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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 15/10/2021 in tutte le aree

  1. Dopo un mese di utilizzo intensivo posso trarre i miei giudizi, quasi definitivi su queste due nuove ottiche Nikkor. Il 105 penso sia il nuovo riferimento di qualità per un obiettivo macro. Nitido? Nitidissimo! A confronto il vecchio Nikkor 105 G mostra tutti i suoi anni, ma anche altre ottiche macro più recenti di altri brand non raggiungono questi livelli. Oltre alla nitidezza è impressionante la differenza a tutta apertura. Il vecchio modello è meno nitido e presenta più aberrazioni cromatiche, cioè aloni viola e verdi nei contorni dei soggetti sia nelle aree a fuoco che in quelle fuori fuoco. Nel nuovo modello è appena visibile solo a tutta apertura e tende a sparire completamente chiudendo di 2/3 di stop il diaframma. Come costruzione è impeccabile, è un po’ più grande del vecchio modello, ma è decisamente più leggero. Anche la stabilizzazione è superiore e sono arrivato ad ottenere buonissimi risultati anche con tempi di 5 stop più lunghi. Questo vuol dire che si riesce ad utilizzare a mano libera con tempi fino a 1/3 di secondo. Oltre si rischia spesso il micromosso. Con un’ottica non stabilizzata di pari focale si rischia il mosso già a 1/50 di secondo. Con lo Z MC 50mm f/2.8 si arriva a circa 3 stop effettivi di stabilizzazione garantiti in questo caso solo dal sensore stabilizzato delle Z (Z50 e Z fc quindi escluse) dato che l’ottica diversamente dal 105 è priva dello stabilizzatore ottico. Una delle grandi differenze dei nuovi macro Z MC è la resistenza al forte controluce, qui quasi tutte le altre ottiche macro che ho provato negli anni creano aloni invasivi e flare, mentre queste MC si comportano ottimamente. Il 105 è super nella resistenza agli aloni ed alla perdita di contrasto mentre il 50 fa un filo meglio del 105 con i flare ma crea un po’ più aloni. Ad ogni modo rispetto ai modelli precedenti e ad altre ottiche macro sono i migliori che abbia provato. (crop) (confronto tra MC50, sopra e MC105, sotto, ridimensionati) Il controllo della vignettatura è molto buono anche se ancora visibile a tutta apertura e tende a sparire chiudendo di uno stop il diaframma. In questo caso il 105 fa anche meglio del 50. Entrambi i modelli si comportano comunque meglio dei modelli precedenti e molto meglio di altre ottiche macro in mio possesso. Lo Z MC 50mm è molto più compatto e leggero, ma dall’aspetto meno raffinato del 105. Ha un paraluce piccolissimo e la messa a fuoco ha un movimento esterno e non interno come il 105. Questa non è bellissima da vedere ma ha consentito di ridurne le dimensioni. Qualcuno si è lamentato pure che tirando la lente frontale questa fuoriesce. A me non sarebbe mai venuto in mente di farlo. La messa a fuoco è ottima e precisa anche se non fulminea per entrambe. Questo è comunque tipico delle ottiche macro dato che l’escursione tra la posizione di infinito e la distanza minima di messa a fuoco è molto più elevata delle ottiche non macro. Per questo Nikon ha inserito un selettore laterale, sotto a quelli della scelta tra fuoco automatico o manuale, per limitare l’escursione di MAF e velocizzare l’AF. L’escursione si può impostare tra completa (FULL) e 0.5m-0.29m sul 105 e tra completa e 0.3m-0.16m sul 50. Questo lo preferisco di gran lunga rispetto al selettore dei vecchi Nikkor 105 G in cui si poteva impostare o su completa o tra infinito-0.5m. Sul Nikon Z MC 105 è presente inoltre un display OLED che mostra varie informazioni premendo il pulsante DIPS presente accanto a questo. Lo trovo utilissimo e questo ci può mostrare: distanza di messa a fuoco, rapporto di riproduzione e profondità di campo. Purtroppo il display non è presente sul più economico 50mm. Quest’ultimo indica con la parte interna mobile solo tre valori di distanza e rapporto di riproduzione: 1:2 a 0.19m, 1:1.4 a 0.17m e 1:1 a 0.16m. Queste due nuove ottiche macro hanno la ghiera di messa a fuoco elettronica by wire, questo vuol dire che da spente pur muovendo la ghiera di MAF non accade nulla. Essendo io abituato a fare la messa a fuoco in modo manuale soprattutto nella macro, mi ha costretto ad un breve periodo di adattamento. In questo caso ho però trovato molto utile la funzione di demoltiplicazione della rotazione della ghiera che si attiva quando si utilizza la modalità silenziosa delle Z. Questo rende l’escursione della ghiera lunghissima, lenta, ma estremamente precisa. In questo modo riusciremo a posizionare il piano focale con estrema precisione anche con soggetti molto piccoli. In modalità normale è invece molto più rapida e riconosce la velocità di rotazione che noi imprimiamo alla ghiera di messa a fuoco per dare spostamenti della MAF più rapidi o più precisi. Le ottiche Z autofocus tornano sempre alla posizione di infinito quando si spengono e nella macro trovo molto utile attivare l’opzione “salva posizione di messa a fuoco” nel “menu impostazioni” delle più recenti Z. In questo modo anche se spengo la macchina non devo perdere tempo a reimpostare la MAF nel punto preciso in cui l’avevo spenta. La nitidezza è elevatissima sia con il 105mm che con il 50mm. A diaframmi più aperti, tra f/2.8 ed f/4 quest’ultimo però cede il passo al più preformate 105 quando si controlla il dettaglio ai bordi del fotogramma. Qui l’eccellente schema ottico del 105 mostra davvero il suo punto di forza. Chiudendo il diaframma di un paio di stop la differenza diventa irrisoria. La scelta di una o dell’altra ottica è quindi dettata principalmente dal tipo di utilizzo. Essendo io stesso un grande amante della macro credo che dovrò acquistarle entrambe per sostituire i miei gloriosi Nikkor micro 105mm e 60mm. Nonostante le prestazioni superiori del nuovo 105 ritengo comunque che utilizzerò maggiormente il 50mm per il genere di fotografia che faccio: di questo infatti preferisco le dimensioni compatte e la leggerezza: questo consente di essere più stabili quando si realizzano dei focus stacking di soggetti molto piccoli. in più il 50mm, se utilizzato con i tubi di prolunga, fornisce un ingrandimento superiore rispetto al 105 Il 50mm è inoltre più adatto alla macro ambientata, soprattutto se abbinata all’utilizzo del focus stacking. Dati di scatto: NikonZ 6 II + Nikkor Z MC 50 mm f / 2.8. 2 serie di focus stacking: la prima è una serie di 5 immagini a f / 8; 15 s; ISO4000 per la zona delle lucciole in primo piano; la seconda è una serie di immagini a 40 f / 11; 30 s e ISO3200 per l'area dietro la lucciola. 1 serie finale di 5 scatti per il recupero degli highlights sul Castello Torrechiara. Con questa tecnica entrambe le ottiche sono fantastiche, con movimenti precisissimi, fluidi e veloci. Il 105 è più adatto alle situazioni in cui vogliamo staccare il soggetto dallo sfondo come nel ritratto, genere in cui il 105 MC è davvero fantastico. Il 105 inoltre ha una ghiera aggiuntiva ed un pulsante (L-fn) programmabili che in certe situazioni risultano molto utili. Io ad esempio ho programmato sul pulsante L-fn l’ingranimento al 100% del soggetto in modo da verificare mentre scatto il punto di messa a fuoco con estrema precisione. Una delle caratteristiche che mi fanno preferire il mirino elettronico delle ML rispetto all’ottico delle reflex. Nella macro la tecnica del focus stacking è diventata ormai fondamentale e utilizzando le Z con queste due ottiche MC è davvero divertente e appagante. Realizzare un focus stacking allo sweet spot (cioè il diaframma più nitido: tra f/4 e f/6.3) invece che uno singolo scatto a diaframma più chiuso consente, oltre che ad estendere la profondità di campo, di ottenere immagini decisamente più nitide. Quello che apprezzo maggiormente di queste nuove ottiche è l’ottimizzazione raggiunta assieme alla funzione automatica delle fotocamere Nikon Z (solo la Z50 non lo fa in automatico, la nuova Z fc sì). Tutto scorre in maniera fluida silenziosa, precisa e senza esitazioni o vibrazioni. Quello che non mi soddisfa del tutto di queste due ottiche è il rapporto massimo di ingrandimento che queste raggiungono che si ferma al solito 1:1 (1X). È vero che la maggior parte delle ottiche macro ha questo limite, ma ad esempio l’ultimo Canon RF 100mm f2.8L Macro IS arriva ad 1,4X o il Laowa 100mm macro arriva a 2X. Inoltre nessuna delle due può montare i nuovi teleconverter 1.4X e 2X. Peccato. Fortunatamente per aumentare il rapporto di riproduzione esistono comunque accessori nativi per Z di terze parti come i tubi di prolunga Meike MK-Z-AF1 o il soffietto Novoflex BAL-F con i quali i nuovi Nikkor Z MC vanno alla grande. Alberto Ghizzi Panizza 2021 (C) all rights reserved i miei migliori auguri a Nikonland.it per il suo Quindicennale !
