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Mauro Maratta

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Blog Entries posted by Mauro Maratta

  1. Questo è solo un arrivederci.

    I dettagli fanno la forma ma la forma per me non ha mai fatto la sostanza.
    Un uomo non sarà mai più uomo per me solo perchè è in giacca e cravatta o perchè ha l'uniforme in ordine.
    Ciò che conta è il suo spirito, solo quello mi consente di misurare un uomo.
    Lui aveva ancora la coda e camminava a quattro zampe e invece di vestirsi si accontentava del suo manto bianco e miele, buono per tutto l'anno.
    D'inverno stava sul letto a scaldarsi con me, mentre d'estate si metteva sotto alla ventola del soffitto.
    Avrebbe compiuto 58 anni tra meno di un mese. Io li compirò tra 5 mesi i miei 58 anni.
    Ma in ogni attimo della sua vita lui è stato un uomo migliore di me. Anche se io parlo di cose complicate che forse non capisco del tutto.
    Mentre lui capiva perfettamente tutto ciò che contava capire. E sapeva cosa fare quando serviva.
    Serio quanto un giudice, dallo sguardo fino alla postura della coda.
    Coraggioso a disprezzo della propria vita se c'era un pericolo o un estraneo alla porta.
    Chi mi ha telefonato lo ha sentito abbaiare spesso se ero in casa.
    Ma non aveva bisogno che gli parlassi perchè mi capisse al volo, bastava pronunciare il suo nome per avere la sua attenzione. Un gesto e via.
    Tra i due ero certamente io quello più tardo e meno pronto a comprendere le cose che mi diceva. Perchè lui non mi parlava, mi guardava soltanto.
    Per dieci anni abbiamo diviso il letto. A tavola lui sedeva su una sedia vicino alla mia.
    Giovedì ci siamo divisi un hamburger e poi siamo andati a giocare in giardino.
    Non aveva troppa voglia, camminava piano. Ma era con me in ogni minuto e doveva esserlo fino all'ultimo momento.
    Sempre pronto a consolarmi con uno sguardo : non era tipo da leccare, troppo dignitoso.
    E poi il suo spirito traspariva dagli occhi. Anche quando nelle ultime ore di ieri, non vedeva più.
    Ma io ero con lui come lui è stato con me ad assicurarlo che non se ne sarebbe andato da solo.
    Non riesco ad esprimere il dolore di non vederlo più in casa.
    Per casa mia negli ultimi 5 lustri hanno vissuto decine di cani e di gatti.
    Per molti ho provato vero affetto, anche amore per qualcuno di essi.
    Così come ho provato amore per poche persone.
    Ma non così profondamente. Lui era un figlio, un fratello, il mio migliore e più fraterno amico.
    Certo non potevo pretendere che restasse con me per sempre.
    Ma quando è stato male la prima volta questa estate l'ho pregato di non abbandonarmi.
    Senza parlargli, guardandolo.
    Lui ha compreso e si è rimesso. Sofferente, claudicante ma sempre vicino a me, giorno e notte, ogni momento. Finché ha potuto resistere.
    Ho un debito straordinario nei suoi confronti e so di non essere stato capace di ripagarlo allo stesso, inestimabile livello.
    Nessuno avrebbe potuto.
    Purtroppo so che se sono un uomo un pò più trattabile grazie a lui, non sarò mai più capace di amare qualcun altro come ho amato lui.
    Capisco che possa essere terribile ammetterlo ma mi conosco e so che non ci sono seconde volte per me.

    Arrivederci a presto Blakey.

    appena arrivato a casa 10 anni fa

    col suo inseparabile amico Arthur mancato due anni fa dopo una lunga malattia

    con la sua pallina morbida che masticava per ore

    con una delle palline di Arthur che con il suo cuore sconfinato gli concedeva tutto

    protagonista di decine di prove di apparecchiature fotografiche pubblicate su queste pagine

    il suo sguardo profondo, intelligente, indagatore. Mai conosciuto un uomo così intelligente.
    Fino all'ultimo servizio, la scorsa settimana, già sofferente ma sempre vivace e fermo al mio fianco.

    Z62_1041.mp4 Passava ore ad ascoltare Bach con me, lui nella sua cuccetta sotto alla scrivania, magari con la sua pallina blu, io a scrivere su Nikonland.
    La Sarabanda che ho scelto come musica per accompagnarlo non lo rappresenta, rappresenta il sentimento mio, eterno, di gratitudine, per lui.
  2. A me piace la musica. Quella che si definisce "colta". Non la musica commerciale.
    Mi piace il rock di una volta. Mi piace persino l'heavy metal.
    Adoro l'organo a canne, specie se enorme e maestoso (da ragazzo l'ho anche suonato).
    Ho una discoteca sconfinata. Per tanti motivi, non ultimo la pigrizia, non frequento eventi di musica dal vivo.
    Ma adoro potermela godere al meglio.
    Chi mi ha seguito nelle mie vicissitudini autunnali, ricorderà che due anni fa mi sono costruito due monitor planari a 4 vie, con amplificazione separata per ogni via pilotate via DPS che funge da cross-over elettronico e controllate da un programma che in tempo reale compensa i limiti del sistema e della stanza.
    Quei monitor hanno due quindici pollici in vetro ciascuno. E due 11 pollici per i medio bassi. Oltre ad un complesso planare lungo un metro e 20 cm per le medio-alte.
    Insomma, preferisco ascoltare la musica con un impatto fisico, via speaker di un certo "peso". Ma per gli ascolti meno impegnati da mesi sto usando due Sonos (anche essi controllati a DSP) collegati in rete ai miei dispositivi di casa.
    Ed ho l'abbonamento unlimited a Qobuz con milioni di tracce musicali a mia disposizione ovunque io sia.
    Ma ... mi piacciono anche le cuffie, sebbene le ascolti sempre per una frazione di tempo.
    Sono scomode e innaturali.
    Ma quando sono di qualità elevata - ed io ho cominciato da ragazzo utilizzando cuffie ibride ed elettrostatiche - sebbene non possano per motivi fisici fare da surrogato ad un evento reale, nemmeno se riprodotto da un sistema di altoparlanti come il mio (le mie bambine sono altre 185 cm e larghe 80 : pesano 80 chili l'una), consentono invece una analicità che gli speaker, nemmeno i monitor di studio consentono.
    Si arriva a sentire ogni dettaglio, ogni nuance, ogni sussurro. Il respiro del trombettista, la saliva di Diana Krall, l'unghia del bassista sulle corde.

    Qualche anno fa ho conosciuto il marchio HIFIMAN americano fa e sono presto diventato proprietario di alcune delle loro cuffie.
    Di recente li ho contattati direttamente negli States per chiedere qualche cosa da provare.
    Dopo qualche "assaggino" mi hanno fatto avere un sistema - cuffie e amplificatore - che per loro è comunque entry-level ma che costa qualche cosa come 2.500 euro.
    E le ho messe a confronto in batteria con le altre miei cuffie di quel livello.
     


    Le HIFIMAN Jade II con la loro caratteristica colorazione verde del driver elettrostatico.
    E' stata una prova molto impegnativa perchè per tutti i dischi che ho ascoltato, ho commutato tra le tre ed ho annotato le mie impressioni.
    Che sono giunte a conclusioni attese per certi versi ma abbastanza sconcertanti per altri, almeno per me.
    Per qualcuno questi sembreranno sofismi, lo so. Il mondo oggi si nutre di MP3 digeriti via cuffiette.
    Ma io non sono un ascoltatore comune.
    Tra Monteverdi


     
    e Till Bronner, ogni sorso di musica una sensazione diversa.
    Chi fosse interessato :
    HIFIMAN JADE II
  3. Vedo che a volte, chi cerca di inserire un video di Youtube su Nikonland spesso si esibisce in mostruosi copia&incolla di links lunghi ma inutili, se non ci si clicca sopra (e a volte, nemmeno se ci si clicca sopra).
    Ma Nikonland è intelligente e capisce che gli state indicando un video e se lo mettete bene e lo incorpora nel sito direttamente come se fosse una finestra su Youtube che poi può essere visto da tutti i visitatori senza abbandonare le nostre pagine.
    Come fare ?
    Niente di più banale.
    In ogni video di Youtube sulla destra, dopo il titolo del video, giusto sotto al video c'è una frecciolina storta e il tasto Condividi.
    Se premete quello compare una finestrella con tutti i possibili link :

    se vi limitate al testo centrale e premete COPIA, il link "giusto" verrà messo in memoria nella clipboard del vostro dispositivo.
    A questo punto potete andare nel vostro post ed incollarlo direttamente al rigo dopo il vostro testo :
     
     
    attendendo una manciata di secondi, o anche meno, il link verrà trasformato in un video direttamente incorporato nel test.
    Ma se non succede ... vuol dire che avete sbagliato voi.
    Attenzione, non dovete copiare il link che vedete nell'indirizzo del browser, quello non funziona al di fuori di Youtube.
    Dovete proprio prendere quello indicato da Youtube al tasto CONDIVIDI
    Facile.it Facile.it, Facile.it 
  4. Ma adesso rinuncio anche a darmi spiegazioni.
    Questo sito vanta migliaia di visite e milioni di pagine visualizzate.
    Ci sono anche centinaia di iscritti. Molti affezionati da 1-2 ... quasi tre lustri.
    Eppure si contano a stento una manciata di interventi al giorno.
    Se ci sono commenti sono di contenuto per lo più ... dispensabile (con le dovute e gradite eccezioni).
    Foto ? Come se nessuno fotografasse o fotografasse solo ad ogni morte di Papa.
    Commenti alle foto degli altri ? Troppo impegno.
    Eppure la presenza continua e costante di decine di visitatori in ogni momento dovrebbe testimoniare che c'è interesse.
    Ma la mancanza di un segno del passaggio o, peggio (!) la necessità di forzare l'intervento con appelli e "preghiere" mi é divenuta totalmente inaccettabile.
    Ci sono le eccezioni, è vero, ma io sto pensando a tutti gli altri che sembrano sordomuti (con tutto il rispetto per i poveri malcapitati che lo sono per davvero, ovviamente).
    Insomma, non comprendo e oramai sto disperando che ci siano spiegazioni oltre la normale pigrizia o totale incompetenza. Alla radice di tutto anche la mancanza di orgoglio personale.
    Perchè io se fossi dalla vostra parte mi sentirei avvilito e imbarazzato a rispondere con l'indifferenza anzichè con la dovuta riconoscenza a chi vi accoglie ogni giorno su queste pagine.
    Io mi diverto un mondo a fare migliaia di fotografie. Per il puro piacere di farle, per la gran parte dei casi semplicemente perchè mi piace. Senza farmi domande.
    Ma al tempo stesso ho anche l'intimo piacere di condividerle con tutti gli iscritti e i visitatori di Nikonland, giusto un attimo dopo che le ho scattate o appena ho il tempo per farlo.
    Perchè è ancora più bello ed è come se avessi fotografato con voi.
    Perchè mi piace farvi vedere quello che mi piace, senza domandarmi - mi perdonerete - se piacerà anche a voi.
    Ma è lo scopo per cui sono qui. Uno dei motivi principali perchè teniamo tanto a questo sito.
    Perchè per il resto, non avrebbe molto senso scrivere articoli su cose che noi già sappiamo.
    Questo sito non ha una connotazione commerciale, non ci guadagnamo assolutamente nulla a tenerlo così vivo ed attivo. Non ci interessano i record, siamo abituati sempre più spesso ad essere i primi o anche più spesso, gli unici a parlare di certe cose nikoniste.
    Se non ci fosse il piacere di condividerle per ascoltare anche la voce e il parere, perchè no, anche le novità, degli altri : perchè farlo ?
    Così, giusto per osservare le dinamiche di gruppo, per un pò, credo che limiterò la mia sfera di intervento al mio Club, dove se lo animo principalmente io ci può stare, scrivendo gli articoli che ho voglia di scrivere quando me ne viene voglia.
    Ma rispondendo solo ed esclusivamente a chi si pregia di rispondere a me. Do ut des. Questo è il mio sito, non ho doveri verso nessuno, salvo Max Aquila che è un amico fraterno e l'unico vero motivo per cui questo sito è nato
  5. Pubblicate i vostri articoli sul vostro Blog.
    Noi li valuteremo tutti.
    Se saranno in linea con i nostri criteri editoriali, per contenuto, argomento, immagini e profondità di indagine, verranno valorizzati e pubblicati in Area Redazionale tra gli articoli di Nikonland.
    Come questo qua, di stamattina :
     
    nato come blog personale e subito promosso in area redazionale
  6. Che sia un articolo nel vostro blog, una foto nel Club, una domanda tecnica o una news, prendete la buona abitudine di mettere un prefisso tra parentesi quadre nel titolo.
    Tipo :
    [Nudo] Occhi blu e capelli biondi
    [Natura] Una passeggiata in val alta
    [Quesito tecnico] Come si pulisce il sensore ?
    [Paesaggio] Il mare sotto Berlino.
    [Autobiografico] Perchè fotografo anzichè andare a pescare
    [Novità] Il nuovo Laowa 9mm f/5.6 per Nikon Z
     
    darete un indirizzo sul contenuto del vostro intervento in modo che i visitatori ne vengano attratti o respinti già dal titolo, specie in una lunga disamina o ricerca delle pagine del sito.
    E per cortesia, evitiamo titoli da Settimana Enigmistica che fanno tanto Milano da bere tipo "Lo sapevate che ..." oppure "Nulla di che ma guardate un pò ... " o peggio, "Info" !
    Usate titoli chiari ed autosplicativi.
    Io ancora "Milano la terza città al mondo" non lo posso leggere ... né reggere ... specie perchè riprodotto in XXXIV puntate.
  7. [Personale] Nikon ed io

