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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 11/02/2021 in tutte le aree

  1. il blocco dell'otturatore in materiale composito della Nikon D5 Un breve ripasso ? L'otturatore è un componente fondamentale delle nostre fotocamere ancora nel 21° secolo. Consideriamolo come una tenda alla veneziana estremamente sofisticata posta davanti al nostre elemento sensibile (sia esso un sensore, sia esso una pellicola) che regola il passaggio della luce. Quando noi premiamo il tasto di scatto la fotocamera lascia passare la giusta quantità di luce necessaria perché l'immagine proiettata dall'obiettivo fotografico posto davanti alla fotocamera arrivi a destinazione. Ovviamente noi o la fotocamera stessa, ci siamo premurati di impostare un esatto tempo di esposizione che, combinato con l'apertura del diaframma dell'obiettivo (altro elemento che regola la luce, nel senso della quantità), a seconda della sensibilità ISO del nostro elemento sensibile, portano ad avere un immagine leggibile. E' poi l'elemento sensibile (d'ora in poi ci riferiremo ad esso con il sensore) che procede ad immagazzinare le informazioni che gli arrivano. L'otturatore è regolato in secondi e in frazioni di secondo. Più é grande il tempo di esposizione, per più tempo rimarrà aperto l'otturatore, più è breve questo tempo, per meno tempo rimarrà aperto. Gli otturatori delle nostre fotocamere sono generalmente a tendine e ci riferiremo ad esse in questa chiacchierata. Negli otturatori moderni ci sono due tendine, che in italiano chiamiamo prima e seconda tendina (mentre gli inglesi chiamano Front e Rear "curtain") che lavorano in solido. Al momento della pressione del tasto di scatto abbiamo questa sequenza : il movimento complessivo dura la durata del tempo di esposizione impostato. Gli attuali otturatori sono dispositivi estremamente sofisticati che nelle versioni più perfezionate consentono tempi di scatto brevissimi, anche per tempi inferiori ad 1/8000 di secondo. Questi tempi sono abbastanza difficili da descrivere con nozioni che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente. Giusto per avere un'idea, un aereo da caccia F15 alla massima velocità percorre circa 9 mm in un ottomillesimo di secondo, mentre un'auto a velocità di codice sull'autostrada percorre 4 decimi di mm nello stesso tempo. E' un tempo infinitesimale che le nostre fotocamere, reflex o mirrorless ci mettono comunemente a disposizione. Per ottenere tempi del genere i progettisti usano un accorgimento che consente di far variare il funzionamento della sincronizzazione delle due tendine durante il movimento (consideriamo che l'altezza del formato Leica corrisponde a 24mm in tutto e che l'esposizione avviene sempre dall'alto verso il basso). Se il tempo di esposizione impostato è relativamente breve, al di sotto di un tempo di sincronizzazione ragionevole (nell'intorno di 1/200'' - 1/320'') il movimento è proprio quello evidenziato nell'animazione superiore con le due tendine che si muovono in modo indipendente. Ma se il tempo è più breve di quell'intorno, non c'è materialmente modo di eseguire l'operazione separatamente e quindi le due tendine vengono fatte muovere in sincrono, con la seconda tendina che si muove appena dopo che la prima è partita, in modo che l'otturatore alla fine si chiude appena un attimo dopo che la prima tendina ha concluso il suo movimento. Abbiamo una esemplificazione generica nella seguente animazione : a sinistra abbiamo il caso classico, per tempi lenti, in mezzo un caso ibrido per tempi intorno alla capacità massima di sincronizzazione tra le due tendine, a destra il caso dei tempi velocissimi, in cui le due tendine si inseguono tra loro. A sinistra abbiamo il sensore che viene esposto completamente e l'immagine si forma completamente nello stesso istante. La lettura delle informazioni avviene immediatamente dopo che le tendine si sono chiuse e mentre esse tornano in posizione normale. Questa operazione può avvenire alla massima velocità di scatto a raffica della nostra macchina, perchè anche le macchine più veloci non arrivano oltre i 14-16 scatti, al secondo, un tempo che consente ampiamente tutto il movimento dell'otturatore e anche la lettura delle informazioni del sensore, affinchè la macchina sia pronta allo scatto successivo. Questa condizione è assimilabile a quella che viene definita Global Shutter, cioé otturatore totale. Andando alla situazione più a destra invece abbiamo praticamente una condizione in cui solo una strisciolina del sensore è esposta alla luce, mentre il resto del sensore è coperto da una delle due tendine. L'animazione è di tutta evidenza e traslittera il termine inglese con cui viene definita questa modalità, ovvero Rolling Shutter, che tradotto sarebbe un ridicolo otturatore rotolante, dal movimento delle tendine che si arrotolano una sull'altra. Immaginiamoci una Nikon D6 che scatta a 14 scatti al secondo ad 1/8000'' in sequenza per 200 scatti consecutivi. A parte lo specchio che in questa operazione non ha rilevanza se non per il fatto che in una reflex si alza e si abbassa (guidato da un motore diverso da quello dell'otturatore e con un opportuno sistema di smorzamento), l'otturatore si apre con le due tendine che si muovono in sincrono a circa 28 chilometri orari, avendo cura che ogni singola strisciolina di sensore esposto stia ad una distanza dall'altra di 1/8000''. Affascinante ? Si ma non senza controindicazioni, perchè appare evidente che la prima strisciolina esposta del sensore (esposta correttamente, tanto quanto l'ultima) sarà esposta prima dell'ultima e quindi tutte le striscioline lette dall'elettronica del sensore e rimesse insieme dal processore durante la demosaicizzazione delle