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Mauro Maratta

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Blog Entries posted by Mauro Maratta

  1. Provare delle cuffie per riferirne a persone che non si conoscono non è impresa facile.
    Chi lo fa con nonchalance (il web ne è pieno, non parliamo di Youtube) è un millantatore o uno che mente sapendo di mentire.
    E chi inventa vocaboli o paragoni incomprensibili lo fa solo per buttare fumo negli occhi.
    Non parliamo di quando si fa un confronto tra due apparecchi.
    Passi se sono diametralmente differenti. Ma quando parliamo di cuffie top alimentate da un amplificatore over-the-top, ci vuole umiltà.
    E tempo.
    Quindi datemi tempo, vi prego.
    Cercherò di essere soggettivamente il più obiettivo possibile.
    Ma la musica e la sua riproduzione è il più grande amore della mia vita.
    Nato quando sono nato e che morirà quando le mie orecchie mi precederanno là dove sono Bach, Beethoven e Brahms.
     

    a sinistra, le HIFIMAN Arya V1 con i nuovi cuscinetti, a destra, le HE1000 Stealth.
    Sotto ai cavi, il supercarrozzato Audio-GD R27 HE.
     
    ***
    Per ogni considerazione generale sulle HE1000, la cui stirpe alligna sin dal 2015, rimando al precedente articolo :
     
     
    Come suonano le HIFIMAN HE1000 Stealth ?
    Come tutte le magnetoplanari aperte.
    Il suono è aperto, chiaro, brillante con un campo sonoro ben sviluppato (per quanto possibile nelle cuffie).
    I bassi sono estesi ma neutri, non sono cuffie da "bassisti", lo dice chiaramente la risposta in frequenza e lo conferma l'ascolto.
    Il pedale di un grand'organo si sente perfettamente fino in fondo, manca l'elemento tellurico, ci si aspetterebbe di sentire le panche vibrare.
    Estesissimo ma chiaro.
    Chi si aspetta da cuffie del genere un effetto speciale ascoltando musica elettronica o techno, ha sbagliato candeggio.
    Ma l'articolazione è estremamente più raffinata.
    In generale, lo dico senza snobismo, le HE1000 si comportano come ammiraglie.
    Non sono per un ascolto casuale e richiedono "orecchie educate" per farsi apprezzare.
    E una alimentazione di livello.
    In un primo momento le ho provate in parallelo con Arya ed HE400 SE con un SMSL 400DO, buon tutto in uno impostato su ES9038 e con una buona sezione di amplificazione.
    Forse il miglior apparecchio di questo tipo sotto ai 500 euro.
    Ebbene, non riuscivo a trovare differenze, pur dannandomi a cambiare tracce.
    Insomma, a costo di sembrare banale, non sono strumenti banali all'ascolto.
    Ci vuole orecchio. E ce ne vuole parecchio (cit. !).
    Ma soprattutto ci vuole un motore equivalente.
    Per questo anche con l'Audio-GD R28 (un all-in-one che si mangia tutte le creature asfittiche da meno di due chilogrammi di cui si riempiono la bocca gli "influencer" su UTUbe) mostrava un pò la corda.
    E quindi ho approfittato di uno scontone dell'IVA per sostituirlo con il fratellone R27 HE, un apparecchio che oltre ad avere il doppio dei moduli R2R vanta anche una alimentazione introvabile sulla terra.
    E alla fine, mentre le cuffie si scioglievano e le mie orecchie si "educavano", ho capito quello che il Dr. Fang ci vuole dire.
    Come i Master Chef lui non svela le ricette segrete ma propone tanti piatti sulla tavola, con tante fragranze diverse, molte volte simili ma non così sovrapponibili.
    Lui sa che i palati, come le orecchie, hanno gusti differenti. E i più raffinati non si accontentano della stessa pietanza tutti giorni.
    Un vero appassionato di cuffie avrà più strumenti, ognuno adatto ad un tipo di ascolto, di umore, di giornata, di occasione.
    Gli altri modelli di HIFIMAN sono di impressione più immediata. Queste richiedono più tempo per capirne l'essenza.
    E se una volta il loro costo era tale che questo poteva già svelare una parte del loro segreto, adesso che sono sullo stesso piano delle "sorelline" Arya, bisogna rifletterci sopra.
    Insomma. Preparatevi ad abbassare o ad alzare il volume. Dipenderà da molti fattori diversi.
    ***

    Silje Nergaard : Be still My Heart
    Abbondanza di sibilanti su una voce in primissimo piano.
    Pianoforte abbastanza esile. Riverbero complessivo che porta ad apprezzare la scena nel suo spazio, nonostante la voce sia proprio a centro-sinistra. Come se lei vi guardasse di tre quarti da sinistra.
    Volume che deve essere abbassato di parecchio.
     

    Rach 39/5, Babayan, DG
    Pianoforte gigantesco, acuti metallici, basso lungo, esteso ma in secondo piano.
    Volume che corre su di 15 punti.
     

    Diana Krall, California Dreamin'
    Minchiapapà, voce in primissimo piano e violini "elettrici" in attesa delle percussioni che si sommano, calde, ritmiche.
    La voce resta li in mezzo, con quella vaga venatura roca, visto che la Signora nel 2014 aveva già i suoi anni.

    Janine Jansen : Prokofiev, concerto per violino n.2, secondo movimento
    Conosco lo Stadivari del 1707 di questa registrazione come se fosse un vecchio amico.
    Qui rispetto al solito ha una voce un filino più stridulo e nervosa.
    In compenso i bassi pizzicati di accompagnamento sono di un volume ascoltato solo con i 15'' finora.
    L'effetto lacrima facile di Mauro arriva comunque subito dopo. Non ci posso fare niente. E' meglio dell'estratto di cipolla !

    L'organo della Thomaskirche di Lipsia riempie l'aria e sembra che riempia anche quella della piazza antistante e che il vecchio Bach stesso si possa alzare la da dove riposa.
    Pedale possente, medio deciso, acuti che risuonano. Tolgo il saluto a chi non riesce ad apprezzare una fuga a tre voci come la 548.
    Non ce la faccio a staccare l'ascolto devo andare oltre ... forse il più grande complimento che possa fare ad uno strumento di ascolto mentre lo provo.
    Si può separare ogni nota del pedale anche se il volume è oltre 60 e i manuali stanno asciugando letteralmente la cera dalle candele.
    Commozione e applausi a scena aperta. A Bach, a Bohme, a Fang.
    Ma mi sto distraendo e sono andato alla meravigliosa fuga in Re maggiore BWV 532 che anche io, nel mio piccolo, strimpellavo quando avevo dita buone ...

    Joni Mitchell/Herbie Hancock/Norah Jones : Court and Spark
    Pianoforte squillante e un pò metallico, bassi possenti, piatti spettacolari, voce chiara nella sua tonalità naturale.
    Meglio abbassare un pò il volume. La voce resta chiara, la scena ne acquista in naturalezza.
    Molto naturale il sax.
    Anche Edith & The Kingpin, con Tina Turner si apprezza di più ad un volume più moderato ma per ascoltare ogni nuance dell'accompagnamento dovrete sacrificare qualche pò di udito.
    La batteria è tridimensionale e si sente il sax soffiare.
    Anche Amelia, con la stessa Joni Mitchell è allo stesso livello. Dal vivo.
    Sul piano del test, è bellissimo avere a disposizione nella stessa registrazione e sullo stesso set, voci così diverse, caratteristiche e conosciute.

    la meravigliosa registrazione dei Mottetti di Bach del Pygmalion ha una estensione di scena esagerata.
    Qui si individuano i gruppi di cantanti sulle voci quando intervengono (Komm, Jesu, komm BWV 229).
    Io però continuo a sentire delle squillanti un pò "cattive".
     

    AC/DC : Highway to Hell

    Devo ripartire tre volte perché un riverbero così non l'avevo ancora sentito in vita mia.
    La voce è più alta che dal vivo. Bassi che per me sono altro che presenti.
    Chi cerca di più, sinceramente avrà bisogno presto anche dell'apparecchio acustico ... !
     

    Il 24° capriccio di Paganini con l'Anselmo Bellosio del 1775 di Alina Ibragimova si fa apprezzare ad alto volume.
    Qui sento le inflessioni dell'archetto e il cambio di tono dello strumento che segue duttile la mano dell'artista.
    Bella prova. Registrazione di 10 piani sopra quella Decca della Jansen.
    ***

     
    Confronto sintetico
    Non vi annoio con la ripetizione dei miei commenti di ascolto. Le mie Arya sono più che rodate. Adesso le sto imparando a conoscere con i nuovi cuscinetti che, non si direbbe, ma ne hanno "arrotondato" il suono, incrementando il basso profondo e il medio.
    Restano meno sensibili delle HE1000 e quindi in un confronto immediato è necessario alzare il volume.
    Nel complesso e con le stesse tracce che vedete sopra, mi sembrano più indicate per un ascolto di tutti i giorni.
    Dove non si chiede di essere stupiti nell'immediato con una prestazioni eccezionale.
    Sono anche più portate a perdonare nefandezze di registrazione, specie lato acuti. Sibilanti e microfoni troppo ravvicinati risultano più addomesticati rispetto alle HE1000.
    Se dovessi usare solo poche parole per definirle direi naturali e umane.
    Questo aiuta a contenere la stanchezza di ascolto che, non so a voi, ma per me è sempre dietro l'angolo con le cuffie (io non sono proprio in grado di ascoltare cuffie chiuse per questa ragione).
    E rende piacevole continuare ad ascoltare musica.
    Un pò il carattere delle elettrostatiche.
    Le HE1000 Stealth al confronto sono decisamente più analitiche, portano in evidenza i dettagli, aumentano ed amplificano ogni contrasto.
    Sono, se mi permettete un paragone tirato per i capelli, una versione ad alta definizione VS una a definizione normale.
    Le HE1000 Stealth stupiscono per il microcontrasto e per l'impatto. Si sentono cose che non si sentono facilmente con altre cuffie (e quasi mai con i diffusori).
    Come se fossero dei monitor professionali mettono tutto in evidenza. Qualche volta troppo.
    La scena è più ampia. Molto di più.
    Il basso sembra più profondo, nella realtà è solo più veloce ed efficiente.
    Insomma, stupiscono. Ma un pò stancano per la loro brillantezza, per me, eccessiva. Secondo me hanno bisogno di maturare e di perdere un pò di eccesso di brillantezza per diventare compagne di tutti i giorni.
    Ma se vi volete stupire ed emozionare, avete orecchie buone e un amplificatore/DAC Top Of The Line, allora sono la scelta per voi.
    Potendo, io sceglierei una o l'altra a seconda dei casi. E a seconda di altri (per esempio con la musica da camera) sceglierò le elettrostatiche Jade II.
    Conclusioni
    Insomma, forse non ho risposto alla domanda.
    E' vero.
    Le HE1000 Stealth sono cuffie eccezionali. E se dovessi paragonarle ad un obiettivo Nikkor (in fondo siamo ospiti su Nikonland) le paragonerei al 138/1.8 S Plena.
    "Eccezionale ma non per tutto o per tutti".
    Lo stesso per queste cuffie. Con le Arya più simili al 50/1.2 S.
    Non pensate di comperarle perché sono le ammiraglie di gamma. Magari le Arya, le Ananda o le XS per voi saranno meglio.
    Io non vi so aiutare.
  2. Fotografi

    Un uomo esce regolarmente con tre giovani donne molto diverse tra loro.
    Vorrebbe legarsi seriamente con una delle tre ma non sa come scegliere.
    Il suo capo gli consiglia di usare un metodo a suo pensare infallibile.
    Donare a ciascuna una somma di 5000 euro per scoprire cosa ne fa. E in base a ciò, decidere quale sia la donna per lui.
    15.000 euro è il premio aziendale che ha ricevuto nel 2024 per i risultati conseguiti nelle vendite l'anno precedente.
    E' una bella cifra ma crede che sia uno sforzo necessario per togliersi il dubbio e non decidere alla cieca.

    Quindi va dalla prima e le da i 5000 euro chiedendole di farne ciò che crede meglio.
    Lei esce e spende tutto in una seduta al beauty center, poi passa in centro per lo shopping e infine al centro estetico.
    A cena gli dice : " ho speso tutto per farmi bella per l'uomo che amo "

    Alla seconda, lo stesso.
    Lei va online ed acquista un maxischermo da 85'', un abbonamento per le partite di casa dell'Inter e una mountain bike per lui.
    A cena gli dice " ho speso tutto per l'uomo che amo".

    Ancora dubbioso, alla terza, consegna gli ultimi 5000 euro.
    Lei durante la notte investe tutto in bitcoin e il giorno dopo realizza un guadagno di 5000 euro.
    A cena gli restituisce i 5000 euro e gli dice " ho investito i soldi che mi hai dato e quelli che ho guadagnato li ho reinvestiti per il nostro futuro insieme".
    Incerto, decide di concedersi qualche giorno di tempo per riflettere. Ognuna ha risposto secondo la propria indole ed effettivamente sono tre persone molto diverse tra loro, ognuna innamorata di lui a suo modo.
    Il terzo giorno si alza convinto e va da quella giusta.

    quella con le tette più grosse 
    ***
    Non vorrei passare per sessista e a mio modo di vedere in questa storia si evidenziano i differenti ruoli, ipotetici ed idealizzati.
    Ma queste sono solo allegorie.
    A noi interessano nella veste di fotografi per spiegare taluni acquisti di materiale fotografico che spesso, non hanno proprio nulla di razionale.
    Eppure arrivano dopo lunghe ponderazioni, confronti, studi, letture e decine e decine di recensioni contrapposte.
    Poi, però, magari è un ... dettaglio solo, a rendere veramente concreta la decisione.
  3. C'è un breve momento in cui tutto quello che c'è nella mente, nell'anima e nello spirito di una persona si riflette attraverso i suoi occhi, le mani, il suo atteggiamento. Questo è il momento di scattare.
     
    Guarda e pensa prima di aprire l'otturatore. Il cuore e la mente sono il vero obiettivo della fotocamera.
     
    In ogni uomo e donna é nascosto un segreto, come fotografo il mio compito é rivelarlo, se posso.
     
    Yousuf Karsh
     
     
     

    Yousuf Karsh suggerisce la postura delle mani a Papa Giovanni XXIII
     
    Yousuf Karsh è il più grande fotografo ritrattista del nostro tempo.
    La sua firma vale, con le dovute proporzioni dovute al differente mezzo, quella di Caravaggio o di Hayez  o di Boldini per avvicinarci di più ai tempi nostri .
    Nel suo studio di Ottawa c'era la fila per farsi ritrarre.
    E lui poteva andare a ritrarre chi voleva.
     
    Nato in Armenia nel 1908, fuggito alle persecuzioni con la famiglia nella più tranquilla Aleppo, si ritrovò nel Quebec da uno zio che faceva il fotografo. Lo zio, viste le potenzialità di Yousuf, gli trovò un posto di apprendista presso un suo amico ritrattista di Boston.
    John Garo, che era anche un pittore, oltre che fotografo, lo iniziò alle tecniche di illuminazione in studio con la luce artificiale e lo introdusse nell'ambiente dei pittori.
    Una formazione che pose le basi di quella che sarà poi l'illuminazione drammatica di tanti ritratti del Karsh professionista.
    Fatti tre anni di apprendistato e frequentata anche la scuola d'arte serale, ritornò in Canada per aprire un suo studio nela capitale, Ottawa.
    La dedizione nel suo lavoro e la fortuna gli consentirono di introdursi negli ambienti governativi per fotografare i dignitari in visita nel suo Paese.
     
    La fortuna gli consentì di scattare il celeberrimo ritratto di Winston Churchill nel 1941
     

    Yousuf Karsh : ritratto di Winston Churchill, Ottawa, 1941
     
    uno scatto destinato a diventare un'icona del XX secolo e che gli valse la notorietà.
     

     
    Una foto importante (più tardi Karsh venne soprannominato "l'uomo che tolse il sigaro di bocca a Churchill") ma cui non si arriva certo per caso se guardiamo questa foto del 1936, che apparentemente sembra una istantanea ma che in realtà è un ritratto dell'epoca prebellica :
     

    il Presidente Roosevelt (con suo figlio) in visita nel Quebec a colloquio informale con il primo ministro canadese e il governatore generale del Quebec. Il modo più semplice per far sapere alla Corona Inglese cosa poteva pensare della situazione europea l''inquilino della Casa Bianca ?
     
    Per 67 anni ebbe la costanza di applicare il suo metodo al suo lavoro.
    Se deve alla fortuna la fama, questa si è certamente sviluppata solo per le sue capacità.
     
    Ogni suo ritratto è diverso dagli altri. Ma in tutti si riconosce la sua firma.
    E non c'è fotografo al mondo ancora oggi che, magari inconsciamente, non gli debba qualche cosa.
     
    Del resto, nei 67 anni di ininterrotta attività, Karsh annotò non meno di 15.278 sessioni fotografiche, lasciando qualche cosa come 150.000 lastre di grande formato scattate con il suo banco ottico, sviluppate personalmente e stampate a regola d'arte.
     
    Sono numeri impressionanti anche per il convulso mondo digitale odierno (una lastra in 20x28cm vale lo sforzo di centinaia di scatti in 35mm in digitale) che però non scalfiscono che la superficie di questo gigante della fotografia.
     Quale era il suo segreto ?
     

    Karsh osserva una lastra prima di caricarla in macchina.
     
    1) mettere a proprio agio il soggetto
     
    Una persona sta meglio quando è comodamente seduta.
    Sembra banale ma permette già di raggiungere metà del risultato
     
    2) conoscere il proprio soggetto
     
    Karsh si documentava sulla vita e le peculiarità di chi doveva fotografare.
    Ne arrivava a conoscere tanto i dettagli da poter poi guidare la conversazione su argomenti familiari che potessero alleviare la tensione di chi, non professionalmente, posa per un fotografo.
     

    Karsh a colazione con Albert Schweitzer
     
    per farlo si prendeva il tempo necessario, arrivando anche ad una relazione di familiarità con chi fotografava, quando possibile.
     

     
    basti vedere l'atteggiamento di confidenza con Ernest Hemingway. I due sono ripresi nella casa dello scrittore all'Havana, nel 1957.
     
    Certo non con tutti, ma volete dire che dal 1943 al 1984 i rapporti saranno rimasti freddi e distaccati ?
    Dall'espressione di Sua Maestà non si direbbe
     

    Sua Altezza Reale la Principessa Elisabeth Windsor nel 1943
     

    Sua Altezza Reale la Regina Elisabetta II nel 1984
     
    considerando che se uno scatto della Regina è diventato il francobollo standard di tutto l'Impero Britannico
     

     
    e che le fotografia ufficiali non posso che essere formali
     

    1966, Londra, la Regina Elisabetta d'Inghilterra con il Principe Filippo di Edimburgo
     

    1984
     
    ma io noto nell'espressione la rilassetezza che si può provare solo davanti ad una persona di cui ci si fida

     
    anche in questo scatto con i figli dove anche il compassato Principe Carlo appare sorridente e rilassato

     
    Senza questa capacità di entrare in relazione e di cogliere l'attimo fuggente non si spiegherebbe altrimenti questa altra icona del XX secolo :
     
    il celeberrimo ritratto di Albert Einstein, del 1948

     
    o questo, altrettanto fermo nella nostra memoria del già citato Hemingway
     
     
     

     

    a sinistra, Karsh in posa davanti alla sua camera, a destra mentre con un dito suggerisce la postura al soggetto inquadrato
     
    3) essere pronto ad improvvisare traendo ispirazione dal soggetto e da quanto ti succede davanti
     
    lasci il soggetto libero di essere se stesso come in questo caso
     

    il cancelliere tedesco Willy Brandt
     
    oppure, se per esempio è un attore, gli dai uno spunto e poi lasci che sia lui ad interpretare il suo ruolo più congeniale
     

    con Alain Delon in studio
     

     
    magari lo lasci distrarre
     

     
    trafficando con le tue apparecchiature
     

     
    mentre gli parli
     

     
    e poi lo prendi sull'attimo, secondo come sei isprirato dal soggetto stesso.
     

    ancora Delon, stessa sessione
     

    Depardieu
     

    Woody Allen
     

    Bogart, 1948
     

    Laurence Olivier
     

    Clark Gable, 1946
     
    magari non gli dai il tempo giusto per sedersi, per vedere l'espressione che ha mentre si appoggia
     

    Alfred Hitchcock
     
    raggiungendo livelli di spontaneità diversamente inimmaginabili ... per un attore, come in questo splendido ritratto dell'altrettanto splendido Yul Brynner
     

     
    certo con gli attori é più facile
     

    come questo ispirato Gregory Peck che non aveva ancora conosciuto Moby Dick
     
    meglio ancora se hanno gli abiti di scena come lo straordinario Mosè interpretato da Charlton Heston

     

    un grande regista può anche essere molto ispirante
     
    è più complicato con persone differenti.
    Ma se poi ha un grand'uomo che è anche stato un attore, allora puoi lasciarlo recitare per te
     

    Ronnie Reagan, 1980
     

    Karsh nel suo studio sistema le luci sul soggetto
     
    4) la luce non è solo illuminazione
     
    appreso studiando pittura e seguendo il teatro, quanto sia importante la luce.
    Che non è solo illuminazione, nel senso di luce sufficiente a formare l'immagine sul materiale sensibile (sul sensore, oggi) ma il modo di esprimere, assecondare o sottolineare i tratti e i caratteri di un volto umano.
     
    Io ne vedo i risultati in particolare in questa carrellata di politici, ritratto stretto limitato al volto, di personaggi importanti, in grado di cambiare la storia e allo stesso tempo soli, nella solitudine di chi prende decisioni per gli altri.
     
    La luce svolge un ruolo fondamentale, così come la postura che la asseconda o la esalta (e viceversa)
     

    Ronnie Reagan
     

    e il suo antagonista Michail Gorbatchev
     

    Jimmy Carter
     

    Eisenhower. Qui Ike è scuro e duro come l'acciaio delle bombe e dei cannoni che hanno devastato la Germania dei suoi progenitori.
     

