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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 13/09/2021 in tutte le aree

  1. … non entrerete nel regno dei cieli, recita il Vangelo di Matteo. Questo bambino che guarda incuriosito ed ammirato l’artista che si esibisce in una piazza mi ha fatto venire in mente questo famoso passo della Bibbia, e mi suggerisce la meraviglia di tutti i bambini del mondo quando scoprono qualcosa che non hanno mai visto, o che rimangono attratti e spesso quasi ipnotizzati da ciò che colpisce particolarmente la loro attenzione. Aldilà del senso ben più profondo che nel Vangelo viene dato a queste parole, mentre scattavo queste foto mi sono rivisto in quel bambino, in fondo anch’io come lui attratto dai lazzi e dalle acrobazie dello street artist, e riflettevo sulla bellezza di farsi stupire dalle cose, siano esse un gioco, un paesaggio al tramonto, un animale nel bosco o un fiore in un prato. Proprio come fa un bambino. E forse è proprio con gli occhi di un bambino che dovremmo guardare attraverso il mirino della nostra macchina quando scattiamo le nostre foto. Ancora meravigliati e rapiti dalle piccole cose che ci circondano. Se le sappiamo guardare. 1. 2. 3. 4. 5.
    6 punti
  2. Mentre Nikon continua a lavorare, personalmente attendo pazientemente alcune novità, il mondo Z ha ormai raggiunto una buona maturità ed è in grado di dare grandi soddisfazioni a tutti i fotografi. Scopo di questo articolo è quindi presentare e condividere la mia personale selezione di lenti per fotografare il paesaggio, diurno e notturno, insieme ad alcuni "trucchi" appresi sul campo con un uso prolungato di questi strumenti che, a parte il relativamente recente 14-24/2.8S, non sono assolutamente delle novità. Ma credo che trasmettere le esperienze, anche di lungo periodo, e quello che da queste deriva sia una delle cose utili che Nikonland può fare per i Nikonlander e per tutti i lettori. Ancor di più se questo può contribuire non solo a definire i pro e contro di un singolo strumento ma a presentare un kit definito ed ottimizzato per un compito specifico, con i razionali delle scelte fatte per comporlo rispetto alle alternative disponibili. Presentiamo quindi i protagonisti! Parleremo di: Z6II, che qui vedete seduta sull'indispensabile impugnatura/basetta arca (meike in questo caso) 14-24/2.8 S, con tappo portafiltri 24-70/4 S 70-300/4.5 5.6 AF-P, con il suo FTZ Io fotografo prevalentemente in natura e, quindi, nell'assemblaggio del mio kit, ho cercato il compromesso tra più esigenze. Innanzi tutto, un'ottima qualità di immagine contrapposta ad una adeguata semplicità di trasporto e d'uso sul campo. Per questo ho scelto tre zoom, capaci di garantirmi il meglio in assoluto sulle focali grandangolari ma anche ottime prestazioni, in particolare chiudendo un poco il diaframma, nelle focali intorno alla normale e lato tele. Tele che, per come mi piace fotografare, è opportuno abbia una lunghezza massima di almeno 300mm. Ma andiamo con ordine. La Z6II non ha la massima risoluzione disponibile, appannaggio della Z7II, ma ha un ottimo equilibrio complessivo tra gamma dinamica, risoluzione e tenuta agli alti ISO. La qualità di immagine è sostanzialmente la stessa della Z6, ma con una apprezzabile differenza: ha una maggior capacità di recuperare le ombre senza mai far trasparire la matrice dei sensori AF. Intendiamoci, non è una cosa che ai file della Z6 succeda con frequenza ma, in condizioni di luce estreme (3-4 stop da recuperare), a me è capitato mentre con i file della Z6II mai. Sulla risoluzione di Z6II vs Z7II ho già detto nel passato, ripeto per comodità dei lettori: dalle prove pratiche risulta che è pressoché impossibile vedere la differenza di dettaglio tra una stampa prodotta da un file 24 mpix ed uno a 45 mpix per dimensioni inferiori ad A2. E questo se il file della Z7 viene prodotto nelle migliori condizioni (perfetta messa a fuoco, perfetta tecnica, perfetta lente, ISO base) in quanto ogni "errore" in ripresa contribuisce a ridurre questa differenza. Allargando il discorso, c'è un'altra caratteristica che ha uno straordinario impatto nella pratica fotografica: il sensore stabilizzato, che consente tempi di scatto a mano libera incredibilmente lunghi ed impossibili alle reflex. Quanto lunghi? beh, il mio record a mano libera è 1/15" di secondo con il 500/4! Ma sostanzialmente l'impatto nella foto di paesaggio è tale che, dopo una vita passata sotto zaini affardellati dal treppiede, ora porto questo ausilio solo se prevedo di fotografare prima dell'alba o dopo il tramonto o se voglio utilizzare tempi lunghi con intento creativo. E anche quando lo porto, lo uso solo quando serve in modo da essere più agile e veloce nelle inquadrature. Me lo avessero detto 5 anni fa non ci avrei creduto! Del 14-24/2.8 S abbiamo scritto moltissimo, io in particolare per questo genere fotografico qui e qui. Pure Max si è parecchio dato da fare, cercate su Nikonland e troverete tutte le informazioni utili a valutarlo. Più lo uso e più mi convinco che sia il miglior zoom grandangolare che si sia mai potuto montare su una Nikon. Zoom che è stato corredato anche di una comodissima funzionalità per utilizzare i filtri, che è la proverbiale cigliegina sulla torta fatta da prestazioni ottiche inarrivabili unite ad un peso piuttosto leggero ed a dimensioni contenute. Il 24-70/4 S lo abbiamo conosciuto al debutto