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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 10/10/2021 in tutte le aree

  1. Ho la Zfc dal 4 Agosto di quest'anno, abbastanza da farmene un'opinione. Così ho pensato di intervistare me stesso su questa "macchinetta". Eccola qui. Perchè l'hai comprata? L'acquisto è in parte razionale ed in parte sentimentale: Stavo già pensando se procurarmi una Z 50 che mi facesse soprattutto, ma non solo, da "moltiplicatore" per il 300mm (+ TC14) per la fotografia ravvicinata, recuperando così quel suo valore di quasi macro che era andato perso con la Z6,e anche in macro il formato Dx è di aiuto. Quando è stata annunciata la Z fc, il suo look astutamente retrò, ai miei occhi riuscito molto meglio di quello della Franken-Nikon Df, mi ha attratto come ha attratto tanti altri. Così la parte emotiva ha spinto dalla parte della Z fc. Abbastanza forte da farmela comprare. Per cosa la usi? Per tante cose: per la fotografia ravvicinata, macro, come ho detto sopra, con lei spesso posso evitare di montare troppi accrocchi, mi basta il guadagno di 1,5x dato dal fattore di crop del formato Dx, che mantiene 20 megapixel come nella D500. Se serve, aggiungo una buona lente addizionale. Quasi macro: Nikon Z Fc e 24-200mm Z , a 200mm con lente addizionale. Per lo street: piccola, discreta, leggerissima, con il suo 16-50 collassabile è un divertimento portarsela in giro, fa addirittura venire voglia di fotografare. Senza contare che posso andare in giro con una coppia di obiettivi (16-50 e 24-200) arrivando da 24 a 300mm. Il formato Dx sul 24-200 ne migliora la resa ai bordi (o meglio, li taglia proprio fuori). La trovi comoda come ergonomia? Diciamo che non la trovo scomoda. Non ha l'ergonomia di una fotocamera moderna, da questo punto di vista la Z50 è indubbiamente meglio, ma come ha detto qualcuno, la bellezza richiede qualche sacrificio! Scherzi a parte, nonostante abbia le mani grandi, non mi trovo poi male (più o meno come quando avevo la Nikon FG!). C'è da dire che io non faccio lunghe sessioni fotografiche con la fotocamera sempre in mano, quindi le mie considerazioni sono relative a come la uso io. In macro il maggior peso lo regge la sinistra che tiene l'obiettivo, nello street, nei momenti di "riposo" la tengo al collo con la cinghia e montato c'è il 16-50. Non senti il bisogno del grip? Penso che senza dubbio, un grip migliorerebbe sensibilmente l'ergonomia e per alcuni può addirittura essere essenziale, ma a mio personale parere ne risulta alterata l'estetica. Dato che questa fotocamera l'ho comprata al posto della Z 50 anche -se non soprattutto- per il suo look, cambiarlo non mi va. Naturalmente è una considerazione molto soggettiva. Dovessi tenerla sempre in mano, probabilmente prenderei il grip ... o forse avrei preso una Z50! Vorrei comunque prendermi una base per proteggere il fondello di plastica. Pensavo alla half-case in pelle (?) della Smallrig. Un po' leziosa forse, ma ci sta. La half case non ha l'attacco Arca Swiss incorporato, lo so, ma la cosa mi interessa relativamente. Al 300mm ho sostituito il collare originale con uno cinese ben fatto con l'attacco Arca nel piede e sul cavalletto ci metto quello. Gli altri montati sulla Z Fc si possono anche usare a mano libera, al limite, servisse proprio, posso sempre avvitare una piastra. Dal sito Smallrig Come comandi e in generale interfaccia utente? Uno dei motivi per cui continuo ad usare Nikon è che non devo nemmeno prendere in mano le istruzioni, anche con fotocamere nuove, se non in casi rarissimi, sarà anche perchè uso Nikon da trentacinque anni, ma per me interfacciarmi con una fotocamera Nikon è quasi istintivo. La qualità di immagine ti soddisfa? Assolutamente sì, per essere una fotocamera Dx è sorprendentemente buona. Non ho fatto confronti diretti, ma come impressione sono concorde con chi dice che in questo è persino superiore alla sua "antenata" (benchè molto diversa) D500. File puliti ed incisi anche ad alti iso, lavorabilissimi. Sotto un crop 100%: C'è qualcosa che non ti piace? Il display articolato di lato, apprezzo molto che si possa ribaltare, così da proteggere il display stesso, creando un dorso molto stylish, ma lo trovo scomodo da usare. Avrei preferito una soluzione a ponte levatoio, comoda per scattare ad "altezza pancia". L'hai presa con il 16-50mm, cosa ne pensi di questo kit-zoom? Come altre realizzazioni "economiche" per Z sono delle piacevoli sorprese per quanto riguarda il rapporto qualità prezzo. Il vero problema è l'apertura massima, un po' troppo chiusa. Il 16-50 nello street A volte, un paesaggio. Appena possibile aggiungerò un fisso più luminoso, il 40mm o il 50mm MC, più facilmente quest'ultimo, non è troppo grosso, la focale equivalente da 75mm mi è congeniale e l'opzione macro è sempre comoda, senza contare che la qualità generale è eccellente. E con gli altri obiettivi come si comporta? Del 24-200mm ho già detto, li trovo fatti uno per l'altra, il 24-200mm a 24mm Il 24-200mm a 200mm, con lente addizionale! l'altro obiettivo con cui la uso molto è il 300mm f4 Pf, occasionalmente moltiplicato con il TC 14 EIII, Va bene, anzi molto bene. Con il 300mm f4 Pf, senza moltiplicatore Per gioco ci ho montato anche il SIGMA 150-600mm Contemporary, su cavalletto ovviamente, non ho trovato particolari problemi, e la qualità delle immagini è molto buona, come nelle due foto sotto, ma nel complesso non è una combinazione proponibile seriamente troppo squilibrio. Per queste cose, meglio la Z6, che ho tenuto. Ho usato anche un SIGMA 12-24 (non Art) per delle foto di street quando avevo bisogno di un grandangolo spinto. Il problema è che non amo l'FTZ, anche se poverino non mi ha fatto nulla di male, non vedo l'ora che esca qualcosa di nativo ed abbordabile che mi permetta di abbandonare gli obiettivi F definitivamente. Un'ultima domanda, pensi di usarla con obiettivi "vintage" o comunque manual focus? No, di obiettivi Ai-AiS non ne ho più e di sicuro non ne comprerò più. Ho provato a montarci qualcosa per pura curiosità, ma a parte il focheggiare a mano, nella maggior parte dei casi con gli obiettivi da me provati le immagini non rendevano giustizia al sensore. Non escludo però che con altri obiettivi d'epoca la resa possa essere superiore. Un tentativo con il Micro-nikkor 55mm f3.5. Resa onesta, accettabile. A questo proposito, non penso che comprerò i vari TT Artisan e simili a messa a fuoco manuale, indipendentemente dalla loro qualità e bellezza estetica, perchè la messa a fuoco manuale non fa più per me. Non sono mai stato collezionista di niente quindi se non li posso usare non mi interessano. La Z fc è bella e fotografa più che bene, almeno per l'uso che ne faccio (chiaro, non è una Z9, ma nemmeno pretende di esserlo!), per questo è con me. Silvio Renesto