    12 punti
  2. Brevissima visita a Eze di circa un mesetto fa: splendido, celebre e piccolissimo borgo a picco sul mare nei pressi del principato di Monaco. Giusto il tempo per uno spriz e poco più... Qui, il suo giardino, che si trova proprio sulla cima del borgo.
    6 punti
  3. un amico di Nikonland che ha avuto piacere di celebrare il nostro anniversario in questo bel modo: il doppio focus stacking delle lucciole e del castello è una delle più belle foto del genere che io abbia mai visto
    3 punti
  4. Grazie a tutti... Scusate non ho risposto subito ma è uscita la RedList di BirdLife e c'è subbuglio sulla Rete in Italia per alcune cose Scritte sul Lanario, ma questa è un'altra storia. Questo effetto sul Picture Control Matita lo notai che mi piaceva lo notai già l'ano scorso e soprattuto sulle foglie di castagni sui faggi mi è piaciuto meno (magari è bellino ugualmente ma per ora mi è sembrato così) Qui sono Castagni bellissimi vecchi quindi grossi e non avevano foglie basse quindi le foglie si perdono, sono un pò lontane. Che il cielo è troppo Bianco e si perdono quindi alcune foglie è verissimo, ma dovete tenere conto della mia PP decisamente pessima ed a cui non avevo dato peso. Sono andato a prendere il NEF l'ho ridimensionato il PS sempre a 3000 senza toccare niente.... come scattato. Che ne dite?
    3 punti
  5. Percorrendo un facile sentiero, che parte dal piccolo lago artificiale ubicato nei pressi di Gressoney, si arriva, dopo una camminata di una ventina di minuti circa a una costruzione appartenuta a casa Savoia. Si tratta di un edificio realizzato tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900 fortemente voluto dalla regina Margherita. Amante della montagna, la regina soggiornò per alcuni periodi, a partire dal 1889, in questa valle presso Villa Margherita, di proprietà del barone Peccoz. Con lui la regina aveva in comune la passione per l’alpinismo e negli anni di soggiorno presso la villa del barone realizzò alcune imprese rimaste nella storia, come l’essere stata la prima donna a scalare il Monte Rosa. Il rifugio Capanna Regina Margherita (inaugurato nel 1893) porta questo nome in suo onore. È qui che, osservando il panorama alle prime luci del sole, disse: «Dinnanzi a questa grandezza di monti e a questa solenne distesa di ghiacciai, tace il dubbio misero e la fede s’innalza forte e vivace a Dio» Nel 1894, però, il barone morì stroncato da un infarto mentre si trovava sul ghiacciaio del Grenz, fatalità che pose fine alle scalate della sovrana. Questo però non la allontanò dal piccolo paese di Gressoney ma, al contrario, decise di costruire qui una sua residenza. Nonostante il parere inizialmente contrario del marito, la regina riuscì ad ottenere la possibilità di far edificare una residenza per la villeggiatura in questa parte della Valle d’Aosta, ai piedi del Colle della Ranzola, in località belvedere da cui domina tutta la vallata. I lavori di costruzione iniziarono nel 1899 ed ebbero termine nel 1904. Il re, però, non riuscì a soggiornare al suo interno poiché, nel 1900, venne assassinato per mano di Gaetano Bresci, un anarchico italiano. L’edificio, pur venendo chiamato castello, non è altro che una villa di tre piani progettata dall’architetto Emilio Stramucci, che già aveva prestato la sua opera nella realizzazione delle decorazioni di Palazzo Reale a Torino, il quale vi diede un’impronta di tipo medioevale secondo lo “stile lombardo del secolo XV”, in voga sia in Francia che nella Savoia. A dare un aspetto che possa ricordare i castelli medioevali, contribuisce il rivestimento esterno costituito da pietre da taglio grigie provenienti dalle cave di Chiappey a Gressoney, di Gaby e di Vert (Donnas). L’edificio, circondato da un bosco di conifere, è sostanzialmente a pianta rettangolare sovrastato da 5 torri a guglie e si compone di tre piani. Il pianterreno ospita le stanze da giorno: la sala da pranzo, la sala da gioco con il biliardo, alcuni salotti, la veranda semicircolare e il salone d’onore con la doppia scala anch’essa semicircolare. Il primo piano costituisce il piano nobile con gli appartamenti reali: quello della regina Margherita, del figlio, Vittorio Emanuele III, della nuora, la regina Elena e del nipote Umberto II. Parte dei mobili che si trovano nell’appartamento della regina provengono da villa Margherita. Al secondo piano (non visitabile) troviamo le stanze per gli ospiti e l’accesso alla terrazza coperta della torre più alta, mentre i sotterranei ospitano le cantine. Una particolarità è l’assenza delle cucine, che la regina volle ubicate in un edificio separato a 30 metri circa dal corpo principale della residenza; qui ora si trovano la biglietteria e i servizi igienici per i visitatori. Il collegamento con le cucine era garantito da una galleria sotterranea con un doppio binario Decauville. Le pietanze venivano trasportate con un carrello elettrico fino a un ascensore interno e tramite questo arrivavano alla sala da pranzo. La meridiana sulla facciata è stata realizzata nel 1922 e riporta la scritta “Sit patriae aurea quaevis” (“Ogni ora sia d’oro per la patria”), le stesse parole che compaiono su un orologio solare del 1915a Cogne. Nei dintorni del castello troviamo altre 2 strutture abitative. Una è la Villa Belvedere, adibita a foresteria e alloggio per i custodi, la servitù e i carabinieri reali di scorta, la cui proprietà oggi appartiene ai Padri Gesuiti dell'Istituto Leone XIII di Milano. Poco distante troviamo poi il Romitaggio Carducci intitolato all’amico poeta della regina che qui vi soggiornò. Il poeta, per manifestare la propria ammirazione per la sovrana di casa Savoia, le dedicò queste parole: “Ella sorgeva con una rara purezza di linee e di pòse nell’atteggiamento e con una eleganza semplice e veramente superiore sí dell’adornamento gemmato sí del vestito (color tortora, parmi) largamente cadente. In tutti gli atti […] mostrava una bontà dignitosa; ma non rideva né sorrideva mai […] e tra ciglio e ciglio un corusco fulgore di aquiletta balenava su quella pietà di colomba”. A seguito della morte della sovrana, avvenuta nel 1926 mentre si trovava a Bordighera per il suo soggiorno invernale presso villa Margherita, il castello rimase chiuso per diversi anni. Nel 1936 la proprietà venne acquisita da un industriale milanese, Ettore Moretti, che ne mantenne pressoché intatta la struttura e gli arredi. Nel 1981 la Regione Autonoma Valle d’Aosta ha acquistato la proprietà. Nel 1990 ai piedi del ‘maniero’ è stato realizzato un giardino botanico formato da una serie di aiuole rocciose. Qui possiamo ammirare piante tipiche delle alpi come il Giglio martagone, il Rododendro ferrugineo e la Stella alpina oltre che Genziane e vari semprevivi. Il giardino è visitabile tutto l’anno, ma il periodo migliore sono i mesi di luglio e agosto nei quali si ha la fioritura delle piante in esso presenti. Qui trovate Gli altri articoli del mio blog. Concludo con due brevi filmati montati da me. Al prossimo articolo! ciao! 2