    Il Re ed Io. Una delle storie d'amore più strane di tutta la storia del teatro e del cinema (qui nella versione cinematografica del 1956 con Yul Brynner nel ruolo del Re del Siam, ruolo che interpretò a Broadway per un totale di 4865 repliche).
    In un certo senso è la stessa che vivo io con Nikon. Parimenti "creatura" orientale e anche solo per questo, imperscrutabile per un cuore intimamente occidentale come il mio.
    In questi ultimi giorni ho scritto una quantità di articoli su materiale Nikon. Sulla Nikon Z5 penso di avere già il record mondiale (sono 6 in tutto e ancora la macchina non è nemmeno uscita in versione definitiva).
    Per non parlare dell'obiettivo perfetto (il chimerico Nikkor Z 70-200/2.8 S) etc. etc. etc.
    Inoltre per la prima volta in vita mia non ho alcuna reflex operativa in casa, avendo deciso di passare integralmente alle Nikon Z. Magari tra 3 anni, quando andrà in pensione, comprerò una D6 per poterla usare con gli obiettivi da reflex che quasi certamente terrò, nonostante tutto.
    Perchè sono oggetti eccezionali.
    Insomma, nulla di nuovo, è una liason che data 1982 e nulla la scalfirà in modo sostanziale.
    Ciò però non significa che io cammini con le fette di mortadella incollate sopra gli occhiali.
    E sebbene continui a non pensare minimamente di adottare materiale di altri marchi, non segua le evoluzioni del mercato e le proposte degli altri.
    E nemmeno che io non mi senta in pieno diritto di criticare Nikon per scelte quanto meno discutibili o inspiegabili.
    Come ad esempio :
    l'aver scelto di limitare in via progettuale la Nikon Z5 con un sensore diverso da quello della Z6 (video 4K croppato 1.7x perchè quel sensore non ha un tempo di lettura tale da consentire l'estrazione del video a pieno formato) averla dotata di una raffica anacronistica (4 al secondo sia in L che in H, sia in meccanico che in elettronico, quando la Z50 che costa meno della metà, ne fa sempre 8) obbligare il potenziale acquirente alla scelta di un solo kit, con o senza FTZ ma sempre con lo stesso obiettivo (carino ma non all'altezza di un kit che costa circa 2000 euro) sorvoliamo sul fatto che il Nikon 70-200/2.8 S sia praticamente come l'araba fenice e che, facilmente, quando arriverà sul mercato (la prossima settimana ?) creerà una lista d'attesa di mesi, stile quel vero campione che è il 500/5.6 PF che solo adesso è in pronta consegna, dopo quasi tre anni dal lancio.
    Ma il 24-200mm è un obiettivo consumer, necessario come il pane visto che non ci sono altri obiettivi anche tele.
    Annunciato in febbraio, non è al momento disponibile. Forse ne arriverà un nuovo lotto nelle prossime settimane. E andrà facilmente a ruba.
    Intanto Nikon continua ad essere carente in termini di comunicazione con i clienti. E ritiene che basti una laconica nota di comunicato stampa sul suo sito istituzionale per promuovere un prodotto.
    In un momento in cui non si possono fare roadshow e presentazioni reali ma solo virtuali, c'è chi si è attrezzato cinematograficamente per promuovere i suoi prodotti.
    Nikon lo lascia fare ai volenterosi senza paga, come i redattori di Nikonland.
    Lo sapevate che il 20mm f/1.8 S è il miglior 20mm mai prodotto da Nikon ? Si ? E allora vuol dire che avete letto gli articoli su Nikonland  perchè per Nikon, è un obiettivo tale e quale al 24-50mm nella sua letteratura ufficiale 
    Le Nikon Z sono funzionali e via software sono stare rese mature. Sia Z6 che Z7 rappresentano buone scelte.
    Ma sono macchine consumer, il sistema Z ha maledettamente bisogno oramai di corpi di riferimento perchè ci sia l'effetto traino anche di quelli più economici. Per non parlare delle migliaia di euro che richiedono gli obiettivi.
    Eccellenti ma costosi.
    Ci sussurrano che usciranno in ottobre due modelli aggiornati, marchiati S. Ma come saranno nessuno lo sa. 
    La sorpresa sarà positiva, mezza positiva o sarà una mezza delusione ? O tutta una delusione ? Vai a saperlo, nessuno ce lo dice ...

    ecco dove punto il dito, ecco perchè sono critico.
    Non mi interessa nulla di Canon, ma Canon ha lanciato due mirrorless R allo stato dell'arte sul piano fotografico con un autofocus invidiabile e una salva di obiettivi che già coprono moltissime esigenze.
    Non mi interessa nulla di Sony, ma Sony ha appena lanciato una macchina allo stato dell'arte nel video e lancerà - sembra - una full-frame veramente da assalto (sulla soglia dei $1000) sebbene molto limitata per un fotografo serio.
    Non mi interessa nulla di Panasonic, ma Panasonic con la prossima Lumix S5, avrà in totale 4 fotocamere serie e ben costruite. Persino belle da vedere.
    E non mi dite che le Nikon Z sono belle da vedere o da tenere in mano, senza zeppa sotto al fondello ... ve lo dice uno che ci ha già fatto ben più di 300.000 scatti con le Nikon Z, sia le proprie che quelle in visione per gli articoli.
    Insomma, Nikon, io vorrei danzare con te ma tu sei pronta ?
    Shall we dance ?
     
     
  8. [Domanda] A cosa servono i Blog Personali su Nikonland ?
    [Risposta] I Blog personali su Nikonland sono a disposizione dei Nikonlander per scrivere i loro articoli.
    Ogni Nikonlander può aprire un suo proprio Blog su Nikonland.
    Su questo Blog, il proprietario può scrivere i suoi articoli di carattere fotografico, tematico, illustrativo, personale a suo piacere.
    Il suo Blog così racchiuderà tutto il suo pensiero, suddiviso per articoli separati.
    Non tentate di scrivere un articolo direttamente nell'intestazione del Blog.
    Il Blog è il contenitore, gli articoli i vari contenuti.
    Un Blog nasce per contenere tanti articoli, non uno solo.
    Per interventi di natura più generale o per fare domande agli altri iscritti, non usate il vostro Blog, se non scrivete un articolo per porre la domanda, ma i Club di Nikonland (qui) a secondo della tematica, troverete la sezione giusta.
    Basta cercare.
  9. Da ragazzo suonavo e disegnavo. Guardavo mia madre dipingere e una volta l'ho anche aiutata a finire un quadro ad olio.
    Ma dovevo disegnare solo creature viventi. Non sono mai stato portato per il paesaggio o per la natura morta, salvo che per esercitarmi nella luce o nel chiaroscuro.
    Quando ho comprato la mia prima fotocamera, trentasetteanni fa, sapevo già che avrei un giorno fotografato solo o quasi esclusivamente le persone.
    I primi tentativi sono stati un fallimento ma più per carenze tecniche che per motivazioni. E come per tante altre cose ho dovuto accantonare quel desiderio per un pò. Un pò. Un pò Finchè è arrivato il momento in cui tecnica, apparecchiature e disponibilità sia economiche che di soggetti ben disposti, me lo hanno permesso.
    Già ma perchè ? Lungi dall'avere velleità scientifiche o antropologiche, mi attirano le creature viventi ma in particolare le persone. Ancora più in particolare le donne.
    La questione è di natura non solo estetica ma specialmente espressiva. Credo che si veda nelle mie foto che spessissimo si avvicinano a stilemi cinematografici.
    Che non vogliono raccontare una storia, non mi interessa che gli altri sappiano i fatti miei o delle donne che fotografo ma io devo fermare in un fotogramma tra diecimila l'anima e il carattere della donna che fotografo.
    O almeno l'idea che ho io di lei. Quando penso che ne valga lo sforzo ovviamente.
    Infatti non  sono interessato a donne qualsiasi, mi esalto solo con quelle che più si avvicinano ad un dato modello.
    Quali ?
    L'ho scoperto una trentina di anni fa quando stavo smettendo di fotografare per mancanza di soggetti.
    Ci sono stati due episodi visuali che mi hanno influenzato (esattamente come l'ascoltare per la prima volta un grand'organo nel pieno dei suoi registri mi ha segnato per sempre l'animo. Nulla è come un organo a canne, per me ...). Più o meno nella stessa epoca, a metà degli anni '70.
    Ovvero molto ma molto tempo prima che capissi che una fotocamera poteva avere uno scopo anche oltre le feste di compleanno o le vacanze al mare.
    La trasmissione di quel film, che per l'epoca mi parve assurdo, Blow Up di Antonioni. E Vanessa Redgrave. 
    Vanessa potrebbe essere benissimo - per età - mia madre. Delle sue figlie, la più grande avrebbe la mia età se fosse ancora viva, la più piccola, due anni meno di me (Dio quanto la adoro !).
    Ma non c'è proprio niente di edipico in questo, per nulla.
    Modella professionista già affermata, eppure attrice di grandissimo livello (una rarità per le tante modelle che hanno tentato il passo). In Blow Up appare in topless con una naturalezza che all'epoca mi ha colpito. Anche per il contrasto con le altre attrici che nello stesso film si vedono nude ma al confronto, volgari e senza una briciola del suo fascino naturale.
     
    quel film tratta di fotografia e dell'importanza dell'immagine nella società del suo tempo (la mitica Swinging London). E Vanessa compare oltre che dal vivo in tante fotografie.
    Ma non è bastato questo.
    Ci è voluta anche la comparsa di uno straordinario ritratto di Vanessa da parte di Victor Skrebneski a darmi l'imprinting.

    Vanessa Redgrave di Victor Skrebneski
    Victor Skrebneski, classe ... di mio padre, è morto il mese scorso. Notizia trascurata dai media occupati con il Covid19.

    E' a lui che si deve l'avvio della carriera di Cindy Crawford. Ed è vero che fotografava anche spessissimo ... banana all'aria ma quelli sono solo cavoli suoi quando mi presenta nel 1988 Paulina Porizkova in questo sensazionale bianco e nero per Estee Lauder :

    mi perdonerà Cindy ma per lei non ho mai provato particolare trasporto. Ma per Paulina .... 
    Certo, dopo, quando ho cominciato una dozzina di anni fa, sul serio, a fotografare le modelle, sono venuti Peter Lindbergh, Avedon, Sieff e Demarchelier. Ma in un solco già ben definito ed indelebile, nella memoria e nell'immaginario di un adolescente che suonava l'organo in chiesa.
    Ecco, fine della confessione, ora sapete.
    Grazie Victor.

