, (poi seguite da Arya, Audivina, Deva, Ananda etc.) in contrapposizione con le aride denominazioni numeriche (HE500, HE400, HE1000 etc.). HIFIMAN Sundara se rileggete quella recensione, ritroverete un mio giudizio non del tutto entusiastico. Ad una finitura decisamente di taglio elevato per la fascia di prezzo (poi ridotta abbastanza rapidamente verso i 350 euro), non corrispondeva il suono arioso e neutro che le mie orecchie sono abituate a ritrovare nelle planari. Anzi, mi sono sembrate, pur dopo un lungo rodaggio e il pilotaggio con un front-end decisamente high-end (Audio-Gd Singularity con un glorioso PCM1704UK e una linea di amplificazione in classe A in grado di far suonare letteralmente i sassi), piuttosto secche, aride, asciutte. Poi naturalmente ho ritrovato il suono che più amo nelle Arya e soprattutto nelle Jade II, planari di tipo elettrostatico. Caratteristiche poi doppiate dai modelli successivi fino ad arrivare alle sensazionali HE1000. Se hanno un difetto per alcuni, le planari, è proprio quella resa un pò neutra che accoppiata ad elettroniche altrettanto neutre le rende meno emozionanti di altre soluzioni. Oltre al fatto di essere per loro natura aperte. L'essere senza la schermatura esterna del padiglione è alla base del loro campo sonoro ampio. Ma certamente le rende anche aperte ai suoni esterni (e generatrici di suono per chi vi sta vicino). HIFIMAN negli ultimi anni si è impegnata ad accontentare praticamente tutti. Non so quali procedimenti usa nella sua cucina lo Chef Fang ma con poche modifiche, riesce a rendere il suono dei vari modelli, diverso, pur con una impostazione similare. E quindi una generazione dopo l'altra il suono cambia. Di poco magari ma cambia abbastanza perché uno riesca a preferire un modello ad un altro. A volte il cambiamento è notevole. E così HIFIMAN si è avventurata nelle cuffie chiuse. Potrebbe sembrare una contraddizione in termini : ma come, le planari, ariose e aperte, adesso sono chiuse come delle "qualsiasi" tedesche o giapponesi ? Si, praticamente le nuove ammiraglie HIFIMAN sono cuffie chiuse, le HE-R10P (circa €5000, per capirci). E alle HE1000 si contrappongono le Audivina nella stessa fascia di prezzo e suono. E per chi non può spendere tanto, ci sono anche le HE-R9. Non riuscivo a convincermi dei motivi di questa ... eresia finché non ho ascoltato le Audivina che tante recensioni contrastanti hanno suscitato (ma di quelle parleremo in un altro articolo) Ma quando ho visto che esisteva anche un modello di fascia entry che in pratica è la seconda edizione delle Sundara mi sono convinto che il disegno doveva essere complessivo. E la curiosità è cresciuta. All'inizio queste cuffie erano proposte a €349. Un buon prezzo, appena superiore ad un buon cavo bilanciato fatto bene. Mi sono detto, ho già un milione di HIFIMAN, pure le Audivina, Ma quando le ho viste a € 169 euro non ho potuto esimermi e le ho ordinate. questa schermata con le caratteristiche viene dal sito del distributore italiano di HIFIMAN, Playstereo.com di cui sono cliente da anni. Ho acquistato nel tempo da loro le Arya e le HE1000 Stealth, oltre ad altre cosine meno costose. Offrono un servizio eccellente, competenza e velocità di spedizione. E anche prezzi allineati al mercato, quando non competitivi. Leggo dalle specifiche, la solita risposta estesa ben oltre l'udibile, una impedenza di 20 Ohm e una sensibilità abbastanza elevata (per lo standard planare magnetodinamico) con un peso di 420 gramm. Ma vediamole meglio. COME SONO FATTE la scatola è in cartoncino nobilitato da un adesivo. Adesso è standard per tutte le cuffie HIFIMAN. la completa articolazione del modello sta sul retro sul fronte c'è la foto del modello e le specifiche costruttive : cuffie chiuse, diaframma supernano NEO e magneti stealth. Sia il diaframma - molto, molto più leggero di quello originale delle Sundara aperte - e i magneti "invisibili" sono una caratteristiche di tutte le ultime planari HIFIMAN, entro alla scatola non c'è molto, le cuffie sono avvolte in spugna grigia, la scatoletta sopra contiene solo un cavetto single-ended di tipo economico. Ne ho un fascio e non li uso mai. cuffie e cavetto che ha l'orrido