del sistema, è la lente kit apparsa per prima insieme a Z6 e Z7. Non ha la brillantezza del fratello maggiore f2.8 e neppure dei fissi Z di pari focale, ma ai diaframmi più usati nella fotografia di paesaggio (tra f8 ed f16) è un eccellente performer. Se consideriamo quanto è piccolo e leggero lo definirei uno straordinario performer! Il 70-300/4.5 5.6 AF-P è.... l'intruso. Perché non è frutto della nuova progettazione e produzione Nikon e, quindi, ha ancora bisogno di essere intermediato dall'FTZ per connettersi al bocchettone delle Z. Ma, una volta fatto, funziona perfettamente e rende disponibili un bel autofocus e prestazioni ottiche che il prezzo esiguo non farebbero lontanamente immaginare. Nikonland, alla sua uscita e probabilmente in anteprima mondiale, è andata a provarlo ed ha scoperto e svelato questa vera e propria gemma! Ovviamente ringrazierò moltissimo Nikon quando farà un tele Z nativo con la sua leggerezza e, prevedibilmente, prestazioni ancora migliori. Ma ne frattempo uso lui senza remore. Come dicevo, questo è il kit che viene con me tutte le volte che vado "per paesaggi". Come lo trasporto? Beh, io sono "allergico" ai vari zainetti fotografici perché nessuno ha uno schienale veramente comodo, capace cioè sia di scaricare il peso sul bacino del fotografo e non sulle sue spalle sia di essere adeguatamente traspirante (compresi anche quelli "più ottimizzati" come gli fStop). E fotografando nella natura, spesso camminando molte ore, la differenza tra un buono zaino pensato per la schiena del fotografo ed una "soluzione da fotografi" è abnorme. E, di più, a me lo zaino serve per portare anche acqua, cibo, indumenti.... tutte cose che nel normale zaino fotografico non stanno. Ma come proteggo tutto nello zaino? E come rendo comodo l'uso sul campo? Usando una custodia appositamente progettata e prodotta da Tenba: la BYOB 10 DSLR (BYOB=Bring Your Own Bag!). I più attenti noteranno 2 cose. La prima è che questa custodia è più lunga che larga e la seconda è che la cerniera non segue il bordo ma va quasi a metà del lato corto. Entrambe queste caratteristiche sono state pensate per rendere più semplice l'uso dentro ad uno zaino invece che in una borsa a spalla (Tenba produce anche un modello orientato orizzontalmente per inserirlo in una messenger bag). Per maggiore flessibilità sul campo, ho sostituito i divisori di serie con normalissimi "tubi" in neoprene (Lenscoat in questo caso). Questo mi consente di riporre dentro Tenba+tubi tutte le combinazioni d'uso (cioè qualsiasi delle 3 lenti montata sulla Z6II e le altre 2 nei tubi) e di appoggiare il tutto su rocce o erba umida senza necessità di particolari precauzioni. Mi consente inoltre di portare anche la sola custodia, con la sua comoda maniglia, se ad esempio decido di lasciare a terra o in tenda lo zaino. Ok, ma quanto pesa tutta questa roba? Meno di 3.5KG! Considerando che il tutto è eccellentemente protetto nel trasporto e che mi rende disponibili tutte le focali da 14 a 300 con un'ottima qualità direi che non è niente male. Si potrebbe andare più leggeri? si, in più modi: 1) sostituendo il 14-24/2.8 S con il 14-30/4S. Ma non sarebbe la stessa cosa, non solo perché il 14-24 è a 360° una lente migliore del 14-30 - alla fine della fiera anche il 14-30 fa ottime foto ed è migliore del 16-35/4 che ho usato per migliaia di fotografie con le mie reflex - ma perché fotografando di notte lo stop di differenza è dirimente. E la differenza di peso è comunque di meno di 2 etti, cioè il 5% del peso del mio kit. Per me assolutamente non ne vale la pena. 2) sostituendo 24-70/4 S E 70-300/4.5 5.6 AF-P con il 24-200/4 6.3. Qui la partita è veramente dura perché le due lenti che ho scelto, insieme, pesano 1.5kg mentre il nuovo super zoom pesa meno di 600gr, e cioè risparmierei il 26% del peso nel mio kit. Ed un chilo in più o in meno in montagna si sente. Questa strada è stata seguita da molti, anche qui su Nikonland, e pure io l'ho provata. Ma, per me, questo risparmio impatta sulla qualità delle immagini in un modo che rende il compromesso non funzionale all'obiettivo. I motivi più importanti sono l'inferiore qualità ottica attraverso tutto il fotogramma/focali e la mancanza delle focali 200-300, aspetti che nella mia fotografia di paesaggio hanno più importanza di quel kg nello zaino. Di più, il vantaggio principale della soluzione super zoom - passare da 24 a 200 senza cambiare obiettivo - per me è del tutto marginale. Ovviamente per altri le cose possono stare diversamente: sopra ho scritto i miei motivi, ciascuno valuti per se! Ed ora un po' di foto, spero capaci di illustrare quanto detto. Il Dente del Gigante, illuminato da un pallido sole, fa capolino tra nuvoloni che coprono quasi tutto in un pomeriggio decisamente burrascoso. In casi come questi la capacità di chiudere le inquadrature con il teleobiettivo rende possibile trovare scorci interessanti anche in situazioni di luce decisamente sfavorevoli. Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP@92mm f8 1/320 ISO100 Il cielo migliora ed aumentano le zone illuminate dal sole, la sfida è aspettare ed avere il momento giusto con la luce che pennella dove si desidera. Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP@116mm f8 1/200 ISO100 Ma in certi casi sono utili focali ben più lunghe e lo stabilizzatore aiuta tantissimo a farlo anche a mano libera e con gli ultimi od i primi raggi di sole. Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP@300mm f6.3 1/80 ISO100 Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP@300mm f5.6 1/200 ISO100 Per avere una adeguata profondità di campo, ed estendere la nitidezza da un primo piano molto vicino ad uno sfondo distante Km, è necessario chiudere molto il diaframma. Ma noterete la nitidezza esemplare da angolo ad angolo, a dispetto della diffrazione che molti fotografi sembrano temere in modo eccessivo, merito di questa lente kit decisamente sopra la media. Z6II su 24-70/4S@24mm f16 1/20 ISO100 Una lente versatile come il 24-70 è spesso indispensabile per rifinire la composizione quando non è possibile "zoomare" con i piedi. Inoltre, quando il sole spostandosi cambia il modo in cui la luce colpisce le montagne, potersi muovere rapidamente fotografando a mano libera è impagabile. In casi come questo, con i riflessi da "riprendere a piombo", oltre allo stabilizzatore sul sensore è estremamente utile anche la bolla elettronica presente a mirino. Z6II su 24-70/4S@60mm f11 1/13 ISO100 Per avere il sole "a stella" con tutti quei raggi e le lame di luce sulle vette occorre essere li nell'istante esatto, chiudere a f16 ed avere una lente resistente ai riflessi quando il sole colpisce la lente frontale dell'obiettivo. L'ho già detto che il 24-70/4S è una gemma? Z6II su 24-70/4S@62mm f16 1/100 ISO100 La luna e la primissima luce del sole (sono le 5:58) illumina le vette più alte. A 1600ISO, solo un ottimo sensore ed una esposizione perfettamente centrata possono catturare sullo stesso fotogramma quelle luci senza sfondarle e quelle ombre senza chiuderle sul nero. Questi ISO sono necessari a ad avere un tempo di scatto relativamente rapido per evitare il movimento della luna, anche a 14mm! Ovviamente occorre anche un obiettivo capace di non chiudere le ombre e luminoso abbastanza da non obbligare ad ISO ancora più alti, cosa che avrebbe sia aumentato il rumore sia ridotto la gamma dinamica del sensore. Z6II su 14-24/2.8S@14mm f2.8 1" ISO1600 Quando ho fatto queste foto per illustrare l'articolo - non tutte - ero a Chamonix. L'obiettivo era fotografare la via lattea sopra il monte bianco e tutta la catena fino all'Agulle Verte, passando tra gli altri per Aguille du midi, Dente del gigante, Grand Jorasses e Drus. Con il tutto specchiato nel lago! Purtroppo il meteo ha fatto i capricci e dopo la pioggia pomeridiana e le schiarite serali, tutto previsto nelle ottime previsioni del tempo di MeteoFrance, abbiamo avuto cielo coperto fino alle 3AM. Per il movimento della terra, a quel punto la via lattea non era più dove avrebbe dovuto essere e ci siamo inventati un "piano B". Fotografare il cielo stellato illuminato dalla falcetta di luna presente a tarda notte. Ed eccoci qui. Difficile da vedere nel file ridotto che ho postato qui, sulla cresta del Monte Bianco si vedono salire gli scalatori con la pila frontale!!! Z6II su 14-24/2.8S@17mm f2.8 13" ISO 3200 (10 file raw sovrapposti in postproduzione con Starry Landscape Stacker) Massimo Vignoli per Nikonland (c) 12/9/2021
    5 punti
  3. Dopo diecimila imprevisti sono riuscito a organizzare con un amico una piccola uscita naturalistico-fotografica ad un capanno, dove mi avevano detto che c'era un po' più di varietà rispetto alle solite cince e, se fossi stato fortunato ... anche una sorpresa. Amo gli animali, amo vederli in libertà e li fotografo al meglio che posso, soprattutto per portarmi a casa il ricordo e l'emozione di quell'incontro, e pubblico le foto per condividere queste emozioni, questi ricordi, con chi ama gli animali come me. Fare foto diverse alle vecchie conoscenze è sempre bello, ma fare nuovi incontri è ancora più emozionante! Ecco, per gli amanti del genere, qualcuno degli gli amici vecchi e nuovi che ho incontrato (tutte le foto sono state scattate con la Nikon Z6 ed il Sigma 150-600 f5-6.3 Contemporary): Appena sistemati nel capanno davanti alla piccola pozza, subito una novità, una Balia Nera femmina (Il nome deriva dal maschio che è veramente bianco e nero, la femmina è un po' smorta). Cince bigie, Cinciallegre, Cinciarelle non si contano, formano una chiassosa brigata che mette allegria, starei a vederle per ore, ma le ho fotografate già tante volte, per cui ho dedicato a loro solo qualche scatto quando ho visto scenette simpatiche, ve ne propongo uno solo: Ma insomma, non si può fare il bagno in pace! Indaffaratissimo, il Picchio Muratore corre su è giù per i tronchi. Il Picchio Rosso Maggiore, metodico, ispeziona tutto il vecchio tronco. Bellissimo, un maschio di Codirosso Comune, non l'avevo mai fotografato come si deve! A me piace inquadrarlo così: Per chi preferisce invece ritratti più stretti metto un crop (l'unico di tutta la serie). Sorpresa, arriva un giovane scoiattolo assetato. Doppia sorpresa c'è anche il fratellino, più scuro, direi che i due sono quasi agli estremi del range della variabilità di colore dello Scoiattolo Europeo. Normalmente è solo in alta montagna che se ne trovano di più scuri. Probabilmente sono in cerca di un territorio libero dove insediarsi. Ho fatto veramente tante foto, in condizioni di luce diverse, anche ad altri uccelli, ma mostrarne altre qui sarebbe troppo, le farò vedere un'altra volta. Ora veniamo al piatto forte: Ad un certo punto della giornata spariscono tutti, di colpo. Ed arriva lui, lo Sparviero. E' così bello che mi sarebbe bastato il solo vederlo, ma... comincio a scattare ! Si posa e si guarda intorno più volte, Sembra sapere che ci sono. Ma non gli interessa. Non resisto e faccio un ritratto stretto a 600mm. Purtroppo il bosco e fitto e gli ISO tanti. Si rilassa e si concede un bagno. Una scrollata finale. Un istante dopo è già su un ramo, da cui si involerà subito, scomparendo nel bosco. Io, dopo giornate come queste sono contento, di più, sono felice. Poche cose mi fanno bene come stare nel bosco (nella palude...) con gli animali! Silvio Renesto