informazioni, non avranno coerenza temporale assoluta tra loro. Cioé la strisciolina più in basso, sarà in ritardo rispetto alla prima. Ma non solo, ogni strisciolina seguente, sarà in ritardo rispetto alla precedente. Di quanto ? Dipende. Dipende dalla velocità di movimento delle due tendine. Dicevamo che gli otturatori meccanici più perfezionati di oggi arrivano fino ad 1/400'' di velocità di movimento. Quindi nella migliore delle ipotesi quella sarà la distanza temporale tra la prima e l'ultima strisciolina, al di là del tempo di scatto che, attenzione, non influenza per nulla il meccanismo che dipende dalla ... meccanica dell'otturatore. Spero di essere chiaro. Insomma, se l'otturatore è scarso, si muove lentamente, la distanza in termini di tempo tra la lettura della prima strisciolina e quella delle altre é più lunga. Un tempo più lungo significa una distanza percorsa più lunga (spazio legato al tempo, per una data accelerazione che ipotizziamo costante). Se l'otturatore è più sofisticato, la distanza temporale sarà inferiore, quindi lo spazio percorso in quel tempo, inferiore. Ma in un Rolling Shutter, quale che sia, il fenomeno sarà sempre osservabile, ad occhio nudo per i casi più evidenti, strumentalmente per quelli meno evidenti. in questa foto abbiamo il caso più classico di una pala d'elica che gira a velocità molto elevata mentre noi scattiamo ad un tempo molto breve per cercare di congelare il movimento del velivolo. La lettura del sensore avverrà come dicevamo dall'alto verso il basso. L'elica si muove molto più rapidamente per unità di tempo del resto del soggetto che nella realtà è piuttosto lento. Il risultato è che l'elica appare visibilmente deformata dall'alto verso il basso con quella tipica forma a falce. Ma nella realtà, se avessi modo di verificare strumentalmente, potremmo misurare che ogni linea verticale è parimenti deformata in una misura che è proporzionale alla velocità di movimento relativa rispetto a quella di lettura del sensore. Cioè le linee verticali, non sono più verticali ma diagonali. vi posso giurare (la foto è mia) che i pali della recinzione dell'Autodromo Nazionale di Monza sono perfettamente verticali. Ma per effetto del rolling shutter, è evidente che ciò non appaia nella fotografia. Nella realtà tutta l'immagine ne è affetta ma l'effetto si nota di più negli oggetti con velocità relativa più grande rispetto al movimento complessivo. I pali fermi danno la misura del fenomeno, perchè sono fermi, ma può capitare anche con i soggetti in movimento : come credo anche appaia in questa Ferrari in lento movimento alla Variante della Roggia che appare tutta deformata (come i pali che in questo caso tendono al curvo e non al diagonale). Ma io questi fenomeni non li riscontro con la mia fotocamera Ci credo, perchè i progettisti intervengono in tutti i modi per limitare questi fenomeni, tenendo la più alta possibile la velocità di esposizione del sensore e la sua velocità relativa. Ma ci sono limiti tipici di ogni singolo sensore Otturatore elettronico Abbiamo qui sopra visto il meccanismo di funzionamento di un otturatore. L'operazione non varia che sia esso meccanico o elettronico. Quello meccanico semplicemente ha modalità differenti di funzionamento a seconda del tempo di scatto impostato. Per tempo lenti si comporta da Global Shutter, per tempi rapidi più di 1/200''-1/320'' funziona come un Rolling Shutter. In mezzo è ibrido. L'otturatore elettronico invece è limitato ad una modalità di funzionamento unica che dipende dalla sua tecnologia. Tutti i sensori commerciali attuali sono di tipo Rolling Shutter e quindi espongono leggendo striscioline successive di luce, partendo dall'alto e andando verso il basso. Anche quando usiamo l'otturatore meccanico in una reflex o in una mirrorless ed impostiamo la seconda tendina elettronica, non facciamo che impiegare l'otturatore elettronico per seguire il movimento di lettura della luce. Con la seconda tendina elettronica in pratica la macchina disabilità la seconda tendina dell'otturatore, impiega solo la prima, mentre l'effetto della seconda viene regolato dalla lettura del sensore. Tutto fino al limite di velocità di lettura del sensore. L'operazione di lettura del sensore, avviene in modo del tutto analogo a quello del movimento dell'otturatore meccanico. L'otturatore elettronico di fatto non è altro che usare la modalità di lettura del sensore AL POSTO dell'otturatore meccanico. Ma possiamo usare la stessa animazione che abbiamo visto sopra. con la strisciolina azzurra che è la strisciolina di sensore che viene effettivamente letta. Questa operazione è elettronica, del tutto priva di movimento, vibrazioni e rumore. Il vantaggio formidabile del sensore elettronico rispetto a quello meccanico è proprio qui. Nell'assenza di movimento effettivo. Perchè se potessimo vedere il sensore di una fotocamera mentre espone in modalità di otturatore elettronico, semplicemente non vedremmo proprio nulla. Questa animazione è solo perchè noi si abbia un'idea di quello che succede alle informazioni che i fotoni della luce consegnano ai fotodiodi del sensore che scaricano elettroni nei circuiti della fotocamera. Quindi, esattamente come nel caso dell'otturatore meccanico, abbiamo un evidente Rolling Shutter con tutti le conseguenze del caso. E anche qui l'evidenza del fenomeno è legata alla velocità di movimento, ovvero, visto che non c'è movimento - se non di elettroni - alla velocità di lettura del sensore. Attenzione : il tempo di scatto non ha alcuna rilevanza. Ci sono solo combinazione tra velocità relative e direzione del moto ma il tempo di scatto è ininfluente per il fenomeno. Qui entra in ballo una caratteristica di ogni sensore che è la sua velocità di lettura. Questa dipende dalla