adattatore per il diametro standard da amplificatore desktop serio. Sarà utile per chi usa le cuffie con sistemi portatili, DAP e telefonini. Ma la cosa che non sfuggirà a nessuno è la copertura dei due padiglioni perché il resto è molto simile alle Sundara aperte quelle coppe sono in vero legno, di un bel colore caldo, lavorate con precisione estrema e perfettamente rifinite. Non sfigurano affatto vicine alle Audivina e danno un tocco di originalità che le distingue da qualsiasi altro modello tedesco. Ammetto che le comprerei anche solo per quello i padiglioni sono ben imbottiti, morbidi e comodi, copiano la forma delle vostre orecchie sopra cui poggeranno la sezione è circolare e il diametro simile se non identico al modello aperto. L'archetto è uguale, rifinito di un bel nero opaco. la banda invece è superba, con una bellissima texture che simula la pelle, è comoda e flessibile. Complessivamente, se la vostra testa non è enorme sarà facile regolarle. Sulle prime producono una pressione piuttosto elevata sui lati della testa. Si tratta di avere pazienza, poi si allentano e trovata la regolazione giusta, diventano comode e non pesano. il perno di movimento (non troppo mobile) dell'archetto le tacche di regolazione dell'apertura dell'archetto. Insomma, a 169 euro cose del genere non le ha mai viste nessuno, non credete ? *** PROSEGUE CON PRESTAZIONI E SUONO questa è la risposta in frequenza misurata con miniDSP Hears e REW, armonizzata a dodicesi di ottava. e questa è la risposta in frequenza delle Sundara confrontata con quella delle Audivina allineate per sensibilità (le Audivina sono più "dure" da pilotare e meno sensibili). Come vedete, al di là del differente rodaggio (le Audivina suonano da inizio di aprile, le Sundara da un paio di settimane), l'impianto è simile. Tutt'altro che lineare e tutt'altro che Harman "standard". Sarà un difetto. A prima vista qualcuno farebbe bleah ! Ma dubitare molto di queste misure quando fatte con cuffie nuove. Nel tempo le asperità si livellano e i gap si chiudono. Ma comunque l'impianto è quello di cuffie monitor, non esattamente neutre. E' una cosa puramente voluta. Questo, insieme al diaframma chiuso in una camera di legno costituisce la peculiarità di queste cuffie. Che unite ad un carico leggero e ad una sensibilità abbastanza elevata, le rendono particolari. In estrema sintesi, il suono è caldo - non credete a chi vi dice che sono neutre, mi chiedo con che cosa e cosa ascolti tutti i giorni - e il basso potente. Il medio invece, è un pò più indietro degli alti che sono brillanti ma niente affatto sgradevoli. In questo momento, mentre scrivo, sto passando dalla voce matura di Peter Gabriel al violino di Isabelle Faust e poi alla voce di Sabine Devieilhe. Si tratta solo di adeguare il volume tra una traccia e un'altra. Isabelle suona su frequenze medio-alte ma il volume deve andare in alto. La voce di Sabine è un pò indietro rispetto all'impianto orchestrale, sarà così dal vero ? Non lo so perché l'ho sempre ascoltata in questo Bach con i miei diffusori planari e con le cuffie aperte. Qui è calda e un pò meno in evidenza. Mentre Peter Gabriel gigioneggia caldo su "un tappeto di percussioni acustiche"cit. Lo Stradivari di Isabelle è chiaro, metallico il giusto ma si deve "pompare il volume" per farlo suonare come sono abituato io. Andando ad un repertorio più deciso, i King Crimson degli ultimi tempi suona eccezionalmente bene, come se il mix (eccezionale !) fosse stato fatto con le Sundara. Ascolto Cirkus e mi viene voglia di veleggiare con le braccia aperte .... Siamo ad un terzo dei 10 Watt che l'NFB1 è in grado di scaricare sull'uscita bilanciata ... ! E la batteria entra dirompente sul sax con la voce che resta in evidenza. Ma calda, bella, pulita ma senza prevaricare gli strumenti. Come dal vivo. Incursione nel jazz svedese, un contrabbasso cavernoso con percussioni potenti, dettagliate, materiche. Ultimo passaggio di rito per Gardiner con la cantata n. 21 di Bach. Solenne nel basso ma con i fiati chiari anche se non in primissimo piano. Ok e quindi ? Cuffie da ascolto che non evidenziano in modo iperanalitico i singoli strumenti ma costruiscono un suono avvolgente