     
     
  10. Durante queste feste 2018 ho la casa piena di apparecchiature nuove.
    Materiale audio - di cui parlo su un altro sito  - e fotografico.
    Le due Nikon Z con i loro tre nuovi obiettivi Nikkor Z

    i Sigma Art 40/1.4 e 14-24/2.8 che uso su Nikon D850

    e il Sigma C 56/1.4 per Sony APS-C.
    Sistemi diversi con potenzialità diverse che mi stanno facendo riflettere sulle mie scelte presenti e future.
    Alcune in effetti già fatte, con decisioni ben maturate e consolidate.
    Non si tratta di semplice voglia di possesso - in fotografia conservo con me solo quello che utilizzo, ho veramente pochi vecchi cimeli in casa, tutti i valore veniale minimo - ma di considerazioni sul futuro.
    "Sebbene Nikon presenterà nuove e più perfezionate reflex digitali, per me le attuali rappresentano il massimo dello sviluppo pratico.
    Non acquisterò le prossime reflex Nikon, facilmente ricomprerò la D500 perchè mi serve. Ma nessuna nuova reflex, mai più."
    Ho anche definito quello che sarà il corredo di ottiche da reflex che resterà con me.
    Recentemente ho venduto - un pò a malincuore - tre Sigma Art, il 35, il 50 e il 24-105/4. Ho anche ceduto per fine carriera il Nikon 60/2.8G.
    Tutti sostituiti da obiettivi Nikon Z per mirrorless.
    Penso che le ottiche da reflex - come le reflex stesse - abbiano raggiunto con le ultime proposte i limiti estremi dello sviluppo. Sviluppo che si è dovuto confrontare per decenni con il tiraggio lungo e il bocchettone stretto (parlo di Nikon, ovviamente), facendo crescere le dimensioni degli obiettivi oltre il normale, per permettere prestazioni di valore.
    Gli Zeiss Otus hanno aperto la strada al gigantismo seguito da Sigma nella sua serie d'eccellenza.
    Gli ultimi Sigma 105/1.4 E 40/1.4 rappresentano l'estremo ultimo in questo senso.
    Entrambi hanno prestazioni fantastiche, anche nei confronti dei primi Sigma Art (il 40/1.4 si beve l'ovetto a colazione, sulla lente anteriore dei 35 e 50 Art; il 105 se ne infischia di tutti quanti).
    Ma hanno anche proporzioni che li tolgono dal senso comune della pratica fotografica di tutti i giorni.
    Fantastici ma scomodi come una Bentley a passo lungo ... se usata nei giorni feriali !
    Una tendenza seguita più o meno da tutti, Nikon compresa. Ma comunque insufficiente a coprire il gap con quanto possibile su una differente categoria di macchine, con tiraggio corto e cortissimo, e bocchettone più largo
    (le mirrorless, Nikon Z per intenderci).
    In sola controtendenza i Nikon Phase Fresnel, che con pochi compromessi, consentono pesi ed ingombri compatibili con borne normali (paradossalmente è più facile pensare al 500/5.6 PF che al Sigma 105/1.4 Art ...).
    Ma comunque anche loro vincolati dai limiti di autofocus delle reflex.
    I teleobiettivi Nikon PF consentono buone prestazioni in pesi ed ingombri contenuti. Ma risentono comunque dei limiti di autofocus (tarature, concentrazione dei punti AF in centro) delle reflex.
    Tanto che, potenzialmente almeno per il momento - sembrano più pensati per le mirrorless !
    La prova dei primi tre obiettivi Nikon Z mi ha convinto definitivamente (ma già io avevo l'esperienza dei sistemi Fujifilm e Sony, lato ottiche) che il nuovo attacco, solo il nuovo attacco, permetterà incrementi di prestazioni evidenti.
    Ecco che le mie scelte sono orientate oramai in questa direzione.
    Ho dismesso praticamente tutti gli obiettivi sotto alla focale 85mm per reflex, per sostituirli con quelli da mirrorless.
    Sigma 35, 50 e 24-105/4 per Nikon Z equivalenti. Persino il 24-70/4 che all'inizio trascuravo - ma è un sentiment comune per me verso TUTTI i 24-70 di tutti i marchi e tipi - è risultato vincente.
    E con quello sostituisco anche il vecchio Micro-Nikkor 60/2.8G, mai aggiornato né da Nikon né da altri (Sigma ne ha fatto uno nuovo ma ... sostanzialmente da mirrorless).
    Ed ho tenuto solo i teleobiettivi.
    Nel prossimo futuro ?
    Ecco, andiamo al punto.
    Reflex : Nikon D5, Nikon D850, Nikon D500. Perfetto mix per struttura, costruzione, durata, autonomia, robustezza, capacità dell'autofocus.
    La D850 non all'altezza delle altre due per autofocus dinamico ma superiore ad entrambe le altre per gamma dinamica e risoluzione a bassi iso.
    Obiettivi : Sigma 135/1.8, Sigma 500/4, Nikon 300/4PF, Nikon 500/5.6PF, Nikon 70-200/2.8E FL
    niente altro (con l'85/1.4 Art trattenuto in attesa del Nikon 85/1.8 pe Nikon Z). Unica porta aperta ad un - peraltro mai ventilato ma possibile - Nikon 400/4 PF compatto ma più prestazionale degli altri due già in mio possesso.
    Per il resto mirrorless. In primis gli obiettivi, a tendere sempre più FTZ-FREE
    ai 24-70/4S e 50/1.8S già nella mia borsa, aggiungerò in futuro facilmente gli altri f/1.8, principalmente 85 ma magari anche 35 e 20. Difficilmente altri zoom, salvo che ... con il Nikon Z 70-200/2.8 S Nikon non presenti anche un corpo nuovo, di fascia professionale, idealmente una D5/D500 mirrorless.
    Al di là delle potenzialità di mirino elettronico e autofocus a tutto frame già presenti nelle Nikon Z6 e Nikon Z7, è di tutta evidenza che tutto lo sforzo di Nikon in termini progettuali nelle mirrorless è tutto da venire
    sinceramente la Z7 resterà la mia "mirrorless" da borsetta, ideale compagna della D850 di cui compendia ed estende le prestazioni.
    Ma è con una nuova generazione di mirrorless potenti, robuste, ragionevolmente dimensionate e con prestazioni a tutto tondo superiori a quelle delle reflex che vedremo completarsi lo sviluppo dei sistemi mirrorless di Nikon.
    Idealmente io attendo una evoluzione in fascia professionale della Nikon Z6 come mia prossima macchina principale, capace di mettere a riposo l'inossidabile Nikon D5
    Per quella farò uno sforzo adeguato. Anche in termini di ottiche.
    Immagino una nuova generazione di obiettivi superluminosi f/1.2 o anche oltre, capaci di prestazioni al di sopra di ogni aspettativa.
    Con un corpo professionale, con 15-20 scatti al secondo in totale silenzio e - requisito di base - con un autofocus in condizioni dinamiche allo stato dell'arte, superiore anche a quello della Nikon D5, probabilmente mi scrollerò definitivamente di dosso il retaggio reflex dello scorso secolo.
    Le mie scelte sono già orientate. Zero investimenti per reflex, tutto rivolto al mirrorless ma solo a condizione che Nikon si lasci alle spalle il "piccolo è bello" e diventi anche in campo mirrorless il riferimento di mercato.
  11. Dopo un anno di fatiche Zetiste, decine di articoli, centinaia di migliaia di scatti (letteralmente), migliaia di interventi su Nikonland, tante, tante soddisfazioni e anche qualche incidente di percorso, sono esausto.
    Per cui mi ritiro nella mia casettina fino a quando finiranno le provviste, e comunque fino a primavera.
    I miei vicini saranno l'orso Yoghi con i suoi cestini della merenda e Gollum con il suo tessoro (il Noct 58/0.95, naturalmente)
    Quindi fotocamere in vetrina e niente foto per almeno 5 o 6 mesi.
    Qualche articoletto ogni tanto, piuttosto recensioni di buona musica su VariazioniGoldberg.it
     Au revoir.
     
  12. Confesso di essere un vero misantropo. Non per causa d'altri.
    Non è come per Alceste (il Misantropo di Moliere) che non crede negli uomini perchè é stato tradito.
    Sono proprio così. Uno dei giorni più tragici della mia vita è stato il 1° ottobre 1969, il primo giorno di scuola. Ricordo che non capivo cosa ci facessi là e perchè c'erano tutte quelle persone.
    Ma questa è un'altra storia, ne riparlerò magari in un altro blog quando finalmente terminerà definitivamente la scuola.
    Al contrario del mio rapporto con le persone (che non odio, ci mancherebbe, solo che per ogni minuto passato con persone fuori di casa mia, ho bisogno di passare un numero congruo di minuti al sicuro tra le mie cose).
    Dicevo che diversamente, il mio sodalizio con i cani è una cosa che trascende ogni considerazione. Va oltre le parole, oltre ciò che si può confessare. Nella realtà é un rapporto ineffabile.
    Sono sempre stati i miei veri amici, i miei compagni di ogni attività, ogni giorno, da che mi ricordo.
    Nove anni fa, era un momento difficile. C'era stato da pochissimo un passaggio generazionale in casa, molto doloroso e anche i cani di casa si avvicinavano al momento di godersi il meritato riposo.
    Arthur, il primo Jack Russell Terrier della mia vita, comprese fin dal primo momento che doveva cambiare le cose.
    Riempì la vita dei vecchi cani (che ci accompagnarono solo per pochi altri anni) costringendoli a tornare a giocare e anche delle persone, specie di mia madre, rimasta improvvisamente sola in casa per la prima volta in vita sua.

    Arthur modello, a sei mesi
    Arthur correva tutto il giorno. Giocava. Anzi, no, combatteva con le palle.
    Ne aveva una enorme collezione che teneva rigorosamente inventariata sotto il letto. Guai se gliene mancava una. Riusciva a ritrovarla in pochissimo tempo dopo aver rovistato ovunque, spostato porte, cuscini, smontato letti.
    In quel periodo lavoravo a Bologna e quando tornavo, al venerdì, impazzito di gioia saltava ovunque, inarrestabile, per manifestarmi quanto gli ero mancato.
    Dormiva sul mio petto quando io guardavo il Gran Premio. Anche quello del Giappone o dell'Australia di mattino presto.
    Abbaiava come un cane grande, riconoscendo se stava arrivando BRT o GLS (capirete il viavai di corrieri che c'è sempre in casa mia).
    Assalendo senza tema quelli neri, per i quali non ha avuto mai una grande confidenza. Non per razzismo, solo che non gli andavano troppo a genio, come al sottoscritto.
    Quando poteva, scappava dal cancelletto per andare dall'altro lato della strada a lasciare il suo segno, di monito ai tanti cani della via che si avventuravano con i padroni dalla nostra parte.
    Morto il vecchio terrier bianco a 16 anni,  il vecchio Fritz e il vecchio Sean non erano mai stati dei gran giocherelloni e lo guardavano seriosi.
    Così gli procurai altri due fratellini della sua taglia. Con i quali condivideva i giochi ma mai le sue palline. Anche quando quelli cercavano di rubargliele.
     
    Arthur insegna al suo piccolo amico Blakey, come si gioca, ma guaio se si prendeva una della sue palline !
    Ma è sempre stato lui il capo naturale. Quello che chiamava gli altri per uscire a giocare. O chiamava me quando era il momento di rientrare.
    Un capo, no, un vero Re, un Re bretone, che faceva onore al suo nome, o un re vichingo, indomabile, dal primo giorno in cui l'ho scelto a prima vista tra i suoi fratelli.
    Ad oggi.












     
    Indomabile anche nella difficoltà, quando un fa anno gli è stata diagnosticata una malattia incurabile.
    Con pazienza lo abbiamo accudito e lui ci ha ricambiato con una forza d'animo inimitabile, se non per un capo vichingo, pur sentendo che giorno dopo giorno gli mancavano le forze.
    Trascinandosi fino agli ultimi giorni, sempre con una pallina in bocca, anche a rischio di cadere a terra sfinito, per riprendere fiato.
    Abbiamo cercato di dargli almeno una parte dell'amore incondizionato che ha mostrato ogni giorno della sua vita per ognuno di noi.
    Di ricompensarlo per il ruolo guida e per averci aiutati ad andare avanti in momenti difficili, dandoci l'esempio delle cose che contano.
    11 pollici di altezza, 8 chili di peso. Ma la forza di un gigante.
    Ci ha lasciati oggi alle 13:08, avrebbe compiuto 9 anni il 24 di ottobre, dopo due settimane di infermità cui si è opposto con ogni fibra della sua sconfinata forza d'animo, nell'ultima battaglia, contro forze purtroppo soverchianti.
    Forse vi sembrerà retorico quello che sto scrivendo ma per la prima volta in vita mia, pur provando un dolore inconsolabile provo allo stesso tempo la stessa gioia che provava lui vedendomi tornare a casa dal lavoro.
    Ho sepolto decine di cani, ho sofferto ma oggi è veramente un giorno indimenticabile come lo è stata tutta la sua vita.
    Arthur, è stato un privilegio conoscerti e vivere con te. In tuo onore stanno suonando le fanfare della Royal Fireworks di Handel.
    Sono sicuro che dove sei ora sei già il capo.
    Conto di venirti a cercare quando sarà il momento. Aspettami.