    JFK
     
    del quale vediamo una panoramica a 180° con le mani che svolgono il ruolo di smorzare la luce secca
     


     
    Karsh racconta di aver incontrato Reagan dopo che aveva discusso per due ore con il Segretario di Stato, pranzato con il Cancelliere Tedesco e ricevuto il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito.
    Stanco ma ancora in grado di raccontare barzellette ...
     

     

    Karsh ritratto ad una mostra di sue fotografie
    5) la reputazione è importante per la riuscita di un ritratto
     
    sembra banale ma la reputazione del fotografo conta. Come e più del suo portfolio.
    Quando si ha a che fare con personaggi importanti, con una agenda piena, diffidenti o impegnati.
    Altrimenti non solo si fa fatica a farsi ricevere ma ci si trova di fronte un'istrice difficile da penetrare.
     
    Karsh racconta di essere riuscito a stento a far sedere Nelson Mandela, appena giunto dall'Africa all'Onu, stanco e teso per il viaggio e le preoccupazioni
     

     
    che solo dopo un pò di conversazione con un uomo di grande umanità come Karsh, riuscì a rilassarsi tanto da permettere questo istante di libertà dai pensieri
     

     
    sottolineato da una risata liberatoria
     
    e se sembra ansioso di mostrare la propria grinta Fidel Castro
     

     
    non lo è affatto il Crushev della scarpa sul tavolo
     

     
    figuriamoci l'impettito De Gaulle

     
    o quell'Harry Truman con ancora il gravoso fardello di essere stato l'unico Presidente della Storia ad autorizzare lo sgancio di due atomiche su civili inermi ...

     
    pensate che il Visconte di El Alamein (sic!) avrebbe permesso a qualunque fotografo di ritrarlo ?
    Guardate le mani (!)

     
    o Maggie Thatcher, impegnata nella sua guerra con il mondo ?
     
     
     
    Chiaramente non possono essere solo questi i segreti di Karsh.
    Sono le indicazioni che vengono dai tanti aforismi citati, dalla lunga carriera di una leggenda.
    Un uomo in fondo anche molto vanitoso che ha giustamente goduto in vita del suo successo.
    Ritirandosi solo nel 1998, alla tenera età di 90 anni suonati (morirà nel 2002).
     
    Gli altri restano nelle sue tante foto, nel garbo, nella grazia, nella forza di tanti scatti a persone della più diversa estrazione e livello.
     
    Personaggi famosi
     

    Dali
     

    Giovanni Paolo II
     

    Albert Einstein
     

    Jacques Cousteau
     

    Cassius Clay
     

    Andy Warhol
     

    Alfred Hitchcock
     

    Bernard Shaw
     

    Madre Teresa
     

    Picasso
     
    Di Picasso, Karsh racconta di essere andato a casa sua.
    E questi, visto il caos dei tanti figli che giocavano rincorrendosi per casa, suggerì di trovare un pò di pace nel suo studio.
    Ne venne fuori questa foto, un pò fuori dagli schemi anche per Karsh (l'ispirazione del momento) ma certamente a tema con lo stile del soggetto.
     
     
    Una frase di Karsh, poco politicamente corretta per lo stile di oggi che riporto in questa pagina dedicata alle attrici.
     
    Fotografare le belle donne è un peccato, perchè devi spegnere la luce solo quando se ne sono già andate via (per sviluppare le lastre, evidentemente)
     

    Audrey Hepburn ad inizio carriera
     

    Sophia Loren
     

    la giovane Liz Taylor appena arrivata in America
     

    l'incantevole Ingrid Bergman, anche essa appena giunta ad Hollywood
     

    ancora la Hepburn ai tempi di Sabrina
     

    Anna Magnani nei suoi anni hollywoodiani
     
    Karsh venne anche incaricato di immortalare l'evento rappresentato dalle nozze di Grace Kelly con Rainier di Monaco
     




     
    un soggetto tanto abbagliante quando ripreso bene come in questo scatto
     

     

    Anita Ekberg ai tempi della Dolce vita
     
    e Lauren Bacall emancipata dopo la morte di Bogart
     
     


     
    Ovviamente un fotografo di queste capacità, sebbene principalmente impegnato nel ritratto, poteva occuparsi di altro.
    Nel 1952 accettò un lavoro di approfondimento sulle condizioni del suo Paese di adozione - il Canada - nel periodo post-bellico.
     
    Riporto alcuni scatti
     

     

     

     

     

     
    altro non sono se non ritratti ambientati ma caratterizzati dall'opera, dal lavoro.
     
    Nei primi tempi di attività si dedicò anche al nudo in studio, di grande delicatezza
     
     
     

     
    Concludo con un mondo a me molto caro e che ai tempi di Karsh era l'epoca d'oro, i musicisti.
     


    Arthur Rubinstein
     

    il grande compositore finlandese Jean Sibelius
     


    Glenn Gould nel 1957, all'apice della carriera concertistica prima della decisione di dedicarsi esclusivamente alla sala d'incisione.
     

    Jasha Heifetz
     

    Jehudi Menuhin
     

     
    Potremmo continuare per giorni con le 150.000 lastre donate al museo da Karsh.
     
    Io trovo le sue immagini straordinarie anche se in un certo senso (in senso buono) confinate nel loro tempo.
     
    Palpitano di vita e di umanità, di garbo e di sensibilità. Sembra di vedere Karsh con i suoi grandi occhi indagatori che fissano i soggetti, invitandoli con infinita dolcezza a donarsi al suo otturatore, nell'atto di attendere il momento migliore per scattare.
    Sono tanti scrigni che racchiudono storie straordinarie. Alcune che restano nella nostra memoria al posto del nome del fotografo, ignoto ai più, altre che ci riportano ad un tempo di cui abbiamo smarrito il ricordo.
     
    Ho scelto di chiudere con due ritratti opposti ma legati dal vivo spirito di spontaneità, uno che guarda direttamente lui e non la camera
     

    il maestro Ansel Adams che nella vita non si è allontanato a più di 5 miglia dalla sua montagna che sorride bonariamente al maestro Yousuf Karsh che invece ha trasvolato l'Atlantico innumerevoli volte per immortalare i VIP di tutto il mondo. Due personaggi del tutto opposti, sebbene legati a stretto filo dalla loro arte
     

     
    e la grande tenerezza spontaneamente regalataci da Laurence Olivier nei confronti della moglie Vivien Leigh in uno degli oramai rari momenti di lucidità di questa, negli ultimi anni del loro matrimonio, entrambi incuranti della presenza del fotografo.
     
    Una foto impossibile per chiunque altro. Un altro segreto ?
     

     
    nessun segreto, se guardiamo questa foto, fatta a loro insaputa che li ritrae nella loro familiarità.
    Il fotografo e i suoi soggetti messi sullo stesso piano.
     
    Persone legate, non creature aliene ed estranee.
     
    ******************************************
     

    Mi sono avvicinato con grande umiltà a questo articolo, pensandolo nell'ultimo anno.
    Sentendomi inadeguato a sondare un tale monumento di arte e umanità.
    Mi sono sentito alla fine in dovere di scriverlo perchè penso che non possa mancare su Nikonland, un tributo al più grande ritrattista del nostro tempo.
    Qualcuno che, con il cappello in mano e grande senso di inadeguatezza mi spingo a mettere vicino ai miei miti, Caravaggio, Velasquez e Vermeer, del tutto incapace di andare oltre nella mia modesta analisi dell'opera di un genio inarrivabile.
     
     
    Per chi volesse approfondire, segnalo, disponibile (ma non sempre) il libro :
    Karsh: A Biography in Images

    un libro biografico per immagini redatto dal curatore del Museum of Fine Arts di Boston che è scritto in modo tale che pare che Karsh vi racconti prima la sua vita e poi vi illustri egli stesso, per aneddoti, le sue foto più rappresentative.
    Un libro molto pregevole, secondo me. 200 pagine, 38 euro su Amazon.
    ***
    Il 21° secolo è l'era della superficialità.
     
    Non solo i personaggi pubblici non durano - c'è ancora la Regina Elisabetta che Karsh ha fotografato a 16 anni ma non ci sono altre donne di quella rilevanza, o sono morte oppure non sono ancora nate - mentre i fotografi famosi della nuova leva sono imbarazzanti sul piano culturale, vuoti sul piano morale e in quanto a sensibilità umana, mi verrebbe da voltarmi dall'altra parte.
    Ho letto una intervista ad un notissimo ritrattista di oggi (sui 40 anni scarsi, mica 70) che ... fa venire voglia di piangere.
    In quanto a Gandhi dubito sia mai entrato in uno studio fotografico.
    Ma ho trovato Indira

    Indira Gandhi di Yousuf Karsh
    e BB

    Avevo dimenticato ...
    Walt Disney con il suo sorriso contagioso

    e tra i musicisti


    Pablo Casals
     

    e Mstislav Rostropovich
    Karsh che osserva una delle sue innumerevoli lastre

    (autoritratto)

    Man Ray
     

    Marc Chagall
     

    Marcel Marceau
     
    e il mitico Rudy

  4. Brahms : quartetti per pianoforte e archi n. 2 e n.3
    Christian Tetzlaff, Barbara Buntrock, Tanja Tetzlaff, Lars Vogt
    Ondine, 96/24, 5 settembre 2024
    marzo 2022, ultima registrazione di Lars Vogt
    ***
    Boundless Dancing, Laughing, Crying, Raging
    E' il titolo della conversazione con Tanja, Barbara e Christian sull'ultima registrazione con il loro amico Lars prima della sua scomparsa.
    E si attaglia perfettamente alla musica, scelta forse non casuale che comunque faceva parte del progetto di integrale, ovviamente impossibile da completare con questa formazione.
    Benché i due quartetti abbiamo diversa intonazione - in la maggiore il secondo, in do minore il terzo - hanno la stessa impostazione.
    Molto diversa da quello più baldanzoso e frizzante Op. 25 (che poi è il mio preferito, nella realtà).
    Il materiale melodico è vasto ma si tratta di frammenti che si susseguono come di balli sfrenati, risate fragorose, pianti inconsolabili e furie incontrollabili.
    Sostanzialmente la sintesi dell'indole di Johannes, di quegli anni (1855-1861 sono gli anni di composizione, poi la numerazione varia ma di fatto sono stati completati a cavallo del 1860, Brahms non ancora quarantenne, al di là del fatto che il terzo poi sarà pubblicato solo nel 1875).
    Sono gli anni appena successivi alla morte di Schumann, in un certo senso quasi un memoriale ma anche la base per l'accettazione di se per l'autore.
    Ma anche astraendo da questo contesto e da quello che sappiamo di Brahms - le testimonianze più intime sono state distrutte dallo stesso come testamento - resta la musica.
    Romanticismo maturo al calor bianco, nonostante una certa solennità a tratti, rafforzata da tante ripetizioni quasi schubertiane e ritmi spesso ossessivi.
    E' del tutto inutile osservare le indicazioni dei tempi. Allegro non troppo è quasi "solenne": Poco allegro è invece appena "giocoso". Poco Adagio è una ninnananna.
    Quando è allegro lo è in modo ostentato, quasi forzato.
    Profondissimo l'avvio del terzo quartetto, verso le oscurità dell'ignoto, con gli accordi del pianoforte sommessi che danno l'avvio di una fase quasi di marcia.
    Si oppone in un certo modo al marziale del primo movimento del secondo.
    Ma l'inquietudine non ha ancora ceduto il passo alla rassegnazione, aperta e pacata dell'ultimo periodo compositivo.
    Qui c'è sempre una virilità che sobbolle sotto ai temi, anche i più dolci e cantabili.
    L'amalgama creato dai quattro amici è ineludibili. Ogni nota è quella che deve essere, come avrebbe detto Bernstein.
    Non solo per il ritmo ma soprattutto per il volume e l'accordo con le quattro parti che cantano all'unisono, quasi a cappella, nonostante il pianoforte abbia la centralità quasi assoluta in questi lavori.
    Tanto da non starsi mai zitto.

     
    ma la cosa più bella, nonostante l'ineludibilità del destino segnato e la tristezza impossibile da nascondere, il tono complessivo si mantiene fedele al discorso musicale, tanto da riuscire, nel finale - 10 minuti di "allegro comodo" con velate citazioni al Coriolano di Beethoven in alcuni accordi e qualche richiamo al finale della sua Quarta, a lasciare una luce di senso.
    Alle cose se non proprio alla vita.
    Ascolto emozionante, reso vivo da una ripresa nitida e spaziale con nessuno strumento in evidenza ma con ogni perfettamente ascoltabile, tanto che si possono seguire le quattro parti singolarmente senza confondersi.
    Christian da il tempo e imposta il ritmo, Lars scandisce ogni passaggio, anche quando è in sottofondo, Tanja scende in prodondità e Barbara riempie lo spazio, cantando senza sosta.
    Bravi ! 

    i due amici di una vita Christian e Lars, suonano insieme fino all'ultimo.
  5. Shostakovich : sinfonie 4-5-6 - Makela/Decca

    Shostakovich : sinfonie numero 4, 5 e 6
    Oslo Philarmonic diretta da Klaus Mäkelä
    Decca 96/24, 14 agosto 2024
    ***
    Ho già avuto modo di parlare più volte di questo giovane direttore d'orchestra che, apparentemente inarrestabile, oltre ad avere una frenetica attività concertistica, si ricorda anche di lasciare frequenti prove discografiche.
    Purtroppo viviamo in un tempo in cui la discografia latita e anche grandissimi artisti, non trovano interesse a lasciare testimonianza di quanto hanno da dire.
    Delle due l'una, o non hanno più nulla da dire oltre che sul palco, oppure non trovano conveniente conveniente farlo.
    Alcuni, provano a fare le due cose insieme, facendosi registrare durante i concerti.
    E' meglio di niente. Ma non sempre i risultati sono eclatanti o anche quando lo sono, ci si chiede come sarebbero stati se pensati per il disco (vedi le registrazioni di Honeck a Pittsburgh di Reference Recordings).
    Della frenesia del mondo musicale ne pagano le spese anche a livello di vita sociale. Mäkelä era ufficialmente fidanzato con Yuja Wang (presentati a casa dai genitori) ma le loro vite si sono separate ad inizio anno. Probabilmente per le agende inconciliabili.
    E' un peccato anche per noi, perché con Klaus, anche Yuja avrebbe trovato modo di fare qualche bella registrazione ...
    Chiusa questa parentesi, non è che tutto quello che ha registrato Mäkelä sia - a mio avviso - ineccepibile ma le recensioni lo sono state.

    L'ultimo disco dedicato a Prokofiev con Janine Jansen però è assolutamente straordinario.
    Come lo è questo, dedicato a Shostakovich che speriamo sia l'inizio di un ciclo simile a quello dedicato a Sibelius (non perfetto ma certo fresco e traboccante di vitalità !).
    Quarta, Quinta e Sesta di Shostakovich arrivano dopo la durissima reprimenda subita dall'autore da parte del partito che lo additava di sudditanza borghese.
    Costretto obtorto collo a fare pubblica ammenda, D'mitri scaricò il suo potenziale più significativo sui quartetti e sulle composizioni per pianoforte, lasciando - almeno fino alla morte di Stalin - le sinfonie a rappresentarlo ufficialmente.
    La quarta è del 1936 ma se ne sono perse ufficialmente le tracce fino al 1961 per la perdita del manoscritto durante l'assedio di Leningrado. Quindi se ne è sentito parlare dopo tutte le altre. Nella realtà è più probabile che sia stato l'autore stesso a farla sparire, timoroso che finisse in mano a Beria, dopo le critiche avute l'anno precedente per la prima della Lady Macbeth.
    E' una composizione cupa, cruda, a tratti parossistica.

    La Quinta è strafamosa e straincisa, certo la più famosa delle tre qui registrate. Ha caratteri marziali, con toni barbarici. Gli ottoni ben rappresentano la forza orchestrale con toni chiaramente militari.
    Lo scopo della sinfonia è quello di fare proprio ammenda e riabilitarsi davanti al regime. Siamo nel 1937. Ancora non si parla di guerra ma noi non sappiamo veramente come si vivesse l'atmosfera di quegli anni seguenti alla rimilitarizzazione della Germania.
    Gli aneddoti vogliono che la prima abbia avuto un successo stratosferico con ovazioni interminabili (ovviamente a Leningrado con Mravinskij alla testa della Sua orchestra).
    La sesta è diversa, più lirica, più composta, almeno nei primi due movimenti mentre il presto finale si lascia ancora andare a tematiche barbariche.
    E' una composizione dell'estate 1939, appena prima dell'invasione della Polonia (cui comparteciperà anche l'Unione Sovietica).
    Ancora Mravinskij per la prima a Leningrado ma la prima stampa volerà a Philadelphia per la prima registrazione assoluta da parte di Stokovsky.
    Non posso dire di conoscere e di amare fino in fondo questa musica, l'ho sempre trovata indigesta se presa a dosi importanti.
    E devo anche dire che mi vergogno un pò ad ascoltarla al volume necessario. Spesso mi limito alle cuffie, come in questo caso.
    Al di là del coraggio del giovane Mäkelä che già alle prime esperienza affronta un repertorio storicamente appannaggio di direttori affermatissimi e che ha una discografia sterminata, quello che convince è la totale freschezza di approccio.
    Il metodo di Klaus è quello dei più grandi. Arrivare alla registrazione, non in prima lettura e dopo poche ore di prove - per questioni di budget - come certi suoi colleghi, ma solo dopo una consolidata sperimentazione in concerto e con la collaborazione completa di una compagine che conosce benissimo e di cui ha l'assoluta stima e fiducia.
    Se ci pensiamo bene è quello che faceva Mravinskij, capace di dirigere la sua Leningrado anche con piccoli cenni del capo o con gli occhi quando stava sul palco, e seduto comodo in poltrona, durante le registrazioni ufficiali.
    Il risultato si sente sin dalla prima nota. Coadiuvato da riprese da parte dei tecnici Decca che faranno certamente la felicità dei loro antenati - quelli che hanno fatto la gloria della storica etichetta - questa musica erutta letteralmente vitalità e ardore giovanile.
    E' musica pura, allo stato grezzo, resa gentile se necessario ma lasciata palpitare a briglie sciolte.
    Se posso darvi un consiglio, cominciate l'ascolto dalla Sesta. Credo che sia l'interpretazione migliore della storia discografica (come lo è la Terza per il ciclo di Sibelius).
    Con tutte le parti dell'orchestra che eccellono, entrano alla perfezione, si sovrappongono, dialogano.
    Gli archi sottili quasi come se suonassero musica da camera (in fondo le sinfonie di Shostakovich sono quartettoni complicati da percussioni, fiati e ottoni) e quindi chirurgici, veloci, incisivi. Ritmici.
    Il presto finale della sesta è emozionante oltre ogni dire. E non sto esagerando.
    Poi la Quinta cui viene tolta un pò di patina retorica - quella dell'Uomo Sovietico - ed aggiunto il necessario lirismo.
    Mi sembra di poter dire che Mäkelä la guarda dopo la sesta.
    C'è leggerezza, allegria, la musica danza nell'aria.
    I bassi sono straordinari e fanno da metronomi aggiunti al resto dell'orchestra. Se potete seguite l'Allegretto sui contrabbassi anziché sui clarinetti e i tromboni.
    E' uno Shostakovich più scanzonato e giocoso di quello che ci viene normalmente proposto - specie dai russi e dagli ex-sovietici ma non solo, anche dai tedeschi - più quello del suo jazz o forse, semplicemente quello che andava alle partite di calcio a Mosca, con un cappottone pesante e battendo i piedi per il freddo

    Dmitri alla partita. Aveva uno speciale pass che gli consentiva di andare ad ogni incontro in ogni stadio

    Dmitri para un tiro di suo figlio Maxim
    E se il largo è profondamente raccolto, il finale è libero di tornare alla retorica nazionalpopolare, come a volersi creare un alibi e non mostrare "gli odiati sentimenti borghesi".
    Ho odiato profondamente la quarta propostami da Haitink. Qui riesco ad ascoltarla grazie al nitore degli archi e alle tessiture che riescono a creare, apparentemente interminabili e contrappuntisticamente evolute.
     
    In conclusione, spero di avervi almeno incuriosito.
    Questo a mio parere è uno dei dischi più interessanti dell'anno e va direttamente tra i "Capolavori" di questo sito.
    Se è il primo disco di una integrale, credo che avremo tante altre sorprese di questo livello e potremmo rivedere le attuali graduatorie, anche troppo stratificate.
    Registrazione eccezionale, disco eccezionale (due ore), direttore eccezionale, orchestra eccezionale. Musica ... degustibus.
  6. Ciao Alain

    foto originale dal set de "La piscina" di Jean-Marie Perrier, 1966.
    Da questa foto è stata ricavata per fotoritocco una di quelle usate per la campagna di Eau Savage

    con consenso informato e retribuito dei due protagonisti.
    Delon è stato il più bel testimonial Dior e la responsabilità del fatto che quell'acqua di colonia sia ancora in produzione è sua.
    Ho visto le sue foto in vetrina fino a non più di 4-5 anni fa, anche in profumerie di città piccole come Varese.

     
    Sono tanti i divi che hanno prestato il volto a quell'acqua di Colonia ma io ho in mente solo lui come modello, simbolo, unicità.
    videoplayback.mp4   in questi 23 secondi c'è un intero romanzo. Un'intera epoca, inimitabile e irripetibile.

     
    Ciao Alain, non mi vergogno di ammettere che ti ho amato anche io. Anche se eri il più grande mascalzone che si potesse incontrare resterai sempre unico.
     

  7. Hans Rott non è uno dei compositori che vengono immediatamente alla mente.
    Anzi, è praticamente sconosciuto.
    E la sua unica composizione importante, tra quelle compiute, sostanzialmente fuori repertorio.
    Anche se negli ultimi anni sta conoscendo maggior fortuna, con una certa opera di ripescaggio.

    l'ultimissima è dell'anno scorso, in una trascrizione per organo di Andreas Jetter.
    La precedente, sontuosa, della DG è del 2022 con Hrusa alla testa della Bamberger


    Paavo Jarvi l'ha registrata a Francoforte quando era sotto contratto con la RCA nel 2012

    ma ne ho trovata una del 20024
    Probabilmente me ne è sfuggita qualche altra, non importa. Il fenomeno resta circoscritto.
     