e caldo. Bassi in evidenza senza strafare come certe chiuse dinamiche (anzi !) ma pur sempre con una dote energetica superiore alla planari aperte. Che son più dettagliate ma meno emozionanti su questo piano. Il medio é un pò indietro e questo porta ad ascoltare a volumi inusitati che però queste cuffie perdonano per la totale assenza di distorsione, tipiche delle planari ortodinamiche. Il campo sonoro non è amplissimo, anzi, è il difetto principale di queste cuffie che non sono fatte per ricreare il fronte sonoro di Bayreuth. Insomma, il suono HIFIMAN reso emozionante, nulla a che fare con le Sundara originali. E un assoluto bargain (affare del secolo) a 169 euro. Se pensate che le sto ascoltando con un cavo HIFIMAN acquistato da Playstereo.com a 280 euro ... Giudizio complessivo PRO: costruzione realmente premium, irreprensibile, quel legno naturale lucidato e di quel colore è già una ragione di acquisto suono caldo, suadente, mai stancante, senza nulla in eccesso : nessuna delle volate pirotecniche delle HE1000 ! carico leggero per qualsiasi dispositivo sensibilità abbastanza elevata ma meglio avere una bella riserva di potenza rapporto prezzo/prestazioni irraggiungibile per qualsiasi planare. Con questi soldi non si comprano nemmeno le più scarse Beyerdynamic ( ma se vi piacciono, compratele pure !) CONTRO: fronte sonoro ridotto, la ricostruzione tridimensionale non è il loro forte medi un po’ indietro, non sono cuffie che separano dettagliatamente voci e strumenti, puntano sull’amalgama con una sonorità più live io le ho ascoltate con un front-end da 3000 euro con un cavo che costa quasi il doppio. Saranno sullo stesso livello con un telefonino o un DAP con 100 mW di potenza ? scomode sulle prime, ci si abitua mentre prendono la forma della vostra testa. Se volete comodità, puntate sulle Audivina tenuta del materiale da verificare nel tempo (non è mai stato un fiore all'occhiello di HIFIMAN) ovviamente non hanno né il dettaglio delle HE1000, né il palcoscenico delle Audivina ne la suadenza delle Arya. Ma per quelle dovete aprire il portafogli. A 169 dubito che troverete questo suono. Insomma : Dr. Fang, per questi soldi, non puoi essere serio ! Impianto usato per l'ascolto : DAC Audio-GD R1 NOS 2024 Audio-GD DI24HE in I2S con cavo Audioquest amplificatore Audio-GD NF1B collegato in ACSS (cavi Audio-GD) cavo bilanciato crystal HIFIMAN dischi ascoltati :
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le mie HIFIMAN Arya sulla loro base in legno, cavo custom terminato XLR Neutrik Susvara, Ananda, Sundara, Arya. Non indago sull'etimologia sanscrito di questi termini che per me sono solo bellissimi nomi di altrettante bellissime donne. In fondo, mi andava benissimo anche la tradizionale denominazione numerica, HE400, HE500, HE5, HE1000. Senza esotismi alla Trono di Spade. Ma Arya a me ricorda l'aria, in italiano, l'elemento in cui viviamo, che respiriamo. E trasparente come l'aria é il suono che producono queste cuffie. Nel catalogo delle cuffie magnetoplanari HIFIMAN, questo modello si piazza oltre le Sundara e le Ananda, e al di sotto delle HE1000 e delle Susvara. Probabilmente per fascia di prezzo, vanno a sostituire le Edition X. Ed è questo che mi ha incuriosito alla loro presentazione lo scorso autunno. Per la forma dei padiglioni che riproducono la sagoma delle orecchie ricordano i modelli di mezzo - da Ananda ad HE1000 - mentre i modelli agli estremi hanno il normale padiglione circolare. la forma ovoidale del padiglione delle Arya é asimmetrica e segue il profilo delle orecchie umane, senza mai toccarle che segue in modo asimmetrico la sagoma delle orecchie anche all'interno. In effetti, ero alla ricerca di un trasduttore che potesse affiancare e poi sostituire le mie venerande Stax Lambda SR404 Sn che cominciano a mostrare i loro anni. Anche quelle - pur con la loro forma rettangolare - assecondano la forma delle orecchie senza mai toccarle. E sono gli oggetti più comodi da indossare a lungo che io abbia potuto provare. Non che le cuffie con il padiglione tradizionale non possano esserlo. Potrei tenere in testa le AKG 712 per tutto il giorno senza provare alcun fastidio. Ma il suono ... non