    9 punti
  2. Ahhh, i vecchi tempi... In mezzo la rivelazione di Nikon per la sua estate all'insegna della Zfc in un revival degli anni 70-80 di somiglianze, assonanze, amarcord (per chi c'era) Ma anche per chi non c'era, ai tempi delle fotocamere della serie FM cui la Zfc si richiama, la ghiera del nuovo 28/2,8SE insieme all'estetica tutta del gruppo di famiglia, comunica sicurezza, grip, voglia di utilizzare quella ghiera. Una delle mie critiche al sistema Zfc è sicuramente l'eccessivo utilizzo di plastiche poco nobili, ed anche questo 28mm non ne è immune: all plastic made! E' un peccato, perchè si è persa un'occasione, sacrificando qualche etto di peso, a realizzare una realistica copia delle ottiche e delle fotocamere cui questo sistema si rifà. La seconda critica, ancora più accesa, è alla scelta di Nikon di questa focale da sacrificare sul formato APS-C della Zfc !!! Perchè...???? L'angolo di campo del 28mm è quello più disastrato, a mio vedere, dal fattore di conversione 1,5x: molto più interessante sarebbe stata una copia SE del 40mm f/2 di imminente uscita sul mercato. Credo Nikon abbia perso una ottima occasione, a meno che non voglia succesivamente realizzare una versione SE del 40mm o di altri compatti di futura progettazione. Le qualità indiscutibili (in rapporto a costruzione e prezzo) del 28SE sono state già da qualche settimana evidenziate in questo mio articolo ... Ma dopo questo sproloquio, ci manca ancora di sapere come si comporti questo Z Nikkor 28/2,8 SE in full format: ecco che ho recuperato una bella Nikon Z7, la prima delle mirrorless Z uscita nel 2018, col suo mega sensore da 45,7 Mpx, che fino ad ora non ha avuto 28mm fissi da utilizzare, solo zoom al cui interno questa focale di ripresa leggermente grandangolare, tanto amata da architetti e geometri/ingegneri, per i rapporti molto lineari tra larghezza e profondità del suo angolo di campo da 75,3*. Insomma: eccovi il primo fisso 28mm Z sul catalogo mirrorless Nikon. Vecchi tempi, antichi templi: Agrigento, Valle dei Templi, Tempio della Concordia ...direi un buon soggetto per vedere come si comporti questo grandangolare al pieno delle sue potenzialità... f/4 sappiamo come una delle caratteristiche di questo 28SE sia la buona nitidezza alla minima distanza di maf (19cm), eccolo all'opera a due diaframmi intermedi di lavoro, per vedere come funzioni in profondità di campo, l'altra delle caratteristiche proprie di focali di questo genere... (maf sugli steli in primo piano) f/16 la ripresa di questo fossile chiarisce come possa diventare interessante alla brevi distanze questo 28mm SE. Mi avvicino: un angelo caduto come gli Aiaci Telamoni (che sono più avanti) mi offre la possibilità di continuare a valutare la pdc (flash di rischiaramento in pp) f/11 f/5,6 f/8 guardando la differenza tra primissimo piano e sfondo, a tutti e tre i diaframmi, per quanto molto diversi tra loro, non mi pare di notare molte differenze... la nitidezza dello sfondo è sempre molto simile... Anche mettendo a fuoco l'ulivo vicinissimo...con un diaframma medioaperto, come f/5,6...non otteniamo molto più stacco di prima dallo sfondo f/5,6 La Maestà di questo colosso dell'antichità (440 aC) chiamato Tempio della Concordia (degli agrigentini il sottinteso) dal I sec. dC si ammira tutta nelle viste frontali e di traverso f/11 sia anteriori sia posteriori, dove il 28SE si comporta molto bene in termini di distorsione prospettica (nonostante il pessimo punto di ripresa) e nitidezza anche ai bordi immagine, come si nota dai crop dell'immagine precedente, uno vicino al piano di maf l'altro assolutamente fuori dal piano di maf Un risultato davvero encomiabile per un plasticotto da duecento euro e poco più, in questo senso. L'uniformità di esposizione a diaframmi crescenti, evidenzia invece una manifesta vignettatura a f/2,8 che,curiosamente, ritorna in misura meno accentuata al diaframma di massima chiusura, f/16, come si vede anche nel trittico seguente la suggestione delle riprese di questo Tempio agrigentino (uno dei meglio conservati dell'antichità) viene ben evidenziata col 28SE sia per rapporto dimensionale delle colonne, rispetto la distanza di ripresa, sia nel concentrare l'attenzione sugli aspetti più scenografici come le luci che filtrano tra il tufo delle cave vicine cromia e saturazione non sono aggressive, come con altri obiettivi più "modernisti" della serie Z, specie gli zoom di prezzo basso In buona sostanza, ritengo molto curiosa la mancanza di incremento di pdc, diaframmando: sembra che Nikon abbia progettato lo schema ottico di questo obiettivo proprio come trattandosi di uno standard (al quale assomiglia per quel comportamento) ed invece di calcolare matematicamente il fattore DX a ritroso, relizzando quindi un 33mm, abbia voluto utilizzare una focale classica, come quella dei 28mm (la triade delle FM era il 28, il 50 ed il 135mm) per ricreare la suggestione che la Nikon Zfc vuole realizzare, riuscendoci pienamente. Tirando le somme, ecco il mio pensiero su aspetti di forza e di debolezza di questo semplice obiettivo, una volta utilizzato su un sensore full frame, esigente come quello Z7: cosa mi piace: resa cromatica ben gestibile leggerezza costruttiva correzione della distorsione nitidezza prezzo cosa non mi piace costruzione in plastica pdc impersonale leggera vignettatura Max Aquila photo (C) per Nikonland 2021 ...bei tempLi...