    Se vi ho incuriositi e non avete mai sentito questo compositore, è presto detto.
    Rott è morto nel 1884 a soli 26 anni.
    E fino a qui nulla di particolare. Schubert è morto a soli 29 anni e Mozart a 35.
    Ma si tratta di celebrità nella storia della musica anche se morti precocemente.
    Eppure qualcuno parla di Rott come del possibile più grande sinfonista mai esistito. Se solo avesse potuto comporre ciò che non ha mai composto.
    ?
    Concordo con voi e per questo ho messo un grosso punto interrogativo.
    Hans Rott nacque nel 1858. Gustav Mahler, nel 1860. Si conobbero ai corsi di Anton Bruckner al Conservatorio di Vienna.
    Rott studiò organo con Bruckner. E Bruckner considerava Rott uno studente ben più promettente di Mahler.
    Mahler parla di Rott come di un genio, l'inventore della nuova sinfonia, una perdita incommensurabile per la musica (dopo la sua morte).
    "È impossibile stimare la perdita che la musica ha subito. Considerate le vette di genialità a cui si eleva la sua Prima sinfonia, un'opera che scrisse a soli vent'anni e che lo rende, senza esagerare, il fondatore della nuova sinfonia, come la intendo io. Naturalmente, non raggiunge esattamente ciò a cui mirava. È come se qualcuno si lanciasse per il più lontano dei lanci e poi, ancora un po' goffamente, mancasse il bersaglio di una certa misura. Ma so a cosa mira. In effetti, è così in sintonia con il mio intimo, che lui e io mi sembrano due frutti dello stesso albero, creati dalla stessa terra, nutriti dalla stessa aria. Avrei potuto trarre così tanto beneficio da lui e forse avremmo esaurito in due il contenuto di questo nuovo tempo che allora spuntava per la musica."

    La stima era reciproca.
    Molti frammenti della musica di Mahler devono qualche cosa a Rott (oltre che a Bruckner, oppure entrambi devono qualche cosa a Bruckner ma Rott era certamente di stoffa superiore all'artigiano Anton).
    Probabilmente - dice qualcuno - se i fatti fossero successi oggi, Mahler sarebbe stato oggetto di causa di plagio.
    Basta ascoltare le fanfare di corni e trombe dello scherzo della Sinfonia di Rott per capirlo. "Qualsiasi imbecille lo capirebbe subito"cit.
    E probabilmente Brahms sarebbe finito in prigione o ostracizzato dai media e dai social.
     
    B rahms ? E che ci azzecca Brahms ?
    Brahms era la più alta autorità culturale della musica tedesca in quegli anni. E di fatto era il simbolo della destra musicale, quella che voleva conservare i valori del passato tradizionale.
    Brahms presiedeva la commissione incaricata dal governo di assegnare un consistente premio in denaro al più promettente compositore della nuova generazione.
    Bruckner raccomandò a Rott di presentarsi alla commissione di esame. E questi ci andò con la partitura della sua sinfonia, rimaneggiata per l'occasione.
    Si racconta - è aneddotica - che Brahms accolse con una certa insofferenza la partitura. Che sulle prime richiamava le atmosfere wagneriane (con varie citazioni da Olandese Volante, Maestri Cantori, Gotterdammerung etc.) ma poi indulgeva in un tentativo di sintesi con la sinfonia brahmsiana (all'epoca Johannes che era "solo" quarantasettenne e non era il vecchio barbuto che conosciamo oggi aveva pubblicato le prime due sinfonie e i due concerti per pianoforte), con citazioni evidenti sia sul piano tonale che strutturale, del finale della prima sinfonia (che a sua volta richiamava la 9a di Beethoven).
    Ma la bestemmia - per Johannes - doveva essere certamente il richiamo continuo al tema di Clara, quinta discendente usata da Clara Wieck-Shumann nella sua musica, ripetuta in svariati doni musicali di Robert Schumann alla moglie e poi da Brahms stesso allo stesso scopo.
    Si dice che Brahms, , sornione al solito, si trattenne fino a quando non riuscì a trattenere la collera e stroncò clamorosamente il giovinotto che ai suoi occhi lo stava prendendo letteralmente per i fondelli in modo premeditato e insolente.
    Ovviamente il premio andò a qualcun altro (non importa a chi) ma questo innescò una crisi depressiva in Hans Rott che si sentì per questo, defraudato, incompreso, perseguitato.
    La faccenda deflagrò durante un viaggio di trasferimento verso l'Alsazia, dove Rott aveva trovato lavoro (insegnava, oltre a fare l'organista. Considerando che Bruckner lavorò tutta la vita per comporre musica e che Schubert per sbarcare il lunario vendeva canzoni, non sembra una situazione economica tanto tragica da scatenare quello che verrà. Ma ogni testa fa scena a se ...).
    Alla vista di un passeggero che si stava accendendo il sigaro, Rott estrasse una pistola e si mise ad urlare che Johannes Brahms voleva ucciderlo con la dinamite messa sotto ai vagoni e che adesso stava accendendo la miccia.
    Passeggeri e personale viaggiante intervennero per fermarlo. Ne seguì un primo ricovero cui si succedettero altri internamenti.
    Infatti si trattava solo del primo segnale evidente di una psicosi acuta che sfociò in aperta follia. L'inizio di una agonia che terminò nel 1884 quando intervenne la tubercolosi a porre fine alle sofferenze del povero Rott.
    ***
    E andiamo quindi alla sinfonia.
    Mentre scrivo ho ascoltato Hrusa e sto ascoltando la versione per organo. Quindi passerò a Jarvi.
    Jarvi ha chiaramente detto in una intervista, senza mezzi termini, che buona parte di quello che è stato Mahler viene dalla sinfonia di Rott.
    Ed è probabilmente vero. Anche molte ingenuità, non solo i larghi, i corali, le invenzioni di orchestrazione. Almeno delle prima 4 sinfonie.
    Ma il primo e il secondo movimento della sinfonia di Rott sono così imbevuti di Wagner che non si capisce chi sia l'autore.
    E pare che gli insegnanti di composizione di Rott glielo abbiano chiaramente evidenziato.
    Mentre quando passa a "citare" Schumann (gli Schumann) e poi Brahms, ancora non si capisce che cosa volesse aggiungere a quella specie di polpettone ipnotico (un'oretta buona di durata complessiva).
    Riletta all'organo si sentono anche anticipi di Vierne e Reger. Qualche accenno di Saint-Saens. Insomma la sintesi assoluta dell'epoca.
    Ma siccome nessuno, tranne gli insegnanti di Rott, Brahms e Mahler sapevano nulla della sua musica, non possiamo fare troppo mistero del fatto che sia un pò troppo poco per concludere e dichiararlo un genio assoluto.
    Insomma, per me non è la sinfonia di Berlioz che ha segnato tutto l'ottocento e parte del '900.
    E i 22 minuti dell'ultimo movimento richiedono veramente tanto spirito e pazienza per arrivare al dunque. Per poi trovarsi un sorta di timido Brahms che si presenta dopo una quinta offerta da corni wagneriani.
     
     
    I nsomma. Oggi si direbbe che è tutta colpa di Putin. A quell'epoca - come nel caso della strage dei gatti randagi di Vienna - era sempre colpa di Brahms.
     A me sembra che ci sia del sensazionalismo nell'attribuire responsabilità personali ad uno stato mentale probabilmente già alterato. E una certa voglia di ingigantirne i meriti.
    Forse perché potrei vivere tranquillamente senza la musica di Bruckner e di Mahler e perché credo che Wagner si possa prendere al posto del digestivo dopo aver mangiato pesante.
    Ma allora la precoce scomparsa di Pergolesi che cosa è stata per la storia della musica ?
    E quando abbiamo pagine di amore denso di passione come questo, dobbiamo veramente cercare altrove, dove ce n'è poco o per nulla ?

    è talmente bello e poetico che finanche Liszt, che di Wagner era lo sponsor oltre che il suocero, non si è potuto esimere dallo scriverne un tributo. (Robert Schumann, Widmung Op. 25/1; arr. Liszt S.566)
     
    Ma quale Hans Rott, la sua pistola e la dinamite di Johannes Brahms.
     
  8. Beethoven : le 32 sonate per pianoforte

    Elenco delle sonate per pianoforte di Beethoven, numero d'opera e anno di composizione :
    Sonata n. 1 in fa minore, Op. 2/1 (1795) Sonata n. 2 in la maggiore, op. 2/2 (1795) Sonata n. 3 in do maggiore, op. 2/3 (1795) Sonata n. 4 "Grande" in mi bemolle maggiore, op. 7 (1796) Sonata n. 5 in do minore, Op. 10/1 (1797) Sonata n. 6 in Fa maggiore, Op. 10/2 (1797) Sonata n. 7 in re maggiore, op. 10/3 (1798) Sonata n. 8 "Patetica" in do minore op. 13 (1798) Sonata n. 9 in mi maggiore, op. 14/1 (1798) Sonata n. 10 in sol maggiore, op. 14/2 (1798) Sonata n. 11 in si bemolle maggiore, op. 22 (1800) Sonata n. 12 in la bemolle maggiore, op. 26 (1800) Sonata n. 13 in mi bemolle maggiore, op. 27/1 (1801) Sonata n. 14 "Chiaro di luna" in do diesis minore, Op. 27/2 (1801) Sonata n. 15 "Pastorale" in Re Maggiore, Op. 28 (1801) Sonata n. 16 in sol maggiore, Op. 31/1 (1802) Sonata n. 17 "Tempesta" in re minore, Op. 31/2 (1802) Sonata n. 18 in mi bemolle maggiore, op. 31/3 (1802) Sonata n. 19 in sol minore, Op. 49/1 (1796) Sonata n. 20 in sol maggiore, op. 49/2 (1796) Sonata n. 21 "Waldstein" in do maggiore op. 53 (1804) Sonata n. 22 in Fa maggiore, Op. 54 (1804) Sonata n. 23 "Appassionata" in fa minore op. 57 (1805) Sonata n. 24 in fa diesis maggiore, op. 78 (1808) Sonata n. 25 in sol maggiore, op. 79 (1809) Sonata n. 26 "Les Adieux" in mi bemolle maggiore op. 81a (1810) Sonata n. 27 in mi minore, Op. 90 (1814) Sonata n. 28 in la maggiore, op. 101 (1816) Sonata n. 29 "Hammerklavier" in si bemolle maggiore op. 106 (1818) Sonata n. 30 in mi maggiore, op. 109 (1820) Sonata n. 31 in la bemolle maggiore, op. 110 (1822) Sonata n. 32 in do minore, Op. 111 (1822) fuori elencazione (senza numero d'opera)
    2 Sonate "Elettorali" in Mi Bemolle Maggiore, WoO. 47/1,2 (1783) Sonatina in sol maggiore, H. 5/1 (1791) Sonatina in fa maggiore, H. 5/2 (1791)  
    Le sonate di Beethoven sono l'unica chiave di interpretazione del genio assoluto. Una sorta di Stele di Rosetta senza di cui saremmo in difficoltà ad associare alla stessa mano, il Settimino, le variazioni su canzoni scozzesi o Rule Britannia, la cacofonica Ouverture 1812 con le variazioni Op. 80, la Grande Fuga oppure l'adagio della nona Sinfonia.
    Dal 1783 (aveva 13 anni) al 1822 invece abbiamo le note scritte al pianoforte per il pianoforte. Per il pianista e per il dilettante. Per il pubblico e per gli amici.
    Se aggiungiamo alle sonate anche tutte le altre musiche per il pianoforte aggiungiamo ulteriore materiale "autentico" di decrittazione.
    Non c'è più bisogno di alcun aiuto critico o di letture specialistiche.
    Basta ascoltare.
    Dimentichiamoci inoltre dei sottotitoli romantici (La caccia, Patetica, Tempesta, Chiaro di Luna !, etc.). Sono tutte sciocchezze. Tranne forse, nel significato tecnico, Hammerklavier.
    E' in quei giorni che si stava codificando il linguaggio tecnico del pianoforte. E il design costruttivo del pianoforte era ben lungi dall'essere definito, non lo sarà che dal 1870, Brahms già adulto.
    Ai tempi di Beethoven mancavano alcune note che probabilmente Beethoven avrebbe aggiunto ad alcune sue sonate (lo fa Fazil Say, compositore e jazzista molto libero nelle sue interpretazioni, quando ritiene che andrebbe fatto).
    E di certo non c'era la potenza che abbiamo oggi.
    C'é poi tutta una liturgia aggiunta nel '900 alle sonate (e alle sinfonie e a Brahms) per rendere quella musica ancora attuale. Dopo Liszt, dopo Wagner, dopo i moderni.
    Possiamo anche farne a meno. 
    Le sonate sono 32 perché sono state catalogate così.
    Le variazioni Diabelli sono 33.
    Sono 32 quelle in do minore. Ma quello "forse" è un tributo al barocco italiano e tedesco. Pieno di richiami alla ciaccona, ma di fatto una progressione di accordi (quindi una questione di permutazioni).
    Con notazioni in italiano nel manoscritto ("dolce", "staccato" etc.) e la dimostrazione della grande conoscenza musicale di Beethoven.
    Ricordiamoci sempre che per Beethoven, il pianoforte era lo strumenti. Aveva conoscenza della maggior parte di tutti gli altri strumenti del suo tempo ma in casa aveva sempre uno o più pianoforte.
    E su quello scriveva, meditava, improvvisava, componeva e soprattutto sperimentava.
    Non dovendo guadagnarsi pane e companatico con quello che gli veniva in mente al pianoforte, poteva anche infischiarsene di dare spiegazioni.
    Che cercasse di capirle chi le avesse lette in futuro. Sempre che a qualcuno fosse venuto in mente di farlo (ricordiamoci che era raro a quell'epoca che qualche musicista mettere in programma composizioni non en vogue o di musicisti fuori moda, mentre in casa si suonavano musiche più commerciali o semplici. E se una cosa non era disponibile a stampa, semplicemente non esisteva. Non è come adesso che possiamo avere qualsiasi cosa sfogliando un database online e senza pagare quasi diritti d'autore).
    Dovremmo anche dimenticarci certe letture ascetiche, sacerdotali, "giurate", sia recenti che passate.
    Beethoven spesso vuole che la sua musica suona "sguaiata", volgare, roboante. Ludwig passava il suo tempo in taverna a bere vino e buona parte della sua musica (se non proprio tutta) è cantabile, ballabile, intonabile in coro.
    Purtroppo i suoi conterranei nei secoli successivi hanno costruito edifici di retorica che tendono ad avvolgere la musica di Beethoven in un manto religioso.
    Si, la spiritualità c'è ma in un fondo decisamente secolare. Umano nel senso letterale del termine.
    Nella sua musica è bene osare, senza trattenere le briglie. Anche a costo di sbagliare.
    E senza stare troppo in penombra. Si va dalla luce abbagliante allo scuro profondo.
    Ma eroicamente.
    Non ho la presunzione, non ne avrei le capacità e nemmeno mi interessa, andare a dissertare di ogni singola sonata.
    Nei commenti che seguono darò qualche personale parere su alcune integrali recenti.
    Perché credo che solo chi affronta una integrale beethoveniana abbia veramente qualcosa da dire, senza dover dimostrare in poche note di saperne davvero più di chi incide un album o solo qualche sonata sciolta.
    E anche tra chi ha registrato integrali, c'è chi l'ha fatto svolgendo il compitino contrattuale.
    Chi invece di questo impegno contrattuale ne ha fatto l'impegno della vita.
    Oppure ha approfittato per dire la sua. Suonando Beethoven, non mettendosi in piedi su un pulpito.
  9. Taneyev: Sonata per violino e pianoforte in la minore e quintetto per pianoforte e archiin sol minore, op. 30/Naxos/Spectrum Concerts Berlin
    Naxos, 48/24, 9 agosto 2024, 1 ora e 8 minuti
     
    ***
    Taneyev non è certo il primo compositore russo che viene in mente. Vissuto nella seconda parte dell'800, morto nel 1915, è l'antitesi del russo nazionalista.
    Eppure ha studiato con Rubinstein e con Chaikovsky, oppure forse per questo, si è formato come musicista classico, in stile viennese.
    Ha suonato alla premiere il concerto per pianoforte di Chaikovsky - dopo il rifiuto di Rubinstein - ed ha seguito finché in vita tutte le prime esecuzioni del suo antico maestro.

    Ma la sua musica in fondo non è assimilabile con quella di Piotre, non è "noiosamente" teutonica come quella di Rubinstein; certamente non ha nulla a che spartire con Scriabin con cui condivide quasi il momento della scomparsa, avvenuta per i postumi di una malattia contratta proprio al suo funerale, nel 1915.
    Contrappunto classico e materiale melodico intenso accomunano i due lavori di questo disco, la sonata per violino e pianoforte - composta nel 1911 ma pubblicata solo trenta anni dopo la morte dell'autore - è una composizione melodica e cantabile, con parti paritetiche tra i due strumenti.
    Più strutturato il quintetto, dello stesso anno, suonato dallo stesso autore in una tourné tedesca ha caratteristiche quasi sinfoniche, mantenendo un carattere intimo e cantabile per tutto il tempo. Brillante, spumeggiante, vivo per tutti i suoi circa 45 minuti.
    La compagine che riprende queste due composizioni - un tempo nel repertorio di gente come Maria Yudina, David Oistrakh e il Quartetto di Mosca é fatta di ottimi strumentisti - cito Boris Brovstsyn, ottimo sparring partner di Janine Jansen - la registrazione è eccellente, pur nei suoi soli "48 KHz" e permette di valorizzare un compositore spesso tristemente dimenticato.
  10. AKG K371 : recensione (dopo anni di uso)

    sono un vecchio estimatore del marchio austriaco. Possiedo da quaranta anni le mitiche cuffie ibride K340 che ancora funzionano (sebbene mostrino l'età che hanno).
    In tempi più recenti ho comprato altri modelli riscontrando un cambio importante di qualità dopo il passaggio al gruppo Harman (a sua volta oggi di proprietà Samsung).
    Alcuni modelli sono oggi prodotti in Slovacchia ed hanno una qualità decente.
    Altri sono costruiti in Cina. E sono di qualità così-così.
    Alcuni sembra che siano semplicemente cuffie cinesi o koreane rimarchiate.
    Ho scritto delle K712 Pro, su queste pagine. Ho avuto anche le K700 (un trapano da dentista !).
    Con queste K371 ho acquistato anche le K550.
    Belle cuffie, dal suono ricco.
    Se non fosse che dopo qualche anno di uso moderato hanno cominciato a sbriciolarsi.
    Letteralmente ! Prima la banda superiore, poi i padiglioni, quindi le guarnizioni dei driver.
    Belli, per carità e con una struttura delle cuffie interessante. Ma alla fine ho deciso semplicemente di buttarle nel cestino.
    Perchè ne parlo qui ?
    Perché la prima bozza di questa recensione delle K371 è partita nel 2020 (le foto risalgono ad allora). Ma poi vedendo la brutta fine delle K550 mi sono fermato.
    Fino ad oggi, avendo riscontrato che nonostante sia passati 5 o 6 anni le K371 restano sempre quello che erano il primo giorno.
    Dici che hanno selezionato i materiali ? Sembra di si.
    Insomma, niente cedimenti delle "pelli" né della meccanica.

    Sono cuffie semplici, compatte, leggere. Tutto sommato funzionali.

    ecco qui sopra le K550 all'inizio del processo di sbriciolamento. Reference ... mi spiego ?



    la scatola è tipicamente consumer, da supermarket. Dentro, le cuffie, il cavetto con attacco tripolare proprietario che termina con un mini-jack.
    E un adattatore standard da 6.3 mm a vite.







    i cuscinetti sono molto morbidi e cedevoli. Poggiano sulle orecchie (sono letteralmente sovraurali) ma non pressano rendendo agevole tenerle in testa.
    Purtroppo dopo un pò la "pelle" tende a farmi sudare le orecchie. Ma è abbastanza normale con queste cuffie che peraltro, sono chiuse.



    il cavetto di comunicazione tra i due driver. Il segnale entra da un solo lato.

    l'interno del padiglione mette in mostra il driver, protetto da una tela nera

    la regolazione dell'archetto funziona ma non c'è articolazione che è demandata allo snodo del padiglione stesso




    la presa per lo spinotto del cavo

    lo spinotto tripolare. Le condanna ad un utilizzo standard single ended.



     
     
    Sono cuffie leggere, sensibili, di impedenza standard (255 grammi, 114 dB, 32 Ohm).
    AKG dichiara un driver da 50mm (simile a quello delle K550) e una risposta da 5 a 40.000 Hz.
    Si trovano ancora sul mercato tra i 150 e i 170 euro.
     
