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  1. Benedetto Marcello Arianna Athestis Chorus, Academia de li Musici, diretti da Filippo Maria Bressan Chandos 2000 *** Benedetto Marcello, con il fratello Alessandro, possono essere definiti effettivamente dei compositori dilettanti. Dilettanti perchè, essendo nobili veneziani, nel '700 non potevano avere una professione. Ed in effetti non componevano che per diletto, loro e della loro cerchia. Non per questo non possono essere entrambi annoverati tra i più interessanti musicisti italiani dell'intero barocco. Questa composizione, in particolare, è probabilmente l'unico melodramma lirico di Benedetto, più incline alla musica sacra e strumentale o agli intermezzi vocali. Lo stesso autore non la definiva che una "trama scenico musicale" e fu composta di fatto per essere presentata in un consesso ristretto, probabilmente per intrattenere il Cardinale Ottoboni, nel 1727. E poi più, perduta sino al 1885, per essere pubblicata solamente nel 1948. Ed incisa per la prima volta in questo disco della Chandos nel 2019, praticamente due secoli dopo. L'intreccio è quello visto già innumerevoli volte da Monteverdi a Strauss, Arianna - che qui non si lamenta in tono drammatico - divisa tra il suo amore per Teseo che non la riconosce e la corte di Bacco che la vuole per se. Il libretto di tale Pietro Pariati in se non è grande cosa, ma la musica è degna di Handel e che rappresenta una novità per il teatro veneziano (sebbene, come dicevamo, Benedetto non compose mai per il teatro pubblico, certamente influenzò altri compositori che ascoltarono la sua opera). E c'è il coro, oltre ai solisti, cosa inusuale in composizioni del genere. Già l'ouverture in tre parti rivaleggia con quelle del sassone. E poi c'è un'aria che da sola vale l'intera opera e che è tra le gemme del barocco italiano. Arianna, sconsolata, si rivolge al suo amore Teseo dicendo : "Come mai puoi vedermi piangere senza che frangere il cor ti senta? Come mai spenta è in te pietà? Morta mi vuoi? Crudel m'esanima. Togli a quest'anima la pena amara, che da te cara la morte avrà." con una melodia dolce e delicata ma di espressività da togliere il fiato. L'aria è disegnata con un accompagnamento obbligato a due flauti, estremamente originale (che ricorda certe arie di cantate di Bach : ricordiamoci che Benedetto Marcello nacque nel 1686, Bach ed Handel nel 1685, Bach non conobbe Marcello ma ne leggeva e trascriveva la musica, Handel invece lo incontrò più volte nei suoi viaggi in Italia). Il punto debole della composizione è probabilmente la soavità complessiva che non indugia sul tono drammatico ed anzi, appena può, gira sul festoso, non appena è chiaro che Bacco avrà la meglio su Arianna e che Teseo riuscirà a fuggire con Fedra, sorella di Arianna. Non è un limite perchè probabilmente la destinazione - intrattenimento - e il consesso - eruditi, musicisti e prelati - richiedeva un tono lieve. Il melodramma per un pubblico comune non era l'obiettivo della composizione. Questo lascia un pò l'amaro in bocca perchè di fondo poteva veramente uscirne un'opera di livello mondiale. Nell'ultimo periodo l'aria ha un certo successo - è stata registrata in un paio di raccolte, tra cui l'ultimo disco della Kozena (non particolarmente brillante) - mentre questa è l'unica registrazione dell'intera Arianna. La direzione è brillante, le voci perfette, lo stile adeguato al profilo, la registrazione priva di difetti. La riscoperta di questa composizione colma un vuoto nella purtroppo non copiosissima discografia dedicata ai fratelli Marcello ed ad altri nobili musicisti veneziani, eclissati sempre dalla fama non sempre meritata di Vivaldi, alla cui ombra certamente, dovettero sottostare in vita (e in morte).
