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  1. Ne abbiamo parlato già in questi anni ma mai in termini di recensione completa. Troppo spesso ci dimentichiamo di parlare bene delle esperienze positive di acquisto o di fruizione di servizi. E' un male perché scrivere recensioni positive in questi casi, rende un grande servizio sia al fornitore che ai suoi eventuali nuovi clienti. Clienti soddisfatti fanno più grande il fornitore, che così può servire meglio i suoi clienti in un ideale circolo virtuoso che va a vantaggio di tutti. Quindi facciamo ammenda. il Nikonstore.it è motorizzato da Nital. E' un negozio online che offre anche servizi aggiuntivi oltre alla vendita diretta dal distributore al cliente finale. Cominciamo dalla normale vendita. il negozio è organizzato in sezione ben definite e copre tutti i prodotti Nikon. Le sottocategorie sono altrettanto ben espanse e si trova abbastanza rapidamente ciò che si sta cercando. I prezzi praticati sono quelli di listino. L'ACQUISTO La procedura è la solita, si sceglie un prodotto : si valutano le offerte e si scegli quello che ci interessa poi si va alla cassa e si paga. E' possibile pagare con carta di credito, con bonifico, via Paypal e anche con finanziamento a ZERO interessi da 10 o da 20 mesi. Spesso ci sono dei bundle, ovvero delle offerte di prodotto combinato a prezzi scontati. A volte ci sono proprio offerte di prodotti scontati, sia durante specifiche campagne che per periodi speciali, sotto forma di offerta flash. Le offerte vengono segnalate via mail se ci si iscrive alla newsletter. E' possibile anche farsi avvisare dell'arrivo di un prodotto che per il momento non è ordinabile. Perfezionato l'acquisto si ricevono tutte le conferme del caso. Nella maggior parte dei casi, se l'ordine è stato fatto al mattino, il prodotto acquistato parte entro la giornata. E la consegna per l'Italia continentale è generalmente il giorno dopo, a mezzo corriere espresso. Senza spese per acquisti oltre i 49 euro. Se l'ordine è perfezionato (anche come pagamento) in mattinata, il pacco parte nel pomeriggio. Se inserito al pomeriggio, il corriere parte il giorno dopo. Ma c'è anche un servizio molto importante per i prodotti la cui richiesta supera l'offerta oppure per i prodotti che sono in fase di lancio. IL PREORDINE Il Preordine è come un acquisto online, solo che per il momento mette l'acquirente in graduatoria di assegnazione. in questo elenco di teleobiettivi, abbiamo alcuni modelli disponibili e quindi acquistabili immediatamente, altri non disponibili, probabilmente perché non si prevedono arrivi imminenti, altri potrebbero essere disponibili solo come Preordine, come il caso del meraviglioso Nikkor Z 58mm f/0.95 non tragga in inganno la scritta disponibile. Si riferisce al fatto che è possibile fare il Preordine (il Noct arriva solo su ordine speciale, non è mai in pronta consegna). Quindi si fa il pagamento etc. etc. come per un qualsiasi acquisto. E si attende. Con la certezza di essere in graduatoria e di poter ricevere l'oggetto alla prima data di possibile disponibilità (che dipende dagli arrivi dal Giappone e per alcuni modelli, dalla effettiva produzione). Abbiamo sperimentato personalmente ogni opzione e possiamo confermare che : l'acquisto di un prodotto viene gestito con grande professionalità la spedizione è celerissima e generalmente il pacco arriva il giorno dopo, ben confezionato in un cartone robusto ci sono tutte le garanzie rituali, come il soddisfatto o rimborsato, oltre ai 4 anni Nital dopo registrazione il preordine fa dormire sonni tranquilli; fatta la transazione si entra in graduatoria e appena il prodotto è disponibile, parte per casa vostra ! L'OUTLET Ma non è finita. Nel Nikonstore.it c'è anche l'outlet, ovvero il reparto del ricondizionato. Due parole sulla definizione. Ricondizionato non è usato. Ricondizionato è un prodotto che è stato impiegato per dimostrazioni o portato a Nikon Day o giornate divulgative. E' stato appena maneggiato oppure ha pochi o pochissimi scatti. E Nital/LTR lo ricondizionano pari al nuovo. Letteralmente. L'Outlet è organizzato a sua volta come un negozio nel negozio Con ulteriori reparti e sottoreparti. Solo che, ovviamente, non c'è tutto l'assortimento del negozio del nuovo. C'è solo la selezione di prodotti effettivamente disponibili, tempo per tempo, a seconda delle opportunità. questa è una fotografia di quanto disponibile stamattina. Nove mirrorless Serie Z, 12 obiettivi Nikkor Z, 5 accessori, 1 flash, 12 obiettivi Nikkor F, 4 reflex, 10 binocoli o simili. Accanto ad ogni prodotto c'è un'etichetta. REF A o REF B Le due tipologie sono valutate attentamente dagli specialisti di Nital e dipendono dal grado di "apparente" differenza rispetto al prodotto nuovo e immacolato. Ovviamente la versione B, sarà più conveniente di quella A (REF sta per l'inglese refurbished, che in italiano diciamo ricondizionato). questo è il caso di un Nikkor Z 35/1.8 S, indicato come REF B e proposto a € 685 contro gli € 1.029 di listino per il nuovo (e quindi con uno sconto di € 344, pari al 33,4% del prezzo di listino). A volte vengono attuate campagne flash di sconto ulteriore del 10% su quanto presente in stock nell'outlet. Così qualche fortunato lettore attento di Nikonland si è riuscito ad aggiudicare qualche fiammante Nikon Z9 ad un prezzo eccezionale : prezzo del ricondizionato, livello REF A pari a € 4.935 ( 1.164 euro di sconto sul nuovo) che sono scesi a € 4.441 per un totale di e 1.658 euro (pari al 27%) di sconto complessivo. Su questi prodotti, è bene ricordarlo, non può essere data la garanzia piena ma è comunque assicurato un anno di garanzia da difetti. Oltre alla usuale tutela del consumatore per le vendite online. Anche in questo caso possiamo fare la recensione effettiva e non solo segnalare il servizio. Perchè noi redattori abbiamo acquistato più volte prodotti ricondizionati dal Nikonstore.it riscontrando la conferma della qualità del servizio ma soprattutto del prodotto. I prodotti ricondizionati dell'outlet del Nikonstore.it sono praticamente pari al nuovo. ricondizionato non è usato, ricondizionato è materiale con scatola aperta, o ex-demo, riportato a livello del nuovo direttamente dal distributore Lo dimostriamo con questo unboxing di un Nikkor Z 50/1.8 S pagato € 441 al posto di 739. E' un REF B; per un REF A è del tutto analogo. scatola come nuova (ravvisiamo solo un graffietto a destra del sigillo e qualche puntinatura sulla vernice nera) il marchio del ricondizionato con 1 anno di garanzia. molto diverso dal sigillo dei 4 anni di garanzia del prodotto nuovo dentro alla scatola il certificato di garanzia ma poi il resto è indistinguibile dal nuovo. E stiamo parlando di un REF B, cioé la versione meno pregiato dei prodotti ricondizionati. imballo e protezioni sono come nel nuovo e il prodotto nel complesso non presenta segni se non ... nel residuo di colla di una etichetta posta sul paraluce probabilmente per non confonderlo con un altro su una tavola piena di Nikkor. Non l'abbiamo levata con un normale detergente soltanto per mostrare quali possano essere "i difetti" di un ricondizionato Nikonstore. Inutile confermare che l'obiettivo è come nuovo e funziona perfettamente come da attese. Il vantaggio é fruttato all'acquirente un risparmio di 298 euro pari al 40% sul prezzo del nuovo. Che ve ne sembra ? *** Bene, speriamo di aver fatto cosa gradita con questa recensione cumulativa di un servizio che si sta sempre più espandendo per offrire a tutti i nikonisti possibilità di accesso sempre più facilitate, anche in confronto agli altri venditori online e alla usuale rete di vendita fisica nazionale. Nikonland ritiene che la vendita diretta produttore-fotografo sia il futuro e non mancheremo di rimarcarlo nel tempo. Ma già oggi i servizi aggiuntivi, esclusivi, come il PREORDINE e l'OUTLET rendono il Nikonstore.it un punto di riferimento per l'Italia. Dategli una occhiata e ... preparatevi al lancio dei prossimi prodotti. Li troverete facilmente disponibili qui Se avete esperienze nel Nikonstore.it, sia sul nuovo che sull'usato, fareste cosa utile a chi ci legge se voleste gentilmente inserire due righe di commento che raccontino come è stata la vostra esperienza. E non dimenticate di mettere un bel like a questo articolo se siete d'accordo. Vale come sondaggio !
  2. Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Qualche anno fa biasimavo con vigore l'abitudine ormai consolidata di utilizzare qualsiasi mezzo per scattare immagini ai selvatici; complice un'occasione di gruppo, con gli amici Massimo, Marco e Andrea mi sono ritrovato proprio nel luogo che 5 anni fa mi produsse brutti pensieri ed amare constatazioni (per i chi vuole approfondire, QUI i miei ragionamenti di allora). Questa volta ho bellamente ceduto alla lusinga fotografica, lasciandomi andare ad gioco che, in tutta onestà, è piuttosto divertente, ma che rimane un gioco (appunto). La questione si è articolata così: un'uscita fotografica flash in quel di Pont in Valsavarenche con l'intenzione di inquadrare il gipeto che qui è segnalato ed avvistato con una certa regolarità. Massimo, abituè della zona, mi ha convinto con poco sforzo, così ho infilato nello zaino il mio nuovissimo Nikon Z 400/2.8 S TC per la sua prima uscita montanara. Eccoci quindi di buon mattino al parcheggio di Pont pronti alla salita verso una fantomatica "paretina" un muro di granito su cui scivolano le correnti ascensionali. I veleggiatori come il gipeto sfruttano combinazioni di questo genere per attraversare le valli, battendo con poco sforzo centinaia di chilometri al giorno alla ricerca di qualche carcassa da "disossare". I miei soci sono preparatissimi, conosco Massimo da un diversi anni e so che non lascia nulla al caso. E' attentissimo ad ogni minimo particolare, dalla calza ai piedi al cappello in testa passando per tutto ciò che è utile per ottimizzare una ripresa fotografica. Io, con il mio corredo Decathlon in offerta fine serie, a paragone sono decisamente un "cazzone". In comune abbiamo le scarpe, su quelle non ho mai lesinato. La salita è abbastanza breve da non stancare troppo, ma lunga a sufficienza per sudare un po', anche perché, appena usciti dall'ombra delle montagne, il sole è bello caldo. E' tutto un togli e metti di strati di vestiti, salvo i ramponi che terrò ai piedi fino al ritorno a Pont; sono utili mi danno grip e sicurezza, ho fatto bene a comperarli la sera prima, alla Decathlon ovviamente. A mezza mattina raggiungiamo il punto di osservazione dove troviamo altri fotografi in attesa, Uno di questi si chiama Andrè ed è amico di Marco, l'appuntamento era programmato. Restiamo sulla balconata ad aspettare per diverse ore, sotto di noi la valle con la pista di fondo che pian piano si popola. Del gipeto avremo solo una breve apparizione, lontanissimo più in basso; ci sorprende invece un'aquila in volo radente di cui salvo qualche scatto solo dopo aver ripreso il controllo dell'autofocus della Nikon Z9. Gli stambecchi sono lontani, le montagne sono bellissime ed i camosci ci vengono a vedere. Le ore volano ed è già tempo di rientrare. Nikon Z9 ob. Nikon Z 24-70/4 S , mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 24-70/4 S , mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 24-70/4 S , mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Il massiccio dell'Herbetet. Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Cima della Tresenda. Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Versanti del col del Nivolet. Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 24-70/4 S , mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Nikon Z9 in DX ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Ridiscesi al parcheggio, mentre carichiamo gli zaini in auto, percepiamo del trambusto intorno al rifugio di Pont. I miei compagni sanno di che si tratta, io intuisco che, come 5 anni fa, un visitatore sta attirando l'attenzione dei fotografi: la volpe di Pont è scesa al ristorante. E così è infatti, dietro al locale tra i bidoni della spazzatura, un discreto gruppo di fotografi sta puntando i tele verso uno splendido piccolo cane rosso. Con la scusa di aver con me il nuovo Nikon 400/2.8 Z, CEDO ALLA DEBOLEZZA, mi unisco alla banda e mi concedo al gioco. Effettivamente è fantastico disporre di un selvatico così docile all'obiettivo, ma non nascondo nulla delle modalità di ripresa che sono descritte nelle immagini finali. Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC a 560mm, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 400/2.8 S TC, mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 24-70/4 S , mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 24-70/4 S , mano libera Nikon Z9 ob. Nikon Z 24-70/4 S , mano libera Va bene, è stato divertente, ma c'è di più, ed il di più, come al solito, lo fanno gli incontri e le persone. Così è avvenuto che ho conosciuto Andrè, amico di Marco.; sapevo di questi due giovani fotografi valdostani, di una loro pubblicazione, ma non avevo messo in cantiere l'ipotesi di tornare a casa con un libro nuovo, ed invece... Nuovi Equilibri, storia di incontri con il Lupo Un libro deve raccontare una storia, se questa è avvincente e sorprendente allora resterà a lungo nella memoria diventando cultura propria dell'individuo. Se il libro è fotografico allora quella storia si leggerà velocemente, ma poi si espanderà "nell'immaginario" del lettore che tornerà più e più volte a cercare quelle fotografie. Il "Nuovi Equilibri" di André Roveyaz e Francesco Guffanti è un volume che aprirò molto spesso, le immagini che i due fotografi hanno raccolto sono spettacolari, il lupo è ripreso nell'ambiente montano, in ogni stagione e con ogni meteo, così come gli altri piccoli e grandi animali che popolano le nostra Alpi a cui Andrè e Francesco hanno dedicato doverosa attenzione. Nella scelta degli scatti di questa raccolta si percepisce un forte il desiderio di mostrare il lupo in connessione con la montagna su cui è tornato ad abitare. E questa montagna è il massiccio del Bianco e le valli della profonda Val D'Aosta in cui mezza Italia si inerpica solo per raggiungere le piste da sci. Al chiaro di luna, nel bagliore giallo delle luci degli abitati zeppi di turisti, il lupo porta Equilibri che, più che "Nuovi", sono "Ristabiliti". Le immagini testimoniano incontri vis a vis tra fotografo e lupo, segno concreto di una popolazione in crescita ed in salute, stabilmente arroccata sulle Alpi italiane, ma anche di una relazione con l'uomo priva di conflitto. I lupi ci osservano invisibili ed incontrarne uno è un evento molto speciale: Francesco ed Andrè questo privilegio lo hanno vissuto molte volte, li invidio apertamente. Il volume "Nuovi Equilibri" non è in vendita in nessuna libreria, l'editore non lo può distribuire quindi il lavoro di diffusione e smercio è a carico dei due fotografi Andrè e Francesco. In una società iperconnessa e ipertecnologica per distribuire un libro siamo regrediti al tempo dei pizzicagnoli di quartiere. Ottimo. Ciò detto, da fotografo A fotografi, ve lo consiglio, perchè è un lavoro ben fatto da cui possono scaturire grandi ispirazioni e soprattutto dona la vertigine di un'avventura del fuori porta come mai se ne potevano vivere (nemmeno ai tempi del Pilone centrale di Walter Bonatti). Per qualsiasi informazione di dettaglio non esitate a contattarmi via MP, vi metterò in contatto diretto con i due fotografi (Nikonisti pure loro) Attendo vostre
  3. Come si mettono insieme reportage ed Afghanistan, il connubio più soft che viene alla mente riguarda di certo Steve Mc Curry e Sharbat Gula: la ragazza afghana fotografata nel 1984 ed apparsa l'anno seguente sul National Geographic in copertina, per poi diventare "the Icon" delle guerre in tutto il versante mediorientale ed in generale, icona della resistenza della popolazione alle invasioni territoriali. Da questa copertina in poi, il suo autore ha goduto, gode e godrà di meritata fama per la sua produzione fotografica del secolo scorso, perchè di quella del secolo corrente....non abbiamo avuto traccia, se ve ne sia, salvo il malaugurato viaggio del 2002, 17 anni dopo la foto, finanziato dalla rivista per organizzare il nuovo incontro, con la drastica presa di coscienza della legge del Tempo che non risparmia nessuno, nemmeno le Icone. Di tutto il resto accaduto dopo e dell'arrivo di Sharbat Gula in Italia di qualche anno fa mi interessa poco: ho preso a prestito la sua storia da trama di film come " perfetti sconosciuti " perchè è ben nota e talmente impressa nell'immaginario collettivo che pochi di voi si saranno chiesti con che attrezzatura Steve Mc Curry viaggiasse in quegli anni in quei paesi, nei quali ha realizzato miriadi di reportage, oggetto di molte pubblicazioni e di un'infinità di mostre itineranti, una delle quali appunto intitolata ICON ... Fotocamera ed obiettivo erano questa generazione di attrezzatura Nikon (la sua era una FM-2) e pellicole Kodachrome 64 e 200. Insieme al 105/2,5 un paio di altri fissi e solo molti, ma molti anni dopo, il passaggio a comodità come autofocus e zoom. Il risultato si valutava molto dopo aver scattato: la previsualizzazione e la conoscenza dell'esposizione valevano il 50% del risultato, la creatività il 30%...il restante 20% era suddiviso tra riuscita dello sviluppo del rullino e valenza del materiale, nel caso di quei films, effettivamente sopra il resto delle altre opportunità sul mercato: a patto che il trattamento fosse effettuato da tecnici alla stessa altezza... ed il Kodachrome andava spedito (se non eri un fotografo del National) restando a tenere le dita incrociate fino al suo ritorno... Bene...e se mi prudessero le mani e volendo emulare Steve McCurry, organizzando un viaggio in Afghanistan (cosa tristemente impossibile ancora oggi a distanza di 40 anni) mi indebitassi per comprare quello che è stato progettato per essere il miglior obiettivo standard-about del mondo, ossia il Nikkor Z 58mm f/0,95 S Noct ??? due chili di obiettivo con 17 lenti, attacco per treppiede e però a fuoco manuale, come il 105/2,5 di McCurry...? Posto che riuscissi a procurarmelo ed a spacciarmi per un inviato, riuscendo ad entrare in quella disgraziata parte del mondo, cosa ne direste .....? Sarei facilitato rispetto alle difficoltà fotografiche di Steve, pur utilizzando dietro questo monumento dell'ottica moderna, un corpo macchina digitale, forte di mirino elettronico e monitor di visione, esposimetro a scelta tra modi differenti , schede di memoria per immagazzinare 36 scatti...al secondo (e non a singola pellicola come nel 1984), sfruttando le enormi latitudini di posa di sensori che operano con rumore bassissimo anche oltre i 10mila ISO, ma che riescono a scendere, guarda caso, ai 64 iso della Kodak di Steve? Cosa porterebbe Steve McCurry con sè, se avesse ancora quei suoi 35 anni e avesse deciso come me oggi, di avventurarsi tra AK47 e mine europee sparse dappertutto, come il pecorino romano su di un piatto di gricia, oltre al rischio che qualche bombardiere USA decida di sganciare ancora confetti non certo da matrimonio? Beh, ve li elenco io, anche in sua assenza su Nikonland, i motivi per i quali oggi Steve non si porterebbe il Nikkor 58/0,95 Noct appresso: perchè la strutturazione progettuale di questo obiettivo è quella di un utilizzo sul campo previsualizzato e preprogettato come uno scatto a 64ISO in available light da t/15 a tutta apertura: ogni scatto col Noct deve essere frutto di una completa sinergia tra distanza del soggetto dal fotografo e dello sfondo dal soggetto stesso: non basta tenerlo a tutta apertura per ottenere il risultato sperato e comunque non si può pensare di impiegarlo in un modo standard, da ripetere volta per volta, come se si scattassero delle fototessera. Luce, colore (oppure contrasti di illuminazione nel BN), qualità e direzione dell'illuminazione sul soggetto ed attorno ad esso, sono elementi necessari per fare scaturire la Magia che può promanare da uno scatto con questo obiettivo. Ma la composizione dell'inquadratura è un elemento altrettanto fondamentale, scattando a diaframmi così aperti, per evitare di rovinare nel complesso uno scatto nel quale di un soggetto si abbiano nitidi solo gli occhi e il resto delle parti del suo corpo brutalmente indistinte perchè in un ambito operativo così speciale, bisogna essere lesti a scattare. E l'Afghanistan ci serve solo come parallelo con il beneamato Steve: ma le cose non cambiano in un viaggio fotografico come potrebbe essere in un qualunque paese che non appartenga alla nostra cultura occidentale, nel quale bisognerebbe prima di tutto correttamente ambientarsi per poter instaurare quell'empatia necessaria affinchè uno scatto non sia al tempo stesso uno scippo, cosa non certo ben vista in molti paesi arabi, ma neppure in altri oggi in voga del sud est asiatico, come Thailandia, Laos, Malesia, Vietnam per non parlare di Cina e dello stesso Giappone: la cura ed il rispetto verso il prossimo sono aspetti non sempre abbastanza tenuti in considerazione, spesso a causa del poco tempo a disposizione del turista. Un viaggiatore è chi invece può soffermarsi, conoscere e decidere se scattare una foto sia opportuno oppure no perchè a disposizione per un viaggio in paesi lontani oggi, nel 2024, abbiamo a disposizione strumenti di classe intermedia, performanti molto di più di quelli di allora, in una scala pressocchè continua che dal Noct arriva allo zoomino entry level, a patto di compromessi crescenti che possono tranquillamente essere gestiti dapprima on camera e successivamente in post produzione, con opportunità del tutto inaccessibili anche ai migliori tecnici dell'epoca di Steve: ogni tassello può essere utilizzato per destinare la propria creatività al risultato finale. Oggi Steve viaggerebbe probabilmente con un 24-120/4 sulla sua Nikon Z e tra queste sceglierebbe il corpo macchina più indicato all'esigenza da affrontare, senza preclusioni. D'altro canto la digitalizzazione dei suoi scatti su diapositive o negativi, per ottenere le gigantografie che oggi campeggiano nelle mostre fotografiche che lo ricordano, come pensiamo che siano state rese possibili se non da successive interpolazioni digitali delle scansioni dei suoi vecchi originali? perchè un Nikkor 58/0,95 S Noct è un monumento alla fotografia ragionata e non va svilito da un utilizzo che ne tarperebbe le enormi potenzialità se utilizzato in maniera casuale, randagia, esibizionista...si... E' proprio questo il senso di chi dovesse compiere qualcosa di simile... NdA: chiedo scusa a Steve McCurry per averlo indebitamente citato, ma ormai è diventato un' icona al pari delle sue immagini... Max Aquila per Nikonland 2024
  4. il nuovissimo Nikkor Z 600mm f/6.3 S montato su Nikon Z8 : stacking di immagini riprese da una Zfc con il 16-50 La passione dei giapponesi per le riproduzioni in scala ridotta - le miniature - non la scopriamo oggi. All'arsenale dove fu costruita, c'è un modello in scala 1:10 della nave da battaglia Yamato (i cui telemetri erano Nikon) che è lunga 26 metri. E a parte il fatto che non è stata costruita per combattere e che si può visitare liberamente (mentre la nave originale è in fondo al mare), la piccola è l'esatta riproduzione dell'originale. Sono abbastanza comuni i modelli di auto in scale di tutti i tagli, in metallo o in resina, perfettamente simili al vero. E' la fusione dell'abilità di riproduzione con la tecnica bonsai. Questa introduzione per sintetizzare cosa sia il nuovo Nikkor Z 600mm f/6.3 rispetto ad un tradizionale 600mm f/4. Pensiamo ad esempio al primo autofocus, del peso di oltre 6 chilogrammi, pur con le sue sole 9 lenti, e una lunghezza di 42 cm. Ecco, questo sembra a prima vista un modello in scala, compatto, non più lungo di 28 cm e al netto del piedino del treppiedi, pesante non più di 14 etti. Ma nella realtà, non è una miniatura, è un obiettivo funzionale, con 21 lenti che non rinuncia a nulla. Nemmeno all'anello dorato - distintivo dei migliori Nikkor - ad uno schema sofisticato, soprattutto ad una costruzione solida, concreta, apparentemente in contraddizione con quella leggerezza. Che è figlia dell'adozione, nello schema, di un elemento a diffrazione. Una lente non tradizionale, tornita a cerchi concentrici le cui superfici interna ed esterna, simulano la curvatura di una lente piena di quelle grandi. Di quelle che ci sono tipicamente nei 600mm f/4 e che sono responsabili di pesi superiori e lunghezze oltre i 40 cm. tutti i teleobiettivi da 400mm in su attualmente in catalogo con attacco Z. Proporzionalmente il nuovo 600mm richiama più il 400/4.5 che gli altri. Ma in termini costruttivi è più imparentato con l'800 mm f/6.3 con cui condivide l'impostazione che prevede un elemento diffrattivo. Per compensare il limite delle lenti di Fresnel, ovvero una dispersione anomala della luce, viene impiegato in correzione un elemento ad indice di rifrazione anomalo che allinea il canale del blu a quello di rosso e verde. In questo modo le aberrazioni cromatiche sono virtualmente assenti. esteticamente il 600/6.3 è più vicino al 800/6.3 che al 400/4.5. Lo notiamo dalla targa in argento con scritto Nikkor e dalla scritta gialla Phase Fresnel Lens. Il collarino del treppiedi é di quelli seri, come nei superteleobiettivi grandi, mentre il piedino è condiviso con 100-400/70-200/400/4.5, tanto che risultano del tutto intercambiabili gli eventuali rimpiazzi in alluminio con i binari Arca Swiss Vediamo come arriva. La confezione è semplice, come quella degli obiettivi più corti. Una scatola analoga a quella del 100-400, non enorme come per il 180-600 il nostro ha la tradizionale garanzia di 4 anni Nital l'altro lato della scatola ha i codici prodotto. Aprendo la scatola compare l'astuccio morbido in sintetico, dentro ad una busta di cellophane. poi ci sono i manualetti multilingue, che riportano le caratteristiche principali e danno una spiegazione della funzione dei vari pulsanti. sotto, protetto da un cappello di spugna, spunta l'obiettivo, dentro ad un altro cellophane protetto da un altro anello di schiuma e da uno di cartone morbido. Il paraluce è infilato sotto all'obiettivo ma è protetto da un altro setto di schiuma i due componenti dell'obiettivo : paraluce (imprescindibile) e obiettivo a sinistra, qui sopra, abbiamo il paraluce del 400/4.5, a destra, quello del 600/6.3. Anche se il passo filtri è identico - 95mm - i due paraluce non sono uguali. Differiscono nel codice prodotto, HB105 quello del 400, HB105a quello del 600/6.3 il quartetto a confronto. Decisamente simili ma il 600/6.3 è di una classe superiore. Alla fine, la differenza sta in quei circa 4 cm di lunghezza e in quei due etti appena abbondanti (quanti ne aggiungerebbe un TC1.4x al 400/4.5 per farlo diventare un 600/6.3) ovviamente da solo non sta in bilico sul piedino, ci vuole un contrappeso come può essere la fotocamera particolare della targa con le iscrizioni in rilievo e le incisioni ben definite e verniciate a regola d'arte. Costruttivamente è un piccolo capolavoro. Una vera miniatura. la bottoniera con il tasto funzione, il selettore del limitatore di messa a fuoco (tarato sui 10 metri) e l'interruttore per passare a fuoco manuale. altro dettaglio della bella S colore argento, e l'altro tasto funzione, replicato sui quattro cardinali la ghiera diamantata, programmabile, e l'anello di messa a fuoco manuale 4 metri di messa a fuoco minima, Made in Cina. E particolare della parte inferiore del piedino del treppiedi. dettaglio laterale del piedino. La vite va allentata per smontarlo ma poi c'è un pulsante di sgancio. Il tutto è identico a quanto troviamo nei vari 70-200, 100-400 e 400/4.5 eccolo in "batteria" con la Nikon Z8 ancora un dettaglio delle iscrizioni e delle targhe l'altro lato con il marchio Nikon il grande tappo da 95mm in primo piano *** Le prime impressioni sono difficili da negare. E' un obiettivo non bello ma bellissimo che trasuda qualità premium per essendo compatto e leggero. Anzi, proprio per questo ancora più pregiato in ogni dettaglio. Nei primi scatti si è mostrato duttile, facile da usare e sostanzialmente privo di difetti. Non è un 600mm f/4 TC - nulla lo è - ma a dispetto del prezzo relativo, il giusto mezzo tra 800/6.3 e 400/4.5, uno strumento sensazionale sia costruttivamente che funzionalmente. Che Nikon ha annunciato a sorpresa e ancora più a sorpresa ha consegnato immediatamente dopo il lancio (poco più di venti giorni dal lancio). Negli ultimi due anni il nostro marchio ha costruito il più straordinario parco di ottiche supertele che non ha rivali. Nemmeno per chi ancora usa Nikon F. Questo 600mm è a tutti gli effetti una nuova aggiunta. Ma di fondo va a sostituire il Nikkor 500/5.6E PF, lanciato di questi tempi già sei anni fa. Del quale è una evoluzione sostanziale, a partire dalla capacità di operare in sincrono con lo stabilizzatore integrato di Nikon Z8 e Z9. Un dettaglio che non ci stancheremo mai di sottolineare a chi lo trascura. Per le foto e un primo commento operativo, rimandiamo ai successivi commenti qui di seguito.