    Le ho misurate, ovviamente, ricavandone una risposta tipica.
    Noto una elevata estensione sul basso più profondo ma un avvallamento sul basso che conta (tra i 40 e i 100 Hz), un medio in evidenza e una risposta piuttosto brillante sugli altri.
    Le ho addomesticate usando il mio Master 9 Mk III in simulazione "valvolare"
     

    Audio-gd Master 9 Mk III : risposta su Normal

    Audio-gd Master 9 Mk III : risposta su Tube
    misure effettuate con miniDSP Ears
     
    Nella simulazione "valvolare" la risposta del Master 9 Mk III viene modulata incrementando i bassi sotto ai 50 Hz ed alleggerendo i medi sopra ai 100 Hz con una gradazione che si riduce oltre i 2500 Hz.
    In questa modalità il suono delle K371 diventa meno aperto ed avanti, permettendo di apprezzare meglio ogni genere musicale.
    Non che al naturale siano esageratamente aggressive, ma comunque viene mantenuta la presenza tipica mitteleuropea del marchio.
    Il suono è potente, basta un filo di "gas". Sono certamente più versate per i generi moderni, sulle medie e sulle alte non hanno una definizione adeguata alla musica ad alta risoluzione.
    Nel complesso non sono disprezzabili per cuffie chiuse con driver dinamico e anche in termini di fatica di ascolto non stancano troppo presto.
    Ma a questa fascia di prezzo non offrono nulla di particolare se non un modello piccolo, compatto, quasi da viaggio e tutto sommato " a perdere" (tipo vacanza o spiaggia, oppure come monitor per strumenti musicali o utilizzi tipo videoconferenza e computer).
    Non dopo l'uscita di cuffie planari in questo range di prezzo.
    Come dire che le HIFIMAN Deva se le mangiano offrendo una performance da intenditori mentre, volendo un suono più moderno e rotondo, le HIFIMAN HE400 Se sono ben altra classe.
    Volendole chiuse ? Abbiamo provato le Sundara Closed Back che, secondo me, buttano fuori dal mercato praticamente tutte le dinamiche sotto ai 350 euro.
    Insomma, va bene la simpatia per il marchio e la fedeltà nei secoli. Ma non tutta la vita (come cantavano quelli la).
  11. Monitor posizionati a parete, a differenti distanze dalla parte di fondo, circo 120cm da quelle laterali, altezza circa 100cm dal suolo (su stativo in ghisa), microfono a circa 250 cm di distanza.

     
     
    risposta confermata da Dirac Live, posizionamento praticamente a parete nonostante il condotto reflex sia sul posteriore.
    Simulazione "home", con testa a 105 cm di altezza. Cinque misurazioni.

     
    filtro creato con punto di inversione sul basso a 32 Hz, risposta standard calante oltre i 100 Hz e incremento sul punto minimo
     

     
    il processore ha impostato un ritardo di 0,2 millisecondo tra il canale sinistro e quello destro

    l'interfaccia virtuale tra Dirac e l'uscita USB del computer.
    ***
    Stiamo parlando del modello di punta della nuova serie T, la entry level del marchio tedesco che parte dalla versione con mid-woofer da 5 pollici, sale con quella da 7 ed arriva all'oggetto della prova che ha un bel cono plastico da 8 pollici, dotato di una soddisfacente sospensione in gomma.



     
    ogni monitor pesa circa 10 chilogrammi, è alto 40 cm, largo 25, profondo 33.
    Assorbe 150 watt, con un amplificatore sul woofer da 70 watt e uno da 20 watt sul tweeter.
    Il tweeter è un U-ART da 4 pollici con un diaframma in mylar che pesa 0.17 grammi, dotato di guida d'onda orizzontale a tromba HPS.
    Il woofer è in polipropilene da 8 pollici con bobina da 25mm.
    La risposta dichiarata è di 33 Hz - 25.000 Hz (-6db).
    La frequenza di incrocio è di 2600 Hz.
    La pressione sonora massima ottenibile è di 118 dB a 1 metro.
    Controlli e connessioni sono sul posteriore, come è sul posteriore il bel condotto di accordo reflex a profilo esponenziale.
    Le casse sono solide, massicce, robuste, i materiali sono ottimi anche se qualche risparmio è stato fatto su interruttori e switch.
    Il frontale è appena ingentilito da due leggere smussature che si chiudono sopra al tweeter, altrimenti è il classico box da monitor a due vie da usare in verticale.
    Il posteriore è accessibile svitando il pannello sostenuto da 12 viti.
    Io le ho provate in near-field ai lati del monitor, posandole su punte sul piano in palissandro della mia scrivania ma poi le ho sostituite con i più prestanti A77H.
    Adesso le sto usando in posizione "da casa" per vedere se possono andare come casse in un sistema hi-fi tradizionale, anche se sono state pensate come monitor per il missaggio di registrazioni in home-recording o in piccoli studi amatoriali.
    Ovviamente Adam Audio offre ai professionisti le gamme di monitor superiori.
    Per la cronaca questi costano BEN 250 euro l'uno ! E sinceramente a questo prezzo non esiste nulla di meglio.
     

    una tipica installazione proposta da Adam Audio ai lati dei monitor video della workstation di lavoro di un appassionato/musicista che mixa le sue registrazioni in casa.
    Non c'è trattamento a parete e i monitor sono posati sul tavolo. L'ascolto avviene a distanza molto ravvicinata.
     
    ***

    il mio monitor "sinistro"

    dettaglio del tweeter U-ART di derivazione Air Motion e costruito a Berlino, responsabile di buona parte dell'intonazione di tutti i monitor Adam Audio

    il profilo dell'uscita del tubo di accordo reflex posteriore

    dettaglio del cono in polipropilene del woofer da 20 cm del T8V

    il quadro controlli posteriore.
    A parte la presa di corrente standard (tipo computer) e le due prese di ingresso, sbilanciato/RCA (da non utilizzare se possibile) e bilanciato XLR (preferibile), la manopola di livello utile anche per equilibrare eventualmente i due canali e i due controlli di livello per le alte e le basse frequenze con due decibel +/- di escursione.
    La spia di acceso/spento è sul posteriore. Francamente l'unico difetto che ho trovato in questi monitor (al netto della fascia di appartenenza).
    Bene, andiamo alle impressioni sonore, con a mente un impiego di tipo tradizionale.
    Nella prova hanno suonato collegate con cavi XLR da un euro al metro, al mio Audio-gd Master Mk. III, alimentato a sua volta da Audio-gd DI2024HE e R-1 NOS.
    Un complesso che vale più o meno 3000 euro e quindi di un ordine (o più) di grandezza superiore a questi monitor, pensati per essere connessi a postazioni di lavoro con una interfaccia digitale tipo Scarlett o simili.
    La timbrica già uscite dalla scatola è corretta, appena calante verso le alte, con bassi pieni e profondi. Potenti.
    Il medio è neutro e l'equilibrio regna sovrano.
    Corrette via Dirac Live (intervento necessario per allineare fase e interferenze indotte dalla stanza di ascolto) sono diventate ancora più complete, fornendo un ascolto ancora più sincero.
    Ricordo che sono posizionate con il condotto a un paio di pollici di distanza dalla parete ma che nella mia particolare configurazione, allontanarle dal fondo non sembra apportare vantaggi sotto ai 200 Hz mentre si linearizzano o meno la gamma media e media-superiore.
    Nonostante il punto di incrocio abbastanza alto per un otto pollici (scelto probabilmente per salvaguardare il tweeter), non si notano indurimenti nella gamma media, la più critica.
    Personalmente preferisco sempre le tre vie (quando non le quattro) ma qui c'è poco da lamentarsi.
    Sia nei generi moderni che in quelli classici la performance è sempre "rotonda". Alta dinamica e non sembrerebbe necessario mai avere più watt (l'amplificatore dei bassi è di "soli" 70 watt, io in genere ne metto a disposizione molti di più).
    Il basso è profondo e pieno. Si sentono belle chiare le pelli delle percussioni e i piatti non sono in alcun modo sporcati da un medio-basso scomposto.
    Se dovessi indicare un genere più confacente a questi monitor, sarebbe il jazz classico (quello con sax, trombe, batteria vera, contrabbasso acustico).
    Mentre il meno indicato è quello vocale complesso, tipo i Mottetti di Bach o la musica rinascimentale.
    Non perché non se la cavino ma è dove il medio va più in crisi. E ci mancherebbe altro.
    Ricordiamoci che sono casse da 500 euro la coppia ... amplificatori compresi !
    Mentre se dovessi farmi un impianto dedicato al rock classico, da come sto ascoltando i King Crimson in questo momento, partirei da questi T8V !
    Ecco, potrei anche continuare a parlare di musica ma preferisco ascoltarla.
    Non è nel mio stile inventarmi concetti impossibili da trasferire a parole o differenze impercettibili tra metà gamma e un'altra.
    Concludiamo
    Giudizio complessivo
    PRO: costruzione professionale nonostante la fascia di prezzo economica è un apparecchio di fascia entry ma le prestazioni sono di livello superiore potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori nonostante i pochi watt e anche disposto a distanze molto superiori a quelle per cui lo ha pensato il progettista valido in tutte le gamme, basso potente e avvolgente, medio di classe, alto mai disturbante eccezionale rapporto prezzo/prestazioni ma così buono che a causa sua mi sono comprato il modello a tre vie della fascia superiore non necessitano affatto di subwoofer. L'accordo e il woofer spingono fino in basso verso frequenze inusuali per questi diametri di woofer  
    CONTRO: pesanti e ingombranti a conferma che c'è tanta sostanza il suono "fuori dalla scatola" va addomesticato se l'installazione e la stanza suonano contro il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) ma perdonano di più le registrazioni non ineccepibili perché meno radiografanti della serie A di Adam Audio ricordo che esistono anche i modelli T5V e T7V rispettivamente con woofer da 5 e da 7 pollici ma lo stesso tweeter, che sono più piccoli, leggeri e meno costosi.
    Ed esistono sia la serie A che la serie S per prestazioni a scalare superiori ma a prezzi che non sono proporzionali all'aumento di prestazione.
    Purtroppo non credo si possano ascoltare prima di acquistare e comunque per l'impostazione da "monitor", avrebbe poco senso farlo fuori dalla propria installazione.
    Sono e restano diffusori nati per uso professionale o amatoriale ma di servizio alla produzione di musica.
    Vanno bene in ambito hi-fi. Certamente si se si sa cosa si sta comprando.
    Non sono minidiffusori di scuola inglese e nemmeno italiana.
    Sono di scuola tedesca e simili a quelli francesi. Aperti, cristallini. Freddi, secondo qualcuno.
    Vanno addomesticati e richiedono un orecchio educato.
    In confronto ad altri monitor che ho ascoltato (JBL, M-Audio, KRK, non c'è confronto. Con Focal, Genelec, dipende dalle aspettative. Io non gradisco né le cupole invertite né i tweeter a cupola con guida d'onda).
    Purtroppo non posso filtrare il mio giudizio escludendo i miei gusti, le mie abitudini e l'educazione delle mie orecchie. Mi spiace, dovete fidarvi.
    Ma vi assicuro che valgono ogni euro che spenderete per comprarli. E anche un paio di centinaia l'uno di più.
  12. La terza sonata per pianoforte Op. 28 di Prokofiev è una composizione del 1917.
    E' breve, circa 7 minuti ma è anche tra le più complesse.
    Lontana nei temi e nelle sonorità dai ritmi da estrusori di alluminio a freddo delle "sonata di guerra" ma non mancano momenti di pienissimo concitato.
    Rappresentata direttamente dall'autore a San Pietroburgo nel 1918, in effetti, come altre composizioni di quel periodo, discende da schizzi giovanili dei primi anni del '900.
    Come la quarta sonata riporta il sottotitolo "Dai vecchi quaderni".
    Prokofiev la definiva "carina". Strutturalmente mantiene le caratteristiche formali della forma sonata classica adattata nello stile russo del XX secolo.
    E' coeva nel completamento e nella prima esibizione, alle Visions Fugitives Op. 22.

    ne parlo per citare un appunto confidato da Richter ai suoi biografi.
    Dicono che lui abbia tratto una impressione così elevata dalla interpretazione dell'amico Emil Gilels da decidere di non essere in grado di fare di meglio.
    Tanto da escluderla dal suo repertorio, a differenza di altre sonate di Prokofiev.
    Non è l'unico caso di musica che pure Richter amava e conosceva perfettamente ma che sistematicamente rifiutava di mettere in programma.
    Effettivamente le diverse registrazioni della terza sonata lasciateci da Gilels mostrano una immediatezza e una fluidità tipica di quel magnifico pianista.
    Nel disco qui sopra, oltre ad un meraviglioso secondo di Brahms, ci sono proprio la terza sonata e alcune Visions, suonate d'impeto ma con grande freschezza.
    La sonata qui dura otto minuti esatti ed inizia con un ritmo baldanzoso di danza.
    Ne esistono almeno altre due, almeno nel database di Qobuz, una in un recital tutto dedicato a Prokofiev un filo meno qualitativo sul piano sonoro.
    Un'altra nel recital di Seattle pubblicato da DG che nella realtà sembra un bootleg.

    in questo i tempi sono più veloci, la durata complessiva di soli 6:53 minuti.
    Il recital è del dicembre 1964 alla Seattle Opera House. Ricordo che Gilels fu il primo "pianista sovietico" autorizzato nel 1955 a fare un tour in occidenti (solo più tardi toccò anche a Richter abbagliare gli occidentali, mentre Van Cliburn e Gould ricambiarono le visite negli anni a cavallo delle due visite).
    Benché il suono sia appena decente, la lettura è estremamente concisa, precisa, essenziale. Entusiasmante.
    Capisco bene, ascoltandolo, quanto Richter ne fosse ammirato.

    questo è l'altro disco, tutto dedicato a Prokofiev, con Gilels che suona 2,3,8a sonata insieme a brani vari tra cui la Toccata Op. 11, tra le più capitali opere pianistiche del grande russo.
    ***
    Se vi ho incuriositi, cerco un confronto con edizioni differenti e più recenti.

    una che mi viene in mente è quella di Melnikov per harmonia mundi del 2022 registrata in un bellissimo 96/24 e che presenta tratti prodigiosi nella sua "canonica" durata di 07:14 minuti.
    Melnikov è complessivamente più dolce di Gilels e più ostinato nel ritorno dei temi. Il basso è ben differenziato. Si tratta di un disco prodigioso che dimostra, se ce ne fosse bisogno, di quanto valga l'essere conterranei nell'interpretare la musica russa.

    andando ad una visione intermedia, abbiamo questo disco DG del 1991 con il giovane Gavrilov all'apice del suo virtuosismo sfrenato e prima della svolta ascetica intrisa di Bach.
    Nei suoi 07:05, Andrei ci da un Prokofiev che si affaccia sul futuro con echi di modernismo novecentesco probabilmente più estremi di quelli intesi dal quattordicenne autore (Sergei era del 1891).

    Martha nel 1960 aveva in repertorio la sua irraggiungibile Toccata Op. 11 che portava in recital insieme alla terza sonata.
    Alla "sua maniera" se la spicca in soli 06:20 ma riuscendo comunque a concedersi momenti di poesia e di relativa tranquillità.
    Questa terza è stata ripresa anche da un disco DG con le prime registrazioni della Argerich.
    Del 1951-1954 abbiamo alcuni concerti di Tatiana Nikolayeva che includono la terza in una lettura romantica e distesa. Opposto ma altrettanto interessante di quella appena sopra.

    per Tatiana (come per Sviatoslav) lento è sempre meglio ma questo non significa affatto noioso (e comunque stiamo a 07:39).
    Secondo me questo è il vero Prokofiev dell'epoca, più vicino ai classici russi e con qualche eco da balletto.
    Ma il solo fatto di aver potuto citare il solo Melnikov come disco recente - sicuramente me ne è sfuggito qualche altro - per poi virare subito verso letture meno recenti, dice chiaramente quanto sia trascurata la bellissima terza sonata, mentre sono abusate le varie 7-8-9, registrate da "quasi" qualunque pianista in attività.
    Da parte mia, spero di aver incuriosito i miei "12" lettori che ringrazio della loro indulgenza nei miei confronti 
  13. Yes : DRAMA

    Copertina completa, fronte e retro. Le pantere nere in primo piano diedero origine ai nuovi fans degli Yes, appellati come panthers
     
    In perpetua crisi mistico-artistica, gli Yes, nati nel 1969 hanno avuto continui forfait, scissioni, cambi di formazione, rinascite.
    Oggi due dei fondatori non ci sono più (White e Squire) gli altri pare che stiano lavorando ad un nuovo disco, secondo un recente annuncio del loro agente.
    Io sono legato a loro fini dall'infanzia. Me li fecero conoscere i miei cugini intorno al 1972-73, insieme soprattutto ai Led Zeppelin.
    Questi ultimi restano per me l'olimpo del rock classico. Trovavo strani gli Yes, non capivo nulla di quanto cantavano e trovavo un pò ridicole certe atmosfere psichedelico-fantascientifiche, con Anderson che cantava a piedi nudi battendo sul tamburello.
    Poi per me sono arrivati i Genesis, i Van Den Graaf Generator, i Traffic, soprattutto gli U2, più vicini alla mia generazione. Non ho mai gradito né i Rolling Stone né gli Who. I Beatles erano più un vecchio fenomeno e la svolta hippie di Lennon era ed è agli antipodi di ciò che sono.
    Ma tornando agli Yes, la rinascita con 90125 è certamente un fenomeno non trascurabile, unico e vero campione di vendite e di classifiche del gruppo, spesso trascurato sia in patria che negli States, superato come sonorità e contenuti. E sempre troppo variabile.
    A 90125 io ho preferito nella realtà il contemporaneo 1984 dei Van Halen (casualmente prodotto da Trevor Horn che intanto si era dedicato esclusivamente al ruolo di produttore) ma il suo ascolto mi ha fatto ripescare Relayer e Drama.
    Con Relayer io ho provato in negozio i miei primi diffusori commerciali (Kef 104) ma Drama l'ho rivalutato più avanti.
    Album molto controverso, detestato dai fans delle sonorità originali degli Yes, amato da quelli che nel 69-70 erano, come me, troppo piccoli per sorbirsi quei pipponi crepuscolari e quelle ballate ingenue.
    Per questo album, gli ex Buggles Geoffrey Downes e Trevor Horn furono chiamati per sostituire Jon Anderson e Rick Wakeman.
    Sembra impossibile pensare agli Yes senza la voce particolare di Jon ma in fondo Trevor Horn non lo fece rimpiangere molto (almeno in disco a quanto si racconta) anche se fu per questo solo album
    La musica di Drama è tosta, secca, diretta e anticipa il futuro.

    Chris Squire articola ritmi aggressivi insieme ad Alan White, e Steve Howe ha un approccio più metal del solito, optando per un suono puramente elettrico.
    Il disco inizia con una mini-suite di circa 10 minuti, Machine Messiah ma poi prosegue con un intermezzo veloce che introduce a song più lunghe ma ritmate e molto frizzanti per concludersi con il filosofico Tempus Fugit dove i nuovi ritmi e le sonorità dei "nuovi" Yes sono sublimati.
    I am a Camera (io ero agli inizi con Nikon) di Into the lens, è il mio preferito.
     

    la formazione completa

    Yes : DRAMA
    17 agosto 1980
    Rhino Atlantics, versione rimasterizzata del 2022 in 192/24
    ***
    Bene, quale è il problema ?
    In studio, tutto bene, la fusione tra le sonorità tradizionali e il nuovo stile funziona.
    Trevor Horn prova con successo ad imitare Jon Anderson, Howe e Squire lo sostengono.
    Ma sul palco semplicemente manca l'alchimia e la chimica che ha cementato le precedenti formazioni.
    E quindi anche se fa il tutto esaurito negli States, il pubblico inglese arriva a detestarli.
    A conclusione del tour, comunque estremamente ricco economicamente, Howe riunisce la band e nel pomeriggio decidono di sciogliersi ed andare ognuno per la sua strada.
    Esperimento fallito ?
    No, già l'anno dopo gli Yes si riformeranno per l'ennesima volta (dopo un fallito tentativo di ibridazione tra EX con i miei Led Zeppelin) e proseguiranno tra scioglimenti e reunion fino ad oggi.
    Ma a me Drama piace. Lo so, sono un eretico.
  14. Johannes Brahms : le cinque sonate per violino e pianoforte
    Vol. 1 e Vol. 2
    Ulf Wallin, violino
    Roland Pontinen, pianoforte
    Bis 2019, formato HD
    ***
    Quante sono le sonate per violino e pianoforte di Brahms ?
    Il quesito viene posto in questi due dischi.
    Di getto io risponderei chiaramente che sono 3. Più un movimento della sonata FAE. Quindi al massimo 3 e 1/4.
    No, invece anche le due sonata Op. 120, pensate per clarinetto, proposte per viola, sono anche esse sonate per violino e pianoforte (o in qualche caso, per pianoforte e violino).
    Quindi siamo a 4 sonate. E un quarto per il movimento della sonata FAE.
    Ma c'è chi pensa che le sonate in totale siano cinque, di cui una persa, forse costruita attorno a quel movimento.
    Come sia l'arcano mistero, qui abbiamo due volumi con l'integrale di queste sonate (Op. 78, Op. 100 e Op. 108,  le due Op. 120, il movimento senza numero d'opera) e per sovrammercato abbiamo anche due trascrizioni di lieder del periodo 1868-1877.
    Bene fin qui. Una aggiunta singolare ad uno sterminato catalogo di edizioni di queste gemme musicali.
    Ma come sono ?