    3 punti
  4. Non ho mai fotografato "bene" la pernice bianca, anche se è un soggetto che sto attivamente cercando. E a dirla tutta, fino a questa estate neppure ero riuscito a vederla da vicino in natura. Ma questa estate, all'ultimo giorni di vacanza in dolomiti e all'ultima gita (Piz Boè per il Lichtenfels e la Cresta Strenta, uno splendido sentiero attrezzato straordinariamente panoramico e divertente da percorre purché si disponga della giusta esperienza e "sicurezza di passo") ecco che ne vedo 4 zampettare a pochi metri da me, ovviamente in abito estivo. Nello zaino il mio "kit da paesaggio", di fotografare animali non c'era nessuna idea, che per fortuna arriva a 300mm. Ho fatto qualche scatto, senza insistere perché la lente troppo corta mi avrebbe obbligato ad avvicinarmi troppo e quindi a disturbarle. Z6II su 70-300/4.5 5.6 @300mm f5.6 1/4000 ISO200 Z6II su 70-300/4.5 5.6 @300mm f5.6 1/3200 ISO200 Z6II su 70-300/4.5 5.6 @300mm f5.6 1/800 ISO200
    2 punti
  5. Non pensate male: qui si parla di distanza minima di messa a fuoco ! Come già sottolineato in un paio di occasioni, questo Special Edition 28/2.8 per Z fc ha una caratteristica per cui si distingue dagli altri pari focale e che in formato DX può ulteriormente essere messa in evidenza mette a fuoco già a 19cm dal sensore ! Il che, tenendo conto che sulla Z fc "guadagna" 1,5x di focale (cosa che non mi è mai piaciuta in un 28mm) utilizzando sull'obiettivo una semplice lente addizionale come una Marumi acromatica DHG200 dello stesso diametro filtri dell'obiettivo (i 52mm che per lunghi decenni sono stati uno standard per Nikon) si può ulteriormente avvicinarsi al soggetto, grande o piccolo che sia In attesa quindi di testare questo light wide (anche nel senso del peso) su un sensore FX di debite dimensioni, proviamo a vedere di che pasta sia fatto. (set composto da Z Nikkor 28/2,8SE, Marumi DHG200, Nikon Z fc, talvolta anche flash Godox AD100 con dome diffuser) Buona , direi anche ...succosa ...! a giudicare da luce, colore, saturazione, nitidezza, in luce ed anche in ombra, rischiarata da un lampetto di flash Aprendo queste foto ne avrete conferma che in tutte le condizioni nelle quali ci si avvicini pressocchè ai 19cm della distanza minima di maf dal soggetto, non si ingennerano distorsioni, nè tantomeno cali di nitidezza: anzi...! anche la luce laterale non causa neppure troppa desaturazione (ho il dome diffuser sul flash) e nelle condizioni più critiche di controluce, questa lente se la cava molto bane, a dispetto del prezzo d'acquisto tra i più bassi del catalogo di ottiche Z e la variabile diventa solamente il differente livello di luminosità a cui destinare il flash Ma...come ho sempre creduto: fortuna adiuvat audaces... e quindi, innestata la lente addizionale Marumi su questo 28mm, vediamo di quanto e come sforare rispetto questi mitici 19cm di distanza minima: è un crescendo di divertimento tra le foglie e gli acini maturi del mio catarratto lucido, pronto da mò per essere vendemmiato... e vi assicuro che, se non si fosse notato, mi sono divertito un mondo a cercare soggetti dentro un ...soggetto e questa è l'immagine di questo shooting a cui tengo di più f/11 t/250 ISO100 + Godox Ad100 in TTL (-0,7 EV) E se foste stanchi di uva, non vi risparmio... Concludendo con la foto di prammatica alla mia Baronessa Rossa della Gebbia: a 19 cm di distanza, (Nikon Z fc, Nikkor Z 28/2,8 SE, Godox AD100, t/160 f/8 ISO100) mentre questo è il suo crop 2x Per buona pace di chi comprerà questo barattolino di plastica solo per fare scena sulla Nikon Z fc portandolo a spasso... Max Aquila photo (C) per Nikonland 2021
    2 punti
  6. Tra i miei ricordi, e le mie cianfrusaglie.. conservo ancora qualche ricevuta dell'epoca, certo.. la memoria aiuta come può, per non parlare poi che quanto scritto è di fatto poco chiaro.. ad esser buoni.. però... Questa è la ricevuta del Ristorante per Stranieri Hotel Polonia Metropol, dove , come già detto avevo portato a cena una signorina che ho conosciuto, come ho già scritto il luogo era di fatto proibito ai residenti, la terza voce della lista si legge " Coca ", una cosa buffa.. per modo di dire.. all'ingresso stazionavano sempre due tipi di persone, la prima era quella delle prostitute di stato, già.. all'epoca da quelle parti era un " Lavoro " regolare.. e il secondo era almeno una persona della loro polizia, o meglio agenti che con l'aiuto delle prime cercavano di far cadere nella loro rete gli sprovveduti.. e ne cadevano. il costo della riparazione della mia Fiat 127.. era ri-di-co-lo ovviamente portato a confronto con noi.. forse è una ricevuta di un posteggio ristorante.. ricevuta consolato a Milano mah... mistero.. acquisto benzina super. ha che fare con la mia Auto.. non vorrei aver invertito le due ricevute.. altri biglietti di ristoranti.. Ne avrei ancora ma, penso questi possano bastare..