    5 punti
  3. 2 punti
  4. La Zfc ha bisogno di uno "storytelling" emozionale, la Z9 invece di caratteristiche "impressive"...non credo che per l'ammiraglia avremo un articolo sentimentale! Comunque questo articolo non mi dispiace, mi sembra un tentativo di rendere la comunicazione più al passo dei tempi, per il tipo di prodotto a cui si riferisce.
    2 punti
  5. sono lontani da noi, per età e cultura, Paolo: hanno giocato costruendo qualcosa che loro stessi non avevano mai visto. Come quando la maestra fa disegnare a tutti i bimbi della classe lo stesso disegnino per la festa della mamma, cui poi lo regaleranno a tempo debito. In realtà il pensiero d'amore è della maestra: che non è in quelle foto di gruppo degli scolaretti Zfc
    2 punti
  6. 2 punti
  7. Qualche scatto di una estate a rate. In sequenza: Appennino Parmense, Dolomiti Ampezzane, Alpi Apuane, Dolomiti di Brenta.
    1 punto
  8. la Calabria sa donare , con le sue ricchezze naturali, questi bei fiori nei suoi svariati colori.
    1 punto
  9. Tutto comincia da questa domanda: Il perchè è presto detto: per una persona di 55anni come me, passata acusticamente dall'ascolto della musica dai mangiadischi e mangiacassette dell'infanzia, al Lesa della mamma,per poi transitare all'HiFi degli anni 80 con giradischi e testine americane, come le mie Stanton, a proseguire con la rivoluzione digitale del gira CD Philips e proseguendo con la smaterializzazione del concetto elettrico fino ad arrivare alla musica liquida attuale contenuta in un lettore portatile che legge formati audio fino a poco tempo fa per me sconosciuti, leggere su un diffusore acustico nuovamente un marchio come questo mi ha prodotto uno sfasamento spazio/tempo nel quale l'iniziale diffidenza verso il nuovo modo di poter godere della musica (detesto le cuffie ed ogni auricolare per quanto leggero o performante sia) si è convogliata verso un'accettazione agevolata da un marchio, garanzia di ...sensazione fisica di pressione sonora, fin dal 1962 (come si legge sul frontale), quasi coetaneo quindi alla mia nascita ! E dopo aver letto del test di Florestan del modello di punta di questi diffusori, mi è punta subito vaghezza di poter provare anche il più piccolo, agevole per dimensioni e prezzo di questa nutrita serie di diffusori Marshall, alcuni anche wi-fi, altri come questo bluetooth o wired, distribuiti in Italia da Mtrading a cui ho quindi chiesto di poter provare il Marshall BT ACTON II mobile contenente un woofer e due mid-tweeter, amplificati, dotato sulla plancia comandi di tre semplici quanto eleganti potenziometri per volume, bassi ed acuti, affiancati a sx dalla presa jack da 3,5 di ingresso e dall'interruttore per shiftare dal funzionamento wired a bluetooth, a dx dal tasto play/pause e dalla leva di accensione, all'attivazione della quale un tono di conferma differenziato, permette di capire di aver acceso o spento. dimensioni davvero contenute da 26x16x15cm ed il peso inferiore ai 3 kg, nonostante l'eccellente qualità costruttiva del mobile e di ogni particolare, anche dei più nascosti e potenzialmente trascurabili, ne consentono una facilissima collocazione in ogni parte della zona di ascolto, che proprio per questo motivo, nel periodo in cui ho avuto modo di provarlo, è cambiata spesso, osservare la risposta del diffusore alla risonanza delle varie superfici su cui l'ho collocato anche delle più impensabili... ma che in funzione del target di clientela per questo apparecchio, possono dover esser prese in considerazione. Ho utilizzato l' ACTON II sia in bluetooth, attraverso le applicazioni del mio smartphone, piuttosto che quelle Marshall, un pò lente alla risposta, sia wired dove indipendentemente dalla qualità del cavo di connessione ciò che dà vantaggioè di certo la stabilità della trasmissione rispetto al Bluetooth, che a seconda della sorgente utilizzata, mi ha fatto riscontrare delle differenze notevoli di segnale, evidentemente indipendenti dal ricevitore del Marshall, quanto invece dalla qualità del trasmettitore, smartphone o tablet che fosse. La caratteristica che pare accomunare tutti questi Marshall sembra essere la forte presenza nella gamma bassa e dei mediobassi, specialmente se agevolata dal genere musicale ed io ho utilizzato prevalentemente e con grande soddisfazione musica della sua epoca, come rock, reggae, jazz e molto meno pop e sinfonica, generi con i quali, per le caratteristiche di emissione proprie di questa configurazione, questo diffusore non può trovarsi sufficientemente ...attrezzato. Del resto, chi acquisti per la cifra richiesta un Marshall Acton II, ritengo desideri conferire proprio quella "presenza" ai file audio, magari prevalentemente poco nobili come mp3 e 4, residenti nel proprio device, piuttosto che attrezzarsi con gli stessi brani musicali in formati come il FLAC, che necessitino di una risposta in frequenza più estesa ed omogenea di quella garantita da questo diffusore, per poter estrinsecare il proprio potenziale. E avrebbe fatto la scelta giusta perchè è proprio sulle opportunità mediocri di uno smartphone qualunque collegato a YouTube o altri fornitori di musica liquida che si manifesta l'immediatezza e la collaborazione del Marshall con le esigenze mordi e fuggi di uno o più utilizzatori che si avvicendino in collegamento alternato con il diffusore, ognuno con la sua musica immediatamente disponibile. Ovviamente questo taglio di risposta del bass-reflex si accentua con un posizionamento accosto a pareti di fondo o su superfici non particolarmente rigide, come l'impiantito di legno di un soppalco, piuttosto che su di un piedistallo per diffusori o una superfice rigida in marmo o ceramica. La direzionalità di ascolto non è eccessiva, per le caratteristiche di filtratura degli altoparlanti cui è demandata la parte medioalta ed alta dell'emissione: il potenziometro del volume sembra essere un attenuatore, per cui ho preferito tenerlo al massimo quasi sempre, per regolarne la gradualità dal device (specie in bluetooth, sfruttando la possibilità di farlo a distanza). Lo stupore di mio figlio di 16 anni non ha prezzo, quando me l'ha visto in casa: papà...