sarebbe di questo livello. Mentre scrivo sto ascoltando la nuovissima registrazione della 7 sinfonia di Shostakovich con Andris Nelsons alla testa della sua Boston Symphony e il suono mi avvolge. dalla letteratura HIFIMAN, l'uso di circuiti asimmetrici e di diaframmi ancora più sottili contribuisce ad una riproduzione più lineare e naturale. Non ne ho le prove scientifiche ma le mie orecchie mi danno la stessa testimonianza. Ma torniamo all'oggetto : Confezione la classica scatola nera con l'indicazione del contenuto, uno scatto ravvicinato che rivela il nome del modello, la scritta bianca su fondo nero a destra foam di protezione, tessuto "setoso", manuali. ho acquistato il mio modello online da Playstereo senza nemmeno prima ascoltarle, lo scorso Natale 2018 eccole qui, appena uscite dalla scatola, poggiate sulla "seta" che le avvolge nella scatola. Il cavo però è già il mio specifico, costruito apposta per loro in Inghilterra. Costruzione Salta subito all'occhio che l'archetto è analogo a quello degli altri modelli HIFIMAN di ultima generazione, in metallo, ben articolato e regolabile mediante guide e buchetti a scatto. La banda superiore è in finta pelle, morbida al tatto. Come lo sono i bordi dei padiglioni, morbidissimi. anche le Arya usano gli ultimi spinotti HIFIMAN da 3.5mm, doppi, uno per canale, consentendo il collegamento in modo molto semplice ma estremamente stabile l'esterno del padiglione è in metallo, molto robusto a protezione del driver, di nuova generazione, sottilissimo. Secondo HIFIMAN questo driver deriva da quello usato nelle HE1000. E c'è da crederlo mentre i rullanti della Boston accompagnano gli archi del primo movimento della "Leningrado" nella inesorabile marcia di avvicinamento delle truppe tedesche alla città dello Zar. l'inconfondibile sagoma frontale di questa classe di cuffie HIFIMAN. ripresa artistica, luce naturale : mi piace particolarmente che in questo modello HIFIMAN abbia mantenuto i colori in nero integrale, a differenza delle "cromature" di certi modelli superiori. Arya non ha poi così bisogno di impressionare nell'aspetto. Complessivamente la cura costruttiva sembra di livello elevato. I materiali di grande qualità. Siamo anni luce oltre le mie Stax in tutta plastica. E anche ben al di sopra delle HIFIMAN Sundara che comunque possono vantare dalla loro, un prezzo decisamente più abbordabile. Ma andiamo al dunque, perchè le cuffie possono essere bellissime ed essere ben costruite (e queste, secondo me, sono al di sopra di ogni sospetto) ma se poi non suonano come ci aspetteremmo ... ? Suono risposta in frequenza calibrata, misurata con i miei microfoni miniDSP Ears. Di sopra il solo canale destro, sotto i due canali sovrapposti. Le differenze, limitate alle medie e alte frequenze, sono dovute alla differente posizione del padiglione sul supporto. Gli EARS hanno superficie dura, ben diversa dai lati delle nostre teste. Le Arya affondano nella nostra pelle e quindi sono certo che non sia effettivamente misurabile la reale risposta. Ma allo stesso tempo sfido chiunque sia in grado di apprezzare differenze - anche ampie - nella risposta, non nell'ampiezza, tra i due canali a 8 o a 11.000 Hz. Resta comunque la regolarità della risposta complessiva dal basso fino al medio, con il solito avvallamento - non pronunciato come su altri modelli - intorno ai 1800 Hz, che poi riprende senza alcun picco fino a 4000 Hz. Ben più tormentato invece l'andamento alle altissime frequenze, quelle in cui di musica generalmente non ce n'è più e dove le nostre orecchie perdono inesorabilmente di sensibilità. Al confronto le mie Stax hanno un largo picco ben pronunciato proprio dove le Arya hanno l'avvallamento sui medi e il basso è ben meno esteso ma un pò più gonfio prima di calare. E all'atto pratico ? Adesso c'è lo Stradivari di Janine Jansen e il secondo movimento del secondo concerto di Prokofiev che suona. Il violino è in evidenza, ma mai aspro, salvo sulle altissime come deve essere, un pò vetroso. I bassi entrano con chiarezza, senza colorazioni. Veloci e leggeri. La naturalissima voce di Simone Kermes - "Se pietà" di Handel - è resa in modo naturale ma con tutte le sue sfumature e