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  1. Un piccolissimo reportage in cui condivido più sensazioni che cose. Ho già scritto due blog sul Giardino dell'Isola del Pepe Verde, c'era bisogno di un terzo? Sì, almeno per me. Qui non descrivo il giardino, ma il mio vedere il giardino (e la gatta che ne è custode e signora). Intendiamoci, credo che le foto stesse abbiano una qualche qualità (la maggior parte almeno) che le farebbe "stare in piedi" anche per conto loro. Se no non le pubblicherei. Il Giardino. Di fronte a giardini ben curati, quelli belli ordinati, con aiuole ad erba rasata e bei, grossi mazzi o siepi di fiori multicolori, magari fiori grandi, radunati secondo schemi classici.. io provo un vago senso di disagio, di costrizione, di ordine imposto in nome di un'estetica forzosa. Più il giardino sembra casuale, "libero" al limite dell'incolto, più mi sento a mio agio. L'isola del Pepe Verde mi attrae anche per questo. Se aggiungiamo il divieto di fumo e di tormento "sonoro", sono ancora più a mio agio. L'incontro. Questa foto di una statuetta un po' consunta del Buddha per me non è una foto banale per due motivi, uno personale emotivo, che non è detto sia condivisibile, e uno più strettamente fotografico su cui penso si potrebbe tranquillamente discutere. Personale è stato l'incontro, inaspettato, passeggiando in un angolo del giardino, mi ha mosso al sorriso e infuso serenità; adesso quando vengo in questo giardino torno a rivederla. La bellezza non è nella statua ma nel contesto, che anche fotograficamente non mi sembra insignificante. Fotograficamente, la statuetta emerge dall'edera che la circonda,come una cornice, sullo sfondo brutte reti metalliche e legni ricordano che c'è il mondo di fuori che continua ad agitarsi. Inquadrandola come ho fatto, ho così cercato di non fare fare un'illustrazione qualsiasi di statua del Buddha (che probabilmente vendono a milioni nei negozi di giardinaggio, arredamento d'esterni ecc.) ma mostrare che da dovunque arrivi, qui questa statua ha trovato il posto giusto, a modo suo è in armonia (molto più che un nanetto ) con ciò che la circonda e ha anche un significato*, e rafforza la sensazione di benefica tranquillità che tutto il giardino mi ispira. Pepina. L'unica cosa che non amo di lei è il nome, ma si sa, I Gatti non si curano dei nomi che gli danno gli uomini perchè hanno i loro, che non sapremo mai (lo dice Elliott). Attempata signora, sempre elegante, ultima di una colonia scomparsa da tempo, ha eletto da anni il giardino a suo regno e dimora. Quando arrivi ti viene incontro e ti valuta, ti giudica. Se ti trova interessante (e se hai crocchette) può decidere di stare un po' con te, farsi accarezzare e concedere qualche posa per poi tornare ad occuparsi del suo regno e svanire così come è comparsa. La maggior parte delle mie foto di Gatti è in bianco e nero ma Pepina è grigia con occhi intensi, e il contesto è molto vario per cui preferisco ritrarla a colori. Non prendiamoci troppa confidenza ... Ma no, mi fido, poserò per te: Possiamo capire perchè gli Egiziani consideravano sacri i gatti? Un'ultima inquadratura, ti ho concesso del tempo ma adesso è ora di separarci. Tornerò ancora all'Isola del Pepe Verde, ma non ne scriverò più, promesso. Oggi vi ho messo a parte del mio sentire, quindi non occorre tornarci sopra (Non prometto di non mettere più foto di Pepina però ). Se avete qualche commento da fare fotografico e non, mi farà piacere. *NOTA Solo per gli interessati alla spiritualità orientale: La posizione delle mani del Buddha non è mai casuale, qui mi pare sia quella associata al primo discorso dopo il Risveglio, quando l'insegnamento Buddhista prende vita (sto semplificando al massimo il concetto de "l'avvio della Ruota del Dharma") per cui la posizione delle mani è detta Dharmachakra mudra. Quindi inaspettato incontro con il Buddha che da' l'insegnamento! Se tra voi c'è qualche Buddhista, può confermarmi o smentirmi sul mudra? Grazie!