    Arthur I, 24 ottobre 2009 - 30 settembre 2018. Il suo ultimo viaggio verso il regno degli eroi non poteva cominciare senza le sue palline preferite che certo non poteva lasciare incustodite.
  13. Di Mauro Maratta
     
    Quando ho acquistato la mia prima reflex, oramai 35 anni fa, non avevo bene in mente chi e cosa fosse Nikon.
    L'ho scoperto in seguito, documentandomi.
    Fatto sta che la scelta tra Nikon e Olympus, i due modelli offertimi dal negoziante, fu facile.
    Da quel giorno è stato quasi un matrimonio, reso pieno e felice da un innumerevole numero di figlie femmine, tutte belle, efficienti, affidabili, potenti.
    Dopo quel giorno non sono mai stato senza almeno una reflex Nikon (in questo momento credo di averne 9 efficienti e un paio non in perfetta forma, di cui 3 sono quelle che uso correntemente) ed almeno un teleobiettivo Nikon.
    Che diluvi o ci sia il sole forte in cielo, anche per una intera giornata, zuppo come un pulcino o incapace di sedermi perchè gradoni e transenne sono roventi per il caldo, le mie Nikon stanno sempre con me.
    Centinaia di migliaia di scatti lo confermano. Un sodalizio sincero, sebbene qualche nuvola ci sia stata, come in tutte le unioni di questo mondo.
    In autodromo, a bordo campo, in studio o per strada. Con le auto da corsa che sfrecciando a pochi passi da me ci inondano di ghiaia e polvere o quando è necessario essere veloci e scostarsi perchè un giocatore lanciato verso la meta non ti può scansare anche se tu sei li con il tuo monopiedi e il tuo bel Nikkor 400mm F2.8 che cerchi di prendere l'ultimo scatto utile prima di toglierti dalla traiettoria.
    Nikon e Nikkor, soddisfazione intima dallo scatto fino allo sviluppo. Un fatto inspiegabile per chi non lo capisca da se.
    Azioni fatte a memoria, confidenza nel risultato sin dall'esposizione. Qualche cosa che con nessun altra è possibile allo stesso modo.
    Ecco perchè, non avrò mai altra reflex all'infuori di Nikon.
     
    Mauro Maratta, per il centenario di Nikon, 1917-2017.
     
     
    In autodromo a Monza, con la bella accoppiata formata da Nikon D500 e Nikkor 200-500/5.6, 2016
     



    acqua a catinella, la pioggia incessante non rallenta le auto e nemmeno la mia Nikon D500, forte di una potente memoria XQD da 128gigabyte e il suo buffer che non si riempie mai.


    e quando le condizioni cambiano, basta scrollare l'acqua con il taglio della mano e continuare a scattare in continuo.
     
    La Nikon D3 è stata la prima macchina digitale Nikon con cui ho ritrovato esattamente il feeling che avevo a pellicola con la gloriosa Nikon F5. Le due macchine che ho avuto hanno totalizzato quasi 300.000 scatti e sono ancora in azione in mano altrui.

    Nikon D3 e Nikkor 600/4 AF-S II
    F11, 1/1250'', ISO 900


    Nikon D3 e Nikkor 400/2.8 VR, F6.3, 1/1000'', ISO 200
     

    Nikon D3 e Nikkor 500/4 AF-I, F5, 1/1000'', ISO 200
    Monza, 27 agosto 2009
     
    La Nikon D4 non mi ha trasmesso la stessa passione e se ne è andata dopo pochi scatti.
    Forse anche perchè intanto erano arrivate altre macchine in grado di fare una parte del suo lavoro.
     

    Nikon D4 e Nikkor 400/2.8 VR, F2.8, 1/1000'', ISO 200
    Milano 2012
     
    Ma solo con la Nikon D5 il mio amore per Nikon è tornato all'apice. Se dovessi dire quali sono le due macchine Nikon che più ho amato, direi senza dubbi la meravigliosa Nikon D3x, ancora indimenticata, e l'attuale Nikon D5 che l'ha di fatto sostituita.

    Nikon D3x, Nikkor 70-200/2.8 VR II, Milano, settembre 2010

    Nikon D5, Nikkor 300/4E PF, la mia musa adorata. Un puro momento di gioia.
    Bibione, giugno 2016.
     
          
  14. Questo articolo è stato scritto e pubblicato originariamente il 13 febbraio 2013 da Mauro Maratta su nikonland.eu.
     
     
    Mostrano tutte le loro imperfezioni i soggetti ritratti da Michael Comte ma paiono tanto naturali anche quando posano.
    Forse perché le foto stesse di Comte sono imperfette tecnicamente.

     

    Eppure é evidente sempre la presenza del fotografo nel taglio, nella posa e specialmente nella situazione.

    Tra il mondo della modo e della pubblicità ma anche tanto vicino allo sport, specie motoristico, Comte, svizzero di Zurigo, classe 1954, riesce comunque, anche quando lavora per Playboy a mantenere un taglio personale.
    Le sue foto sono sempre ritratti, vivi, palpitanti mai di maniera.

     

    e, per quanto possibile a seconda del contesto, umani, come in questo ritratto di Mohammed Alì già piegato dalla malattia :


     

     


    Formatosi come restauratore, fotografo autodidatta, a venticinque anni ebbe il primo incarico fotografico, nella moda a Parigi per Karl Lagerfeldt.
    Dal 1981 lavorò a New York per Vogue per poi trasferirsi a Los Angeles.
    Descrive se stesso come incapace di fermarsi, quando non percepisce più un senso di allarme deve spostarsi.
    Nel tempo ha potuto fotografare i personaggi più famosi del mondo dello spettacolo e dello sport, ha seguito le campagne pubblicitarie di marchi come Revlon e Ferrari, lavorando inoltre per Vanity Fair ed altre prestigiose riviste internazionali.
    Parallelamente ha avviato una personale attività come reporter e documentarista.

     


    Sicuramente ha ereditato la passione per l'avventura e la meccanica dal nonno Alfred Comte, pioniere dell'aeronautica elvetica.

    Adattare una situazione alle qualità del soggetto non é mai facile.
    Eppure sembra esserlo per Comte.

    Guardate questi tre ritratti di tre grandi stilisti, molto diversi tra loro come rappresentano perfettamente i loro caratteri :


     

    Il misterioso Giorgio Armani

     

    Dolce e Gabbana

     

    Yves Saint-Laurent con il cagnolino
    Si diceva della capacità di estrarre le personalità dei caratteri ritratti :

     

    Una Carla Bruni colorata

     

    E un fantastico Boy George

    E se sembra di maniera questo Carl Lewis :

     

    mostra invece tutto il suo carattere spavaldo questo Eros Ramazzotti in tenuta equestre :

     

    mentre del tutto lontano dal personaggio pubblico sembra questo Michael Schumacher in barca con la moglie mentre si lascia andare in tenerezze :

     


    Viceversa portano tutto il carattere aggressivo dei primi anni di carriera questi due ritratti di Sharon Stone e Sonia Braga :


     

     


    o l'enigmatico Jeremy Irons dell'affare Von Bulow :

     


    ma mai alternativi come questa Pamela Anderson inedita (ma sarà questa la vera Pam o quella sfolgorante con una sesta chirurgica di Sante D'Orazio ?) :

     


    o questo Sylvester Stallone floreale :

     


    Elogio Dell'Imperfezione. Ebbene, imperfezione dei soggetti ma anche della messa a fuoco, del rispetto per le regole di composizione, perfino per la corretta esposizione alle volte.
    Eppure, forse per questo, quanta umanità nei suoi personaggi :


     
      







    Andando a personaggi imperfetti, Michael Comte ha espresso un lungo sodalizio fotografico con l'ex First Lady francese, Carla Bruni. Le loro foto hanno recentemente raggiunto quotazioni stellari:

     
     

     




    Ma secondo me sono di gran lunga più interessanti le prove con Helena Christensen, altra musa di Comte :


     
     


    Comunque basta sfogliare il web per trovare foto di Comte. Io vi invito anche a visitare il suo sito.

    Tutte le foto, riportate qui per scopi divulgativi/accademici sono ©Michel Comte. 
  15. Michael Kenna

    Questo articolo è stato originariamente scritto e pubblicato da Mauro Maratta su nikonland.eu il 6 febbraio 2014.
    Io preferisco fotografare il palcoscenico dopo che gli attori se ne sono andati
     
     
     
    Lettiere per Ostriche, Studio, Isole Chausey, Francia, 2007 © Michael Kenna
     
     
    Ho scelto di fotografare l'assenza di persone, la memoria della loro presenza, le tracce che si lasciano dietro
     
     
    Gradini e foglie. © Michael Kenna
     
      
    Produzione di alghe, Studio #10, Xiapu, China. 2010 © Michael Kenna
     
    Anzichè le onde del mare, a volte posso desiderare una morbida superfice nebbiosa. Quando voglio il movimento o le scie delle stelle, allungo l'esposizione. Certe volte arrivo a 10 o a 12 ore di esposizione
     
     
    La luna sopra Puget Sound, Seattle, Washington, USA. 2013 © Michael Kenna
     
     
    Cacciatori di luna sul Mar Nero, Odessa, Ucraina. 2013 © Michael Kenna
     
     
    Milford Sound, Studio #2, New Zealand. 2013 © Michael Kenna
     
    Trovo che il bianco e nero sia più malleabile e misterioso del colore, è una interpretazione della realtà più che un riflesso della realtà. Non mi interessa copiare e descrivere ciò che vedo. Sono più interessato ad entrare in sintonia con ciò che fotografo. Il colore è troppo specifico per me. Vediamo tutto a colori per tutto il tempo. Le fotografie a colori non hanno alcun appeal per me
     
     
    Parete di Budda, Palazzo d'estate, Pechino, Cina. 2007 © Michael Kenna
     
     
    Il ponte di Podolsko-Voskresensky, Studio #2, Kiev, Ucraina. 2013 © Michael Kenna
     
     
    Il Caino di Vidal, Giardini delle Tuileries, Parigi, Francia. 2010 © Michael Kenna
     
     
    La Torre Eiffel, Studio #7, Parigi, Francia, 2007 © Michael Kenna
     
    Sono sempre stato affascinato da pittori come Turner, Picasso e Kandinsky
     
     
    Alberi nel ghiaccio, Cheongsong, Gyeongsangbukdo, Sud Korea, 2011 © Michael Kenna
     
     
     
    Veduta di Thalys, Brussels, Belgio. 2010 © Michael Kenna
     
     
    Veduta di Shanghai, Cina,  2011 © Michael Kenna
     
     
    Barche sul Fiume Ross, Hanoi, Vietnam, 2008 © Michael Kenna
     
     
    La spiaggia di Copacabana , Rio de Janeiro, Brasile, 2006  © Michael Kenna
     
     
    Il mio fotografo giapponese preferito è Daido Moriyama. Lo è per diversi motivi, probabilmente perchè per lo più é l'opposto di ciò che faccio io
     
     
    Reti da pesca e il monte Daisen, Yatsuka, Honshu, Giappone, 2001   © Michael Kenna
     
     
     
    Steccato su per la collina, Studio #2, Teshikaga, Hokkaido, Giappone, 2002  © Michael Kenna
     
     
    isole di Pier e Nakashima, Lago Toya, Hokkaido, Giappone, 2002 © Michael Kenna
     
     
    Ritratto di albero, Studio #3, Wakoto, Hokkaido, Giappone, 2002 © Michael Kenna
     
     
    38 pali, Nagahana, Honshu, Giappone, 2002 © Michael Kenna
     
    Io sono interessato alle interrelazioni, giustapposizioni e interazioni tra i paesaggi e le strutture che noi, umani, lasciamo nel paesaggio.
    Storie, impronte, evidenze, tracce, atmosfere e storie
     
     
    Praga, Cecoslovacchia, 1992 © Michael Kenna
     
     
    Praga, Cecoslovacchia, 1982 © Michael Kenna
     
     
    Cento e quattro uccelli, Praga, Cecoslovacchia, 1992 © Michael Kenna
     
     
    Stazione di Branik, Praga, Cecoslovacchia, 1992 © Michael Kenna
     
     
    Chrysler Building, Studio #3, New York City, USA, 2006 © Michael Kenna
     
    Qualche volta mi lascio ispirare da altri fotografi come Bill Brandt, Josef Sudek, Eugene Atgét
     