colore. Anche più chiara e pulita, ne "Ombra mai fu" di Bononcini, dove è accompagnata solo dal cello e dal liuto. E dove purtroppo si sentono in modo altrettanto chiaro tutte le sue E che diventano I ... Bellissima anche l'Orchestra Nazionale Russa con Pletnev che dirige l'integrale sinfonica di Chaikovsky. Non aggiunge verve al gelido uomo di Arcangelsk che si rifa però alla grande nella Cenerentola di Prokofiev. Qui le dinamiche sconvolgenti (pur in una normale registrazione 44/16) vengono risolte benissimo. Mi mancano i miei quattro 15 pollici in vetro nella stessa registrazione ma nessuna cuffia potrebbe sostituirli per dinamica e precisione, ad essere sinceri. mi spingo anche su brani moderni. La voce dell'ultimo Paul Simon (René e Georgette Magritte ha grandissimo garbo con le Arya) e quella di Sting che conosco benissimo (The Last Ship). Il jazz di "I may be wrong" - Till Bronner - voce chiarissima su un tappeto di percussioni. Mi accorgo che l'assenza di distorsioni mi ha fatto alzare troppo il volume e corro ad abbassarlo ... La performance qui è da diffusori elettrostatici ... con subwoofer. Queste cuffie peraltro consentono anche equalizzazioni con generose iniezioni di bassi ! Non che ne abbiano deciso bisogno però i gusti sono gusti. Tutto il test è stato condotto con il mio Audio-GD R28, all-in-one DAC+PRE+AMPLI di qualità al di sopra di ogni sospetto. Sinceramente io non sento il bisogno di cercare abbinamenti particolari ampli+cuffie con questo apparecchio dalla resa assolutamente neutrale e dalla grandissima capacità di pilotaggio. Le uso oramai da più di due mesi e le conosco molto bene, quindi un ultimo passaggio all'Handel di Natalie Dessay e al finale della 9a di Beethoven per Gunther Wand nell'edizione SACD Esoteric su base RCA per andare finalmente al giudizio complessivo : PRO ottima costruzione con l'uso di buoni materiali. In particolare la protezione dei padiglioni in metallo che evita il contatto con oggetti (fossero anche solo le mani) con i delicatissimi drivers. In ogni caso meglio avere cautela nel poggiarle suono di qualità elettrostatica su tutta la gamma. Il dettaglio è elevatissimo a tutte le frequenze in tutti i generi musicali, c'è ben poco da chiedere di più anche se mi viene la curiosità di sapere come possano suonare le Susvara, le Shangrilà o anche solo le Jade II dello stesso marchio per quanto possibile con le cuffie, l'immagine è aperta e non concentrata sul cranio. Passando rapidamente ad un altro dispositivo tradizionale (in questi giorni sto provando le Pioneer DJ HDJ-X10 che certo non sono pensate per queste "sottigliezze") la differenza è eclatante fatica di ascolto molto ridotta anche per lunghi periodi purchè non si ecceda con il volume ergonomia di livello assoluto, in particolare i padiglioni asimmetrici che seguono del tutto la forma delle orecchie. Non sono leggerissime ma il peso in testa quasi non si sente. Le mie Stax restano ancora più comode ma queste si avvicinano, pur con una robustezza di costruzione che le Stax semplicemente non avvicinano nemmeno CONTRO per 1600 euro, aggiungere un cavo bilanciato di qualità non avrebbe spostato l'equilibrio della confezione. Certo meno di un cash-back o di uno sconto flash, operazioni cui HIFIMAN oramai ci ha abituati. Io credo che i due cavi in opzione dentro alla confezione di tutte le cuffie da oltre 500 euro non dovrebbe essere ... una opzione. La differenza di suono e di dinamica è di tutta evidenza e chiunque dovrebbe avere un amplificatore in grado di sfruttare al meglio cuffie di questo genere. la bassa distorsione, i medi intorno ai 1800 Hz un pò indietro ma soprattutto la bassa sensibilità, portano a dover alzare il volume a livelli sostenuti, cosa che richiede un ottimo amplificatore a disposizione. Una ovvietà, quest'ultima per chi acquista cuffie di questo prezzo e di questa levatura ma da tenere in considerazione per la salvaguardia delle proprie orecchie. E' soprattutto per questo che tendo ad usare una equalizzazione digitale che allinea i medi ad una figura che mette in evidenza il basso profondo e smussa qualche asperità negli alti. In questo modo la risposta diventa assolutamente infinita e