  5. Un tempo l’inverno era fatto di freddo, tramonti lunghi e luci sempre diverse, fotograficamente irresistibile. Poi qualcosa ha cominciato a cambiare, lentamente; da un inverno al successivo si sono ridotte le brine, il ghiaccio nei fossi è pian piano scomparso, fino all’ultimo inverno il 2022-23 in cui praticamente, non mi sono mai trovato a combattere con il freddo. E si combatte, eccome, se si resta immobili, nascosti sotto una rete mimetica per 2-6 ore. Ho percorso i mesi dell’anno 2022 esplorando il mio fiume Sesia che qui, nella bassa appena a nord di Vercelli, offre ancora qualche tratto di carattere selvaggio. D’inverno, da 7 anni a questa parte, qui arrivano le Gru. Arrivano dalla Lituania, cosa avran trovato di speciale nei campi brumosi di stoppie, lo san solo loro, ma tant’è ed io le inseguo, da anni, con pervicacia. Le aspetto la sera sui greti del fiume, appena prima che l’ultima luce sbiadisca e rimanga solo la notte blu e scura. Per fotografare nelle ore del crepuscolo la Nikon D3 era il massimo, ma lo era quando gli inverni erano ancora freddi; ora ho una Nikon D5 cambia la qualità del file, ma non la procedura di ripresa, che rimane farraginosa. Nella notte non esiste fotocamera in grado di focheggiare automaticamente, si deve operare in manuale, ma c’è un problema: il mirino ottico ad f/4 è buio anche per l’occhio di un gufo. Sono perciò costretto a traguardare (a stima) la messa a fuoco del 600mm per poi verificare, sul display posteriore, la nitidezza del piano di fuoco e correggerla fino ad intercettare il punto desiderato. Difficile ma non impossibile, in pochi scatti si trova la quadra, e le gru, 7 anni fa con la D3, le ho potute fotografare solo così. La Nikon D5 è un bel passo avanti, con 600mm f/4, ISO 8000, mUp, autoscatto, treppiede pesante, t=1/2-6s e garanzia di rumore contenuto, sono pronto. Ma loro non vengono, cioè si, ma scendono troppo a nord o troppo a sud o non scendono affatto. Provo 4-7-10 volte ed arriva la primavera; le gru a marzo sono già un ricordo e fa subito caldo. Per il terzo anno di fila, le gru mi hanno gabbato; così le precipitazioni, che sono state scarsissime; i giorni cielo limpido, si sono succeduti, tutti uguali, per mesi. Queste giornate assolate sono tutte qui, in questo fiume che è l’ombra di sé stesso; i greti sbiancati sono inghiottiti dalla vegetazione e l’acqua è ridotta ad un corso lento, direi stanco. Ed è difficile anche solo inquadrare un germano, perché non ce ne sono più, come le gallinelle, i martin pescatore e i tuffetti, anche loro spariti. Qualche raro cormorano e poche le gazzette. Invece è diventato “normale” incontrare i caprioli ed anche i paurosi ma scaltri cinghiali. La primavera si scioglie nell’afa dell’estate, non mi accorgo del cambio, sono troppo sudato e indaffarato a difendermi dalle zanzare. I gruccioni garriscono in cielo e io tiro notte con la fedele D5 aggrappata al 600/4 VR che inquadra quel poco che passa. Una giovane nitticora a caccia di rane, ma ora è troppo buio, passo al 200/2 VR II ed eccomi faccia a faccia con un capriolo che, nell’oscurità, non mi distingue; la D5 tiene il fuoco sul musetto, tre scatti ad 1/50s f/2 per 8000 iso; mi tradisce il clack della reflex e il cornuto (è un fatto) se ne va abbaiando (il capriolo fischia e abbaia, anche questo è un fatto). L’autunno è un sollievo, un po’ di fresco rasserena, ma niente pioggia autunnale, ancora cieli azzurri. Mi sposto nel bosco, tra rane, funghi e scoiattoli “nervosi”, qui piazzo un capanno fisso che mi regalerà dei bei ritratti di uno spavaldo pettirosso. Sono circa le 7.00 del mattino sul finire di novembre e, da dentro il capanno, sento il richiamo delle gru; ho da poco le nuove Nikon Z9, le sto provando, le sto conoscendo e comprendo che il mirino elettronico potrà fare la differenza proprio alle riprese delle gru. L’EVF amplifica il segnale rendendo visibile ciò che altrimenti non sarebbe. Con al Z9 non devo più traguardare, devo GUARDARE. E’ ormai gennaio, convinco l’amico Massimo a seguirmi sul Sesia con il suo nuovo Nikon Z 600/4 TC perché con due punti di osservazione, è matematica, si raddoppiano le probabilità. Scelgo un detrito fluviale lungo il greto, guarda a nord, stendo le mimetiche e mi infilo sotto. Massimo resta su un’ansa che punta a sud dove lo scorso anno le ho viste posarsi. Lo stormo arriva, saranno 200 gru, e si posa sul greto a circa 150 metri, al limite del campo inquadrato dal mio 600mm. Sono le 17.30, significa f/4 per 10000 iso t=1/30 in rapido aumento. Metto in DX mode, autoscatto 2s, non mi serve nemmeno lo scatto a filo, pochi momenti e tutto finisce, ormai è troppo buio. E così finisce anche un inverno breve come non ne ricordo. A marzo nel giro di una settimana il bosco da grigio diventa verde brillante. Un sabato pomeriggio di metà aprile, seguo una pista tra fiume e bosco, arrivo ad radura tra gli alberi e qui arrangio un camuffamento volante sotto le fronde di un nocciolo. Passa meno di un’ora e da sud, prima un fruscio poi il movimento: un capriolo viene dritto verso di me. Oriento il 600mm lentamente nella sua direzione, non vedo più nulla, è sparito, ma è lì per forza sarà a 30 - 40 metri. Passa un bel quarto d’ora di silenzio rotto solo dalle pernacchie di una ghiandaia; mi rassegno e cerco una posizione più comoda, ma eccolo, è una femmina dietro la siepe, spunta il muso e ci guardiamo. Scatto a raffica, vedo i suoi occhi neri enormi che mi fissano, le orecchie tese verso di me, non si muove. Non sto facendo alcun rumore, non c’è nessun clack a tradirmi, solo l’occhio tondo (gigante) del 600mm. Lo sposto millimetricamente, se ne accorge e fugge. Il giorno appresso nello stesso punto cercherò di inquadrare una famiglia di furbissimi cinghiali, fallendo miseramente. A breve la primavera diventerà estate e questo luogo diventerà intollerabile, ma non per me, giuro, non per me.
  6. Tutti i 600/4 della storia di Nikon sono lenti impegnative da usare, qui sopra vedete il nuovissimo 600/4 TC VR S montato sulla Z9 ed in prova in questo articolo, rappresentano l’eccellenza in termini ottici e costruttivi ma questo risultato si ottiene con pesi ed ingombri significativi e porta con sé la necessità di essere molto padroni della tecnica fotografica con i supertele. Sono quindi oggetti che pongono una notevole pressione sul fotografo che, per ottenerne il meglio, deve padroneggiare una tecnica adeguata. Per tutto questo, è con una certa trepidazione e timore reverenziale che mi appresto a scrivere il report di questi primi mesi. Anticipo subito che, molto probabilmente, seguirà un test più completo e proseguirò completando nel tempo questi contenuti in quanto, come vedrete, ci sono aspetti che non ho avuto ancora modo di provare. Ma queste prime impressioni sono costruite su quasi 20.000 scatti fatti in 12 diverse uscite, fotografando diversi soggetti con luci e situazioni molto eterogenee, da treppiede, monopiede ed a mano libera. Credo, quindi, sia abbastanza per condividere le prime conclusioni. Z9 su 600/4 TC VR S 1/1250 f4 ISO450 (a mano libera) Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/3200 f5.6 ISO360 (a mano libera) Ricordo ai lettori che volessero vedere più immagini di questa lente che l'unboxing, con le mie mediocri fotografie di questo magnifico obiettivo, è qui. Ovviamente, come d’uso, non ho fotografato mire ottiche o altro. Lo reputo una cosa priva di interesse: una lente deve dare il massimo nella condizioni d’uso per le quelli è progettata, il resto non ha la minima importanza. Anche per questo, vedrete praticamente solo immagini scattate a tutta apertura. Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/4000 f5.6 ISO500 (treppiede) Z9 su 600/4 TC VR S 1/5000 f4 ISO180 (a mano libera) Z9 su 600/4 TC VR S@840mm 1/4000 f5.6 ISO250 (treppiede) Com’è fatto. Intanto è il 600/4 più leggero e, se considerate che contiene sia un TC14 che il maggior tiraggio necessario alle mirrorless (l’FTZ), anche il più piccolo - 165x437 vs 166x432 del precedente FL (ma a cui aggiungere la lunghezza del TC14 e del FTZ). Il peso scende in modo significativo, da 3810gr a 3260gr. Ma, di nuovo, se considerate TC14 ed FTZ questo 600/4TC VR S pesa meno del 500/4FL. Un risultato straordinario. Ma c’è di più. Nonostante l’enorme lente frontale, il peso è più arretrato. Di gran lunga se lo confrontiamo con il precedente 600/4FL. Ma, apprezzabilmente, anche confrontandolo con il 500/4FL!!! Di fatto, è il 600/4 più semplice da usare a mano libera che Nikon abbia mai prodotto. Non ho fatto confronti con il 600/4 di Sony, non conosco nessuno che lo possegga…. Mentre la lista di persone che conosco che hanno già tra le proprie mani questo Nikon, seppure uscito sul mercato da molto meno tempo, è già piuttosto corposa. Qualcosa anche questo vuole dire, secondo me. Ma tornando alla lente, l'uso a mano libera di un 600mm fino a pochi anni fa era considerato folle. Ma facendolo si apre un modo, non solo grazie al risparmio di peso fotografando in alta montagna, ma per le possibilità di fotografare da punti di ripresa funzionali a risultati come questo. Z9 su 600/4 TC VR S 1/2000 f4 ISO400 (a mano libera) Ma ai potenziali acquirenti che basassero il loro acquisto sull’idea che è una lente maneggevole devo dire di fare attenzione. Il peso e le dimensioni sono stati entrambi ridotti, ma resta una lente molto impegnativa da usare e domare. Non fatevi prendere da facili entusiasmi se non avete mai usato una lente di questa categoria: non è semplice tirare fuori il massimo. Il TC interno. Questa caratteristica merita un capitolo dedicato. In una parola: STRAORDINARIO. Avere la libertà, movendo un dito e senza nemmeno smettere di inquadrare, di cambiare focale quasi come se fosse uno zoom è una cosa che non è facile da pesare fino a che non si è utilizzato…. Poi non si riesce a smettere di sorridere, soprattuto se si sta fotografando a mano libera o da monopiede. Utilità che nella prova del 180-400 non avevo riconosciuto in modo così inequivocabile come con questa lente. Ma lo devo dire con chiarezza: da sola questa caratteristica ha un valore enorme, ben superiore al costo del TC14! Ma una funzionalità senza la giusta prestazione è nulla. E quindi? Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/2000 f5.6 ISO900 (treppiede) Crop a pixel reali, così è come funziona il moltiplicatore interno. Ergonomia. Ho letto alcuni test critici sull’ergonomia del 400/2.8TC VR S che è sostanzialmente costruito nello stesso modo, solo più corto. Francamente, a me in questo 600 sembra tutto al posto giusto: una lente perfetta. Ma questi aspetti sono quelli dove sono più indietro. Ad esempio, non ho ancora programmato i due anelli funzionali. Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/1000 f5.6 ISO1800 (treppiede) Unica nota che vorrei fare è la solita sulla mancanza della scanalatura ARCA sul piede per il treppiede, peraltro molto leggero e di pregevole fattura. Al punto che, per la prima volta, non l’ho sostituito ma ho messo sotto una sbarretta per montarlo sulla testa. Quindi un problema piccolo. Prestazioni. Mai risposta fu più ovvia: sono eccellenti. Otticamente, sia in termini di nitidezza che di sfocato, sia liscio che con il moltiplicatore interno inserito, si comporta benissimo. Non teme nessuna condizione di luce, producendo immagini ben contrastate e nitide. Ha un notevole microcontrasto, che rende le immagini “croccanti e luminose”, vive direi. Sulla nitidezza avete visto qualcosa sopra. Ora parliamo di sfocato: Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/800 f5.6 ISO5600 (monopiede) Z9 su 600/4 TC VR S 1/500 f4 ISO500 (monopiede) Tornando al TC, praticamente, l’unico effetto collaterale che ho visto inserendolo è una appena accennata riduzione del contrasto. Quasi più una sensazione che un fatto oggettivo, considerato che io regolo i miei NEF individualmente e quindi, individualmente, regolo anche il contrasto. Anche l’impatto sulla nitidezza, secondo me, è privo di impatto visibile. In sostanza, questo obiettivo è sia un 600/4 che un 840/5.6. Ho sempre pensato che il 500/4FL fosse una lente spettacolare, mi riferisco a questo come paragone perché è il tele dal quale provengo, ma questo 600/4TC VR S è secondo me visibilmente superiore in termini di qualità ottica, se usato liscio ed ancora di più se usato moltiplicato. Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/250 f5.6 ISO220 (monopiede) L’autofocus è velocissimo e capace, in sinergia con la Z9, di aumentare in modo visibile il numero di immagini perfettamente a fuoco. Anche su questo un apprezzabile passo avanti. Lo stabilizzatore è una vera sorpresa. Questa è una immagine ripresa a mano libera dal mio amico Marco, a 1/5 di secondo. E non è figlia unica: ho visto la sequenza: 3 in fila tutte e tre decisamente nitide. Marco è molto abile, ma è ben meglio di quello che riusciva a fare con il 600/4FL. Anche qui, raccomando al lettore un sano spirito critico delle proprie capacità: fare cose del genere non è alla portata di tutti… io ad esempio così avanti non riesco ad andare. Z9 su 600/4 TC VR S 1/5 f4 ISO400 (a mano libera) Crop a pixel reali, così è come funziona lo stabilizzatore a mano libera: 600m ed 1/5"... se si è capaci! Ricordo che lo stabilizzatore ha tre posizioni: OFF, ON e SPORT. Questi tempi sono con la modalità normale, SPORT stabilizza di meno (ma agevola il panning e mantiene fermo il punto di messa a fuoco). Io, complice anche un periodo di forma particolarmente bassa, sto sperimentando l’uso con il monopiede. Con la testa giusta - ne parlerò in un prossimo articolo - si riescono a fare cose egregie. Z9 su 600/4 TC VR S 1/50 f4 ISO6400 (monopiede) Cos’altro? Come detto, è una lente impegnativa. Se chi la acquista arriva da un qualsiasi 600/4 (ora non lo accomuno agli altri supertele), la strada sarà in discesa. Per gli altri, invece, c’è una salita variamente ripida. Occorre prevedere di investire in se stessi, per affinare la tecnica. Ma anche in equipaggiamento. Come uno zaino adeguato: La mia scelta è stata per il Gura Gear Kiboko 30L 2.0 (o lo zaino da montagna con il LensCoat e il TravelCoat) - Articolo a breve. O treppiede/monopiede. Per il primo, orientativi su qualcosa che abbia almeno 36mm di sezione di gambe, mentre come testa continuo a consigliare la Uniqball (articoli in proposito già fatti). Per il secondo, il punto chiave è la testa. La mia scelta è stata la Wimberley MH-100 - Articolo a breve. Già da questo capirete perché queste "prime impressioni” arrivino dopo un paio di mesi: se non si è youtubers d’assalto, che recensiscono qualcosa avuto in prestito per alcuni giorni, ma si fa un punto d'orgoglio a che le opinioni che si condividono debbano avere solide fondamenta occorre tempo. Consigliabile? Si, senza riserve se non quella di capire bene di cosa si stia parlando. Questo non è uno zommettone solo un po’ più luminoso e nitido: è una lente impegnativa che darà il massimo solo al fotografo che la saprà usare. Proibitiva? Assolutamente no, ma se non avete mai usato un 400/2.8, 500/4 o 600/4 prevedete un bel periodo di rodaggio ed anche che, in detto periodo, i risultati possano anche peggiorare. Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/250 f5.6 ISO2000 (Monopiede) E rispetto al 400/2.8? Ecco vorrei avere anche io questa risposta: mi sono interrogato per mesi su questo argomento! Battute a parte, secondo me occorre pensare alle focali che si usano. Entrambi mettono a disposizione un 600mm f4 (560/4 non è così lontano) ed immagino che le prestazioni del 400/2.8 con il TC interno attivato siano almeno buone come quelle del 6004/ con il TC attivato (anzi mi aspetto che possa essere anche uno zic meglio). Quindi la decisione si prende in base alla risposta a questa domanda: come seconda focale serve di più 400 o 800? Nel primo caso, ovvio, occorre prendere il 400, altrimenti il 600. Considerando anche che, in caso di scelta del 600/4, la focale 400 si può ottenere con il 100-400 (come faccio io) o con il 400/4.5. Mentre volendo arrivare ad 800mm con il 400/2.8 occorre o usare il TC20 (perdendo la flessibilità del TC interno, per me determinante nell’acquisto) o acquistare un ben più impegnativo 800/6.3. Z9 su 600/4 TC VR S 1/125 f4 ISO800 (monopiede) Poi, ovviamente, c’è il prezzo. Ad ognuno capire se il “gioco valga la candela” e, quindi, si trovi il valore che motivi il costo sostenuto. Per me, anche qui, un rotondo si. MA, c’è un grande ma, ogni fotografo deve guardare in se stesso e capire cosa fa per sé, cosa può migliorare o sostenere la propria fotografia e come approcciarne il prezzo. Non dimenticando che per chi, amatore, non faccia della fotografia una professione, l’unica questione importante è se prezzo, possibilità economiche e passione collimino. Non abbiate timore, a poterlo acquistare, questo capolavoro farà tutta la sua parte. E voi? Pronti a fare la vostra? Z9 su 600/4 TC VR S 1/250 f4 ISO1100 (monopiede) Massimo Vignoli per Nikonland (c) 5/3/2023
  7. Realizzata tra il 1955 e il 1957 ad opera dell’architetto Luigi Moretti Si accede da un piccolo ingresso, chiamato dallo stesso architetto “ le fauci ” ed appare chiusa verso l’esterno, ma appena si percorre l’ingresso si apre completamente al rapporto con il mare che irrompe nel salone, o nelle camere da letto salendo per le scale o passando per il grottino affacciato sull’acqua tornando su e passando per la pensilina che richiama l’alberatura di una barca fino ad una terrazza Con le parole dello stesso architetto “una casa gelosa,saracena, degli affetti,dei pensieri e delle belle donne,per gli uomini scontenti ed irrequieti.Una casa come desiderio di altra vita.Con carattere ora chiuso ora introverso,ora aperto ad abbracciare l’intero mondo”
  8. articolo originariamente pubblicato da Lieve su Nikonland.eu il 15 dicembre 2013 Erano cinque anni fa, di questi tempi. Scrivevo il diario d'uso dell'ultima arrivata, l'amata Nikon D3x che cambiò il mio modo di essere fotografo. Cinque anni fa. Oggi, provo a ripetere un beneaugurante diario d'uso con un obiettivo a lungo desiderato che non è esattamente quello che mi aspettavo. Ma come giustamente dice la figlia di Michele, "uffa, sempre aspettare !" Giusto, questo è il Noct moderno, non è quello che volevo ma mettiamolo alla prova. Basta mugugni e soprattutto basta aspettare ... ! Lascio le caratteristiche di targa a chi ama i dati statistici. Segnalo solo che il primo lotto di produzione consta di solamente 3.400 pezzi. E non è proprio diffusissimo, come se Nikon - stesso discorso della Df - non si attendesse grandi ordini. La cosa non mi riguarda molto, questa sarà una prova d'uso. Per ora scatti di test ma giovedì sera ho il primo impegno serio per le prove in chiesa dell'Oratorio di Natale di Bach. L'ambiente ideale e il 58 mm avrà una degna compagna. All'aspetto questo 58 mm si presenta esattamente come il 35/1.4G ottimo performer ma un vero plasticone che ho usato diffusamente con grande diletto finchè non l'ho sostituito con il più solido Sigma. La prima lente è molto incassata ed è molto più piccola del diametro nominale del passo filtri di 72 mm. Insomma, potevano anche farlo più piccino, non c'era bisogno di queste esagerazioni ... ma comunque sta bene in mano e sta bene su un corpo tipo quello della D800 o della D4. Non saprei dire su una DX ma credo che sarebbe sprecato ... il paraluce è in pura plastica cinese, marchiata ... con orgoglio, diversamente dal frontale dell'obiettivo che è anonimo. Capisco che si tratta comunque di un qualsiasi pezzo di plastica ma quanti centesimi in più sarebbe costato fare anche quello in Giappone ? la confezione è economica come da costume Nikon di questi tempi. Un blister difficile da schiudere, tipo quello dei vecchi marrons-glaces Motta, la pochette in imitazione di alcantara, il paralucione, il mini-libretto di istruzioni e la garanzia internazionale. Per quanto mi riguarda il tutto ritorna dentro alla scatola, paraluce compreso. Se troverò un adeguato paraluce in metallo userò quello. Altrimenti ne farò a meno, non credo che serva effettivamente con quella prima lente incassata come quella del 60/2.8 le proporzioni dell'oggetto si vedono chiaramente se raffrontato con gli altri miei normali : a giro da sinistra : Nikkor 50/1.4D, Nikkor 58/1.4G, Sigma 50/1.4, Nikkor-H 50/2, Nikkor 50/1.2 AIs, Voigtlander 58/1.4 SL II, Nikkor-S 50/1.4. In mezzo il Minolta 58/1.2 "nikonizzato" diy. qui a sinistra il 58/1.4G, in mezzo il Sigma 50/1.4 HSM (appena più piccolo ma 140 grammi più pesante) e il pigmeo Nikkor 50/1.4D. i miei tre 58 mm : Nikkor 58/1.4G, Minolta Rokkor 58/1.2, Voigtlander 58/1.4 SL II l'anormale e il normale : Nikkor 58/1.4G e Nikkor 50/1.4D Bene, finite le presentazioni, come va ? Innanzitutto qualche considerazione. E' grosso ma è un volume d'aria. In mano è leggero. Ma si impugna bene. Il motore a me sembra del tutto identico a quello del Nikkor 35/1.4G ed inferiore ai pari-classe Sigma. Veloce ma non velocissimo. Ha appena un ronzio fastidiosetto a cui non ci si abitua se invece si è abituati agli altri motori SWM totalmente silenziosi. E va bene, non è un obiettivo da corsa. Le mie due mire standard di questi tempi : a tutta prima una buona prova in entrambi i casi, il confronto con Voigtlander e Minolta sarà oggetto di ulteriore approfondimento ma siamo sullo stesso piano. E non è un cattivo inizio (!). Arthur al filo del mosso (1/60'' su D800E, un azzardo). Foto intera e crop. Salvo quando specificato, le foto saranno tutte a tutta apertura. Blackey con il suo regalo di compleanno (giovedì ha compiuto 3 anni) Johnny : il piccolo farabutto di casa (!) sunset. Di questi tempi bisogna accontentarsi. non siamo sui piani onirici del Rokkor ma qualche cosa si intravvede la vite della persiana dettaglio. Notate l'aberrazione cromatica diffusa (cerchiolini verdi e magenta mentre ci si allontana dal punto di fuoco). Lo "sferocromatismo" o aberrazione sferica è diffusa (come lo è anche nel Rokkor 58/1.2 che però ha 40 anni ...). Si corregge in post-produzione ma mi mette un pò in ansia. Si, perchè non ho capito se ha un pelo di front-focus oppure dipende dall'aberrazione cromatica. Insomma non sono convintissimo che sia sempre perfettamente a fuoco con la D800E. anche qui una prova abbastanza simile a quella del Rokkor 58/1.2 (ricordo che il Rokkor 58/1.2 è più o meno il cugino dell'originario Noct-Nikkor in termini di calcolo e costruzione, solo la versione per medio-borghesi, non per riccastri della city Ma a cosa serve un obiettivo del genere se non a rendere interessanti cose che di interessante non hanno nulla ? nel secondo caso ho il giustificato dubbio che siano più a fuoco le foglioline che il fiore (front-focus o altro ? Lo scoprirò solo insistendo ! ) Volendosi fare del male, guardate il marchio Nikon sul tappo : dettaglio. La ripresa è stata fatta in diagonale. Quindi ? Ma andiamo a riprese più interessanti per me. Perchè dubito che con questo obiettivo fotograferò spesso minerali o vegetali ... o almeno non d'elezione. Ho invitato Charlize in studio. F1.4 F2 F2.8 Charlize ha il pregio di riuscire a stare perfettamente immobile in ogni circostanza e di adattarsi a qualsiasi cosa senza protestare. E anche se fa freddo in studio per lei va bene comunque l'ultima carrellata è sempre ad F1.4, Mano libera, luce in alto a destra a 45°, soft-bank rettangolare piccolo. WB a 3100 °K, tint +13, sviluppo in LR 5.3 con applicazione del profilo di correzione Adobe per il 58/1.4 appena pubblicato. Vi invito a leggere i commenti a questo articolo perchè ne fanno parte integrante e rappresentano il diario di uso del primo mese di questo 58 mm in casa mia e passo alle conclusioni di questa esperienza. Conclusioni Nikkor 58/1.4G, Nikon Df, F2 Nikkor 58/1.4G, Nikon Df, F2.8 ai miei fini basterebbero queste due foto per completare il quadro. In studio tendo ad utilizzare il 60 mm F2.8G micro per le riprese intere e anche per i primi piani perchè decisamente più corretto e preciso del 50 mm. Quei dieci millimetri hanno sempre fatto la differenza. Però è un micro ed è valido solo ai diaframmi intermedi, diciamo da F8 a F11. Questo 58 mm mi permette il mezzo piano e il primo piano dei miei soggetti di elezione - le persone - ma ad un diaframma aperto e con uno sfuocato che il pur eccellente 60 micro non si sogna di esibire. Ad F1.4 il 58 mm è già validissimo, ad F2 mostra il suo carattere e ad F2.8 spicca il volo diventando addirittura brillante. Francamente non ho utilizzato i diaframmi più chiusi e non penso che ne farò uso se non in condizioni speciali. Insomma, come va ? PRO E' un obiettivo che si apprezza nell'uso, già al primo scatto. 58 è l'inverso di 85. Questo 58 mm è semplicemente un 85 più corto. Che di notte permetta di fare circolini di luce corretti e senza coma a me interessa come sapere che c'è vita a 177 parsec di distanza dalla Terra. Ma se avete la sensibilità di leggere le foto a corredo di questo test sapete di cosa sto parlando ... diversamente non ho il minimo interesse a convincervi di alcunchè. Non compratelo, non vi serve e non ve lo meritate CONTRO La costruzione, pur essendo decorosa non è all'altezza delle aspettative. Il fusto è inutilmente enorme, perchè dentro la struttura è molto simile a quella di un 50 mm F1.4 o F1.8. Probabilmente è voluto, da un lato per avere un aspetto simile a quello del 35/1.4G e renderlo ben differente dai più compatti 50 mm "cinesi", dall'altro per ragioni di marketing e giustificarne l'altro punto negativo che è, ovviamente, il prezzo principesco a cui è posto in vendita. CONSIGLIATO ? E' un obiettivo di nicchia, lo sconsiglio in generale e lo consiglio solo a chi ha il 58/1.2 Noct-Nikkor e necessita per certi casi anche dell'autofocus. Oppure a chi, come me, richiede espressamente quelle che sono le caratteristiche peculiari di questo obiettivo. Ed è disposto a pagarne il prezzo, sapendo che saranno pochi sulla terra a poterne parlare compiutamente perchè lo possiedono. Inutile paragonarlo al 55/1.4 Zeiss che ha altre prerogative e altri limiti, e con il prossimo ed eccezionale Sigma 50/1.4 ART non avrà nulla a che spartire ... nemmeno la focale. Questo Nikkor non è uno strumento di laboratorio, non è stato pensato per eccellere nelle misure strumentali, no. E' uno strumento artistico che porta umanità alle nostre foto. E il cielo sa se c'era bisogno in questa epoca dominata dalla tecnologia arida e priva di sentimento ... Grazie Nikon !