    2 punti
  6. No, non avete capito, non si tratta di quegli sgradevoli problemi gassosi legati alla cattiva digestione o agli spasmi intestinali, no. La GAS, acronimo dall'inglese Gear Acquisition Syndrome - traducibile più o meno come SAC, Sindrome dell'Acquisto Compulsivo ( di Attrezzatura) - è una malattia indipendente dalla corretta o meno alimentazione e che colpisce molti fotografi o sedicenti tali. Questo articolo, non troppo serio, è una riflessione su questo istinto e la confessione di un ex GASista A volte, troppe volte, a tanti prende la smania. Pensiamo, no, "sentiamo", un impulso salire dallo scantinato del nostro cervello : noi vogliamo, ci dobbiamo procurare assolutamente quel tale obiettivo, fotocamera, quel tale accessorio, altrimenti la nostra produzione fotografica subirà un drastico calo di qualità (o, ammettiamolo, un calo di motivazione?). Per carità, non c'è niente di male a comprarsi dell'attrezzatura nuova, anzi restare aggiornati e procurarsi gli strumenti migliori che possiamo permetterci per soddisfare la nostra passione è assolutamente un bene. Non è GAS. La GAS è diversa. Come riconoscerne i sintomi? Il sintomo principale è che si compra un obiettivo/corpo macchina/altro aggeggio, con la convinzione (autoindotta, prima la voglia poi la giustificazione) che è assolutamente indispensabile per fare al meglio quello che vogliamo fare, la verità è che ci si fanno un po' di foto così così (ad essere generosi), con l'alibi che "tanto sono di prova" e poi? Poi il prezioso strumento di cui non si poteva fare a meno, senza il quale l'arte non poteva esprimersi, va a finire da qualche parte, la produzione artistica rallenta (se mai è partita) e tutto tace, no, al contrario, parla e scrive tantissimo sui forum di quanto sia buono questo o quello, e se va bene si mostrano per lo più gatti, cani, neonati, canarini, antenne paraboliche, per valutare aberrazioni di ogni genere, fino a che l'astinenza si fa sentire ed eccoci a nutrire il nostro spacciatore fotografico preferito, a procurarci l'ultimo grido con cui si fotograferanno gli stessi cani, gatti ed antenne paraboliche (i neonati anche, non hanno fatto in tempo a crescere, mentre i canarini li ha mangiati il gatto) per prova, poi chi lo sa. Ma perchè ha preso un 70-300 Tamron? Ehmm Dottore, perchè permetteva un rapporto di riproduzione maggiore del Nikon, ed era molto economico. Ma guardi questo crop 100% non mi dica che non sapeva che la qualità non era paragonabile? Beh dottore, lo sapeva anche il gatto (sigh). Ma quante foto ci ha fatto con questo obiettivo prima di darlo via? Scusi dottore, mi stanno chiamando al cellulare... Se per caso si va a fotografare davvero, può anche essere che ci si porti l'attrezzatura vecchia, perchè l'altra la stiamo ancora studiando. Esiste una cura? Ci sono casi incurabili, quelli che hanno bisogno dell'emozione dell'acquisto più ancora che dell'oggetto stesso, al pari dei giocatori, lì ahimè non c'è niente da fare. Per gli altri, ci vuole un po' di buona volontà ma sì, è una malattia curabile. Ecco la ricetta: Il primo ingrediente della medicina è un esame su se stessi: Qual'è il genere fotografico che preferisco? Oltre a preferirlo nella mente, fotografo davvero, sto continuando a fotografare? Se la risposta è no... allora forse è il caso di mettersi a riflettere se non sia meglio prima chiarisi le idee su cosa si vuole fare e dopo valutare gli acquisti in modo che non siano a casaccio e soprattutto senza fine. Se ci viene voglia di qualcosa solo perchè è nuovo, magari accattivante, ma non ci serve realmente, beh, è un problema di GAS. Lei si è comprato un corredo Fuji, perché? Mah dottore, in quel momento mi sembrava la cosa giusta da fare e poi le Fuji X sono tanto carine... Ma le ha rivendute in fretta, per tornare a Nikon, come mai? Scusi dottore, ma devo andare, mi sono ricordato di un impegno urgente... Nel caso invece si abbiano le idee piuttosto chiare e sì, si stia ancora fotografando, allora si può passare al secondo ingrediente: Valutare se quel mirabolante attrezzo di cui ci ha preso il desiderio è coerente con quello che ci va di fotografare, se è davvero utile o invece eccessivo per qualche motivo, peso, ingombro chi lo sa. Tornando seri per un momento, un acquisto extra Nikon di cui non sono pentito è la SIGMA Sd4 H. Nella sua sia pur ristretta comfort zone, è una gran macchina (e la uso davvero). Altro passo fondamentale, è chiedersi se davvero l'oggetto del desiderio ci può portare a fare foto migliori o se invece il problema maggiore sono i nostri limiti, piuttosto che quelli dell'attrezzatura e perciò faremmo meglio ad investire su noi stessi in termini di tempo e studio, anzichè investire denaro in oggetti di per sè ottimi, ma che non riusciremmo a sfruttare per quel che potrebbero rendere se fossero in mani più capaci. Ho arricchito il mio corredo del nuovo corpo macchina e dei nuovissimi obiettivi, ma le mie foto non sono per niente migliori di quelle che facevo prima... mmm... cosa vorrà dire? Ma certo! Che devo comprare altra attrezzatura! Piuttosto, sarebbe meglio investire in studio ed esperienza... (Da Phoblographer) Se questa strada sembra troppo difficile, volendo, c'è la soluzione alternativa, completamente opposta: riconoscere la cronicità della malattia, reagire con un'alzatina di spalle, e senza farsi troppi problemi comprarsi quello che ci pare sapendo che saranno i soliti gatti, cani neonati, nonni e parabole TV "preliminari" e che ad essere sinceri il nostro divertimento sta lì più che nel fare fotografie (e un po' sta anche nelle discussioni infinite online sulle attrezzature, il purple fringing, il focus breathing il cuscinetto, il barilotto...)! Attenti però, non dobbiamo essere puritani/integralisti/manichei tutto bianco o nero. Togliersi uno sfizio un volta tanto, per vezzo o curiosità, voglia di provare, non è un male, lo si fa tutti e non per questo si soffre di GAS, specie se soprattutto si fotografa. E' quando la bilancia pende pesantemente dalla parte dell'acquisto che verso l'uso effettivo degli oggetti acquistati che bisogna cominciare a preoccuparsi.