definitivamente ariosa. il cavetto in dotazione, ottimo, per carità, ma come seconda scelta. A mio parere nella stessa confezione dovrebbe essere offerto anche un secondo cavo bilanciato con un connettore all'altezza del sistema. Conclusione In estrema sintesi sono il mio nuovo riferimento e le cuffie che mi piace di più ascoltare tra quelle che ho in casa. Ne ho di più accattivanti per determinati brani, in fondo le Arya non sono fatte per stupire con effetti speciali ma per dare una risposta di qualità. Non sono in assoluto neutrali nel senso di strumento da laboratorio e di questo certo ci si giova nell'ascolta. Facendo un parallelo con altre HIFIMAN che conosco, trovo le HE400i più "divertenti", perchè meno neutre, le Sundara invece troppo fredde e dal suono secco, sinceramente le meno interessanti del trio. Il suono ha una impostazione morbida, più caldo nelle Arya, più esteso in generale ai due estremi. Naturalmente il repertorio di elezione deve essere quello acustico e con registrazioni di qualità. Ma su questo sito direi che si tratta di un dettaglio che possiamo dare per scontare. Mentre sto ascoltando il cembalo di un giovane Handel non riesco a staccarmene. E credo che questo possa essere il miglior complimento che si possa fare ad un paio di cuffie, certo non economiche ma che a mio avviso ripagheranno di ogni euro speso con ore e ore di puro piacere musicale. Consigliato un amplificatore/DAC di grande livello e in grado di erogare generose dosi di corrente, nonostante la bassa impedenza e - sempre - un collegamento interamente bilanciato con un cavo il più possibile neutro e lineare. Specifiche tecniche : impedenza : 35 Ohm sensibilità : 90 dB peso : 404 grammi
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Risale a diversi decenni fa la mia passione per le cuffie Stax. Il primo ascolto fu con un modello entry-level, forse le SR-34 non mi ricordo più, in un negozio in metropolitana a Milano che non esiste più da un sacco di tempo. Ascoltai per intero il secondo concerto di Brahms con Ashkenazy accompagnato da Solti. L'effetto fu elettrizzante. Non avevo idea che si potesse ascoltare ad un livello tale, ben superiore ad ogni diffusore che avevo visto sino ad allora. Soprattutto la neutralità e la naturalezza di emissione e la facilità di ascolto, senza alcuna fatica. Potendo distinguere ogni singolo strumento. Le cose poi non vanno come si immagina e le cuffie con cui ho avuto la più lunga frequentazione furono invece le venerande AKG K340, molto differenti salvo il fatto che la via medio-alta di quelle cuffie ... era elettrostatica. Molti anni dopo (ma comunqu molti anni fa) soltanto sono entrato in possesso di un sistema Stax all'altezza delle mie aspettative, mio sistema di riferimento fino a qualche mese fa. Si tratta delle SR-404, versione Signature, modello medio della serie Lambda, accoppiate con l'amplificatore/elevatore di tensione, Stax SRM-006T. Cominciamo proprio da questo apparecchio che mi permette di scrivere qualche appunto sulle cuffie elettrostatiche. Le cuffie elettrostatiche Sono trasduttori che appartengono alla famiglia dei planari (ortodinamiche) come le magnetostatiche. Un sottilissimo diaframma di materiale plastico trasparente è polarizzato ed immerso in un campo elettrostatico generato da armature caricate elettronicamente. La differenza rispetto alle magnetostatiche sta principalmente qui (queste ultime hanno un campo magnetico permanente) e nella necessità di avere un amplificatore dedicato che produca anche la tensione necessaria a generare il campo magnetico necessario al funzionamento. Senza sarebbero mute. Le mie Stax SR-404 signature posate sul loro amplificatore il frontale champagne del mio Stax SDM-006t a valvole. qui il dettaglio dei pulsanti e degli attacchi per i cavi. E' possibile collegare fino a tre cuffie contemporaneamente. Il controllo di volume incorpora anche un controllo di livello (sono sostanzialmente due potenziometri coassiali indipendenti). Il dispositivo riceve il segnale da una doppia entrata linea, sia bilanciata che sbilanciata, passante per connettere eventualmente qualcosa d'altro in cascata. C'è addirittura una presa per la terra, in