  9. Il nome Nikkor comparve nel 1932 e venne registrato come marchio di fabbrica. Questo nome deriva da quello di una regione del Giappone famosa per i templi e i santuari. L'area fa oggi parte di un parco nazionale che comprende anche la città di Nikko. I molti templi sono stati eretti tra l'VIII e i XIV secolo d.c. A Nikko venne aggiunta in fondo la lettera R tanto in voga all'epoca nella denominazione degli obiettivi tedeschi (Tessar, Unar, Elmar, Protar etc. etc.) per rendere il nome più pronunciabile. Comunque il marchio Nikko - già utilizzato in precedenza da Nikon e di fatto l'europeizzazione delle iniziali di Nippon Kogaku K.K. - continuò ad essere usato per le linee di binocoli e microscopi. Il primo obiettivo per fotocamera con il marchio Nikkor venne presentato il 18 marzo 1933 Un obiettivo medioformato per applicazioni aeree (ricognizione), marchiato Aero-NIKKOR. Il progetto di Heinrich Acht Aero-NIKKOR 50 cm F4.8 Quando venne fondata la Nikon (Nippon Kogaku KK), la maggior parte degli strumenti ottici di qualità superiore venivano importati dall'estero. La ragion d'essere di Nikon era creare strumenti ottici a livello nazionale. Tuttavia, mentre agli inizi dell'azienda Nikon aveva sviluppato un'eccellente tecnologia di produzione per i binocoli, i telemetri e i periscopi richiedevano una tecnologia molto più avanzata che l'azienda non disponeva all'epoca. Di conseguenza, molti dei suoi prodotti erano difettosi, al punto che ciò si ripercuoteva negativamente sulla gestione dell'azienda. Per superare questa situazione avversa, Nikon si rivolse a otto specialisti di ottica e ingegneria di precisione provenienti dalla Germania, che all'epoca si diceva fosse la numero uno al mondo. Dopo che gli ingegneri tedeschi si unirono all'azienda intorno al 1921, l'ingegneria dell'azienda iniziò a migliorare rapidamente. Uno degli ingegneri tedeschi, Heinrich Acht, progettò tutti i tipi di obiettivi, compresi quelli fotografici e quelli per microscopi. I dati di progettazione e il metodo di progettazione in stile tedesco lasciati da Acht divennero materiali di progettazione fondamentali per gli obiettivi fotografici che seguirono. Vista in sezione trasversale dell'Aero-NIKKOR 50 cm F4.8 Dopo il ritorno di Acht in Germania nel 1928, la progettazione e la produzione delle lenti continuarono sotto Kakuya Sunayama, direttore generale del dipartimento di progettazione delle lenti. Nello stesso anno, Sunayama iniziò a studiare obiettivi fotografici su larga scala per aerei dopo aver visitato l'Europa per osservare l'industria dell'ottica. Il suo rapporto sull'indagine era intitolato "La strategia ideale per Nippon Kogaku è realizzare un prototipo di obiettivo per la fotografia aerea come lo Zeiss f=50cm F4.8 Triplet", e si dice che abbia frugato nei negozi di obiettivi fotografici a Berlino fino a quando non ottenuto uno. L'obiettivo che Sunayama ha riportato in Giappone è stato utilizzato come riferimento per il progetto e da esso ha preso i dati del rilievo, lo ha smontato, misurato e testato l'assemblaggio, ispezionando attentamente l'obiettivo. La produzione dei prototipi iniziò quindi nel 1929 e si basavano su una versione leggermente rivista dei dati di progettazione ottica lasciati dall'ingegnere tedesco Acht. Tuttavia, l’astigmatismo era troppo ampio e i risultati erano insoddisfacenti. Dopo aver applicato alcuni ricalcoli fondamentali, fu prodotta la seconda fase di prototipi e intorno al 1930 fu realizzato un obiettivo vicino alle misurazioni di rilievo dell'obiettivo Zeiss. Inoltre, produzione del prototipo dell'Anytar tipo Tessor 50 cm F4,5, 12 cm F4. 5, così come gli obiettivi con lunghezza focale di 7,5 cm e 18 cm hanno avuto successo. Con queste prospettive per gli obiettivi fotografici si è deciso di farne una serie sistematica, e da ciò è nata la necessità di un nome unificante. Così è nato il marchio NIKKOR. richiesta ufficiale d'epoca per la registrazione del marchio Nikkor da parte di Nippon Kogaku I prodotti fabbricati per questa serie erano gli obiettivi fotografici generali di tipo Tessor NIKKOR da 7,5 cm, 10,5 cm, 12 cm e 18 cm; così come il tipo Triplet da 50 cm F4,8 e 70 cm F5 per la fotografia aerea. Gli obiettivi NIKKOR utilizzati per la fotografia aerea avevano il prefisso "Aero", riferito al cielo, e denominati "Aero-NIKKOR". I primi ordini arrivarono nel 1933 dall'aeronautica militare giapponese per l'obiettivo 70 cm F5 e per l'obiettivo NIKKOR 18 cm F4.5 per la fotografia aerea su piccola scala. Le lenti furono esposte anche all'esposizione tenutasi quell'anno e iniziò la vendita delle lenti. Poi, nel 1932, "NIKKOR", una combinazione di "NIKKO", l'abbreviazione di "Nippon Kogaku" e una "R" aggiunta alla fine, apparve come marchio di una linea di obiettivi fotografici. La vera storia degli obiettivi NIKKOR inizia, tuttavia, con l'“Aero-NIKKOR”, un obiettivo per fotografia aerea utilizzato per la creazione di mappe e fornito ai militari. Un obiettivo estremamente preciso è essenziale per creare mappe accurate e dettagliate. Per soddisfare questa richiesta, le prime lenti furono tutte realizzate a mano. Il risultato fu il lancio dell'Aero-NIKKOR 18 cm f/4.5 (1933), del 7.5 cm f/3.5 (1937) e del 10 cm f/5.6 (1939). Da questo inizio storico, NIKKOR ha continuato ad espandersi verso l'uso consumer e industriale, fino a diventare il marchio che conosciamo. *** Il periodo tra le due guerre fu caratterizzato da eventi di natura sia politica che naturale. Le due conferenze di Washington sulla limitazione del materiale d'armamento, cui il Giappone venne "costretto" ad adeguarsi fino al completo distacco dall'alleanza (nella Grande Guerra il Giappone era a fianco dell'Inghilterra contro la Germania) ma soprattutto il grande terremoto che colpì la regione di Kanto nel 1923 con centinaia di migliaia di morti. Ma il centro sperimentale ottico della Marina a Yokohama venne totalmente distrutto. Dipendenti ed incarichi vennero così passati a Nikon. La Marina fece costruire anche una seconda fornace da 500kg per Nikon. Ma tra le conseguenze della conferenza navale di Washington e la depressione causata dal terremoto del 1923, Nikon passò gli anni '20 in una situazione di semi-insolvenza, tenuta in vita solamente da piccole commesse navali. Nippon Kogaku era una impresa strategica e non si poteva lasciar fallire. A dispetto delle devastazioni del terremoto, la fabbrica di Ohi di Nikon non subì alcun danno e rimase chiusa solo per 17 giorni per mancanza di acqua e di elettricità. Nessuno dei dipendenti morì o fu ferito. Anzi, tutto il personale tecnico dell'arsenale navale venne trasferito ad Ohi così che si trovò per la prima volta concentrato nello stesso impianto. Nel 1923 ad Ohi lavoravano 900 addetti. Nel 1918 vennero effettuati i primi esperimenti per la messa a punto di una fonderia per il vetro ottico. Nel 1922 venne acquistata una smerigliatrice per vetro in Germania, in grado di molare le lenti sferiche. Nel 1923 la capacità di fusione per singolo versamento fu portata a 350 kilogrammi che nel 1927 arrivò a 500 chilogrammi di vetro ottico. Le prime fusioni venivano effettuate con una fornace a combustibile, solo negli anni '30 venne introdotto il forno elettrico, simile a quello per l'acciaio. Nel 1935 venne infine aggiunto un impianto di congelamento per raffreddare e forgiare il vetro appena fuso. Nonostante ciò, tra le due guerre Nikon acquistò con regolarità vetro ottico speciale tedesco sia da Zeiss che da Schott, entrambe di Jena. Ci furono anche contatti per formare una joint-venture con Zeiss, avversata dalla Germania. Durante una delle visite in Germania, il responsabile dello sviluppo di Nippon Kogaku - un ufficiale di marina - contattò alcuni tecnici Zeiss che per mancanza di lavoro, facevano letteralmente la fame. Li invitò a trasferirsi in Giappone con tutte le famiglie. Alcuni accettarono di buon grado, con un contratto a tempo determinato che venne prorogato fino al 1926. Dal 1921 collaborarono con Nippon Kogaku in questo impianto otto tecnici tedeschi : Heinrich Acht, ingegnere capo, responsabile di progetto, esperto di microscopi; Ernst Bernick, ingegnere meccanico; Hermann Dillmann, calcoli ottici; Max Lange, progetto lenti; Albert Ruppert, molatura e lucidatura prismi Adolf Sadtler, molatura e lucidatura lenti; Otto Stange, progettazione e disegno Kurt Weise, molatura e lucidatura lenti Acht rimase in Giappone fino al 1928, altri tecnici tedeschi si trattennero mentre alcuni tornarono in Germania nel 1926. I tedeschi - tutti tecnici anziani e veterani - misero tutta la loro esperienza per impiantare prodotti efficienti sugli standard europei, permettendo di raggiungere livelli qualitativi simili a quelli di Zeiss, Leitz e Schott. C'è un considerevole salto di qualità e di precisione tra tutti i prodotti giapponesi "autonomi", prima della guerra e dopo l'intervento dei tecnici tedeschi. Il telemetro da 4.5 metri di Fuji Lens del 1913 si rilevò molto impreciso, tanto da costringere l'ammiragliato a mandare due ufficiali navali in Inghilterra per studiare il design dei telemetri. Quelli costruiti da Nikon per le nuove navi da battaglia concepite dopo il 1930 invece si riveleranno di precisione pari a quelli tedeschi installati sulle Bismarck (Zeiss). Uno degli ultimi Aero-Nikkor prodotti, R-Aero-Nikkor 50 cm F5.6 #38352376, progettato per l'esercito nel 1944 sotto alle due viste dell'obiettivo, ci sono le stesse con il tappo anteriore e posteriore. Questo obiettivo consentiva riprese chiare anche da grande altitudine (oltre 10.000 metri di quota). La stessa fotocamera era costruita da Nikon (Aero-Camera per l'Esercito Imperiale Mod. I). Era a controllo elettrico con un telecomando da parte del copilota. Ne furono consegnate 600 pezzi. La fotocamera su cui era montato quell'ottica veniva usualmente installata sotto al muso di uno Mitsubishi Ki-46, aereo da ricognizione dell'Esercito Imperiale Giapponese, denominato DINAH dalle forze alleate. la versione III da ricognizione Hyakushiki Shitei in un modellino in scala 1/48 Tamiya sotto al ventre, in corrispondenza della postazione panoramica, c'era la fotocamera a rullo da da 18x24 cm. Gli altri obiettivi Aero-NIKKOR di cui si hanno notizia sono i seguenti : - 1932 : Aero-Nikkor 50cm F4.8 - 1932 : Aero-Nikkor 70cm F5 - 1933 : Aero-Nikkor 18cm F4.5 - 1937 : Aero-Nikkor 7.5cm F3.5 - 1939 : Aero-Nikkor 10cm F5.6 (grandangolo) - 1944 : R-Aero-Nikkor 50cm F5.6 formato 18x24 cm - 1944 : R-Aero-Nikkor 20cm F3.5 L'Aero-NIKKOR 20 cm F3.5 : e' quotato intorno ai 185 dollari. Questo é uno dei primissimi Nikkor consegnati, un 12cm F4.5, montato su una Pentax 6x7 tramite un Compur (apparecchio completamente funzionante ancora oggi !) : Più di un modello di questi Aero-Nikkor è conservato nel nuovo museo Nikon di Tokyo ma non è rarissimo trovarne qualcuno in giro per aste. *** Il marchio fu registrato nel 1932 ma come detto, i primi obiettivi Nikkor vennero consegnati a partire dal novembre 1933. che questo mese quindi festeggia i 90 anni di vita. 90 anni di storia, ognuno diverso. Fino all'ultimo obiettivo presentato (per ora), il Nikkor Z 135mm f/1.8 Plena.
  10. Ma la Nikon D780 ce l'ha il focus stacking ? [Ripresa con Cambio di Messa a Fuoco secondo la terminologia di Nikon Italia] Si, ce l'ha. E funziona particolarmente bene, perché si può impostare la fotocamera in modalità "silenziosa" in modo da evitare ogni vibrazione [specchio alzato, otturatore aperto]. Si tratta di una procedura automatica sviluppata all'inizio per la Nikon D850 e poi estesa alle macchina successive, compresa la Nikon D780 e quasi tutte le Nikon Z. In questa situazione, la D780 è un filo meglio di quanto può fare la D850, perché eredita molte delle sue funzionalità dalla Nikon Z6, dove sono state perfezionate. Ma procediamo passo-passo. Di che stiamo parlando ? Quando dobbiamo riprendere un oggetto esteso (ma il concetto si presta perfettamente anche ad un paesaggio, non solamente ad oggetti ben definiti : l'unico requisito fondamentale è che non ci siano parti in movimento ma tutto sia bene fermo) normalmente chiudiamo il diaframma quanto è necessario e facciamo uno scatto. Ma se vogliamo la massima profondità di campo, idealmente sufficiente ad avere proprio tutto a fuoco e il massimo dettaglio, allora uno scatto così può non essere sufficiente. questo è uno scatto fatto ad f/8, messa a fuoco intorno al tasto DISP. Tempo di scatto 0.62'', ISO 100. Come si può ben vedere se il piano di messa a fuoco ... è a fuoco, non lo sono ne le parti davanti ad esso, ne quelle di sfondo. Mentre la nostra amata Nikon Zf è solo parzialmente a fuoco. Insomma, questo scatto può andare bene per una ripresa "artistica" ma non per una che abbia la massima precisione e dettaglio. Per essere chiari, questo è il risultato a cui tendiamo idealmente : potremmo provare a chiudere ulteriormente il diaframma. Ma non sarebbe sufficiente. Ed andremmo pericolosamente a contatto con i noti fenomeni di diffrazione che, alle risoluzioni a cui lavoriamo, influirebbero negativamente sulla definizione dell'immagine, anziché aiutarla. Come risolvere il problema per arrivare alla fotografia che vogliamo ? Niente paura. Non è scienza aerospaziale, parliamo di cose che sono alla portata di tutti, ma proprio tutti i fotografi. La foto che vedete è stata realizzata con la Nikon D780, con il meno adatto dei Nikkor, il 58/1.4G. Il soggetto è illuminato ... dalla luce ambiente (sostanzialmente i LED del lampadario della stanza altre aggiunte. Ma naturalmente qui potremmo utilizzare ogni luce fissa o flash di cui disponiamo. Lasciamo ai singola la scelta. Considerate che per le foto di repertorio dei nostri articoli, noi andiamo in studio ed usiamo 4 flash da 600 W/s ognuno dotato di softbox ottagonale da 120 cm di diametro con nido d'ape). Il bilanciamento del bianco è stato premisurato per non avere inconvenienti poi. Ovviamente la D780 è su treppiedi - uno semplice, non ne serve uno da milionari - con una testa a sfera da 42mm. Ci viene incontro il software Il problema ce lo risolvono le tecniche multiscatto. Facendo una serie di scatti cambiando il punto di messa a fuoco, è possibile avere una sequenza di immagini che coprono l'intero campo visualizzato (e anche oltre, se è possibile). Ci sono programmi dedicati - ma è possibile farlo a mano anche con Photoshop - che elaborano automaticamente queste sequenze di scatti per estrarre da ognuna le zone di immagine più nitide e contrastate. Per creare una immagine risultate che sia il più possibile "perfetta" e con una profondità di campo senza soluzione di continuità ? Magia ? No, è alla portata di qualsiasi fotografo. Persino quelli privi di qualità fotografiche come siamo noi. Abbiamo parlato di sequenze di immagini. Nella preistoria, si facevano ad ... occhio. Ovvero si facevano gli scatti un pò dove l'occhio colpiva, tentando di avere una copertura più o meno completa dei dettagli del soggetto. Per poi andare nel software e magari ... scoprire che il dettaglio più importante, il punto nodale della foto, non era nitida. Dovendo ovviamente ricominciare tutto da capo. Ancora ad occhio ! Ma Nikon ci offre questa procedura automatica che abbiamo deciso di sfruttare con la nostra Nikon D780. nel menù ripresa, in fondo, troviamo la voce Ripresa con cambio messa a fuoco. Come vedete ci sono altre funzionalità automatizzate nella D780 (riprese intervallate, Ripresa time-lapse). Ma fate mente locale invece all'opzione Fotografia live view silenziosa. E' una prerogativa delle Nikon Z. Ma la Nikon D780 è l'unica reflex che ce l'ha ! L'ha ereditata dalla Z6. In questa modalità, la D780 non produce alcuna vibrazione. Tanto che non è necessario impostare particolari intervalli tra uno scatto ed un altro, anche quando si scatta a tempi lunghetti. entrando nella voce del menù, abbiamo una serie di opzioni. Sotto al tasto Avvia, che in sostanza attiva la procedura (è quello che premeremo per far partire la sequenza), ci sono varie opzioni. il numero di scatti da fare. Indica alla fotocamera quanti scatti dovrà effettuare Larghezza step di messa a fuoco. E' un parametro qualitativo che comunica alla fotocamera una quantità di scostamento di messa a fuoco progressiva tra uno scatto e un altro Blocco esposiz. primo fotogr. Segnala alla fotocamera di non variare l'esposizione tra i vari scatti, fermandola alla prima misurata nel primo scatto (sinceramente noi suggeriamo di scattare in manuale, in modo da avere una impostazione fissa. Idem per il bilanciamento del bianco. Meglio fisso o premisurato) Fotografia silenziosa. Se messo su ON, la D780 opera in otturatore elettronico. In silenzio e senza vibrazioni. Se messo su Off, viene utilizzato l'otturatore meccanico. Preferibile usare l'otturatore elettronico tranne i casi di illuminazione oscillante che crei bande di luce negli scatti Avvio cartella di memorizzazione (nelle successive opzioni è possibile indicare se la macchina deve creare una cartella apposita per ogni sequenza o se debba ripetere la numerazione per le varie sequenze) Tutto bellissimo se non ci fosse il dilemma di scegliere il numero di scatti e la larghezza dello step di messa a fuoco. Con l'esperienza si riescono a scegliere i numeri giusti. Ma non sempre. E la necessità di ripetere la sequenza cambiando i parametri è sempre dietro l'angolo. Diciamo che più sono gli scatti, più piccolo dovrebbe essere lo step. Ma detto così sembra una cosa a cui credere per fede ... un paio di scatti del semplice set impostato per questo articolo. Una tavola di truciolare nobilitato come piano. La D780 su treppiedi. Il cavo USB-C per la connessione al computer, in modo da evitare i dover togliere la scheda di memoria per prelevare gli scatti. Ma il cavo verrà utile anche per la seconda parte dell'articolo ... E andiamo agli scatti Con l'accortezza di mettere a fuoco ad occhi, davanti al soggetto, non sopra, un filo davanti. Andiamo al menù e premiamo Avvia il display si oscura. Passa un breve momento e poi partono gli scatti. Vediamo che la macchina lavora perché si accende e si spegne la spia di memorizzazione delle immagini sulla card. Ma la sequenza avviene in modo silenzioso. Ci vuole un pò di tempo perché abbiamo scelto un tempo di 2/3 di secondo. Ma dopo il tempo necessario la macchina si riavvia. Ovviamente durante questo tempo noi dobbiamo stare in religiosa attesa, senza fare né poter fare nulla di utile. Preleviamo gli scatti Potremmo prelevarli anche wireless con l'Utility Nikon Wireless Transmitter ma non ci sembra il caso di complicarci la vita. Abbiamo un cavo USB-C da 3 metri. La Nikon D780 viene vista dal nostro PC. come se fosse una qualsiasi periferica. Vediamo la scheda di memoria da 256 GB, una comune SD Lexar 1066x. navighiamo all'interno e vediamo la cartella di memorizzazione delle foto. e anche l'anteprima degli scatti. Li prendiamo e li trasferiamo in una cartella nel disco fisso del computer. Parte software Abbiamo scritto un tutorial sullo stacking via Photoshop. Ma non tutti hanno Photoshop, che è un programma costoso e complesso. Per fortuna ci sono sul mercato software dedicati allo stacking, estremamente più efficaci e semplici, oltre che velocissimi. Noi abbiamo adottato Helicon Focus, di una software house ucraina. è una app a pagamento, con la licenza rinnovabile di anno in anno, oppure valida per sempre. E' solo una questione di prezzo. il programma, appena avviato si presenta così : con l'invito a trascinare le immagini da elaborare nello spazio grigio non ci facciamo pregare troppo e con il mouse trasciniamo le nostre 11 immagini dentro al programma. Le vediamo in miniatura sulla destra, mentre nel riquadro principale abbiamo l'anteprima del primo scatto. Si vede già che è a fuoco la parte anteriore dell'obiettivo. Mentre il resto è sfuocato. il programma presenta svariati metodi di "montaggio" tra le opzioni. Approfondirle non è oggetto di questo articolo. Magari un'altra volta. Ma noi possiamo anche andare con le impostazioni dell'ultima volta. Basta premere il tasto Crea. Il programma mostrerà il progressivo processo di creazione della fusione di immagini con una animazione in bianco e nero che, al termine, mostrerà il risultato. possiamo salvare l'immagine sul disco fisso. Che poi apriamo con il nostro programma di editing preferito. In questo caso Photoshop. con la taglierina ritagliamo il soggetto in modo da eliminare parti dello scatto non pertinenti che abbiamo lasciato per avere più materiale su cui mettere a fuoco. e qui esaminiamo il risultato. Il soggetto è nitido ma la stessa cosa non possiamo dire dello sfondo. Non sarebbe un problema, ma esteticamente potremmo avere un miglior effetto con tutto a fuoco. Nella foto qui sopra, in verde ciò che ci piace, in rosso ciò che non ci piace. Dove é il problema ? Impostando una sequenza di 11 scatti siamo riusciti a coprire il soggetto ma non molto oltre. E questo non ci ha dato la profondità di campo infinita che volevamo realizzare. Per risolvere non avremmo altro modo che ripetere la sequenza con un numero di scatti maggiore. Quanti scatti ? Un numero maggiore ... a nostro piacimento. Forse sufficienti, forse ancora insufficienti. Forse troppi, un numero eccessivo. Così come continua a non convincerci quel numero che definisce lo Step che non abbiamo modo di parametrare. E' il limite della procedura Nikon. Comoda ma non ideale. Ma che comunque funziona bene e che, con un pò di esperienza vi assicuriamo che ognuno saprà trarne il meglio. Per fotografare, in modo che tutto sia a fuoco, oggetti e soggetti comunque grandi, impossibili da riprendere con profondità di campo infinita, con un unico scatto. Sperando di avervi incuriositi, vi rimandiamo alla prossima puntata per un metodo alternativo ed efficiente. Sempre con la D780 nelle vesti di regista e la Zf di modella.
  11. Dall'ultima guida dell'agosto 2019 non è successo moltissimo in campo reflex da parte di Nikon e, nella realtà, nemmeno altri marchi hanno mostrato particolare attività. Abbiamo una certa convinzione che il tempo delle reflex, almeno per quanto riguarda la proposta di nuovi modelli - corpi macchina e obiettivi - sia tramontata. Oggi tutti i produttori spingono tutta la ricerca sulle mirrorless. Per quanto riguarda Nikon, riteniamo che ancora oggi, sebbene ci siano 11 fotocamere a catalogo, sia per gli obiettivi e per l'autofocus a rilevazione di fase che va esplorata l'opportunità del passaggio. I Nikkor Z, sfruttano il tiraggio ridotto e la gola particolarmente larga per sfruttare schemi ottici avanzati a tutto vantaggio delle qualità ottiche. E anche sul piano dell'integrazione software-ottica sono stati fatti passi da gigante. Di fatto, nella maggior parte dei casi, difetti come la vignettatura e l'aberrazione cromatica sono cose del passato. Persino la distorsione viene controllata, qualche volta non senza compromessi importanti, e praticamente azzerata. In più abbiamo ottiche che per le reflex semplicemente non sono mai esistite, oppure su Nikon sono solo state un sogno. Crediamo che difficilmente si vedranno nuovi obiettivi Nikon F. Mentre tecnicamente è impossibile utilizzare gli obiettivi Z su Nikon F. *** Pur con queste premesse, è inutile girare attorno a quello che è il freno principale dell'eventuale passaggio : il costo complessivo. Praticamente - il discorso vale non solo per Nikon - è quasi come passare ad un altro marchio. Anche se sappiamo che qualcuno detesta i mirini elettronici, preferendo la più naturale visione del pentaprisma. Ma è probabile che questi siano la minoranza. Si deve scegliere il corpo giusto e poi contentarsi di adattare i propri obiettivi se sono compatibili. Per poi capire che solo con i Nikkor Z le Nikon Z danno il massimo ... per i soldi che sono costate. Per questo, quando un fotografo dispone già degli obiettivi adatti ai generi che pratica, é economicamente preferibile rimanere nel mondo reflex. Magari permettendosi qualche aggiunta sfiziosa che un tempo si poteva solo sognare. In questa guida, che vuole solo essere una rivisitazione della precedente, vorremmo solo puntualizzare quali siano le opportunità ma anche i limiti di una strategia del genere. Il limite principale è quello di rimanere e di rischiare di rimanere per sempre o molto a lungo (perché più va avanti il tempo, il mercato del materiale reflex si deprezza) con le reflex e i loro problemi. Che sostanzialmente sono legati all'autofocus : in particolare la concentrazione dei punti di messa a fuoco in centro e la necessità, spesso e volentieri, di dover registrare la messa a fuoco per compensare eventuali difetti di messa a fuoco dei singoli obiettivi. L'altro problema è l'invecchiamento del materiale, che necessita di manutenzione, registrazione di precisione (lo specchio, il sensore di messa a fuoco non sono eterni ed hanno tolleranze che con il tempo peggiorano e richiedono una messa a punto). Le reflex hanno dispositivi meccanici che le mirrorless hanno abbandonato (Z8 e Z9 non hanno più nemmeno l'otturatore). Quindi riparazioni, magari con ricambi che cominciano a scarseggiare o a mancare. E i costi inerenti. Che per le ammiraglie sono superiori di quelli delle altre macchine. Come lo sono per le automobili di lusso rispetto alle utilitarie. Resta il fatto che però, se uno ha un parco ottiche che lo soddisfa, si trovano molti corpi macchina, sia sul nuovo che sull'usato. Dall'epoca dell'ultima guida all'acquisto sono uscite due sole nuove reflex Nikon. La Nikon D6, che è una evoluzione estrema dell'ammiraglia dedicata allo sport e alla fotografia "senza compromessi". Il suo prezzo è improponibile (€ 7.500 euro nuova, oltre € 5.000 sul poco usato). E' una fotocamera bellissima, quasi perfetta - fatti salvi i limiti di messa a fuoco che già abbiamo detto - ma che ha venduto poco. Sinceramente la trascureremmo, puntando ad un usato sicuro e garantito di una Nikon D5. Se ne trovano intorno ai 3.000 euro. La Nikon D5 è una macchina estremamente capace, con il solo limite di avere una base ISO piazzata intorno ai 1600 ISO e di avere quindi una dinamica "addomesticata" alle sensibilità inferiori. La D5 è abbastanza recente da essere compatibile con memorie e batterie di produzione corrente. E i ricambi sono ampiamente disponibili. Le ammiraglie precedenti non ci sentiamo di raccomandarle. Oltre ad avere oramai una certa età sul groppone - e con un uso professionale potrebbero non essere belle come sembrano - i ricambi cominciano a scarseggiare e possono presentare la necessità di sostituire la batteria (una EN-EL18 costa 200 euro contro i 50 euro di una EN-EL15 compatibile con tutte le altre Nikon), l'otturatore, anche altre parti meccaniche tipo il pulsante di scatto e lo sportellino delle memorie, ed usare schede di memoria in via di estinzione (come Compact Flash oppure XQD di prima generazione). l'altra novità, e forse l'ultima reflex digitale Nikon della storia è un bell'esempio di ibridazione. La Nikon D780, in pratica l'erede della D750, incorpora molta tecnologia mirrorless derivata dalla Z6, a cominciare da processore e sensore. Il sensore è migliore di quello di tutte le altre reflex Nikon e a specchio alzato si comporta come una mirrorless, mettendo a fuoco con la rilevazione di fase direttamente sul sensore principale. E' ancora a listino. Purtroppo è molto costosa. E sull'usato è rara (circa € 1.500). Ma probabilmente sarà la più longeva tra le ultime reflex Nikon. Di tutte le altre reflex Nikon, ci sentiamo di caldeggiare solo la Nikon D850 e la D500. La Nikon D850, che è tra le migliori reflex di tutti i tempi, ha il solo limite di essere un pò scorbutica con la messa a fuoco (richiede la registrazione degli obiettivi non perfetti) e per esprimersi al massimo, pretende di utilizzare obiettivi di fascia altissima. Ovvero gli ultimi Nikkor F serie E e i Sigma Art e Sigma Sport. Si trova ancora nuova a prezzi scontati, oppure usata intorno ai 2.000 euro o poco di più. La Nikon D500 è più "di bocca buona" ma probabilmente oramai risente dell'età (2016). Ha il vantaggio di essere disponibile facilmente e a prezzi accessibili (appena sopra i 1000 euro). una buona alternativa alla D500 può essere la Nikon D7500. A noi è piaciuta, è ancora a listino sul nuovo, condivide il sensore con la D500 (e con Z50/Z30/Zfc). Costa meno di 1200 euro sul nuovo e intorno a 850 euro (anche meno) usata. Sarebbe la candidata ideale a sostituire le Nikon D3x00 o Nikon D5x00 ma anche D7000 e D7100. Ma attenzione, sia D500 che D7500, moltiplicheranno per 1.5x la focale dei vostri obiettivi. Tenetene conto ! I test approfonditi di tutte le reflex Nikon citate sono disponibili tra i nostri articoli : qui In tutti i casi raccomandiamo di acquistare usato con una garanzia valida ed effettivamente applicabile. Riparare queste macchine può essere impegnativo, costoso e l'accesso ai laboratori autorizzati qualche volta vincolato alla provenienza della macchina. *** OBIETTIVI DA REFLEX Qui c'è da divertirsi e passarsi ogni capriccio. Un pò é Nikon che sconta i prodotti in magazzino, ma più che altro é chi fa il passaggio a Nikon Z che vende a prezzi interessanti per finanziarsi i nuovi acquisti. Non è difficile oggi trovare un superteleobiettivo da 500 o 600mm a poco più di 5.000 euro. Sigma ha recentemente venduto a 4.000 euro il suo 500mm f/4 Sport, il prezzo corrente dell'usato ... Ma per chi li apprezza, si trovano a meno di 2000 euro i vari 200-400/4. Per non dimenticare i 70-200/2.8, 24-70/2.8 di tutte le serie, oltre a 14-24/2.8 etc. etc. e qualsiasi altra cosa un tempo abbiate desiderato e non vi siete potuti permettere. un Nikkor F 500mm f/4G, da nuovo ci volevano € 9.000, oggi si trova a poco più di 3.000, anche con garanzia di un anno. Anche qui, o soprattutto qui : attenzione alla garanzia. Alcune serie di obiettivi hanno motori SWM fragili che facilmente richiederanno la sostituzione. Operazione che può costare anche 1.000 euro pronta cassa. Su Nikonland ci sono articoli su oltre 100 differenti obiettivi : qui *** Ecco, questa guida voleva essere più che altro una carrellata di consigli per gli acquisti, dettata dal buon senso del "padre di famiglia". Ma ci possono essere centinaia di combinazioni differenti che cambiano in base a dove siete voi e a dove vorreste andare anche a fronte di una particolare "occasione". Nei commenti c'è lo spazio per affrontare ogni caso, se avrete la cortesia di esporcelo. Intanto ... buoni acquisti e buone foto con le vostre amate reflex !