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  7. Il nuovo obiettivo Nikkor Z MC 50mm F/2.8 è delle due nuove lenti Nikon Z indirizzate al mondo macro, quella utilizzabile ed apprezzabile anche sott’acqua in particolare con sensori in formato DX (APS-C). Si potrà così evitare di montare l’apposito adattatore a baionetta FTZ per sfruttare una delle classiche ottiche Micro Nikkor (60 o 105 mm micro Nikkor). Indubbiamente un grande vantaggio sott’acqua: attrezzatura più leggera e compatta sia a livello di fotocamera che a livello di dome port e adattatori. Il nuovo Nikkor Z MC 50mm F/2.8 segna, quindi, una svolta a livello di macrofotografia per quanto riguarda il mondo Nikon ed i particolare la serie Z. Un’ottica che ben si presta al ritratto e alla macrofotografia con rapporto di riproduzione 1:1 e che ho voluto subito provare con Nikon Z50 per sfruttarne a pieno le caratteristiche. Mancando ancora un riferimento nella port chart di Nauticam, ho utilizzato per l’occasione il “Flat port 74 M77” in accoppiata con il “Flip diopter holder M77”, grazie al quale è possibile utilizzare anche eventuali lenti macro aggiuntive. In realtà Nauticam non ha perso tempo ed in poco tempo a già aggiornato i dati, consigliando l’utilizzo del Nikkor Z MC 50mm F/2.8 con il N100 Flat port 29 in accoppiata con “l’Extension ring da 30 mm” o più semplicemente con il “Flat port 66”. Nauticam NA-Z50 pronta all’immersione. Nikon Z50 con l’obiettivo macro Nikkor Z MC 50mm F2.8, 2 flash Inon Z-330 e lente addizionale super macro con adattatore flip. Il formato DX del sensore della piccola Nikon Z50 ben si presta a lavorare con quest’ottica. La focale da 50 mm, in accoppiata con il sensore APS-C della piccola ma prestante Mirrorless “entry level” di casa Nikon, permette di realizzare fotografie macro di grande qualità. Nikon Z50: una Mirrorless piccola e compatta, facile da utilizzare ma dalle potenzialità a volte sbalorditive. Queste le prime impressioni una volta in acqua con la Z50 e la custodia Nauticam NA-Z50, custodia espressamente progettata per portare in immersione la più piccola della serie Z. Impressioni che diventano un’entusiasmante conferma e realtà dopo solo poche immersioni. Un esemplare di Flabellina rosa fotografata con Nikkor Z MC 50mm F2.8 Un’ottica luminosa in grado di regalare immagini molto nitide con una definizione spettacolare, dotata di una minima distanza di messa a fuoco di soli 16 centimetri e con un rapporto di riproduzione di 1:1. Flabellina rosa fotografata, in questo caso, con Nikkor Z MC 50mm F2.8 e lente addizionale macro da + 5 diottrie In macrofotografia, utilizzando la sua apertura minima di diaframma (F/22), è possibile ottenere una buona profondità di campo così da avere a fuoco nella loro interezza i piccoli animali che andremo a fotografare. Facile, inoltre, poter giocare con lo sfocato e mettere in risalto solo alcuni particolari del soggetto, basterà naturalmente utilizzare il diaframma più adatto. Apertura minima di diaframma per dare risalto alla sgargiante livrea di questo esemplare di Cratena peregrina. Lo sfondo scuro, quasi buio, mette in risalto il bianco ed i colori di questo esile nudibranco. In immersione diventa semplice sia isolare i soggetti nelle varie inquadrature, sfruttando magari uno sfondo scuro, sia metterne in evidenza solo una parte creando degli sfocati di sicuro effetto grazie ad un bokeh sempre gradevole. Le nove lamelle di forma circolare del diaframma dell’ottica creano in effetti degli splendidi sfocati, morbidi e vellutati. Un altro esemplare di Cratena peregrina. In questo caso utilizzo diaframma F18, tempo di posa di un 1/125 di sec. e sensibilità ISO 200 per ottenere un gradevole sfocato dello sfondo, ma rendere visibili anche i polipi idroidi di cui si sta cibando il piccolo nudibranco. Ho potuto provare il nuovo Nikkor Z MC 50, che è dotato tra l’altro di messa a fuoco fulminea e molto precisa, in varie circostanze e in situazioni con bassa illuminazione ambiente. Ottima la capacità di focheggiare anche senza “focus light” magari sfruttando la sola illuminazione delle luci pilota dei flash (Inon Z-330). Un indubbio vantaggio quando non si può contare su una luce di puntamento di qualità. Un’ottima lente da utilizzare anche per il ritratto. Sott’acqua questo veloce obiettivo si dimostra molto valido e capace nel realizzare ritratti di pesci di piccola e media taglia. Tra una distanza compresa tra i cinquanta centimetri e il metro e mezzo è possibile realizzare tutta una serie di ritratti di animali di medie dimensioni ed ottenere immagini di qualità con effetti di sfocato più o meno evidenti. Buone, inoltre, le esposizioni e molto reali i colori delle immagini ottenute. Il nuovo Nikkor Z MC 50mm F2.8 si destreggia bene anche come ottica per realizzare ritratti. Tanti dettagli e ottima definizione di immagine in questo ritratto di una Murena comune Tornando alla macrofotografia, per spingersi oltre il rapporto di in gradimento di 1:1 occorre sfruttare particolari lenti aggiuntive macro e super macro. In questo ambito ottenere immagini nitide diventa leggermente più complesso, visto che con le “wet lens”, ad esempio da + 5 o +10 diottrie, si avrà uno spazio di messa a fuoco più limitato. Sta di fatto che con lenti quali la CMC-2 e la CMC-1 è possibile spingersi su rapporti dell’ordine del 1:2, 1:3. Durante le prove ho utilizzato diverse lenti aggiuntive macro di differenti marche, come ad esempio le ottiche della Subsee. Anche in questo caso i risultati sono stati ottimi. Più semplice lavorare con sole 5 diottrie aggiuntive, la messa a fuoco è ancora facile e l’ingrandimento è già decisamente apprezzabile, anche se non così evidente come su una fotocamera Full Frame. Le 10 diottrie aggiuntive ci spingono, invece, nel mondo della super macro. Qui la messa a fuoco si complica un pochino ma i risultati, con un po’ di esperienza e diversi tentativi, possono essere veramente interessanti. I 50 mm di focale del Nikkor Z MC in accoppiata con il sensore DX della Nikon Z50 permettono immagini con rapporto di ingrandimento 1:1 e dettagli impressionanti. Grazie all’apposito supporto porta lenti è possibile utilizzare una o due ottiche aggiuntive, potendole così sostituire velocemente in immersione. Allo stesso modo è disponibile anche il nuovo sistema a sgancio rapido proposto da Nauticam e composto da appositi supporti per le lenti applicabili direttamente ai braccetti dei flash. Un sistema innovativo che permette di portare in immersione con sicurezza le