è davvero un Marshall ? mi ha chiesto... Evidentemente il marchio è ancora qualcosa che conti, anche per queste nuove generazioni che sembrano essere incuranti della qualità, piuttosto che della quantità. Grazie ancora agli amici di che ci hanno concesso anche questa esperienza. Max Aquila photo (C) 2019
    1 punto
  10. Vengo da lontano e mi ha sempre fatto compagnia la musica, dovunque mi trovassi, qualunque essa fosse, non necessariamente la Mia musica. In una simile condizione immaginerete che io sia sempre andato in giro, per città, monti e per valli con le cuffie alle orecchie, per consentirmene l'ascolto, vero? E invece no: detesto la costrizione imposta da ogni cuffia, quella di trovarsi con una struttura addosso, in testa, in giro (vale anche per gli occhiali). Ma in cuffia ho ascoltato tanto, per necessità, per non disturbare, fino dalle origini della mia passione di ascolto della musica: a casa. Da un decennio vivo da solo, quindi il problema non si è più posto, ma grazie a questo sito e alle sue recensioni sia della Musica sia degli attrezzi che ne consentono l'ascolto, mi è tornato il desiderio di provare e grazie ai suggerimenti di Florestan, mi sono procurato due cuffie poco più che entry level per i rispettivi marchi, ognuna delle quali rappresentativa di un percorso per le due Case. La AKG K240 mk II e la Sennheiser HD599, che si differenziano peraltro nella fascia di prezzo, inferiore ai 70 euro la prima, attestata oltre il doppio, la seconda. Si tratta di due modelli semiaperti e cablati, di impostazione differente: da studio, operativa, la AKG, più strutturata e definita nei padiglioni la Sennheiser che sconta in partenza un peso superiore di poco (250g senza cavo contro i 230 dell' AKG) ma che per materiali e costruzione, dà l'impressione di essere ben più pesante. La dotazione di entrambe è simile, si tratta di modelli con cavo sostituibile e vengono vendute con doppio cavo a jack e minijack (6,3 e 3,5mm), diversificati per l'attacco alla cuffia, un mini XLR nella AKG, molto ben realizzato, con pulsante di sblocco e pin dorati mentre nella Sennheiser troviamo un mini jack TRRS da 2,5mm munito di specifica baionetta di bloccaggio (più difficile da trovare per eventuale sostituzione con cavi più performanti) ugualmente curato nella doratura, un pò meno per la precisione del bloccaggio/sbloccaggio. Per entrambe, come detto, un secondo cavo che nel caso della Sennheiser è anch'esso liscio, ma con jack da 3,5mm (però da soli 1,5m), mentre per l' AKG è spiralato ma sempre con mini jack, pensando la K240mkii probabilmente incline anche ad un utilizzo itinerante e dedicato a smartphone o DAC. Ovviamente presenti i rispettivi gli adattatori di formato. Nella AKG anche una coppia di cuscinetti di ricambio per gli auricolari, spugnosi in velour, insieme a quelli in similpelle premontati Cominciamo proprio dalla mia prima AKG: Semplice ed elegantenella sua struttura essenziale: l'archetto e velocissimo e auto regolante sulla testa, gli auricolari cardanici si orientano orizzontalmente e verticalmente consentendo il massimo dell'adattabilità ai miei sensibili, delicati ed intolleranti, padiglioni auricolari. La similpelle dei tamponi non dà sensazione di eccessivo calore, all'inizio dell'ascolto, ma di naturalezza di contatto. Le cuciture non interferiscono mai con la mia pelle, schiacciando gli auricolari contro le orecchie non si produce una significativa sensazione di maggior chiusura: ergo, la pressione del sistema sulle tempie è esattamente calibrata. Bella estetica col blu cobalto a contrasto col nero e gli ologrammi delle scritte sui tondini ai lati dell'archetto. Decisamente una cuffia da tirarsi sulla testa, senza tanto pensare a sistemarla e clamparla al device origine del suono: DAC, mixer, smartphone che sia. Metto su musica leggera (De Gregori, Rimmel) e la voce di Francesco si allinea tra chitarra e tastiera, aumento il volume subito, si... ecco che arriva la batteria e resta ben simmetrica al resto, ma rullante e tom, quando sollecitati si presentano a esigere il conto, diventando protagonisti. Aumento ancora il volume e mi aspetto alterazioni che non arrivano: resta tutto in linea. Bene. Cambio genere e voglio restare selettivamente sul pianoforte di Keith Jarrett nel Koln Concert II parte percepisco esattamente la sensazione precedente di neutralità e assenza di protagonismo della scena: ho eliminato la voce e rimango sullo strumento, la percussione delle dita di Jarrett è percepibile ma non in maniera ossessiva, come pretenderei: i grugniti durante l'esecuzione si sentono lontani. La musica è il messaggio, qui non si fanno prigionieri, non ci sono eroi.... Del resto la risposta in frequenza me lo suggerisce, come queste cuffie siano orientate a stazionare per ore su orecchie e tempie dell'ascoltatore e quindi vogliano fare senza strafare, indipendentemente dal prezzo di acquisto. Alzo il tiro e passo sul mio Topping DX7s, Blue Interlude del Wynton Marsalis Septet con l'inseguimento tra fiati dell'ultimo brano, "Something it goes