    Sono rese alla maniera scandinava. I due musicisti - lo svedese Ulf Wallin che suona un violino italiano del 1746, lo svedese ma di origini finlandesi Roland Pöntinen, che suona uno Steinway D - non indugiano né sulla chiave crepuscolare dell'ultimo Brahms (Op. 120) né su quello virile eroico della FAE o dell'Op.78.
    La "Regen" appare qui chiara e limpida, senza ombre. Umana ma apparentemente priva di difetti.
    La "Thun" di una calma più che Olimpica.
    E la terza abbastanza priva di quella irrequietezza che invece viene facile leggere.
    Le due sonate Op. 120 continuano con questa chiave di lettura di tranquillità interiore, non rassegnata ma di accettazione.
    Un modo di vedere Brahms che è molto lontano dal mio (non che io ne possa sapere di più di loro. Ma Brahms ebbe un travaso di bile per non essere arrivato in tempo al funerale di Clara. Non che il fatto potesse essere importante ma quanto può essere rassegnato o tranquillo un uomo simile ? Permettetemi di dubitare).
    I due comunque mostrano un affiatamento totale e se non ci sono i guizzi di coppie come Perlman/Barenboim o Perlman/Ashkenazy è perchè probabilmente non è più quella l'epoca.
    Il Brahms svedese è questo. Anche quello sinfonico. Ma Brahms amava il calore del sud. Della Baviera, dell'Austria e dell'Italia.
    Registrazione limpida come da standard Bis.
  15. Gustard X26 PRO : dac bilanciato con due ES9038PRO

    Ho comprato questo DAC nel dicembre del 2022 e l'ho utilizzato ininterrottamente fino al mese scorso come unità di conversione semplice, nella catena di controllo dei miei diffusori dipolari quadriamplificati.
    Avvicendava l'Audio-gd R28, usato solo nella sua funzione di DAC, nello stesso ruolo, che mi sembrava un pò troppo delicato per i miei bestioni.
    Adesso l'ho sostituito temporaneamente con il vecchio Audio-gd NFB 7.1, altro Sigma-Delta che ha all'attivo una decina di anni di servizio.
    Nella realtà questo Gustard è molto più di un DAC, potendo funzionare anche come preamplificatore digitale e ricevitore di segnale wireless.
    Ci sono altri Gustard ancora più evoluti che possono fungere da renderer di rete e via discorrendo.
    Vanta una pletora di ingressi, completo di tutto quello che si può chiedere ad un apparecchio di questa classe di appartenenza.
    L'ho trovato su Amazon in campagna sconto natalizia, venduto dal distributore cinese dei tanti marchi noti anche sul nostro mercato.
    Sinceramente io sono "vecchia scuola", nel senso che tendo a preferire unità separate e specializzate. Per cui mi piace che un DAC faccia il DAC e niente altro.
    Ma tutto sommato in questo caso si tratta semplicemente di una fisima, in quanto basta non utilizzare il resto, scegliere l'ingresso adatto e poi mettere a ZERO il controllo di volume e anche questo X26 PRO farà il DAC puro e semplice.
    Immagino che la sigla PRO derivi dalla scelta del chip principale, l'ESS SABRE ES9038PRO, per l'appunto che qui è utilizzato in doppio mono con tutti i canali interni messi in parallelo a servizio di uno dei due canali stereo, uno per canale.
    Si tratta di un chip monolite , estremamente sofisticato e con caratteristiche di altissimo livello, l'ammiraglia del marchio californiano in quel momento, in grado di caratterizzare l'intero progetto.
    É un convertitore da digitale ad analogico che funziona sul principio della modulazione Sigma-Delta (vi risparmio la frequenza di Nyquist, il teorema di Shannon e la funzione di Dirac : in questa sede non aggiungerebbero nulla) per trasformare il flusso di bit con cui è codificata la musica digitale in una corrente analogica.
    L'operazione nel suo complesso viene effettuata in un chip singolo nella più classica ed economica tecnologia CMOS (come quella dei nostri sensori digitali delle fotocamere).

    un microchip ESS ES9038PRO visto di sopra e di sotto. I tanti piedini sono i contatti di ingresso e di uscita.
    Il circuito di controllo deve essere progettato strettamente secondo le specifiche di ESS, pena un decadimento delle prestazioni o il mancato funzionamento secondo le specifiche.
    ESS è uno dei principali produttori di convertitori monochip dedicati al mondo audio. Insieme ad AKM, Wolfson, Crystal, Texas Instruments e pochi altri, praticamente tutti statunitensi o giapponesi.
    Ma torniamo al nostro apparecchio.
    Si presenta in un telaio di alluminio del peso di 7 chilogrammi e delle dimensioni di 330mm x 260 x 65.
    La finitura è in nero e grigio antracite.  Le superfici sono spazzolate e la qualità percepita è subito elevata.
     

     
    naturalmente io l'ho aperto, rimuovendo il telaio (per farlo si devono svitare sei viti passanti che dal fondo arrivano al coperchio superiore. C'è poi una vitina di blocco sul retro che tiene fermo definitivamente anche il pannello delle connessioni).
    Le pareti del telaio sono spesse dai 5 agli 8 mm e l'insieme è tenuto da squadrette interne avvitate alle pareti.
    Nel sollevarlo si nota subito uno sbilanciamento sulla sinistra. E' dove sono ubicati i due trasformatori toroidali audio-grade.
     

    notiamo subito la separazione tra i trasformatori, il circuito di alimentazione e la sezione di conversione digitale.
    In piedi, sul lato corto, troviamo una scheda madre che contiene i processori di controllo mentre a ridosso del frontale ce n'è un'altra che pilota la manopola del menù e il display anteriore.

    i due trasformatori sono marchiati Gustard e sono separati dal resto da una parete di alluminio che fa da schermo.

    in mezzo c'è la sezione di livellamento che contiene condensatori da 6800 microFarad, sufficienti per un piccolo amplificatore integrato, transistor tripolari di potenza e altri condensatori Wima.
    E' tutta componentistica di primordine e costo adeguato.
    Sulla parte in fondo ci sono i ricevitori e il clock interno, anche questo marchiato Gustard.

    a destra c'è la sezione di conversione vera e propria che ha una topologia simmetrica con i due canali separati a partire dai convertitori, surmontati da un dissipatore ad alette.
    La componentistica è ibrida, a discreti e a integrati.

     

    i due ES9038PRO e il loro dissipatore. La schedina in verticale è il controllo del multiselettore del menù.
    La schedina sulla destra, di costa, prende tutta l'elettronica di controllo.

    il clock interno, marchiato Gustard K2 

    dettaglio dei condensatori di livellamento della corrente.
    Una sana sezione di alimentazione è sempre indice di un progetto interessante.
    Diffidare di chi si vanta di utilizzare un alimentatore esterno o di uno switching.

    particolare della scheda centrale, di costa che contiene il ricevitore USB XMOS, un DSP Shark e processore ARM con tanto di memoria flash.
    Praticamente si tratta di un microcomputer che gestisce tutte quelle funzioni evolute che io, nella realtà, ho bypassato del tutto.
    Vediamo invece i condensitari WIBA ad alta tensione e quelli Gold più grandi in fondo.

    ancora una vista dei due ESS e dei circuiti di uscita

    le piattine di connessione della scheda di controllo e del display anteriore

    il multiselettore di accesso al menù e il marchietto X26pro.

    e ancora un dettaglio di ARM, memoria Flash e DSP Analogo Devices Shark con una vista sulle connessioni.
    Andiamo proprio alle connessioni.

    c'è un ingresso per un eventuale clock esterno da 10 MHz, l'ormai desueto ingresso ottico, così come il coassiale digitale.
    La porta USB e quella per l'antenna bluetooth se uno vuole usare questo apparecchio come ricevitore di un segnale MQA da smartphone e infine le porte più utili, per i miei utilizzi.
    La tripolare AES/EBU per cavi ad impedenza controllata e la porta HDMI incaricata del trasporto del segnale digitale I2S, quella raccomandata per la minimizzazione del jitter, anche se il reclock interno di questa unità sembra funzionare molto bene.

    in quanto alle uscite, non ho mai impiegato quelle sbilanciate che recano ancora il cappuccio rosso mentre impiego correntemente quelle XLR bilanciate
    E completiamo il tour con il fondello, molto ben fatto con quattro piedini ben dimensionati per sostenere un peso non indifferente visto il telaio così piccolo.

    sia il fondo che i fianchetti sono dotati di fori e di fessure di ventilazione adeguate

     
    Ultima vista di insieme

     
    L'ingegnerizzazione è di livello veramente elevato. La qualità dei componenti ma soprattutto la tipologia dei circuiti e la loro fattura dimostra qualità fuori dal comune.
    Sembra di vedere un apparecchio Yamaha o Panasonic del massimo livello. Insomma, a differenza di altri cinesi più esoterici, non ha nulla da invidiare alla migliore produzione industriale - audio e di elettronica professionale - occidentale.
    Oramai l'implementazione di questi componenti è alla portata di tutti così come è relativamente facile integrare processori così sofisticati per consentire misure consone al livello atteso.
    Qui peraltro stiamo parlando di un dispositivo di fascia media del costo corrente di circa € 1.500, non esagerato ma certo ben al di sopra della fascia più diffusa.
    Chi ne mastica di audio e di audio digitale in particolare, sa che si può fare un apparecchio funzionante relativamente con poco e che la scelta di questo o quel componente è relativamente ininfluente se la circuitazione è adeguata.
    Ma fare alimentazioni all'altezza e stadi di uscita che portino il suono al livello atteso è un altro paio di maniche.
    E qui abbiamo tutti gli ingredienti giusti.
    La riprova è data dal fatto che acceso, il Gustard X26PRO dopo un pò si scalda. E qui si spiega il motivo di un telaio robusto e pesante con spessori notevoli per questa classe.
    ***
    Trascuro i dati di misura. Parliamo di cose tipo 129 dB di rapporto segnale/disturbo e bilanciamento tra i due canali a livello di secondo decimale.
    La distorsione è a -110 dB con un minuscolo picco a 12KHz, misurabile con difficoltà.
    La risposta è una retta orizzontale, 
    L'uscita bilanciata produce 5,115 Volt e questo è un dato interessante, per l'interfacciamento con l'amplificatore.
    Sono informazioni che trovate sui siti dove questo apparecchio è in vendita (per esempio su Audiophonics.fr, verso cui vi indirizzo).
    Noi ci concentriamo sul suono che è la cosa più importante.
    Ancora mi scuso se ho utilizzato ed userò "liscio" questo convertitore, impostato su NOS (senza sovracampionamento) e senza alcun filtro che ne moduli la fragranza (sono cosine che si inventano quelli di ESS per mettere a disposizione degli integrati facili sistemi per modulare il suono se non sono capaci di farlo con l'elettronica).

    qui è posato sul preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III, connesso con cavi XLR.
    Il preamplificatore è collegato a due monitor professionali Adam Audio A77H a tre vie con 500 watt integrati.
    Il DAC prende il segnale digitale via cavo HDMI da una interfaccia digitale Gustard U18, il cavo è un comune HDMI da televisore, adatto per il 4K ma di poco costo (lo uso per mostrare le fotografie alle modelle mentre le scatto).
    Il display del DAC mostra informazioni essenziali

    l'ingresso (IIS IN), il tipo di segnale (in questo caso PCM a 96 Khz, inviati da un mini pc su cui gira Audirvana collegato con Qobuz) e il volume digitale, qui messo a ZERO per lasciare il segnale elettrico in uscita al massimo, delegando il resto al preamplificatore.
    Dal menù è possibile fare ulteriori scelte

    ma nulla di troppo sofisticato. Non chiedetemi cosa sia il PCM Filter, l'ho lasciato su Gentle perché le altre dizioni mi inquietano.

     
    l'ingresso 1 del preamplificatore, il volume 28, l'uscita altoparlanti, la simulazione di un suono "a valvole", riguardano invece l'Audio-gd. Ne riparleremo.
    Noto subito che il volume necessario è superiore a quanto sono abituato con la catena Audio-gd, collegata con la connessione proprietaria ACSS.
    Poco male, il livello può arrivare fino a 100 e già così ho davanti un Bosendorfer Imperial di grandi dimensioni, nonostante la vicinanza dei due monitor Adam Audio (due woofer in parallelo, un midrange a cono e un tweeter ESS).
    Il suono di questo DAC è molto concreto, appena il tutto è caldo è evidente il lavoro fatto dai tecnici Gustard.
    Concreto, solido e molto lineare. Roccioso sul basso e neutro sul medio e sull'alto.
    Il violino lo ha notato profondo e corposo, Max addirittura al telefono stamattina mentre stavo facendo i primi test.
    La voce femminile è robusta, impostata.
    Ma soprattutto si apprezzano due caratteristiche che sono la firma di questo convertitore.
    Il basso roccioso e la separazione tra i livelli con quello che chi scrive queste recensioni tende a definire silenzio di fondo o "nero" ben definito.
    Questo favorisce l'ambienza.
    In questo momento un coro canadese intona lo straordinario inno If Ye love me di Thomas Tallis e le sezioni vocali si leggono in profondità, chiare e distinte tra loro.
    La dolcezza di Mille Regretz di Orlande de Lassus si mantiene ma senza che si perdano le dinamiche tra le voci che restano, precise.
    Il senso di precisione complessivo è veramente notevole, complice la stessa impostazione nei monitor.
    Ma l'impressione si mantiene intatta anche nell'ascolto con le HIFIMAN Arya usando l'uscita cuffie del preamplificatore.
    Rappresentazione di classe che è perfettamente intonata con le caratteristiche estetiche del X26PRO, a promessa del risultato.
    La sinergia con l'interfaccia digitale Gustard U18 è ineccepibile, si vede che sono concepiti per funzionare insieme. Non c'è la minima incertezza (che invece mi rende impossibile usare la Gustard con i DAC Audio-gd).
     
    ***
     
    Insomma, prestazione maiuscola.
    Almeno finché si confronta con apparecchi dotati di convertitori sigma-delta. Nello stesso sistema, il mio Audio-gd NFB7.1 dotato del ES9018 si dimostra ancora più gigantesco nel basso, forte della sua alimentazione più che sovradimensionata (è un telaio da 22 chilogrammi) ma non così controllato sul medio e sull'alto.
    Però a paragone con DAC R2R il discorso cambia.
    Sia l'R27 che l'R1 di Audio-gd hanno una dolcezza e un microdettaglio che semplicemente questo X26 perde. Lui recupera sul basso che è sempre più importante, deciso, corposo e soprattutto controllato ma cede in quanto a precisione, sacrificando il dettaglio all'insieme.
    Con le cuffie planari di fascia alta la cosa è più evidente.
    Insomma, come per tutte le ricette, non è detto che ogni ingrediente sia sempre il più adatto, spesso si dovranno miscelare diversamente.
    L'X26PRO con i miei dipoli fa un lavoro egregio, dove la prova degli R2R che sinora ho provato faticano ad evidenziare un basso che tende sempre a stare un pò sulle sue ma in una catena che è votata alla trasparenza cristallina alle frequenze del violino e della voce femminile si nota che è la sua, la voce un pò più stonata.
    Nulla di grave, niente è perfetto e non è obbligatorio che ogni accoppiamento funzioni alla perfezione sempre, comunque e con qualsiasi repertorio.
    In questo momento sto ascoltando del jazz scandinavo e contrabbasso, piatti e rullante vorrei che suonassero per sempre ...
     

     
    Ma adesso ti rimonto il coperchio che se no qui prendi polvere ... 
    Giudizio complessivo
    PRO: costruzione e ingegnerizzazione inappuntabili solido apparecchio in relazione al prezzo richiesto; componentistica di pregio funzioni complete (ma, per chi è interessato, i fratelli successivi hanno anche capacità di lettura di rete);
    può funzionare anche da preamplificatore digitale collegato a dei diffusori attivi ingressi e uscite complete affidabilità prestazione lineare con un basso importante ma suono complessivamente chiaro  
    CONTRO: in confronto con DAC di tipo R2R mostra minore dettaglio e trasparenza può suonare in modo affaticante, bisogna stare attenti agli abbinamenti peso sbilanciato per la scelta di mettere i due trasformatori sul lato (ma non dobbiamo sollevarlo ogni momento, giusto ?)
  16. Florian Uhlig : Schumann, opere complete per pianoforte

    Florian Uhlig : Schumann, opere complete per pianoforte
    Hanssler Classic 2012-2023, formato 44/16 [disponibile in cofanetto con 19 cd e un cd-rom]

     
    ***
    Ho seguito lo sviluppo di questa integrale che viene proposta come l'unica disponibile in 60 anni di tentativi.
    Effettivamente le altre sono parziali (Ashkenazy) o inascoltabili (Demus, comunque incompleta).
    C'erano le maratone di Gerhard Oppitz dal vivo (se non ricordo male anche al Conservatorio di Milano) e qui parliamo di 20 ore consecutive.
    Parliamo peraltro di pagine più volte riviste, stralciate, emendate, modificate, stravolte dal genio instabile di Robert Schumann.
    Musica che richiede temperamento eccezionale e chiarezza di vedute.

    E se nemmeno Clara alle volte ci vedeva quello che ci vedeva il marito è chiaro che di chiaro ... non c'è nulla.
    Brahms non si permetteva di criticare il maestro, né in vita né dopo.
    Chi siamo noi per dire che molte pagine sono ingenue ed altre poco azzeccate ?
    Vale lo stesso per questo cofanettone di Uhlig che conosco bene per averlo ascoltato - a tratti - molte volte.
    Il valore non sta nella lettura, molto compassata, quasi Biedermeier della musica di Schumann.
    Il periodo è giusto ma è sbagliata - probabilmente - la prospettiva. Un poeta che viveva male la realtà è difficile da inserire facilmente da qualche parte.
    Il valore, dicevo é proprio nell'integralità delle pagine, resa disponibile (è sensazionale sentire accenni di "La ci darem la mano" nel pezzo n.5 stralciato dalla celebre sonata 3/14 nella edizione definitiva del 1853) con unità di lettura.
    Compassata, colta, sensibile ma senza ... un briciolo di follia.
    Ma se qui non abbiamo il genio di Horowitz o la passione vibrante di Martha Argerich abbiamo rigore e ritmo.
    Il che quindi non esclude momenti molto interessanti (ad es. gli studi sopra ai capricci di Paganini Op. 3 e Op. 10, 
    E chi mai aveva ascoltato prima d'ora il dono pianistico di papà Robert alla figlia Maria per il suo compleanno ?
    O la raccolta di fughe e canoni che sembrano richiamare Shostakovich o Hindemith ?
    Stesso discorso, filologicamente impagabile, tutte le versioni precedenti, alternative ed originali rispetto alle composizioni così come le conosciamo noi (spesso più "fresche" di quelle poi passate a standard).
    A testimonianza del travaglio compositivo di una mente insondabile.
    Ovviamente, andando alle singole composizioni famose, le edizioni alternative - e spesso migliori di quelle di Uhlig - sono innumerevoli.
    Per quelle vi rimando alla piccola guida redatta da Giovanni :
     
     
    Dal punto di vista sonoro, l'edizione curata da Hanssler è bellissima, pur nel tradizionale formato cd (ma qui ascoltato in formato liquido).
    Bel tono caldo, pianoforte corposo, senza eccessi o riprese iperfocalizzate.
  17. Audio-Gd R28 : un all-in-one strepitoso

    Conosco e utilizzo da anni gli apparecchi Audio-GD. E' un costruttore cinese fondato da un progettista che ha fatto esperienza negli Stati Uniti (lavorando alla Krell) e che poi ha deciso di mettersi in proprio.
    Molto dinamico, ha nella produzione dei DAC (convertitori da Digitale ad Analogico) il suo fiore all'occhiello ma oggi ha un catalogo molto ampio.
    Ogni apparecchio è caratterizzato soprattutto da una topologia elettronica (molto) dimensionata, puntando soprattutto alla qualità degli stadi di alimentazione - separati, sovradimensionati e generalmente in classe A - e di uscita (per lo più a discreti).
    L'impostazione estetica è spartana, da strumento di misura, l'aspetto non va oltre l'essenziale e non va d'accordo con esigenze di stile dei soggiorni alla moda, anche i comandi sono il minimo indispensabile per un corretto funzionamento.
    Ma la sostanza c'è, così come l'aggiornamento della linea dei prodotti costantemente allineata con i progressi della tecnologia sottostante.
    La caratteristica di base degli apparecchi progettati da Qingwa è quella di appagare l'orecchio, in somma, non l'occhio e nemmeno le aspettative dei misuroni. Anzi, parametri come la distorsione armonica vengono utilizzati per scopi sonori e non per risultare perfetti al banco di misura.
    Partiti da un rapporto qualità/prezzo eccezionale, per la quantità di componentistica di alto pregio utilizzata, restano ancora molto competitivi, sebbene nel tempo i prezzi siano stati adeguati via via alle potenzialità di un mercato che ha visto l'export premiare molto questo giovane marchio.
    Sulla longevità ed affidabilità, posso testimoniare che il mio DAC (da 15 chilogrammi, bilanciato e in Classe A, con 3 alimentatori separati già a partire dai trasformatori) NFB 7.1, è stato in servizio dal 2012 allo scorso Natale, quando dopo aver ascoltato il Master 11S di Eusebius, mi sono reso conto cheil suo suono poteva oramai considerarsi datato ...
    Il Master 11 è intanto uscito di produzione perchè sono oramai introvabili i suoi moduli integrati, quindi mi sono concentrato sui nuovi convertitori R-2R a discreti con moduli progettati e costruiti internamente da Audio-GD.
    In particolare ho scelto l'unico all-in-one (preamplificatore, convertitore, amplificatore per cuffie) disponibile attualmente in questa linea di prodotti.

    Che cos'è ?
    Dunque, si tratta di un preamplificatore/convertitore digitale che integra anche un amplificatore per cuffie ad alta corrente.
    E' interamente bilanciato dal'ingresso all'uscita (sia lato linea che lato cuffie).
    Di dimensioni tutto sommato compatte rispetto ad altre soluzioni dello stesso marchio (unico telaio da 36x36cm per circa 7.5 chilogrammi di peso) e di prezzo intermedio rispetto alla gamma Audio-Gd.
    Gli ingressi digitali sono completi (USB a basso jitter e isolamento galvanico, presa SPDIF, ingresso HDMI, coassiale), sono presenti anche diversi ingressi analogici per le funzioni di normale pre-amplificatore (compreso quello proprietario ACSS che è equivalente a quello di Krell).
    Le uscite analogiche sono sia bilanciate che sbilanciate.

    l'alimentazione è ovviamente integrata, la presa è nel posteriore.
    E' possibile utilizzare l'R28 anche come semplice DAC escludendo la parte pre.
    In questo caso l'uscita sarà fissa e non sottoposta al controllo di volume.
    Internamente l'apparecchio è diviso fisicamente tra la parte di alimentazione e quella di conversione e preamplificazione

    come si vede il trasformatore è sovradimensionato per le esigenze effettive di corrente di un DAC e lo stesso vale per il livellamento e la regolazione delle tensioni.
    Come funziona ?