eventuali lenti aggiuntive e di poterle agganciare al macro port principale tramite un veloce e comodo sistema a baionetta. Giocare con la profondità di campo è molto facile. In questo caso l’attenzione va sui polipi posizionati in primo piano di questa madrepora cuscino. In conclusione il nuovo Nikkor Z MC 50mm F/2.8 è a tutti gli effetti un’ottima lente macro, in grado di dare il massimo con una fotocamera Mirrorless in formato DX, come appunto la piccola ma potente Nikon Z50. Un’ottica in grado di proiettarci nella vera macro fotografia subacquea e , grazie ad una lente aggiuntiva, anche nella supermacro. L’obiettivo giusto per chi vuole dedicarsi alla macrofotografia subacquea di qualità e poter sfruttare i 50 mm di focale dell’ottica per realizzare pure splendidi ritratti. Un’ottima scelta per un’ottica che ritengo quasi indispensabile nel corredo dell’appassionato subacqueo che vuole fotografare il piccolo e l’estremamente piccolo. La rapidità di scatto dell’ottica permette di scegliere il momento migliore prima che il piccolo Verme tubolare ritragga il ciuffo branchiale e ci permetta di ammirare ogni dettaglio. Quando necessario le capacità ritrattistiche dell’ottica e la focale non troppo spinta permettono inquadrature più ampie. Nell’immagine è ritratto una esemplare di Cretina peregrina durante la deposizione delle uova. Spingere il rapporto di ingrandimento e superare le capacità dell’ottica principale grazie all’utilizzo di una lente addizionale super macro da + 10 diottrie. Nell’immagine i minuscoli polipi di un esile esemplare di Eunicella cavolinii. Un grande ringraziamento a Scubapoint di Palau (La Maddalena – Sardegna) e al suo team che mi ha permesso di realizzare nel migliore dei modi le immersioni di prova e le immagini utilizzate nell’articolo. Erik Henchoz Fotografo NPS , Nital courtesy
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  8. Alcune foto di Albanelle minori che cacciano in Val d'Orcia, mese di Agosto....tutte dalla macchina le prime due D500+Nikon 500mmm f5,6 PF la prossima D500+ Sigma 500mm f4+Sigma TC1,4
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  9. D300S su 500/4G+TC14@700mm 1/1250 f8 ISO 400 - 2/4/2011 Racconigi - Quante ore in quei capanni! Ho iniziato a fotografare con Nikon nel 2000, 21 anni fa. Nel 2000 non conoscevo la fotografia ed ancora meno le attrezzature fotografiche allora disponibili. Arrivai per caso a Nikon e quale fu il motivo? Un incidente! Infatti, in uno dei miei primi viaggi, in Norvegia per la precisione, la macchina fotografica che avevo recuperato e portato con me, per qualche bella foto-ricordo, mi cadde e si guastò. Retrospettivamente, fu un’enorme fortuna: questo inconveniente mi diede il motivo per tartassare Guido, un amico convinto Nikonista, ma proveniente da Canon e quindi capace di illustrami quelli che allora erano i punti di forza e debolezza di entrambi i marchi, con mie richieste di informazioni a 360°. Giornate intere di insistenti piogge mi diedero, per una volta, una mano e tornai a casa pieno di voglia di fotografare e con la consapevolezza che Fotografia non è, o almeno non è soltanto, l’istantanea al bel paesaggio fatta nelle vacanze agostane. Appena rientrato, la prima cosa che feci fu acquistare una F80 con il 28-105 ed un pacco di rullini…. Poi un 20… l’80-200, il 300, una F100…. Nel tempo la lista è diventata enormemente lunga. Solo dal 2006, anno in cui ho iniziato a fotografare in digitale e, curiosa coincidenza, anno della fondazione di Nikonland, ho acquistato ed utilizzato estensivamente 11 corpi macchina e 44 obiettivi, con focali da 12 a 600. E molti altri ne ho provati. Questo non solo per turn-over di lenti e macchine nel mio zaino, ma anche perché a me essenzialmente piace fotografare e lo faccio praticando, anche se ad intensità e con dedizione diverse, più generi fotografici - dal paesaggio al wildlife, dalla fotografia di viaggio a quella in studio. Ma, lo sapete, due sono i miei grandi amori: gli animali ed i paesaggi naturali! La tecnologia impiegata nelle nostre Nikon mi appassiona solo nella misura in cui rende questi strumenti così efficaci nel supportarmi mentre realizzo le mie fotografie, quindi non ho nessuna intenzione di scrivere una recensione di lenti e corpi. Questo articolo vuole raccontare le sensazioni e le soggettività che mi hanno accompagnato e fanno parte di me, quando vado a fotografare con le mie Nikon e che provo a recuperare attraverso i ricordi per condividere con voi una piccola selezione di immagini. Non partirò dal citato 2006, ma da un passato più prossimo, per rendere l’articolo “contemporaneo”. D700 su 16-35/4@22mm 1/15s f18 ISO 200 - 10/9/2011 Laghi Avic - Un posto che amo tantissimo, li in autunno il mio cuore si sincronizza con l'universo. Inizio da quella che fu una vera milestone dell’era digitale: l’uscita di D3 e D300 e, poi, D700. Cioè il periodo in cui Nikon, “nell’era moderna”, ha confezionato un sistema digitale, oggi si dice un ecosistema, convincente a tutto tondo perché composto da strumenti allo stato dell’arte – file ben lavorabili anche ad alti ISO, risolvenza delle lenti ed autofocus rapido e preciso, VR - prendendo la guida del mercato in termini di qualità ed efficacia delle soluzioni realizzate. La D3 l’ho solo provata, ero erroneamente convinto di avere sistematico bisogno di chiudere le inquadrature grazie al fattore di crop del DX, ma con D300 e D300S ho realizzato centinaia di migliaia di fotografie e, superate le mie personali resistenze, anche di più con la D700. Di fatto, quei corpi macchina insieme a 16-35/4G, 70-200/4G, 300/2.8G e 500/4G, hanno cementato il mio essere Nikonista. D700 su 500/4G+TC14@700mm 1/640 f5.6 ISO 1600 - 5/6/2011 Islanda - Un viaggio unico, che porterò nel mio cuore per sempre, insieme ai ricordi più sacri. Poi c’è stato un altro momento catartico: i sensori ad alta risoluzione. Come molti ho saltato la D3X: troppo costosa e, per chi fotografava prevalentemente animali come me in quel periodo, anche troppo lenta. Ma poi sono arrivate loro: D800, D800E e D810: una meglio dell’altra. Anzi, una più dell’altra perché la D810 ha evoluto le altre in ogni aspetto significativo, diventando per me una fantastica macchina per Landscapes ed Animalscapes. D810 su 16-35/4@21mm 6" f16 ISO 64 - 22/8/2015 Spagna del nord - Beh, è mare ma anche montagna! D810 su 70-200/4G@82mm 1/250 f4 ISO 90 - 22/6/2015 Finlandia - Il primo viaggio della mia seconda vita. Non ero sicuro di nulla, nemmeno di farcela. Ed in mezzo, la mia prima