like that" dove tra intermezzi e preludi cadenzati da contrabbasso e spazzole del batterista, i due sassofoni, dominati dalla tromba di Wynton e dal trombone irridente, si alternano nelle AKG K240 mkii con ritmo ma lasciandomi la sensazione che ...debba ancora alzare il volume: ideale, ...se fossi un DJ che nel frattempo deve fare altre quattro cose con le cinque mani residue... Non trovo grande spazialità, tantomeno separazione dei canali. Ma una prestazione ineccepibile per la classe di appartenenza di questa cuffia. Voglio riascoltare le percussioni e la voce: Bob Marley, "Three little birds" da Exodus rattatttattatttta... reggae, respiro, messaggio: don't worry about anything, le AKG parlano ma non vibrano.... sono fedeli e non offendono l'orecchio neppure nel graffiante basso iniziale del brano che dà il nome all'album più celebre del giamaicano. Continuo ad alzare il volume per trovare la voce, sempre arretrata in queste cuffie, senza trovare il limite di tolleranza etico, impostomi dall'apparato uditivo.... movement for jah people, insomma... Ora... passiamo alle HD 599 Non sono imparziale: le mie prime cuffie serie da ragazzo, quarant'anni fa furono le Sennheiser 414x... Queste HD599, esteticamente come dice mio figlio di 17 anni, sembrano antiche e non posso dargli torto, beige su marrone e con il vellutino dei padiglioni tanto invernale all'apparenza, quanto...dopo le prime due o tre mezzore di ascolto. Tanto quanto la AKG si tira su in testa senza starci a pensare, questa Sennheiser va modellata sull'orecchio quanto l'impugnatura della racchetta sul polso di Ivan Lendl al momento della preparazione del servizio (si, sono antico anch'io...) Del resto i padiglioni non sono cardanici come quelli della AKG ma consentono solamente una regolazione verticale sull'orecchio. archetto superiore...ben presente, ma altrettanto ben imbottito, fa da cassa armonica alle estroflessioni dei trasduttori nelle orecchie: poco stabile, fa pensare che questa cuffia possa essere unicamente utilizzata a casa, davanti all'impianto origine, ben seduti e organizzati all'ascolto. Del resto l'esperienza acustica che me ne deriva è radicalmente differente da quella appena fatta sull' AKG a parità di brani. Rimmel parte con la tastiera che pare amplificata quasi fosse un organo e la voce di De Gregori che appare subito dopo, prende immediatamente il sopravvento sulla scena acustica. Eppure la risposta in frequenza mi evidenzia una maggiore presenza rispetto all'austriaca ascoltata prima solo sulle frequenze più basse e si sovrappone quasi sulle medie: eppure... Sarà l'aria, sarà l'acqua, sarà...il caffè...ma ogni colpo di tom sembra provenga da subwoofer JBL sotto la mia scrivania, invece che dai trasduttori delle mie nuove Sennheiser ! Vado a Colonia da Keith e nella parte IIc del suo Concert , o della speranza, trovo i tasti neri e quelli bianchi fondersi sotto la fatica di una jam session straordinaria tanto nel 1975 quanto fino ad oggi dentro le mie cuffie del Mulino Bianco (gli stessi colori, no?) Saltano argentine dalla mano destra alla sinistra reiterante. Un'altra esperienza, senza dubbio. Lo ascolto fino alla conclusione, perchè poi per anni di nuovo dimenticherò di ricordarmene, quindi...ne approfitto adesso. Marsalis è tronfio, sa di essere il mio trombettista preferito degli ultimi trent'anni, anche se del black power ha mantenuto una parvenza più alla Denzel Washington che alla Ray Charles, ma le atmosfere da interludio blu del brano che dà titolo al suo album del 1992 mi fanno tornare proprio a quegli anni newyorchesi alla Spike Lee, alla quale ispirazione antrambi attingono a piene mani: ecco le HD599 mi fanno pensare al luogo e non agli strumenti che si avvicendano su piani tridimensionali della scena acustica, e se aumento (come faccio ugualmente) il volume, la cornetta a sinistra ed il charleston a destra mi trapanano i timpani, dicendomi....: SI... ANCORA !!! Natural Mystic di Marley arriva minaccioso fino alle bacchette della batteria che spaziano il reggae dello speech di Bob: la testa si muove a ritmo, assertiva come lui: senza bisogno di fumo. La vera droga è la Musica, il Ritmo, la Struttura. Torno su Exodus brano: everything it's allright... Stereofonia, alternanza, tridimensionalità: sarà che la Sennheiser costa il doppio della AKG? Boh... io non me la riesco più a levare dalla testa... Insomma...e qui il suo peggior difetto, oltre a quelli più evidenti dalle frequenze medie verso le alte, nelle quali qualcosa si impasta...ma stiamo appunto parlando di strumenti dal prezzo davvero basic. Il difetto delle HD599 è che fanno male alle mie orecchie, dopo un'oretta di ascolto me le sento costrette, proprio come odio sentirmele trattare: ma il tattaratatta di Jamming, vale questo ed altro. Guariranno ... Max Aquila photo (C) 2021
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  11. certamente: ma il surf a mare si fa anche dal gommone, se vuoi avvicinarti davvero: un 400 leggero di consente di entrare nell'azione. Non si è mai abbastanza vicini a mare
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  12. Fortunelli che coincidono con tanta gente da non star dietro alle richieste
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  13. Nessun cenno ad aspetti tecnici, ma solo a emozioni e sensazioni. Anzi, si dice che se una foto non è proprio a fuoco fa lo stesso, ognuno scatta come vuole. Non capisco se il target siano principianti un po' hipster, oppure fotografi esperti che ormai possiedono la tecnica a livello istintivo e possono godersi l'estetica senza pensieri. Magari entrambi.