caso si colleghi un giradischi. ovviamente, le cuffie Stax hanno una configurazione completamente bilanciata già a partire dall'amplificatore, per cui l'unica cosa sensata è utilizzare l'ingresso bilanciato. Questo amplificatore ha una topologia ibrida, con stadio pilota a valvole e stadio finale a transistor, tutto in classe A. le due valvole hanno un cupolino sulla parte superiore del telaio con i forellini per favorire la ventilazione. Nel funzionamento l'amplificatore scalda moltissimo ma il meglio di se lo dà proprio quando è molto caldo. Ogni dettaglio è ben strutturato, ben costruito, ben congegnato. Dà sicurezza già a partire dall'aspetto. Dai connettori, proprietari di Stax e praticamente uno standard (anche HIFIMAN per le sue elettrostatiche utilizza la stessa configurazione) parte sia il segnale bilanciato, che la tensione di alimentazione delle armature elettrostatiche. Come sono fatte le cuffie Hanno la tipica struttura delle Stax serie Lamba, il cui primo modello ha oramai quaranta anni (e ci sono esemplari che ancora funzionano perfettamente). La costruzione è interamente in plastica. Tranne i padiglioni e la fascia sotto l'archetto che sono in pelle. il marchio Signature sull'archetto. Notare il segno dello stampo della plastica. Pessimo l'accoppiamento dei colori, verde, rosa, argento, marrone ? Per un italiano è un vero colpo in un occhio ... ! anche il marchietto del modello è in rosa, posto sopra al padiglione. L'archetto è smontabil ed intercambiabile. i due padiglioni sono sostanzialmente identici. Se smontati bisogna poi riconoscerli ad occhio perchè non c'è un marchio che ricorda quali siano i canali (entrambi sono alimentati dal cavo di collegamento allo stesso modo e solo sull'archetto ci sono le indicazioni dei due canali Right e Left). l'imbottitura è morbidissima, la pelle è vera. E' intercambiabile (infatti io ho sostituito entrambi con un ricambio nuovo fatto arrivare dal Giappone). la sagoma trapezioidale del singolo trasduttore. l'interno del padiglione. I due lati sono schermati e le due armature protette da una struttura metallica. Non ho mai infilato le dita ma credo siano protetti da intrusioni. Nel complesso comunque la costruzione si presta a svariate critiche. Le plastiche non sono robuste, l'insieme un pò precario. Al di là dell'estetica - certamente discutibile per gusto ed assieme - è proprio la fattura che non sembra a livello dello status del marchio e del prezzo preteso (considerate che un paio di STAX SR-404 Sn usatissime costano 1300-1500 euro ancora oggi ...). Però sinora non mi hanno abbandonato e devo anche ammettere - al netto dell'invecchiamento dei miei timpani - che suonano sempre come il primo giorno, nonostante l'età. Le SR-404 sono chiaramente fuori produzione, sostituiti da modelli più recenti. La serie LAMBDA si differenzia dalla serie OMEGA già a partire dalla struttura. Le OMEGA hanno il padiglione circolare, sono in metallo. Costano un botto. E sono considerate da tutte il rifermiento da sempre per le cuffie di ogni livello. Le Lambda non sono a quelle livello ma sono genuinamente tra le migliori cuffie che si possano ascoltare. L'ascolto Le cuffie elettrostatiche STAX sono famose per la loro analicità, trasparenza, neutralità. Suono cristallino. Per anni sono state usate negli studi di registrazione CBS in America, almeno finchè non è arrivata Sony a comperarsi tutto quando. Non lo sono invece per la loro estensione, almeno non le LAMBDA. Il suono è dichiaratamente monitor, con una grande presenza delle medie e un impatto che è fortemente a favore dei solisti che risultano sempre perfettamente in primo piano. Ne è prova la misura della risposta in frequenza, eseguita con i microfoni miniDSP Ears e il programma REW Un canale solo due canali ad un livello di ascolto tipico. le differenze di livello tra i due canali sono probabilmente da ascrivere al controllo di livello o ad una imperfetta pressione dei padiglioni sulle orecchie artificiali. Nulla di distinguibile all'ascolto, considerando che tutto è perfettamente regolabile. La misura conferma una estensione ridotta sulla gamma bassa, il medio basso con un evidente "gonfiore", la gamma delle voci