     
    Il battello del Fiume Hudson , New York City, USA, 2000 © Michael Kenna
     
     
    Le Torri Gemelle, New York City, USA, 2000 © Michael Kenna
     
     
    Portatrice di torce, Praga, Cecoslovacchia, 1990 © Michael Kenna
     
    comincio andando nelle stesse location che si vedono nelle loro fotografie, come hanno fotografato, perché lo hanno fotografato, cosa hanno visto
     
     
     
     
    uccello in volo sopra San Marco, Venezia 1990 © Michael Kenna
     
     
     
    ***
     
    Michael Kenna è nato nel 1953 nel Lancashire, in Inghilterra. Ultimo di numerosi fratelli e sorelle è stato l'unico ad avere la fortuna di continuare gli studi. Ha frequentato l'istituto d'arte e poi l'accademia fotografica dove si è specializzato nella stampa. Negli anni '80 si è trasferito a San Francisco dove ha continuato a fare lo stampatore.
    Finora ha fotografato esclusivamente a pellicola con medio formato principalmente in 6x6, raramento in 4x5''. Sono rare le sue fotografie a colori, principalmente per occasionali richieste commerciali.
    Sa che prima o poi dovrà fare i conti con il digitale e non ne fa un dramma perchè vede che sia la chimica che le carte continuano ad essere sempre più rare da reperire.
    Ha luoghi che ama fotografare particolarmente (oltre all'Inghilterra, gli Stati Uniti, l'Estremo Oriente, Praga, l'Ucraina, l'Italia) e che torna a visitare periodicamente.
    Durante le lunghe esposizioni notturne (che possono durare anche 10-12 ore) si rilassa e non fa assolutamente nulla. E' un lusso che é felice di potersi permettere in quei frangenti.
    La sua ispirazione viene da ciò che vede e cerca di vedere attraverso un mezzo che dia una interpretazione del reale, non che riproduca il reale.
    Non si fa problemi ad ammettere che spesso trae da altri fotografi l'idea e lo fa nel modo più semplice. Se lo ispira Sudek, va nella Praga di Sudek a vedere con i suoi occhi ciò che Sudek ha visto e ha fotografato.
    Ovviamente stiamo parlando di fotografia intesa come gesto artistico e raramente documentario.
    Nelle sue fotografie l'uomo non c'è. Ci sono le sue tracce. Come nei romanzi di Simak, dove i cani raccontano attorno al fuoco le storie degli uomini che un giorno hanno conosciuto e che si sono estinti ...
    Per certi versi è il fotografo della sua generazione che vanta il maggior numero di imitazioni. Probabilmente una parte degli introiti della vendita di filtri ND1000 e big stopper dovrebbe essere versata a lui.
     
    ***
     
    Adoro Michael Kenna perchè la sua fotografia è il mio opposto. Lui è mite e paziente per quanto io sono impetuoso e impaziente.
    Lui ama luci eteree, bianchi smorti e paesaggi nebbiosi per quanto io concepisco solo luci intense, colori accesi, ombre scurissime, il fuoco contro la bruma.
    Io sono un umanista, fotografo le persone anche se non ne sono particolarmente attratto. Lui non fotografa le persone che per la loro assenza.
    In un certo senso il soggetto è lo stesso, cambiano i tempi. Probabilmente in fondo è la stessa cosa, solo una diversa, profonda, sensibilità.
     
    Il sito di Michael Kenna è pieno di notizie e di suoi lavori, questo racconto fotografico del suo lavoro, forzatamente parziale per non esagerare con gli spazi, prende vita da diverse interviste da lui rilasciate. Quindi è lui che ci parla, con le sue foto e il suo pensiero.
     
    Grazie Mr. Kenna  
  16. Il negozio di New Old Camera nel cortile sito tra la centralissima Dante e la meno conosciuta Via Rovello, è un punto di riferimento nazionale da decenni, per gli appassionati di materiale fotografico e di fotografia.
     

    una delle vetrine del negozio principale
     
    Io l'ho visto crescere nel tempo, quasi da quando ha aperto e l'ho visto trasformarsi anno dopo anno.
    Adesso il negozio ha una struttura importante, con tanti addetti.
     
    Se il nome del negozio voleva sin dall'inizio indicare la volontà di trattare sia materiale nuovo che usato, è indubbio che la sua fama è più che altro legata al mondo dell'usato.
    Usato di tutti i marchi e di tutti i formati.
     

    un bel modello di Nikon in vetrina. Di quando Nikon era Nikon ...
     

     
    Ma chi pensa che New Old Camera sia solo usato sbaglia. E' già da un bel pezzo che il negozio tratta direttamente il materiale nuovo, anzi, per molti marchi rappresenta l'eccellenza :
     

     
    ed é addirittura tra i negozi selezionati a trattare come specialista, la nuova Fujifilm GFX 50S o la nuova Hasselblad X1D, apparecchi che non troverete in ogni negozio.
     

     
    Ma per quello che conosco io il grande Ryuichi Watanabe, proprietario e dominus della società NOC, tutto questo non basta.
     
    Il mercato fotografico è in una fase di difficoltà e di transizione.
    Se fino a qualche anno fa i grandi marchi mettevano in vendita il materiale nuovo sicuri di vendere tutto, oggi i volumi di vendita sono in netto calo, una frazione dei tempi d'oro.
    Un contesto in cui, per accaparrarsi maggiori quote di vendita, i vari marchi lanciano continuamente novità interessanti, spesso sovrapposte.
     
    Non possiamo nascondercelo, ce lo confermano i fatti.
    Il negozio tradizionale a bordo strada che offre semplicemente la vendita al miglior prezzo è destinato a scomparire.
    Anzi, molti negozi, anche un tempo molto noti, hanno chiuso.
    E quelli che non sono in via di trasformazione, non godono di ottima salute.
    C'è la concorrenza della vendita online e c'è l'informazione via web che corre veloce.
    E' difficile competere ad armi pari e bisogna inventarsi qualche cosa per continuare ad operare più serenamente.
     
    Ryuichi ha una ricetta a tutto ciò. Il suo negozio vuole essere un punto di riferimento per quelli cui la voce o la notizia del web non basta.
     
    Quelli che vogliono confrontarsi di persona, vogliono sentire dalla voce di un esperto se la tal macchina o il tal obiettivo è la risposta alle loro esigenze.
     
    Ma soprattutto vogliono toccare e provare di persona l'oggetto del desiderio.
     
    E' nato così il servizio "demo". Con la collaborazione di alcuni marchi illuminati, viene messa a disposizione della clientela una grande quantità di materiale che può essere visionato e provato direttamente in negozio.
    Chi crede che si tratti solo di oggetti entry-level di poco conto dia un'occhiata alla lista : c'è anche tanta roba molto costosa che viene tenuta in giacenza appositamente per noi.
     
    Infatti non è materiale destinato alla vendita ma sta comunque in vetrina pronto da essere utilizzato.
     

    la vetrina del materiale "demo" di Nikon, ci sono anche la Nikon D500 e la Nikon D5 che ci sono state gentilmente date in test l'anno scorso.
     
    Infatti noi stessi abbiamo potuto sfruttare questa opportunità, potendo in alcuni casi offrire un test in anteprima solo grazie alla gentilezza di NOC che non finiremo mai di ringraziare.
     
    Nel tempo abbiamo provato in prestito temporaneo da NOC :
     
    01/04/2016 - Nikon D5 : semper fidelis (test/prova) 
    30/04/2016 - Nikon D500 : primo impatto (test/prova/review)
    14/07/2016 - Leica SL : la regina delle mirrorless vista da un nikonista doc (test/prova)
    19/10/2016 - Olympus PEN-F : noblesse oblige (test/prova)
    04/06/2017 - Fujifilm GFX 50S : piccola o grande ? (test/prova)
     
    e scusate se vi sembra poco !
     
    A seconda del valore dell'apparecchio - sia un corpo Leica, sia un obiettivo Sigma o un kit Olympus - varia la durata del tempo a disposizione del cliente.
    La presa di contatto può avvenire in negozio, oppure fuori dal negozio, per le strade vicine.
    Ma c'è anche la possibilità, per particolari modelli, di avere un prestito per un periodo più lungo, anche di un giorno.
    Purchè, ben inteso, l'utilizzo sia strettamente legato al test : NOC non offre noleggio !
     
    Naturalmente le condizioni dipenderanno molto dal fatto se siete un cliente conosciuto o meno. Vi saranno proposte le normali procedure di cautela che possono andare dal semplice documento di identità fino ad un eventuale deposito cauzionale.
     
    Ma tutto con la massima cortesia e disponibilità che sono le peculiarità che rendono diverso NOC dagli altri negozi.
     
    Ma non basta.
     
    Dicevo che l'altro punto su cui Watanabe insiste è il contatto con professionisti, operatori del settore, grandi fotografi in grado di mostrare direttamente al potenziale acquirente le potenzialità degli apparecchi presentati.
     
    Nel nuovo Meeting Point di NOC, di fronte al negozio principale
     

     
    si svolgono frequentemente appuntamenti (iscrivetevi alla newsletter per avere gli aggiornamenti settimanali : sono veramente tanti)
     

     
    e se è normale che ci siano le presentazioni dei vari marchi, come quello dello scorso 25 febbraio di Sigma cui io ho partecipato come Sigma Ambassador per l'Italia
     
       
     
    sono altrettanto frequenti le giornate di fotografia operativa con tutor e maestri, spesso gratuiti o con quote di partecipazione convenienti, promossi con la collaborazione degli amici di NOC.
     
    Io credo che solo queste iniziative possano riavvicinare gli appassionati ad un mondo che negli ultimi anni si è eccessivamente spersonalizzato e virtualizzato.
    E credo allo stesso tempo che sia nell'interesse di chi vuole informarsi in maniera veramente consapevole prendere contatto ed approfittare di queste iniziative.
     
    Che sia il semplice 'demo' quello che fa per voi, oppure una giornata di contatto e formazione con ciò che già possedete o che vorreste comperare, rifletteteci sopra e andate da NOC.
     
    Naturalmente dovreste poi sentivi moralmente impegnati ad acquistare da loro ciò che vi viene gentilmente offerto in dimostrazione. La vostra fedeltà consentirà loro di continuare ad espandere l'offerta : è nell'interesse di tutti.
     

  17. UN INVITO DAGLI SCHUMANN - An Invitation at the Schumanns

    UN INVITO DAGLI SCHUMANN
    Trio Dichter, Théotime Langlois de Swarte, Hanna Salzenstein, Fiona Mato
    harmonia mundi, 25 agosto 2023, formato 96/24, via Qobuz
    19 tracce, 1h : 19m : 10s
    ***

    Il titolo, evocativo, noi lo tradurremmo più appropriatamente "Dagli Schumann", vuole in qualche modo rievocare un invito musicale nel salotto di Casa Schumann, con Clara e Robert perfetti padroni di casa, in una delle loro tante residenze temporanee di Lipsia, Dresda o Dusseldorf.
    I due coniugi solevano "aprire la porta del loro soggiorno" agli amici, dove condividere i loro pensieri sulla musica che li avevano commossi ed ispirati, mentre i loro figli giocavano attorno a loro, riempiendo la stanza di risate gioiose.
    Non solo musica "loro" ma anche del passato e di altri autori del loro tempo, naturalmente. Secondo le inclinazioni e l'estro della stagione.

    “Regnerà un’oscurità da sogno nella stanza con i fiori alla finestra, o quella azzurra con il pianoforte a coda
    e incisioni su rame – e desidereremo soltanto amarci e restare fedeli l'uno all'altro [...] Tu mi guiderai così
    dolcemente quando ne avrò bisogno – mi dirai dove ho fatto un passo falso e anche dove ho realizzato qualcosa di bello – e lo voglio
    lo stesso per te – dovresti amare Bach in me, io dovrei amare Bellini in te – suoneremo spesso il pianoforte a quattro mani.’

    Per mantenere l'atmosfera fedele anche sul piano sonoro, l'intero programma sfrutta il suono di un pianoforte Bösendorfer della seconda metà del XIX secolo; un pezzo unico per
    ricchezza timbrica che ha ispirato e guidato gli interpreti. Come il timbro degli strumenti di fabbricazione italiana per gli archi: il violino è di Nicolò Gagliano e il violoncello è di Pietro Guarneri di Venezia.
    Ovviamente corde di budello, che producono una sonorità rotonda e calda, in perfetto complemento al suono del pianoforte storico.