  2. Più vecchi e malconci, resistono, all'età, al maltempo ed alle cattiverie umane. La bicicletta è di Rosy, che da cinquant'anni almeno continua ad occuparsi di loro.
  3. Questo reportage non è incentrato tanto sui gatti (anche se i gatti c'entrano), quanto su ciò che ci "gira intorno", compresi i loro fan, è piccolo e condito di un pizzico di ironia. Siamo al "Festival dei Gatti", una fiera che si tiene oggi e domani a Villa Castelbarco, a Vaprio D'Adda (MI). Ci sono stato più che altro per curiosità, visto che esponevano alcune razze feline che non avevo mai visto dal vero. Sapevo che non avrei trovato modo di fare foto significative ai gatti, ma mi son portato un po' attrezzatura perché ...non si sa mai. Mi sono divertito quasi di più a vedere la gente che c'era, che i gatti. Andiamo con ordine: Arrivo: Scultura felina. Nell'area antistante la villa c'erano degli artisti del legno intenti ad scolpire felini tridimensionali o a bassorilievo. All'interno della villa seguo il percorso segnato da frecce: incontro la modella del cat-body-art che, su richiesta, si lascia fotografare ma con l'asciugamano perchè ancora "svestita". Più tardi sarà possibile fotografarla "decorata". Segue una mostra fotografica con ottime foto delle varie razze feline. Merchandising!! Quello dei pet (animali da compagnia) è un business multimilionario, per cui non mancano gli stand di settore. Oltre a quelle con il cibo, le lettiere e l'accessoristica, le bancarelle di bazzeccole ad ispirazione felina erano innumerevoli, l'abbondanza di ninnoli era quasi inquietante. Ogni tanto una molto graziosa venditrice di cose gattesche. E questo cosa c'entra in un festival dei gatti? Serve a raccogliere i ...gattini! (non spaventatevi, in Lombardia così son detti i mucchietti di polvere che si accumulano sul pavimento, non so se anche in altre regioni). C'era anche un nutrita serie di stand delle associazioni protezionistiche che non erano fotogenici anche se forse erano l'iniziativa più utile della manifestazione. Arte felina, molti i pittori e disegnatori, a destra appare una cat girl con bombetta orecchiuta. Arte felina. C'era una piccola ma molto graziosa mostra di foto di Marianna Zampieri, dedicata ai gatti di Venezia. Marianna Zampieri mi dedica il suo libro, contenta di aver conosciuto un altro fotografo di gatti. Il cartellino del prezzo si riferisce alle borse di tela su cui si era appoggiata per scrivere, non al libro, naturalmente. C'erano anche molti stand di Pet Photographers, che si facevano pubblicità oppure offrivano un ritratto "professionale", sul posto, al tuo animale con o senza di te. Altre curiosità: Stands di counselling felino, dove puoi esporre i problemi di comunicazione che hai col tuo gatto e loro ti spiegano dove sbagli e come rimediare. Affollatissimo. Tengono anche un corso di formazione con tanto di attestato di "consulente di comportamento del gatto". Se pensate che sia una stranezza... non sapete chi è Jackson Galaxy! (cercate su Youtube e Wikipedia e, se non siete del giro, resterete di sasso). Sì, ma in questo festival dei gatti, i gatti dov'erano ? C'erano, naturalmente, ma per lo più erano tenuti ingabbiati per evitare la fuga e soprattutto lo smanacciamento a morte da parte di orde di fan. Periodicamente prendevano un pochino d'aria. In molti casi era anche vietato l'uso del flash, giustamente, per cui fare foto decenti non era per nulla semplice. C'erano soprattutto razze costose, come i bellissimi (e carissimi) Bengal, razza la cui creazione non mi rende felice, in quanto risultato di ibridazione fra gatto domestico e Gatto Leopardo dell'India e Sud Est Asiatico, un animale selvatico. Occorrono tre generazioni di reincroci con esemplari domestici perchè perda il carattere selvatico. Quello sotto è un Sacro di Birmania, docilissimo, era possibile accarezzarlo solo previa abluzione delle mani con amuchina. Fai piano, che sono di razza nobile io! Eccolo con l'allevatore, l'espressione (quella del gatto) è un po' del tipo quando si va a casa? C'erano i grandi, dolci Siberiani, che sono tra i gatti a pelo lungo più belli che ci siano (anche se io sono sempre per i gatti di strada ). No foto, sorry. Ecco uno