  2. Wolf-Ferrari : Il segreto di Susanna, intermezzo in un atto Serenata per archi in mi bemolle maggiore Judith Howarth, soprano Angel Odena, baritono Oviedo Filarmonia diretta da Friedrich Haider Naxos 2019, 44/24 *** Non conosco la ripresa del 2010 di Vassily Petrenko a Liverpool ma ricordo l'edizione più storica della Decca condotta magistralmente da Lamberto Gardelli. E' una rarità questo intermezzo in un atto che richiama l'opera buffa italiana del settecento quando il panorama lirico è intriso di drammae tragedie. Lieve ed intensamente ... mediterraneo che nulla ha a che vedere con Strauss o Puccini, tantomeno con Wagner. Vi rimando alla trama ben descritta nel libretto (un fresco marito geloso pensa dapprima che la moglie abbia un amante "fumatore", lui detesta il fumo già dall'odore, lei indulge con le sigarette per ristorarsi in qualche modo dall'eccessiva guardiania del marito, poi la scopre, è lei e non il suo amante né il servitore che intanto prepara la cioccolata. Un richiamo della Serva Padrona che in qualche modo fa da modello a questa piccola opera). L'ouverture è un piccolo capolavoro di temi intrecciati, di contrappunto, di frizzantezza (tanto brillante da essere stata incisa anche da Bernstein) E tutta la composizione (13 tre arie e duetti, anche con accompagnamento al piano solo) è fatta di pura melodia all'italiana, del pur italiano solo per parte di madre, Wolf-Ferrari. Il finale riprende i temi dell'ouverture Aggiungo solo che la composizione data 1905-1909 ed è stata composta ed eseguita per la prima volta a Monaco nel 1909, in tedesco. L'autore aveva una trentina d'anni. Di li a poco l'Europa sarebbe annegata nel sangue, Mahler stava completando la sua opera. E proprio contemporaneamente a questo momento di gioioso menage familiare dell'epoca edoardiana, Schonberg impostava atonalità e dodecafonia, probabilmente quanto di più lontano dal mondo musicale del brillante Ermanno Wolf-Ferrari. Ancora più lieve e con un leggerissimo sentore di melanconia (ma leggero, leggero), la serenata per archi del 1893 (l'autore diciassettenne). L'articolazione delle parti è già ricca e si permette di chiudere il finale con un fugato estremamente veloce. L'ispirazione è mozartiana ma non è affatto una operazione di restaurazione musicale, si tratta di una piccola gemma che è ben più interessante, musicalmente, di altre più celebrate nei repertori correnti (tipo, senza fare nomi, quella di Chaikovsky). Una bella operazione di recupero di Naxos che approfitta di un cast di primordine. La soprano è ben conosciuta ed ha cantato per Soldi, Abbado e Sinopoli. Il baritono spagnolo è ad uso al repertorio italiano (tra Verdi e Puccini). Il direttore è austriaco ma ha sangue italiano ed è un estimatore dell'opera di Wolf-Ferrari. L'interpretazione nel complesso è molto ben condotta, su toni frivoli e frizzanti che richiamano effettivamente più la musica italiana del barocco (senza strafare) dove invece quella meno recente di Gardelli ha come modello, probabilmente, Mascagni. Bel disco che consiglio anche per andare oltre la curiosità, Ermanno Wolf-Ferrari è un compositore di cui dovremmo andare più fieri, noi italiani. Edizione alternativa, Decca (probabilmente introvabile) :
  3. Non sono d'accordo. I manuali Nikon per il 90% contengono informazioni comuni che ben conosciamo. Solo la restante parte ha informazioni che possono tornare utili in determinate circonstanze. Motivo per cui la stampa di 624 pagine è un inutile spreco di risorse in ogni caso. Poi, sinceramente quante volte ricorri al manuale nella vita utile di una macchina, dopo il primo approccio orientativo quando è nuova ? E quando hai bisogno di una informazione specifica, non è 100 volte più pratico usare una funzione "cerca" in formato elettronico che stare li a sfogliare indici, scoprire che la pagina non è giusta, tornare all'indice, riprovare etc. etc. e intanto sfogliare centinaia di pagine di volumazzo ?
  4. Il primo Club che nasce con questo orientamento. Proprietario, ispiratore ed animatore, Silvio Renesto :
  5. Non starà sfuggendo a chi è attento alle cose di questo sito quanto stia languendo la partecipazione. Come se la fotografia avesse stancato, avesse stancato fotografare. Persino certe "novità" attese o presentate, sembrano interessare meno. Non per tutti, ovviamente, i più di noi sono sempre interessati. Ma magari la fotografia sta tornando ad essere quello che è per molti o per la maggior parte di noi, un modo per sublimare altre passioni. Niente di male, e nessuna recriminazione, critica, appello o chiamata alle armi. I vestiti si cambiano nel corso della vita, vuoi perchè il corpo cambia, vuoi perchè i vestiti stessi si logorano. Nella mia visione attuale e per quanto io possa fare al riguardo, vedo Nikonland trasformarsi sempre più in un Polo Multiculturale, dove Nikon e la fotografia fanno da collante per tante altre cose, non necessariamente di matrice fotografica, anzi. Ho deciso che Nikonland sarà il mio unico sito per il futuro e che qui dentro ci saranno tutti i miei interessi online. Lo avete visto l'anno scorso con il modellismo, quest'anno con la musica classica, prossimamente con la mia passione per le cose "guerresche". Ma vorrei estendere questa possibilità/opportunità anche a chiunque altro iscritto nutra forte e sana passione per qualche cosa. (Quasi) Qualsiasi Cosa. Lo strumento che può consentire tutto ciò sono i Club che possono crescere a piacere oltre gli attuali, oltre l'attuale, senza limitazioni (salvo parlarne di volta in volta). Chi volesse può propormi per messaggio personale un suo progetto che necessiterebbe di un Club. L'unico impegno, IL SUO FORTE IMPEGNO a mantenere il suo CLUB vivo, possibilmente ogni giorno, tutti i giorni, per ... sempre o per un tempo vicino a "per sempre". Eventualmente, fatemi sapere che ne pensate o se avete proposte al riguardo. Mauro PS : nei club non ci sono i vincoli nikonisti che ci sono in prima pagina (lato editoriale : articoli), né quelli fotografici, purchè, anche se un Club si dedicasse che so, alla poesia romantica della Papuasia, ci sia comunque una connotazione di immagini a corredo. Almeno quelle necessarie. Siamo pur sempre in un sito fotografico. PS2 : vi potete anche coalizzare per gestire un Club, come me e Giovanni per la musica classica (VariazioniGoldberg). PS3 : non ci sono limiti a quanti Club uno può avere. Se li sa gestire ed alimentare con costanza.