    2 punti
  7. Gli anni che vanno dal 1970 al 1976, sono stati quelli che per motivi di servizio, ho lavorato come un scemo ma anche divertito di più, oltre e non fa male a guadagnare cifre di tutto rispetto.. beh, per me almeno.. se considerate che avevo un rimborso spese complessivo decisamente più alto dello stipendio.. è pur vero che generalmente partivo verso la fine mattinata del lunedì e se andava bene ero a casa al venerdì sera tardi.. se invece andava male.. era il venerdì successivo, comunque mai stato fuori per più di due settimane.. La soc. per cui lavoravo esiste ancora in quel di Rozzano, solo che ora.. la produzione che avevamo all'interno è.. sparita, ora è solo poco più di vendite e magazzino; la merce è ancora quella, la strumentazione per il controllo dell'aria e della sicurezza, chissà quante volte ai telefilm di 911 avete visto i pompieri con indosso materiale della MSA, Mine Safety Applinaces, io personalmente con la mia vettura caricata con ricambi e cosucce varie, compresa una piccola bombola con il gas tarato, giravo per le aziende e generalmente si controllavano apparecchi a raggi infrarossi che misuravano la quantità di co, gas diciamo sul pericoloso.. Sono sopra la struttura dei un gasometro, l'altro si intravede in basso a dx, ero alla famosa Italsider di Bagnoli, ora non esiste più.. rimane però un'area enorme paurosamente inquinata, sullo sfondo vi è Pozzuoli.. Questo "signore" e sono buono a chiamarlo così.. era uno dei responsabili che dovevano tenere la strumentazione in ordine, ma visto che il lavoro nel ciclo notturno era ben pagato e, quando suonava l'allarme era una seccatura a controllare .. allora si tacitava il tutto con un fiammifero di legno che forzava il reset.. e magari si starava anche lo strumento.. ogni tanto qualcuno ci lasciava la pelle.. altra vista dall'alto, quello che si vede mim sembrano scorie... di lavorazione.. ma potrei ricordare male.. ed ecco la centralina.. in custodia protetta in quel posto, all'nterno invece erano in un armadio. Altra vista della baia.. sullo sfondo la ciminiera della Montedison, che generalmente rilasciava di tutto e di più.. pensate alla Ilva di Taranto, che poi era la stessa azienda.. Ma adesso si cambia registro... siamo in direzione di Tarvisio.. a far che? calma.. e gesso... Mi è stato richiesto di andare A Tarvisio, dopo anni di lavoro.. il gasdotto che porta il metano dalla Russia arriva nel nostro paese e io devo fare il collaudo dei nostri impianti.. queste nuvole.. mi fanno pensare.. Ma poi.. al mattino lo spettacolo era incantevole.. La mia Automobilina.. andava che era una meraviglia.. è forse la vettura in cui mi sono sentito più tranquillo al suo interno in tutta la mia vita.. altro spunto.. e vedete la pietra miliare Adesso però arriva il bello.. questo è l'ingresso di servizio della galleria dove passano le condotte, e sono da 2400, ossia 2 metri e quaranta di larghezza, questo tubo.. che penetra nella montagna fa impressione.. ma ancor più impressione mi ha fatto il venire a sapere che le gallerie sono minate, almeno all'epoca era così; tutte le gallerie che portano all'estero per precauzione hanno gl'accessi minati.. non si sa mai.. mi dicevano gl'alpini di stanza.. In Blu, gli apparecchi che controllavano le eventuali perdite di Metano.. mannaggia.. devo avere anche delle stampe.. da qualche parte nelle scatole, bisogna che le cerco.. lungo la tratta vi erano delle stazioni e se la pressione saliva oltre ad un certo valore, dalla piccola ciminiera facevano uscire il gas in eccesso e.. certe botte, le prime volte, una gran paura.. Un gruppo elettrogeno.. ancora da portar via.. E finalmente il lavoro è finito, si torna a casa.. questo è un emissario del tagliamento se la commessa di lavoro era breve, non conveniva scendere in auto, la recuperavo a noleggio sul posto, all'epoca in aereo si poteva fare di tutto, beh.. di lecito.. ora non è più affatto possibile; questo era un caravelle a quanto mi ricordo.. Andare in gabina a scambiare due parole con il capitano o il secondo.. lo vorrei vedere adesso.. Penso di aver finito.. vediamo se riesco a trovate le stampe.. ma sopra tutto se la cosa vi ha interessato, sono posti, pensieri e cose vecchie lo sò.. magari non interessano a nessuno queste elucubrazioni di un barboso.. e non si vedono neppure le modelle.. e le foto fanno, diciamolo pure pena... va bene, andrò a dormire... forse..
    2 punti
  8. Eh, è un bel dilemma: anche a me quelle focali piacciono un sacco. Sono giusto quelle che consentono di ambientare le montagne ma rendendole imponenti come sono in realtà. Di sicuro il 100-400 lo prenderò, mi è troppo utile per gli animali. Ma non necessariamente scalzerà questo 70-300 per i paesaggi. Pensa che per un bel periodo ho avuto contemporaneamente il 70-200/2.8, l’80-400 e questo 70-300: ognuno per un uso diverso, ognuno straordinario in quello che sa fare meglio. Per cui facile che terrò entrambi. Oppure risolverò prendendo anche il 24-105? Vedremo. Ma uno dei punti che volutamente ho lasciato tra le righe - è importante perché attiene la vita reale ma non dovrebbe essere l’unico driver delle nostre scelte - è l’aspetto economico. Quel 100-400 ed il 24-105 alzeranno il prezzo del kit di almeno 3.000€, difficile dire che sarebbero soldi ben spesi considerati il risultati ottenibili per il paesaggio con quello che sto usando ora. Cosa diversa, ovviamente, se quelle lenti hanno anche altri usi nella passione del fotografo.