scocciatissimo British Shorthair che mi fa: "E tu che vuoi da me?" poi si gira, ci ripensa e si volta di nuovo verso di me : " Intanto comincia col togliermi 'sto fiocco". E questo è Barivel ("Monello" in qualche dialetto piemontese) un Maine Coon di Vigevano che è nel Guinnes dei Primati come gatto più lungo del mondo, ben 119, 89 cm (il precedente detentore del record si chiamava Ludo, era di Wakefield, era lungo un cm di meno ed è morto ne 2013). L'effetto grandangolo accentua un po' la stazza, ma vi garantisco che è proprio "'na bestia" di gatto. Vedere un Maine Coon è un'esperienza, vedere un grosso maschio di Maine Coon è un'esperienza più grossa. I Maine Coon meritano assolutamente il soprannome di Gigante Gentile che gli danno negli USA, perchè in genere sono dolcissimi. C'erano molti allevatori di Maine Coon e anche molti visitatori con Maine Coon al seguito (hanno un carattere docile, a volte quasi canino, ad esempio si adattano bene al guinzaglio). E' una razza molto di moda. Maine Coon in passeggino per gatti o cani non troppo grossi. Maine Coon (non so se puro) sempre in passeggino, fotografatissimo perchè aveva gli occhi di colori diversi. Ho letto che in alcune razze la diversa colorazione è associata alla sordità dal lato dell'orecchio azzurro (associata al colore bianco, codificato dallo stesso gene, in pratica un gatto bianco con gli occhi azzurri spesso è sordo). Ho finito il giro, la cat body model non ha ancora finito, ma non ho voglia di aspettare, chiedo di poterla fotografare intanto che si sta facendo un selfie, lei accetta ridendo. Fuori, gli scultori stanno terminando le loro opere. E questo è tutto. PS Tutte le foto scattate con Nikon D500, Sigma 17-70mm f2.8-4 C, e flash Godox V860 quando possibile.
  4. Un pezzetto di terreno nascosto, quasi, nel bosco, trasformato in un giardino ed un orto, una piccola graziosa oasi tranquilla, dove si respira pace, A movimentarlo ci pensa una banda felina, una dozzina di gatti che hanno fatto amicizia (un po' interessata forse, ma si sa, i gatti sono ...pragmatici) con la proprietaria e la vengono a trovare ogni volta che passa. Compaiono dal nulla uno di qua uno di là come se si fossero passati la voce e vengono a salutarla (sperando in un pranzetto gustoso, che non manca mai) e fare un po' di compagnia. Su gentile invito, saputo del mio amore per la stirpe felina, ho potuto passare una divertente mattinata a fotografare questi piccoli randagi. Una micro Aoshima? Sono sospettosissimi, più selvatici dei gatti delle altre colonie feline che ho incontrato, si fidavano solo della proprietaria del giardino. Muovendomi come ero uso fare coi gatti del Castello Sforzesco o del Cimitero Monumentale era troppo per loro, li allarmavo e correvano a nascondersi, Ho dovuto adeguarmi ed essere molto più cauto, così ho portato a casa qualche immagine che mi piace e spero dica qualcosa anche a voi, amanti o meno di questi animali. Unica eccezione questa gatta a pelo lungo che era socievole e ciarliera. Si atteggiava persino a modella Golosa. Questi gatti non hanno un nome, o meglio, come ci ricorda T. S. Eliot anche se non hanno un nome dato da umani, hanno comunque il loro nome segreto, che non ci riveleranno mai. Dopo essersi saziati, si sono messi un po' più a loro agio, anche se sempre attentissimi a quel che facevo, mi hanno lasciato fare qualche foto mentre si riposavano o giocavano Ma mi tenevano d'occhio. Appunto... Questa piccoletta è la più vivace e la più selvatica, preferisce tenere le distanze altrimenti ti guarda con un'espressione che invita a stare al tuo posto (cioè lontano da lei). Che vuoi da me? E dire che è proprio elegante, sembra quasi un gatto selvatico in miniatura. Una volta soddisfatti del pranzo e del riposino, i gatti ad uno ad uno se ne vanno senza fare rumore, il tempo di uno scambio di sguardi con questa timida creatura E poi anche lei si dilegua. NOTA TECNICA: Ho usato la Z6 come corpo macchina perchè era una giornata grigia e scura e di sicuro avrebbe gestito meglio la situazione di luce scarsa rispetto alla Z fc; come obiettivo ho usato il 24-200mm, adattissimo alla situazione. Data la location ho preferito il colore al Bianco e Nero.