  6. Raccomandazione per l'ambiente : non stampate inutilmente i manuali, consultateli online quando vi serve Nikon li pubblica, in tutte le lingue e soprattutto li mantiene aggiornati in caso di necessità. Consideriamo i manuali come se fossero software.
  7. Per la suite di Parry consiglio in alternativa questo disco del 1993 : molto interessante e frizzante e che contiene musica effettivamente per orchestra d'archi (e probabilmente il disco vale per le due meravigliose composizioni di Frank Bridge che la precedono). Mentre chi volesse realmente capire cosa sia la sonata per organo Op. 28 di Elgar, potrebbe essere catapultato in età edoardiana dall'organo della Cattedrale di Westminter in questa bella edizione Meridian del 2010 che contiene altri interessanti esempi tipicamente elgariani di musica organistica, molto solenne e degni di colorare l'incoronazione del nuovo Re.
  8. British Music for Strings I Parry, Elgar, Jacob Sudwestdeutches Kammerorchester Pforzheim diretta da Douglas Bostock CPO 8/1/2021, formato CD, via Qobuz *** Trovo semplicemente deliziosa la An English Suite di Charles Parry che qui apre questo primo volume di quella che sembra una raccolta di dischi di musica inglese per orchestra d'archi. E' realisticamente una suite con tanto di minuetto e di sarabanda ma vicina ad una vera e propria sinfonia per archi. Qui è ben resa anche se conosco edizioni anche più frizzanti. Credo che comunque rappresenti bene lo spirito veramente britannico di questa composizione (scritta durante la guerra tra il 1914 e il 196) Segue una versione per orchestra d'archi scritta da Hans Kustovny della sonata per organo Op. 28 di Edward Elgar (1895). Si tratta di un arrangiamento tedesco contemporaneo (2006) di una composizione classicamente inglese. E' mantenuta l'atmosfera tranquilla dell'originale ma se con l'orchestra d'archi guadagna la tessitura della trama musicale, si perde l'immanenza organistica. Il risultato è interessante ma un pò criticabile. La sinfonia per archi di Gordon Jacob è il più recente dei lavori presentati in questo disco (1943). E' musica "tedesca", nel senso della tensione contrappuntistica, specie nel terzo movimento, tutto fatto di fugati ed abbastanza vivace (non proprio "molto vivace" come indicato dall'autore) e viene dopo due movimenti andanti, piuttosto desolanti. Probabilmente ispirati dal tempo di guerra. Nel complesso, probabilmente il brano più impegnato e tecnico dei tre ma il meno piacevole da ascoltare (tranne, appunti, gli interessanti fugati finali, molto tecnici ma poco musicali alla fine). Questo disco mi pare interessante ma un pò "freddo" e non troppo coinvolgente. Anche il suono degli archi è un pò freddo (ascoltato sia nei diffusori che in cuffia elettrostatica) e probabilmente questo non aiuta a convincere di più l'ascoltatore.