    2 punti
  9. Il Gracchio alpino è un uccello piuttosto comune e, nelle zone molto frequentate dagli escursionisti, di solito molto confidente perché tende ad approfittare di ogni briciola avanzata. Fotografarlo bene non è semplicissimo perché le piume sono sia molto scure sia molto lucide, viene quindi molto meglio se non in luce diretta. Z6II su 70-300/4.5 5.6 AFP @230mm f5.6 1/800 ISO400 Ovviamente per fare animali il 70-300 su formato FX è un po' corto.... ma date un'occhiata alla nitidezza di questa lente!!!
    1 punto
  10. Ma qualcuno si è dato la pena di leggere o guardare il video? E buttateli i vostri vecchi Nikon. Finché non ci saranno le focali che aspettate usate l FTZ qualunque sia, che è già miracoloso faccia resuscitare senza grandi penalizzazioni tutti gli AFS ... Poi transitate in Z con tutto il vs corredo. Lasciando i duri e puri a girare l'anello del diaframma...o la ghiera della messa a 🔥 Un colpo solo!
    1 punto
  11. si va verso una sempre maggiore specializzazione, ma con sensori capaci di prestazioni incredibili su tutto il range di competenza. Siamo ancora alla preistoria... e parliamo di FTZ
    1 punto
  12. Se hanno rifatto l'FTZ secondo me è per un motivo molto semplice, allineare il più possibile le prestazioni dei lunghi tele con quelle della Z9, ottica e macchina devono comunicare in maniera molto efficiente per potere sfruttare tutto il potenziale disponibile. L'attuale convertitore potrebbe essere già un collo di bottiglia per i sistemi AF delle Z attuali, e lo sarà certamente per la Z9, questo in attesa di poter adeguare la roadmap al sistema Z.
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  13. Proseguendo il nostro ideale viaggio per il Giappone torniamo a parlare di Sendai, ed in particolare dello Zuihoden, ovvero del Mausoleo di Date Masamune. Stiamo parlando di uno dei più potenti daimyō, vissuto a cavallo tra la fine del periodo Azuchi-Momoyama e l’inizio del primo periodo Edo. Era soprannominato dokuganryū (独眼 竜), che significa “il drago con un occhio solo” o anche “il drago con un occhio solo di Ōshu”, per la benda che copriva il suo occhio destro, perso a causa di una malattia. Date Masamune viene ricordato per essere stato il fondatore della città di Sendai su cui esercitava il suo potere dal castello di Aoba, del quale però resta soltanto uno spiazzo vuoto e un monumento al suo signore. La costruzione del mausoleo risale al 1637 dopo la morte di Date Masamune. Considerato dal ‘tesoro nazionale’, fu completamente distrutto da un incendio provocato dai bombardamenti statunitensi nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Una prima ricostruzione è stata portata a termine nel 1979 mentre nel 2001, in occasione del 400° anniversario dalla fondazione della città, è stata effettuata un’ulteriore opera di ricostruzione volta a ripristinare quanto più possibile l’aspetto originale. Il progetto del mausoleo risale al periodo Momoyama ed è caratterizzato dall’utilizzo di una varietà di colori vivaci e da una complessa lavorazione del legno. L’accesso all’area si ha salendo una breve scalinata e i percorsi al suo interno sono circondati da imponenti alberi di cedro, metafora della lunga storia del clan. Nell’adiacente museo Zuihoden sono conservati i cimeli del clan Date rinvenuti con gli scavi effettuati dopo il bombardamento. Date Yasumune, l’attuale discendente del clan, ha ricoperto il ruolo di direttore del museo oltre che del Date Taiyama Bunko e della Tohoku Broadcasting Culture Corporation. Si occupa, inoltre, del restauro del patrimonio storico della famiglia Date. Nelle vicinanze del mausoleo di Date Masamune sorgono quelli del figlio, Date Tadamune, e del nipote, Date Tsunamune. Il primo, denominato Kansenden, fu costruito nel 1664 e venne anch’esso distrutto nel 1945 per essere ricostruito nel 1985. Il secondo, collocato al suo fianco, è lo Zennōden, che fu completato nel 1716, poi ricostruito nel 1985 e riparato nel 2007. Ricordiamo anche Il Myōnkaibyō, dove si trovano le stele di Date Chikamune e Date Nariyoshi, rispettivamente nono e undicesimo daimyō di Sendai, oltre allo Okosamagobyō, un luogo poco visitato dove sono sepolti molti bambini del clan Masamune. « Zuihoden è un posto molto carino per entrare nel mondo di Date Masamune, i suoi discendenti e le persone associate alla famiglia Date. Visita il museo in loco per vedere i manufatti delle tombe di Zuihoden. Ti consiglio anche di dedicare un po 'di tempo a goderti alcuni dei bar nelle vicinanze! » https://www.zuihoden.com le informazioni contenute in questo articolo sono tratte da Zuihoden https://www.japan-guide.com/e/e5153.html https://www.japanvisitor.com/japan-city-guides/zuihoden https://visitmiyagi.com/articles/zuihoden-mausoleum/ https://www.tohokuandtokyo.org/spot_80/ https://en.wikipedia.org/wiki/Zuihōden https://www.zuihoden.com/ https://www.tohokuandtokyo.org/spot_80/?language=it http://hsuchia.blogspot.com/2019/06/tohoku-2016-miyagi-sendai-zuihoden-mausoleum.html Date Masamune https://it.wikipedia.org/wiki/Date_Masamune https://en.wikipedia.org/wiki/Date_Masamune http://stanzegiapponesi.altervista.org/date-masamune/?doing_wp_cron=1588614762.4810609817504882812500 Date Yasumune https://it.wikipedia.org/wiki/Date_Yasumune https://en.wikipedia.org/wiki/Date_Yasumune Qui trovate Gli altri articoli del mio blog. Concludo con in breve filmato montato da me. つづく