    Dalla immagine sopra possiamo distinguere nella parte destra due moduli DA-8, che sono gli effettivi convertitori, i due gruppi di relais che si occupano della regolazione del volume in uscita e al centro, il modulo di ingresso USB che utilizza un chip Amanero in grado di gestire sia il PCM fino a 384KHz che il DSD in formato nativo.
    I moduli DA8 lavorano in parallelo, divisi per canale e si occupano della effettiva conversione da digitale ad analogico.
    Svolgono in formato discreto quello che in altri convertitori viene svolto da chip integrati (tipo quelli prodotti da ESS, AKM, TI, Wolfson).
    La topologia, chiamata a "ladder" o R-2R prevede una maglia di resistenze di precisione che lavorano sul segnale in successione.
    Questo schema è stato proposto da MSB sul finire ... del secolo scorso, con moduli proprietari inseriti nei suoi multimilionari convertitori, con lo scopo di superare i limiti di natura sonora dei convertitori integrati che per le orecchie di molti continuano a suonare in maniera ... troppo digitale.
    Non mi addentrerei oltre su questo fronte in quanto ognuno ha le sue orecchie e le sue opinioni al riguardo.
    Io posso testimoniare che il passaggio dal SABRE ESS 9018 del mio precedente DAC a questo genere di convertitori è avvenuto in maniera del tutto naturale, perchè mi pare molto più naturale il suono proposto da questi apparecchi.
    Qingwa, molto onestamente, dice che, volendo si può "addomesticare" il suono di un ESS 9038 perchè suoni più dolce e naturale. Sinceramente gli dò credito ma mi interessa limitatamente. A pelle credo che una soluzione come quella implementata da Audio-GD in questa classe di convertitori possa essere più interessante, sebbene cedente alle misure.
    Per me in fondo paga l'orecchio e tanto mi basta.
    Audio-Gd per non dover inseguire la tolleranza - già elevatissima - delle resistenze impiegate nei moduli DA-8, ha scelto una soluzione differente da quella utilizzata da MSB, rifacendosi allo schema dei moduli di Rockna che riporto qui sotto :
    senza andare troppo sul tecnico, Audio-Gd utilizza un microprocessore per gestire la distribuzione del flusso di segnale tra le resistenze.
    Questo consente di non dover arrivare a limiti esagerati nella selezione delle tolleranze delle stesse ed ha come vantaggio ulteriore di poter utilizzare lo stesso FPGA come base per la modulazione delle caratteristiche della risposta del segnale analogico in uscita.
    In questo modo è possibile simulare differenti tipi di filtri e di sovracampionamento del segnale, a seconda dei gusti dell'utente oltre ad incaricarsi di riallineare il clock del segnale in ingresso dal modulo USB.



    nelle foto precedenti il dettaglio dei vari moduli. Come si vede il microchip dei moduli DA-8 è uno Xilinx. Le resistenze sono Vishay o KOA con tolleranze allo 0.1%, messe in parallelo per dimezzare questo valore.
     vista di insieme di tutti i moduli visti dal lato degli ingressi/uscite.
    Operatività
    Mettere in servizio questo pre/convertitore è abbastanza semplice.
    Inserito il cavo USB dato in dotazione, ed acceso l'apparecchio, si deve scaricare dal sito Audio-GD il driver del chip Amanero ed installarlo.
    Una volta riconosciuto da Windows (credo che in ambiente Apple questo passaggio non sia necessario), questo verrà messo a disposizione come dispositivo di uscita audio e lo potremo impostare nel nostro player usuale. Nel mio caso il fidato JRiver.
    Non è richiesta nessun'altra regolazione di sistema.

    riprendendo il frontale, abbiamo un selettore, appena sotto al display, di modalità che consente di scegliere tra l'uscita linea o quella cuffie.
    Nel primo caso il segnale verrà indirizzato verso l'amplificatore di potenza o i nostri diffusori attivi.
    Nel secondo caso invece il segnale andrà ai due ingressi cuffie che vediamo alla destra del controllo di volume.
    Il primo ingresso è di tipo bilanciato a 4 pin ed è quello di elezione per questo apparecchio che nasce per essere utilizzato in bilanciato.
    Il secondo è invece la normale presa per jack da 6.3mm.
    Ho provato nella pratica e l'amplificatore per cuffie integrato (che ha capacità di erogazione elevate, fino a 9.5 Watt su 25 Ohm o 600 mW su 600 Ohm) mi sembra perfettamente in grado, volendo, di pilotare due cuffie contemporaneamente (ovviamente con un solo livello di volume).
    Il terzo selettore prima del controllo di volume è il selettore dell'ingresso. Funziona, come gli altri, a relais. Ha l'unico difetto di evidenziare il numero di ingresso selezionato e non il tipo corrispondente. Quindi 1 sarà HDMI, 2 USB, 3 SPDIF e 4, coassiale.
    In mezzo c'è il selettore del guadagno dello stadio di amplificazione, selezionabile tra L, H ed F.
    L è il minimo ed è quello che utilizzo per l'uscita linea.
    H produce un guadagno più elevato ed è indicato per cuffie a bassa sensibilità ma è meglio non impiegarlo con l'uscita linea.
    F è una modalità di guadagno più elevato che simula l'uscita bilanciata sulla sbilanciata. Da non utilizzare, evidentemente, con le cuffie bilanciate ma solo con quelle sbilanciate.
    Il display riporta la selezione di uscita (P o H), il livello del volume (numerico, da 1 a 100) e l'ingresso (da 1 a 4).
    E' un dispositivo ad alta luminosità, a barre, molto anni '70 ...
    La manopola del volume è in realtà un attuatore, in quanto questo R-28 non ha un controllo di volume analogico a potenziometro ma un controllo digitale a relais.
    Il funzionamento è a scatti e ad ogni scatti corrisponde una posizione del modulo relativa a quel livello di potenza, gestito esponenzialmente dai relais.
    Fortunatamente, il livello viene mantenuto in memoria anche allo spegnimento e rimane selezionato alla riaccensione.
    Personalizzazioni
    Come anticipavo prima parlando dello schema dei moduli di conversione DA-8, la presenza di un FPGA programambile consente oltre al controllo dell'apparecchio anche una personalizzazione del tipo di suono. L'utente può selezionare il tipo di risposta che preferisce sia per quanto riguarda la figura del filtro, sia per l'eventuale sovracampionamento.
    Purtroppo queste modifiche possono essere effetuate solo a macchina aperta per il tramite di jumper fisici da inserire nei pettini predisposti sulla scheda madre.
    Una modalità moltro scomoda che mi ha sconsigliato di provarci, avendo peraltro letto impressioni abbastanza dubbiose da parte di Amos Barnett lo scorso anno durante la sua recensione. Si tratta di nuance probabilmente troppo sofisticate per le mie orecchie partendo da una base di suono già di mio completo gradimento.
    Ho scoperto di recente che con l'anno nuovo, giustamente, Audio-GD propone una versione 2019 del suo R28 che permette la selezione delle modalità di funzionamento con i pulsanti. Mi pare che così abbiano eliminato l'unico difetto che a mio giudizio ha questo bel componente hi-fi.
    Suono e impressioni finali
    L'ho scartato per il 25 dicembre 2018 e da allora lo sto utilizzando ogni giorno.
    Il suono mi pare al livello - o quasi, non posso giudicare a memoria né mi voglio spacciare per uno capace di percepire differenze infinitesime di risposta, dell'Audio-GD Master 11S a circa la metà del prezzo e con un ingombro e un peso di meno della metà.
    Già questo sarebbe un punto di partenza elevato ma non vi avrei detto nulla.
    In questi nemmeno 3 mesi di esperienza ho maturato la convinzione che il suono complessivo del mio sistema (impostato su due pannelli dipolari autocostruiti, ibridi con le vie alte a driver magnetoplanari e le vie basse con woofer dinamici, alimentati con quattro amplificatori in classe D via crossover digitale a DSP) sia diventata più dolce e più naturale, rispetto al pur ottimo livello del precedente front-end composto da Audio-GD NFB 7.1 con DL2014 per l'ingresso USB.
    L'immagine è sufficientemente profonda ed ampia, con una ottima disposizione degli strumenti.
    Ma soprattutto il timbro complessivo mi pare che vada oltre ogni connotazione sfacciatamente digitale.
    Lo stesso vale per le uscite cuffie, con quella bilanciata nettamente superiore a quella sbilanciata, capace di far volare le mie HIFIMAN ma anche le più cocciute dinamiche che ho in casa.
    Se posso avere qualche cosa da ridire, ma sono inezie per uno nato con i wooosh dei nastri analogici e gli scrack delle testine dei giradischi, riguarda il fatto che - per la tipologia di scelta dei moduli di conversione e più in generale per l'architettura dell'apparecchio - il funzionamento non sia del tutto esente da scrocchi e crack vari quando si interviene con i selettori o anche durante il salto di traccia o l'avanzamento nel brano.
    Inezie che durante un ascolto ordinato e assorto non capiteranno mai e che potrebbero poi essere anche in parte indotte lato software.
    Resta l'ottiama resa di un investimento tutto sommato contenuto (rispetto ad altre proposte Audio-GD ma soprattutto rispetto ai top di gamma R-2R di MSB o di Rockna che mai mi potrei anche solo sognare di arrivare ad acquistare ...).
    E la speranza che in futuro, ma di questo sono certo, vista la dinamica degli aggiornamenti del catalogo Audio-GD, arriverà anche un top di gamma con queste soluzioni, portate ad un livello ancora più raffinato.
    E a chi è arrivato a leggere fino a qui, i miei ringraziamenti.
  18. Così come non tutti i pianisti cinesi ed orientali (coreani, giapponesi etc.) suonano allo stesso modo.
    Mi sono imbattuto qualche mese fa in un video del solito influencer YT che in qualche modo - anche visivamente - voleva fare un unico fascio di tutti i DAC cinesi che aveva sulla scrivania.
    Dicendo cose del tipo "mai più", "suonano tutti allo stesso modo", su Asgard (Schiit) li fanno meglio, etc. etc. etc.
    C'è il rischio di risultare superficiali.
    La stessa accusa fatta da un discografico sul suo canale YT, che in poche parole dice che tutti i pianisti cinesi suonano allo stesso modo, superficiale, atletico, senza cultura musicale, etc. etc.
    Ovviamente dobbiamo partire dall'assunto che la Cina - come Paese, non come industria elettronica - sta facendo uno sforzo monumentale investendo l'equivalente di trilioni di dollari per assumere la prevalenza ANCHE nel settore dell'elettronica di consumo.
    Non solo sulla produzione degli apparecchi ma partendo dalla stampa dei microchip.
    Volenti o nolenti ne dobbiamo prendere atto.
    Come dobbiamo prendere atto che nella Vecchia Europa non si sta facendo nulla per controbilanciare questa azione, pacifica sul piano commerciale, ma che finirà per diventare aggressiva quando quelli saranno tanto liquidi finanziariamente da potersi comprare anche le industrie americane e giapponesi che producono i DSP che sono alla base della progettazione dei DAC.
    A me non viene in mente un marchio europeo che produca in Europa DAC. Qualche casa inglese c'è ancora. Ma il Regno Unito è Europa ? Ni.
    E producono in Europa ? No.
    E se li fa qui - vedi dCS - li propone a prezzi esorbitati (e, francamente, non giustificati se parliamo di elettronica di consumo).
    Ok, sto divagando.
    Andiamo al dunque.
    Qui presento tre DAC cinesi :

    di differente taglio sia per fascia di prezzo che per dimensioni e peso. Ma tutti e tre impostati su un chip di tipo Delta-Sigma prodotto da ESS.
    Il piccolo SMSL DO200 Mk II e un multifunzione (fa anche da preamplificatore) bilanciato, che usa due chip ES9068.
    Il peso medio Gustard R26 impiega una coppia ES9039 PRO i cui canali sono utilizzati in mono per una configurazione realmente bilanciata.
    Il peso massimo Audio-GD NFB 7 - apparecchio che suona in casa da 10 anni continuativi - invece usa un vecchio ES9018.
    Quindi, al netto del modello di convertitore, tre dispositivi che usano la stessa tecnologia, più o meno aggiornata con uscita bilanciata
    Ma questo è sufficiente ad omologarli ?
    Ma per nulla al mondo.
    Il circuito di conversione è il cuore di questi dispositivi ma a monte e a valle c'è tutt'altro.
    Con l'alimentazione ci si può sbizzarrire in circuitazioni dalla più semplice alla più pesante (anche fisicamente).
    E con lo stadio di uscita si può giocare in termini di musicalità audibile.
    Ben al di là delle "fragranze" digitali implementate da ESS direttamente nei suoi chip e richiamabili da tastiera o telecomando per vedere se ne riusciamo ad apprezzarne le differenze effettive (io ? mai notato differenze !).

    Diciamo che già ad occhio qualche domanda verrebbe spostanea.
    Ma guardiamoli dentro.

    Il DO200 MK II è un ottimo apparecchio nella sua classe.
    In un piccolo telaio racchiude tutta la circuiteria.
    I due convertitori paralleli sono a sinistra, nella serigrafia è proprio indicato L CH ed R CH per indicare i due canali.
    Anche gli stadi finali sono in un certo modo differenziati. Ma in chiusura sono sommati per ... applicare il volume che nella realtà è monofonico (digitale).
    E l'alimentazione ? Integra un piccolo trasformatore da 12V 1A di tipo switching (quelli dei computer), un paio di condensatorini e qualche integrato di potenza.
    I tre chip centrali sono quelli che gestiscono l'I/O (entrate e uscite) i menù, etc.
    Tutto qui.
    Ripeto, nella sua fascia è un bel prodotto. Ma effettivamente, anche ad implementazioni differenti, moltissimi SMSL, Topping etc. etc. che condividono questa struttura con alimentazione switching e stadi di uscita basati su operazionali commerciali (anche quando di pregio) tendono a suonare allo stesso modo.
    Nonostante tanti recensori si sforzino ... con la fantasia, di farli suonare diversamente.
    Siamo nel campo della mid-fi, non proprio la fuffa delle grandi multinazionali però nell'ambito dei circuito progettati al simulatore e poi stampati per la grande produzione di serie a costi limitati, puntando sulle caratteristiche di flessibilità di impiego per l'utente, il prezzo e le caratteristiche di misura elettrica apparentemente ineccepibile.
     
    Andiamo al Gustard, un aggeggio da 7 chili ben evidenti quando lo si prende in mano (l'SMSL pesa qualche etto).

     
    qui abbiamo già tre sezioni differenziate, due alimentatori toroidali separati per sezione di conversione e di uscita, stadi finali a discreti, dissipatori. Produzione di calore mentre lo si usa (l'SMSL può stare acceso continuamente, sarà sempre freddo).
    Componentistica di pregio.
    Prestazioni numeriche elevate. E suono avvertibilmente hi-fi.
    Mentre l'SMSL suona sempre uguale quale sia il programma musicale, il Gustard ha un basso viscerale che qualcuno ascriverebbe al chip ESS mentre questo deriva da come è stata curata la sua implementazione.
    Andiamo al pachiderma da 22 chilogrammi made in Shenzhen.

    qui abbiamo separazione fisica che parte da tre alimentatori, tutti in classe A, tre trasformatori, tre circuiti.
    Transistor degni di un piccolo finale di potenza sia per l'alimentazione che per la fase finale.
    Questo è un convertitore puro e semplice, riceve un segnale digitale e lo trasforma in analogico.
    Non ha, come gli altri, volume, ingressi e uscite "preamplificate", ricevitore wi-fi e quan'altra.
    E' una pura topologia - originale - a forza bruta, concepita per ridondanze e esagerazioni.
    Non strettamente necessarie.
    Ma poi il costruttore dichiara che ogni apparecchio viene misurato singolarmente alla fine del processo di produzione (che è manuale, a partire da un telaio in alluminio pesante) e che poi viene avviato ad una fase di ascolto e di rodaggio di alcune centinaia di ore, prima di essere spedito al cliente.
    Il mio è stato fatto espressamente su mia richiesta perché era una serie speciale.
    Oggi non è più aggiornato per caratteristiche ma sul piano sonoro è ancora un apparecchio hi-end.
    Vi posso garantire che l'SMSL non suona come gli altri due. Non fa schifo e lo consiglio a chi voglia farsi un piccolo impianto collegandolo a due diffusori amplificati.
    Il Gustard e l'Audio-GD non suonano uguale, per niente.
    Eppure tutti e tre hanno microchip dello stesso tipo e dello stesso produttore.
    La differenza la fa l'implementazione circuitale, l'alimentazione, gli stadi finali, la capacità di produrre un segnale pulito oltre che preciso (quello lo sanno fare tutti). L'impostazione sonora, una cosa che è possibile regolare elettronicamente a condizione che chi se ne occupa, sia un musicofilo.
    I prodotti Audio-GD raramente brillano per misure elettriche (e per estetica o per funzionalità avanzate o facilmente fruibili). Ma hanno una firma sonora evidente, anche quando vogliono essere neutri.
    Se vi fidate del mio giudizio, i due più grossi, offrono una dinamica impareggiabile per il più piccolo, con un basso enormemente più sviluppato.
    Ma il Gustard è più chiaro su medi ed alti, più controllato sui bassi.
    L'Audio-GD ha un basso smisurato che però tende a scomporsi e un medio-alto più indietro del Gustard.
    Le due impostazioni sonore si adattato ad impieghi differenti (entrambi sono stati acquistati per alimentare sezioni di potenza di un diffusore a 4 vie separate elettronicamente con un DSP).

     
    Non sto dicendo che questo è meglio di quello, né che vi dovrebbe piacere di più uno o un altro.
    Sto solo argomentando come, secondo me, sia scorretto dire che tutti i DAC cinesi suonino uguali tra loro.
    Semplicemente non è vero. C'è DAC e DAC. E poi ci siete voi che li usate e li ascoltate !
  19. Im wachen Traume : Delian Quartett • Claudia Barainsky

    Im wachen Traume
    Delian Quartett & Claudia Barainsky (non citato in copertina, il baritono Mikhail Timoshenko. Sarà perché russo ?).
    Musiche di William Byrd, Robert Schumann, Henry Purcell arrangiate per quartetto d'archi (e soprano)

    ECM, 21 giugno 2024, 96/24
    ***
    "In un sogno ad occhi aperti" è un disco delicatissimo di ECM, registrato in un pulitissimo 96/24 nell'ottobre 2021 nell'abbazia benedettina di Marienmunster che esce adesso.
    Il programma prevede arrangiamenti per quartetto d'archi con e senza la voce del soprano/+baritono di musiche pensate per altre situazioni da due grandi inglesi come Byrd e Purcell, inframezzati da una raccolta di Schumann, la Frauenliebe und Leben ("la vita e l'amore di una donna").
    I temi sono l'amore e la morte, gli arrangiamenti sono di Stefano Pierini e di Aribert Reimann.
    Le basi di Byrd sono in origine per clavicembalo o clavicordo, mentre è stata aggiunta una canzone popolare del tardo '600, di cui sopravvive solo una strofa ("John, vieni a baciarmi adesso") qui completata da Pierini nello stile di Byrd che la Barainsky canta con grande trasporti.
    Lo stile passa dal secolare al liturgico a seconda del testo e il risultato, forse ispirato dal luogo è particolarmente toccante. Le voci sono appena accennate, quasi cantando in sottovoce ma nella realtà modulate nella registrazione perché si fondano con gli archi quasi fossero solo altre due voci sonore (sebbene parlanti) nella ninna nanna per il Bambin Gesù intonata dalla Madre.
    Più famose le selezioni di Purcell, la Pavan, la Ciaccona in Sol Minore, soprattutto "When I Am Laid in Earth" (Dido) qui particolarmente resa drammatica dall'incipit del violoncello e dalla voce molto dolorante, senza accenni di asprezza, solo dolore.
    La preghiera finale aggiunge altre due voci, una viola e un violoncello, per un totale di otto, all'armonia che sale in cielo quasi fosse Tallis, a testimonianza delle radici profonde della musica di Purcell, spesso nascoste dalla produzione operistica più mondana.
    Nel mezzo, un pò inspiegabilmente il tedesco di Schumann che qui sta ai confini tra perdita e estasi.
    Con la struttura musicale così estesa e non più vincolata alla gamma del pianoforte che nell'originale accompagna il soprano, questa raccolta assume realmente la dimensione di sogno.
    La delicatezza con cui viene portato il canto e il tenue accompagnamento spesso reso dal pizzicato con in più un controcanto del violino, arricchiscono tanto la partitura da renderla spesso brillante.
    Ma il tono complessivo è impostato su viola e violoncello, con accenni di natura schubertiana, per il mio orecchio.
    E' un peccato che il vecchio Reimann, pianista che ha accompagnato spesso l'Op. 42 sia morto lo scorso marzo e non abbia potuto vedere realizzata la sua opera di valorizzazione, nata, secondo l'aneddoto raccontato nelle pagine del libretto, da un sogno ad occhi aperti che ha svelato le potenzialità di questa composizione una volta arrangiata.
    Registrazione ricca ma dolce, perfettamente allineata con gli intenti discografici.
    Un disco originale e di rara bellezza.
  20. HIFIMAN HE400SE : il punto giusto da cui cominciare

    In prova con questa catena di test :
    Qobuz via Audirvana Gustard U18 Gustard X26PRO via I2S Audio-gd Master 9 Mk III via XLR caso stock single-ended HIFIMAN e cavo crystal bilanciato HIFIMAN
     
    la pagina del prodotto dal distributore italiano, Playstereo.com.
    Il prezzo attuale di € 125 non rispecchia il valore reale di queste cuffie, è solo una fase di mercato in cui HIFIMAN come da sua abitudine, promuove il ricambio di magazzino.
     

     

     
    Si tratta se non sbaglio della terza edizione di questo modello.
    Ho posseduto ed apprezzato le originali HE400, le ho sempre preferite alle Sundara per il loro suono più naturale e non affaticante.
    Ho anche la versione 2020, denominate HE400i o improved, aggiornamento di metà carriera ma oggi mi voglio soffermare su questo modello che continua ad essere, secondo me, il miglior punto di ingresso nel mondo delle magnetoplanari aperte ad un prezzo eccezionale.
     