  9. Beethoven I Concerti per pianoforte e orchestra Ronald Brautigam, fortepiano Die Kolner Akademie diretta da Michael Alexander Willens Bis 2019, formato 96/24 *** Il fortepiano non è uno strumento antico, non è un clavicembalo, è il primo tipo di pianoforte. Nato in Italia nel 1710 era caratterizzato sin dall'inizio dalla percussione delle corde al contrario degli altri strumenti a tastiere che invece pizzicavano le corde per ottenere il suono. Era costruito con una cassa di legno e fino alla prima metà del '800 è stato lo strumento di elezione dei musicisti europei. Già Bach apprezzo i fortepiani Silbermann di Berlino di cui Federico di Prussia aveva una collezione nelle sue residenze. Ma poi Mozart, Haydn e naturalmente Beethoven che pensò tutta la sua musica al e per il fortepiano. L'evoluzione con cassa interna in ghisa, l'allungamento della coda, corde più lunghe, spesse e tese, migliori sistemi di percussione portarono - ma solo nell'ultima parte della sconda metà dell'ottocento, al pianoforte che conosciamo oggi. Che solo nel '900 è diventato capace di intrattenere sale da concerto molto grandi ed assorbenti. Insomma, senza il fortepiano non ci sarebbero i fantastici Fazioli di oggi. E nemmeno tutta la musica per pianoforte del periodo classico e romantico. Il pianista olandese (classe 1954) Ronald Brautigam non è il primo ad usare il fortepiano (naturalmente ha un trascorso discografico e di performance con il pianoforte) ma è il primo (credo) a completare le opere di Beethoven a quello che era lo strumento di Beethoven. Dopo le sonate e tutte le variazioni è adesso il momento dei concerti. E intanto lo stesso Brautigam ha assunte anche l'aspetto ... di Beethoven. Ronald e Ludwig Brautigam al fortepiano in concerto solistico. Lo strumento usato per i primi tre concerti è un Paul McNuty del 2012, costruito sul modello originale Walter & Sohn del 1805. Anton Walter era il più famoso costruttore di fortepiano della sua epoca. I suoi strumenti erano molto costosi ma tra i suoi clienti annoverava Mozart, che comprò il suo fortepiano nel 1782 e Beethoven che ne acquistò uno a buon prezzo nel 1802. Si tratta di uno strumento in noce di 221 cm e circa 97 chilogrammi con la cassa alta solo 32cm. Per il 4° e 5° concerto invece Brautigam è costretto ad usare uno strumento più pesante del 1819, di Conrad Graf, lungo 240cm, alto 35 e del peso di ben 160 kg. Questo era il fortepiano di Beethoven, di Chopin, di Robert e Clara Schumann, di Liszt, di Mendelssohn e di Brahms. Bene, fatte queste premesse, come sono questi dischi ? Appena fatto l'orecchio alla pressoché mancanza di bassi del fortepiano e ad un suono più brillante e molto meno potente di quanto siamo abituati si comincia ad apprezzare l'equilibrio tra il solista e l'orchestra. La tessitura complessiva è più chiara, la tonalità complessiva lo è. Bratigam suona in modo molto brillante, specialmente nei primi tre concerti. Più ampolloso e più autoindulgente - come è giusto - negli ultimi due. E a me viene naturale immaginare che davanti a me ci sia lo stesso Beethoven ansioso di mostrarmi come sentiva lui le sue creature. Il risultato è estremamente convincente e questa, nel suo complesso, mi sembra una delle più belle interpretazioni di questi concerti degli ultimi anni. In una parola illuminante. Anche l'orchestra è molto brillante ma nel complesso leggera. Giustamente in equilibrio acustico con il solista. Certo da ascolto ravvicinato (come con i miei monitor) perchè in una sala delle nostre credo che in fondo non arriverebbe molto del volume complessivo. La registrazione nel suo complesso è chiara per non oscurare il pianoforte che si staglia perfettamente in mezzo all'immagine. - segnalo della stessa serie sempre da Bis e consigliatissimi : che costituiscono adesso un unicum complessivo sul Beethoven originale (non necessariamente filologico, qui in fondo c'è solo lo sforzo di ristabilire i volumi e i suoni originali ma la prassi esecutiva è quella moderna cui siamo abituati, almeno quando il solista si mette al servizio della musica con amore, passione, vicinanza con la partitura originale.
  10. Clara, Robert, Johannes : Darlings of the Muses Schumann : Sinfonia n. 1 Clara Wieck Schumann : Concerto per pianoforte e orchestra Op. 7 Johannes Brahms : Sinfonia n. 1 Gabriela Montero : 5 improvvisazioni Gabriela Montero, pianoforte Alexander Shelley alla testa della Canada's National Arts Centre Orchestra Analekta 2020, via Qobuz Streaming *** Segnalo questo disco principalmente per l'interpretazione che non esito a definire straordinaria di Gabriela Montero del bel concerto di Clara Schumann. E' un concerto semplice, a prima vista banale che è facilissimo banalizzare con l'interpretazione. Ma il sangue latino qui ci mette la differenza e ne viene fuori una interpretazione realmente fuori dal comune. Sono anche molto interessanti le 5 improvvisazioni della stessa pianista che separano il concerto di Clara dalle sinfonie n. 1 di Robert e di Johannes che iniziano e chiudono il disco. Le due sinfonie sono tese e intense allo stesso modo. Specialmente quella di Brahms, roboante e veloce sin dal primo rullo di tamburi. Se avete in mente Furtwangler o Bruno Walter .... ecco, l'opposto, secondo lo stile corrente di rilettura di Brahms, posto anello del Nibelungo. Si vede l'intento complessivo dei curatori del disco che tessono il legame tra i tre amici sul piano spiccatamente sentimentale. Buon suono, ampio e definito con un pianoforte e in generale tutte le voci soliste ben chiare ma senza sembrare ingigantite ad arte. Peccato che Qobuz non offra il libretto di questo disco perchè mi sarebbe piaciuto leggere il punto di vista degli interpreti. Rimarco ancora una volta la presenza e il valore di Gabriela Montero, una delle pupille di Martha Argerich che l'ha valorizzata a Lugano (ricordo una memorabile sonata per violoncello e pianoforte di Frank Bridge con Capucon che è sicuramente la mia preferita) Un disco che vi consiglio caldamente. Applausi, specialmente per il terzo movimento del concerto di Clara, emozionante e anche per le cinque improvvisazioni ben costruite ai confini tra i tre straordinari compositori qui rappresentati.