DSRL 100% professionale: la D4, che mi ha accompagnato nei primi viaggi “seri”. D4 su 500/4G 1/500 f4 ISO 2800 - 24/6/2015 Finlandia - Mi batte ancora il cuore quando ripenso a quanto ho trattenuto il respiro pregando che stesse con noi.... ma un lupo è un lupo per l'ombra! Qui su Nikonland l’abbiamo definita “la familiare”, quasi in accezione negativa rispetto alla D3S e alla D5 che l’hanno preceduta e seguita che, per stare nella metafora automobilistica, definirei due spider pepate. Arriviamo così agli ultimi dispari in ambito DSLR. Nikon come altri ha adottato un ciclo produttivo “Tick-Tock”, che significa che una serie innova e la serie dopo consolida. Per cui dopo la D4 ecco Batman, la D5. Ma fu, ed è, amore totale ed incondizionato. La D5, per me, è stato l’apice, la vetta. Ad anni di distanza, niente veramente più di lei con quella tecnologia di base: La D6 l’ho provata e saltata: da una parte intenso l’amore per la D5 e dall’altra troppo forte il richiamo delle Z. D5 su 50/1.8 1/200 f2.5 ISO 400 - 3/2/2019 Milano - Non è facile stare davanti ad uno sguardo così, pensare a come fotografarlo e... fotografarlo. D5 su 500/4E 1/1600 f4 ISO 3200 - 8/2/2017 Finlandia - La natura ha leggi semplici. Una è che la vita si costruisce sopra alla morte. Ma, grazie al consiglio di un buon amico, ho usato con profitto anche la D500. La sorellina della D5, piccante anche lei, in grado di esserle perfettamente complementare nella fotografia di Wildlife. Una squadra efficacissima, che spero Nikon reiteri in quanto per me il massimo è avere due corpi complementari. D500 su 500/4E+TC14@700 1/800 f7.1 ISO 360 - 13/5/2018 Parco del Ticino - Chiamarla TC15 è riduttivo, ma come moltiplicatore è il migliore mai costruito. E siamo alle Z. Una svolta così importante e fondativa da far coniare a Mauro e Max il nome Zetaland! Io all’epoca ero perplesso: non trovavo quello che avrei voluto. Ma tutte le rivoluzioni conquistano alcuni al primo sguardo ed altri con il tempo: io per le Z sono indubbiamente stato nel secondo gruppo ed ho impiegato un po’ di tempo, nel quale Nikon ha migliorato il SW, per trovare nelle mie Z gli aspetti positivi capaci, come ora, di farmi lasciare spesso a casa le DSRL serie 5. La prima sono le ottiche, di una qualità tale da farmi perdere ogni freno e resistenza al cambiamento: ogni lente Z di serie S che esce supera con ampio margine la lente F che l’ha preceduta, sia per prestazioni che per comodità d’uso. Inutile elencarle: lo hanno fatto tutte. La seconda è un insieme di caratteristiche abilitate dall’enorme salto tecnologico: le informazioni a mirino, la totale assenza di vibrazioni che rende possibile scattare a tempi mai visti anche con i supertele, la silenziosità solo per citarne alcune. Z6 su 500/4E 1/200 f4 ISO 6400 - 27/10/2019 Parco del Ticino - Ma allora è vero che sono così ben mimetizzato che senza Clack non mi vede?!?! E poi l’enorme versatilità di un sensore disponibile a qualsiasi utilizzo. Z6II su 14-24/2.8S@14 20s f2.8 ISO 3200 - 10/7/2021 Nivolet - Passare la notte sotto le stelle, da soli, è come trascorre del tempo davanti ad uno specchio molto speciale. Ma poi c’è il game changer per definizione: la promessa di autofocus intelligente capace di riconoscere nel soggetto viso ed occhi. Promessa che oggi con le Z6II e Z7II, e con declinazioni diverse nelle altre Nikon Z, è mantenuta nella fotografia di persone, di paesaggio e di tipo generalista, ma che attende un corpo dispari capace di portare tutto questo allo stato dell’arte per qualsiasi sfida, anche quelle nelle condizioni selvagge ed impegnative che più mi piace vivere. Z6 su 70-200/2.8E@200 1/125 f2.8 ISO 6400 - 26/5/2019 Milano - Beh, questo è uno scherzo. Le avventure impegnative e selvagge che preferisco sono altre. Ma vi assicuro che davanti ad Arya, la prima volta che usavo una Mirrorless, senza la D5 per evitare tentazioni e con la Z6 che non pilotava il flash.... ho sudato un sacco!!! D3, D5 ed ora Z9. Non so se è voluto, ma questo doppio salto rappresenta perfettamente la distanza che mi aspetto Nikon metta tra la Z professionale e l’apice delle DSRL. Ma c’è una cosa che non ho ancora detto. E cioè perché, nonostante a notevoli successi siano succedute luci ed ombre nella transizione al mirrorless, io sia così chiaramente orientato verso un futuro tutto Nikon? Perché spero così tanto nella Z9? Non sono un fan. Ancora meno un social addicted oppure un influencer che deve stupire chi lo legge ad ogni nuovo post. Amo fotografare, mi voglio concentrare nel fare le mie immagini e non sui bottoni ed i comandi dei miei attrezzi. Le mie dita ed il mio cervello, in anni d’uso, hanno raggiunto una simbiosi con le mie Nikon. I miei occhi quando guardano nel loro mirino si trovano a casa. I miei obiettivi Nikon Z sono assolutamente perfetti, il meglio che io abbia mai usato o che abbia mai visto, in assoluto. Il loro unico difetto è che non ci sono ancora tutti! Le mie Nikon sono state le affidabilissime compagne del mio sfaccettato viaggio e se le mie attuali Nikon Z (Z6 e Z6II), seppur dotate di alcuni vantaggi rispetto alle DSRL serie 5, non sono state ancora capaci di superarle nella fotografia d’azione più esigente, conto che la Z9 risolverà brillantemente il problema. D5 su 80-400/4.5-5.6@320mm 1/1000 f8 ISO 500 - 12/5/2019 British Columbia - D5: Puoi volare, nuotare, camminare o correre. Io lo metto a fuoco dove vuoi tu. Inoltre, sono convinto che l’attrezzatura sia una fondamentale componente nel produrre le nostre immagini ma anche che queste siano ben più influenzate dal fotografo: è più importante chi c’è dietro il mirino che cosa c’è davanti. Non parlo solo di Arte e di capacità del fotografo di immaginare le proprie fotografie, ovviamente fondamentali, ma della componente artigiana, quella costruita nell’uso e negli anni con quelle specifiche attrezzature. E qui il cerchio si chiude perché Nikon è stata capace di conservare la coerenza comportamentale del proprio prodotto attraverso le diverse generazioni. E così, come mi sono trovato subito a casa con i comandi delle prime Z usate, mi aspetto di esserlo anche con la Z9, che ovviamente attendo più evoluta, intelligente e veloce della mia D5. Insomma, il mio non è un semplice colpo di fulmine ma una relazione ventennale costellata di colpi di fulmine, per un’amante che si rinnova ed ogni volta mi sorprende. Nikon, what else? Massimo per Nikonland (C) 16/10/2021 - il nostro quindicennale