in netta evidenza, l'alto in ritirata e l'altissimo non esageratamente tormentato (come invece si vede in molte cuffie dinamiche con trasduttori metallici). La prova sta ne pudding, cioè nell'ascolto. Voci femminili, cori, strumenti a fiato, archi, tutto in evidenza. Basso acustico bello pieno, basso estremo non allo stesso livello. Violini setosi, clarinetti sottili, oboi nasali. L'immagine non è la loro caratteristica principale. Il suono si sente nelle due orecchie e sopra la testa, nonostante la forma asimmetrica e trapezioidale dei due trasduttori possa far pensare diversamente. La grande orchestra si perde di impatto e la collocazione degli strumenti un pò artificiosa. Ma continua ad essere estremamente affascinante la facilità con cui si individua perfettamente ogni singolo strumento, anche nella tessitura più complessa e numerosa. Se dovessi dire per cosa sono più indicate, sceglierei certamente le voci femminili e la musica da camera in generale. Il coro anche, sebbene manchi un pò di corpo nei bassi più potenti. L'organo proprio non è per loro, diventa troppo esile. E nonostante certi commmenti, assolutamente inadatte ad ogni genere che non sia acustico, pulito, naturale. Soprattutto due caratteristiche, la naturalezza complessiva dell'ascolto, una volta fatta la tara al suono di tipo "monitor" e ad un certo deficit nella parte bassa dello spettro, e specialmente l'assenza di fatica d'ascolto e l'assenza di fatica fisica nel tenere le cuffie in testa che nemmeno dopo otto ore vi faranno venire voglia di metterle via. La bassissima distorsione, almeno da 100 HZ in su, tende a farti prendere la mano con il volume a livelli poco salutari per le orecchie. Forse alla ricerca di un pò di più di musica in basso ma senza successo. Non sono cuffie che sopportano tanta potenza e l'equalizzazione abbastanza inutile, perchè quanto poteva essere fatto per compensare i limiti del trasduttore, è già stato fatto in fabbrica. In sintesi Io le adoro ma non sono cuffie adatte a tutto (nella realtà non ci sono cuffie adatte ad ogni genere musicale). Impagabili con la musica da camera e la voce accompagnata da pochi strumenti, non riescono a dipanare la grande massa orchestrale. C'è anche una certa artificiosità, tipica dell'impostazione da monitor, che vi fa immaginare di non essere di fronte all'evento reale ma nella sala da registrazione. I singoli strumenti sono così dettagliati ed isolati che vi sembrerà di avere da vanti la console dell'ingegnere del suono. E' una sensazione unica che non riesco a descrivere oltre e che bisognerebbe provare se avete ... orecchie adatte. Alla ricerca di qualche cosa di più universale, dal dicembre scorso ho acquistato le HIFIMAN Arya che, pur non essendo elettrostatiche, hanno un suono che coniuga alla perfezione - per il mio gusto - l'analicità estrema delle elettrostatiche, con una tenuta in potenza e una capacità di impatto più da dinamiche, benchè l'impostazione sia simile. Ma so che prima o poi cercherò altre elettrostatiche perchè è difficile non immaginare che la tecnologia intanto si sia raffinata. Certo queste Stax SR-404 resteranno per sempre con me. PRO totale assenza di fatica di ascolto suono trasparente, dolce, naturale, privo di asperità sensazionale capacità di identificare perfettamente ogni singolo strumento rispetto a tutto il resto del tessuto sonoro leggere da portare anche per ore e ore e ore l'amplificatore è di qualità assoluta CONTRO costruzione ed estetica decisamente criticabili estensione carente lato basse suono monitor con le medie in avanti e in generale i solisti in primo piano l'amplificatore - indispensabile per il loro funzionamento - scalda parecchio l'immagine della scena sonora non è propriamente il loro punto di forza, sebbene sia perfettamente identificabile ogni singolo punto sonoro, non si ha mai l'impressione di essere davanti ai veri musicisti in sala, ma ad una loro ricostruzione olografica al servizio dell'ascoltatore. Quasi una scena 3D al posto di una concretamente reale. hard rock, heavy metal, techno, registrazioni "pompate" decisamente non sono roba per loro molto, molto costose
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