  11. Beethoven : Concerti per pianoforte e orchestra n.1 e n. 4 Martin Helmchen, pianoforte Deutches Symphonie-Orchester Berlin diretta da Andrew Manze Alpha 2020, formato 96/24 *** ci sono occasioni in cui la visione comune di due artisti che vedono allo stesso modo quello che stanno suonando fa la differenza. Come il caso di Backhaus con Hans Schmidt-Isserstedt, di Pollini con Addado, di Horowitz con Toscanini, di Van Cliburn con Fritz Reiner. Conta poco se ci sono altre edizioni, altri momenti più alti, altri dettagli. Il risultato si sente, si vede, si tocca. La foto qui sopra lo dimostra. E le seguenti di più Questo secondo disco - già mi era molto piaciuto quello con il 2° e il 5° che però non sono i concerti di Beethoven che mi piacciono di più - aggiunge una dimensione superiore. Perchè è passato più tempo. Perchè i concerti sono più belli o forse più adatti all'indole introversa dei due interpreti. Il primo è rotondo come deve essere. Il secondo intimo, come deve essere. I silenzi, i neri tra le note, eloquenti. L'atmosfera tesa ma rilassata allo stesso tempo. Il piano ha un suono e una calma olimpica che ricordano il miglior Curzon. Ogni nota è quella giusta. Ogni sottolineatura dell'orchestra è quella giusta. E il pianoforte risponde perfettamente a modo. Helmchen non è un pianista che ha bisogno di dimostrare di essere meglio di quello che sembra. E'. Complimenti ad Alpha che ha messo insieme questa coppia. Grande suono, degno di questa eccellente prova.
  12. Brahms : concerto per pianoforte e orchestra n.1 /Pezzi per pianoforte op. 118 Sunwook Kim, pianoforte Staatskapelle Dresden diretta da Myung-Whun Chung Accentus Music, giugno 2020, formato 96/24 *** The South-Korean Brahms Connection Non solo i due eminenti interpreti ma il disco è stato anche sponsorizzato da Hyundai e l'occasione è nata durante un tour in Korea del Maestro Chung con Kim, dove hanno suonato per la prima volta questo concesto. Nel libretto c'è una intervista a Sunwook Kim che dichiara il suo amore sconfinato per Brahms e in particolare per questo concerto, appassionato e appassionante. Dolore, nostalgia, solitudine. Giustapposto ai sei pezzi per pianoforte dell'Op. 118. Il giovane Brahms e il vecchio Brahms. Devo ammettere che l'approccio iniziale, sia sinfonico che solistico è ... all'opposto del mio. Lento, compassato, probabilmente anche troppo rispettoso. Fino al minuto 11:16 quando Kim si lascia andare e comincia a trillare con forza. L'orchestra resta mite e poco aggressiva. E, maledizione, riesce a rallentare di nuovo il solista che invece dovrebbe sentirsi libero di sparare. Come fa qualche battuta dopo. E finalmente le cose cominciano a raddrizzarsi come in certi concerti iniziati male per la freddezza del pubblico. Ecco comparire finalmente Brahms. Il finale del primo movimento si riscatta quindi con fraseggi ampi, più dinamica ma un tono di dolcezza di fondo che resta sconfinato. Del resto la registrazione è avvenuta dal vivo nella Mendelssohn Saal di Lipsia, dove fu eseguito per la prima volta il concerto di Schumann. Ci sta. Il lirismo dell'adagio centrale introduce il piano che resta di incedere leggero e tutto il lungo intermezzo è improntato di una dolcezza infinita. A tratti ricorda Chopin ma senza quella brillantezza. Non nascondo che l'ho trovato piuttosto pesante. Per fortuna il Rondò finale risveglia il pubblico e questo risulta in definitiva il movimento che preferisco di questa proposta. Sempre non eccessivo e senza esagerazioni ma ci siamo. Il pianismo di Kim è tutto sussurrato e in ogni momento si possono sentire le singole dita in azione. Nonostante tutto il suo amore per il concerto, credo che Sunwook Kim si trovi decisamente più a suo agio con il feeling dei sei pezzi op. 118. Dolcezza e tocco leggero ben si addicono a queste atmosfere. Nel complesso, non è il mio Brahms, io lo preferisco più virile, anche quello della maturità. Ma è una proposta comunque interessante. Buona registrazione senza un rumore di fondo nonostante la ripresa dal vivo