  5. Mi perdonerete se una è fatta con l’iPhone (indovinate quale 😂) ma volevo condividere con voi in questo anno e Natale fuori dall’ordinario i miei sinceri auguri. Che tutto torni alla normalità al più presto. Auguri anche da parte del mio Grinch E del mio folletto (Z7 85s riconoscimento occhio animale)
  6. Questa volta uso le mie foto a scopo divulgativo, sperando che comunque siano "anche" gradevoli. Vi avviso, quanto scrivo può sembrare polemico, ma sono le mie opinioni, sulle quali potete benissimo non essere d’accordo. Discussioni e critiche costruttive sono ben accette (se no che scrivo a fare?), astenersi però da posizioni intransigenti o aggressive. Dall’alba della civiltà l’uomo ha sempre creato delle “razze” di animali (= varietà all'interno di una specie) a partire dai primi progenitori degli animali domestici, molto simili ai loro antenati selvatici. Selezionando ed incrociando fra loro quegli individui che presentavano caratteristiche utili. Darwin stesso trasse l’idea iniziale della sua teoria dell’evoluzione per mezzo della selezione naturale proprio osservando la selezione artificiale compiuta sugli animali domestici. Da questa creazione di razze a scopo di utilità, per la carne, il latte, la lana o, nel caso del cane, difesa del gregge, guardia, caccia, e così via, si è passati anche a selezionare animali per divertimento, creando “razze” il cui unico scopo è un appagamento estetico, o suscitare qualche risposta emotiva od anche per puro divertimento, anche se queste razze a volte hanno problemi. Creare una razza significa incrociare individui fra loro consanguinei per stabilizzarne le caratteristiche. Siccome non non c’è corrispondenza uno a uno fra un gene ed un carattere, per fissare una certa caratteristica che interessa può capitare di fissarne insieme un’altra (o più), indesiderata e spesso dannosa per l’animale. Così delle mutazioni genetiche negative anziché andare diluite e disperse nella massa della popolazione, vengono mantenute e tramandate. Per questo, specialmente oggi che sappiamo come funzionano le cose, il giocare all’ evoluzione richiederebbe intelligenza, responsabilità e senso della misura. Invece, come per tante altre cose, si ha una visione ristretta e antropocentrica (se ci piace, allora è buono). Così per divertimento o profitto si vadano a creare nuove razze di animali “carini” o “bizzarri”. Senza pensare prima alle conseguenze, magari preoccupandosene dopo. Non conosco molto bene le razze canine, non so quali siano quelle che hanno problemi ereditari, per cui non ne discuto. Parliamo invece dei gatti. Si sono addomesticati da soli seimila anni fa e fino alla metà del secolo scorso le diverse razze feline, alcune spontanee altre create, erano variazioni limitate rispetto al modello originario, (con l’eccezione dei Manx e altre razze di gatti senza coda) così anche le eventuali tare ereditarie erano rare. Poi, dagli anni ‘50-'60, si è scatenata la mania, numerosi allevatori, hanno pensato bene di far riprodurre dei gatti mutanti per creare razze singolari, anche spettacolari, che oggi sono vendute a caro prezzo. La gente se ne innamora, senza sapere bene cosa c’è a monte. Vediamo un paio di esempi: Scottish Fold. Tondino e carino. Esiste in versione a pelo corto ed a pelo lungo, come questo. La “razza” nasce nel 1961 in Scozia quando presso la fattoria dei signori Mc Rae nasce una gattina bianca (Susie) con le orecchie piegate in avanti (a bottone) così che la testa sembrava quella di un gufetto. La gatta mise al mondo altri cuccioli sempre con le orecchie flosce. Questi cuccioli venero adottati ed incrociandoli con dei British shorthair con orecchie normali si scopri che nascevano cuccioli con le orecchie piegate, ossia il carattere era dominante. Per farla breve, si continuò con i reincroci e venne creata la razza Scottish Fold (Fold vuol dire piegato). Ma perché le orecchie si piegavano? Perché erano molli, ed erano molli perché la loro cartilagine aveva qualche problema. Ma la cartilagine non sta solo nelle orecchie. Se le cartilagini non crescono abbastanza