     

    armatura robusta (in plastica) argentata, padiglioni rotondi sovraurali, cuscinetti morbidissimi, appena vellutati.
    Connettori standard da 3.5 mm che consentono di accettare tutti i cavi che ho in casa per le HIFIMAN.
     

    l'edizione se mantiene l'archetto semplificato (efficace anche se un pò cheap) e l'articolazione sufficiente a trovare subito l'accomodamento sulla testa.
    Queste cuffie hanno il diaframma standard (non nano di ultima generazione) ma incorporano i magneti stealth, trasparenti al suono.
    La sensibilità è abbastanza bassa - 91 dB - il peso è contenuto. L'impedenza di carico è di 32 Ohm, valore standard per le cuffie di oggi, cosa che le rende facilmente pilotabili.
    Ma ho il sospetto che la potenza necessaria per farle volare sia elevata.
    Del resto c'è scritto anche nelle note che probabilmente un DAP o uno smartphone non basterà.
    Sono rodatissime, le ho da quando sono uscite, per cui le conosco già bene.
    Ho cambiato il front-end per usare il nuovo Audio-gd Master 9 Mk. III ma questa volta alimentato da una coppia tutta Gustard.
    L'interfaccia digitale U18 e il DAC X26 PRO.
    La coppia è consanguinea e si apprezza la connessione diretta via cavo HDMI (un modello Ricable da pochi soldi che uso per visualizzare le foto via Nikon Z quando devo mostrarle alle modelle durante gli scatti), ovviamente via porta I2S.
    Il carattere del Gustard X26 PRO è ben definito. Lo uso da 18 mesi per i miei diffusori (planari e dipolari !) per le sue caratteristiche.
    Il convertitore tipo Sigma-Delta ESS 9038 PRO qui è usato in configurazione doppia, per un perfetto bilanciamento.
    Alimentazione e stadi finali sono a discreti.
    E' un apparecchio da circa 7 chili, tutto sostanza ma con un livello di ingegnerizzazione elevato.
    Ma ne parlerò in un successivo articolo.
    Dicevo del carattere che mostra i muscoli sul basso che però rimane controllato. Mentre il medio e l'alto sono chiari e in primo piano.
    Ho misurato queste cuffie con il mio solito microfono doppio miniDSP Ears
     

    il DAC Gustard posato sull'Audio-gd Master 9 Mk III

    le cuffie sul miniDSP Ears (sulla immediata sinistra, l'interfaccia digitale Gustard U18).
    Ecco la misura, ripetuta due volte stringendo i cuscinetti.
    C'è una particolare dolcezza in queste cuffie che si riscontra perfettamente nella risposta :

    il basso scema come nei diffusori dipolari, il medio ha un avvallamento con il centro a circa 1850 HZ, l'alto è tormentato ma di livello non molto più alto del piccolo picco a 800 Hz.
    E' strana la discesa dopo i 12Khz ma a quelle frequenze chi la sentirà mai ?
    E' un peccato che io non trovi più la misura fatta quando erano nuove. Magari è in queste pagine da qualche parte, salterà fuori.
    ***
    Ma di tutte queste cose ci interessa poco o per niente di fronte al suono.
    Ebbene, mi ripeto un pò rispetto a quanto ho scritto per le HIFIMAN Edition XS.
    Queste sono entry-level, decisamente e non arrivano in nessun modo al dettaglio delle alto di gamma.
    Ma il carattere, ben coadiuvato dal DAC Gustard, privilegia l'ascolto, come se fossero dei minidiffusori di scuola inglese.
    Il basso è importante, non in primo piano, lo è il medio, mentre la voce c'è, è chiara, senza esasperazioni.
    La solita caldissima voce di Chantal Chamberlain che "vorrebbe danzare con qualcuno che l'ama", è a tratti ben più che commovente. Si sentono i suoni emessi dalle labbra. E lei la potrei ascoltare cantare per ore.
    Appena più leggera di quanto sono abituato con Arya e Audivina, Maria Pia De Vito, con il pianoforte meno dettagliato di quanto mi piacerebbe.
    Il volume è più alto del solito ma non saprei dire se per la sensibilità bassa delle cuffie o per il livello di uscita del Gustard. In genere il Master 9 riceve il segnale via ACSS dal DAC R1 NOS di Audio-gd.
    Ma se voglio sentire di più il basso devo alzare il volume. Solo a quel punto mi soddisfa. E questo senza che le altre frequenze lo coprano.
    Sono cuffie abbastanza sensibili al livello della registrazione. Amano che la traccia sia almeno una 96/24
    Ma passando allo swing di Robbie Wililams in 44/16 non si chiederebbe molto di più (e naturalmente viene da chiedersi dove sia finita Miss Jones !).
    Lo Studio della Rivoluzione nelle mani di Valentina Lisitsa è quello che ci vuole per apprezzare un pianoforte con una buona ambienza. Ma devo alzare il volume di parecchio.
    Chiamo Vincenzo Maltiempo a raddoppiare il suono con la prima di Scriabin. Il suono è più argentino. Il basso nella marcia funebre c'è ma non viscerale come piace a me.
    Torno al jazz più classico con Art Pepper+Eleven. Resta una bella performance ma mi conferma come queste cuffie siano ben lontane dal tipo di suono monitor di altri modelli - radiografanti - di HIFIMAN.
    Come per le Edition XS questi sembrano diffusori.
    Con solo un palcoscenico meno ampio. Ma comunque molto ben caratterizzato.
    Jesu Meine Freude par Raphael Pichon ha le voci femminili in evidenza ma il basso c'è cavernoso in sottofondo. Il coro però non mi appassiona tantissimo.
    Mentre è bellissimo il violino di Alina Ibragimova nella sua bella lettura di Ysaye.
    ...
    continua dopo il break doveroso per far riposare le orecchie ...
     
    ... e siccome i miei dubbi rispetto al solito sono aumentati, cambio la catena di comando
    Qobuz via Audirvana Audio-gd DI2024HE Audio-dg R1 NOS 2024 via I2S Audio-gd Master 9 Mk III via ACSS cavo crystal bilanciato HIFIMAN e le cose si rimetto a posto. Il fortepiano di Olga Pashenko nel suo ultimo disco mozartiano è delicatissimo, il piano di Valentina è più robusto, la voce della De Vito è più pulita.
    Chantal resta calda. Il basso dei King Crimson di The Hell Hounds of Krim resta coinvolgente ma meno potente, più signorile, più controllato.
    il palcoscenico cresce, si allarga, si approfondisce.
    Morale, pur essendo cuffie che costano poco, non sono cuffie da poco.
    Non avranno mai il dettaglio delle HE1000, ovviamente, ma sono molto sensibili a cosa le pilota.
    Con la catena Gustard abbiamo un bel basso granitico ma perdiamo molto della leggerezza del medio e dell'alto. E anche un pò di palcoscenico.
    Con il sistema Audio-gd, anche appena appena acceso, sembra tutto più coinvolgente ed emozionante, più preciso, ma con un basso meno secco e violento.
    Che posso fare ? Ricorro a Janine. Il finale del concerto di Sibelius mi da la prova che "per quello che ascolto io", qui va meglio.
     
    Giudizio complessivo
    PRO: la porta di ingresso per il mondo delle magnetoplanari. Con 125 euro non si compra nemmeno una scheda di memoria SD discreta ... rapporto prezzo qualità insuperabile per le planari (come per le Edition XS al cui carattere le avvicino) suono neutro, caldo, avvolgente, abbastanza dettagliato, palcoscenico molto ben caratterizzato su tutte le dimensioni sembrano diffusori acustici e si possono ascoltare a lungo senza problemi nessuna gamma in evidenza, basso un pò in ritirata abbastanza comode ma io sono troppo ben abituato ai padiglioni grandi ovoidali e circumaurali delle altre HIFIMAN CONTRO: molto sensibili alla catena di controllo, per spingere il basso ci vuole un Sigma-Delta ma poi si perde di chiarezza e precisione in gamma medio-alta sensibilità bassa, ci vuole potenza e un ottimo amplificatore a spingerle aspetto e costruzione cheapy. Ma a quel prezzo ... insomma se vi incuriosiscono le planari ma non volete o potete spenderci tanti soldi, correte a prendervi queste HE400SE con l'unica avvertenza che sono fuori catalogo e forse uscirà un nuovo modello abbastanza presto.
    Ma questo non le farà smettere di suonare bene.
    A me piacciono come sono piaciute quelle dei due modelli precedenti. Ci ascolto di tutto con prevalenza per jazz e hard-rock ma anche violino e voce sono spettacolari.
    Cedono nelle trame complesse e nelle tessiture di coro e grandissima orchestra, non è il loro pane.
    Ma per quello ci vogliono altri apparecchi.
    Attenti però a cosa c'è attaccato all'altro lato del cavo di potenza ...


  21. Una volta gli artigiani e gli artisti si distinguevano solo per la destinazione dei loro lavori.
    Più concreti ed utili, quelli degli artigiani (mobili, tendaggi, scale, ringhiere, colonnati), più ludici e per il piacere dei sensi quelli degli artisti (dipinti, sculture, musica non commerciale).

    Entrambe le categorie vivevano della loro arte (da cui il nome) e passavano la vita, fin dall'infanzia ad imparare arte o mestiere, lavorando nella bottega di un mastro per poi mettersi in proprio e a loro volta, avere apprendisti da fa crescere.
    Benvenuto Cellini che era a metà strada tra l'artigiano e l'artista, fino ad un attimo prima di morire sperimentava il miglior tipo di fusione del bronzo per fare campane migliori, giammai stancandosi di innovare e perfezionare la sua arte.
    E non scomodiamo Leonardo o Michelangelo, anche più modesti artisti come Giugiaro o Pininfarina, nei nostri tempi, hanno fatto crescere la loro arte offrendo opportunità anche ai loro eredi di andare oltre, sfruttando le tecniche più avanzate, i materiali più sofisticati, la tecnologia.
    Questo era un tempo, col ricambio, gli apprendisti, il gusto per il bello.

     
    Oggi viviamo in una fase della storia in cui la demografia è indiscutibilmente orientata, almeno nella nostra parte del mondo, verso l'età.
    Gli artigiani che ai loro tempi hanno imparato, non trovano apprendisti. Sono invecchiati, sono stanchi. Molti lavorano praticamente solo per pagare i loro conti. Praticamente detestando il loro lavoro.
    Tra questi ci sono i fotografi e i videografi dotati di partita IVA.
    Un pò, quasi, come se l'arte oggi vivesse separata dal "soldo", più che altro nei cuori degli amatori. Ovvero quelli che fotografare, pagano.
    Il fotografo con la partita IVA, non vuole più imparare nuovi giochi, un pò come i cani vecchi, vorrebbero poter campare fino alla pensione continuando a lavorare come hanno sempre fatto.
    Con il minimo sforzo, il minimo degli scatti. Maledicendo il digitale, il computer ed internet. E soprattutto Nikon ekkekkaz**, che si mette ad inventare nuove modalità di esposizione, di autofocus, di bilanciamento del bianco, di compressione.
    E poi, il video. Una volta .... ai miei tempi ... adesso tutti ti chiedono anche il video, perchè si sa, la tua macchina gira anche il video : quindi mi devi dare anche il video.
    E poi, fa tutto la macchina, no ? E quello che non fa la macchina, lo si fa al computer.
    Ecco ...
    ... per questi lavoratori autonomi dotati di partita IVA, ideali prosecutori degli artigiani del medioevo, quelli che hanno fatto il Duomo di Milano e Notre Dame (perché gli artisti quei monumenti li hanno abbelliti ma sono gli artigiani che li hanno edificati con il loro duro lavoro, innovando quando non si sapeva come sostenere un arco da 200 tonnellate), Nikon anziché inventarsi duecento modalità di messa a fuoco, un manuale da 1028 pagine e 6 tasti funzione programmabili, dovrebbe aggiungere un tastino ARANCIONE.
    Che con la sua magia, non dovrebbe fare altro che commutare la macchina in modalità "Partita IVA".
    In questa modalità la macchina perderebbe ABS, servosterzo elettroidraulico, controllo di trazione e antipattinamento, sbrinatore e trazione integrale, lasciando controllo totale al fotografo con partita IVA.
    La modalità Partita IVA dovrebbe ovviamente essere tagliata su misura. E quindi la modalità Rilandi per la fotografia per adulti, quella Minzoni per la cronaca, quella Bucconi per l’intrattenimento quella Galliati per lo sport.
    Che gli artisti si divertano a studiarsi tutte quelle cose astruse, perdendoci il sonno e il senno, se vogliono. Ma per le partite IVA, no, loro nel loro tempo libero non vogliono nemmeno sentir parlare di fotografia, al massimo scattano col telefonino.
    Ma soprattutto, la macchina deve essere chiaro che debba poter fare solo ed esclusivamente quello che ci devono fare loro !

    ovvero fare in fretta, fatturare, preoccuparsi di incassare. Pagare il leasing, i conti, le bollette, le vacanze.
    Che ci pensino gli artisti a sfruttare tutte le altre modalità !

     
    Scritto con ironia, da leggere con ironia, perché ovviamente le cose sono molto più complicate e profonde di così.
    Personalmente non camperei mai di fotografia e capisco bene che gli attuali Gen Z preferiscano fare gli influencer(*) anziché imparare un mestiere come quello del fotografo d'assalto.
    Certo, io posso permettermi di vivere da artista. Nella vita ho fatto altro ed ho grande rispetto per chi lavora (ancora) 

    (*) influencer della Gen Z. Ragazzotto sui 25-28 anni, che dall'alto della sua esperienza al piú biennale di una qualsiasi attività, è in grado di spiegarti che hai sempre sbagliato tutto nella vita e che dovresti seguire esclusivamente i suoi consigli  perché lui, è in quel modo, anziché lavorare, che si paga "i vizi" 
  22. HIFIMAN Edition XS : recensione

    Ed eccoci finalmente all'ultimo pezzo del quintetto di cuffie planari HIFIMAN in prova.
    Si tratta delle HIFIMAN Edition XS.

    un modello che si caratterizza storicamente per scelte di compromesso al risparmio per contenere il prezzo ma non per la qualità di ascolto.
    Ci sono state altre proposte nel recente passato, tutte derivate dall'alto di gamma che non hanno mai deluso.
    In questo caso la scelta è stata quella di adattare i padiglioni in stile HE1000 all'archetto usato per Deva ed HE400 SE.
    In questo modo l'indossabilità si mantiene di alto livello ma probabilmente si risparmia sui costi.
    Nonostante ciò queste cuffie hanno i magneti stealth e i diaframmi ultrasottili, come tutta l'ultima generazione di cuffie.
    Il padiglione ha la caratteristica forma ovoidale che avvolge del tutto l'orecchio e si poggia sui lati della testa.

    Le armature sono estremamente solide, con finitura argento.
    I cuscinetti sono morbidissimi ed avvolgenti, con una texture che ricorda la vera pelle.
    Si indossano facilmente, non pesano e non stringono troppo, quel tanto che basta per aderire al corpo e non favorire trafilaggi.
    Sono cuffie aperte ma devono stare ben strette per assicurare un buon basso.

    la scatola è quella minimal in cartone naturale con una banda adesiva che specifica il modello.


    e che riporta bene in evidenza tutte le caratteristiche

    non sono promesse per aria, perché il tutto è mantenuto appena le provate.
    Sono confortevoli e tecnologicamente avanzate.

    riporto la pagina del negozio online del distributore italiano.
    Si caratterizzano per una impedenza bassa di soli 18 Ohm, una sensibilità bassa di 92 dB.
    Il peso dichiarato è di 405 grammi (non ho verificato, ci credo).
    L'interno della scatola riprende quello delle altre, con le cuffie protette da un preformato in schiuma di polistirene

    e l'unico accessorio è un cavetto single-ended, pregevole ma che io non ho usato.
    I connettori sono quelli standard da 3.5mm, quindi mi permettono di usare i miei cavi bilanciati che impiego con le Arya e le Audivina.


     

    l'articolazione, pur non particolarmente raffinata fa il suo lavoro, rendendo queste cuffie meno rigide delle Ananda Nano che invece utilizzano un altro sistema, esteticamente più appagante ma meno confortevole alla prova dei fatti, almeno per me.

    l'archetto è solido e rivestito di finta pelle, ben rifinita.

    l'interno del padiglione. Si nota l'armatura interna di protezione, il velo che la ricopre, il nido d'ape esagonale che assicura morbidezza al cuscinetto.
     
    ***

    la misura con il consueto sistema miniDSP Ears mostra una risposta in frequenza ben articolata che ricorda quella dei diffusori acustici.
    La gamma media non ha evidenze, quella medio-alta ha un avvallamento con un minimo a 2000 Hz e un picco a 4000, la gamma altissima non ha picchi esagerati (come invece hanno le Ananda).
    Il basso è un pò in ritirata, con una flessione di circa 6 db sotto ai 100 Hz.
    Ricordo sempre di non innamorarsi di queste misure. Perché possono variare nel tempo e perché non è affatto detto che sulla testa siano confermate, rispetto al sistema di prova con la sua struttura e la sua pressione sonora.
    Per questo preferisco sempre far maturare ogni cuffia che provo. Nel tempo le cuffie acquistano gradualmente le loro caratteristiche peculiari mano a mano che suonano.
    E anche le mie orecchie si abituano a riscontrarne le loro peculiarità.
    Le ho provate in particolare negli ultimi giorni con questa catena :
    Audirvana che gira su un mini PC Windows interfaccia digitale Audio-gd DI2024 HE dac Audio-gd R1 NOS 2024 amplificatore Audio-gd Master 9 Mk III cavo bilanciato HIFIMAN  
    se le prime impressioni contano ho riscontrato da subito la bassa sensibilità che richiede di alzare il volume dell'amplificato per raggiungere una pressione sonora tale da permettere alle cuffie di dare il meglio di loro.
    Il suono è caldo e privo di asprezze in generale. E' inutile impiegare la modalità del Master 9 Mk III che simula un amplificatore a valvole, già lo fanno le cuffie.
    La gamma media è suadente, gli alti setosi e il basso mai invadente.
    Sembrerebbe un quadro da caminetto in una sera di primo inverno se non fosse che dopo un pò vi accorgete di quanto suonino naturali queste cuffie.
    Il fortepiano di Elisabeth Pion è pignolo ma grazioso, gli archi presenti, i fiati legnosi.
    Non è un suono monitor, al contrario, siamo in un ambiente di ascolto.
    Insomma, queste cuffie propongono una situazione degna di ottimi diffusori acustici ben posizionati in un ambiente acusticamente trattato.
    Senza rimbombi, senza riflessi. Il suono non è ovattato ma non viene privilegiata nessuna gamma.
    Insomma, un suono da intenditori.
    Che sulle prima non farà sbalordire con quell'effetto un pò urlato che hanno altre cuffie ma che apprezzerete se vi piace la buona musica acustica.
    Lasciando Mozart per passare al jazz di Chantal Chamberland, la sua voce ha un tono roco caratteristico, è forte ma senza dilaniarvi i timpani.
    La ritmica c'è, è appena dietro, non vi capita di confondere i suoi. Il piano lo individuate subito, così come ogni corda della chitarra.

    E' la stessa cosa con Pietra Mia De Vito che nel disco So Right è registrata con un mare di ambienza. Ma si sente l'effetto sul microfono quando respira e si alza di frequenza.
    La voce è chiarissima ma il piano lo è allo stesso modo.
    Il Prokofiev di Jansen/Makela è come credo lo abbiano ascoltato in sala di regia mentre lo registravano.
    Alzo un pò il volume dopo il jazz perché il livello è più basso ma dietro al violino i fiati sono perfettamente nitidi come il continuo tremolare degli archi, fino alle prime arcate dei violini.
    Che meraviglia.
    Non tutte le cuffie sono adatte a riprodurre a pieno un Fazioli come quello che suona Giltburg.
    Il suo Rachmaninov è scintillante.
    Mi piacerebbe però che il basso fosse più presente, perché qui la mano destra ha il sopravvento.
    Va meglio - ma forse è la registrazione - il disco DG con Babayan e Trifonov e quindi abbasso il volume.
    Ma il duo suona come se fossero un'orchestra, come credo abbia inteso volere il sound engineer che ha mixato la ripresa.
    E quindi finisco per rialzare il volume al primo pianissimo.
    Il Vespro di Pichon si conferma impressionante con tutte le parti in perfetta sincronia.
    Armoniose è il termine per definire queste cuffie.
    Poco potenti perché poco sensibili e che richiedono un pizzico di potenza in più.
    Ma senza che questo vi faccia poi correre dal medico ...
    Un confronto con la risposta delle quasi equivalenti per prezzo, HIFIMAN Ananda Nano mi porta a confermare quanto siano bravi in HIFIMAN a creare fragranze diverse con ingredienti molto simili.
     

    le ANANDA Nano suonano molto più forte, sono dritte come un fuso con un basso prepotente e impetuoso, i medio-alti sono in avanti e gli altissimi sparano.
    Queste Edition XS anche alzando il volume non perdono il loro carattere morbido, suadente, da ascoltare per ore tanto sono naturali.
    E in questo mi ricordano le mie amate Arya prima versione. Cuffie che io ho pagato 4 volte di più solo sei anni fa.
    Che dire di altro.
    Che sono fatte bene e sono anche belle, sebbene non eleganti come altre HIFIMAN.



     
    sembrano robuste e capaci di regalarvi anni di ascolti rilassati.
    Sono adatte a tutto ma credo che la loro vocazione sia per la musica con strumenti naturali non amplificati.
    Ma un passaggio sui King Crimson mi smentisce.
    Perchè la voce di Cirkus è sempre commovente e il pianoforte liquido.
    Il sax fragoroso e solo i bassi meno esagerati di come li sentirei con le Audivina.
    Ma non per questo meno belli. Anzi, io li definirei raffinati, capaci di elevare anche la musica più popolare di un intero livello.