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  14. Forte! Mi sembra un lavoro originale. Credo che mi piacciano più di tutte le forme quadrate, forse perché sono le meno "naturali".
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  15. Bene, grazie! Faccio tesoro dei suggerimenti dati!!
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  16. Grazie per i commenti, per il sovraesposto credo che sia la sommatoria di una serie di fattori.. Le foto della regata sono state scattate con misurazione ponderata centrale, con +2/3 di compensazione ev, ho la sensazione che il Sigma 150 600 C sottoesponga di uno stop. Sono solito tenere la luminosità del monitor piuttosto bassa, più per la "stampa"...anche se stamperò 10 foto l'anno, che per la visione delle foto stesse. Già altre volte avevate segnalato una sovraesposizione andante...non può essere un caso.. Le foto in oggetto sono state scattate tra le ore 12.00 e le 13.00 di una giornata sostanzialmente soleggiata. Queste invece sono di ieri mattina, con poco sole, nuvole e spruzzatina di pioggia. Misurazione spot, nessuna compensazione ev, aumentata la luminosità del monitor...
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  17. E per chi detesta gli zoom o non ne ha bisogno, un 12/2 DX e un 16/2.8 FX, non troppo costosi. Non tutti abbiamo bisogno di prestazioni allo stato ... degli ASTRI nei grandangolari.
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  18. Il 135mm manca colpevolmente dal catalogo Nikon da troppo tempo (il 135/2 DC è un progetto del 1988). Ce ne vorrebbero 2 : uno leggero, tipo 135/2.8, uno molto pesante ed ambizioso, tipo 135/1.4
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  19. Alberto è mio amico dai tempi dell'Università. Convertito al Nikonismo in giovane età è transitato alle Z poco dopo di me. Il suo ultimo acquisto è il Nikon 14-24mm f2.8 Z (a lui piacciono i paesaggi). Oggi siamo andati a fotografare insieme al nuovo Campus dell' Università Bocconi e me lo ha prestato per qualche scatto che vi propongo qui. Mi ha colpito quanto sia leggero per le dimensioni. Della resa hanno già parlato approfonditamente gli altri, ad esempio Massimo Vignoli, io posso solo confermare, il 14-24 è ottimo e anche di più. Ecco qualche foto (su Nikon Z6): A 14mm taglio 16:9 A 14mm A 24mm A 18mm. Un Alberto felice con il suo nuovo 14-24mm (+ polarizzatore), che ringrazio per avermici fatto "fare un giro".
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  20. Spiegazione del perchè ho fatto questa foto, (che può anche non piacere, ma io ho "sentito" di doverla fare). Dopo essere stato in via Lincoln senza combinare nulla di buono ( via Lincoln sarebbe la Burano di Milano per via delle case colorate, simpatico posto, ma fotograficamente assai ostico) , sono andato al castello Sforzesco per vedere come stava la colonia felina. Con mio sommo dispetto la zona della colonia non è ancora accessibile perchè ci sono ancora il palco e la platea per le manifestazioni "Estate al Castello", rimaneggiate da teatro a cinema all'aperto. Una bella fetta della piazza d'armi è quindi off limits, con sbarramenti e reti (spero la gattara abbia accesso garantito). I gatti sono confinati al fossato e poco intorno, visibili solo da lontano. Mi siedo su una panchina a decidere dove altro potrei andare per non sprecare la giornata, vedo un'ombra oltre la grata e le reti. Un gatto è ...sgattaiolato oltre la recinzione (pensata per gli umani, ma attraversabile dai piccoli animali) e mi guardava. Mi è sembrato simbolico di un disagio inflitto in nome dello spettacolo. Può benissimo essere che ai gatti la situazione arrechi poco disturbo, ma anche se così fosse è l'immagine che mi ha attratto per la sua potenzialità espressiva al di là della situazione reale. una creatura divisa dal suo mondo che non capisce perchè e ti guarda con rimprovero. Ma... tutto questo la vedo solo io o c'è qualcosa anche per gli altri? Nikon Z fc, 16-50mm a 50mm, f9, 1/125s 1000ISO, mano libera. Conversione in BN con Photoshop. Le altre foto della giornata sono quelle delle "mani in alto" e dei giapponesi (o cinesi) sul tram che ho già pubblicato. Magrissimo bottino
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  21. Grazie, mi piace la prima metà della tua analisi, più o meno era quello che volevo esprimere . La seconda parte.. lo sai io sono di parte. Sono un Gattolico . https://www.amazon.it/gattolico-praticante-Esercizi-devozione-felina/dp/8811605245 PS Scherzo, so bene che i gatti randagi possono fare danni, ma questi poveri gatti del Castello di colpe ne han proprio pochine. Ripropongo una foto ...