forti da sostenere le orecchie questo porterà patologie anche alle ossa. I gatti che ne venivano colpiti zoppicavano, presentavano rigidità articolare e riluttanza nel saltare. Il gene era inoltre anche responsabile di osteodistrofia, per cui i gattini potevano nascere con zampe corte, malformate e altre anomalie. Senza contare che le orecchie piegate erano difficili da pulire e così si sommavano malattie e sordità. Tutto questo senza contare le malattie tipiche di altre razze “pure” di gatti come la cardiomiopatia ipertrofica. Però erano tanto carini… si cercò di migliorare le cose con degli incroci con dei British shorthair ed altre razze, in modo da diminuire la frequenza di questo gene e si è presa qualche cautela negli accoppiamenti, così oggi, a parte il problemi di pulizia delle orecchie, che rimangono, la frequenza di queste malattie è ”ridotta”. Non sto affermando che tutti gli Scottish fold siano malati, oggi sono monitorati, solo che la razza è un po' delicata. Sphinx e simili. I gatti pelati. A mio modesto parere uno degli elementi di fascino del gatto è la sua morbida pelliccia che oltretutto ne arrotonda il profilo, ma dev’essere una questione di gusti personali, se no non si spiegherebbe il successo che stanno avendo le razze “pelate”. L’allergia al pelo di gatto non ha niente a che vedere con la creazione di razze pelate, perché non si è allergici al pelo dei gatti, ma a una proteina della sua saliva e anche i gatti pelati si leccano. In bianco e nero perchè, come previsto dal nostro admin con la luce artificiale la foto risultava altrimenti indecente. Torniamo ai nostri Sphinx ed assimilati. Questa razza non ha particolari tare ereditarie, ma è: Intollerante al freddo (ovvio) Rischia di scottarsi gravemente se si espone al sole. Occorre proteggere la sua pelle con creme ad alta protezione. L'assenza di peli nelle orecchie comporta un eccesso di formazione di cerume. Per cui vanno costantemente pulite con soluzione antibatterica. L’assenza delle ciglia porta a maggior lacrimazione. Stesse cure che per le orecchie, se no si infettano. Questi gatti non hanno i peli, ma hanno le ghiandole sebacee che servono servirebbero a lubrificare i peli. Senza peli il sebo si accumula e va asportato con detergenti per evitare malattie della pelle. Ma giocare agli Dei è tentazione forte, così ecco il Gatto Elve (elfo) che combina l’assenza di pelo con le orecchie rovesciate all’insù della razza American Curl, per cui si sommano i problemi della mancanza di peli a quelli della delicatezza delle orecchie. N. B. Tutto quello che ho scritto è ampiamente documentato e pubblicato, non sono mie invenzioni. Il gatto "elfo", Bianco e nero seppiato per lo stesso motivo. L' American Curl, bel gattone dalle orecchie arrovesciate. Frequente la polidattilia (avere sei o sette dita nella zampa anteriore) in questa razza. Il gatto ha per caratteristica (ed è uno degli elementi del suo fascino) di essere un animale semi domestico, indipendente e in buona misura in grado di cavarsela da solo in caso di necessità. Queste razze invece sono incapaci di sopravvivere all’aperto, e comunque necessitano della cura degli umani. Cosa pensavano i loro creatori? Lasciateci essere Gatti e basta... Ho fatto questi esempi perché sono fra i più eclatanti e poi ho foto decenti solo di queste razze. Ma potrei farne molti altri. Come il Mumchkin, il gatto con le zampe da bassotto (!), o lo stesso Manx, in cui il gene della coda corta è legato (a volte) a gravi handicap. Non voglio fare il terrorista, oggi molti di questi gatti stanno bene e vivono a lungo, se trattati con cura. Se vi piacciono, comprateveli. Il mio messaggio è un altro e spero sia chiaro: Manipolare esseri viventi per pura moda, senza alcuna utilità vera, senza pensare che si stanno creando degli individui nati per soffrire, è un’estensione del nostro voler centrare tutto sulla misura umana. Finchè si confondono i piani, finchè si riduce tutto alla nostra misura, non si può avere idea di cosa significhi veramente rispettare gli animali, e cosa fare per proteggerli.