  12. L'ultima guida all'acquisto di Nikonland risale al 2019 ed era incentrata su reflex ed obiettivi per reflex e solo una presenza marginale di materiale Z. Dopo si è aperta la nuova fase delle mirrorless che ancora si sta sviluppando. Riteniamo però che sia già sufficiente per scrivere una nuova guida che contempli, in questo articolo, una scelta ragionata dei corpi macchina, sono già 11 quelli sul mercato. Per poi dedicarci ad un approfondimento sugli obiettivi. Su Nikonland abbiamo avuto la fortuna di avere a disposizione (quasi) tutto ciò che Nikon ha presentato nel mondo Z. Vi invitiamo a leggere gli articoli e i test approfonditi (sono un centinaio) in questa sezione dell'area editoriale. *** Nikon Z, la scelta del corpo macchina. Potremmo anche sbrigarci in un attimo, indicando la Nikon Z8 come la macchina ideale per tutti. Ma non saremmo giusti, perché sebbene fantastica, la Z8 non è indispensabile a tutti. Dipende dalle esigenze effettive. Possiamo però fare un appunto introduttivo in linea generale. Possiamo considerare già obsolete le Nikon Z che non prevedono la porta USB-C come via di comunicazione e di ricarica della batteria. Insieme a quelle che non hanno il processore Expeed 7 (praticamente tutte, tranne Nikon Z9, Z8 e Zf). Ciò però non significa che chi possiede una di queste fotocamere e la usi con profitto debba smettere di usarla né che, a condizioni particolari di acquisto, un fotografo debba trascurare una buona opportunità. Purché sappia cosa sta acquistando in base a ciò che gli serve. Ultima osservazione di carattere generale. Se è vero che il corpo macchina è importante, è ancora più importante metabolizzare il concetto che Nikon Z significa principalmente quel nuovo bocchettone (il più ampio e quello col tiraggio più corto del mercato) su cui Nikon sta progettando i nuovi obiettivi. I veri protagonisti della nuova generazione, per cui le fotocamere rappresentano lo sfogo effettivo. Solo la combinazione Nikon Z + Nikkor Z consente la piena esplicitazione delle qualità offerte dalle nostre mirrorless. Piuttosto che usare una combinazione ibrida, tutto sommato una scelta di natura per lo più economica pensata "al risparmio", tanto vale restare con una splendida reflex come può essere la D850 o come è la D780, per tacere di D5 e D6. E stiamo nominando alcune tra le migliori reflex della storia. A cui purtroppo Nikon non sempre o solo limitatamente ha dato obiettivi degni di loro. Oggi siamo al contrario, con alcuni corpi macchina un pò claudicanti che trovano però supporto da obiettivi che, confrontati con i pari classe da reflex, risultano sempre vincenti e spesso superiori anche a quelli da reflex di categoria superiore. Quindi, si, il corpo macchina è importante ma le ottiche lo sono sempre di più. Infine, il progresso non si ferma. E lo sviluppo è continuo. Per il biennio 2024-2025 ci aspettiamo il lancio di nuove Nikon Z e l'uscita di nuove versione di firmware. In particolare : Nikon Z6 III, nuovo sensore, nuovo processore, prestazioni allo stato dell'arte del suo segmento Nikon Z50 II/Z70, nuovo sensore, nuovo processore, forse stabilizzatore integrato Nikon Z7 III, nuovo sensore, nuovo processore, nuove funzionalità Nikon Z9 II, nuovo processore, sensore aggiornato, prestazioni assolute insieme alle versioni di firmware 2.0 per la Z8 e 5.0 per la Z9 che aggiungano nuove funzionalità alle due macchine di punta. Bene, finita l'introduzione, andiamo al dettaglio. *** a sinistra la Nikon Z8, lanciata nel maggio del 2023, a destra la Nikon Z9, lanciata nell'ottobre 2021 Consideriamo Z9 e Z8 le eredi dirette delle premiate coppie Nikon F5 e Nikon F100 dell'era analogica o Nikon D3 e Nikon D700 dell'era digitale. Offrono il massimo delle performance odierne per Nikon che ha dimostrato di saperle tenere aggiornate anche a livello di sviluppo firmware. Le due macchine condividono buona parte dell'elettronica ed hanno prestazioni quasi coincidenti. Hanno lo stesso sensore, tanto veloce da essere per lo più in grado di azzerare gli effetti del rolling-shutter. Sono le uniche prive di otturatore meccanico, potendo sincronizzare il flash anche senza. Non avendo parti meccaniche, non subiscono usura all'otturatore né necessitano di una sua registrazione periodica. Al di là del differente prezzo, la Z9 va considerata nell'uso di obiettivi grossi ed impegnativi e in ambiti dove conta poter esprimere sempre il massimo del potenziale. La Z8 invece è più abbordabile, per prezzo, peso e volume, potendo funzionare tranquillamente anche senza battery-grip con un fattore di forma non così più impegnativo delle macchine di fascia inferiore. La Z8 paga alla Z9 una minore autonomia, un corpo meno capace di dissipare il calore generato da processore e sensore oltre a qualche dettaglio più o meno importante. L'ergonomia della Z9 è imbattibile. La Z8 è più discreta. La Z9 al momento ha nuove funzionalità aggiunte via firmware (scatto automatico, riconoscimento uccelli) che però ci è stato promesso verranno estese anche alla Z8 ad inizio 2024 (mentre alla Z9 verranno estese funzionalità della Z8 e della Zf che per ora non sono previste nella Z9). Abbiamo un articolo che le confronta dettagliatamente : Nikon Z8 o Nikon Z9 : quale scegliere ? Ma entrambe le macchine andrebbero scelte consapevolmente per lo più da fotografi che richiedano prestazioni, velocità, capacità video allo stato dell'arte, tenuta sul mercato. Hanno caratteristiche professionali che per chi fa foto ragionata in ambienti rilassati sono praticamente tutte superflue. La nostra Nikon Z9 ha accumulato in 18 mesi oltre un milione di scatti e sembra ancora nuova. Le Nikon Z8 passate per il laboratorio sommano circa 250.000 scatti e potrebbero stare in vetrina. Me sappiamo di Z9 e Z8 che in un anno non hanno fatto che poche migliaia di scatti. E alcune sono in vendita sull'usato con 500-600 scatti. Molti meno di quanti ne servano per testare la capacità di una nuova scheda di memoria. Entrambe necessitano di schede di memoria di livello per esprimere il loro potenziale. E fotografi non privi di immaginazione ma, soprattutto, di occasioni fotografiche, perché non passino il più del loro tempo, "sprecate" in vetrina. *** Non troppo a sorpresa, Nikon ha presentato poco più di un mese fa una Z che può essere considerata un ibrido, una sorta di laboratorio sperimentale. la Nikon Zf deve molto del suo appeal all'aspetto che sembra una replica moderna di una reflex a pellicola dei primissimi anni '80 del secolo scorso. Ma dentro quella scocca e sotto a quei quadranti, c'è il sensore della Nikon Z6/Z6 II che offre ancora buone potenzialità, con il processore di Z8 e Z9. Questo è responsabile di funzionalità e prestazioni insospettabili per una semplice fotocamera "vintage", tanto che come autofocus e raffica si mangia la Z6 II a colazione. E in un uso spensierato non fa troppo rimpiangere la Z8. Dove è cedente rispetto alla Z8 e alla Z9 è nel comparto memorie - adeguate alla macchina ma in una strana combinazione tra SD e microSD - e nella relativa vetustà del sensore, ottimo per capacità di dinamica e tenuta al rumore, ma lento nel readout (un ventesimo rispetto a Z8 e Z9) che ha obbligato Nikon a mantenere l'otturatore meccanico e che, se usata in modalità silenziosa, rende le immagini di soggetti in rapido movimento, sensibili agli artefatti indotti dal rolling shutter. La Zf nasce per dare le sensazioni d'uso di un tempo, però manca di ottiche dedicate con l'anello del diaframma funzionante. Ci sono solo due obiettivi - identici a quelli normali - che ne richiamano solo l'estetica. Ma in generale, oltre che bellissima e ottimamente costruita, ha ottime prestazioni e funzionalità anche sovrabbondanti per il fotografo tipo che la "dovrebbe" acquistare. Ne abbiamo parlato in anteprima qui : Nikon Zf : io sono leggenda ! *** Le tre fotocamere che abbiamo già trattato sono quelle più moderne e dotate dell'ultimo processore di immagini Nikon, il responsabile delle migliori prestazioni di autofocus, riconoscimento del soggetto, video evoluto, velocità di raffica. Le successive sono deficitarie in questi comparti e andrebbero considerate dai fotografi che effettivamente, per genere di fotografia praticata o per aspettative generali, non necessitino di quel genere di capacità. Pensando al formato DX, il 24x16mm, Nikon propone una linea di tre fotocamere che sostanzialmente ... sono la stessa macchina proposta in tre allestimenti differenti. Un pò come certe Volkswagen che si trovano negli autosaloni, marchiate anche Seat o Skoda (quando non anche Audi). le tre Nikon in formato DX condividono sensore, processore, batteria, differiscono per aspetto, ergonomia, porte di comunicazione, mirino Delle tre, sinceramente oggi non ci sentiamo più di consigliare la Nikon Z50, tranne che non venga offerta in kit con i due pregevoli zoom dedicati, ad un prezzo inferiore a quello di uno smartphone di fascia media. Pur avendo ancora buone capacità ed essere l'unica ad avere il flash incorporato, non ha la porta USB-C e anche alcuni aspetti a livello firmware sono stati trascurati. E' un pò come se Nikon si fosse dimenticata di lei per dedicarsi agli altri modelli. L'ultima DX proposta, già a metà dell'anno scorso, la Z30 invece, pur nell'assenza di mirino incorporato, presenta il miglior mix di capacità sia in ambito foto che video. E costa il giusto, oltre ad avere una ergonomia infinitamente superiore a quella della più "carina" Zfc che è la prima proposta Nikon di Z con aspetto vintage. Questa ha vinto tutti i concorsi di bellezza, sia nella versione nera che nero e silver e in tutte le possibili combinazioni di pelli colorate. Ma presa in mano a lungo provoca dolori. E come la Zf, manca di ottiche dedicate che consentano di evitare le ghiere del corpo macchina per cambiare il diaframma dell'obiettivo. Nessuna delle tre ha il nuovo autofocus con le librerie di riconoscimento oggetti, salvo il rilevamento dell'occhio di umani e animali (per lo più cani e gatti). Sono da considerare però la porta di ingresso nel mondo Nikon Z, avendo piena compatibilità con ogni obiettivo Nikkor Z. Costano il giusto, sono compatte e leggere. La Z30, in particolare, la più adatta per gite e scampagnate, da tenere in un tascone o in una borsetta minuscola anche quando dotata di un paio di obiettivi. Le ottiche, poche in formato dedicato, sono pregevoli, tutte di gran lunga adeguate alle necessità e superiori a quelle analoghe, offerte da Nikon per le reflex di questa categoria. Insomma, non sono seconde scelte ma vanno prese in considerazione avendo bene a mente cosa si cerca e cosa si ottiene nella scatola. Perché difficilmente potranno essere aggiornate se non con nuovi modelli. Di cui uno, pensiamo, uscirà nel 2024. *** Z6 e Z7 sono le prime Nikon Z presentate oramai 5 anni fa. Poi è arrivata la Z5, modello entry-level per le pieno formato e quindi sono state avvicendate Z6 e Z7 con modelli quasi identici salvo avere un doppio processore e la possibilità di montare un battery-grip con i pulsanti verticali (mentre Z6 e Z7 hanno solo un battery-pack senza comandi di controllo). Il sensore della Z6/Z6 II è originale ed ha buone caratteristiche ma è lento e soggetto a rolling-shutter quando usato in modalità silenziosa. Ha però ottime caratteristiche dinamiche e di tenuta al rumore. Diciamo che è forse il miglior sensore full-frame da 24 megapixel della sua categoria, pur con il limite della relativa lentezza. Il sensore della Z7/Z7 II è quello della Nikon D850 a cui è stata aggiunta la rilevazione di fase sulla matrice di microlenti sopra alla matrice di Bayer. La Z5 ha invece un sensore vecchio - quello della D750 che non ha ancora il dual-gain - ed è limitata in quasi tutte le sue prestazioni. E' nata per offrire un prezzo d'attacco aggressivo che però per noi dovrebbe stare ben al di sotto dei mille euro per essere attraente. Da evitare l'obiettivo in kit Nikkor Z 24-50mm, non perché abbia scarse prestazioni ma per la troppo ridotta escursione focale. la Nikon Z5 e in suoi due slot di memoria di tipo SD a destra, a confronto con la Z6 e il singolo slot XQD/CFexpress La domanda che nasce spontanea, dopo il cappello iniziale non può che essere : vale la pena di pensare ad una Z5-Z6-Z7 a fine 2023 ? In linea di massima ci permetteremmo di rispondere di no, non ci sembra il caso oggi. Se avete atteso fino ad ora, meglio attendere ancora qualche mese in più. Siamo certi che la Z6 verrà avvicendata nella seconda metà del 2024. Forse lo sarà anche la Z7. E le prossime macchine avranno prestazioni e potenzialità tali da renderle "quasi" soluzioni definitive. Ma nemmeno di fronte ad un usato sicuro o ad una offerta che non si può rifiutare ? Qui è d'obbligo il più sonoro dei dipende ! Dipende dalle esigenze del fotografo e se questo non avrà poi a pentirsene quando leggerà le specifiche della prossima generazione che metterà definitivamente fuori mercato la prima. Per fotografia "lenta", paesaggio, foto in studio, still-life, nulla che contempli l'azione, una qualsiasi di queste Nikon Z (e ci permettiamo di dire anche le macchine DX) va meglio delle corrispondenti reflex, specie se usate con gli obiettivi Nikkor Z. Oltre che naturalmente dal budget. Una Z6 a circa 1000 euro può essere un buon affare da tenere magari poi come secondo corpo e intanto allestire un bel corredo. La Z7 invece è sempre stata la Nikon Z con il peggior rapporto prezzo/prestazioni. Andrebbe scelta solo dall'estimatore di quel sensore ... Per la Z5 siamo ancora più scettici. Solo a prezzi molto marginali ma senza poi pentirsene. E la differenza tra Z6 e Z6 II e Z7 e Z7 II ? Non tali da stare troppo a pensarci. Le versioni II hanno aggiunto solo marginali capacità, soprattutto le due schede di memoria, un buffer maggiorato per la Z7, pochi altri dettagli oltre al battery-grip vero di cui abbiamo già detto. Nikon Z6 II e battery-grip per due Nikon EN-EL15b/c con comandi di scatto verticali Nikon Z5 e battery-pack semplice, senza comandi di scatto Salvo che non vi serva il video in formato 4K60p, quello lo offrono solo le versioni II (in full frame la Z7 II e in ritaglio DX la Z6 II). Ma è solo una questione di prezzi in fondo, con un budget ridotto da destinare anche agli obiettivi, allora meglio puntare su una Z6 di prima generazione "usato garantito" e spendere di più sulle ottiche, oppure risparmiare più soldi per la prossima Z6 III che temiamo andrà pericolosamente a sfiorare i 3.000 euro e cominciare a vendere tutto il materiale reflex che abbiamo ancora in casa prima che diventi difficile da "liquidare". State ragionando sul prossimo acquisto e avete ancora dubbi dopo le nostre considerazioni di questo articolo ? Chiedete nei commenti quanto vi rimane oscuro, chiarendo quale sia la vostra situazione attuale e le vostre aspettative. E noi faremo del tutto per aumentare la vostra indecisione confondendovi ancora di più le idee in modo persino più dettagliato !
  13. Non siamo soliti dedicare degli editoriali ai prodotti di altri marchi. Forse è capitato solo una volta in passato, con una Canon (se non ricordiamo male, la EOS R5). Se lo facciamo è perché riteniamo che la notizia valga un approfondimento dettagliato, perché il fatto probabilmente influenzerà il mercato complessivo e quindi, anche Nikon. Nei fatti, il nome del prodotto e l'assonanza con la Nikon Z9 lo dimostrano, è già successo con il lancio della α9 originale, oramai nel 2017. Quella macchina ha introdotto sul mercato il primo sensore stacked commerciale, aprendo le porte della fotografia silenziosa con otturatore elettronico in tutti campi in cui è vantaggiosa. Non ci possiamo nascondere che tutto lo sviluppo del sensore di Z8 e Z9 e delle ultime macchine Nikon ne sia stato influenzato. Saremmo disonesti. Con il modello III, Sony vuole ripetere l'operazione, introducendo per la prima volta un sensore dual-stacked di tipo global shutter. In un inciso ricorderemo le differenze tra sensori in modo da permettere a tutti di comprendere di che cosa stiamo parlando ma prima vorremmo delineare meglio le caratteristiche del nuovo prodotto. Che resta la macchina Sony dedicata specificatamente a sport e fotografia d'azione, non necessariamente l'ammiraglia, designata come α1 e dotata di altre caratteristiche (superiore risoluzione, sensibilità base più bassa, video 8k). il corpo macchina resta sostanzialmente simile. le schede di memoria sono una coppia di CFexpress di tipo A (quelle di formato più piccolo rispetto al modello di tipo B adottato dagli altri produttori, Nikon in testa) il display posteriore è di tipo completamente articolato il mirino è quello di fascia più alta adottato da Sony, il modello da 9.4 megadot, tarato a 120 Hz. Ma naturalmente gli elementi importanti della fotocamera sono quelli posti all'interno. il nuovo sensore stacked di tipo global shutter, la scheda madre con due processori separati. Il sensore mantiene una risoluzione appena superiore ai 24 megapixel (non sappiamo se l'effettiva risoluzione sarò di 6000x4000 pixel o qualcosa di più). E' costruito con tecnologia stacked, ovvero ha due strati, uno che contieni i fotodiodi incaricati di catturare la luce, uno con le memorie dedicate ad accogliere le informazioni del sensore. E' tarato con sensibilità base di 250 ISO mentre ha il punto di inversione dual base ISO a 2000. In questo non ci sarebbero particolari differenze con il nostro di Z9/Z8, salva la diversa risoluzione. Le nostre macchine sono tarate a 64 ISO di base mentre il dual gain interviene 3 stop sopra a 500 ISO (come esattamente tre stop separano 250 da 2000 ISO). Ma mentre il sensore della Z9 ha una capacità di lettura (velocità di readout) nell'intorno di 1/270'' (la precedente α9/α9 II si situa intorno ad 1/160''), la lettura del sensore della nuova Sony è "praticamente" istantanea. Questo apre le porte a due sostanziali novità. L'eliminazione pratica, sostanziale, della necessità di sincronizzazione flash ad una data velocità di scatto, l'eliminazione pratica, sostanziale, di blackout a mirino e di fenomeni di rolling shutter sia in foto che in video, in ogni circostanza. Con il non trascurabile corollario di rendere la macchina indenne anche dai fenomeni di banding indotti da fonti di illuminazione oscillanti a frequenze particolari (led e luci miste). Il marketing ha poi voluto strafare, dotando la macchina di una velocità di scatto fino ad 1/80.000'' e 120 scatti al secondo. Ma Sony ci ha abituati a dover leggere bene le note a pié di pagina che spesso sono ancora più lunghe delle specifiche effettive. In raffica il tempo di scatto minimo pratico è di 1/16000'' (la Z9 ha un minimo di 1/32000'') e la raffica a 120 fps è limitata a 1.6 secondi, compreso il secondo di eventuale prescatto. In quanto il sistema non ha la velocità necessaria per andare oltre i 6 GB/s necessari (le foto vengono immagazzinate nel buffer, che ipotizziamo sia di circa 8 GB e poi versate nelle memorie). La macchina, come vedete, ha il tradizionale corpo compatto di Sony. Ma ipotizziamo che le necessità energetiche del complesso siano tali da rendere razionale l'acquisto del battery-grip che utilizza due batterie in serie come se fosse una sola con un piccolo vantaggio di autonomia rispetto a α9 e α1 che usano le stesse batterie. Il prezzo annunciato è di $ 5.999 cui aggiungere i $ 399 del battery pack (con IVA oltre € 7.300 a cui aggiungere la seconda o più batterie di riserva). Consegna da primavera 2024 Quindi in tempo per le Olimpiadi di Parigi. Al nuovo corpo, nel lancio, è stato associato un interessante nuovo obiettivo GM da 300mm f/2.8 che ha nel peso ridotto (meno di un chilo e mezzo) e nella compattezza le sue armi principali. Proposto al medesimo prezzo di $ 5.999 e consegna sempre da primavera 2024. Durante il lungo ed articolato evento di lancio, sono stati annunciati nuovi firmware che aggiungeranno funzionalità attese per α1 e α7s III. Mentre ci sono rumors che parlano di una nuova α attesa per gennaio 2024 (che possa essere la α7 V o la α7r VI non è dato saperlo per il momento). *** La notizia è notevole, inutile nasconderlo. La nuova fotocamera si pone come riferimento per i fotografi di sport e di azione (wildlife di movimento). E siamo sicuri avrà un seguito negli altri marchi. Di fatto Sony dimostra di essere riuscita ad ingegnerizzare su larga scala un sensore full-frame global-shutter in formato 36x24mm, su un prodotto commerciale. Perchè intendiamoci, questo tipo di sensore non è una novità. Solo che fino ad ora era limitato per costi e difficoltà di smaltimento del calore, a compiti di natura industriale (in impianti collegati alla rete elettrica fissa e dotati di alette di raffreddamento o ventole). Ed a formati ridotti. L'unico 36x24mm offerto sul mercato veniva circa $6.000 al pezzo per un ordine di 1000 pezzi. Ma Sony ha certamente dovuto cedere a più di un compromesso che scopriremo nella pratica solo quando la macchina sarà sul mercato e che già leggiamo dalle specifiche. L'aver limitato a 24 megapixel la risoluzione (mantenendo di fatto la radice precedente con i suoi 759 punti di messa a fuoco) che per se non è un male (anzi, in molti campi, un vantaggio), è il primo indice, quando Sony stessa veleggia a ben altre risoluzioni anche con il modello concorrente α1. L'altro è la base ISO di 250 che probabilmente determinerà una dinamica del sensore un pò particolare alle basse sensibilità. Ma anche questo non sarà un problema nel particolare campo di applicazione di questa fotocamera. Che certo non è indirizzata a tutti ma ad uno specifico sottoinsieme di fotografi. Per questo, di qui a dire, come già vediamo nelle decine di video Youtube di anteprime "informate" che stiamo vedendo sul web (con tanto di espressioni sbigottite ed esclamazioni da fine del mondo, necessarie ad imbrigliare gli algoritmi di ripartizione degli utili derivanti dalla pubblicità in base ai click) che è cambiato il mondo e che è stata inventata l'acqua calda, "il funerale dell'otturatore" etc., ce ne vuole. Canon e Nikon usciranno dal mercato a causa della α9 III ? Lo escludiamo. Non sono uscite con il lancio della α9 cui hanno risposto solo 5 anni dopo, figuriamoci adesso che sono ben attrezzate per difendersi. Canon EOS R3 e Nikon Z9 hanno un'ampia base di installato, funzionano bene ed hanno adesso un corredo di ottiche invidiabile. Non ci aspettiamo trasmigrazioni di massa, salvo da parte dei soliti fotoamatori straricchi in possesso di tre corredi (per non saper né leggere né scrivere, meglio abbondare). Canon e Nikon imiteranno Sony con il global-shutter ? Da un paio di anni si dice che Canon stia lavorando alla vera ammiraglia EOS R, la R1 che si dice potrebbe avere un global shutter ma costare un botto di dollari. La vedremo probabilmente nei prossimi mesi. Il lancio celebrativo della Sony la anticipa probabilmente di qualche mese, anche se la effettiva disponibilità del prodotto si avrà in primavera. Nikon per il momento ha altre priorità (Z6 III e Z50 II/Z70 sono ben più strategiche di una Z9 II). La Z9 è ancora in fase di maturazione e vedremo un bel firmware 5.0 nel prossimo anno. Mentre la Z8 ha più spazio di mercato della Z9 e della Sony α9 III per un semplice motivo di costo al dettaglio. In futuro si vedrà. A noi sembra che Nikon stia cercando di avere un'offerta a prezzi sostenibili. Se il global-shutter sarà, nei prossimi anni, disponibile a prezzi concorrenziali rispetto ad un più economico rolling-shutter sempre stacked, potrebbe spostare la produzione di Z9 e Z8 su quel versante. Oppure aggiungere una nuova ammiraglia di bandiera e chiamarla magari Z1. Ma è anche possibile che lo sviluppo dei sensori stacked si diffonda a prezzi ancora più concorrenziali su più modelli (la Z6 III con uno stacked non ci sorprenderebbe così tanto a questo punto. Ma non abbiamo alcuna conferma la riguardo). E potrebbe anche raggiungere velocità operative tali da rendere non pratica la soluzione global-shutter, permettendo di scegliere di volta in volta la tecnologia più appropriata in base al progetto e al modello da sviluppare. Di certo, con i due processori dedicati e una potenza che viene indicata come 8 volte superiore a quella della Sony α9 II, la III spinge su questo versante. E non ci sorprende, vista la necessità di calcolo necessaria per elaborare tutta quella massa di dati e intanto non perdere di vista il soggetto. Anzi, seguirlo come non mai. slide promozionale Sony che identifica i due processori dedicati, di cui si occupa di tecniche AI asservite alla messa a fuoco automatica Per questo riteniamo che Nikon debba più che altro aumentare la potenza disponibile nei suoi Expeed nei prossimi modelli. Scegliendo con giudizio, pensando alle tasche dei suoi clienti, le soluzioni da mettere in campo. Quindi in conclusione : grazie Sony per mantenere vivo il mercato e fare da apripista. Noi attendiamo pazienti le scelte di Nikon. Siamo sicuri che gli ingegneri di tutti i marchi (che hanno studiato nelle stesse università con gli stessi professori) si parlino molto più amabilmente delle tifoserie di Milan e PSG. *** Sensore global-shutter e sensore rolling-shutter. In funzionamento silenzioso (e quindi in otturatore assente o simulato in elettronico), i sensori moderni di tipo CMOS simulano il funzionamento degli otturatori meccanici. In pratica al di sopra di una certa velocità di scatto, creano un meccanismo di lettura delle informazioni localizzate, a strisce per righe, con un movimento invisibile che crea un effetto simile a quello delle due tendine meccaniche di un tradizionale otturatore a tendine. Quello delle vecchie reflex, per intenderci. Nella Z9/Z8, la lettura avviene per strisce di 12 pixel. I dati vengono letti ed immagazzinati. A lettura completata, le informazioni vengono prelevate dal processore per le ulteriori elaborazioni. Questa operazione avviene fino a 120 volte al secondo, la raffica più veloce che può eseguire la Z9 (con risoluzione ridotta) o fino a 30 volte al secondo a risoluzione piena. Ne abbiamo parlato in questo articolo in attesa dell'uscita della Z9 (qui) animazione che idealizza il funzionamento delle due tendine (siano essere meccaniche o simulate elettronicamente) E dove sta il problema di questa pratica ? Sta nel fatto che pur veloce ai nostri occhi, 1/250'' è anche il ritardo che ci può essere nella ripresa di un soggetto in movimento, tra la lettura della prima strisciolina e l'ultima. Per ogni fotogramma scattato. Un soggetto in rapido movimento o che ha parti in rapido movimento (classico la pala dell'elica di un velivolo o le ali di un uccello che si invola oppure le ruote di un'auto), verrà quindi ripreso con un grado di deformazioni (artefatti) proporzionale al movimento relativo delle sue parti, rispetto al movimento relativo di lettura del sensore. Ma perchè la lettura del sensore non avviene in una unica passata ? Perché ogni dispositivo elettronico ha quella che si definisce banda passante, ovvero una quantità pratica e definita (o finita) di dati che possono essere trasmessi per unità di tempo. Questo per limitare l'emissione di radiazioni, quindi di calore e di rumore indotto. Più è elevata la banda passante, maggiore è la frequenza a cui può funzionare il dispositivo (ci perdoneranno i tecnici del settore per queste semplificazioni utili per farci comprendere da una platea non necessariamente specializzata). Un sensore ad elevata velocità di readout può funzionare praticamente senza richiedere questo escamotage. Ma costa molto produrlo ed induce altri problemi da gestire. animazione che esemplifica la differenza di funzionamento tra rolling shutter e global shutter : per righe a scansione progressiva, rolling, istantanea, global Nella lettura a global shutter, tutti i dati vengono letti istantaneamente e depositati nella memoria sottostante da cui il processore li può prelevare. La quantità di dati trasferita è tale che l'operazione non può essere indolore in termini di impatto termico e di consumo energetico. E' quanto vedevamo a suo tempo con i sensori di tipo CCD. Il sensore della Nikon D1 era di fatto letto a global shutter solo che il fotografo non se ne accorgeva. Salvo per il fatto che il flash poteva venir sincronizzato ad 1/500'' e il tempo minimo era già di 1/16000''. Come vedete sono tutte grandezze che si ripetono. Ma lo sviluppo va avanti e quanto era non praticabile industrialmente qualche anno fa, può diventare improvvisamente economicamente sostenibile se questo da un vantaggio competitivo sui concorrenti. Ma in fondo non è scienza aerospaziale, è tutta tecnologia disponibile sul mercato. E se l'ha ottenuta Sony, con i suoi tempi e se necessario, potrà averla anche Nikon.