    “Un nuovo capitolo della vita si è concluso con successo, anche se non senza preoccupazioni, per cui dobbiamo farlo con tutto il cuore : grazie al Cielo. Il primo settembre ci ha regalato una bambina grazie alla mia Clara. Le ore che lo precedettero furono
    dolorose; Non dimenticherò mai la notte del primo settembre, un mercoledì. C'erano tante cose in pericolo; ad un certo punto mi sopraffaceva così tanto che non sapevo come trattenermi. Ma poi ho riposto la mia fiducia nella forte costituzione di Clara,
    il suo amore per me – come potrei descriverlo tutto. Dieci minuti prima delle undici del mattino la piccola era là, in mezzo a lampi e tuoni, perché c'era un temporale nel cielo. Ma ai primi suoni – la vita era di nuovo luminoso e amorevole davanti a noi: eravamo benedetti dalla felicità. Quanto sono orgoglioso di avere una moglie che, 
    oltre al suo amore e alla sua arte, mi ha fatto anche un regalo del genere. Adesso le ore volano tra gioia mista a preoccupazione."

    Il disco ruota attorno ad una serie di opere di Robert Schumann : i movimenti di apertura e chiusura da Kinderszenen (Scene d'infanzia, 1838 – ‘Von fremden Ländern und Menschen’ (“Di terre e popoli stranieri”) e “Der Dichter spricht” (“Il poeta parla”) in un arrangiamento per pianoforte, violoncello e violino – insieme al suo Trio n.2,
    Op.80, un'opera importante a cui Clara era particolarmente affezionata. Sebbene la realizzazione di quest'opera abbia seguito da vicino quella del trio precedente, quest'opera è più esuberante e ottimista e, secondo le parole dello stesso compositore, "rende un'atmosfera più gradevole" e impressione immediata.’ Il primo movimento è pieno di speranza, alternato ad episodi vivaci e pieni di luce del sole e quelli più sognanti e teneri. Il secondo movimento presenta una melodia dal respiro lungo e marcato dall'interiorità. Segue un terzo movimento, una sorta di lenta barcarola costruita sull'imitazione canonica tra violino e violoncello, poi tra pianoforte e violino: nel quarto ed ultimo movimento ritroviamo gli accenti agogici del primo, con un episodio centrale evidenziato da una scrittura contrappuntistica e una coda fiammeggiante piena di energia in costante aumento.

    Naturalmente non potevano mancare due dei lieder più romantici di Robert, cantati in modo molto convincente dal baritono Samuel Hasselhorn. ‘Widmung’ (da Myrthen, 1840), che Robert Schumann regalò a Clara il giorno delle nozze, conferisce all'espressione dell'amore un aspetto quasi dimensione trionfante, mentre "Meine Rose" (dalla Sechs Gedichte von N. Lenau und Requiem, Op.90) costituisce la sua dimensione più controparte intima e tenera.
      
    L'altra protagonista principale di questo salone è ovviamente Clara, un'interprete prodigiosa, una pianista universalmente ammirata e compositrice di talento che fu costretta a mettere in pausa la sua carriera per dedicarsi al suo ruolo di moglie e madre.

    Ci sono alcuni brani eseguiti troppo raramente che ci ha lasciato Clara (solo una quarantina circa di numeri d'opera in tutto). In questo caso è l'Andante molto ad aprire i Drei Romanzen (1853), notevole per la sua incredibile invenzione e libertà – molto “viennese” ante litteram – e il sublime Notturno per pianoforte solo, preso dalle molto precedenti Soirées Musicales (1836), scritte quando Robert le aveva appena fatto la sua dichiarazione d'amore. 

    “Continuiamo il nostro studio delle fughe [di Bach]. … Robert sottolinea i passaggi in cui il tema ricorre continuamente. Lo studio delle fughe è molto interessante e mi dà molto piacere. Robert mi ha rimproverato aspramente; Lo ero stato
    raddoppiando un passaggio in ottave, e così aveva aggiunto una quinta voce, incompatibile con la scrittura in quattro parti. Quanto aveva ragione per sgridarmi! Ma quanto mi è dispiaciuto non averlo indovinato io stesso!"

    Leggendo il programma, ci potremmo interrogare su alcuni pezzi. Perché un preludio di Bach e un pezzo di Scarlatti si intromettono in questo programma ottocentesco? La scelta di quei pezzi testimonia la nostra voglia di raccontare la storia di una coppia di pianisti e soprattutto delle loro attività quotidiane. Robert e Clara avrebbero ripercorso i preludi di Bach e fughe insieme, per così dire "a quattro mani", ed è evidente dallo studio delle loro opere che la musica di Bach influenzò il loro stile e divenne un modello, proprio come la musica di Mendelssohn. Qui abbiamo il Kleine Präludium in Mi minore, BWV 938 (1720 circa), il cui carattere diretto e istruttivo lo rende un perfetto esempio di ciò che Clara potrebbe aver dato ai suoi studenti da imparare. Quanto a Scarlatti, dall’esame dei programmi di recital di Clara si deduce che suonava spesso la sua musica, specialmente alcune delle sue sonate più virtuosistiche. Robert, invece, ha mostrato poca predilezione per quella che considerava pura pirotecnica: musica troppo "decorativa", in breve

    Accanto ai modelli della coppia va menzionato anche il loro più caro amico, Felix Mendelssohn. Clara si era esibita più volte sotto la sua direzione al Gewandhaus di Lipsia prima di sposare Robert, di cui Felix era il padrino una delle loro figlie. Fu solo la sua prematura scomparsa (avvenuta nel 1847, a soli 38 anni) a porre fine a questo rapporto quasi fraterno relazione. Qui troviamo un'opera per pianoforte a quattro mani, Andante et Allegro assai vivace (1841), di cui Clara è dedicataria.

    I salotti di casa Schumann furono anche l’occasione per scoprire giovani talenti promettenti. Robert l'aveva già fatto mostrò il suo interesse e la sua ammirazione per l'originalità salutando l'arrivo di Chopin all'inizio del 1831 con le parole "Via i cappelli , signori, un genio!" Così fu anche per Niels Gade, che nel 1840 aveva appena composto la sua prima sinfonia e lo inviò a Mendelssohn, allora direttore stabile del Gewandhaus di Lipsia. Quest'ultimo, pieno di entusiasmo, lo inserì subito nel programma del concerto e convocò personalmente il giovane danese, nominandolo poi suo assistente. Lì Gade conobbe Robert e tra i tre artisti nacque una bellissima amicizia, Schumann lo riteneva un compositore eccezionale. La presenza di Gade presso gli Schumann è qui illustrata da uno dei suoi Akvareller (Acquerelli): un'elegia trascritta per violino e pianoforte e contrassegnata da un lirismo teneramente ardente, evocativo di Frédéric Chopin.
    Solo leggermente più giovane, Theodor Kirchner arrivò a Lipsia nel 1838, dove divenne anche un protetto di Mendelssohn e Schumann. Entrò nel Conservatorio appena fondato da Mendelssohn e, nello stesso anno, nel suo raccomandazione, ottenne il posto di organista presso la chiesa di Winterthur. Compositore prolifico, Kirchner ha lasciato un
    un'opera immensa (per parlare solo del pianoforte, i numeri d'opera sono quasi mille!). Il “Lied ohne Worte” dal suo Bunte Blätter (1888) per trio con pianoforte è una sorta di “doppio” omaggio: ricorda il Lieder ohne di Mendelssohn Worte (1835-1845) e Bunte Blätter di Schumann (1836-1849), entrambi per pianoforte solo. 

    Infine, la figura di Johannes Brahms, ovviamente compare in più punti del nostro programma. Brahms è il più assiduo degli “ospiti” a casa degli Schumann: lo é dal 1853 – tre anni prima della morte di Robert. Qui è rappresentato, nei temi dell'infanzia nel suo amatissimo Wiegenlied (Lullaby, 1868) ma anche della musica tradizionale che deve essere stata molto presente nella vita di tutti i giorni, alla quale gli Schumann come Brahms hanno attinto folklore per molte delle loro composizioni. La 'Schwesterlein' è tratta dai 49 Deutsche Volkslieder di Brahms (49 canzoni popolari tedesche, pubblicata nel 1894, ma iniziata nel 1854), così come i due brani tratti da Fünf Stücke im Volkston di Robert Schumann  per violoncello e pianoforte (1849), testimoniano questa influenza popolare.

    «La musica adesso si è fermata, almeno esteriormente. […] Ora devo concludere. Si è già fatto buio.’
     
    Il retro del disco con il ricco programma, rappresentato da scelte ipotizzate dagli interpreti.

    Il disco è caratterizzato da un suono caldo ma una registrazione abbastanza bassa, del resto gli strumenti scelti e la configurazione non si prestano a volumi da sala da concerto perché si voleva preservare l'atmosfera da salotto e i toni scuri, tardo autunnali ma caldi, dettati dai colori del salotto.
    La registrazione è comunque bellissima e il sentimento che prevale è, ma non ci sarebbe bisogno di dirlo, l'amore. Con cui sono state scritte le musiche e con cui venivano e vengono eseguite ancora oggi.
  18. Peter Donohoe : Busoni

    Busoni : Elegien, Toccata, Sonatina super Carmen
    Bach/Busoni : Toccata, Adagio e Fuda BWV 564
    Peter Donohoe, pianoforte
    Chandos 1/8/2021, formato HD, via Qobuz
    ***
    Questo é il primo disco di Peter Donohoe per Chandos. Ma non è il primo dedicato a Busoni. Ricordo il Concerto per pianoforte e orchestra del 1988 che seguiva la prima registrazione assoluta fatta da Ogdon nel 1967.
    Pianista raffinato, colto, con una tecnica trascendente ed impegnato ad esplorare le più intricate trame della musica pianistica del periodo decadente, come lo considerava Busoni, cioé dopo Liszt.
    Rimando alle note scritte da Donohoe per spiegare il suo rapporto con Busoni che caratterizzano la chiave di lettura di questo impegnativo disco. Le riporto sotto perché difficilmente io saprei riassumerne il carattere senza travisarne magari il senso ma senza in alcun modo voler ledere i diritti d'autore. Vogliamo invece con questa recensione rendere giustizia sia al "nostro" Busoni, spesso trascurato ingiustamente in patria, e allo stesso Donohoe che se ne fa apostolo.


    Cominciamo dal suono, teso e con volumi sinfonici. In questo disco non c'è un attimo di tregua. Difficile "digerirlo" per intero tutto di seguito.
    Né, credo, l'avrebbe voluto Busoni, essendo le composizioni a programma distanti tra loro.
    La monumentale Toccata è del 1921 (Busoni mancherà nel 1924) e riporta in calce una citazione di Frescobaldi : ‘Non è senza difficoltà che si arriva al fine’. E come non capirlo.
    Le Sei Elegie e la Berceuse sono del periodo matura (1909), la Sonatina super Carmen è ancora del periodo ultimo (1920) mentre la Toccata su Bach BWV 564 è del 1899.


    Andando all'interpretazione di Donohoe, devo dire che l'intero disco mi lascia un pò perplesso, nonostante le recensioni entusiastiche che ha avuto in patria.
    La Toccata, ascoltata per mano del grande Ogdon mi sembra meno brillante, un pò limitata nelle dinamiche. Molto scura.
    Impressione che rilevo anche nelle Elegien, al limite dell'oppressivo.
    Il feeling diventa alla lunga stancante e quando che il Bach/Busoni finale mi faccia cambiare idea, invece al confronto con la grandiosa, vivida e brillante interpretazione della stessa pagina di Horowitz, purtroppo resto ancora deluso.
    Pure le Elegien che non sono un ascolto che raccomando in una giornata come quella odierna - qui da me c'è il cielo cupo - ascoltate da Carlo Grante (Music and Art of America 2019) mi sembrano più ... "elegiache", rotonde, voluminose e ... a tema secondo le indicazioni in tedesco o in italiano dell'autore.
    Insomma, disco pregevole, ottimamente registrato che contribuisce allo sforzo di conoscenza di un'autore importante ma molto sottovalutato ma che nell'insieme mi sembra più sacerdotale che musicale.
    Mi sbaglierò ma rimando ai confronti citati per una visione più gratificante, se non sul piano musicologico, credo su quello musicale.