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  22. Mentre Nikon continua a lavorare, personalmente attendo pazientemente alcune novità, il mondo Z ha ormai raggiunto una buona maturità ed è in grado di dare grandi soddisfazioni a tutti i fotografi. Scopo di questo articolo è quindi presentare e condividere la mia personale selezione di lenti per fotografare il paesaggio, diurno e notturno, insieme ad alcuni "trucchi" appresi sul campo con un uso prolungato di questi strumenti che, a parte il relativamente recente 14-24/2.8S, non sono assolutamente delle novità. Ma credo che trasmettere le esperienze, anche di lungo periodo, e quello che da queste deriva sia una delle cose utili che Nikonland può fare per i Nikonlander e per tutti i lettori. Ancor di più se questo può contribuire non solo a definire i pro e contro di un singolo strumento ma a presentare un kit definito ed ottimizzato per un compito specifico, con i razionali delle scelte fatte per comporlo rispetto alle alternative disponibili. Presentiamo quindi i protagonisti! Parleremo di: Z6II, che qui vedete seduta sull'indispensabile impugnatura/basetta arca (meike in questo caso) 14-24/2.8 S, con tappo portafiltri 24-70/4 S 70-300/4.5 5.6 AF-P, con il suo FTZ Io fotografo prevalentemente in natura e, quindi, nell'assemblaggio del mio kit, ho cercato il compromesso tra più esigenze. Innanzi tutto, un'ottima qualità di immagine contrapposta ad una adeguata semplicità di trasporto e d'uso sul campo. Per questo ho scelto tre zoom, capaci di garantirmi il meglio in assoluto sulle focali grandangolari ma anche ottime prestazioni, in particolare chiudendo un poco il diaframma, nelle focali intorno alla normale e lato tele. Tele che, per come mi piace fotografare, è opportuno abbia una lunghezza massima di almeno 300mm. Ma andiamo con ordine. La Z6II non ha la massima risoluzione disponibile, appannaggio della Z7II, ma ha un ottimo equilibrio complessivo tra gamma dinamica, risoluzione e tenuta agli alti ISO. La qualità di immagine è sostanzialmente la stessa della Z6, ma con una apprezzabile differenza: ha una maggior capacità di recuperare le ombre senza mai far trasparire la matrice dei sensori AF. Intendiamoci, non è una cosa che ai file della Z6 succeda con frequenza ma, in condizioni di luce estreme (3-4 stop da recuperare), a me è capitato mentre con i file della Z6II mai. Sulla risoluzione di Z6II vs Z7II ho già detto nel passato, ripeto per comodità dei lettori: dalle prove pratiche risulta che è pressoché impossibile vedere la differenza di dettaglio tra una stampa prodotta da un file 24 mpix ed uno a 45 mpix per dimensioni inferiori ad A2. E questo se il file della Z7 viene prodotto nelle migliori condizioni (perfetta messa a fuoco, perfetta tecnica, perfetta lente, ISO base) in quanto ogni "errore" in ripresa contribuisce a ridurre questa differenza. Allargando il discorso, c'è un'altra caratteristica che ha uno straordinario impatto nella pratica fotografica: il sensore stabilizzato, che consente tempi di scatto a mano libera incredibilmente lunghi ed impossibili alle reflex. Quanto lunghi? beh, il mio record a mano libera è 1/15" di secondo con il 500/4! Ma sostanzialmente l'impatto nella foto di paesaggio è tale che, dopo una vita passata sotto zaini affardellati dal treppiede, ora porto questo ausilio solo se prevedo di fotografare prima dell'alba o dopo il tramonto o se voglio utilizzare tempi lunghi con intento creativo. E anche quando lo porto, lo uso solo quando serve in modo da essere più agile e veloce nelle inquadrature. Me lo avessero detto 5 anni fa non ci avrei creduto! Del 14-24/2.8 S abbiamo scritto moltissimo, io in particolare per questo genere fotografico qui e qui. Pure Max si è parecchio dato da fare, cercate su Nikonland e troverete tutte le informazioni utili a valutarlo. Più lo uso e più mi convinco che sia il miglior zoom grandangolare che si sia mai potuto montare su una Nikon. Zoom che è stato corredato anche di una comodissima funzionalità per utilizzare i filtri, che è la proverbiale cigliegina sulla torta fatta da prestazioni ottiche inarrivabili unite ad un peso piuttosto leggero ed a dimensioni contenute. Il 24-70/4 S lo abbiamo conosciuto al debutto del sistema, è la lente kit apparsa per prima insieme a Z6 e Z7. Non ha la brillantezza del fratello maggiore f2.8 e neppure dei fissi Z di pari focale, ma ai diaframmi più usati nella fotografia di paesaggio (tra f8 ed f16) è un eccellente performer. Se consideriamo quanto è piccolo e leggero lo definirei uno straordinario performer! Il 70-300/4.5 5.6 AF-P è.... l'intruso. Perché non è frutto della nuova progettazione e produzione Nikon e, quindi, ha ancora bisogno di essere intermediato dall'FTZ per connettersi al bocchettone delle Z. Ma, una volta fatto, funziona perfettamente e rende disponibili un bel autofocus e prestazioni ottiche che il prezzo esiguo non farebbero lontanamente immaginare. Nikonland, alla sua uscita e probabilmente in anteprima mondiale, è andata a provarlo ed ha scoperto e svelato questa vera e propria gemma! Ovviamente ringrazierò moltissimo Nikon quando farà un tele Z nativo con la sua leggerezza e, prevedibilmente, prestazioni ancora migliori. Ma ne frattempo uso lui senza remore. Come dicevo, questo è il kit che viene con me tutte le volte che vado "per paesaggi". Come lo trasporto? Beh, io sono "allergico" ai vari zainetti fotografici perché nessuno ha uno schienale veramente comodo, capace cioè sia di scaricare il peso sul bacino del fotografo e non sulle sue spalle sia di essere adeguatamente traspirante (compresi anche quelli "più ottimizzati" come gli fStop). E fotografando nella natura, spesso camminando molte ore, la differenza tra un buono zaino pensato per la schiena del fotografo ed una "soluzione da fotografi" è abnorme. E, di più, a me lo zaino serve per portare anche acqua, cibo, indumenti.... tutte cose che nel normale zaino fotografico non stanno. Ma come proteggo tutto nello zaino? E come rendo comodo l'uso sul campo? Usando una custodia appositamente progettata e prodotta da Tenba: la BYOB 10 DSLR (BYOB=Bring Your Own Bag!). I più attenti noteranno 2 cose. La prima è che questa custodia è più lunga che larga e la seconda è che la cerniera non segue il bordo ma va quasi a metà del lato corto. Entrambe queste caratteristiche sono state pensate per rendere più semplice l'uso dentro ad uno zaino invece che in una borsa a spalla (Tenba produce