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  10. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati dal dirompente ingresso sul mercato delle mirrorless ed il quindicennale di Nikonland cade in un momento di transizione del mercato, con Nikon impegnata nella realizzazione delle mirrorless Z che, a tutto campo, stanno conquistando i fotografi con le loro caratteristiche innovative e le straordinarie prestazioni delle nuove lenti. Nikonland è assolutamente convinta che le reflex siano ormai superate, sostanzialmente in ogni genere fotografico. Scopo di quest’articolo è quindi fare il punto nell’ambito della fotografia di natura, genere che somma landscape – in tutte le sue declinazioni come seascape, starscape, nightscape - e wildlife, quest’ultimo particolarmente sfidante per le mirrorless, attraverso l’esame delle caratteristiche innovative del nuovo sistema. Z6 su 20/1.8S 15" f2 ISO 1600 Assenza di vibrazioni e silenziosità. Manca lo specchio, una cosa ovvia, banale ed evidente. Ma quanto è significativa e grande la ricaduta nell’uso pratico di questa caratteristica è una cosa da provare perché significa due cose fondamentali. Grazie allo scatto elettronico non produce nessun rumore pur conservando sostanzialmente tutte le funzionalità. Questo punto è da solo già determinante perché consente al fotografo naturalista impegnato, quello cioè che cerca i propri soggetti nella natura ed al di fuori di qualsiasi situazione controllata, di non essere percepito attraverso il rumore. Certo, le fotografie con il soggetto che guarda in camera hanno un look molto intimo e personale, ma l’obiettivo del fotografo naturalista è più spesso ritrarre il soggetto intento alle sue attività e, per farlo, sviluppa e sfrutta capacità di avvicinamento, appostamento e mimetismo. Ma sul più bello, con la reflex succede che… CLACK! al primo scatto il soggetto individua il fotografo o al minimo che c’è qualcosa che non va ed interrompe le sue attività. Fa un mondo di differenza, invece, poter scattare quanto si vuole ed in raffica alla massima velocità senza essere sentiti. Z6 su 500/4E 1/160 f4 ISO 7200 Non produce nessuna vibrazione. Per decenni la pratica standard del fotografo impegnato è stata usare sistematicamente il treppiede, il più grande e stabile possibile e con sopra una testa bella grossa, oltre a, nel caso della fotografia di paesaggio, scatto remoto ed alzo dello specchio. Ancora oggi il treppiede è l’attrezzo che più di altri “fa pro”. Superato, non serve più. La vibrazione da annullare arrivava dallo specchio e nelle Z l’IBIS, la riduzione delle vibrazioni sul sensore, fa il resto. Con una mirrorless è possibile ottenere scatti perfettamente privi di micromosso a tempi impossibili per una reflex anche con il setup più stabile. È possibile ottenere immagini prive di micromosso a mano libera ad 1/20 di secondo con il 500mm. Personalmente, ormai, uso il treppiede solo se mi servono tempi realmente lunghi nella fotografia in notturna o per ottenere effetti fotografici particolari sull’acqua o le nuvole. O in caso di sessioni di scatto in appostamento prolungato per sostenere il peso dell’attrezzatura o contribuire al mimetismo, drappeggiando la rete mimetica sopra il tele ed il treppiede. Ma non lo uso più in tutti gli altri casi e, comunque, uso mediamente sostegni molto più agili e leggeri non dovendo più smorzare le vibrazioni. Z6 su 500/4E 1/40 f4 ISO 3600 - A mano libera! Le attuali Z impiegano ancora i sensori di vecchia generazione, con una ridotta velocità di lettura, quindi lo scatto elettronico può produrre l’effetto distorsivo dato dal rolling shutter, ma nella fotografia di paesaggio e nella fotografia di animali è un problema più teorico che pratico, considerate le velocità relative in gioco. Per questo e nonostante i limiti sull’autofocus che vedremo più avanti, personalmente già oggi nel wildlife di animali dotati anche della minima timidezza, la maggior parte in Italia, io preferisco la Z6II alla D5. Mirino Elettronico. Niente specchio significa mirino elettronico, in pratica un minuscolo monitor. Tre aspetti fondamentali. WYSIWYG - What You See Is What You Get – Cioè il mirino riproduce esattamente quello che il sensore sta catturando. Un fotografo esperto sa pre-visualizzare nella mente le proprie immagini. Ma a volte sbaglia, o meglio poteva sbagliare: ora non più. E questo riferisce ovviamente non solo alla composizione ma alle altre caratteristiche dell’immagine, come l’esposizione ed il modo esatto in cui la luce viene catturata dal sensore e “cade sull’immagine”, in base alla gamma dinamica effettivamente disponibile per gli ISO selezionati ed in rapporto al contrasto della scena. Z6 su 24-70/4S@39mm 1/80 f8 ISO 100 Possibilità di rivedere a mirino le fotografie fatte esattamente come nel monitor. Anzi, in taluni casi molto meglio: per chi li porta, non c’è più il problema con gli occhiali nel passaggio dal mirino al monitor. Non c’è più il problema della luce forte sullo schermo. Ma soprattutto, per chi è appostato e cerca di non farsi vedere, non occorre muoversi per rivedere le foto scattate nel monitor ma lo si può fare nel mirino. Informazioni aggiuntive, come una bella implementazione della livella elettronica e l’istogramma in real time, oltre ad infinite possibilità di personalizzazione. L’EVF delle attuali Z ha un’ottima qualità di visione, che non fa rimpiangere il mirino ottico, ma è superato dalle migliori realizzazioni del mercato sulle immagini in rapido movimento e nel blackout durante le raffiche, che ostacolano una accurata composizione di soggetti in rapido movimento. Il problema, però, più che dovuto alla tecnologia del mirino deriva dal sensore. La nuova generazione di sensori lo risolverà, ne parleremo più avanti. Lenti straordinarie. Non sembra un merito diretto delle Mirrorless, ma lo è perché non si tratta semplicemente di progetti ottici aggiornati. Ma di progetti che sono stati resi possibili dal bocchettone delle nostre Z, contemporaneamente il più grande del mercato e quello con la minor distanza del sensore. Z6II su 14-24/2.8S@18mm 0.5s f11 ISO 100 Sono fantastiche, niente di meno, praticamente tutte, ovviamente ciascuna in rapporto alla propria categoria. La terna di zoom f2.8 professionali è la migliore di sempre, non solo per Nikon ma anche per il mercato. Personalmente sono innamorato del 14-24/2.8S, il 24-70/4S ha ridefinito il concetto di zoom kit, il 105/2.8S MC ha una qualità di immagine che ha ripristinato la distanza tra i fissi e gli zoom. I fissi f1.8 sono uno meglio dell’altro. La lista sarebbe troppo lunga