tecnologia con cui è progettato, dalla sua densità e da altri specifiche tecniche. Qui c'è una tabella che riporta i tempi di lettura dei più comuni sensori che possiamo trovare dentro le fotocamere in commercio : manca quello della nuovissima Sony a1 che Sony dichiara essere di circa 1/250'' se non ricordo male. Quindi il più rapido di tutto il novero. Abbiamo detto più sopra, parlando dell'otturatore meccanico che il fenomeno del Rolling Shutter - sempre presente - viene ridotto effettivamente, aumentando per quanto possibile la velocità di movimento delle tendine. E' la stessa cosa con i sensori per la modalità di otturatore elettronico. Più è veloce il sensore (tempo di lettura più rapido, ovvero numero al denominatore più grande) minore è l'effetto del Rolling Shutter, più è lento il sensore (nella tabella le macchine più lente sono quelle a più alta risoluzione, ovvero Nikon Z7-Z7 II e Sony a7R IV che hanno il numero al denominatore più piccolo) più evidente sarà l'effetto del Rolling Shutter. Banding Finora abbiamo parlato di velocità e di movimento ma abbiamo altri casi in cui l'effetto del Rolling Shutter può essere reso evidente. E' il caso degli scatti con luci artificiali, siano esse flash che continue. Se impieghiamo un otturatore elettronico a lettura lenta, sarà più probabile riscontrarlo. questo è il caso più semplice. Si tratta della Nikon D850 in modalità Live-View con otturatore elettronico mentre nella stessa situazione qualcuno usa il flash. Il sensore come abbiamo oramai ripetuto fino alla noia viene letto a strisce. Ecco qui abbiamo una evidenziazione di quanto sia alta la strisciolina del sensore che viene letta per unità di tempo in una D850-Z7. La banda bianca è bruciata dalla luce del flash che è stato catturato mentre il sensore esponeva/leggeva quella singola strisciolina mentre il resto del sensore non era interessato alla lettura delle informazioni. Il flash ha scattato a circa 1/1000'' mentre la D850 scattava ad 1/250''. Ma questo non importa, perchè è il tempo di 1/15'' che implica la presenza della banda orizzontale, non il tempo di scatto della macchina. Sarebbe successo anche scattando in otturatore meccanico ? Forse si, forse no. Dipende dal tempo di sincro della macchina e del flash. Ma questo è un argomento più vasto che preferirei tenere separato da questo sugli otturatore. questo è il caso di banding prodotto dalla differente velocità di modulazione della luce artificiale e della velocità di lettura del sensore di una Nikon Z6. E' possibile ridurre il fenomeno (che gli inglesi chiamano anche flickering) ma probabilmente non eliminarlo del tutto. Anche in questo caso dipende dalla velocità del sensore rispetto alla luce (50 o 60 Hz, probabilmente per la luce, 38 Hertz per la Z6). Conclusioni L'argomento ha tante implicazioni e non vorrei complicare qualche cosa che non è poi così semplice, quindi mi fermo qui riassumendo i concetti di base. l'otturatore meccanico si comporta da Global Shutter a tempi di scatto lenti, da Rolling Shutter a tempi di scatto veloci l'otturatore elettronico più comune è sempre di tipo Rolling Shutter i fenomeni distorsivi del Rolling Shutter sono via via meno evidenti in modo inversamente proporzionale alla velocità di lettura del sensore (o di movimento delle tendine dell'otturatore meccanico) ma sono sempre presenti sia gli otturatori meccanici che quelli elettronici sono soggetti al Rolling Shutter i sensori a bassa velocità di lettura sono più soggetti a fenomeni distorsivi, quelli a più elevata velocità, lo sono meno (Lapalisse) il tempo di scatto è ininfluente per questi fenomeni i sensori a bassa velocità di lettura non possono sincronizzare il flash quando usati in modalità "otturatore elettronico" Nikon chiama l'otturatore elettronico : "modalità silenziosa". E' una dizione corretta in quanto parlando strettamente l'otturatore elettronico non esiste la seconda tendina elettronica é un altro modo di usare l'otturatore meccanico in modalità ibrida (muovendo solo la prima tendina dell'otturatore meccanico mentre la seconda resta ferma, sostanzialmente per ridurre le vibrazioni) Uno potrebbe dire, ma allora, perchè usare l'otturatore elettronico al posto di quello meccanico ? l'otturatore elettronico non fa rumore, nessun rumore l'otturatore elettronico non si usura (quello meccanico si, ha una durata finita, quello elettronico dura quanto dura un sensore : decenni) l'otturatore elettronico non produce alcuna vibrazione (insieme allo stabilizzatore consente tempi di sicurezza molto più lunghi di quelli comunemente impiegati con le reflex e/o con l'otturatore mecccanico) l'otturatore elettronico potenzialmente consente velocità di raffica più elevate quindi per nostra convenienza dovremo convivere con le due modalità, finchè i progettisti non troveranno accorgimenti sempre più economici per fare a meno dell'otturatore meccanico. L'ideale sarebbe passare al Global Shutter che però, a parte i costi, ha anche altre controindicazioni, prima tra tutte il fatto che il sensore è più in tensione e quindi produce più calore e potenzialmente più rumore digitale. Nell'attesa, Sony che è sempre all'avanguardia su questi versanti sta usando due sensori ad alta velocità di lettura che se non eliminano del tutto i fenomeni negativi del Rolling Shutter li riducono moltissimo. In particolare quello nuovissimo della Sony a1 che consente per la prima volta di sincronizzare il flash in modalità elettronica, riducendo anche di molto il banding in luci artificiali. Pensiamo che piano piano tutti gli altri produttori adotteranno sensori di questo tipo che, pur più costosi, sono più efficienti e più indicati per le macchine di fascia più alta dedicate all'azione (ma non solo). Tutto chiaro ? Parliamone !