    Una nota dell'esecutore
    Il tradizionale repertorio di recital pianistico tradizionale era – almeno fino alla fine dell'era romantica – dominato principalmente dagli stili germanico e, successivamente, russo, più forse l'opera più associata al pianoforte, quella di Chopin. Le opere pianistiche dei compositori italiani raramente figuravano nei programmi di recital. Ciò continuò fino al ventesimo secolo, essendo l'Italia per lo più associata all'opera e ad altre musiche vocali dalla fine del diciottesimo secolo. Poi la fine dell'ottocento vide i grandi cambiamenti stilistici in gran parte determinato dall'ondata di influenza della musica - molto spesso con caratteristiche nazionali basate sulla musica popolare - da molti altri paesi, in particolare la Francia (Saint-Saëns, Debussy, Ravel, Fauré), i paesi nordici (Grieg, Sibelius, Nielsen ), Spagna (Albéniz, Granados), Ungheria (Liszt, Bartók), Russia (Mussorgsky, Rachmaninoff, Stravinsky) e, soprattutto per questi scopi, Italia (Busoni, Casella, Malipiero, Respighi).
    Principalmente per questo motivo, la mia conoscenza delle opere pianistiche italiane era molto scarsa, finché un giorno, nel 1981, fui avvicinato da un brillante musicologo e storico, John C.G. Waterhouse (1939 – 1998), specializzato (anche se non esclusivamente) nella musica italiana, in particolare quella scritta in tempi più recenti. Esattamente il motivo per cui mi ha chiesto specificamente di creare un programma di recital basato sulla musica per pianoforte italiana del secolo, allora presente, si perde nella notte dei tempi, ma comunque lo ha fatto. Ed è stato un momento molto significativo nel mio sviluppo; così facendo mi ha fatto conoscere diversi lavori solisti straordinariamente gratificanti di cui ero stato quasi totalmente all'oscuro fino a quella fase della mia vita musicale.
    Al centro di questi c'erano ovviamente le opere di Busoni, originario del nord Italia dove la consapevolezza della cultura, in particolare austro-germanico, dei paesi confinanti era al suo apice. Era un vero vagabondo e ha vissuto e lavorato in molte parti diverse del mondo, assorbendo influenze culturali da diversi centri europei, oltre a Mosca e Boston. Le sue naturali capacità pianistiche erano probabilmente pari a quelle di Liszt, la sua conoscenza musicologica era sconfinata. La sua consapevolezza della fine di un'era musicale verso la fine del secolo, il suo spirito audace nel tentativo di aprirne una nuova e la sua profonda comprensione e rispetto per la musica del passato, in particolare quella di Bach, Mozart, Liszt e Chopin – fece di Busoni un protagonista del tempo. Queste qualità si fondevano con la sua personalità, una straordinaria combinazione di malizia, diabolicità e visione megalomane – quest'ultima esemplificata dal suo immenso Concerto per pianoforte – che ne fece una figura affascinante. Quest'ultimo lavoro ha giocato un ruolo molto importante nel mio apprendimento e nella mia esperienza di performance durante il decennio successivo alla mia associazione con il professor Waterhouse, un periodo che è culminato in una registrazione live di un CD dei BBC Proms del 1988.
    Per me, all'epoca, si è rivelata una curva di apprendimento molto ripida, ma per la quale sarò sempre in debito con il signor Waterhouse. Le prime opere che mi presentò furono le Elegien di Busoni, due delle quali incluse in quel recital spartiacque che ha creato per me. Ricordo di essere stato particolarmente colpito dall'atmosfera e dalle correnti sotterranee del secondo, 'All' Italia!', in cui Busoni mostra non solo affetto per il suo paese natale, ma un lato oscuro molto inquietante, e offre una panoramica completa della sua caratteristica originale scrittura pianistica. Certo, c'è un'influenza molto evidente da parte di Liszt, ma c'è anche un'esplorazione completamente indipendente del mondo sonoro dello strumento, in particolare il conflitto tra tonalità maggiori e minori, una caratteristica che Busoni ha usato sempre di più man mano che la sua musica maturava. Le altre sei Elegie completano una serie di grandi opere che costituiscono un distillato di ciò che Busoni rappresentava; presentano ogni stato d'animo immaginabile: mistero, religiosità, umorismo, birichinata, calma maestà - tutti sono rappresentati in uno stile davvero originale che trabocca di sperimentazione armonica e imprevedibilità, e una capacità di rendere il suono del pianoforte molto più ampio di un solo strumento.
    Esplorare le sue altre opere per pianoforte è stata inevitabilmente una grande gioia per me - è stato citato un artista importante che ha affermato che la Toccata di Busoni è la musica più difficile che abbia mai suonato; Non andrei così lontano, ma è sicuramente immensamente impegnativo, così come la Sonatina super Carmen. Tuttavia, tra i più esigenti, e al allo stesso tempo più gratificante, è la precedente trascrizione di Busoni della sublime Toccata, Adagio e Fuga in do maggiore di Bach, originariamente per organo. La Toccata, in particolare, mi ha sempre colpito come uno dei brani più gioiosi della storia della musica strumentale, e la trascrizione di Busoni certamente fa emergere quella gioia.
    Il contributo di Busoni alla storia musicale del Novecento è inestimabile e mi sento molto arricchito dai diversi decenni della mia esposizione ad esso.
    © 2021 Peter Donohoe
     
  19. ENGLISH VERSION


    HIFIMAN Deva is the second bluetooth headphone from Hifiman after Ananda.
    It uses the same approach and aims to flexibility of use, allowing for different input options:
    wired, traditional connection to a desktop amp USB cable, for PC/Mac connection wireless, using Bluetooth 5.0 protocol You can turn Deva into a wireless headphone using the new Hifiman Bluetooth module, the “Bluemini”, which replaces the traditional wire and includes an USB socket for charging the battery and the control buttons.
    Nothing extraordinary so far, right? but when we add that this is – as the other premium Hifiman models – a planar headphone using the new “supernano” diaphragm and we look at the price, which is entry-level considering Hifiman pricelist, then we can call it a miracle.
    Moreover, while Ananda BT doesn’t have the wired traditional option, the Deva has it, for all the cases where a wireless connection is not possible or when we want to enjoy the sound of an analogic amp.
    Basically, Deva is placed under Sundara and ideally replace the glorious HE.400, at least in terms of pricing and market segmentation, but with an ease of use remarkably improved. However we should not forget that the official retail price of Sundara and HE-400 was 450€, whereas Deva starts at 349€.
    Specification :
    circumaural, open-back, planar magnetic headphone  impedance: 18 Ohm weight: 360g sensitivity: 93.5dB 3.5mm TRRS audio cable With its 25g Bluemini dongle dongle includes Blueetooth receiver,  USB-C port, built-in DAC and 230mW Amp.
    The dongle also adds the battery needed to support approximately 7-10 hours of playback per charge.Bluemini supports file resolutions up to 192 KHz/24 bit via USB and 96/24 in wireless mode, using a Qualcomm CSR8675 chipset.

     
    From Hifiman website, the new “supernano” diaphragm, used also in other premium Hifiman headphones of the latest generation.


    Some detail of the Bluemini, the dongle is primary responsible of the wireless connectivity of Hifiman Deva.
    Top-notch integration and build quality: only 25g including the plastic shell.
     
    Unboxing :
    The classic black Hifiman cardboard box, pretty solid, showing both on front and back sides the new Bluetooth feature.

     

     

    Even inside the box, the packaging is premium, similar to HE-400.

    The cables available: 3.5mm audio cable, 3.5mm to 6.3mm converter, 2m USB-A/USB-C cable and the dongle that turns the headphone into wireless.

    User manual.

    The look has colors similar to HE-1000, but the shape of the pads and the mechanic are closer to Sundara and HE-400.
    Brown colors and silver finishing make them modern and lively.

    The swiveling ear cups make the Deva comfortable over my years.
    The headband is soft, upholstered and strong.
    If I really had to find a negative point, it would be the visible screws, but on the other hand they make any possible replacement of a damaged component easier.

    It’s an open-back headphone such all the planar headphones of this series and the external part of the pad is well protected by a metal honeycomb grid.

    The Deva logo is proudly shown, as in other Hifiman models.

    The maximum extension of the headband, for “important” heads.

    The inside of the ear cups is soft in contact with skin. I used Deva while I was biking and didn’t make me sweat.
    The letter showing the left channel and the jimbal of the headband.


    The cable connecting the pads is seated inside the groove under the letter L. It’s pretty well recessed  beneath the surface, therefore I’m not expecting any damage from use over time.

    In the left pad there is the only external connection: it can be used either with the Amp cable or the dongle.

    The pad with the dongle on.

    The other side

    USB socket, confirmation LED, control buttons

     
    So, as a whole, the impression is excellent.
    Build quality is slightly below the other Hifiman models I know, such Sundara and HE-400, but anyway better than the average of headphones from other companies.
    If in the past Hifiman was criticized, not for the sound, but for the build quality and the details, things got significantly better from the second version of the previous generation and the Sundara.
    Let’s not forget that the price for a planar Bluetooth headphone might be quite higher.
    If I had to point out a little flaw, it’s the 6.3mm convertor: while it works perfectly, it doesn’t seat flush once plugged-in, and it’s a bit hard to pull out. I’d rather prefer a screw-on adapter, but it’s really a small thing.
    Measures :
    I coupled the Deva with my desktop amplfier to get a first impression, then I took this opportunity to check the frequency response using my miniDSP ears:

    The frequency response confirmed my impressions during the first listening. A good presentation across the whole frequency range, with very articulated bass, very clear miss and not aggressive highs.

    Frequency response of Deva coupled with Audio-GD R28 preamp.
    The real surprise was the response using the USB-C wire via dongle. Considering the difference of the power outputs (my amp’s output goes up to 7.5W at 32 Ohm, while the built-in amp output is 230mW), I was not really expecting to see two responses so similar.

    Frequency response of the Deva coupled with Audio-GD R28 (in red) and using the Bluemini dongle connected to my laptop via USB-C (in green).
    Not considering some difference due to measurement errors, I see a better bass using the desktop amp (in red) compared to the dongle built-in amp (in green), while it’s the opposite from 1500 to 2000Hz with the dongle showing less damping in this section so important in the audio range.
    In short, either for the optimization studied by engineers, or for the very low impedance of this headphone, this small 25g box is able to make shine a headphone with a quite low sensitivity.
    Comfort :
    The Hifiman Deva is few grams lighter than the Sundara and they have comparable shapes.
    The pads are more comfortable than those of HE-400, but less comfortable compared to the wider pads of Sundara.
    With Bluemini on, even if its weight is only 25g, you can fell some imbalance towards the left ear, but it is not an unbearable discomfort, after a while you don't think about it anymore.
    The pressure over the head and the ears is just right, even for long listening sessions.
    In wireless mode there is no kind of issue, even moving around the room.
    The control buttons are easy to reach and the confirmation sound is nice.
    There are 2 control buttons: the bigger one is for switching on and off and Bluetooth connection.
    The smaller button, close to USB socket, is for turning the battery charge on. When the headphone is simply wired the charge remains off. Even during playback the charge is switched off.

    Beautiful and elegant with its brown and contrasted colors, as the light decreases it gets a darker look, that fits well in a wooden location, both high-tech and stylish.

     

    A round of applause for the Hifiman designers!
     
    Listening test :
    I tested this headphone for a while in all the configurations: analog cable, USB and Blueetooth.
    Then I compared them, in order to give a better idea to the readers, to two very different headphones: my Arya, a premium Hifiman headphone and my personal reference, and the AKG K712 Pro, professional monitor headphones, dynamic, that were considered in a segment slightly superior to Deva when they were marketed.
    Deva’s sound presentation reminds me the HE-400i V2 that I owned until the beginning of the year.
    The bass range has full body and the extension is well articulated.
    Mids are clear and well defined, while highs and very high frequencies are never annoying.
    There is no emphasis in any sound range, but the sound is refined, clearly in line with a planar system, and I find it more enjoyable than the Sundara, that I tested last year.
    Where Sundara is dry and need some equalization to get a more balanced sound, Deva is already excellent out of the box.
    Soudstage is good and I couldn’t find the annoying feeling of hearing the sound inside my head.
    Three-dimensionality is not exaggerated, but we are pretty close. Very good!
    Mids are sweet and clear, but there is no attempt to over-sweeten them.
    The volume is adequate and in all the recordings I listened to there was no need to turn up the volume.
    Well-recorded female voices seem to have everything to gain from these headphones.
    As you know, I listen 99% to classical music, but these headphones go pretty well with any genre.
    But even in less "noble" uses such as Skype, video games with sound effects and movies, the overall balance, without excessive emphasis but also without shortcomings in the range, allow a fruition always in line with expectations.


    The comparison between HIFIMAN Deva, AKG K712 Pro and HIFIMAN Arya.
     