     
    Insomma, a dispetto di un aspetto un filo più dimesso e di qualche compromesso in più rispetto ad altri modelli della gamma HIFIMAN, queste Edition XS si confermano nella loro essenza.
    Quando quelli di HIFIMAN usano il marchio Edition, stanno presentando un paio di cuffie eccezionali, one-off da prendere al volo per non farsi sfuggire l'occasione, capaci di condensare in "pochi soldi" le qualità delle loro migliori cuffie.
    Credetemi, se potete, dovreste ascoltarle.
    Se siete superficiali, le HE1000 Stealth o le Ananda vi piaceranno subito di più. Ma se avete a cuore innanzitutto la musica e poterla ascoltare a lungo, le qualità neutre e morbide da alto di gamma delle Edition XS dopo il giusto rodaggio vi conquisteranno.
    Può essere che una parte del merito venga dal front-end che ho utilizzato. Non saprei dire se in single-ended e con un comune ampli-dac cinese da un paio di centinaia di euro le cose sarebbe uguali.
    Ma ricordatevi che HIFIMAN propone eccellenti DAC R2R capaci di far volare ogni loro cuffia.
    Giudizio complessivo
    PRO: buona scelta di compromesso sotto l'aspetto tecnico mantengono la sostanza (magneti e diaframmi) rapporto prezzo qualità insuperabile per le planari suono neutro, caldo, avvolgente sembrano diffusori acustici in un ambiente ben trattato nessuna gamma in evidenza, elevano di qualità ogni traccia audio di ogni genere sia CONTRO: non impressionano al primo ascolto, devono essere capite; altri modelli saranno certamente più immediati. Non rimandatele indietro al primo ascolto da valorizzare con un DAC R2R e una discreta riserva di potenza non impressionanti sul piano estetico ma comunque ben costruite
  23. Questa è una barzelletta, di quelle da risate a denti stretti ...

    Ci sono un americano, un giapponese grosso e un giapponese smilzo ... apple, sony e nikon.
    Apple chiama sempre per telefono. Sony e Nikon si vedono sempre all'ultimo venerdì del mese, per il té dalla mamma di Nikon.
    2015
    Apple : Ciao Sony, mi servono 240.000.000 di sensori per l'iPhone 8. 30 milioni al mese per i primi tre mesi, consegna a partire dal 1° ottobre. Poi 10 milioni al mese. Me li mandi alla Foxconn di Shenzhen via nave.
    Te li pago 13 centesimi di dollaro l'uno. Se ritardi di un giorno mi fai il 10% di sconto. Eccoti lo schema da riprodurre esattamente tale e quale.
    Sony : va bene, ce la posso fare. Come mi paghi ?
    Apple : ti apro un conto alla BofA di San Francisco e ti accredito là ad ogni consegna
    Sony : Ciao Nikon, tua mamma mi ha detto che ti serve qualche cosa. Dimmi.
    Nikon : mah, sai, mi servirebbero dei sensori per la D600 ma non posso spendere tanto.
    Sony : quanti ne hai bisogno, 1.000.000, 5.000.000 ?
    Nikon : no, dai, 50.000 bastano.
    Sony : 50.000 ? Li ho in magazzino, te li metto da parte ?
    Nikon : si, ma hai anche i convertitori, gli amplificatori, i connettori, le matrici ?
    Sony : si, ho tutto. Ci penso io.
    Nikon : e per ...
    Sony : non ti preoccupare, te li scalo da quelli che ti devo dare io per gli scanner
    2021
    Apple : Ciao Sony, mi servono 300.000.000 di sensori per l'iPhone 12. Te li pago 10 centesimi l'uno, me li dai direttamente a stampate da 2000, spedisci in aereo a Shenzhen.
    Sony : va bene, pagamento solito ?
    Apple : certo
    Nikon : Ciao Sony, avrei bisogno che mi facessi un pò di questi sensori, eccoti il progetto.
    Sony : ganzo ma che bello che è questo sensore stacked. Sai, mio nipote ci gioca con queste cose ma non le fa così belle. Ti spiace se glielo faccio vedere ?
    Nikon : no, ci mancherebbe. Ma per quando me li puoi fare ?
    Sony : quanti ne vuoi, un milione ?
    Nikon : no, dai ancora devo consumare quelli dell'ultima volta che mi hai venduto nel 2015. E ci ho fatto la D600, la D610, la D750 e la Z5. Con gli ultimi, che se no, non riesco a svuotarti il magazzino, sto pensando di fare la Zf da vendere a quegli stupidotti di europei che si sentono sempre giovani come una volta ... altrimenti non li finisco più.
    Con questi al massimo ci faccio Z9 e Z8. Diciamo un 25.000
    Sony : allora, possiamo fare così. Il 26 di agosto devo cambiare la matrice per finire di stampare gli iPhone 11 e cominciare gli iPhone 12. Se faccio in tempo, in un pomeriggio te li faccio. Va bene ?
    Per il prezzo ci mettiamo d'accordo.
    2023 
    Apple : Ciao Sony, mi servono 200.000.000 di sensori per l'iPhone 15. Te li pago 9 centesimi l'uno, me li mandi in aereo a Ho Chi Min nella fabbrica nuova.
    Sony : in Vietnam ? Ma non avete fatto la guerra con quelli la ?
    Apple : cose passate in Gold We Trust ! Sai, mio Zio Joe ha comperato tutto il Vietnam per me. Pensa che adesso nei cunicoli dei Viet Cong ci alleviamo i grilli da dare da mangiare a quei grulli degli europei "green" mentre noi ci facciamo le costate di Black Angus irlandese.
    Sony : ah, va bene, condizioni solite ?
    Apple : per le spedizioni si. Ma il pagamento te lo accredito qui direttamente da noi, che siamo più sicuri. Quando ti serve qualche cosa te lo sblocco con uno swift
    Sony : eh, ma se c'è un embargo o le sanzioni ?
    Apple : tranqui - noi saremo sempre amici, no ? Vorrai mica che mio Zio Joe occupi ancora il Giappone e vi faccia lavorare per conto suo ...
    Sony : Gasp, va bene ... ho alternative ?

    Sony :  Ciao Nikon, la mamma mi ha detto che stavi cercando qualche cosa per la Z6 III
    Nikon : si ma sono indeciso, tu che mi consigli ?
    Sony : ho questo sensore da 33 megapixel del 2021. Se no, se vuoi te ne faccio uno su tuo progetto.
    Nikon : io ho fatto questo disegno, guarda qua, per 10.000 pezzi quanto me lo fai ?
    Sony : 10.000 pezzi mi costa di più cambiare la matrice e i bagni di soluzione che stamparteli. Non so, ti devi mettere in coda.
    Magari primavera 2024. Ce la fai ?
    Nikon : ma si, posso andare avanti ancora con quello che ho, magari mi invento un'altra Z con la faccia da vintage color titanio. Ma per il prezzo ?
    Sony : allora, 35000 Yen l'uno ma te li scalo sempre dal conto che abbiamo, non ti preoccupare, non devi anticipare un centesimo.
    Nikon : sei sempre un amico.
    Sony : lo sai che senza la tua mamma io non sarei mai entrato in affari, vero ? Le devo tutto. Ma te li tengo in magazzino ?
    Nikon : no, lo Zio Joe mi ha fatto dire dalla mamma che non devo lasciare più i miei giocattoli in giro. Se li vedono quelli la, poi me li copiano.
    Vengo a prendermeli io con il furgoncino. Tanto in un Fiorino ci stanno, vero ?
    Sony : va bene, ti avviso quando puoi passare. Però devi avere pazienza ... In caso, ti va di metterti d'accordo con mio nipote e fate fifty-fifty ?
     
  24. Margaret Brouwer, Rhapsodies - Marin Alsop

    Margaret Brouwer, Rhapsodies
    Naxos American Classics, 96/24, 13 giugno 2024
    ORF, Marin Alsop
    ***
    Con l'imprescindibile amore per la musica di Naxos, Marin Alsop rende giustizia agli insegnamenti del suo Maestro Bernstein, valorizzando la musica contemporanea americana.
    Credo non esistano altri dischi dedicati a Margaret Brouwer, compositrice e didatta classe 1940, capace di unire gli stilemi moderni con la musica tradizionalmente tonale, scrivendo musica a tema e descrittiva, adatta ad un ascolto pubblico.
    Questo disco di circa un'ora ne esplora in parte i contributi sinfonici (ma la Brouwer ha scritto tanto altro) con grande dedizione.
    La musica è piacevole e ipnotica e non presenta quelle inutili asprezze atonali che altri contemporanei di tutto il mondo ritengono indispensabili.
    In questo ricorda in parte lo stile di Jennifer Higdon ma qui vivono echi di Walton, di Stanford, di Britten, persino di Wagner piuttosto che di Copland o dello stesso Bernstein (e certo, non c'è nulla di Ives).
    Capace di porre l'accento anche con veemenza quando serve ma seguendo il filo logico della composizione "a programma", come possiamo vedere dai titoli "Voci del lago", "Percorsi all'alba", "L'arte di veleggiare al tramonto" etc.
    Registrazione dinamica in grande spolvero come di consueto per queste produzioni Naxos.
    Io non apprezzo moltissimo la Alsop nel repertorio tradizionale ma qui si, è il suo ambiente ideale.
    Un disco che ritengo apprezzabile sotto tutti i punti di vista.

  25. Audio-Gd è un marchio cinese di cui abbiamo già avuto modo di parlare spesso su Variazioni Goldberg.
    La sua anima è il progettista, Kingwa (traslitterazione occidentalizzata), ingegnere formatosi negli Stati Uniti che ha assorbito le logiche progettuali Krell.
    I suoi progetti sono frutto dell'amore per la musica prima che per le esigenze commerciali.
    La filosofia di Audio-Gd si basa su un'idea semplice che però, in un'era di miniaturizzazione e di virtualizzazione, pare eretica o rivoluzionaria.
    Ci sono due aree fondamentali che compongono un apparecchio audio : l'alimentazione e gli stadi finali.
    Quello che c'è in mezzo è importante ma se non viene messo in condizione di ingerire corrente pulita ed emettere corrente pulita, può essere il migliore del mondo ma non si sentirà la differenza tra un prodotto da $200 e uno da $20.000
    Quindi alimentatori sovradimensionati, spesso con tre o più trasformatori separati, PSU in classe A con transistor di alta potenza con dissipatori enormi. Schermature, separazione dei canali compreso il controllo di volume.
    Terminali a discreti di potenza tale da poter pilotare dei diffusori anche se si tratta di un preamplificatore.
    Circuiti realmente bilanciati.
    Zero Feedback.
    Telai in alluminio adeguati al modello, alcuni realmente molto pesanti.
    Controlli torniti dal pieno.
    Etc.
    Questo preamplificatore e amplificatore per cuffie è un apparecchio di ingresso per il marchio.
    Prodotto tra il 2017 e il 2018, a formare una linea con un DAC coordinato.
    Di "mezzo formato" rispetto ai vari Master 9 e 19 che hanno sempre rappresentato la prima linea dei preamplificatori Audio-Gd.
    Derivato dal Master 9, ne ricalca la filosofia pur con alcuni compromessi, necessari per poter stare in un piccolo telaio e pesare non più di circa cinque chilogrammi.
    E costare 600 euro, ovvero quanto chiedono certi altri marchi cinesi per un integrato con alimentazione switching, controllo di volume digitale, operazionali in ingresso e in uscita. Ma un display fancy a colori, un nome pompato dagli influencer a suon di apparecchi regalati a tutti e prestazioni di laboratorio perfettine, e tutte uguali tra loro.
    Audio-Gd non ha praticamente comunicazione.
    Ha un sito in cinese e in un inglese molto approssimativo, disegnato in HTML old-fashion.
    Parla solo per email e con messaggi difficili da interpretare.
    Cambia linea di prodotti solo quando ha qualche cosa di nuovo da proporre sul mercato.
    Ma andiamo al nostro NFB-1, è uno dei pochi Audio-Gd di cui troverete tante recensioni. Degli altri si parla poco o per niente.

     
    alluminio spazzolato naturale di adeguato spessore ma senza esagerazioni.
    240x360x80 mm di dimensioni; circa 5 chilogrammi, per lo più concentrati sul trasformatore a doppio avvolgimento.
    A riposo assorbe 30 W.
    E' in grado di erogare sull'uscita cuffie :
    9900 MW / 25 ohm 8000 MW / 40 ohm 3500 MW / 100 ohm 1200 MW / 300 ohm 600 MW / 600 ohm lo fa con un circuito che permette due livelli di guadagno, uno a +16dB e uno a +25db, con un controllo di volume esponenziale a 100 livelli

    le due curve esponenziali di uscita a seconda della posizione del volume (in verde quella marchiata L sul display)
    Le forme sono spartane, quasi di stile post-industriale. I comandi sono digitali a relais ma fermi e solidi.
    La manopola del controllo di volume è ricavata dal pieno. Ma attenzione, dietro non c'è un potenziometro. Si tratta di un controllo a scatti, by-wire che controlla una rete di relais che inseriscono o disinseriscono maglie di resistenze di altissima precisione.

    qui è ripreso in studio
    mentre qui è sul mio tavolo di prova

    con collegate delle AKG K371 nell'ingresso single-end.
    Le due prese cuffie sono sulla sinistra, appena dopo il pulsante di accensione, quella sopra è la classica per lo spinotto coassiale da 6.3 mm, quella sotto ha le quattro prese XLR/Cannon.
    Sotto al display a linea singola ci sono i controlli, la modalità di uscita (altoparlanti o cuffie), il livello di guadagno (+16 o +25 dB), l'ingresso.
    Infine il manopolone del volume.
    Il display è a segmenti blu, sembra quello di una calcolatrice degli anni '70.
    Non parla, bisogna sapere cosa dice e cosa può dirci.

    qui è nella configurazione standard : H-> Headphone, L-> Low Gain, Ingresso 3, volume a 26 sulla scala che va da 0 a 100.
    Il volume all'accensione è sempre a Zero, per evitare sorprese. Bisogna ricordarsene per non domandarsi perché diamine non si sente niente.
    Volendo sarebbe possibile programmare l'aggeggio perché si ricordi l'ultimo volume impostato prima dello spegnimento.
    Ma morire se io, pur seguendo le istruzione sul sito, ci sono riuscito !

    qui abbiamo selezionato l'ingresso 4, non chiedetemi cosa sia, per saperlo devo guardare il quadro posteriore

     
    qui abbiamo il Gain ad High, le cuffie ricevono 9 decibel di guadagno in più e suonano veramente forte. E' un modo per smuovere sassi come le prime HE-5 HIFIMAN, oppure per simulare che delle cuffie single-end come le AKG K371 siano bilanciate (ma con cuffie da 106 dB di sensibilità, sinceramente ve lo sconsiglio).

    infine, quella P non significa che siamo sull'ingresso Phono ma che il segnale è stato commutato dalle uscite anteriori alle porte posteriori.
    Quindi se abbiamo collegato dei diffusori, questi suoneranno.
    E' in vecchio stile degli NFB Audio-Gd.
    I nuovi display sono differenti per stile e materiale. Purtroppo però sono ancora più criptici di prima ...

    i display dell'interfaccia digitale DI-24HE e sotto del DAC R-1R NOS 2024.
     
    Esaurito il frontale, andiamo al retro.

    abbiamo un set di ingressi abbastanza articolato, per cinque linee complessive.
    Di cui due sono bilanciate, 3 sbilanciate, una é quella bilanciata speciale di Audio-GD denominata ACSS.
    E un sistema di trasmissione del segnale che è coerente da un apparecchio ad un altro e consente di mantenere il dominio analogico in modo lineare, senza inutili buffer intermedi.
    E il metodo d'elezione che io utilizzo per l'ingresso del segnale dal DAC e che userei, in uscita, se avessi un finale Audio-GD.
    Non mancano, ovviamente, uscite linea bilanciate e sbilanciate tradizionali.
    Nella configurazione attuale, il mio NFB-1 riceve il segnale dalla coppia DI-24HE + R-1R NOS via cavi ACSS Audio-GD e pilota un paio di monitor da studio Adam Audio A77H.
     
    Ma naturalmente il bello sta dentro, se fosse per l'esterno, non degnereste di uno sguardo alcun apparecchio Audio-Gd.

    qui si intravvede il trasformatore e la paratia di separazione dell'alimentazione dagli stadi di amplificazione.

    alzando lo sguardo dal retro abbiamo un vista d'insieme con in primo piano i due canali e i transistori di potenza, degni di un integrato da 70 Watt (sono a 150 Watt l'uno, polarizzati in Classe A e scaldano come un termosifone).

    questi sono i due canali di uscita, totalmente simmetrici anche se composti su una scheda madre unica.
    In primo piano ci sono i controlli di volume (relais digitali e resistenze di precisione), completamente separati per realizzare una topologia veramente bilanciata dal segnale alle uscite di "potenza".

    una vista dal posteriore all'interno

    l'intero apparecchio

    qui in pianta.
    A destra l'alimentazione. Il trasformatore è unico, concessione alla dimensione ridotta del telaio.
    Lo stadio di alimentazione è in classe A ed impiega transistor ad alta potenza.
    Non ci sono integrati in nessuna parte dell'apparecchio.
    Il trasformatore ha una piccola schermatura in lamierino.
    Io preferirei un dispositivo resinato ma c'è una scuola di pensiero contraria a questa pratica.
    Io non ne sono molto per dare un parere.
    I condensatori di livellamento sono di qualità e tali da poter stare in un finale di potenza.
    Quindi andando verso sinistra c'è una paratia di separazione che lascia spazio alla camera che ospita i due canali di amplificazione.
    C'è un solo cavo volante che porta la corrente all'altra parte della scheda madre. Si sarebbero potute scegliere soluzioni più eleganti.
    Ma qui abbiamo una ingegnerizzazione che ricorda più i lottatori di Sumo che i ballerini di Flamengo.

    una vista identica, con un'altra luce.
    Il coperchio è in alluminio, bloccato da 6 viti.

    completiamo il tour con altre viste esterne, compreso il fondo

    che esibisce quattro bei piedini di isolamento.
    Sopra e sotto hanno una piccola griglia di ventilazione.
    Ma il forte calore emanato viene sostanzialmente dissipato per convezione da tutto questo alluminio.
    A suo tempo, ovviamente, c'era anche la versione nera. Ma io quando l'ho ordinato ho trovato solo la versione Silver da Audiophonics di Bordeaux.


    ancora l'alimentazione, fonte di energia a basamento su cui il progettista costruisce ogni strumento musicale Audio-Gd.
     
    Andando alle prestazioni sonore non c'è moltissimo da dire.
    Per anni è stato il centro del mio impianto audio, ricevendo il segnale dal NFB 7, DAC da 23 chilogrammi sempre Audio-GD, in un sistema per il resto composto da finali AM Audio (classe A) di Vigevano.
    E' poi stato sostituito da un integrato R-28 ancora Audio-Gd che è composto per la parte amplificazione da una circuitazione simile a questa e per la parte DAC da un sistema analogico a "ladder" (rete di resistenze).
    Adesso è il sistema di backup da tavolo. A parte ho l'Audio-Gd R-27HE per gli ascolti critici in cuffia e la coppia Gustard+miniDSP per il controllo dei diffusori dipolari attivi a quattro vie.
    Il suono è neutro, pulito, lineare. La classica linea di tensione amplificata (o di corrente a seconda dell'uscita).
    Non ci sono cuffie che non possa pilotare. Con il Gain in H si perde di dinamica. Ma alle volte ci vuole.
    Chiarezza, dettaglio e tridimensionalità sono quelli desiderabili.
    Secondo quello che si dice oggi, non ha un fondo scurissimo. Ma io penso che sia un parto dell'immaginazione e per lo più, responsabilità del DAC.
    Un preamplificatore principalmente non deve suonare. Deve fare il suo lavoro e basta.
    Lato cuffie manca quel punch e quella dinamica che invece non mancano nel R-27.
    La resa è composta e meno emozionale.
    Parliamo semplicemente di progetti che non appartengono alla stessa classe (per prezzo, dimensioni, logiche).
    Come tutti gli Audio-Gd per suonare bene deve scaldarsi un'oretta.
    Altrimenti è piuttosto aspro.
    Ma se mettete le cuffie giuste e al alzate il volume al punto che la musica richiede e mettendo la vostra mano sopra al coperchio lo sentite caldo al punto giusto ... allora nessuno che non abbiamo modo di commutare su un sistema decisamente di classe più elevata, avrà nulla da rimproverare.
    In fondo l'ho pagato quanto certi pagano un cavo di potenza. Anzi, di meno ...
     

    una vista dell'interno, appena smontato il coperchio (le viti sono in alto a sinistra, il coperchio a destra : è il mio non sto parlando per sentito dire !)
     
    Giudizio complessivo
    PRO: compatto per gli standard Audio-Gd economico per gli standard Audio-Gd e in generale per le caratteristiche costruttive eroga potenza da vendere, nessuna cuffia può resistergli tutto in classe A dalla presa di corrente alle uscite; potenza in eccesso; controllo di volume e circuiteria realmente bilanciata e dual-mono dalla testa ai piedi funziona senza un intoppo da 7 anni : eh, questi cinesi inaffidabili (ogni Audio-Gd esce dalla fabbrica con 100 ore di impiego reale, non con due misure e via in scatola) suono lineare e corretto, neutrale si potrebbe dire
      CONTRO: estetica da Germania anni '20 controlli e display criptici il telaio in alluminio naturale è sensibile a graffi e segni; gli altri Audio-Gd di casa verniciati in nero sono meno "delicati" qualcuno potrebbe pensare che manchi di eleganza e di microdettaglio : ma è un boxeur come Rocky, non un ballerino non è più in produzione e non è stato sostituito; oggi per avere queste prestazioni si deve spendere almeno il doppio Impianto usato per la prova :
    Audio-GD DI-24HE + Audio-GD R-1 NOS 2024, cavi ACSS Audio-GD, monitor attivi Adam Audio A77H connessi con cavi bilanciato Audioquest cuffie HIFIMAN Arya, Sundara Closed Back, Edition XS mentre chiudo questa recensione sto ascoltando i miei dischi preferiti per i test.
    Quello che ascolto, pur con cuffie non ancora troppo rodate è tanto bello che mi chiedo perché gli "audiofili" non si contentino mai e cerchino sempre il confronto.
    Questo è un amplificatore eccezionale !
    Peccato che a listino Audio-Gd ne abbia di altri, più grandi, più forti, più sofisticati.
    Ma con una base di design elettronico e una filosofia totalmente consanguinei.
    Che bello amare la musica ben riprodotta nel 21° secolo !
     

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