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  2. Il Panzer IV era il carro armato medio standard della Wermacht nel periodo 1938-1942. Era il più pesante e anche quello armato meglio. All'inizio della guerra si è presentato con un obice da 7.5cm L24, in grado di battere ogni bersaglio della fanteria ma in difficoltà con le corazze dei carri più pesanti cui doveva avvicinarsi per avere la meglio. Era anche protetto debolmente, tanto che furono presto applicate lamiere supplementari. Restò comunque debole, delicato e anche piuttosto sottopotenziato. Ma a causa della debole reazione avversaria ebbe comunque i suoi meriti, sia in Europa Occidentale che in Africa e nei Balcani. In Russia solo fino alla comparsa del T34 che lo batteva da distanze superiori. Per questo venne subito affrontato un programma di aggiornamento con miglioramenti su tutte le specifiche. A cominciare dal cannone. Venne montato l'eccellente PaK 40 da 75/48. E poi corazzature più spesse e dalla versione H, anche grembiuli e zimmerit. Il carro restò in servizio per tutta la guerra anche se surclassato praticamente da tutti gli altri eserciti. Fu il mezzo più prodotto dai tedeschi. La versione D specificatamente modificata per il clima africano prevedeva prese d'aria protette, una rastrelliera sul posteriore per portare taniche aggiuntive di carburante o acqua e il cestello chiuso dietro alla torretta, per le dotazioni del personale. Oltre alle piastre corazzate aggiuntive, usualmente venivano messi spezzoni di cingoli ad ulteriore protezione delle parti deboli. Nel mio caso ne ho messa una sezione lenta sul muso che all'occorrenza faceva da sporta per il carico di materiali aggiuntivi. La vita nel deserto era dura e spesso i reparti avanzavano molto più delle colonne di rifornimento. Restare in panne nel deserto poteva significare nella migliore delle ipotesi la cattura. Se non la morte. Ci sono mezzi dell'Afrika Korps coperti di scatole, casse, tronchi, tavole e decine di taniche. I mezzi erano sempre pochi perchè i rifornimenti arrivavano via nave attraverso il Canale di Sicilia e i trasporti erano sottoposti ad attacchi da parte dell'aviazione di stanza a Malta (grave errore non neutralizzarla prima di passare in Africa) o della marina inglese. Ad El Elamein, Rommell arrivò con soli 40 Panzer IV efficienti, una manciata di Stug III (cannoni d'assalto su scafo di Panzer III dotati dello stesso cannone del IV Ausf. D ma in casamatta) e di Panzer III, oltre ai pochi e deboli carri italiani, gli unici di cui in grado di affrontare i carri alleati erano i pochi semoventi da 75/18. E tornò indietro senza. tutte le foto precedenti sono fatte in focus stacking automatico Nikon, 20 scatti, passo 3, in luce continua. Poi montati con Helicon Focus. I seguenti invece sono scatti singoli. Modello costruito come da scatola. Si tratta di un kit del 1975 di Tamiya, oggi uscito di produzione e sostituito dalla versione E con un nuovo stampo e dettagli più avanzati. I cingoli sono in gomma vinilica. Ho aggiunto solo l'antenna ricavata da una setola di scopa in carbonio. La finitura è stata ottenuta con colori acrilici Vallejo sopra ad un primer nero e una passata di Panzer Grau, con Gelbbraun RAL8000 e schiarita con il colore della divisa dell'Afrika Korps. Effetti con pigmenti in polvere, ruggine chiara, scura e sabbia di Vallejo e AK Interactive. E lavaggi terra di siena e giallo sabbia. Doppia passata di vernice Matte. Tutto ad aerografo. Questi carri erano sottoposti a grande usura. Caldo terribile di giorno, freddo di notte. Grandi galoppate per l'interno del deserto e per la costiera. Combattendo giorno e notte per settimane finché non venivano distrutti o danneggiati. Anche se non è perfetto, io mi sono divertito molto a farlo e penso che farò presto anche la versione in PanzerGrau operativa in continente. E magari anche un bel Stug III.
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  3. In queste settimane, un pò a proposito e un pò a sproposito è stato nominato più volte su questo sito Herr Petzval. Il nome, lo ammetto, mi è sempre è sempre stato familiare ma, lo ammetto facendo ammenda, senza averne cognizione di causa. Insomma, ignoranza mia, un vero Carneade, parafrasando quanto fa dire Manzoni nelle sue meditazioni e letture a Don Abbondio. Ma certo ho visto più volte quegli strani obiettivi in ottone, spacciati per Petzval da Lomography alla ricerca di gonzi o raffinati intenditori non saprei dire, interessati ad ottenere un certo tipo di sfuocato âgée, sulle reflex/mirrorless di oggi. il mitico obiettivo da ritratto di Petzval del 1840. Era una focale 160mm, f/3.6 con una copertura da grande formato Quindi mi sono documento ed ho scoperto due o tre cose interessanti che vorrei condividere con voi Nikonlander. Nulla di originale, sono cose che si trovano in rete e si limiteranno a chiarire qualche cosa in più del personaggio, esulando dalle applicazioni moderne in obiettivi fotografici ispirati ai suoi progetti. Nella realtà Jozef Petzval è stato un matematico. Nato in Slovacchia, Regno di Ungheria, contemporaneo di Giuseppe Garibaldi (entrambi nati nel 1807 a pochi mesi di distanza, anno in cui Napoleone si cimentava con i russi in Polonia), studio all'università di Buda. Ingegnere, lavorò come tecnico in lavori civili a Budapest mentre insegnava fisica all'università. Poliglotta, oltre allo slovacco e all'ungherese, parlava correntemente anche tedesco, inglese e francese, era un brillante progettista. Invitato a Vienna, accetto l'incarico di Preside della Facoltà di Matematica nel 1837 dove insegnò fino al 1877. Matematica e fisica, significava all'epoca anche meccanica, ottica e acustica. Le prime tre discipline insieme applicate all'arte bellica, formano la balistica. Ed infatti Petzval collaborò con l'Esercito Imperiale Austriaco per il calcolo delle traiettorie balistiche e lo sviluppo dell'artiglieria che nella metà del '800 stava avendo un fortissimo impulso in tutti i paesi europei. Ma non basta perchè il nome di Petzval è legato anche ad altri ambiti, tanto da essere considerato tra i fondatori dell'ottica geometrica, del calcolo applicato alla posizione e alla curvatura delle lenti nei dispositivi ottici, l'introduzione dei binocoli da teatro e la scoperta della Trasformata di Laplace, che alla base di ogni calcolo di simulazione teorica di fenomeni fisici in campo ottico, elettronico, acustico. Fu anche il primo ad occuparsi dello studio delle aberrazioni ottiche applicate ai dispositivi ottici. Fino a prima