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  14. Proseguendo il nostro ideale viaggio nella terra del sol levante, facciamo ritorno a Sapporo, dove troviamo uno dei santuari più grandi e prestigiosi dell’estremo nord del Giappone: l’Hokkaido Jingu. Questo, assieme all’adiacente Maruyama Park occupa una superficie di 180.000 mq. Questo santuario risale all’epoca Meiji quando, con la restaurazione voluta dall’imperatore, venne abolito il sistema feudale, sostituito con uno prefettizio, il che riportò così il territorio sotto il controllo diretto del governo centrale. Nel 1969 si tenne, nell’ex città di Edo rinominata Tokyo, una cerimonia che designava tre kami (divinità shintoiste) affinché vegliassero sulle opere di bonifica della regione, ovvero: Okunitama, Onamuchi e Sukunahikona. Del trasferimento a Sapporo dei tre Kami se ne occuparono gli ufficiali del Kaitakushi, il precedente governo della prefettura di Hokkaidō. In quel periodo fu eretto un edificio provvisorio, mentre la struttura odierna, nella posizione attuale, venne edificata nel 1871 assumendo il nome di “Sapporo Jinja”. Nel settembre dello stesso anno si tenne la cerimonia di inaugurazione. Al santuario venne riconosciuto, dal 1869 fino al 1946, il titolo di ‘santuario imperiale’ di primo rango (Kanpei-Taisha - 官幣大社 ) che gli garantiva il sostegno diretto del governo. Nel 1964 venne aggiunto un quaarto kami: l’imperatore decise, infatti, di consacrare al santuario anche l’anima dell’imperatore Meiji. Quello stesso anno la denominazione venne cambiata e il santuario assunse ufficialmente il nome di Hokkaido Jingu, così rimasto sino ai nostri giorni. Nel 1974 l’edificio è stato distrutto da un incendio, per il quale non è mai stato individuato un colpevole, e successivamente ricostruito nel 1978. È bene ricordare, quando ci si reca in visita a questo santuario, di accedervi attraverso il torii non camminando lungo il percorso centrale ma tenendosi sempre di lato, in quanto la zona centrale è riservata ai kami del luogo. Lo stesso criterio va seguito anche se si vogliono scattare delle foto al portale: queste andranno fatte con inquadratura laterale e non centrale. Maruyama Park Maruyama è l’attuale denominazione del monte Moiwa che significa, in lingua Ainu, “Una piccola montagna”. Alta 226m si trova nella parte ovest del quartiere Chuo, a Sapporo. Ai suoi piedi troviamo l’omonimo parco, dove gli abitanti della città possono recarsi per un po’ di relax o per divertimento. Del parco fanno parte, oltre all’ Hokkaido Jingu, anche uno zoo, uno stadio di baseball e uno stadio di atletica leggera. Nel 1975 vennero piantati circa 150 alberi lungo la via che porta al santuario, dando così il via alla realizzazione del parco che iniziò a prendere forma, nel 1951, con l’apertura dello zoo. L’apertura ufficiale risale al 1957. Per la sua progettazione è stato preso a modello l’omonimo parco situato a Kyoto Una parte del Maruyama Park è costituita da una foresta vergine composta da querce, Katsura (albero di Giuda giapponese), magnolie, aceri e altre varietà di alberi. Olmi e cipressi giganti, invece occupano il fianco della collina. Vi è, inoltre una folta presenza di sakura, circa 1500 alberi, che rendono questo parco il più popolare della città per l’hanami. In Hokkaido il periodo di fioritura dei ciliegi corrisponde col mese di maggio. le informazioni contenute in questo articolo sono tratte da: https://en.wikipedia.org/wiki/Hokkaidō_Shrine https://taiken.co/single/hokkaido-jingu-sapporos-beautiful-shrine-experience/ https://diversity-finder.net/tourism/hokkaido-jingu-shrine-hokkaido https://www.fleemy.com/hokkaido-shrine/ https://www.japan.travel/it/spot/1935/ https://www.sapporo.travel/find/culture/hokkaido_shrine/?lang=en https://travel.gaijinpot.com/hokkaido-jingu/ https://www.tripadvisor.it/ShowUserReviews-g298560-d591381-r217705003-Hokkaido_Jingu-Sapporo_Hokkaido.html https://magazine.japan-jtrip.com/article/hokkaido/8238/ https://it.qwe.wiki/wiki/Hokkaidō_Shrine Hokkaido Jingu https://en.wikipedia.org/wiki/Hokkaidō_Shrine https://taiken.co/single/hokkaido-jingu-sapporos-beautiful-shrine-experience/ https://diversity-finder.net/tourism/hokkaido-jingu-shrine-hokkaido https://www.fleemy.com/hokkaido-shrine/ https://www.japan.travel/it/spot/1935/ https://www.sapporo.travel/find/culture/hokkaido_shrine/?lang=en https://travel.gaijinpot.com/hokkaido-jingu/ https://www.tripadvisor.it/ShowUserReviews-g298560-d591381-r217705003-Hokkaido_Jingu-Sapporo_Hokkaido.html https://magazine.japan-jtrip.com/article/hokkaido/8238/ https://it.qwe.wiki/wiki/Hokkaidō_Shrine Qui trovate Gli altri articoli del mio blog. Concludo con in breve filmato montato da me. つづく
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  15. Per me le vecchie glorie sono le lenti AIs, quelle con il motorino AF a manovella sono state la pena del passaggio tra manual focus e AFS: le lascerei, per chi le ha conservate, a dormire sonni tranquilli nell’armadietto. Io mi aspetto molto da questo FTZII, non solo nella forma - intorno quella stupida dell’attuale ho adattato l’attacco treppiede per evitare le spiacevoli interazioni - ma nelle prestazioni perché secondo me l’attuale ha responsabilità nel fare andare più lenti gli AF dei supertele. Non da solo, di sicuro, perché pure le Z attuali non fanno il loro come dovrebbero. Ma ne sono abbastanza convinto.