  14. Massimo Vignoli

    Serengeti

    Ovvero la pianura sconfinata, il mare d’erba. Z9 su 100-400@100 1/640 f5.6 ISO 100 È qui che, ad inizio aprile di quest’anno, ho il mio primo contatto con l’Africa degli animali: un safari, in Tanzania! L’occasione è un “safari di Memy”, l’amico che, ormai molti anni fa, aveva organizzato il mio primo viaggio fotografico in Finlandia. Un segno del destino? Credo di si, il motivo lo capirete anche voi proseguendo nella lettura. Z9 su 100-400@400 1/1000 f11 ISO 450 Un’esperienza molto profonda, per scriverne ho dovuto aspettare alcuni mesi per metabolizzarla. I ricordi a cui tengo di più sono la sensazione di spazi sconfinati, senza costruzioni a 360°, e la quantità di animali che abbiamo avuto intorno a noi. Due cose davvero incredibili e difficili da descrivere. Che mi hanno così stupito da… quasi non avere fotografato! Davvero, tornato a casa mi sono accorto di non avere che pochi scatti capace di raccontare decentemente queste due cose, finendo per fotografare l’individuo e non il branco, la situazione e non il contesto. Questo anche perché, venendo meno ad una delle mie più consolidate convinzioni, non ho portato con me il laptop e quindi me ne sono accorto solo a casa. Z9 su 600/4 1/800 f5.6 ISO 64 Ma ce n’è un altro che mi ha impressionato in modo indelebile: i grandi predatori. Lo sguardo di un leone o di leopardo è una cosa molto difficile da dimenticare. Così come il loro ruggito, specie se vi capita di sentirlo, vicino, nella notte. Z9 su 600/4@840 1/1000 f5.6 ISO 1250 Z9 su 600/4 1/1000 f4 ISO 180 Ma non sono solo loro, una notte uscendo dalla tenda per un bisogno fisiologico ho illuminato con la pila, a pochi metri, una iena. Ci siamo guardati per un tempo che mi è sembrato infinito, poi, con indolenza, si è allontanata. Sembrava dirmi “sei a casa mia, la notte non è per te”. Messaggio che ho capito con più chiarezza qualche giorno dopo, quando ne ho vista e sentita una mangiare una giovane gazzella predata da un ghepardo. Si, sentita. La iena ha una delle dentature più forti in natura e sgranocchiava le ossa delle zampe di quella povera gazzella come noi facciamo con i grissini. Ma la la forza è nulla senza controllo, lo so sembra una battuta che scimmiotta la pubblicità. Ma... Z9 su 100-400@190 1/640 f5.6 ISO 5600 Come può la stessa specie avere questa differenza di... sguardo e fine?!? Z9 su 600/4@840 1/1000 f5.6 ISO 220 Z9 su 100-400@400 1/125 f8 ISO 400 Oppure guardando i ghepardi in caccia, le Ferrari della natura all’opera. Difficilissimo vedere una loro caccia in situazioni non controllate da abbastanza vicino da fotografarla. Corrono troppo veloci, oltre i 100km/ora che raggiungono in pochi secondi con una accelerazione pazzesca. Ma non è stato solo questo ad impressionarmi. Lo ha fatto di più vedere che se le prede scoprono l’avvicinamento del ghepardo, si allontanano…. ma non di molto. E si dimenticano di lui in pochissimo tempo, rimettendosi tranquillamente a mangiare. Così che il predatore ci possa riprovare! Insomma un equilibrio naturale sorprendente! Z9 su 600/4 1/1000 f4 ISO 72 Z9 su 600/4 1/1000 f6.3 ISO 220 A chi pensa che questa sia una scena triste, "povera gazzella", occorre ricordare che le probabilità di diventare adulto di un giovane ghepardo sono molto più basse. Già. Come sempre la Natura ha i suoi trucchi ed i suoi segreti. Difficile pensare che questo gattino possa, se la madre sarà una brava cacciatrice e la fortuna sarà dalla loro, diventare un grande predatore. Z9 su 100-400@400 1/500 f5.6 ISO 64 In questo viaggio è stata la prima volta che ho percepito, con questa chiarezza, quanto la civilizzazione dei luoghi dove viviamo ci abbia privato della consapevolezza di quello che dovrebbe essere la vita animale. Perché nei miei molti viaggi al nord, nelle mie molte giornate in montagna, ho sempre sentito la forza della natura nel suo insieme, il suo essere severa tanto quanto il nostro essere piccoli e deboli di fronte a Lei. Ma in Africa, nel Serengeti, attraverso la moltitudine di animali ed il loro comportamento, attraverso un ecosistema completo di prede e predatori, ho percepito la forza della vita. Incredibile come da noi non si capisca, ad esempio, che un lupo è una ricchezza! È difficile da spiegare e devo fare attenzione, non voglio girare questo articolo verso la “filosofia naturalistica”, è ora di tornare su un terreno più solido, meno introspettivo. Quindi la chiudo qui. Alcuni consigli sulla logistica: - Treppiede o monopiede non servono perché non si può scendere dall’auto, molto utile un bean bag. Occorre anche avere lenti che siamo capaci di utilizzare a mano libera. - Due corpi macchina sono utilissimi - direi indispensabili, perché cambiare lente è problematico per la polvere. Una cosa molto utile da avere è una sacca o un telo di cotone o nylon con la quale coprire l’attrezzatura durante i continui trasferimenti. Riporre tutto nello zaino è sconsigliato (è lento e finisce per riempire lo zaino di polvere e sabbia). - Portare un kit di pulizia per lenti e sensori, assolutamente indispensabili pompetta e pennellino. - Come lenti, su FX servono focali da 100 a 600mm, meglio se si ha qualcosa anche più corto e più lungo. In molti mi hanno detto “la lente ideale per l’Africa è il 400/2.8 o il 180-400, il 600/4 è lungo”. Ho troppa poca esperienza per essere assertivo ma con 100-400/4.5-5.6S su un corpo e 600/4TC S sull’altro mi sono trovato benissimo. Alla fine le fotografie che ho fatto sono divise sostanzialmente a metà tra le due lenti, qualcosina in più per il 600, che in 1/3 dei casi ho moltiplicato. - Se, come me, andrete in tenda pensate bene alle batterie considerando che la loro durata dipende molto più dal tempo di accensione/osservazione che dal numero di scatti. Io ho fatto campeggio libero le prime due notti, con assenza totale di energia elettrica, poi campeggiato in strutture attrezzate, ma con corrente elettrica disponibile solo nelle zone comuni, incustodite (3 prese per tutto il campeggio). Con 3 batterie per la Z9 ed un Power Bank con PD da 10.000mAh non sono mai stato in difficoltà, ricaricando qualcosa giorno per giorno dall' inverter della Jeep (che si usa a turno). Con le batterie piccole della Z8/Z7/Z6/… credo che il numero giusto nelle stesse condizioni sia 5-6. Z9 su 100-400@290 1/1250 f5.6 ISO 320 Z9 su 100-400@290 1/1000 f5.6 ISO 100 Z9 su 600/4 1/320 f16 ISO 450 In relazione alla fotografia, mi sento di dare questi consigli: - Cercate un’organizzazione che vi garantisca di stare fuori da subito dopo l’alba a subito prima del tramonto. Nelle ore centrali della giornata la luce è dura ma soprattutto l’aria diventa pessima per la fotografia. Io ho fatto un viaggio pensato per fotografare e tutto ruotava intorno a quello, pasti e soste compresi: è il modo che consiglio di più. - Parlate con il vostro driver e con gli altri passeggeri. Il driver cercherà di portavi più vicino possibile, cosa che non necessariamente è la migliore perché conduce ad immagini prese dall’alto verso il basso. Spesso è meglio stare un po’ più lontani ed usare focali più lunghe… Inoltre, di solito questo viene fatto senza tenere conto della direzione della luce che, inutile dirlo, è la cosa più importante di tutte. - Mentre inquadrate e fotografate fate molto attenzione a rami/erba/vegetazione: i fili fuori fuoco dietro o davanti al soggetto possono aggiungere ma spesso, in particolare davanti agli occhi, tolgono interesse alle immagini (e quindi parlate con il driver e con gli altri passeggeri per farlo spostare, spesso basta meno di un metro). - Cercate di stare più bassi possibile: anche nei safari vale la regola di fotografare all'altezza del soggetto che si fotografa. Quindi, evitate il più possibile il tetto della Jeep: si hanno invariabilmente punti di ripresa troppo alti. Fotografando da dentro, dai finestrini, si usa il Bean bag o a braccia stese fuori, verso il basso, inquadrando e componendo sullo schermo (e qui dire che l’AF con riconoscimento dell’occhio è utile è un eufemismo). - Quando l’aria/luce fa schifo godetevi la situazione, non c’è nulla di meglio da fare. Portando un binocolo risparmierete le batterie Ma quando la luce è questa... Z9 su 100-400@100 1/100 f8 ISO 64 Z9 su 600@840 1/250 f8 ISO 1100 Z9 su 100-400@400 1/1250 f5.6 ISO 2200 Il kit che avevo con me, e che è diventato un grande classico: - 2 Z9 (utilissimo avere le stesse batterie e prestazioni allineate tra i due corpi, non indispensabile che siano 2 corpi pro anche se le Z9…. - 24-120/4S (usato pochissimo, ma lo riporterei per fare foto che questa volta bovinamente non ho fatto) - 100-400/4.5-5.6S - 600/4TC S - 2TB di CFexpress (in 10 giorni e senza laptop le ho usate quasi tutte) - 1 batteria di scorta - 1 Power bank 10.000mAh - Kit di pulizia per lenti e sensore Il tutto in uno zaino Kiboko 30L+, che costa un occhio ma ha il miglior equilibrio tra protezione dell’attrezzatura e peso del mercato, ha dimensioni perfettamente nei limiti e… contiene il 600/4TC con il paraluce in modo perfetto. NB: non fate mai, MAI, viaggiare le lenti lunghe montate sui corpi!! Credo proprio che sul mercato non ci sia niente che raggiunga questa somma di prestazioni e usabilità. Chiudo con lui, arrivederci RE. Z9 su 100-400@210 1/800 f5.6 ISO 1600 Massimo Vignoli per Nikonland (c) 14/10/2023
  15. Ci è arrivato in visione uno dei primi esemplari di Nikkor Z 70-180/2.8 che abbiamo provato per una quindicina di giorni nelle circostanze più varie. Alcune decine di migliaia di scatti per formarci un'opinione diretta, al di la delle specifiche e dei "si dice" del web. Ma prima vediamolo insieme. la scatola non desta sorprese, è la classica in cartone colorato di nero e dorato. tutti gli esemplari di normale importazione hanno queste etichette sul lato della scatola. In particolare il codice EAN : diffidare di quelli che non le hanno, sono di importazione "alternativa". naturalmente poi ci deve essere il marchio che assicura la garanzia Nital di 4 anni oltre all'adesivo Nital vip. aprendo la scatola sporgono i manualetti multilingue. sotto al primo separatore bianco c'è una scatoletta in cartoncino che contiene il paraluce, confezionato a parte. che funge anche da fermo per l'obiettivo che è posto al di sotto, avvolto in un foglio di schiuma bianca l'obiettivo e il suo paraluce. Qui siamo nella posizione a 70mm. Come sappiamo questo zoom si allunga all'aumentare della focale, come evidenziato in questo montaggio : alla fine è poca cosa ma è bene saperlo. Nell'uso non si nota, non c'è una netta sensazione di spostamento del baricentro. l'obiettivo è fabbricato in Cina mentre il paraluce nelle Filippine. Sappiamo che Nikon non ha fabbriche nelle Filippine e ufficialmente ha dismesso anche quelle cinesi dopo la chiusura delle linee di Coolpix e Nikon 1. esteticamente l'obiettivo è del tutto omogeneo con la restante linea Nikkor Z. In particolare facciamo notare l'anello programmabile, con la sua finitura diamantata, la scritta Nikkor argento, le serigrafie in rilievo e il grosso punto bianco in corrispondenza con l'innesto dell'ottica sul corpo fotocamera. ancora più evidenti in questo dettaglio. lo zoom ha una posizione di blocco in corrispondenza dei 70mm che serve a non far allungare inavvertitamente l'obiettivo quando è a riposo. Ovviamente va sbloccato prima per poter cambiare la lunghezza focale. queste riprese non fanno risaltare con immediatezza quanto sia compatto questo obiettivo. Nella realtà è lungo quanto il Nikkor Z 105/2.8 S e giusto un paio di centimetri più lungo del Nikkor Z 24-120/4 S con il quale si accompagna bene in un eventuale kit da vacanza compatto e prestazionale (cui magari associare quando necessario un Nikkor Z 14-30/4 S). Per questo lo abbiamo fotografato vicino al Nikkor Z 70-200/2.8 S VR : a 70mm a 180mm. Sappiamo che il 70-200/2.8 S non modifica la sua lunghezza al variare della focale. Andando alle specifiche effettive, il peso è inferiore agli 800 grammi, il passo filtri è di 67mm, mette a fuoco a 27cm in posizione 70mm e a 85cm in posizione 180mm. Ha un motore elettrico passo-passo, è composto da 19 lenti in 14 gruppi di cui 5 in ED, una in Super ED e tre asferiche. Il diaframma è a 9 lamelle ed è lungo, a riposo, 151mm. il passo filtri da 67mm è coerente con una parte della linea di obiettivi Nikkor Z di secondo equipaggiamento, come ad esempio, il Nikkor Z 28-75/2.8 e il Nikkor Z 17-28/2.8 con cui compone un ottimo trio di ottiche luminose in grado di creare un intero corredo. La lente anteriore è trattata in modo da essere repellente e facilitare la pulizia. é ovviamente dotato di anelli a tenuta di polvere e umidità ed è anche compatibile con i teleconverter Nikon TC 1.4x e TC 2.0x con i quali mantiene il totale automatismo. lo schema ottico, piuttosto sofisticato, che però non integra il classico gruppo di stabilizzazione dei teleobiettivi. In effetti questo obiettivo conta sullo stabilizzatore integrato alla fotocamera per compensare le vibrazioni e i movimenti indotti dal fotografo. MTF sintetico, piuttosto lusinghiero che promette buone prestazioni al centro, specie alla focale più lunga. *** Esaurita la panoramica, due parole su aspetto e consistenza. E' una costruzione leggera ed economica ma non in termini dispregiativi, anzi, prima di sentire quanto sia leggero, ha in verità un aspetto premium, merito della finitura sobria ma ben disegnata dei Nikkor Z. La ghiera dello zoom è consistente e ruota bene soprattutto grazie alla sua corsa molto breve. Anche il block Lock è solido e rassicurante. E' buono anche il paraluce che all'interno ha una finitura zigrinata per assorbire meglio i riflessi. Sappiamo - è inutile girarci intorno - che le origini di questo obiettivo sono Tamron, la prima apparizione di questo 70-180/2.8 é proprio avvenuta con marchio Tamron per Sony alcuni anni orsono. Il suo lancio, considerando il mix di caratteristiche e di prestazioni unite ad un prezzo aggressivo hanno fatto a suo tempo scalpore, tanto da convincere in un certo qual modo Sony a riprogettare (e riprezzare) i suoi due 70-200/2.8 ed f/4 per distanziarlo. L'ingresso nel sistema Nikon è per noi quindi ragione di curiosità, visto che i due ecosistemi non sono simili. Nikon qui ha fatto del suo meglio - diciamo anche che ci è riuscita - per integrare il progetto Tamron nel sistema Z, tanto che risulta indistinguibile esteticamente dagli altri obiettivi. Ma anche funzionalmente dobbiamo sottolineare il "miracolo" di renderlo compatibile con i due teleconverter (il Tamron per Sony non li accetta, per quanto ci consta) ma soprattutto di omologarlo al mondo Z via firmware. A dispetto dell'elemento frontale compatto (solo 67mm di passo filtri) non c'è accenno di vignettatura, nemmeno ai diaframmi più aperti. Non si vede alcuna aberrazione cromatica, almeno ad occhio nudo e se c'è distorsione, sinceramente sarà a livello strumentale. In quanto alle prestazioni generali, l'autofocus non è un fulmine, diciamo che è in linea con quello del Nikkor Z 24-200mm ma è preciso. Però di questo ed altro ancora parlerà in un inciso il nostro tester. complessivamente noi esprimiamo un giudizio positivo con alcuni caveat che confermano, se ce ne fosse stato bisogno, che il Nikkor Z 70-200/2.8 S non deve temere nulla da questo lancio. Si tratta di due obiettivi concepiti per fotografi differenti che appartengono a due categorie di prodotti molto diverse. Qui l'abbiamo voluto riprendere montato sulla Nikon Z9 ma nella realtà si trova più a suo agio sulla Z8 o su una delle altre Z full-frame che sono quelle che possono accoppiare l'obiettivo con il loro stabilizzatore integrato sul sensore. Escluderemmo di usarlo con Z50/Z30/Zfc salvo che con tempi di scatti veramente veloci. L'assenza di aggancio del treppiedi (perfettamente intonato con la filosofia del progetto "compatto e leggero"), non ci pare che vada incontro alla capacità di messa a fuoco molto ravvicinata e al rapporto di ingrandimento favorevole. Salvo, appunto, scattare con tempi di sicurezza molto elevati e/o con l'ausilio di illuminazione sempre adeguata. Ma questo è un campo che abbiamo volutamente evitato di esplorare ritenendo questo obiettivo un oggetto più indicato per la fotografia generale, mai quella specialistica, per la quale, per fortuna, il corredo Nikkor Z, offre opportunità più adeguate. Se questo articolo vi è sembrato utile mettete un like. A voi non costa nulla ma per noi fa una grande differenza per capire quali siano gli argomenti che i lettori trovano più interessanti. Non abbiate timore ad aggiungere i vostri commenti
  16. La Namibia non è esattamente il primo paese che viene in mente pensando all’ Africa, moltissimi scelgono altre destinazioni più note (Kenia, Tanzania, Sud Africa,….). Io l’ho scelta perché, documentandomi, ho scoperto che è contemporaneamente ricca di cose interessanti da vedere e molto sicura, entrambi requisiti indispensabili per un viaggio di famiglia come sono state le mie vacanze agostane. Così sicura che ho fatto tutto in self-drive, guidando un 4x4 a noleggio per oltre 4.000Km effettivi di cui la maggior parte, direi i 3/4, su piste sterrate ma prevalentemente, nel pieno della stagione secca, in ottime condizioni. Per l’organizzazione mi sono appoggiato a HB Safaris, un tour operator con sede a Windhoek (la capitale della Namibia) ma gestito da italiani: Emiliano e Stefania. Qui il loro sito, che in verità è un po’ scarno ma non fatevi trarre in inganno: sono molto capaci e professionali ed hanno fatto un lavoro splendido. Con loro abbiamo pesato con attenzione cosa includere, cosa escludere e quanto tempo passare nelle diverse zone, definendo cosa fare giorno per giorno tra le varie opportunità disponibili e prenotando le attività per le quali un supporto è indispensabile (es. Il driver per le dune della skeleton coast o l'interprete-accompagnatore per il villaggio Himba). Un lavoro che ha portato ottimi risultati, devo dire che è stata proprio una vacanza fantastica a 360°, che loro hanno davvero reso facile, risolvendo anche i casini combinati dalla compagnia aerea (che ci ha fatto arrivare il giorno successivo rispetto al previsto, con necessità di "ripianificazione al volo" della prima notte). Mi hanno anche dato alcune utili "dritte" per il safari in Etosha, dove siamo stati 4 giorni, cercando gli animali da fotografare, cosa di grande soddisfazione e divertimento non solo per me ma anche per Anna e Margherita (NDR: Etosha non è una game reserve privata zeppa di animali, ma un parco nazionale di 22.000km quadrati. Per riferimento: il Parco del Gran Paradiso è 700km2, la Valle d'Aosta è 3.300km2). Il materiale fotografico. - 2 Z9 - 24-120/4 - 100-400/4.5-5.6 - 600/4TC - una batteria di scorta (mai usata). - 2 CFExpress da 512GB, una per corpo, ed 1 da 325GB in riserva (in realtà ho fatto molte meno foto del solito, complessivamente circa 6.000, avrei avuto bisogno di molto meno spazio).- materiale per la pulizia del sensore (pompetta, liquido e palette. Mai dovuti usare: la tendina protettiva della Z9 è impagabile!). Tutto dentro uno zaino Kiboko 30L+, che consente un uso ottimale delle dimensioni ammesse dalle compagnie aeree come bagagli a mano, un’ottima capacità di stivaggio ed un notevole confort nell’uso a pieno carico. Per la cronaca, conteneva anche un numero notevole di altre cose (kindle, cuffie, telefono, documenti, i blister dei medicinali che assumo, una maglia per la notte in aereo,…). Con i suoi 12kg eccedeva di 4 il peso ammesso dalla compagnia, ma l’ho gestita dando i due corpi a mia moglie al momento del check-in (il suo zainetto era decisamente entro la franchigia). Non avessi avuto questa opportunità avrei utilizzato, come al solito, una borsa porta PC (per la compagnia che ho usato, e pressoché per tutte quelle non discount, è ammesso, oltre ad un bagaglio a mano, un PC o un “personal item”). Ovviamente qui fanno premio due cose: - l’incredibile leggerezza del 600/4TC e del resto degli oggetti rispetto all’equivalente materiale dell’era DSRL. - la disponibilità di schedine molto capienti, performanti e sicure, tali da non rendere più necessario “svuotarle” giornalmente sul PC, che non ho portato anche per evitare la tentazione di “distrazioni serali” dal godermi la vacanza con la famiglia. Come dicevo il giro è stato molto vario così come le situazioni di ripresa, per luce e soggetti. Siamo in Nikonland, quindi iniziamo a parlare di tools. Il 24-120/4S è LO zoom transtandard, grandissima utilità e qualità. Perfettamente a suo agio nel fotografare i paesaggi, anche nel vento forte del deserto, nel fotografare le persone, purché si abbia adeguata sensibilità ed educazione nel proporre la fotografia invece di cercare di rubarla, e nel reportage. Letteralmente un pilastro del mio corredo, una delle lenti dalle quali faticherei di più a separarmi. E dire che i 24-xxx usciti tempo per tempo con bocchettone F li ho provati tutti non gradendone nessuno. § Il 100-400/4.5-5.6 è lo zoom per le fotografie di animali ambientate. Suonerà strano a chi ne ha letto i test su Nikonland, compreso il mio, ma era l’oggetto meno performante che avevo con me. Questo perché in termini di focali, maneggevolezza, stabilizzazione, nitidezza è eccellente. Ma nelle situazioni di scatto nelle quali l’ho usato le immagini hanno spesso risentito di uno sfocato nervoso, che è il suo punto di debolezza. Certo, tutto non si può avere ed un 100-400 meglio di questo sul mercato non c’è. Non di meno, lo sfocato del 70-200/2.8 o del 400/4.5 è di un’altra categoria e se devo dire cosa vorrei che Nikon tirasse fuori adesso è una miglior soluzione in questo range di focali (magari un 100-300/4?). E siamo al 600/4 TC VR S. La qualità delle fotografie che produce questo oggetto è stratosferica, sotto ogni profilo. Non c’è bisogno di guardare i dati di scatto per riconoscere quali immagini sono prodotte dalle sue lenti. Ma, visto il prezzo, sono considerazioni sicuramente attese. La sorpresa vera, a portarlo sul campo, è quanto sia facile da usare. Non è facile spiegarlo, questa opinione deriva da una grande quantità di dettagli che si toccano con mano nell’uso quotidiano. Provo a fare sintesi di quelli che più mi hanno conquistato: - TC integrato: dove c’è polvere e senza avere la lente su treppiede (e quindi mancando di una terza mano….) non è solo il modo velocissimo e silenzioso di cambiare focale, è l’unico modo di farlo! E senza avere apprezzabili penalizzazioni in qualità (e qui andrebbe fatto un discorso legato alla qualità dell’aria tra la lente ed il soggetto, che spesso porta a spasso gli youtubber). Davvero questo è sia un 600/4 che un 840/5.6. - Stabilizzazione: dominando la tecnica, il tempo di scatto necessario si determina davvero solo in base al movimento del soggetto. - Manegevolezza: ok, non vi voglio convincere che sia piccolo. Non lo è. Ma è perfettamente bilanciato e si usa benissimo sul beanbag appoggiato al finestrino, anche grazie al fatto che si può disattivare la ghiera di messa a fuoco. Si usa benissimo a mano libera, inquadrando attraverso il finestrino aperto dall’altra parte dell’auto. E viaggia bene in aereo, come nessun altro 600/4 Nikon (direi che vicino gli sta solo il 600/4 Sony…. Che però non ha il TC integrato). Per cui si, questo 600/4TC è a pieno titolo un altro dei pilastri del mio corredo. La Z9 è fantastica, ormai lo sappiamo tutti. Senza alcun dubbio è la migliore Nikon che io abbia mai usato, sotto ogni aspetto. In un viaggio del genere, considerata la molteplicità dei soggetti, ha distanziato la D5 (e la D6) nel mio gradimento ancora più del solito. Molti i motivi: Innanzi tutto la gamma dinamica del sensore, l’efficacia dell’autofocus, la silenziosità e la capacità di vedere a mirino come cade la luce. Ho apprezzato molto anche un ulteriore aspetto: le ricaricavo, a sere alterne, con il cavetto USB-C ed il “carichino” del telefono. In questo modo si risparmia ancora peso. Aggiungo anche che per prudenza ho portato il materiale per pulire il sensore ma non ho mai dovuto usarlo: la tendina a protezione del sensore è fantastica! Come d’uso, qualsiasi commento o domanda su viaggio, strumenti e... emozioni è molto gradito. Massimo per Nikonland (c) 17/9/2023