le lenti venivano fatte a mano, secondo l'esperienza, in modo non tanto più avanzato di quanto potessero fare gli artigiani al tempo di Galileo. Con i calcoli di Petzval tutto assunse un contesto logico e rigoroso. Grazie al suo lavoro fu possibile nei decenni successivi quanto messo a punto da Rudolph per Leica e Zeiss. Spero di aver inquadrato bene il soggetto, insomma. Insomma, il Tesla slovacco, celebrato anche da francobolli, conii e medaglie *** Andiamo al celebre obiettivo e alle sue applicazioni. il Monoskop di Petzval-Voigtlander del 1840. All'epoca si stava diffondendo la dagerrotipia con camere di grande formato che quando avevano un obiettivo, lo avevano estremamente poco luminoso. I calcoli di Petzval gli consentirono di sviluppare un obiettivo da ritratto - che era l'applicazione commerciale più diffusa di quel tempo - estremamente luminoso, addirittura f/3.6 che per il grande formato e l'epoca è un risultato eccezionale. Questo aveva una implicazione pratica, ben più del famoso sfuocato "arriciato" che viene celebrato oggi per vendere cose che ricordano gli obiettivi di quell'epoca. Il tempo di esposizione era così lungo che il malcapitato che si voleva far ritrarre veniva letteralmente inchiodato alla poltrona e doveva stare immobile per minuti. Ma non due-tre minuti, anche per 20-25 minuti. Non so se mi spiego, tale era la scarsa sensibilità del materiale fotografico di allora. I calcoli di Petzval consentirono di illuminare le lastre con una luce di 22 volte superiore. Con il raggiungimento del traguardo di tempi di scatto inferiori al minuto. Il progetto di fatto era stato finanziato dall'arsenale dell'artiglieria austrica che mise a disposizione un intero reparto per aiutare Petzval nello studio. Incautamente, il brillante ingegnere, si affidò per la produzione commerciale dell'obiettivo in campo civile ad un vero squalo dell'epoca, il famoso Von Voigtlander - oggi ben più celebre di Petzval - che gli liquidò sulla parola i diritti di produzione e sfruttamento per una somma di 2.000 fiorini in contanti. Ma l'obiettivo ebbe così successo che Voigtlander ne vendette 60.000 alla cifra di 130 fiorini cadauno divenendo di fatto milionario. La causa civile che Petzval intentò contro l'industriale si perse tra mille lungaggini che vennero aggirate spostando in Germania la produzione degli obiettivi che venivano poi esportati in tutto il mondo. L'obiettivo non era perfetto, ai bordi c'era una perdita evidente di qualità. Di qui il famoso effetto nel suo sfuocato che venne parzialmente corretto successivamente in corso di produzione aggiungendo nello schema degli ulteriori elementi ottici. Copiato in tutto il mondo, cambiò o plasmò di fatto l'arte del ritratto. brevetto inglese di obiettivo derivato dallo schema Petzval del 1884 Se volete leggere dello sviluppo di questo tipo di ottiche potete passare una bella mezz'ora su questo bel sito (qui) *** Ma l'eredità di Petzval va ben oltre questo caso pur degno di nota e il suo famoso obiettivo per sottolineare la straordinaria importanza di Petzval, altro che Von Voigtlander. A lui dobbiamo : l'introduzione del calcolo matematico nell'ottica e tutta l'ottica geometrica (insomma, quella che si usa ancora oggi, al simulatore, per progettare i Nikkor) il calcolo balistico moderno gli studi sul calcolo numerico (Trasformata di Laplace) gli studi sull'aberrazione cromatica e scusate se è poco.
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  4. Guarda per esempio come erano bardati per proteggersi da polvere e sabbia (e fiamme) i due poveretti su questo trasporto truppe tedesco in Libia/Tunisia nel 1942-1943 : una singolarità. Oramai è più facile trovare immagini di modellini perfettamente dettagliati che fotografie d'epoca. Un valore aggiunto sul piano storico e iconografico di questa passione per l'autocostruzione.
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  5. A parte gli influenZer e Nikon, sembrerebbe che Sigma abbia registrato una nuova Sigma fp L. Questa notizia, insieme a quella di un mirino elettronico esterno Sigma, farebbe pensare che stiano correndo ai ripari verso il limite principale riscontrato nella piccola full-frame. Il dover funzionare per forza a braccia tese.
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  6. Ma dove andate a leggere? Siti di finanza o di fotografia? E quale sarebbe la paura, se anche Nikon fosse decotta. Con un catalogo come quello attuale a sparire dal mercato ci metterebbe quanto qualcuno oggi inesistente ad affermarsi sullo stesso mercato. In ogni caso tempi al di fuori della nostra portata utile. Gittata, come direbbe il redattore che costruisce carri armati. O...come dice Nikon oggi: Fino a li... oltre...ci penso!
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  7. Giusto per curiosità, gli interni di un Panzer IV (in questo caso un Ausf. H ma non c'è quasi differenza tra le varie versioni). motore posteriore, trasmissione e cambio anteriori. I poveri disgraziati di fatto stavano immersi tra le granate.
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  8. Grazie a tutti. Intendiamoci, non ho scritto nulla di originale, solo riassunto in un unico articolo, argomenti che abbiamo affrontato più volte in questi 15 anni, a beneficio di chi non si è mai domandato chi sia quel marchio a cui ha dato decine di migliaia di euro negli ultimi decenni. Vorrei ricordare che una volta Nikon produceva per la vendita al dettaglio solo binocoli, microscopi e telescopi amatoriali. Tutto il resto era per l'industria bellica. La conversione ad industria civile è avvenuta - giocoforza - nel 1946 ma la vocazione di fornitore industriale è rimasta intatta. Per Nikon è di gran lunga più facile lavorare attorno ai sistemi optronici di una satellite o di una sonda spaziale che su un apparecchio destinato al grande pubblico da vendere a meno di €500 Quando leggete altrove cose tipo "Nikon sta fallendo", "Nikon smetterà di produrre fotocamere", etc., non fateci caso. Nikon è ancora troppo radicata di un segmento che per decenni l'ha identificata come "la macchina fotografica" per rinunciare ad un ritorno d'immagine del genere. Per cui si sta trattando solo di una delle tante periodiche ristrutturazioni industriali che sono necessarie per adeguarsi alla domanda esterna (riduzione dei volumi, aumento del valore del singolo prodotto, riduzione di fabbriche e manodopera con incentivi, lancio di nuovi prodotti in sostituzione di quelli non più richiesti dal mercato) che stiamo vedendo in questi anni.