  13. Johannes Brahms : Sinfonia n. 1, Ouverture Tragica Orchestra del Gewandhaus di Lipsia diretta da Herbert Blomstedt Pentatone 2020, formato SACD/HD *** le parole del 93enne Blomstedt sono scritte nel giugno scorso e si augurano che questa musica luce nell'anima umana (citando Schumann, mentore di Brahms), in questo momento difficile per l'umanità. Ed è molto umana, dolce e "alleggerita" delle complessità della mente e dell'animo brahmsiano questa lettura di Blomstedt che si avvale di una compagine con cui si è trovato centinaia di volte e che conosce questa musica da generazioni. Passo lento ma alle volte più spedito, fraseggio ampio, equilibrio assoluto tra le parti. Oserei dire antiretorico. Nient'affatto quella sciocca 10a sinfonia di Beethoven con cui questa sinfonia è stata bollata per oltre un secolo. Si, certo, l'atmosfera resta quella di una tempesta che ha uno sviluppo tormentato. Ma tra suoni umani, non lo stridio dei flutti. Lo si vede perfettamente nell'andante ma soprattutto nell'allegretto che sottolinea la parola "grazioso" del titolo. E anche il finale, grandioso ma non sopra le righe, ci fa vedere la tempesta già ben scemata già alle prime note. L'orchestra si conferma straordinaria - resta tra le compagini migliori al mondo, ben più di altre meglio celebrate - Ci spiegherà il Maestro la scelta dell'Ouverture Tragica nel finale e non all'inizio di questo programma Live registrato circa un anno fa - e quindi ben prima dei drammi del Covid - ma è più ouverture che tragedia. In fondo ci sta. Ma forse il Coriolano di Beethoven a questo punto sarebbe servito meglio a rendere un messaggio diretto. Non sarebbe stato nello stile del mite Blomstedt. Quindi va bene così. Registrazione eccezionale, come da routine per chi ha inventato il SACD. *** Nota a margine. C'era bisogno dell'ennesima 1a di Brahms diretta da Blomstedt nel 2020 ? Ce ne sono così e secondo me, oramai si dovrebbe andare per valore aggiunto, quando c'è molta musica semisconosciuta che andrebbe meglio valorizzata. Ma chi sono io per dirlo ? In fondo bastano gli ottoni e le percussioni della Gewandhaus che aprono la strada agli accordi dei bassi nel più straordinario tema (il finale) mai scritto in una sinfonia romantica. Quando persino il compassato direttore si lascia andare al ritmo coinvolgente della musica di Brahms.
  14. Beethoven : sinfonie n. 1,2, 3 Barry : Beethoven, Piano Concerto Britten Sinfonia diretta da Thomas Adés Signum Classics 2020, formato 192/24 *** Credo che per quanto mi sia detestabile come compositore, Thomas Adés sia un eccellente direttore d'orchestra Non condivido per nulla la scelta di mettere le prime tre sinfonie di Beethoven insieme a spazzatura del calibro di quella scelta in questo disco ma la direzione di Adés è di primordine. Restando in casa inglese, bisogna tornare al giovane (perchè quello vecchio ... te lo raccomando !) Simon Rattle per ascoltare qualche cosa di così gajardo, frizzante, originale, personale. Non a caso Sir Simon l'ha tenuto a battesimo in tempi non sospetti e se il Thomas Adés compositore a me da fastidio, il direttore d'orchestra invece sa il fatto suo. La mia cartina di tornasole è sempre la terza sinfonia. La sinfonia delle sinfonia. Il punto di svolta, the turning point per restare in casa d'Albion. Qui cè vita, per fortuna. E con una formazione così vivace come la Britten Sinfonia, perbacco, non ci vuole una pinta di birra rossa, si fa musica per davvero. Il primo tempo scorre come un direttissimo che non fa fermate. La Marcia Funebre è tutt'altro che soporifera come quella di certi tedeschi che vanno per la maggiore. Lo scherzo è inarrestabile. E le variazioni del finale, sono fuochi d'artificio per il compleanno del re ! Sullo stesso piano le altre due sinfonie, certo più facili. L'orchestra è eccellente, il direttore il meglio che England offre. Forse il mio riferimento al momento, per le tre sinfonie prese nel mazzo. Che vogliamo di più ? Niente, va bene così. Registrazione piena di dinamica con bassi fragorosi e archi chiarissimi. Disco del mese di aprile, per quanto mi riguarda.