  17. Visto il - tiepido - interesse per i SW di sviluppo e per la fotografia notturna, inizio a pubblicare il primo articolo di una serie - quanto lunga lo decideranno i lettori - sull'uso pratico di Capture One 20 for nikon. Come molti di noi, utilizzo Lightroom dalla prima versione. Ma alcuni mesi fa mi sono stufato delle penose prestazioni e, complice l'uscita delle versione scontata dedicata al mondo Nikon, ho deciso di comprare e provare Capture One 20 for Nikon. Devo dire che l'impatto, nelle prime ore, è stato problematico: tutto era nel posto sbagliato o funzionava in modo diverso. Ma subito dopo ho iniziato a capire, anche grazie alla enorme quantità di informazioni presenti sul sito del produttore, come funziona questo SW ed ora sto... per mollare il mondo Adobe! Sempre come molti di noi, fotografo in RAW. Questo, per beneficiare di tutte le possibilità, presuppone il fatto di fotografare pensando al risultato finale che si basa su un file NEF che catturi tutti i dati. A dire senza clip di informazioni ne' nelle alte luci ne' nelle ombre. Dati che hanno poi evidentemente bisogno di essere regolati con le giuste dosi di luminosità e contrasto. Per questo io in ripresa utilizzo sempre il picture style Neutral, l'unico che rende possibile vedere un istogramma molto vicino a come sono i dati in realtà. Ma veniamo a noi, abbandoniamo la teoria e passiamo alla pratica: per giudicare un sw di sviluppo occorre capire cosa può fare e quanto è semplice farlo. Cioè quanto è semplice passare da questo: a questo: in circa 20' di "lavoro". Qui ho fatto pochi, semplici ed intuitivi passaggi. Usando i livelli, cosi come li vedete nell'apposita sezione del menù. Li riepilogo di seguito: 1) Regolazione complessiva, sul Background. Cioè associare un profilo - qui lo "standard" in modo da non chiudere le ombre, regolare il bilanciamento del bianco e la luminosità (agendo sull'esposizione, che funziona esattamente come quella della macchina fotografica e la luminosità, che agisce sui toni medi, lasciando cioè inalterate ombre ed alte luci). Per il WB mi sono affidato a molti tutorial, ma mi sembra convincente. Nonostante quello che ci spacciano nei film, il cielo di notte non è blu! Il profilo è "Standard" per evitare il troppo contrasto del "Landscape" od il troppo poco del "Neutral". Esposizione e luminosità? ad occhio! Già perché quelle dipendono da come si vuole rendere la scena. Ed intanto vedete una feature di COne: la visione "prima e dopo" della fotografia... E notate come piccole variazioni producano già un apprezzabile risultato. 2) Ma io sono un perfezionista, per cui, con il timbro clone, ho ridotto la luminosità del riflesso sull'acqua del faro della stazione della funivia. E' un dettaglio.... ma mi dava fastidio. Ridotto e non cancellato! 3) Allo stesso modo, ho tolto alcuni puntini rossi nella zona scura a sinistra..... hot pixel? boh, stavano male.... 4) Iniziamo a fare sul serio: regoliamo il contrasto. Il contrasto, per tutte le fotografie, insieme all'esposizione è la regolazione più importante. Nella fotografia notturna è un problema particolare perché il comando "standard", il contrasto appunto, non fa altro che, contemporaneamente, rendere più chiaro ciò che è chiaro e più scuro ciò che è scuro. Qui il risultato sarebbe miserabile: è tutto scuro. E allora? Allora 3 operazioni: - Contrasto sui mezzi toni con una robusta iniezione di clarity, che è appunto, sostanzialmente, contrasto sui mezzi toni; - Piccolo recupero di luce sulle ombre con un giochino sui livelli (3 in input e 5 in output) - Curve!!!!! Nella regolazione mi è scappata la mano ed ho esagerato. Nessuno problema: ho regolato l'opacità al 70%, riducendo l'effetto complessivo (numero a destra nella barra arancione). 5) Ci occupiamo ora di altre tre, minime ma fondamentali, regolazioni locali. La prima è dedicata alle rive del lago. Ripristinare cioè la visione dei massi nell'ombra che i miei occhi mi garantivano quella notte. Come? selezione della zona con il pennello.... .... poi luminosità, clarity, structure e lo stesso giochino sui livelli: 6) Ora, sempre con il pennello, salto la screenshoot perché la tecnica è la stessa, ci prediamo cura del Cervino. Solo un pochino, ma è uno dei protagonisti della serata: tiriamolo fuori dall' ombra! In realtà ho aiutato il pennello con il luma range, sfruttando il fatto che la montagna è molto diversa dal cielo che la circonda. Se interessa, parleremo molto ancora delle capacità di selezione locale di Cone: da sole valgono l'acquisto! anche qui ho un po' ecceduto nei valori e riportato il tutto "in controllo" riducendo l'opacità. 7) E per ultima la protagonista: la via lattea! La selezioniamo con la Gradient Mask radiale e aumentiamo un po' contrasto, saturazione e luminosità. 8) Alcune stelle sono veramente al limite per la stampa (255 su ogni canale), cosa che porterebbe a far trasparire il colore della carta: non buono! Ed allora selezione con le maschere di luminosità delle alte luci e piccola riduzione di esposizione e con i livelli. E quindi.... da qui: a qui: Cioé, da qui: a qui: Pochi minuti di lavoro, la stessa foto... migliore! p.s.: questo vale come informazione per tutti quelli che non sono convinti che la Z6 abbia un sensore straordinario o che il 20mm f1.8S sia il miglior 20mm della storia di Nikon! p.s.2: per economia di tempo e per evitare di far addormentare il lettore occasionale non ho proprio scritto tutto... ma risponderò ad ogni domanda! Massimo Vignoli per Nikonland (c) 31/8/2020
  18. Uno, due, tre, quattro..., sei, sette e mezzo! Obiettivi da 7,5mm pur se sul formato ridotto, non sono certo in tanti. Tra questi spicca, da poco anche in Z-mount, il TTartisan f/2 un fisheye rettilineare APS-C caratterizzato da un MTF incredibile, da uno schema articolato, con ben 5 elementi speciali, da un peso contenuto in soli 350grammi e, per non guastare il tutto, da un prezzo di vendita sconvolgente, inferiore ai 180 euro. Ovviamente MF, privo di qualsiasi contatto elettrico e dotato di una pdc tale da tenere a fuoco dalla minima maf di 12cm fino ad infinito, già dai diaframmi medi, tanto da rendere quasi inutilizzabile la massima apertura di f/2....se non ci fosse, in bundle all'obiettivo, anche un microscopico filtro ND1000 (mille, ossia -10 stop) in vetro, da avvitare alla lente posteriore, del diametro incredibile di soli 27,5mm... davvero inconsueto. Il tappo anteriore in metallo è invece scomodissimo, perchè ha due punti solamente di contatto, quelli dell'accenno di paraluce incorporato al fisheye: balla in continuazione e scappa al primo attrito. Consiglio di tenere in borsa l'obiettivo sempre col tappo anteriore in alto, per evitare fortuiti sfregamenti fra bordo in metallo e lente anteriore dell'obiettivo. 7,5mm equivalgono a 180° di angolo di campo proprio come quelli del mio 11/2,8 TTartisan in FX, che ho usato davvero poco negli ultimi tempi, ma che aveva colpito nel segno, anch'esso, due anni fa, al tempo della mia prova su strada Per non smentirmi, ho utlizzato anche il suo fratellino DX negli stessi ambiti dove allora avevo scattato le immagini del test: attratto più dagli ambiti ristretti, dentro i quali angoli di campo simili causano implosioni che caratterizzano gli scatti e ne determinano l'interesse all'acquisto. Ma non solamente effetto a tutti i costi: perchècon questi obiettivi, scegliendo con accuratezza punto di ripresa e contesto, ci si può permettere l'illusione della curva continua, proprio come dovremmo interpretare l'orizzonte conosciuto... il sole è ben difficile dissimularlo con superfici di vetro così estese ed omnicomprensive: allora tanto vale...interpretarlo con gli spicchi del diaframma a sette lamelle di questo fisheye, difetti da ghost inclusi oppure nasconderlo, facendo spostamenti anche solamente di pochi millimetri dell'angolo di ripresa... E la magnificenza dei mosaici in oro zecchino della cattedrale ortodossa di Palermo, la Chiesa della Martorana, ve li ricordate? gira la testa anche a me, mentre inquadro ruotandomi di 90 gradi sul soggetto nella volta nulla più che un fisheye può dare il senso del Tutto di simili meraviglie pur mantenendo in questo modo, anche ai diaframmi più aperti, un grado di nitidezza così elevato su tutto ciò che risulta inquadrato Cambiando contesto, ma non concetto: guardate pur compresso dal punto di ripresa, l'esterno della guglia del Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa, alta ben 74m ed invece al suo interno... l'appiattimento che ne deriva dalla proiezione angolare del fisheye e nel suo punto di massima ortogonalità...: impensabile...! quando, senza restare in bolla, si espande invece l'orizzonte della nostra altezza relativa (questo genere di obiettivi dovrebbe essere utilizzato da giocatori di basket) oppure esagerando...in una curava barocca continua... Saltando di palo in frasca, abbandonando gli eccessi architetturali e sconfinando in territori più congeniali, anche per testare colore e nitidezza... facendo appena un pò di attenzione alle linee cadenti... e neppure poi tanta... dove non ci siano riferimenti lineari, se non curvilinei, ecco che è il suo... e ho scoperto come il formato 16:9, tarpando il fotogramma, aiuti non poco a distrarre dall'...effetto speciale che questo genere di obiettivi ha nomea di essere Vogliamo aggiungere una luce ausiliaria a migliorare il rapporto luminoso di contrasto? Un piccolo Godox MF12 tenuto con la sinistra mentre la destra sorregge fotocamera ed obiettivo (a proposito, per scattare queste foto ho usato tutte e tre le Z DX, ossia Z30, Z50 e Zfc, in ordine di quantità di scatti) con il calabrone a pochi cm da me... Insomma continuerei ad oltranza con le foto che mi sono divertito a scattare, entrando nella scena, come queste che seguono, realizzate a Ballarò ma probabilmente a causa delle vibrazioni o di qualche urto subito nel viaggio che lo ha portato da me a Palermo, a questo bel fisheye gli si è allentata la baionetta Z e sono in attesa di portarlo ad un fotoriparatore per il serraggio che io non riesco a realizzare. Peccato, perchè così non ho ancora avuto modo di utilizzarlo col suo filtrino ND1000 che è di certo il valore aggiunto per un obiettivo del genere, con cui si fotografa prevalentemente in iperfocale, senza neppure spostare da infinito la ghiera di maf , con diaframmi da f/8 o più chiusi ancora. Mi riservo pertanto di integrare il test: che non può che essere globalmente positivo, fatta la tara ai difetti connaturati a questa categoria: Pregi: qualità: brillantezza, nitidezza, colori poca vignettatura per un obiettivo così luminoso compattezza e, pur essendo costruito tutto in metallo, il peso prezzo ottimo filtro ND1000 in omaggio...che devo ancora provare Difetti: tappo anteriore pessimo paraluce inesistente, sarebbe stata meglio una corona circolare flare e ghosts se utilizzato in maniera incauta ...mi si è smollata la baionetta ... Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022 il capone a tocchetti, impanato e fritto, è la morte sua...
  19. Il 2022 è per me un anno fotograficamente molto speciale, iniziato a febbraio con una grande avventura in Norvegia, in cerca dei Musk Ox al Dovrefjell NP. Ma è nei mesi successivi che si fa ancora più interessante quando, sbirciando i soliti siti, vedo che incredibilmente - di solito occorre prenotare con grandissimo anticipo, sono disponibili posti per un viaggio che sogno di fare da anni, in giugno 2022!!! Si tratta di andare alle isole Svalbard, territori di oltremare incorporati alla Norvegia, che, posizionate tra i 74 e gli 81° di latitudine nord, sono le terre abitate più a nord del pianeta Terra. Ad un passo dal polo nord! Lì è tutto coperto dai ghiacci per la maggior parte dell’anno e, anche dove in estate questi si sciolgono, la terra si scongela solo in superficie consentendo la crescita di nient’altro che piccola vegetazione - poca erba, muschi e licheni - nelle zone più riparate e soleggiate. Insomma, un ambiente veramente severo, anche in estate, che mi attrae in particolare per la presenza dell’Orso Polare. Vederlo, e auspicabilmente fotografarlo, è un sogno che ho da anni. E pur essendo le Svalbard abitate da altri bellissimi animali, se andiamo è proprio per lui. Plurale, perché è della partita anche il mio amico Alberto, guarda caso conosciuto diversi anni fa in Finlandia a fotografare orsi… Come avete visto dalla cartina, il viaggio è piuttosto lungo: da Malpensa via Francoforte ed Oslo si arriva a Longyearbyen. Ma non è finita, perché sostanzialmente è tutto un viaggio: da li proseguiremo su una piccola nave, appositamente attrezzata per queste spedizioni, la MS-Malmo, che è un guscio di noce di 37 mt di lunghezza e 8.8 mt di larghezza. Eccola in azione in una delle serate del nostro percorso insieme: Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/1000 f8 ISO320 La MS-Malmo è un vascello storico, costruito nel 1943 con la struttura rinforzata necessaria ad operare sul mare ghiacciato, che ha servito la Swedish National Maritime Administration come nave pilota e nella manutenzione dei fari. A fine servizio, nei primi anni 2000, è stata convertita in nave da spedizione ed è in grado di imbarcare 12 fotografi, 2 guide e 7 persone di equipaggio. Essere accompagnati da guide esperte è fondamentale, non solo perché nonostante si dica che qui ci siano più orsi polari che persone, incontrarli non è così semplice, ma anche perché gli animali sono protetti e la guida ha l’obbligo di rispettare, e far rispettare, rigide regole di comportamento. In questo viaggio, noi siamo particolarmente fortunati perché oltre a Svein Wik, il capo spedizione che da oltre 10 anni organizza questi viaggi, abbiamo Audun Rikardsen, che è professore di biologia marina all’università di Tromso e un fotografo piuttosto bravo ed affermato (ad esempio, nel 2015 ha vinto il Wildlife Photographer of the Year nella categoria portfolio). Compito delle guide è sia indicare al capitano dove portare la Malmo che guidare i gommoni. Ne abbiamo 2, che imbarcano ciascuno 6 fotografi ed una guida, da dove si fanno la maggior parte delle fotografie. Quindi tutto a mano libera! Giusto per farvi un’idea: Z6II su 100-400/4.5-5.6S@100mm 1/400 f8 ISO100 Anche sulla nave si va a mano libera: il motore fa vibrare notevolmente tutta la struttura e, compatibilmente con la capacità del fotografo di usare lenti lunghe in questo modo, è più semplice così. Z9 su 24-120/4S@24mm 1/320 f10 ISO200 Come il titolo di questo articolo lascia già intendere, la mia attrezzatura era - quasi - tutta Z: Z9 e Z6II 14-24/2.8S 24-120/4S 100-400/4.5-5.6S L’unica lente F il 500/4E, con il suo TC14EII. Sarebbe stato bellissimo avere nello zaino anche un fiammante 400/28S, ma le consegne di Nikon non avranno volumi adeguati ancora per molto tempo e non è stato minimamente possibile averne uno, chissà se per la prossima volta… Il materiale si è comportato benissimo e ho avuto modo di apprezzare l’utilità di alcuni elementi di design capaci di semplificare molto la vita del fotografo in viaggio, come la possibilità di caricare rapidamente le batterie attraverso il cavo standard USB-C e l’alimentatore del portatile, evitando di aggiungere al bagaglio 2 carica batterie. O la saracinesca a protezione del sensore della Z9, che con il vento che tirava ha fatto il proprio dovere in più di una occasione. O, sempre per la Z9, la grande semplicità ed efficacia nel passare al formato DX, con il quale ho fatto circa il 15% delle immagini. O la sua ergonomia.... insomma potrei andare avanti a descrivere cosa mi piace per un mucchio di tempo. Per dare qualche elemento quantitativo del materiale alla base di questa experience, in totale ho scattato quasi 20.000 immagini in poco meno di 2 settimane, di cui 3/4 con la Z9, che cercavo di avere, situazione per situazione, sulla lente principale nell'occasione. Ma senza farne una ossessione, vi assicuro che, con tutti i propri limiti, la Z6II non ha affatto sfigurato, anzi si è confermata essere un ottimo secondo corpo, migliore nell’operatività della D810 che accompagnava la D5 prima della mia transizione mirrorless. A ogni modo, l'evidenza del beneficio nella transizione credo sia chiara a tutti: la D5 era macchina ottimizzata per fotografare l'azione in bassa luce, mentre la Z9 sa fare tutto! In relazione alle lenti: la parte del leone l’hanno avuta il 500/4 (44%) ed il 100-400 (38%). Direi che questa, come attestato della qualità del 100-400, sia una informazione da valutare. Il resto lo ha fatto il 24-120 mentre il 14-24 è restato li ad aspettare il suo turno… che non è mai venuto. Ci fosse stata la giusta situazione, grazie a lui avrei potuto fare immagini stratosferiche, per cui nessun pentimento per averlo portato. Tornando alla fotografia, i primi scatti li facciamo prima di imbarcarci, su una piccola laguna vicino all’aeroporto. Servono ad acclimatarci e a smaltire un po’ di stress: il viaggio era partito subito in salita, con la perdita dei bagagli miei e di Alberto… fortunatamente ritrovati e recapitati dopo un giorno e mezzo. Cosa che, grazie alla prudenza di arrivare a Longyearbyen 2 giorni prima dell’imbarco, fortunatamente non avrà conseguenze. Z9 su 500/4E+TC14II@700mm in DX mode 1/1600 f5.6 ISO720 Z9 su 500/4E+TC14II@700mm 1/3200 f5.6 ISO800 Ma per i nostri standard, è già natura selvaggia praticamente già tra le case di Longyerabyen... Z9 su 500/4E@500mm 1/500 f5.6 ISO140 Z9 su 500/4E@500mm in DX mode 1/1600 f5.6 ISO320 ...anche perché l’area dove è possibile muoversi liberamente è decisamente ristretta e per uscirne occorre essere armati o accompagnati da una guida armata. l’Orso Polare è il più grande carnivoro terreste (un maschio è alto 2.5-3 mt, pesa 500-600kg) e non ha paura dell’uomo, anzi lo considera una preda possibile se non trova di meglio (nel senso che le foche sono più gustose di noi, ma la fame è brutta). Nel passato, anche recente, sono capitati numerosi incidenti, in apparente intensificazione anche nella zona cosiddetta sicura (nel 2020 un uomo di 38 anni è stato attaccato ed ucciso nel piccolo campeggio che è in paese). Uno dei tanti effetti del cambio climatico che qui si vede in modo ancora più chiaro che da noi. Ma, come dicevo, il motivo per cui siamo qui è raggiungere la natura più selvaggia ed auspicabilmente avere l’occasione di vedere e fotografare non solo l’orso polare ma anche altri animali iconici dell’Artico. Per farlo navigheremo un sacco, qui vedete la cartina con gli appunti di pugno di Svein, affissa in salone. Avrei potuto ricostruire tutto su Google maps grazie alle coordinate GPS registrate da Alberto e fare un file perfetto... ma sintetico. È stata una fantastica avventura! Spero che, attraverso questa istantanea, possiate percepire un po’ del fascino che hanno quegli appunti. Immaginate vederli crescere, giorno dopo giorno, fissando nella memoria situazioni ed emozioni che saranno per sempre con me. E che spero le mie fotografie siano almeno un po' in grado di evocare. C’è anche l’annotazione di dove ci siamo fermati con il motore in avaria. Credo che non dimenticherò mai il momento in cui il motore si è spento ed è suonato l’allarme. Ero in cuccetta a rivedere un po’ di foto, sono saltato giù e ho raggiunto tutti gli altri che si stavano radunando nel punto di raccolta, in salone. Il capitano ci ha riferito che, per un guasto alla pompa di raffreddamento, eravamo senza motore. Ci ha trasparentemente spiegato che non avevano il ricambio e che non potevano ancorare la Malmo perché lì l’oceano era troppo profondo. Ma che, ovviamente, avrebbero cercato di gestire la situazione al meglio. Non lo abbiamo visto per diverse ore, chiuso in sala macchine con l’ingegnere di bordo. Questo era l’ambiente in cui andavamo alla deriva: Z6II su 24-120/4@69mm 1/400 f8 ISO100 Poteva andare malissimo, ma fortunatamente non c’era vento forte o mare grosso e il fenomenale ingegnere di bordo è riuscito, cannibalizzando la pompa del circuito antincendio (!) a ripristinare il circuito di raffreddamento del motore. In caso di condizioni avverse e/o di impossibilità di riparazione, la via di uscita sarebbe stata quella di essere evacuati con elicottero militare, sul quale salire via verricello. Insomma non proprio una cosa piacevole, non solo perché avrebbe rappresentato la fine anticipata della vacanza (il rischio era concreto e le istruzioni, in quella eventualità, sarebbero state di lasciare tutto sulla MS-Malmo ed indossare le tute stagne). Abbiamo capito l’ultima notte e giorno di navigazione, dentro una tempesta con 20 m/s di vento e le onde che spazzavano il ponte, quanto nella sfiga fossimo stati fortunati che, al momento del guasto, il tempo fosse stato buono. Ma forse è solo perché non sono un marinaio. Il capitano quella tempesta l’ha definita “a day in the office for the crew, you have to be prepared to stand it”… ma il suo viso e quelli dell’equipaggio, che evidentemente la notte non l'avevano passata come me in cuccetta imbottito di xamamina, raccontavano una storia diversa. Ma parlavamo di paesaggi un po’ speciali, no? Z6II su 24-120/4@48mm 1/640 f8 ISO200 Z9 su 24-120/4@70mm 1/500 f8 ISO64 Z6II su 100-400/4.5-5.6@100mm 1/640 f11 ISO160 E questo è il primo orso polare che io abbia mai visto. Fotografato, grazie al sole di mezzanotte, alle 1:56:40 di mattina. Anche qui un ricordo emozionante. L'orso lo abbiamo visto per ora di cena, dormiva pacifico. Abbiamo fatto un giro, e lui continuava a dormire. Allora si è deciso di fare la stessa cosa.... una mezz'ora al massimo di sonno e poi "Polar bear... Polar bear... GET UP!". In 10' netti sono vestito ed attrezzato di tutto punto seduto nello zodiac. Ovviamente nel frattempo l'orso non si vede più e giriamo in gommone una mezz'ora buona per ritrovarlo. Ma eccolo! Z9 su 500/4E+TC14II@700mm 1/2000 f6.3 ISO1250 Uno splendido maschio. L’orso polare come nome scientifico ha Ursus maritimus. Indovinate perché? Z9 su 500/4E@500mm 1/2000 f5.6 ISO900 Z9 su 500/4E@500mm 1/2000 f5.6 ISO1000 Ma non è stato l’unico incontro, abbiamo visto un altro maschio e questa bella famigliola, impegnata a fare incetta di uova di edredone su un' isoletta - ovviamente raggiunta a nuoto - e poi a farsi un mucchio di coccole. Z9 su 500/4E@500mm 1/2000 f5.6 ISO1800 Ma come dicevo non ci sono solo orsi....Questa è l’emersione del più grande mammifero del pianeta, fotografato dallo Zodiac: una balenottera azzurra (33metri di lunghezza, 190 tonnellate di peso). È poco più piccola della Malmo. Impossibile avere un’idea precisa della sua enorme dimensione senza essere in posizione molto elevata. Ed un incontro piuttosto fortunato, visto che è la prima anche per Audun! Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/2000 f8 ISO400 Si naviga con condizioni di luce sempre mutevoli... Z6II su 24-120/4@49mm 1/800 f5.6 ISO100 E si fanno incontri (i più attenti vedranno che questa famigliola è anche nello scatto precedente, che di fatto è di pochi minuti prima). Z9 su 500/4ES@500mm 1/1000 f4 ISO100 A volte si scende a terra... Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/2000 f5.6 ISO320 Z6II su 24-120/4@120mm 1/400 f16 ISO900 Ma solo dopo aver verificato con cura l'assenza di orsi nei paraggi e sotto l'occhio vigile delle guide, che non si separano mai dal fucile e dai dispositivi per spaventarli - dover sparare ad un orso per salvarci la vita solo per aver fatto fotografie nel momento sbagliato sarebbe una tragedia che nessuno di noi vorrebbe vedere mai. Z9 su 500/4E@500mm 1/500 f4 ISO110 La Z9, consente di fare cose che mai avrei potuto fare con la D5. Prima ero sulla spiaggia, quindi era un po' più facile. Mentre qui sono sporto fuori bordo, sdraiato sul tubolare del gommone, e la Z9 con montato il 100-400 è a pelo d’acqua. Perché solo con la Z9? Impugnatura ergonomica e monitor basculante… Oltre al coraggio di abbassarla sull’acqua fino a quando le dita non la toccano (dritta di Audun e questo sarebbe un altro filone da trattare...)! Z9 su 100-400/4.5-5.6S@230mm 1/500 f8 ISO250 La varietà di soggetti e situazioni nelle quali ho usato con successo l'attrezzatura è lunghissima, impossibile sintetizzarla in un solo articolo: Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/1600 f5.6 ISO360 Z6II su 500/4E@500mm 1/3200 f4.5 ISO100 Z9 su 100-400/4.5-5.6S@290mm 1/160 f16 ISO200 Z9 su 500/4E@500mm 1/2000 f5.6 ISO1000 Z6II su 24-120/4S@70mm 1/320 f11 ISO160 Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/2000 f5.6 ISO500 Chiudo con una foto che, ancora, suscita in me una forte emozione. Lo so, quelle che la precedono sono più spettacolari, ma questa è la fine del mare navigabile e l’inizio della banchisa. Almeno dove era il 19/6/2022, 80° 00'N 015° 00'E off Moffen Island. Il punto più a nord che io abbia mai raggiunto, con il Polo a circa 1000Km da noi. Z9 su 24-120/4S@49mm 1/200 f11 ISO64 Ci siamo volontariamente incagliati qui un giorno intero, sperando che 3 lontanissimi orsi, appena visibili con il binocolo, in caccia di foche, si avvicinassero. Spesso capita addirittura di incocciare in qualche orso curioso che si avvicina moltissimo alla nave. Purtroppo non è successo. È l’unica cosa che avrei voluto avere in più da questo viaggio: vedere un orso in caccia sulla banchisa, ma alla fine è meglio così: ho un validissimo motivo per tornare! Questo probabilmente è l’articolo più lungo che io abbia mai scritto, è ormai tempo di bilanci. Dopo il 2021, quando vendendo le reflex avevo un po’ buttato il cuore oltre l’ostacolo, il 2022 lo ricorderò come l’anno della raggiunta maturità del mondo Z. Ho fotografato molto e fatto due spedizioni fotografiche decisamente impegnative, usando con grande profitto solo corpi Z, lenti Z e residuando con bocchettone F unicamente i miei 500mm. Senza dubbio, la Z9 è l’ammiraglia che aspettavamo. Occorre solo lasciarla correre come preferisce e non forzarla a fare la reflex senza specchio. Se lo farai, ti darà risultati fantastici e ti aiuterà a portare la tua fotografia oltre ai tuoi precedenti limiti. La Z6II ha ottime qualità, ma non è un'ammiraglia. Sfido chiunque a capire delle immagini fatte sopra cosa è scattato con quale corpo, senza guardare le mie note. Ha qualità di immagine da vendere. Solo corre molto meno della sorellona, ma non sempre serve correre. Il 24-120 è il tuttofare di qualità che risolve tutte le situazioni, un must have per chi fotografa come me. Paesaggi, reportage, animali: è buono per tutto. Il 100-400 ha una qualità eccellente, è semplicissimo da usare a mano libera ed ha un AF estremamente veloce. Il range di focale è enormemente comodo ma non fa rimpiangere minimamente zoom meno spinti come il 70-200. C’è solo una cosa che vorrei chiedere a Nikon: un supertele con cui sostituire il 500/4E e abbandonare l’FTZ. Nikon? Mi senti? Massimo Vignoli per Nikonland (c) 11/9/2022
  20. Preparandomi a partire per il mio primo safari in Africa, in un viaggio moooolto spartano, dove contrariamente alle mie abitudini non porterò il laptop, ho dovuto aumentare la capacità del mio parco CFExpress (finora limitato ad una eccellente Prograde Cobalt 325GB, una mediocre Lexar Gold 128GB ed un paio di XQD 64GB "residue" per emergenza). Dopo esame delle varie prove di Mauro e degli annunci di mercato, ho deciso, anche per aumentare la varietà dei marchi e tipologie sottoposte a test, di provare la nuova serie di Prograde Gold, disponibile nei tagli da 512GB, 1TB e 2TB. La scelta è stata sul taglio più "piccolo", perché per abito mentale preferisco avere più schede piccole che una molto grande (soprattuto se quella piccola contiene facilmente 10.000 file!). Insomma, queste: Il prezzo pagato è stato 180$, da B&H Photo Video (NY), perché dovevo fare altri acquisti di oggetti che là si trovano ad un prezzo molto migliore che da noi, dei quali vi racconterò a breve, ma è disponibile anche sull'italico Amazon a 228€. Solo fate attenzione che sia la seconda serie, le riconoscete dal modello che sostituiscono proprio per quella etichetta w 800MB/s. Secondo il sito del produttore, hanno significativamente innalzato la velocità garantita di scrittura minima, dichiarata in 800MB/s. Come vanno? Beh, impostando la mia Z9 sul NEF non compresso lossless e con raffica a 20fps ho alzato il dito dal tasto di scatto (10 test) dopo 300 fotogrammi, nessun segno di rallentamento: La schedina era perfettamente in grado di continuare. Il solito benchmark con BlackMagic dice questo: Le ho scelte per premiare Prograde per la soddisfazione che mi ha dato la Cobalt e perché sulle schede preferisco non prendere rischi, ed affidarmi ad un marchio noto per la qualità. La Cobalt è ancora più veloce, ma devo dire che se non l'avessi presa ora starei ben servito con tre o quattro di queste (2 corpi )... solo che tutta questa scelta lo scorso anno non c'era! Massimo per Nikonland (c) 27/2/2023.