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  9. L' obiettivo più particolare del catalogo Nikon si chiama PC Nikkor 19mm f/4E ED. Appartiene ad una gloriosa famiglia di ottiche specialistiche che annovera il suo primo esemplare nel: PC Nikkor 35/3,5 del 1962 (questo è il mio...) in assoluto il primo obiettivo decentrabile per reflex . Questo suo pronipote è, come l'ultima serie di queste ottiche Nikkor, decentrabile e basculabile (tilt & shift), ma non sono queste solamente le ragioni per le quali Nikonland lo ha chiesto ed ottenuto da Nital grazie a Nikon Italia . Si tratta di un 19mm atipico, dall'angolo teorico di campo di 97,3°, in realtà estensibile attraverso decentraggio di +/-12mm sull'asse ottico, quindi decisamente più ampio del cerchio di copertura di un normale obiettivo della stessa lunghezza focale e, come detto, consente altresì basculaggio (tilting) per +/- 7,5° Presentato (anche da noi) nel 2016, forte di uno schema di ben 17 elementi in 13 gruppi con 3 elementi ED e due asferici, dotato di Nano Crystal e di Fluorine coating , per renderlo ulteriormente resistente agli agenti atmosferici, alla polvere, al grasso e alle ditate, ai graffi, stante la notevole sporgenza notevole dell'elemento frontale, più caratteristica di un 12 o 14mm piuttosto che della sua focale (ma è appunto questa la necessità di copertura relativa). Pesa 855 grammi ed ingombra 8,9 cm di diametro per 12,4 cm di lunghezza. E' dotato di un diaframma elettromagnetico a nove lamelle che chiude da f/4 ad f/32 Ampia la ghiera di messa a fuoco, a partire dai 25cm minimi fino ad infinito ed oltre, con un notevole intervallo oltre il simbolo dell'infinito, fondamentale per le condizioni di messa a fuoco manuale nelle quali si opera con questa categoria di obiettivi. Curate le serigrafie degli indicatori di pdc da f/8 fino ad f/32 e della quantità di movimentazione di tilt e shift, con ben distinti trattini per ogni mm o grado di spostamento. Il tappo è in realtà un coperchio a baionetta, profondo quasi 3cm per contenere la boccia dell'elemento anteriore asferico, le piastre di decentraggio e basculaggio sono a loro volta orientabili indipendentemente per 180° la prima (a intervalli, segnalati da blocco, ogni 30°) e per 90° la seconda (due posizioni di blocco ogni 45°), in modo tale da rendere facile l'organizzazione dei pomelli di regolazione delle movimentazioni, in verticale, orizzontale o diagonale. Lo sblocco delle sezioni dell'obiettivo avviene pressando le due apposite levette, abbastanza evidenti, tranne che...quando su treppiede con piastre particolarmente prominenti invece che al tatto si deve andarle a cercare...a vista il decentraggio massimo in una delle due direzioni, visto da dietro, dà la misura dell'effettiva copertura di cui possiamo godere con questo obiettivo: la vista longitudinale consente di apprezzare la quantità di movimento disponibile La sua qualità costruttiva, curata nei minimi particolari si rivela su ogni parte di questo obiettivo, dal costo sicuramente rilevante (attorno ai 3200€), giustificato dalla molteplicità di utilizzo che può suscitare questo che ho definito essere un vero e proprio "banco da lavoro" per artigiani fotografi. Le rotelle di regolazione sono salde e sicure e producono una rotazione micrometrica che è garanzia di accuratezza di impostazione: quella dello shift ogni giro completo produce un decentraggio di 2mm, quindi servono ben 12 complete sue rotazioni da un estremo all'altro del range di regolazione. nella parte posteriore del blocco di basculaggio è ben visibile uno slider da inserire per evitare accidentale spostamento del blocco stesso (per esempio durante il trasporto montato sulla macchina) ed anche una rotella di serraggio della quantità di basculaggio scelto, per evitare slittamenti accidentali in determinate posizioni dell'obiettivo L' insieme macchina obiettivo, impugnato a mano libera, è certamente corposo ed ingombrante, ma non ingovernabile, nel senso che anche senza treppiede ed AF sia certamente gestibile. L'oggetto in sè è suggestivo e suscita interesse ad ogni sua uscita... ma questo interesse, giustificato dalla qualità dei risultati che ci si aspetta di ottenere in funzione dell'utilizzo usuale (per quanto fuori dall'ordinario) che si possa fare di questo obiettivo, risulta essere solo una parte del test cui l'abbiamo sottoposto montato sulla DSLR Nikon più performante in termini di quantità e qualità dei pixel del sensore, la D850, in quanto Nital ci ha gentilmente messo a disposizione insieme all'obiettivo anche un accessorio molto particolare e sicuramente esclusivo: la staffa Jumbo MBS (Multi Big Shoot) realizzata specificamente per questo PC-E da un'azienda italiana, Agno's equipment, su progetto di Giuseppe Maio, PM Manager di Nital, che già per i precedenti obiettivi PC-E (24-45-85mm) ha predisposto analoghi supporti che consentono, grazie ad un'idea tanto semplice quanto geniale di realizzare, attraverso il decentraggio del sensore del corpo macchina, sfruttando la regolazione apposita sull'obiettivo (che invece resta stabilmente ancorato dalla staffa al treppiede) un gruppo di files da unire successivamente in stitching, con qualsiasi apposito software (come Photo Merge di PS o analoga funzione su LR) . In questo modo, con corpi macchina come la mia D850, si possono realizzare con soli tre scatti, file che superino addirittura i 90 milioni di pixel, del tutto privi da qualsiasi difetto di parallelismo e di giunzione causati dalla curvatura dell'ottica utilizzata per lo stitching, esattamente come disponendo di un costoso banco ottico digitale. E senza doversi procurare costose teste a compensazione del centro