  15. Beethoven : Concerti per pianoforte e orchestra n.1 e n. 2 - Rondò in SIb WoO 6 Boris Giltburg, pianoforte Royal Liverpool Orchestra Vasily Petrenko Pianoforte Fazioli # 2782273 Registrazione del maggio 2019 Naxos, formato 96/24 *** E' un fiorire di edizioni dei concerti per pianoforte di Beethoven. Non che ce ne sia bisogno, abbiamo decine di edizioni di riferimento dei più grandi pianisti della storia. Ma è giusto che ogni interprete si cimenti con questi capisaldi della letteratura tastieristica. Qui abbiamo due musicisti di primordine, Boris Giltburg e Vasily Petrenko che mostrano una buona intesa e propongono un risultato di buon livello. Boris suona uno dei possenti Fazioli presenti in Inghilterra. L'orchestra di Liverpool ha una articolazione perfetta per Beethoven sotto il bastone di Petrenko. Ci sono tutti gli ingredienti giusti per una ricetta perfetta. E le aspettative suggerite dal duo sono tante. Il risultato ? E' effettivamente perfetto. Forse un pelo troppo perfettino, insomma. Un confronto rapido con la mai perfetta Martha Argerich del 2017 con il compassato Ozawa alla guida della Mito Chamber Orchestra ci mostra che, ad esempio, si possono pareggiare i tempi del rondò del primo concerto ma proponendo musica di tutt'altra verve. Cosa manca insomma perchè una performance diventi un disco perfetto ? Un filo meno di autoindulgenza, forse, meno attenzione al suono prodotto e un pò più alla musica. Brendel diceva che Mozart è facile da suonare ma è ben difficile da suonare veramente bene. Questi due concerti (e il rondò senza numero d'opera selezionato da GIltburg per cui usa anche una sua cadenza) sono i cavalli da battaglia del Beethoven che si fa strada attraverso la Germania verso Vienna, per conquistarsi la fama di solista prima che di compositore. Sono brillanti. Sono personali. Richiedono ardore e anche la necessità di prendersi dei rischi. Che qui in tanti passaggi mancano. Beninteso, il livello è altissimo. Ma il Giltburg del 2019 ci ha viziati con un Rachmaninov sensazionale. E le nostre pretese sono cresciute. Ci risentiamo al prossimo disco con il pianismo più eroico del Beethoven Napoleonico ? Delizioso il Rondò, con quel misto tra lezioso e spavaldo che ci vuole. Vale tutto il disco (ma ripeto, nei due concerti la performance è tutt'altro che insufficiente .. é che vorremmo ... di più !). Ma anche qui con tempi più lenti di quanto avremmo desiderato (confronto con Brautigan, Kodama ma anche con il Richter maturo). Più coraggio Boris. Più ardore. Con Beethoven bisogna correre sulla fune. Alla prossima
  16. Robert Schumann : Sinfonia n.2, Sinfonia n.4, Ouverture Genoveva London Symphony Orchestra Sir John Eliot Gardiner LSO 2019, 96/24 *** Lo scorso aprile Sir John ha compiuto 76 anni. Per la prima volta nella sua storia il Monteverdi Choir e la English Baroque Soloists hanno assunto un direttore vicario stabile. Forse (anche) per liberarlo dalle sue incursioni alla guida della LSO, come decano dei direttori inglesi ancora in attività. Ma la freschezza della sua "riscoperta" del repertorio romantico che sta ripercorrendo per intero per almeno la seconda volta a distanza di un ventennio dalle registrazioni con la DG/Archiv sembra quella del ventenne. Dopo Brahms e Mendelssohn, è la volta di Schumann. Questo é il primo disco, il secondo comparirà ad inizio 2020. La sua lettura è quella integralmente fedele al testo originale, specie nella Quarta Sinfonia che è la stesura del 1841, quella preferita da Schumann e da Brahms che ne curò la stampa nel 1891. E senza le incrostazioni novecentesche, le riorchestrazioni mahleriane, la liturgia della seconda metà del novecento, la musica e le idee di Schumann appaiono per quello che erano a Robert e a Clara alla prima rappresentazione. E che a Clara e a Robert ... non erano piaciuti. L'aneddotica di questa edizione parla di un Gardiner che ha convinto i musicisti a suonare stando in piedi per sentirsi più uniti tra loro. Come sia, conta il risultato. La tessitura delle parti si sente chiaramente. Hanno senso anche i movimenti denominati in italiano (nella seconda stesura Schumann userà per la prima volta le dizioni in tedesco). Ritmo, velocità, leggerezza sono quelli tipici di Gardiner e non necessariamente quelli di una grande orchestra tradizionale come la London Symphony. Servono un paio di ascolti per capirlo. Ma poi diventa immediata l'immagine che viene resa. Ricordiamoci che all'epoca della prima al Gewandhaus (non so se in presenza di Mendelssohn) Brahms aveva solo 8 anni, mentre si tende un pò comunemente a "brahmsizzare" queste pagine nelle esecuzioni correnti. E' musica che vive di situazioni, di immagini, non del tutto legate tra loro. Frasi