  21. Per considerazioni generali sul nuovo Nikkor Z 400mm f/4.5 S vi rimando al mio unboxing del 18 luglio : qui ne parlo invece con due mesi di foto fatte in varie occasioni, potendo dare un giudizio più completo e pratico. In relazione all'oggetto in se il mio quartetto di voci, due tenori, un basso e un baritono. Mi ritengo particolarmente fortunato - toccando ferro - a disporre di questo geniale quartetto di ottiche compatte e leggere. Di fatto condividono la filosofia molto legata a quella delle mirrorless che vanno incontro alle esigenze di contenimento pesi ed ingombri richiesta dall'intero mercato. A parte il 500mm f/5.6 PF, che sfrutta la tecnologia Phase Fresnel, gli altri tre obiettivi sono abbastanza simili. Condividono buona parte dell'impostazione, hanno lo stesso piedino del treppiedi, differiscono di pochissimo nel peso e, come vedete, anche nell'altezza e nel diametro. Tanto che è facile confonderli se andate via di corsa. Io devo sempre leggere bene l'etichetta per essere certo di non sbagliare obiettivo. Ma è tanto bello poter scegliere in base al tempo, all'estro, alla giornata, allo scopo dell'uscita fotografica. Andando in particolare al nuovo Nikkor Z 400mm f/4.5 mi sento di fare alcune precisazioni, già anticipate in più occasioni ma che secondo me è utile ribadire. Ne ho discusso anche a voce con Max e ho tratto queste conclusioni. Questi obiettivi appartengono alla stessa categoria. Il 400mm f/4.5 va confrontato con il 100-400 e il 70-200, non con i supertele - sia Z che F - della fascia superiore. Tutto lo identifica come appartenente alla categoria media. la scatola il paraluce il collarino del treppiedi l'assenza di una sacca/borsa/astuccio tipici dei supertele (anche del 800/6.3 PF) la costruzione : robusta e professionale ma senza quei requisiti di resistenza a condizioni estreme e ad abusi in ambiente ostile che invece caratterizzano che so, un 400/2.8 o un 600/4, giusto per fare nomi e cognomi questo 400mm però si stacca per il design. Se vi ricordate, nei primi tempi delle mirrorless, specie dalla campana Sony, ci è stato raccontato che il disegno degli obiettivi wide e super-wide si sarebbe avvantaggiato principalmente dal tiraggio corto e dalla gola più larga del bocchettone. Bene, Nikon ci ha dimostrato con questo nuovo obiettivo - che sarà seguito, ne sono certo, da altri fratelli in futuro - quanto ciò sia vero solo in parte. Insomma, quando i progettisti Nikon hanno configurato lo Z Mount sapevano di poter trarre vantaggio anche nel disegno delle focali lunghe. Altrimenti non si spiegherebbe il miracolo di un 400mm che senza elementi a diffrazione, riesce ad essere così piccolo, leggero, compatto eppure così prestazionale. E senza i limiti degli obiettivi PF. Nel conto di questo progetto, però, ci sta una minore cura, un prodotto - sempre di fascia premium - ma decisamente situato più sotto dell'inarrivabile Nikkor Z 400mm f/2.8 TC. Non sto dicendo che questi obiettivi siano scarsi sul piano costruttivo, solo che a dispetto del prezzo di acquisto non proprio economico, restiamo nella gamma descritta dal 70-200/2.8 e 100-400. Oggetti eccellenti ma non costruiti come un 800/5.6. Smarcati questi due assunti, andiamo al sodo Si fa presto oggi a parlare di game changer, ovvero di oggetto che cambia le regole del gioco. Anzi, se ne abusa. Ma mai, fino ad ora, avevamo avuto a disposizione un 400mm ancora ben luminoso, così piccolo e leggero, da usare esclusivamente a mano libera, e allo stesso tempo così prestazionale. Questo per me, che pure posso scegliere, come avete visto, con cosa uscire ogni mattina, è qualche cosa che mi sta cambiando la vita. Specialmente quando dietro c'è attaccata la Nikon Z9. Avere la capacità di scaricare potenzialità fotografiche di questo livello, portandomi solo una borsetta leggera e per nulla ingombrante. Niente treppiedi, niente testa. Niente altro. Si, lo so, sono cose che ho già scritto a proposito del fantastico Nikkor F 500/5.6 PF quando è uscito quattro anni fa. Ma con questo 400mm Nikon si è superata. Perchè è un oggetto meglio bilanciato, ancora più facile da usare, pronto all'uso e meno impegnativo come focale. Con superiore luminosità massima. Potendo peraltro passare con un click in formato crop della Z9 all'equivalente - per angolo di campo soltanto - di un 600mm che nel video possono diventare anche 800 e più. E proprio nel video che l'ho trovato meraviglioso, capace di seguire il fuoco senza incertezza e senza rumori. Sempre in modo fluido e con una capacità di lettura anche del controluce, eccellente, senza interventi in postproduzione. Rispetto al 500/5.6 PF il silenzio è assoluto, anche per ciò che riguarda di stabilizzazione. Le prestazioni allineate ma con una prontezza superiore in termini di aggancio del soggetto. Rispetto al 70-200/2.8 S duplicato, non c'è confronto. Quella è una soluzione di ripiego da usare quando proprio si è rimasti con solo quell'obiettivo e basta. Mentre contro il 100-400/4.5-5.6 secondo me qui abbiamo prestazioni migliori in senso generale (specie di sfuocato), un miglior bilanciamento (il 400/4.5 non si allunga) e una pasta delle immagini di un gradino superiore. Il 100-400 ovviamente offre la variabilità della focale. Ma io spesso fotografo tutto il tempo a 400mm e non mi serve altro. Insomma, che altro dire ? Niente, non trovo difetti, tutto sommato nemmeno nella fattura da saldare a Nikon per averlo. Io ne sono innamorato e dubito che me ne priverò mai. Si sovrappone con altre soluzioni che già possiedo. Va bene, ma ogni violinista in casa ha più di un violino. Avete idea di quanto possa costare un bel violino ? E un pianoforte da concerto ? Informatevi ... Mi fermo qui per non diventare ulteriormente verboso. Propongo un montaggio di vari spezzoni di video in una giornata ventosa di luglio. Uno slideshow di immagini scattate in differenti occasioni. E qualche foto significativa. Specie l'ultima. 400mm.mp4 montaggio di più clip video 400slideshow.mp4 slideshow di alcune foto fatte in differenti occasioni Z9X_1272.MP4 mamma Ippo con figlio Ippo (Le Cornelle) Un falcone da caccia con il sole negli occhi. Sfondo liquefatto, senza accorgimenti particolari. e qui un animale meraviglioso, qui ritratto in ombra, ad alta sensibilità della Z9 Chiudo con un nikonista entusiasta di questo obiettivo e della mia Z9 ma eternamente indeciso nel fare il grande passo dalla reflex ... ... che quando si convincerà di passare finalmente agli strumenti giusti per quello che deve fare lui - come questo meraviglioso Nikkor Z 400mm f/4.5 - forse avrà già l'età per desiderare qualche cosa di ancora più leggero e compatto anche se solo "abbastanza buono" e non eccellente come questo (io certamente, per quell'epoca sarò costretto dagli acciacchi a sfogliare solamente le centinaia di migliaia di foto che scatterò in questi mesi con il mio 400mm)
  22. Si fa presto a dire il re dei teleobiettivi. Ma in questo caso credo che questa definizione possa mettere tutti d'accordo perché parliamo del tele luminoso più lungo a catalogo, che è il sogno - spesso proibito visto il prezzo - di moltissimi fotografi naturalisti e non solo. Non sono nuovo ai supertele nikon, avendo usato per molti anni il 500/4 in versione G ed E (e prima il 200-400 ed il 300/2.8). Ma è mio primo 600/4. Molto curioso, direi quasi trepidante, di mettermi alla prova sul campo. Ma il protagonista è lui, lo vedete in tutto il suo splendore nella fotografia che illustra questo articolo, allo scopo di dare un senso di scala montato sulla Z9. E qui a fianco al 100-400, la lente polivalente per eccellenza che nel mio corredo è destinato a far coppia fissa con il 600/4 per le fotografie ambientate. Ma quello che più li separa non è la lunghezza, ma la dimensione della lente frontale. Enorme! Ma andiamo con ordine. Nikon ha fatto le cose per bene, o almeno quasi. Il 600/4, come gli ultimi tele lunghi della casa, è consegnato con una sacca di cordura monospalla. Un bel passo avanti rispetto ai totalmente inutili valigioni delle generazioni precedenti. Molto ben fatto. Lo avrei fatto un po' più grande, capace cioè di contenere anche un corpo macchina, possibilmente non montato. Ma come vedete è dimensionato per la sola lente. Non è un grande problema, difficile che un fotografo esca solo con una macchina ed un 600/4. Ma se volesse farlo avrebbe bisogno di un'altra borsa. In ogni caso, lo ribadisco, un enorme passo avanti rispetto alla precedente impostazione. Altre due novità interessanti che vedete in questa immagine: Il paraluce ed il tappo anteriore. Entrambi sono dimensionati in modo piuttosto - per un 600/4 - contenuto, rendendo la lente più maneggevole e più semplice da trasportare nello zaino. Qui, per esempio, vedete come uno zaino relativamente piccolo (ICU Fstop XLPro) sia in grado di contenerlo insieme ad un intero corredo Z (Z9, Z6II, 100-400 e 24-120). Di fatto, il "problema" è solo il diametro della lente frontale, impegnativa per dir poco. Ma si chiude e non da fastidio nel trasporto a patto di non riempire molto lo zaino (un vecchio Satori EXP). Parlerò della scelta dello zaino per volare con questo corredo nelle prossime settimane. Ma torniamo al protagonista. In questa immagine diversi elementi interessanti per questa presentazione - Il TC integrato, una feature di una utilità incredibile fotografando in ambienti ostili (pioggia, neve, polvere, vento) e alle primissime prove capace di allungare la focale da 600 a 840 millimetri senza avvertibile perdita di qualità. Il TC dedicato e specifico per lo schema ottico ha di sicuro una marcia in più. - L'attacco treppiede, incredibilmente privo della scanalatura Arca. Davvero incredibile perdersi in un dettaglio del genere per una lente che costa poco meno di 18.000€. Anche perché, lo avete visto nell'immagine di copertina, la lente montata è perfettamente bilanciata sul piedino e quindi effettivamente ne basta uno così corto. Occorrerà comprarne apposta uno aftermarket (anche perché, seconda stupidaggine, è cambiata la disposizione delle viti e quindi i piedini delle precedenti generazioni non sono compatibili). - È cambiata la scatolina portafiltri, ora senza sporgenze (e senza un filtro neutro, come le precedenti generazioni, destinato a catturare polvere), Ma torniamo alla vista di insieme: Da destra a sinistra i tre anelli: messa a fuoco e due anelli programmabili, con texture del tutto diversa tra di loro in modo da essere perfettamente riconoscibili al tatto, oltre che dalla posizione. Interessante in particolare il più a sinistra, che consente, per esempio, di essere associato a diverse modalità di messa a fuoco (una in posizione centrata, una diversa ruotando a sx, una terza ruotando a DX). Presenti i soliti tasti programmabili. Un particolare del TC, che impugnata la macchina, cade perfettamente sotto le dita per una attivazione immediata senza dover distogliere l'occhio dal mirino. Sia del fermo, per evitare movimenti accidentali, sia del TC vero e proprio. E, subito sotto, il pulsante per riprendere una posizione di messa a fuoco. A mia memoria, la "gobba" è più piccola di quella del 180-400/4. Particolare del paraluce, in carbonio anche se sprovvisto della satinatura "racing" delle precedenti edizioni, orgogliosamente prodotto in Giappone. Provvisto di fermo a vite per un bloccaggio sicuro in ogni condizione, sfruttato per tenere in posizione il tappo protettivo frontale. E' presto per dare riscontri d'uso, sarebbe pura superbia liquidare un oggetto del genere con annotazioni sulle prestazioni basate su poche ore. Nella redazione di Nikonland non siamo youtubber, lo rivendichiamo con orgoglio. Compriamo i nostri prodotti e li usiamo sul campo, con attenzione e tutta le capacità di cui disponiamo. Per farlo occorrerà tempo. Posso però già dire alcune cose, secondo me interessanti. La prima è quasi scontata, ma giova precisarlo: Tutto trasuda la meticolosa costruzione professionale, studiata nei dettagli per garantire la migliore esperienza sul campo. Poi parliamo del peso. Questo 600/4S TC inaugura un'era in cui il 600/4 non è più una lente tremendamente pesante da trasportare. Una volta veniva definito back breaker. Non è più così. Come? Questo 600/4S pesa 3.260gr Il 500/4E pesa 3.090gr, il TC14III 190gr, l'FTZ 125gr: totale 3.405gr. Perché lo confronto con il 500/4E? molto semplice: il 500/4 è stato spesso scelto, rispetto al 600/4, per la maggiore trasportabilità. Il modello E è il 500/4 più leggero della storia Nikon. Ed il 600/4E? 3.810gr... più TC e FTZ fanno 4.125gr. Già tra i due 600/4 la differenza è di quasi un KG in meno! Ma non è solo questione di peso. L'altra parola chiave è bilanciamento. Questo 600/4 ha il baricentro decisamente più arretrato: è molto più facile usarlo a mano libera. Certo, resta la lente frontale molto grande. Ma quella dipende dalla fisica, non c'è niente da fare se non si vogliono i compromessi delle lenti di fresnel. Quindi che dire? Sono soddisfattissimo, non sto letteralmente nella pelle dalla voglia di usarlo sul campo. Un grazie speciale a Nital per avermelo fatto avere in fretta! Massimo Vignoli per Nikonland (c) 25/12/2022
  23. Premessa. Nikon con la Z9 ha fatto un enorme salto avanti nelle prestazioni autofocus delle mirrorless. Questo non significa che le precedenti Z avessero un autofocus inefficace, tutt’altro. Anche loro, mi riferisco alla mia esperienza diretta su Z6 e Z6II ma anche ad informazioni ricevute da amici e sul campo per le Z7 e Z7II, hanno un buon funzionamento e di fatto le immagini che ho scelto per illustrare l'articolo sono scattate con tutte loro. Ma se serve il massimo, quello è ad oggi presente solo sulla Z9. Per ottenere quelle prestazioni, però, occorre capire come districarsi nelle varie opzioni. Quella che segue è quindi una guida pratica, basata sulla mia esperienza, attraverso la quale ho selezionato cosa usare nei diversi scenari. Quasi tutto è applicabile, pur con diversi livelli di efficacia ed ergonomia, alle Z “più piccole” ma la macchina presa a riferimento è la Z9. Z6 su 500/5.6PF 1/250 f5.6 ISO 2500 Informazioni di base. Come mette a fuoco una mirrorless? Come detto, questa è una guida pratica. Non cercherò quindi la correttezza formale dei termini usati per illustrare i concetti, ma cercherò di essere il più possibile chiaro e comprensibile. In soldoni, il software riceve dal sensore le informazioni sull’immagine inquadrata e determina dove è il massimo contrasto nell’ambito della modalità AF selezionata, se previsto cerca di riconoscere il soggetto e concentra l'analisi su quello. L'analisi è fatta con algoritmi sofisticati, il vero vantaggio competitivo di ogni produttore. Noi dobbiamo tenere presente che a fianco ad una logica predittiva c'è il rapido movimento avanti ed indietro del piano di fuoco e la ripetuta lettura dei dati dal sensore. Z6II su 500/5.6PF 1/2000 f5.6 ISO 250 (gli spruzzi di neve davanti credo rendano l'idea della velocità con la quale correva giù da li) Questa è la base, l’ABC. Ma ne discendono subito alcune conclusioni: 1) Abbiamo risolto il problema della calibrazione delle lenti e, in parte, del focus shift. 2) Esporre correttamente è determinante (o almeno evitare di lamentarsi se l’AF non trova il contrasto in scene slavate dalla sovra esposizione o illeggibili per la sottoesposizione). 3) La velocità dell’AF dipende direttamente dalla velocità di lettura del sensore, questo è il motivo più rilevante per cui la Z9 è più veloce della Z6II che è più veloce della Z7II che…. Il legame con la velocità del sensore è ancora più forte, allo stato attuale delle tecnologie, della velocità del processore (che come vedremo può essere aiutato). 4) La velocità dell’AF dipende dalla velocità del motore AF della lente, che a sua volta può dipendere da quanto “spinge” la batteria della macchina. Non è un caso se le vecchie lenti AFS sono compatibili ma le nuove, con i motori lineari, vanno meglio. O se il nuovo 400/2.8 usi i nuovi VCM. Quindi non date la colpa all’AF della vostra Z se davanti montate un bradipo. O se volete spingere al massimo un supertele AFS attraverso l’FTZ con una EN-EL15. 5) Poiché fino a f5.6 le ML mettono a fuoco a diaframma chiuso (differenza fondamentale rispetto alle reflex che lo fanno a diaframma aperto), la percezione del migliore piano di fuoco da parte della macchina può richiedere un movimento più ampio, quindi uno zic di tempo in più (o di imprecisione). Ma anche che la macchina faticherà di più di una reflex a mettere a fuoco il soggetto se “stacca poco” dallo sfondo e la lente è poco luminosa (e qui temo che quelli che pensano che con la capacità ISO delle attuali macchine tra un 500/4 ed un 200-600/6.3 la maggiore differenza sia nel peso abbiano una epifania). 6) Più è piccola l’area AF selezionata e meno c’è da calcolare, questo in particolare aiuta le sorelline della Z9, quindi l’AF è più reattivo (e la macchina meno propensa ad “andar per funghi”). Z6II 500/5.6PF 1/1000 f5.6 ISO 1600 - (Un sacco di neve in mezzo: Dynamic Area AF Small) Z6II 100-400/4.5-5.6S 1/2000 f8 ISO 320 (sembra quasi fermo, ma vi posso assicurare che viaggiava veloce, sommando al proprio movimento quello del gommone - 1/2000 non è un errore di impostazione) E allora? Come impostiamo la Z9 per avere il massimo? Premesso che, come sapete, io non credo di avere la verità in tasca - e che quindi ci sono di sicuro altri modalità che per altri fotografi producono risultati analoghi o anche migliori - Io faccio così: 1) Sempre AF-C, ovvio… (beh, nella paesaggio o nella macro se ben appoggiato AF-S ) 2) a1 - “Selezione priorità AF-C” - su messa a fuoco + scatto. 3) a3 - “Focus Tracking + Lock-On” - su 2 (uno step più rapida del default). 4) a6 - “Attivazione AF” su ON. I fanatici della messa a fuoco con il pollice riflettano su un fatto: la necessità di focheggiare e ricomporre è passata con le reflex, oggi puoi mettere a fuoco ovunque abbia un senso. 5) a11 - “Visualizzazione a fuoco AF-C” - su ON, per me è determinante vedere quando la macchina ha acquisito il fuoco. 6) a14 - Velocità di selezione punto AF - su High. 7) f2 - controlli personalizzati. Associo al pulsante AF-On una specifica modalità di AF (ovviamente diversa da quella impostata sotto il pulsante di scatto). Le modalità modalità AF che uso di più sono tre: - Dynamic-area AF Small. Funziona così: la macchina mette a fuoco nel quadretto selezionato ed usa gli altri 8 come assistenti per agevolare la conservazione del fuoco sul soggetto in caso di movimento (del soggetto o della macchina!). Questa è la mia “messa a fuoco di fino” ed il modo che uso in macro se non ho appoggi, mentre se li ho preferisco AF-S e Pinpoint. E' la modalità con la quale scatto i miei animalscapes (anche se sto sperimentando l'1x1). Per chi pensa in termini di reflex, questo è sostanzialmente uguale al “dynamic-area 9 points”. L’altro vantaggio è che questa modalità dà poco peso al soggetto più vicino, quindi è preferibile usarla ad esempio mentre nevica forte (momento nel quale la wide-area tende a preferire la neve che cade tra fotografo e soggetto). Z6 su 105/2.8MC 1/50 f3.2 ISO100 (AF-S Pinpoint) Z9 su 105/2.8MC 1/400 f4 ISO90 (AF-C Dynamic-area AF Small). - Wide-area AF Small abbinata al riconoscimento del soggetto. La macchina cerca all’interno del quadrato selezionato e cerca di riconoscere, nell’ordine, corpo, testa ed occhio. Non sempre riesce e mi aspetto costanti miglioramenti nel tempo del software. Nella mia esperienza ci sono due fattori macroscopicamente discriminanti: quanto è grande l’occhio nel fotogramma e quanto contrasta con le zone di testa/muso che sono accanto. Per chi pensa in termini di reflex, questo è la più vicina approssimazione dei gruppi. Non è così preciso nel capire il punto più vicino…. Ma - spesso - riconosce l’occhio, cosa che quanti con i gruppi si sono trovati il fuoco sul naso o sul becco dovrebbero valutare positivamente. Z9 su 500/4E FL 1/2000 f5.6 ISO 500 Z9 su 100-400/4.5-5.6S @400mm 1/2000 f5.6 ISO 250 Z9 su 100-400/4.5-5.6S @400mm 1/2000 f5.6 ISO 220 - Wide-area AF C1 abbinata al riconoscimento del soggetto ed impostata a 1x1. Questa è un pochetto tricky. Ma fa miracoli su animali con l’occhio poco contrastato in quanto la sua piccola dimensione consente di selezionare comunque la messa a fuoco dove è l’occhio anche se questo non è riconosciuto. E conserva la priorità al soggetto più vicino. Z9 su 24-120/4 @115mm 1/400 f4 ISO 64 Integrazione: Wide Area AF 1x1 (aggiornamento FW 3.0) fa miracoli anche nei casi in cui si vuole contare sul riconoscimento del soggetto ma non si è sicuri del fatto che l'automatismo lo riconosca e si fotografa in situazioni intricate. Per me, al momento, è una delle opzioni più interessanti in naturalistica, riuscendo a coniugare una gran capacità di selezione del punto esatto di messa a fuoco per soggetti non riconosciuti con la capacità di riconoscerli. Insomma in passepartout! Da notare che le wide-area trovano e mantengono a fuoco il soggetto - occhio compreso - anche fuori dal proprio perimetro (purché vicino allo stesso). Z9 su 100-400/4.5-5.6S @400mm 1/2000 f5.6 ISO 220 Come vedete, non ho inserito aree grandi. Capisco che chi vuole fotografare uccelli in volo con lo sfondo del cielo azzurro e senza sbattersi a muovere il joystick questa possa essere una carenza. Il motivo è presto detto: io seleziono dove voglio il soggetto nel fotogramma con il joystick e poi focheggio. Una foto perfettamente a fuoco ma composta male ha per me molto poco valore. Ma ho scritto “che uso di più” non esclusivamente. Una volta capiti i razionali della scelta sarà facile usare quando serve la Wide-area AF Large o, meglio, la dimensione/forma del custom C2 che ha il miglior fitting con il soggetto e la situazione che volete fotografare. Quindi sta al fotografo determinare quando sia utile usare aree più grandi. Ma ricordate alcune cose: - usare un’area molto più grande del soggetto quando la macchina non ne riconosce l’occhio è alla base del rischio che la macchina preferisca mettere a fuoco altrove. In particolare se il nostro soggetto è scuro ed a basso contrasto, come tutti gli animali che tendono ad avere un pelo che li mimetizza, peggio ancora se intorno ci sono alti contrasti (es. erba/canne/foglie/pietre illuminata dal sole). - è un modo per diventare matti se nella scena ci sono diversi animali. Cosa piuttosto rara, per quello da li ho iniziato questo paragrafo sulle aree grandi, fotografando uccelli in volo. - la difficoltà nel mettere a fuoco con aree piccole è sostanzialmente... nel fotografo. Già, per aumentare la percentuale di successo occorre imparare a tenere l'area sopra il soggetto. Volutamente, nella mia analisi non ho nemmeno inserito il 3D. Non ne ho grande esperienza, probabilmente lo proverei ad usare se, ad esempio, volessi riprendere l’involo di un airone fermo su un posatoio. Z9 su 500/4E FL 1/2000 f5.6 ISO 500 (non sembra, ma questa è la vera lotta per la sopravvivenza: il gabbiamo è li per predare le uova che le due femmine di Edredone stanno covando) Bonus track. C’è ancora una cosa che non vi ho detto: perché associo ad AF-On una modalità AF diversa da quella del pulsante di scatto? Molti ci saranno già arrivati, la risposta è facile. Perché questo mi consente di ottenere un risultato enormemente utile, che descrivo con un esempio: - Sto fotografando un animale fermo, lo faccio con Dynamic-area AF Small. Cerco di tenere gli ISO bassi, anche impostando tempi mediamente lunghi. O magari un paesaggio, mentre aspetto che succeda qualcosa. - All’improvviso l’azione si scatena, uso il bottone AF-On sotto il quale ho memorizzato Wide-area AF Small…. Oltre a 1/2000, il diaframma più aperto che ha la mia lente, Auto ISO e raffica a 20fps (ovviamente qualsiasi valore è possibile, la scelta dipende dal contesto). In sostanza è come avere 2 impostazioni diverse accessibili semplicemente scegliendo di mettere a fuoco con l’indice o il pollice. Ovviamente potete combinare i due modi secondo la vostra preferenza o caratteristica della sessione di scatto. Gli esempi sono infiniti. La mia scelta è però quella di usare il pollice per l’azione, in particolare quella più inattesa, per cui invariabilmente tempi rapidi, tutta apertura ed auto ISO. Ed impostare di volta in volta, secondo quello che lo shooting richiede, AF e parametri di esposizione sotto il pulsante di scatto. Si può arrivare ad un risultato analogo anche con i bank, li ho usati per un po’. Ma preferisco questo modo perché lo trovo più immediato e semplice da memorizzare. Z9 su 100-400/4.5-5.6S @400mm 1/500 f5.6 ISO 280 Chiudo l'articolo sotto lo sguardo attento e furbetto di questa volpe artica in muta, quindi vi confido che di motivo per usare il doppio AF ne ho un altro. Siamo in una transizione: non ho ancora chiaro quali animali sono riconosciuti e con quale precisione. Quindi sperimento. E siamo alla fine. Spero di non aver deluso chi si aspettava formule magiche, vi ho fornito i principi sui quali imposto le mie scelte, distillati in ore sul campo e leggendo tutto il materiale che ho trovato. Massimo Vignoli per Nikonland (c) 23/10/2022