nodale dell'ottica, o attrezzature dal costo decisamente imparagonabile a questa semplice staffa, della quale parlerò diffusamente più avanti nel test che la riguarda, utilizzata insieme al suo obiettivo cui è dedicata. Un obiettivo decentrabile è dotato di un cerchio di copertura ben superiore a quello necessario a coprire il formato del sensore cui è destinato: questo per consentire la possibilità di tenere in bolla l'obiettivo rispetto al soggetto inquadrato, per esempio uno stabile, una chiesa, un qualsiasi soggetto che per le sue dimensioni e in relazione alla distanza di ripresa, sia impossibile da inquadrare per intero, senza inclinare la fotocamera verso l'alto (o il basso), ingenerando le distorsioni prospettiche che ben conosciamo e che fanno parte del nostro stereotipo percettivo... tanto da farci considerare per assurdo normale una ripresa del genere non corretta, rispetto alla stessa... nella quale le guglie del Duomo di Cefalù risultino perfettamente parallele ed ortogonali, rispetto al punto di ripresa. Ovviamente avvicinandomi ulteriormente alla scalinata del Duomo e volendo riprendere l'intera facciata dello stesso, in salita, insieme allo spazio circostante, anche un 19mm come questo Nikon PC-E dovrebbe dare forfait e chiedermi di realizzare più scatti da legare insieme: ecco che scatta l'esigenza della staffa Jumbo MBS19 per poter mettere insieme la capacità dell'obiettivo di traslare il suo corpo attraverso l'ampio cerchio di copertura immagine disponibile e quella di tenere il centro ottico della lente fisso, giocando sull'angolo di ripresa movimentando il corpo macchina grazie alla staffa di fissaggio al treppiede dell'obiettivo. tre scatti a shift zero, +12 e -12 da dare in pasto a LR (foto-unione foto-panorama) oppure PS (File-Automatizza-Photomerge) e in pochi...secondi ecco che si ottiene un perfetto stitching dei tre file uniti in uno ben più ponderoso (13783x5478= 75,5milioni di pixel) qui compresso, ma vale sempre la pena di cliccare per aprirlo... inevitabile per la natura del luogo (in salita crescente) la necessità di orientare, anche se leggermente, verso l'alto treppiede e fotocamera: la distorsione prospettica va quindi eliminata con un punto di ripresa opportunamente elevato, oppure con una correzione successiva via software, sacrificando una ben piccola parte del fotogramma risultante dei tre file originari: o anche no ... 😄 Determinati soggetti poi, non soltanto impossibili da riprendere in unico scatto, ma altrettanto complessi da risolvere in funzione dei punti di giunzione di un eventuale stitching di più scatti, solo con la Jumbo MBS19 si possono risolvere in tre scatti e nessuna postproduzione: guardate questa monumentale magnolia di Villa Malfitano a Palermo, che in tente occasioni vi ho propinato su Nikonland , ma sempre...un pezzo alla volta. Jumbo + D850 e basta ! La mancanza di elementi architettonici aiuta a giocare con un attrezzo da lavoro come è questo Nikon 19 PC-E, in funzione banco ottico insieme ai 64ISO della D850 ed alla staffa Jumbo Ovvio anche il fatto che trovando il punto di ripresa più idoneo per salvaguardare la prospettiva del contesto che si fotografa anche i palcoscenici più complessi possano essere direttamente risolti, sia con l'obiettivo nudo, utilizzando scatti singoli con la necessaria quantità di movimentazione in shifting così anche unendo due scatti effettuati dallo stesso punto di ripresa, shiftati quanto necessiti ma è chiara la suggestione (e la dimensione del file ottenuto) di un Jumbo shifting del Nikon PC-E 19mm 1 2 e 3... ... et voilà: 73,4 milioni di pixel Il discorso, ovviamente, vale anche in verticale e, ove possibile, consente con questa staffa di realizzare operazioni di documentazione qualitativa difficilmente ottenibili altrimenti con una semplice (se una D850 semplice sia) DSLR Cefalù, abside del Duomo arabo-normanno, Cristo Pantocratore tre scatti in verticale con decentramento massimo a realizzare un file totale da 48x36mm (VxH) un crop 16:9 derivante particolare dell'abside (1500x2300: crop 3,5x) Posso continuare anche parecchio sul decentramento del Nikon 19/4 PC-E, grazie alla implementazione che gliene deriva dalla staffa Jumbo MBS19, ma preme considerare anche il basculaggio (tilting) che questo obiettivo consente, in termini di +/- 7,5° di regolazione, indirizzata all'ottimizzazione della profondità di campo relativa dell'ottica, in estensione o in riduzione, a seconda delle esigenze di ripresa: un esempio di scuola, la ripresa di still-life di un obiettivo... posto alla distanza minima di maf di 25cm e sul quale il piano di maf viene posto sulla zigrinatura tra diaframmi e riferimenti della maf dell'obiettivo palesemente fuori fuoco il resto, stante il diaframma di TA scelto, f/4 come risulta chiaro in Live View a zero tilt ed ancora meglio con la funzione (disponibile su D810 e D850) di Split View graduando il tilting fino a riscontrare nello split view la percentuale desiderata di nitidezza ecco la correzione che ne deriva ... e la conseguente immagine finita Infinite le varianti possibili nella combinazione tra tilt, shift, diaframma e pdc di questo stupendo banco da lavoro, come ho soprannominato questo Nikon che riaccende i fasti del marchio, nella più pura tradizione della Casa di Tokyo. i limiti sono solo quelli della creatività e della capacità di risoluzione del primo dei problemi: quello di persuadere i custodi di una mostra, che una macchina fotografica su treppiede non rubi nulla a nessuno, non danneggi le installazioni (a patto che non ci sia mio figlio piccolo come assistente...), non sia nulla di diverso da una fotocamera senza treppiede usare il treppiede per