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  16. Questo è l'aperitivo. Appena riesco a sistemare le altre foto (sono un mucchio) e fare una scelta, farò sul blog un nutrito reportage della giornata da naturalista fotografo che (finalmente!) sono riuscito a fare.
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  17. Nel precedente blog: avevo accennato alla nuova ricostruzione in dimensioni reali del Saltriovenator, un grosso Dinosauro carnivoro ritrovato in quel di Saltrio (alto Varesotto). Oggi finalmente sono riuscito ad andarlo a vedere e, dato che avevo con me la Nikon Z fc, posso raccontarvi qualcosa su questo modello, con tanto di immagini . Eccolo qui, di fianco al Museo di Storia Naturale. Del making of e del Backstage trovate tutto nel video dewl blog precedente; qui vorrei soddisfare qualche legittima curiosità che tutti abbiamo: Come facciamo a sapere che era proprio così.. se era proprio così? Del Saltriovenator sono state trovate queste ossa: Che più o meno nello scheletro stavano così (le parti in colore): Può sembrare un po' pochino eh? Però ad uno specialista possono bastare per farsi un'idea anche piuttosto precisa dell'intero scheletro, seguendo i principi dell'Anatomia Comparata, confrontando le parti conservate con quelle di altri dinosauri simili di cui si hanno scheletri più completi. I Dinosauri carnivori poi hanno un'anatomia molto costante, anche più di altri gruppi animali, per cui creare una ricostruzione credibile dello scheletro su poche ossa, non è un'impresa impossibile. Ricostruire l'aspetto da vivo richiede un po' più di speculazione, ma si può fare, vediamo: L'aspetto generale: Accurato, i muscoli lasciano tracce sulle ossa, sappiamo dove stavano gli organi interni (abbiamo dinosauri con addirittura l'intestino conservato) ci può essere qualche discordanza nell'interpretazione dei volumi, avrebbe potuto essere così oppure un poco più snello o leggermente più massiccio, ma anche così come lo hanno fatto. La posizione è giusta. il corpo era tenuto orizzontale in modo che la grossa coda muscolosa facesse da contrappeso al corpo che, contenendo polmoni e visceri ha un peso specifico minore di solo muscoli ed ossa e quindi il tutto è bilanciato. La testa. Saltriovenator era un Dinosauro carnivoro del gruppo dei Ceratosauri. Praticamente tutti i Ceratosauri, ma anche molti altri Dinosauri carnivori, avevano creste o piccole corna sulla testa e o sul naso, quindi è molto probabile che li avesse anche lui. Lo stesso vale per i denti, grandi e più numerosi che in dinosauri carnivori successivi . I Ceratosauri sono piuttosto primitivi Saltriosaurus è tra i primi veramente grossi, è del Giurassico Inferiore, 190 milioni di anni fa). Gli occhi possono sembrare piccoli, ma lo vediamo anche negli animali attuali, più le dimensioni crescono più gli occhi aumentano di dimensione ma diventano in proporzione più piccoli rispetto al resto del corpo (pensiamo all'elefante e alla gazzella), a meno di adattamenti particolari, come chi vive negli abissi, ecc. Dalle tracce dei vasi sanguigni sulle ossa sappiamo che i Dinosauri avevano un labbro che copriva in parte i denti, come i Varani e diversamente dai Coccodrilli. La pelle. Adesso che sappiamo che molti Dinosauri erano piumati, può essere un problema ricostruire la pelle? In Internet troverete ricostruzioni di Saltriovenator con le piume ed altre con le squame. I realizzatori del modello, d'accordo con gli studiosi hanno optato per le squame, mettendo però delle lunghe squame sottili che ricordano un po' la parte centrale (rachide) di una penna sulla testa ed in fondo alla coda. Per quel che ne so, alcuni esemplari di gruppi affini ai Ceratosauri sono stati trovati con pezzi di pelle conservata allo stato fossile, ed era squamosa. Anche la fila di piastre osse puntute sulla sommità del dorso è conosciuta in specie simili, per cui è ben possibile che l'avesse anche Saltriovenator. Sono quindi d'accordo con chi ha realizzato il modello. Sulle quasi penne in testa e sulla coda non ho dati. Quello che per forza è inventato è il colore e il pattern. I Rettili e gli Uccelli (Dinosauri viventi) sono a volte mimetici e a volte coloratissimi. Considerate le dimensioni ed il fatto che era un predatore, chi lo ha ricostruito ha pensato di renderlo piuttosto mimetico, capace di nascondersi in agguato nelle foreste di Conifere della sua epoca. Le mani. I Dinosauri carnivori più evoluti avevano tre dita (i Tirannosauri solo due, ma è un'altra storia), i più primitivi Ceratosauri come Saltriovenator avevano tre dita funzionali ma anche un abbozzo del quarto dito, non più funzionale però ancora presente, un carattere residuo derivato da antenati a quattro/cinque dita. I piedi. I Dinosauri carnivori avevano tre dita funzionali ed uno, il primo, che non toccava terra. Solo le dita poggiavano per terra, come negli Uccelli e in molti Mammiferi, La "pianta" del piede era tenuta sollevata. Un accorgimento per allungare il passo ed essere più veloci con meno sforzo. Penso di avervi descritto tutto, se per caso vi è rimasto qualche dubbio sulla ricostruzione, o pensate abbia dimenticato qualcosa, ne parliamo qui sotto nei commenti, volentieri.
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