anche un modello orientato orizzontalmente per inserirlo in una messenger bag). Per maggiore flessibilità sul campo, ho sostituito i divisori di serie con normalissimi "tubi" in neoprene (Lenscoat in questo caso). Questo mi consente di riporre dentro Tenba+tubi tutte le combinazioni d'uso (cioè qualsiasi delle 3 lenti montata sulla Z6II e le altre 2 nei tubi) e di appoggiare il tutto su rocce o erba umida senza necessità di particolari precauzioni. Mi consente inoltre di portare anche la sola custodia, con la sua comoda maniglia, se ad esempio decido di lasciare a terra o in tenda lo zaino. Ok, ma quanto pesa tutta questa roba? Meno di 3.5KG! Considerando che il tutto è eccellentemente protetto nel trasporto e che mi rende disponibili tutte le focali da 14 a 300 con un'ottima qualità direi che non è niente male. Si potrebbe andare più leggeri? si, in più modi: 1) sostituendo il 14-24/2.8 S con il 14-30/4S. Ma non sarebbe la stessa cosa, non solo perché il 14-24 è a 360° una lente migliore del 14-30 - alla fine della fiera anche il 14-30 fa ottime foto ed è migliore del 16-35/4 che ho usato per migliaia di fotografie con le mie reflex - ma perché fotografando di notte lo stop di differenza è dirimente. E la differenza di peso è comunque di meno di 2 etti, cioè il 5% del peso del mio kit. Per me assolutamente non ne vale la pena. 2) sostituendo 24-70/4 S E 70-300/4.5 5.6 AF-P con il 24-200/4 6.3. Qui la partita è veramente dura perché le due lenti che ho scelto, insieme, pesano 1.5kg mentre il nuovo super zoom pesa meno di 600gr, e cioè risparmierei il 26% del peso nel mio kit. Ed un chilo in più o in meno in montagna si sente. Questa strada è stata seguita da molti, anche qui su Nikonland, e pure io l'ho provata. Ma, per me, questo risparmio impatta sulla qualità delle immagini in un modo che rende il compromesso non funzionale all'obiettivo. I motivi più importanti sono l'inferiore qualità ottica attraverso tutto il fotogramma/focali e la mancanza delle focali 200-300, aspetti che nella mia fotografia di paesaggio hanno più importanza di quel kg nello zaino. Di più, il vantaggio principale della soluzione super zoom - passare da 24 a 200 senza cambiare obiettivo - per me è del tutto marginale. Ovviamente per altri le cose possono stare diversamente: sopra ho scritto i miei motivi, ciascuno valuti per se! Ed ora un po' di foto, spero capaci di illustrare quanto detto. Il Dente del Gigante, illuminato da un pallido sole, fa capolino tra nuvoloni che coprono quasi tutto in un pomeriggio decisamente burrascoso. In casi come questi la capacità di chiudere le inquadrature con il teleobiettivo rende possibile trovare scorci interessanti anche in situazioni di luce decisamente sfavorevoli. Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP@92mm f8 1/320 ISO100 Il cielo migliora ed aumentano le zone illuminate dal sole, la sfida è aspettare ed avere il momento giusto con la luce che pennella dove si desidera. Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP@116mm f8 1/200 ISO100 Ma in certi casi sono utili focali ben più lunghe e lo stabilizzatore aiuta tantissimo a farlo anche a mano libera e con gli ultimi od i primi raggi di sole. Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP@300mm f6.3 1/80 ISO100 Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP@300mm f5.6 1/200 ISO100 Per avere una adeguata profondità di campo, ed estendere la nitidezza da un primo piano molto vicino ad uno sfondo distante Km, è necessario chiudere molto il diaframma. Ma noterete la nitidezza esemplare da angolo ad angolo, a dispetto della diffrazione che molti fotografi sembrano temere in modo eccessivo, merito di questa lente kit decisamente sopra la media. Z6II su 24-70/4S@24mm f16 1/20 ISO100 Una lente versatile come il 24-70 è spesso indispensabile per rifinire la composizione quando non è possibile "zoomare" con i piedi. Inoltre, quando il sole spostandosi cambia il modo in cui la luce colpisce le montagne, potersi muovere rapidamente fotografando a mano libera è impagabile. In casi come questo, con i riflessi da "riprendere a piombo", oltre allo stabilizzatore sul sensore è estremamente utile anche la bolla elettronica presente a mirino. Z6II su 24-70/4S@60mm f11 1/13 ISO100 Per avere il sole "a stella" con tutti quei raggi e le lame di luce sulle vette occorre essere li nell'istante esatto, chiudere a f16 ed avere una lente resistente ai riflessi quando il sole colpisce la lente frontale dell'obiettivo. L'ho già detto che il 24-70/4S è una gemma? Z6II su 24-70/4S@62mm f16 1/100 ISO100 La luna e la primissima luce del sole (sono le 5:58) illumina le vette più alte. A 1600ISO, solo un ottimo sensore ed una esposizione perfettamente centrata possono catturare sullo stesso fotogramma quelle luci senza sfondarle e quelle ombre senza chiuderle sul nero. Questi ISO sono necessari a ad avere un tempo di scatto relativamente rapido per evitare il movimento della luna, anche a 14mm! Ovviamente occorre anche un obiettivo capace di non chiudere le ombre e luminoso abbastanza da non obbligare ad ISO ancora più alti, cosa che avrebbe sia aumentato il rumore sia ridotto la gamma dinamica del sensore. Z6II su 14-24/2.8S@14mm f2.8 1" ISO1600 Quando ho fatto queste foto per illustrare l'articolo - non tutte - ero a Chamonix. L'obiettivo era fotografare la via lattea sopra il monte bianco e tutta la catena fino all'Agulle Verte, passando tra gli altri per Aguille du midi, Dente del gigante, Grand Jorasses e Drus. Con il tutto specchiato nel lago! Purtroppo il meteo ha fatto i capricci e dopo la pioggia pomeridiana e le schiarite serali, tutto previsto nelle ottime previsioni del tempo di MeteoFrance, abbiamo avuto cielo coperto fino alle 3AM. Per il movimento della terra, a quel punto la via lattea non era più dove avrebbe dovuto essere e ci siamo inventati un "piano B". Fotografare il cielo stellato illuminato dalla falcetta di luna presente a tarda notte. Ed eccoci qui. Difficile da vedere nel file ridotto che ho postato qui, sulla cresta del Monte Bianco si vedono salire gli scalatori con la pila frontale!!! Z6II su 14-24/2.8S@17mm f2.8 13" ISO 3200 (10 file raw sovrapposti in postproduzione con Starry Landscape Stacker) Massimo Vignoli per Nikonland (c) 12/9/2021
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  23. Bel reportage Alberto, grazie! Per lavoro ci spasso vicino spessissimo, ora so com'è!
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