    HIFIMAN Deva: the latest album by Silje Nergaard (jazz-vocal) highlights the singer's voice, while keeping the piano very present. It’s even better in the album with rhythmic accompaniment of 2000 "Port of Call", where the voice is highlighted on a nice bass base and below the rhythmic accompaniment.
    AKG K712 Pro: very cold but realistic piano, you can hear the singer breathing between sentences. We are at the apotheosis of the "monitor" sound as conceived by AKG. In the trio, finally there is generous bass while Silje's "impertinent" voice dominates snares and cymbals. The most interesting performance of the K712 in this listening test.
    HIFIMAN Arya: sweeter than the other ones, low range extended to the extreme but less full of the other two. But here she deserves a kiss! I can hear some sibilance that in the other two headphones wasn’t there.

    HIFIMAN Deva: Mark Knopfler doesn’t keep us waiting too long and after entering with his guitar here is his hoarse voice. I feel like turning up the volume.It is a 1985 record but very well recorded (and remastered here). Bass, mids, treble perfectly calibrated. You can't stop listening to it
    AKG K712 Pro: less engaging as a whole, but Knopfler's voice is more separate from the rest, percussions in great evidence, guitar even more.The sound is cold, different, not necessarily unpleasant. A diametrically opposite interpretation.
    HIFIMAN Arya: Brothers in arms, sweet and soft with the rhythmic section over the head. Compact, dense, convincing sound.

    HIFIMAN Deva: The 1751 Testore Milanese violin played by Franziska Pietsch has a metallic, cold voice that contrasts a lot with the Mediterranean tones of Ravel's violin sonata. The piano that accompanies it is less bright because it is played so as not to overpower the violin.
    AKG K712 Pro: the presentation is similar, but I have to turn up the volume to feel the same balance. The violin is lighter, less metallic, more prominent. But the sound is elegant, light.
    HIFIMAN Arya: here too the violin is not as metallic as with the Deva, on the contrary, it’s sweet, and the piano is very sweet. The sound is fast, delicate.
     

    HIFIMAN Deva: Teodor Currentzis' latest madness and his vision of Beethoven's Fifth Symphony. Perfect tonal balance with generous bass and a majestic orchestral full. Good extension of the soundstage to the outside.
    AKG K712 Pro: there is less impact although the volume is higher. The texture of the violins, however, is very precise, as are the upper harmonics of the wind instruments. It is as if there was a magnifying glass on the right side of the spectrum and the left one was a little compressed.
    HIFIMAN Arya: wide, concert hall sound, without being artificially spectacular. In the third movement every single instrument is heard.

    HIFIMAN Deva: Ton Koopman's "spectacular" Bach in 96/24 edition is bright, clear, fast. You might want a little more pedal but that is certainly not missing in the Passacaglia in C minor which closes the disc.
    AKG K712 Pro: The bass is there but it is behind. Instead the treble is present. The sound is unbalanced and one would like to equalize it, but to avoid any form of contamination I wanted to make this comparison without any filter in between, using the corresponding audio driver directly.
    HIFIMAN Arya: The organ is excellent, the bass is there but it is the full that highlights a tangible thickness in which every single voice is heard.


    HIFIMAN Deva: I close with Lady Gaga's A star is born. The guitar is here, somewhere. The voice of the unsuspected Bradley Cooper seems to me a bit to nasal and a little unbalanced in the medium-high frequencies. Lady Gaga is perfect, exciting, with some echo and the violin in background. Bass without tails and reverberations. And she climbs the stairs to heaven.
    AKG K712 Pro: Shallow is less exciting, the sound is more monitor-like with AKG. The guitar is clear, Bradley's voice is more subtle. Lady Gaga’s voice sounds detached from the rest of the music. But she is more behind than before. And yet the rest is all more subtle.
    HIFIMAN Arya: the scene is the stadium, open wide. Bradley's voice sounds finally like I remembered in the movie. The guitar is not so evident but very delicate, in short he doesn’t look bad compared to Lady Gaga who, when she enters, gets the due applause. Here too, she can sing as high as she wants, Arya follows her even higher. The two voices are well blended.
     
    So, to recap and with the natural subjectivity of such a comparison, I can say that HIFIMAN Deva offers a balanced performance in all types of music, with a coherent sound, favoring bass and medium, with treble not too evident and always without sibilants.
    The performance is more captivating than that of AKG's K712 which have a different setting, with the mids back and increasing highs. It is the Central European monitor sound, designed for long working / listening sessions.
    Compared to Arya - which is 5 times more expensive – Deva is at first more spectacular and more captivating.
    In a quick switch we might even like it more. But Arya’s sound is more refined, intended for educated ears, mids and treble texture is of a higher class and bass is more extensive even if it may seem less powerful.
    In the case of the organ, for example, there is no comparison. But also with chamber music and well-recorded female voices.
    But not everyone will be able to understand it without long listening session. Which is good for the Deva, since you don't need to drain your bank account to buy it.
    What surprised me is that in the comparison I used the amplifier for the two traditional headphones and the Bluemini for the Deva, but it was the Deva that sounded louder and louder.
    With very little power this can makes a show of force.
     

    Coupling :
    I used Deva with the desktop amp in high gain mode. No problems whatsoever (and my amp is able to deliver many watts).
    With iPhone and Android tablet in Bluetooth.
    With a desktop computer using streaming web-services.
    With the Fiio 5 and its built-in amplifier.
    Deva is always an easy load and is always able to play loud.
    I believe they will never be a problem for anyone under any circumstances.
    Conclusions :
    Pro's
    it’s beautiful and well built  capable of classy sound like all HIFIMAN planars flexible, able to play wired and wireless simple to use and not requiring complex setup procedures. When you want to listen to music, they are ready to please you sound is clear, powerful, it needs little power to make it play loud. The soundstage should satisfy everyone with good ears. A little bit raucous with a frequency response that looks like the Harman curve. no equalization required: it sounds good in its natural state and out of the box it doesn’t require any  break-in. After many hours of use, the sound is still the same impressive price / performance ratio. Indeed, miraculous. It’s inexpensive, but it’s difficult to find decent planar cans for the same money, let alone wireless and of this quality Con's
     
    Bluemini is small, compact and light, but still it slightly unbalances the seating over the head Deva is not as comfortable as Sundara and much more uncomfortable than the other two headphones used in the tests (but there is worse, much worse, I assure you) the supplied USB cable is nice, very soft, maybe it could be a meter longer to allow some more freedom. But this is a headphone designed for wireless use mainly the 6.3 mm jack adapter did not convince me, it is not screwed-on, it fits, but it seems that it is not completely housed. It’s more an aesthetic issue than a real one. In a nutshell, I believe that, all in all, starting from flexibility combined with high sound quality, the possibility of working with any source, at this price Deva is given away!
    We hope that HIFIMAN will not change its mind and increase price.
    Does Ananda sound better? It's possible. But Ananda isn't for everyone.
     

  20. La dedica originale ("scritta per il sovvenire di un grand'uomo") della Sinfonia n. 3 "L'eroica" è lo spunto per questa piccola Guida all'ascolto.
    Naturalmente Beethoven bisognerebbe conoscerlo a fondo tutto ma la sua musica ha avuto uno stile in continua evoluzione, tanto che la si può separare in più fasi.
    Quella ... di mezzo, la più immediata all'ascolto ma anche quella che più coinvolge. Non ci sono ancora le sonorità aspre degli ultimi quartetti, della grande fuga, e nemmeno le forme arcaiche di contrappunto intricato delle ultime sonate. Della nona sinfonia, solo il tema ma non lo spirito allucutorio.
    E' il Beethoven della Quinta e della Terza Sinfonia. Della sonata a Kreutzer, del concerto per violino.

    E' il Beethoven praticamente coetaneo dell'astro europeo, quel Napoleone che da Primo Console diventa Imperatore e poi padrone d'Europa, scorrazzando con le sue armate dalla Baviera alla Polonia, passando per l'Italia e Vienna.
    Questo periodo "Eroico" coincide per i due titani. E' vero, anche Napoleone raggiunge la piena maturità "strategica" negli anni che vanno dal 1800 al 1809 (da Marengo a Wagram, dove si cominciano a vedere i primi segni di appesantimento del suo "metodo").
    Il Napoleone che libera le genti europee per poi dominarle come Imperatore, arrivando ad essere da liberatore atteso, allo straniero che bombarda Vienna per costringerla alla resa (con Beethoven rintanato in cantina) per poi sposare la figlia dell'Imperatore Asburgico (cui prima aveva fatto decadere la corona del Sacro Romano Impero).
    Del Beethoven il cui ultimo concerto per pianoforte che qui chiude idealmente la lista del periodo "Eroico" viene poi attribuito l'epiteto de "L'imperatore", pur senza un reale riferimento ... all'Imperatore
     
    E' il Beethoven degli Eroi, Coriolano e Prometeo tra tutti. Ma anche Leonora, eroina ideale come molte delle dedicatarie della musica del Maestro.
    Naturalmente come da nostra abitudine, qui si è fatta una selezione, con le opere più rappresentative, senza voler escludere necessariamente le altre se non per il numero. Non abbiamo nulla contro la 4a e la 6a sinfonia, ne con i quartetti e le altre sonate del periodo.
    Mentre è esclusa sia per il periodo di composizione che per il significato, quella Wellington Sieg che celebra la sconfitta delle armate francesi ad opera del Duca inglese ma che ancora deve incontrare quello che è divenuto "l'orco corso".
    Più avanti Beethoven diventerà più cupo come la sua musica, più introverso, più socialmente disturbato. Morirà qualche anno dopo, rispetto all'Imperatore componendo i suoi più grandi capolavori che però, tolta la 9a sinfonia, al pari delle più brillanti manovre napoleoniche della fine della carriera, non sono mai le opere più celebrate del maestro ma più rivolte ad un uditorio erudito e preparato.
    Ma stiamo andando oltre, ecco qua, il catalogo è questo !
    Concerto per pianoforte n. 3 in do minore Op. 37 - 1800/1802
          Sonata per violino e pianoforte n. 9 in la maggiore "Kreutzer" Op. 47 - 1802/1803


    Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore "Eroica" Op. 55 - 1803

    Sonata per pianoforte n. 21 in do maggiore "Waldstein" Op. 53 - 1803/1804

    Sonata per pianoforte n. 23 in fa minore "Appassionata" Op. 57 - 1804

    Concerto per pianoforte n. 4 in sol maggiore Op. 58 - 1805/1806
      
     
    Concerto per violino in re maggiore Op. 61 - 1806


    Trentadue variazioni per pianoforte su un tema originale in do minore WoO 80 - 1806

    Ouverture "Coriolano" in do minore Op. 62 - 1807

    Sinfonia n. 5 in do minore Op. 67 - 1807-1808

    Fantasia corale "Schmeichelnd hold" Op. 80 - 1808

    Concerto per pianoforte n. 5 in mi bemolle maggiore "Imperatore" Op. 73 - 1809

     
     
    Ho inserito un paio di scelte per alcune delle composizioni ma in generale ho voluto premiare interpretazioni classiche, degli anni d'oro della stereofonia, con solo una manciate di edizioni moderne, digitali o ad alta risoluzione.
    Ovviamente è una scelta personale, ognuno si farà la sua compilation ideale.
    Iniziando questo anno Beethoveniano che anche noi cercheremo di celebrare degnamente, mi premeva principalmente tagliare esattamente in termini di repertorio e di epoca storica questo Beethoven Eroico, il mio preferito in assoluto (senza disdegnare assolutamente tutto il resto di cui avremo ampiamente tempo di dibattere di qui a dicembre).
    Ma se qui c'è qualcuno in ascolto o in visione che vuole aggiungere la sua gradita opinione, ci leveremo il cappello  
  21. E' semplice ed immediato, molto più di prima.
    Il sistema più facile è premere sul comando "Non letti" che si trova sulla destra della pagina, sotto al Cerca.
    Questo comando vi invierà dentro al menù Novità, opzione Non Letti e vi evidenzierà tutti i contenuti che non avete letto negli ultimi ... 365 giorni, di tutto il sito, forum, gallerie, articoli, blog e club compresi.
    Così non vi sfuggirà nulla.
    Ovviamente potete personalizzare la selezione.
    Oppure, come faccio io, andare direttamente nel Menù Novità, sotto al logo di Nikonland, e scegliere Tutte le Attività.
    Questo vi elencherà tutto, anche ciò che avete già letto.

     
    adesso la cosa difficile sarà ... come farvi scoprire che vi dovrebbe interessare leggere questo articolo ...

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