e rinuncio qui a proseguirla. Ma già da sole le nuove lenti secondo me sarebbero motivazione sufficiente a passare al mondo Z, indipendentemente dal fatto che si provenga dal mondo Nikon F o da altri produttori del mercato. Il difetto più grande? Personalmente credo solo che ne vorrei di più! Ma Nikon sta lavorando sodo ed a breve avremo un catalogo completo di tutte le lenti fondamentali. Da lì in avanti si passerà ai fuochi artificiali…. Autofocus. Iniziamo dalle caratteristiche positive già disponibili. La messa a fuoco è sempre perfetta in quanto fatta direttamente sul sensore, cosa che significa che non occorre più inseguire e correggere la taratura di lenti e moltiplicatori. Nel tempo, come molti utilizzatori di supertele luminosi, sono diventato piuttosto abile a tarare l’AF delle reflex, ma questo testimonia unicamente di quanto fosse importante e, quindi, quanto tempo abbiamo dovuto dedicare ad imparare ed eseguire un’operazione che ora è del tutto inutile. Ad esempio, la mancanza di perfetta taratura out-of-the-box dei TC su certe lenti è la causa principale della loro cattiva reputazione. Infatti, nonostante il tempo trascorso, ricordo perfettamente quanto sudai per tarare la D4 sul 500/4G con il TC14II, una combinazione notoriamente critica. Era attrezzatura professionale ed una lente fissa, chi ha provato a tarare zoom più “amatoriali” saprà di sicuro di cosa parlo. La copertura autofocus del campo inquadrato è completa, cosa che consente di abbandonare del tutto la necessità di focheggiare e ricomporre indipendentemente da quanto sia decentrato il punto su cui si vuole mettere a fuoco o quanto perifericamente si muova questo punto. Purtroppo, le nostre Z rispetto alle più recenti realizzazioni della migliore concorrenza hanno ancora due punti deboli nel caso di fotografia wildlife. • Il riconoscimento di viso ed occhio, che è stato assolutamente un game changer nella fotografia di persone ma non è ancora adeguatamente implementato per la fotografia di animali. • Il tracking dinamico e l’autofocus continuo non sono sufficienti a garantire il risultato nella fotografia d’azione, e sono piuttosto lontani dall’affidabilità delle migliori reflex. D500 su 500/4E 1/2000 f5.6 ISO 400 Per cui, al momento, per immagini come queste resta più sicuro usare una reflex serie 5. Comune a tutte le ML, non solo quelle di Nikon, c’è poi una certa tendenza a preferire lo sfondo rispetto al soggetto, in particolare se questo è più contrastato e luminoso, cosa comune ad esempio fotografando ungulati. È per questi limiti che l’autofocus non è ancora in cima alla lista dei motivi per cui, oggi, le ML sono preferibili alle DSRL nella fotografia wildlife. Ma è solo questione di tempo, lo vedremo più avanti. Schermo orientabile. Il punto di ripresa cambia drasticamente la prospettiva e la resa estetica ed artistica delle nostre immagini e lo schermo orientabile consente di posizionare la macchina in posizioni che sarebbero impensabili dovendo comporre guardando il mirino. Certo, per le macchine prive di questa caratteristica ci sono dei palliativi, come il mirino angolare. Ma io l’ho usato ed è solo un costoso ed arcaico periscopio. Lo schermo orientabile, invece, insieme alla possibilità di lavorare estensivamente a mano libera è di una notevole comodità sulle attuali Z e, per questo, sono assolutamente contento che la nuova Z9, prima professionale, lo abbia. La Z9, l’elefante nella stanza. Siamo alla Z9, l’elefante nella stanza. O almeno quello che Nikonland vorrebbe che fosse ed è convinta che sarà, per quanto catturerà l’attenzione di ogni fotografo che usi Nikon e dell’intero mercato. Il motivo è semplice, in Nikonland ci aspettiamo che superi tutti i punti deboli delle attuali Z. Niente di meno. Riteniamo che lo farà grazie ad una componentistica e costruzione da ammiraglia, spesso ci si dimentica che Z6 e Z7 non lo sono, ed agli anni di esperienza nel SW che le attuali Z hanno consentito. Ma soprattutto al nuovo sensore che, per effetto della sua tecnologia e velocità di lettura, porterà la Z9 prima e poi le future Z a superare, a tutto tondo ed anche nelle situazioni più dinamiche e sfidanti, le più veloci reflex mai prodotte. Massimo per Nikonland (C) 16/10/2021 - il nostro quindicennale
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  11. Ho preso il mio oggi pomeriggio, fatte due prove al volo non mi sembra affatto male. Domani provo lo sfocato sulle persone, in effetti mi sembra meno chirurgico del 50 f1.8 ma potrebbe avere quel "carattere" che oggi piace nel ritratto. Non ho notato differenze visibili di resa almeno fino a f8. Secondo me è un prodotto azzeccato che si sposa bene anche con i corredi misti DX/FX.
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  12. Concordo con Mr Balcone Gabriele, anche per me e' meglio cosi' ( e grazie per aver sopportato la mia osservazione )
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  13. significa che chi in macro operi per necessità di ripresa con treppiede e messa a fuoco manuale, con i vecchi obiettivi MF ed AF-AFD ritrovava al punto in cui l'aveva lasciata la ghiera di maf, con i moderni, velocissimi e silenziosissimi motori stepless, all'accensione la macchina di solito sposta la ghiera ad un punto di default: bisognerebbe per gli obiettivi specifici introdurre la memoria di posizione della ghiera. Inoltre ci ricorda (io lo dimentico sempre) che sulle Z e gli obiettivi nativi, la modalità silenziosa influisce sulla gradualità di regolazione passo-passo della ghiera di maf in manuale: la modalità normale invece "sente" la nostra pressione sulla ghiera e farà scorrere la messa a fuoco (il motore stepper) più o meno velocemente a seconda della nostra pressione.
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  15. tutti jpg basic, ooc, profilo Portrait, caricati direttamente senza passaggi intermedi.
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  16. Il Gracchio alpino è un uccello piuttosto comune e, nelle zone molto frequentate dagli escursionisti, di solito molto confidente perché tende ad approfittare di ogni briciola avanzata. Fotografarlo bene non è semplicissimo perché le piume sono sia molto scure sia molto lucide, viene quindi molto meglio se non in luce diretta. Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP @230mm f5.6 1/800 ISO400 Ovviamente per fare animali il 70-300 su formato FX è un po' corto.... ma date un'occhiata alla nitidezza di questa lente!!!
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