  7. Prendere il treno nel weekend non è che mi renda particolarmente felice, quale pendolare da oltre diciott'anni ho imparato a temere gli imprevedibili imprevisti ferroviari, ma per l'uscita in programma era la soluzione più rapida ed economica e ci è pure andata bene, per una volta. Scusate la digressione. Stavo dicendo? Ah sì, l'uscita fotografica. All'Isola dei Pescatori, ossia Isola Superiore, appena più a Nord dell'Isola Bella, vicino a Stresa, Lago Maggiore. E' l'unica delle tre isole contigue ad essere abitata per tutto l'anno; è larga 100m e lunga 350, proprio un'isoletta dunque, ma la preferisco di gran lunga alla più pomposa Isola Bella. Vista dal battellino che porta all'isola. All'approdo. Le case hanno i balconi lunghi perchè un tempo ci si stendeva il pesce ad essiccare. Date le dimensioni dell'isola il tour panoramico è rapidissimo: Ma dell'isola mi piacciono i vicoli stretti le case e le stradine acciottolate. In febbraio poi, è quasi deserta. Il tempo sembra fermarsi. Se la giornata è bella mette pace al cuore. Ahimè cartelli e teloni rovinano un po' l'atmosfera. Una scala con le resti stese (apposta?) I Gatti dell'Isola. Non avrete pensato che mi sarei fatto e poi vi avrei propinato una gita turistica qualsiasi, vero? Il mio scopo era visitare la piccola popolazione di gatti che lì vive in armonia con quella umana (cinquanta persone residenti stabili ed una decina di gatti "semiliberi"). I gatti sono un po' ovunque, quello in secondo piano arriva sul molo sempre in coincidenza col traghetto, saluta silenziosamente la gente che scende o che sale e poi torna a farsi gli affari suoi fino all'arrivo successivo. Nel complesso, i gatti dell'isola sembrano godere di salute migliore di quelli delle colonie feline. hanno le loro scatole rifugio, ho visto in giro delle ciotole e loro sono più puliti e sani di quelli, ad esempio, del Castello. Merito anche forse della maggiore pulizia del luogo e dell'assenza di piccioni che imbrattano, ma soprattutto infettano, con le loro deiezioni piene di microbi patogeni. Spuntano un po' dappertutto. Questa micia (con Gianni nella foto) era socievolissima ...o voleva qualcosa da mangiare? Come diceva una giallista inglese: "qualsiasi posa assumano, i gatti sono sempre fotogenici". E sembrano sempre sapere cosa hanno in mente. La panchina è per me, tu cercane un'altra. Questa è sbucata da un balconcino e, visto il collarino, non fa parte del popolo libero, dev'essere proprietà di qualcuno (sempre che si possa dire così di un gatto) Mezzogiorno passato, ora della siesta. Un quadretto.. con gatto: Uscita simpatica, mi sa che tornerò a trovare questi amici felini.
  8. Creatività, musica, gatti. Una simpatica idea della designer e fotografa Alfra Martini. A questo indirizzo trovate le altre, veramente divertenti. https://petapixel.com/2017/12/14/famous-album-covers-recreated-cat-photos/
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