  24. Il mio contributo per il Centenario dalla fondazione di Nikon e' gia' online da ben 11 anni ed e' relativo all'Inizio della Storia che la riguarda. Un inizio non facile, perche' si trattava di una riconversione industriale post bellica, di una guerra che il Giappone aveva perso e che lo vedeva paese occupato e smilitarizzato. Una bella storia, di ripresa economica ed industriale che ci ha portato fin qui, nel nuovo secolo del nuovo millennio a parlare ancora di Nikon Kaizen indica il miglioramento continuo nella vita personale, privata, sociale, professionale.Quando e’ applicato al posto di lavoro, kaizen significa miglioramento continuo che coinvolge dirigenti, quadri, operai allo stesso modo.All'interno dell'industria, il kaizen si applica in pratica come risoluzione immediata dei problemi che si presentano.Si deve accertare con sicurezza il luogo, gli oggetti, i contenuti che hanno a che fare con un problema. Si ritiene inopportuno, infatti, fare analisi a tavolino senza osservare come si svolgano i fatti nella realta’.Infine, la continuita’ e’ la principale caratteristica del kaizen che si oppone, in questo modo, al kakushin (innovazione).Da qualsiasi angolazione lo si osservi, e’ questo il concetto-guida che ha portato alla nascita, alla crescita esponenziale ed in tempi recenti anche alla eclissi della prevalenza delle imprese sorte nel secondo dopoguerra del XX secolo in Giappone: da dovunque lo legga, questo concetto, mi suona Nikon! E’ alla fine del 1945 che la societa’ Nippon Kogaku Kogyo Kabushiki Kaisha, che durante il secondo conflitto mondiale era arrivata ad impiegare ben 23000 persone per la costruzione autarchica del vetro ottico necessario alla macchina bellica giapponese, si ritrovo’ in un Giappone occupato dagli americani a dover riconvertire all’industria civile il know-how accumulato, ridimensionata all’estremo, con una forza lavoro di appena 1400 persone.Vennero costituiti all’interno dell’azienda una Commissione ed un Comitato con lo scopo di effettuare dei sondaggi di mercato per definire la possibilite’ di produrre fotocamere e soprattutto per valutare di che tipologia.Le opzioni erano varie ed alcune molto rischiose: l’industria fotografica dell’epoca parlava prevalentemente tedesco ed i modelli obbligati si chiamavano Rolleiflex, Leica, Contax.Superata una prima fase di sperimentazione biottica gia’ nella primavera del 1946 il gruppo di studio guidato da Masahiko Fuketa indirizzato sulle 35mm Leica a vite e Contax, inizia la progettazione di una fotocamera a telemetro e baionetta Contax dall’inconsueto formato di 24x32mm progettato sia per esigenze di risparmio (di spazio e di pellicola) ma anche perche’ proporzionalmente piu’ adatto ai formati in pollici (anglosassoni) della carta da stampa: insomma un perfetto rapporto 4:3 !Gia’ nel settembre del 1946, in anticipo sui tempi preventivati, la preproduzione della nuova fotocamera e’ ultimata, ma una serie di disguidi organizzativi fanno slittare di un anno la fase di produzione in serie, ed e’ cosi’ che nel novembre 1947 vedono la luce i primi prototipi e poi, nel marzo del 1948, che inizia la produzione continuativa del progetto classificato come ’6FB’: Nell'immagine in alto il progetto dell'otturatore a piano focale, mutuato invece che dalla tendina metallica a scorrimento verticale Contax, da quella di tessuto a scorrimento orizzontale della Leica che sembrava offrire maggiori garanzie di uniformita’ di esposizione; gli viene attribuito a questo punto il nome, operando una crasi del nome NIppon Kogaku, evitando il gia’ precedentemente utilizzato nome Nikko in favore del piu’ agile Nikon che suona cosi’ tanto Nippon e, aggiungo, assomiglia cosi’ da vicino al notorio marchio Ikon, proprieta’ della celebre Zeiss, tanto da procurare una serie di fastidi non proprio da poco al momento (successivo) della commercializzazione europea del marchio. Nikon I - 1948 Il risultato e’ quello di un apparecchio a telemetro, strutturato con un otturatore in seta gommata appunto a scorrimento orizzontale e con velocita’ da 1 secondo ad 1/500 piu’ le pose B e T La regolazione dell’otturatore, come sulla totalita’ delle macchine fotografiche dell’epoca, e’ separato in due ghiere concentriche, una dedicata ai tempi veloci, dal 1/500 al 1/20, l’altra in basso, da 1/20 ad 1’’, con un manettino da collimare nel passaggio dai tempi veloci a quelli lenti.Il formato, come detto da 24x32, consente l’effettuazione di 40 pose su di una pellicola 135.Il telemetro a sovrapposizione di immagine ha una base di 60mm (effettiva da 36mm) ed e’ collegato ad un mirino galileiano che copre l’ 85% soltanto del campo inquadrato da un obiettivo di 50mm.Alle due estremita’ del tettuccio della fotocamera i due bottoni zigrinati per l’avvolgimento ed il riavvolgimento della pellicola.Alcuni esemplari (rari e di valore!) della Nikon I vengono realizzati con baionetta a vite 39x1 Leica, ma presto questa soluzione viene abbandonata in favore della meno comune baionetta rapida Contax, per evitare la possibilita’ di usare ottiche non Nikon sulla fotocamera.Non e’ la sola baionetta ad essere copiata dalla Contax II bensi’ tutta la struttura del frontale della Nikon I, ivi compresa la rotellina di messa a fuoco rapida posta a portata di indice destro e la forma stessa della macchina,escluso il tettuccio del tutto ridisegnato, con il pulsante di scatto arretrato (stile Leica), il contapose coassiale alla ghiera di avvolgimento e, decentrata sulla sinistra, la staffa porta accessori (come questo elegante e ricercato mirino folding multiformato). L’obiettivo standard e’ un Nikkor 5cm f/2 a sei lenti ed in montatura rientrante, copia dell’equivalente Sonnar Contax, con il quale la nuova fotocamera arriva a pesare 765 grammi. I primi numeri di serie, identificativi della data di progetto cominciano per 609xx(dove 6 e’ l’ultima cifra dell’anno 1946 e 09 indica il mese di settembre):la prima matricola non prototipo sembra essere la 60922 E’ a questo punto che si innesta la vicenda piu’ interessante della moderna storia della Fotografia che mi ha stimolato a ricercare e a procurarmi le protagoniste di un cantuccio della Storia degli Uomini e delle loro guerre: parlo delle similitudini dettate dall'andamento delle trattative di Pace del secondo dopoguerra che portarono Nikon a costruire una telemetro basata (e molto somigliante) a quella Contax II che era stata la protagonista dell'informazione bellica in mano non soltanto ai tedeschi ma sopratutto all'eccellenza dei reporter alleati, quel Bob Capa che se la porto’ appresso dall'Africa alla Sicilia e fino al D-Day in Normandia e nei giorni della Liberazione di Parigi, ma che per gli eventi connessi all'armistizio e alla spartizione di Berlino, cadde con tutte le maestranze e le officine in mano sovietica e continuo’ ad essere prodotta in Ucraina a Kiev, con le stesse linee di produzione che ne avevano decretato un successo universale in Germania.Tre macchine a telemetro, la Contax prodotta fino alla fine della guerra, la Nikon tra il 1948 ed il 1959, la Kiev fino quasi alla caduta del muro di Berlino, nel 1989, probabilmente il piu’ longevo esempio di imitazione pedissequa di un manufatto... effettivamente ben riuscito, ma non certo benchmark della categoria come invece la coeva Leica a vite.Mi riservo di approfondire nello specifico, avvalendomi dei lavori gia’ pubblicati in proposito da piu’ autorevoli e documentati storici come Robert Rotoloni e Danilo Cecchi, questa affascinante storia di persone sconosciute le une alle altre, ma accomunate nel progettare e costruire un unico strumento .Nel mio piccolo tentero’ di mostrare come la passione mi abbia condotto, nel cercare di recuperare le vestigia di questo abbastanza recente passato, sebbene cosi’ radicalmente rimosso. Ma agli americani occupanti il Giappone (MIOJ=Made In Occupied Japan compare su molte flange di obiettivi e piastre macchina) non piacque il formato "monco" 24x32 della Nikon I, tanto quanto invece erano piaciuti i grandangolari 2.5, 2.8 e 3.5 alcuni dei quali costruiti anche con montatura a vite 39x1, e sopratutto i medio tele 8.5 e 13.5, quest'ultimo costruito anche con baionetta per reflex Exakta (tutte le lunghezze focali sono ovviamente espresse in cm) e pertanto commissionarono presto una seconda telemetro con lato lungo piu’ vicino possibile al formato Leica :Nikon M - 1949la Nikon M da 24x34 cm di formato, utile compromesso per non gettare alle ortiche il progetto originario, vide la luce nell'ottobre del 1949 e resto’ in produzione pochissimo, fino alla fine dell'anno seguente.Si distingue dalla Nikon I per la lettera "M" anteposta al numero di serie (primo di produzione il M609760): il primo lotto di macchine non ha le prese di sincronizzazione flash S ed F che vengono inserite sul fianco sinistro (prese a banana) a partire dal S/N 6092350 costituendo una variante, detta MS che pero’ non viene mai riportata ufficialmente sul corpo macchina o altrove: ne vengono prodotte in un anno 3300 esemplari, prevalentemente in silver-chrome: alcuni piccoli lotti vengono colorati in nero per le esigenze dei fotografi di guerra americani in Corea. Insomma, nell'arco di appena due anni dalla commercializzazione del modello I, questo ibrido tra una baionetta Contax e un otturatore Leica, fortemente voluto dai reporter di guerra americani, per evitare di dover fare ricorso alle (odiate tedesche) Leica ed Exakta, si avvia a prendere forma di marchio universalmente riconosciuto in forza delle vincenti scelte ingegneristiche e avvantaggiato dall'essere uno dei pochissimi produttori (e fornitori) di vetro ottico di pregio.Sono infatti le ottiche NK a dare la spinta piu’ forte al passo successivo, la produzione in grande serie del modello S del 1950, il piu’ moderno del progetto originario, l'ultimo con l'anomalia del formato limitato a 24x34mm. Nikon S - 1950 La sigla "S" forse indica la sincronizzazione flash ormai di serie su questo modello, con due coppie di prese a banana, contrassegnate da F ed S per Fast e Slow in relazione alle velocita’ di otturazione in uso ed alle conseguenti diverse lampade flash da utilizzare. Il primo numero di serie della Nikon S e’ 6094101 e la produzione di questo modello si protrae per cinque anni, dal gennaio '50 al gennaio '55, con una produzione totale di oltre trentaseimila pezzi, fino alla matricola 6129520, ma essendo passata per numeri anche di otto cifre, fino a 60911215, pur di mantenere il prefisso iniziale 609... continuita’ e miglioramentonella tradizione= kaizen! Tutte le S costruite entro l'8 settembre 1951, data del ritiro delle truppe di occupazione americane, portano la scritta MIOJ (made in occupied Japan) incisa sul fondello, successivamente soltanto Japan o Made in Japan. La gran parte delle S prodotte viene esportata e per questo motivo tale modello ha un valore piuttosto limitato sul mercato collezionistico: pur non essendo stato il modello piu’ prodotto e’ sicuramente risultato il piu’ popolare! Se due persone diedero impulso alla Nikon S esse furono sicuramente David Douglas Duncan, reporter di guerra per la rivista LIFE, il quale gia’ nel Maggio del 1950, dopo aver avuto a disposizione per mezzo di un corrispondente giapponese di LIFE, Miki JUN, dei negativi particolarmente interessanti per incisione e dettaglio, realizzati con il primigenio 8,5cm f/2 decise di provare tale obiettivo ed il 5,0cm f/1,5 sulle proprie Leica ed in un secondo momento, direttamente sulla S, coinvolgendo molti altri colleghi nella felice sperimentazione, fino a creare una linea diretta con la stessa Casa madre alla quale vennero spesso fatte realizzare delle modifiche ad uso e consumo esclusivo dei reporter di LIFE. La seconda persona, chiave del successo commerciale di Nikon, fu l'importatore ufficiale americano, Joe Ehrenreich che succedette nel 1953 alla Nikon Camera Company di San Francisco, impiantando invece la propria sede a New York nella Fifth Avenue (EPOI: Ehrenreich Photo Optical Industries, con un catalogo marchi diviso tra Nikon e nomi come Mamiya, Bronica, Sinar, Broncolor, Durst, Metz, Kindermann, Sigma ed altro).Fu questo imprenditore a decretare il successo commerciale della Nikon S e delle sorelle che la seguirono, fino alle piu’ famose reflex, grazie anche alla vasta serie di contatti con fotografi ed editori, in tutti i settori, dal reportage alla moda.La guerra in Corea duro’ giustappunto nell'arco di tutto il periodo di sviluppo del modello S, fino al 1953, quando i prototipi del modello successivo erano gia’ pronti per essere immessi sul mercato. Il peccato originale si chiamava formato ridotto...!Motivo per cui, la Nikon S, per quanto osannata e benvoluta restava pur sempre "quella" strana telemetro diversa dalle altre...Se poi si voleva proprio paragonarla a Contax che gia’ da anni forniva come prestazione dell'otturatore addirittura il 1/1250, beh... il 1/500 sembrava un po' pochino e se in sovrappiu’ ci si mette Leica che nel 1954 sforna la sua bellissima M3 con leva di carica rapida ed un telemetro ampliato di base, accoppiato a un mirino multifocale che in confronto all'oblo’ della S sembra un televisore... ecco che il prototipo Nikon gia’ pronto nel 1953, viene con qualche indugio modificato e nel dicembre del 1954 viene presentata la:Nikon S2 - 1954 Se per passare dal formato 24x32 della I al 24x34 della M e della S era bastato a M. Fuketa & company eliminare un piolo nell'asse di avvolgimento pellicola lasciando immutato il progetto originario, adesso l'otturatore della S2 viene totalmente rivisto allo scopo di raggiungere i fatidici 24x36mm intanto la velocita’ delle tendine viene portata fino a 16 ms, quindi, per contenere i "rimbalzi" delle tendine accelerate, viene progettato un nuovo freno di tipo a pendolo, che ne smorza le vibrazioni, causando una particolare sonorita’ di questo otturatore.(Pensate che lo stesso tipo di tecnologia e’ stato applicato alla moderna Nikon F5 per lo smorzamento delle vibrazioni dello specchio reflex!)La nuova Nikon adesso pesa meno della precedente S, grazie all'utilizzo di nuove leghe metalliche, nonostante le dimensioni della S2 siano leggermente accresciute rispetto la S.La scala dei tempi (che finalmente arriva al millesimo di secondo) si giova della moderna sequenza geometrica, sempre a due livelli: coi tempi rapidi (1000-500-250-125-60-30) e quelli lenti (15-8-4-2-1) piu’ pose B e T; la velocita’ di sincronizzazione si porta a 1/50" e compare sul fianco sinistro un unico contatto sincro pc standard. Il grande progresso nell'estetica complessiva si nota in relazione all'elegante gradino che divide in due il tettuccio tra la zona di sinistra con la ghiera di aggiustamento dei millisecondi della sincronizzazione flash con la la manovella di riavvolgimento coassiale e quella di destra dedicata ai comandi principali con la ghiera di selezione dei tempi, il pulsante di scatto e, finalmente, la grande novita’ costituita dalla leva di avvolgimento rapido che va a sostituire il pur agevole ruotone zigrinato delle precedenti RF, come da innovazione Leica sulla neonata M3. Altra innovazione sicuramente il mirino, sempre rotondo ma notevolmente piu’ luminoso sia in entrata sia in uscita rispetto a quello della S, purtroppo ancora ottimizzato soltanto per la focale di 50mm, rendendo cosi’ necessario utilizzare mirini esterniIl fattore d'ingrandimento 0,9x lo rende finalmente "lifesize" rispetto al ridotto potere del vecchio mirino della Nikon S. Di Nikon S2 vennero prodotti quasi 57.000 esemplari, a partire dal S/N 6135001 del 10 dicembre 1954 fino al S/N 6198380 del 1958, divenendo pertanto la telemetro Nikon costruita nel maggior numero di esemplari.A partire dal 1956 vengono presentati dei prototipi sui quali viene sperimentato l'impiego di un motore elettrico di avanzamento, anche se tali esemplari non raggiungono mai la produzione di serie.Al contempo viene sviluppato il progetto ottico che porterà alla luce quella meraviglia ottica che e’ il 5cm f/1.1 ... ci si prepara ad ulteriori novita’... qui dentro...ecco dove Nippon Kogaku conserva tre anni di attivita’ progettuale indirizzata fin dall'inizio del 1955 contemporaneamente su due fronti:-migliorare la S2 (impresa possibile)-innovare il sistema a telemetro (kaizen!) Ma in che modo si puo’ migliorare la S2 ?Guardando la concorrenza si puo’ obiettare che il mirino multifocale sarebbe una risposta utile al lavoro dei professionisti che devono cambiare spesso ottica sulla propria macchina, che la predisposizione al collegamento di un motore elettrico sarebbe un plus gradito a chi scatta parecchio, che inserire finalmente un autoscatto porterebbe all'acquisto molti fotoamatori, che rinnovare un'estetica "old style" alle soglie degli anni '60 parrebbe anche un buon marketing. E' per questo che da quella scatola con la scritta dorata balza fuori per prima la telemetro per i professionisti,la Nikon SP - 1957SP come S Professional, dotata di quanto auspicato prima e di molto di piu’, giacche’ con essa si gettano i ponti che porteranno solo due anni piu’ tardi alla commercializzazione della seconda parte del progetto iniziale, la reflex che spazzera’ di un sol colpo il mercato da tutte le telemetro ancora presenti (tranne una...), la Nikon F, strutturalmente identica a questa stupenda SP che non sostituisce ma affianca soltanto la S2, definendo per la prima volta in casa Nikon una bipartizione di utenza di destinazione: la Nikon SP e’ un prodotto di nicchia! Possiede un otturatore a scorrimento orizzontale prima con tendine di stoffa gommata, poi, a partire dal maggio 1959, in titanio; ha una velocita’ di traslazione delle tendine leggermente diminuita rispetto la S2 per ridurre i rischi di disuniformita’ di esposizione, un selettore delle velocita’ non piu’ sdoppiato, che finalmente non ruota durante lo scatto, una sincronizzazione flash fino al 1/60" una scala cromatica identificativa dei tempi di scatto, anche in bassa luce, grazie alla vernice verde fluorescente,ed un'estetica da urlo... che ne fa a parer mio la piu’ bella rangefinder camera mai costruita da chicchessia (parola di RFSP)! La grande innovazione e’ costituita dall'enorme mirino multifocale provvisto di selettore sul tettuccio per le focali 5 8,5 10,5 e 13,5 cm che si sovrappongono nel mirino le une alle altre, fino alla 13,5 con la quale compaiono contemporaneamente tutte e quattro All'interno della montatura unica del mirino, una seconda finestra provvede a mostrare l'inquadratura per il 2,8cm e la cornice del 3,5cm Anche la SP possiede un unico contatto sincro standard selezionabile tra X ed FP, ma a differenza della S2 possiede anche un sincro diretto sulla staffa portaaccessori Il contapose e’ adesso ad azzeramento automatico e rende possibile preselezionare rulli da 20 o 36 pose.Il frontale della macchina, completamente ridisegnato, ha costretto a decentrare il marchio e pur misurando in larghezza e profondita’ gli stessi 136mm per 43,5 della S2 adesso l'altezza e’ aumentata di poco, fino a 81mm. Le rifiniture in nero aumentano, fino a colorarne la corona esterna alla baionetta di innesto ottiche, il peso arriva a 720 grammi col 5cm f/1.4 montato. Altra innovazione non da poco, la predisposizione all'attacco del motore S36, alimentato da sei batterie da 1,5V contenute in un portabatteria separato, capace della bellezza di tre scatti al secondo con velocita’ di otturazione superiore al 1/30": da solo costava 50.000 yen da aggiungersi ai 98.000 che servivano per SP con 5cm f/1.4 La Nikon SP e’ la macchina a telemetro con la quale NK raggiunge l'apice del successo come oggetto tecnologico nella sua categoria, ma con la quale al tempo stesso gli uomini di Nippon Kogaku si rendono conto che a causa delle insormontabili difficolta’ ingenerate specie con i teleobiettivi piu’ lunghi della base telemetrica disponibile, l'era di questi apparecchi e’ rapidamente trascorsa ed e’ giunta l'ora di pensare allo sviluppo del progetto temporaneamente accantonato ma che vedra’ nella reflex F l'apoteosi della Casa di Tokio.Viene costruita in tutto in appena 22.000 esemplari a partire dal 19 settembre 1957 (S/N 6200001) per concludersi a giugno 1960 col ne’ 6232150. Nel gennaio 2005 Nikon annuncia una produzione limitata di 2500 Nikon SP riedite col Nikkor 35mm f/1.8: Ma non parliamo del prezzo, per favore... E' soltanto nel 1958 che la Nikon decide di dare una rinverdita al progetto(vincente) della S2.Il risultato e’ quello di una macchina che si affianca alla SP, portando avanti lo stesso tipo di produzione differenziata in funzione del target di clientela, secondo lo stesso presupposto che negli anni successivi vedre’ nascere le Nikkormat accanto alle Nikon F ed F2, le FM e le FE accanto alla F3 e cosi’ via. Nikon S3 - 1958 Il risultato e’ quello di una macchina che nasce attorno allo stesso otturatore della SP, lo stesso selettore dei tempi e leva di autoscatto, nonche’ le stesse predisposizioni per il collegamento col flash e con i motori elettrici.L'unica differenza degna di nota e’ contraddistinta dal mirino (fiore all'occhiello della SP), che nella S3 offre un rapporto di ingrandimento 1:1, e’ molto luminoso e copre quasi l'intero campo inquadrato da un obiettivo da 3,5cm: le uniche tre cornici ppresenti sono appunto quella per il 3,5 e quelle per il 5 ed il 10,5 cm.La finestra anteriore del mirino e’ diversa da quella della SP e consente di riallineare al centro il marchio NikonAnche peso e dimensioni sono del tutto paragonabili a quelle della SP (peraltro quasi indistinguibile anche dalla S2) Ovviamente sul tettuccio della S3 manca la ghiera di variazione delle cornici luminose che qui sono fisse nell'unico mirino. I prezzi sono analoghi a quello della S2 prima che venisse messa fuori produzione, quindi intorno agli 86.000yen col 5cm f/1.4 al momento della sua uscita sul mercato.Viene costruita in poco piu’ di 14.000 esemplari a partire dal marzo 1958 col S/N 6300001 fino al marzo 1961 quando, in conseguenza del forte successo di vendite della reflex Nikon F, la S3 viene bruscamente messa fuori produzione. Proprio a causa di questa politica commerciale, volta a favorire il lancio della reflex F, nel marzo del 1959 viene affiancato alla Nikon S3 un ulteriore semplificazione del concetto: Nikon S4 - 1959 in sostanza una S3 senza la leva dell'autoscatto, il contapose automatico, la predisposizione per il motore e la cornice per il 3,5cm... un salto nel passato per diminuire fino a 52.000yen il prezzo di vendita col 5cm f/2Purtroppo la concomitanza del lancio della Nikon F fa rifiutare al magnate Ehrenreich di importare negli USA la S4, decretandone anzitempo il suo avvenire, che si concretizza mestamente in appena seimila esemplari costruiti, tutti cromati, a partire dal S/N 650001 Bisogna ovviamente citare anche la versione speciale della S3 del 1960, modificata per ottenere su rullino standard 72 pose, con un formato da 17,5x24mm molto simile all'APS-C di molte reflex digitali dei giorni nostri... se non fosse per l'orientamento verticale del fotogramma! Nikon S3M - 1960 Tale macchina nasce per assecondare le esigenze dei fotografi sportivi al fine di ottenere un numero maggiore di scatti in sequenza rispetto quelli ordinarii.Le caratteristiche complementari di questa ultima telemetro Nikon sono assolutamente identiche a quelle della S3, mirino e cornicette comprese.Della S3M vengono pero’ costruiti appena duecento esemplari a partire dal S/N 660001 Ringraziamenti e citazioni: alla pazienza e conoscenza di storici della fotografia moderna quali Robert Rotoloni e Danilo Cecchi, le cui opere mi hanno guidato ed ispirato nella realizzazione di queste pagine. Insieme alla copiosa quantita’ di immagini per le quali ho attinto avidamente a siti basilari per la conoscenza di queste tematiche quali: Nikon Corporation (jp) mir.com Nikon Historical Society Stephen Gandy 's CameraQuest che se non ci fossero.... dovrebbero inventarli! e ci piacerebbe un giorno lo dicessero di NOI Max Aquila (RFSP) per Nikonland 2006 (C)
  25. Tra la fine di settembre e quella di novembre ho avuto la fortuna di ottenere in prestito questo obiettivo sensazionale già dai dati di targa, in funzione di rapporto dimensioni/prestazioni/peso e non ultimo, prezzo: tutte cose che potete riscontrare già nella sua presentazione di fine aprile, pubblicata su Nikonland Il pretesto per il prestito sono certamente stati i Campionati Mondiali Windsurfer che hanno attirato un migliaio di persone a Mondello ad inizio ottobre, ma chiaramente ho colto la palla al balzo per riuscire a bissare la fortunata esperienza che, ormai quasi tre anni fa, mi ha consentito di utilizzare anche il Nikkor 800/5,6 F-mount, privilegiando come punto di ripresa un moletto che avete imparato a riconoscere... tra il monte Pellegrino ed il Capo Gallo una passerella sul golfo di Mondello Ma prima ancora di arrivare a casa mia, con quell'obiettivo dentro a quella sacca col marchio che mi accompagna da quasi 40anni, come trattenersi dal cominciare subito a scattare...? e quando la più brutta delle foto di prova che si possa fare con un obiettivo, viene già così...con quel gancio della gru, stampato in 3D sulla foschia retrostante... e la successiva foto alla maniglia di una porta, la scatti con la Z9 a mano libera (il treppiede è in altra casa) a t/15 f/6,3 ... cosa ci si può immaginare ancora? Bando alle chiacchiere: questo teleobiettivo vuole prendere il sole fosse anche quello di fine settembre... ...il sole che riflesso da una vela, torni al sensore dopo aver attraversato il suo schema ottico da 22 lenti in 14 gruppi delicato quanto basta sui mezzitoni, duro e contrastato sul piano di messa a fuoco, veloce nella messa a fuoco come un fulmine, o più semplicemente, come un gabbianello all'involo step by step... selettivo come ci si aspetti a questa focale, da un'apertura come questa da f/6,3 che fa storcere il muso a tanti, che non si rendono conto essere solo 1/3 di stop meno che f/5,6 (come l'800 F-mount) ma che in mezzo ci corre una differenza di 2 chili e mezzo di peso (senza contare i 12,5k euro in più da pagare) un obiettivo reattivo, quindi e ben selettivo sui piani di messa a fuoco, come si pretenda a questi ristretti angoli di campo assolutamente incline a funzionare altrettanto bene in DX, arrivando con un colpo di ghiera a diventare un 1200mm-eq dalla nitidezza immensa al tempo stesso facile da gestire con soggetti ravvicinati ed un minimo di pdc in più già a f/8 preciso nel fuoco, anche su soggetti minimi e a grande distanza, sempre resi con dovizia di dettaglio anche nei particolari più fini figuriamoci avvicinandoci al soggetto fino ai margini della sua minima maf di 5metri (non ha display pur essendo un S) le distanze intermedie da 15-20 metri sono le più proficue, considerando la tendenza di queste focali a soffrire per una trasmissione luminosa non perfetta, se velata dai raggi UV o dalla foschia, tanto quanto dalla sospensione dell'acqua e del salmastro in caso di vento forte, o dell'aria calda emanata per esempio dai motori delle vetture in un autodromo, o dalla calura trasudante dall'asfalto assolato in piena estate e se non fosse un tubone da 38cm più corpo macchina, difficile da passare inosservato, potrebbe essere un ottimo tele da ritratto guardate il capello che qui ha ingannato l'AF, come risulta definito e come si stacca il soggetto dallo sfondo, elegante pure nei punti di luce fuori fuoco un teleobiettivo modernissimo nelle sue cromie, aiutate dai moderni strati antiriflesso, Arneo e nanocristalli brillante, croccante, sempre piacevole nella resa delle parti a fuoco rispetto quelle fuori fuoco se non percepiamo la profondità con questo Nikkor Z 800/6,3, ben difficilmente potremo mai risultare soddisfatti (qui in DX ed abbinato al TCZ14 per una focale risultante da 1680mm) Avrete di certo già aperto le gallerie delle foto scattate durante i Mondiali Windsurfer, prima linkate: vi sarete resi conto di quanto veloce sia nella fotografia di sport questo tele nella capacità di seguire il soggetto tenendolo a fuoco nelle condizioni ideali: sole brillante, mare piatto, soggetti contrastati di loro (vele). In questi contesti il Nikkor Z 800/6.3 è gestibile se non a mano libera (ma di sicuro qualcuno con la metà dei miei anni ed un fisico allenato, saprà farlo), quantomeno anche solamente con un monopiede adeguato e queste foto di metà novembre (si...novembre a Mondello...) lo testimoniano le velocità sono sempre considerevoli in queste manovre, e aumentano avvicinandosi: la reattività di questo complesso macchina/obiettivo è entusiasmante, senza esitazioni, nessuna fase di hunting, nè impuntamento alcuno: la differenza dopo quasi 80k di foto scattate con questi teleobiettivi Z (l'altro è il 400/4,5), tornando al mio AF-S 500/4 G con FTZ, si sente tutta in termini di reattività ! talmente naturale questa accoppiata Z9+800/6.3 che i passaggi di inquadratura sono contestuali all'interno della stessa manovra dell'atleta, a mano a mano che si vada avvicinando, fino a non poter essere più contenuto sul piano orizzontale. o viceversa... Insomma, tutto chiaro: sole, cielo, ammore: una Nikon Z9 dietro e passa la paura... Tutto qui? E allora, il titolo...? "Quando il gioco si fa duro...?" Beh, è proprio qui che viene allo scoperto il carattere del Nikkor Z 800/6.3S... Non può fare sole per sempre ed un obiettivo f/6,3 come si comporta quando venga moltiplicato e/o ridotto di formato? Già... come si comporta? cielo grigio, mare plumbeo = colori sgargianti nonostante tempi di otturazione condizionanti gli ISO (qui raramente scendiamo sotto ai 1600) la tenuta è insigne, la spettacolarità del teleobiettivo resta immutata... e al tempo stesso, grazie ad AutoISO, possiamo permetterci tempi velocissimi di scatto anche a pomeriggio inoltrato, al rientro dei velisti. E....tirando ancora più la corda? Cielo buio, mare in tempesta, onde formate, pioggia e spruzzi sotto un vento di Grecale da 20-25 nodi ? Ciaone al riconoscimento dei volti.... ...figuriamoci l' EyeAF... epperò.... ...tanto dove saranno mai gli occhi.... Arrancano insieme, Z9 +800mm, ma riescono sempre a portare fuori il risultato: una incredibile protervia nell'inseguire ed isolare il contrasto cromatico, dove la fisionomia non possa più aiutare, in un inferno di bolle d'acqua polverizzate e congelate da tempi al 4000" ed ISO anche oltre i 2000, talvolta graziati da riflessi che ne attenuano la portata Impossibile non ritrarre anche in questi...frangenti (come chiamarli altrimenti...! ) Scusate se mi faccio prendere la mano, ma per vostra fortuna mi sono limitato a raffiche da 20 ftg/s... rinunciando stavolta alle potenzialità superiori offerte dal fw 3.0 della mia Z9 Insomma, come vedete da voi, fatta la tara alle dimensioni ridotte delle immagini postate, questo è un obiettivo che comincia a giocare, proprio quando il gioco si fa duro ! Come da titolo. E al quale basta un fugace raggio di sole in una giornata invernale, per riprendere ogni potenzialità che una illuminazione carente possa penalizzare in parte. Un teleobiettivo che chiaramente ambisce di lavorare nelle migliori condizioni di luce e di trasmissione luminosa, senza interferenze, per dare il massimo delle sue capacità espressive: ma che non si tira indietro quando ci sia da mostrare i muscoli e adattarsi alle condizioni peggiori. Assolutamente impermeabile, come da test superati brillantemente. Maneggevole, al limite della possibilità di scattare per qualche minuto anche a mano libera: ma certamente meglio tenere sempre a disposizione un supporto adeguato per chi come il sottoscritto macini migliaia e migliaia di scatti ad ogni sessione, consapevole che il momento è adesso e che l'opportunità vada sempre rispettata ed onorata. Grazie a chi abbia avuto la pazienza di arrivare fin qui. Grazie a chi riuscito a fare a meno di questo teleobiettivo per i due mesi in cui lo ho posseduto: è stato tutto tempo speso bene. Grazie anche a Nikon...che continua a sfornare giocattoli così. Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022 DIE HARD...!
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