ogni ripresa e mettere obbligatoriamente a fuoco a mano, aiuta a pensare, aiuta a decidere come sarà lo scatto successivo, aiuta a migliorare subito il risultato: senza dover aspettare, basta guardare quanto appena fatto. Una buona palestra, spesso trascurata. Questo Nikon 19/4 ha una lente frontale aggettante di parecchio: per quanto asferico e trattato con Nanocristalli e Fluorine coating è chiaramente sensibile ai riflessi delle sorgenti di luce dirette: in maniera molto contenuta flares e ghosts possono attraversare i 97,3° della sua ampiezza di campo ufficiale (ma equivalenti ai circa 114° di un 14mm) tanto più, quanto maggiore sia la sua inclinazione verso l'alto ed anche in funzione dell'ampiezza del decentraggio. Ma basta aggirare il problema e... Altra caratteristica della quale avevo letto a proposito dei tilt & shift, la possibilità di ingenerare nell'uso combinato delle due regolazioni ed alle chiusure maggiori di diaframma delle marcate vignettature nelle zone estreme del cerchio di copertura: senza ricercare questo difetto in un'occasione mi si è presentato f/16 f/29 f/4 Io non sono architetto nè ingegnere e subisco vagamente il fascino delle fotografie che hanno fatto la fama e la fortuna dei grandi interpreti dei generi per i quali questo obiettivo e tutti quelli come questo, sono stati pensati: ma per istinto sento che con un Nikkor PC-E a disposizione il mio approccio alla realizzazione di fotografie differenti dal mio solito riceverebbe un impulso notevole. Penso quindi di assecondarlo in breve tempo. Voglio aggiungere una coda a questo corposo articolo, che ho voluto condurre in maniera differente da come, certamente meglio, un addetto ai lavori saprebbe fare, utilizzando soggetti piuttosto avulsi dal contesto cui un obiettivo tilt & shift sia dedicato: una coda a proposito della felice abbinata con la quale Nital, nella persona del suo progettista, G. Maio, intenda la visione in prova di questo obiettivo. Una possibilità talmente azzeccata, da ritenere che questa staffa realizzata dalla Agno's equipment, anche grazie al suo costo contenuto attorno ai 300 euro, dovrebbe essere venduta in bundle a questo obiettivo ed a tutti gli altri PC-E per i quali è stata progettata. Costituisce una opportunità di ripresa che pochi fotografi, quelli che hanno esperienza di banco ottico, possono comprendere prima di poterla utilizzare e mi scuso se con le mie foto così poco conformi possa aver dato magari solamente una minima parvenza della geniale semplicità che rappresenta. Voglio però raccomandare a chi l'ha progettata, di ricordarsi che in Italia lo stivale è stretto e lungo e già a metà di giugno, dalle mie parti in Sicilia, spesso le temperature nelle giornate di sole si elevano con facilità: 🌞😵 fin dalle prime uscite col Jumbo ho notato che dopo la prima oretta e mezza di lavoro, sotto un sole giaguaro da 32°, il vellutino di protezione interna dell'ansa di alluminio che contiene l'obiettivo, tende a spostarsi a causa del peso di macchina ed ottica e della perdita di aderenza della striscetta di biadesivo con la quale il vellutino è stato fissato all'alluminio vanificando il centraggio dell'obiettivo che con grande accuratezza si deve gestire al momento della messa in opera del sistema: manca anche sul cielo della staffa un riferimento di centraggio che potrebbe costituire prezioso allineamento rispetto il riferimento di centro del barilotto dell'ottica. Altresì potrebbe essere utile (e mi scuso in anticipo con i progettisti per la mia potenziale presunzione) sfruttare l'intera larghezza disponibile sul 19mm per il fissaggio della staffa, la cui larghezza utile è di 15mm contro i soli 10mm dell'arco superiore della staffa: non necessariamente realizzandola in alluminio, ma più semplicemente sostituendo quel vellutino con un arco di gomma adeguatamente dura, di quella larghezza, da ancorare opportunamente alla struttura di alluminio con dei piedini che la rendano anche sostituibile quando usurata. Allargare la parte superiore della staffa renderebbe obbligato il posizionamento sull'obiettivo, senza il rischio di serraggi in leggera diagonale, come attualmente è possibile. E scusandomi ancora per questi spudorati consigli nel frattempo, per evitare slittamenti e disallineamenti del sistema, ho risolto con una leggera pezzuola per occhiali (gialla of course), ripiegata e posta tra archetto della staffa ed obiettivo, per ovviare al problema ! Concludo questo ...trattato, affollato di immagini delle più varie e spero non del tutto inadatte, per sottolineare quelli che, nel corso di 15 giorni di uso intensivo e le circa 600 immagini realizzate, (teoricamente poche per i miei canoni da test di un' ottica normale, a sottolineare quanto questo Nikon 19/4 PC-E tutto sia tranne che un normale obiettivo), con le mie considerazioni finali circa: Pregi: Eccezionale obiettivo tilt/shift per maneggevolezza, costruzione, ghiere, comandi Nitidezza, linearità, bassa presenza di distorsione o di aberrazioni cromatiche ottima protezione dagli inevitabili riflessi parassiti, presenti ma non invadenti migliorata gestione separata dei blocchi di decentraggio e basculaggio bello, indiscutibilmente affascinante Difetti: il valore intrinseco di un oggetto simile non risente dell'elevato prezzo d'acquisto, che però costituisce limite alla sua diffusione se avesse pensato Nikon ad una staffa di fissaggio come quella Jumbo, costerebbe sicuramente il triplo della MBS19 Agno's doverlo restituire a Nital dopo solo due settimane: tra una settimana vado in Francia...mi ci immaginavo già alla Torre Eiffel... Max Aquila photo (C) per Nikonland 2018
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