e frammenti. Esplosioni. Come nel finale della Quarta, epico, con gli echi dei corni inglesi e poi degli ottoni tutti, ben più che segnali per Sigfrido. Al limite del commovente l'inizio della Seconda. Arrembante il seguente scherzo, reso con grandissima dinamica. E l'adagio non è più mahleriano ma il lamento liederistico di Schumann. Bellissimi i legni e sempre sostenuta la forza dei bassi. Esplosione di felicità nel finale dove gli archi si inseguono tra loro tra il fraseggio di legni ed ottoni e timpani. Due parole per l'Ouverture Genoveva eseguita abbastanza raramente che inizia questo disco, anzichè chiuderlo per riempirne il programma. Struttura, brillantezza della composizione, tessitura, gioco tra archi e ottoni, è perfettamente coerente con le due sinfonie. L'opera completa è degli anni successivi. Ed è tanto lontana dal Wagner coevo (Rienzi, Olandese, Tannhauser : Richard si trovava a Dresda in quegli stessi anni, tra Lipsia e Dresda ci sono solo 121 km). Insomma, veramente un bel disco che sono certo verrà completato allo stesso livello con la prossima registrazione. Come già fatto con Schumann. Bella registrazione di sala, suono terso, con dinamiche corrette, senza eccessi
  17. Mark Sutton a Silverstone D6 e 180-400/4 come sistema standard
  18. Si ma guardati bene dallo stamparli ! Inglese Italiano Guida di riferimento online in italiano PS : raccomandazione per l'ambiente : non stampate inutilmente i manuali, consultateli online quando vi serve
  19. M&M

    Nuova Nikon Z fc

    Anche noi siamo stati contattati in tal senso. Devo dire che il servizio è impeccabile, peccato che non abbiano prodotto abbastanza pezzi per accontentarci subito. Aspetteremo.
  20. La dimensione del file è una questione geometrica e di numero di fotogrammi. Quindi più è denso il file, più è pesante. Ma qui parliamo di surriscaldamento durante la ripresa con la macchina che va in protezione e si spegne dopo pochi minuti. La Z50 non alcun problema del genere.
  21. La penso allo stesso modo, specialmente considerando che queste "macchinette" (tutte, non solo le Nikon) non sono strutturate per lavori di questa entità elaborativa che dovrebbe essere riservata solo ai pesi massimi con adeguata ventilazione e capacità dissipativa. In alternativa ci sono le macchinette con sensori da 1'', 1/2'', 1/4''.
  22. Mi informano dall'assistenza che l'ultimo firmware "dovrebbe" aver risolto questo problema : motivo per cui ribadiamo il concetto : fate sempre gli aggiornamenti dei firmware anche quando sembrano superflui ...
  23. In relazione a perplessità simili espresse dai fotografi Canon circa la velocità di autofocus dei nuovi 400/2.8 e 600/4 RF - che peraltro sono del tutto identici alla versione EF con l'aggiunta di un anello di conversione EF->RF integrato - Canon ha anticipato che la Canon EOS R3 offrirà un livello di potenza (leggi : batteria a 10.8 V) che consentirà migliori prestazioni indotte di questi superteleobittivi. CVD salvo verifica in casa Nikon.
  24. Mozart : Concerti per pianoforte e orchestra (d'archi) K413 n.11, K414 n. 12, K415 n. 13 (cadenze di Alexander Schimpf ispirate a Mozart) Alexander Schimpf, pianoforte Bayerische Kammerphilarmonie diretta da Gabriel Adorjan GEMA 2020, via Qobuz streaming unlimited *** Concerti celeberrimi, qui ripresi nella stesura "autorizzata" dallo stesso Mozart per pianoforte e soli archi. E quindi senza fiati, protagonisti nelle altre edizioni che conosciamo di coloriture e abbellimenti. Il risultato è naturale e se vogliamo ancora più equilibrato. Questi sono i concerti di transizione prima di quelli finali cui si deve la fama del Mozart pianista e direttore. la scelta del pianoforte con un suono se vogliamo un pò "leggero" rispetto ai soliti grancoda Steinwey ha stemperato ancora di più il dualismo tra le parti. La compagine al completo (in questi concerti però mancano del tutto i fiati). Con il leader, primo violino in mezzo. Schimpf è un mozartiano nato e qui si è divertito anche a comporsi le cadenze. In questi anni stiamo assistendo ad ogni sorta di esperimento su questi ed altri concerti che io conosco fin nelle più minute pieghe del fraseggio. E' difficile trovare qualche cosa di nuovo e quando mi capita, mi sembra di vedere un panorama noto da un'altro punto di vista, un'altra finestra. Per fortuna c'è ancora chi vuole mostrarsi vivo e vivace, senza clichet ma senza nemmeno voler stravolgere inutilmente e in modo autoreferenziale e autoindulgente là dove ha già detto tutto l'autore. L'esperimento a me sembra perfettamente riuscito e la musica che ne viene fuori vi invita ad alzare la manopola del volume. Viva Mozart.
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