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  1. I cipressi sono un elemento caratteristico del territorio Toscano, forse l'oggetto più particolare, perché fin dal tempo degli Etruschi, erano a testimoniare, con la loro snella altezza, con la loro sobria eleganza, lo scorrere della vita. Il cipresso è alto, composto, e non ha bisogno di nulla, nemmeno di potatura. Sta lì, come un’antica memoria storica, come un guardiano della dimora, come una presenza dolcemente rassicurante. Troppo facilmente si associa il cipresso ai cimiteri, a qualcosa di funebre. È vero, i camposanti sono circondati da cipressi, ma chi si limita a identificare il cipresso con la fine della vita umana forse non è nato in Toscana e probabilmente perde di vista altri aspetti fondamentali di questa pianta, altre collocazioni ed altri paesaggi. L’albero in questione adorna tutte le ville più o meno medicee sparse ovunque, le ampie vallate della Val d'Orcia o delle Crete Senesi, dove il cipresso è talmente compenetrato nel paesaggio ed è talmente elemento costitutivo della sua bellezza che, se fosse eliminato, due delle più belle valli del mondo non sarebbero più tali. Castello di San Donato in Perano - Comune di Radda in Chianti - D850 70-200/4 a 102mm 1/125 f.5,6 iso 80 Località La Leonina (Siena) - D850 70-200/4 a 70mm 1/125 f.6,3 iso 64 Castello di Brolio (Gaiole in Chianti) - D850 70-200/4 a 150mm 1/200 f.8,0 iso 64 Qui si possono notare i filari di cipressi all'esterno e sulle mura da ambo i lati le cipresse o cipresso femmina, che invece di essere affusolato ha la chioma allargata. Castello di Meleto (Gaiole in Chianti) - Z 7 14-30/4 a 22,5mm 1/200 f.6,3 iso 64 Borgo di Montefioralle (Greve in Chianti) - Z 7 70-200/4 a 160mm 1/100 f.6,3 iso 72 Badia a Passignano (Greve in Chianti) - Z 7 24-70/4 a 70mm 1/100 f.4,0 iso 2200 San Quirico d'Orcia - Z 7 70-200/2,8 a 70mm 1/250 f.7,1 iso 125 Stupenda villa scelta per alcune scene del film Il Gladiatore Il Belvedere (San Quirico d'Orcia) Z 7 70-200/2,8 a 200mm 1/200 f.9,0 iso 250 Rocca d'Orcia (Castiglione d'Orcia) Z 7 70-200/2,8 a 70mm 1/160 f.5,6 iso 64 La Pieve - Palazzo Massaini (Pienza) - Z 7 24-70/4 a 40mm 1/80 f.5,6 iso 64 Castello di Montelifré (Trequanda) - Z 7 70-200/2,8 a 103mm 1/200 f.9,0 iso 160 Localita Terrapille (Pienza) Z 7 70-200/2,8 a 86mm 1/160 f.5,0 iso 90 Località nota per essere il terreno di battaglia del film Il Gladiatore Se abbiamo presenti le cartoline della Toscana, i calendari, le guide, che affollano le edicole, le cartolerie e le librerie, in buona parte di queste pubblicazioni sono raffigurati i i paesaggi della Val d'Orcia e delle Crete Senesi. Bene, in molte foto (nella maggior parte) sono presenti i cipressi, disposti in filari su un crinale, o in curiosi circoli in mezzo a un prato, od addirittura solitari isolati, come svettanti bandiere verde-scuro piantate su quelle colline di una bellezza unica. Togliendo i cipressi il quadro che la natura dipinge ogni giorno, perde l’intensità e diventa quasi normale. Località La Leonina (Siena) - D850 70-200/4 a 70mm 1/80 f.8,0 iso 72 Deserto d'Accona (Siena) - D850 70-200/4 a 100mm 1/100 f.8,0 iso 180 Veduta delle Crete da Torre a Castello (Siena) - D850 70-200/4 a 145mm 1/160 f.8,0 iso 220 Località La Leonina - Site Transitoire (Siena) - D850 70-200/4 a 82mm 1/640 f.4,0 iso 64 Località La Leonina (Siena) - D850 70-200/4 a 150mm 1/160 f.6,3 iso 125 Mucigliani (Siena) - Z 7 70-200/4 a 70mm 1/160 f.5,6 iso 64 Ville di Corsano (Monteroni d'Arbia) Z 7 70-200/4 a 75mm 1/200 f.6,3 iso 64 Loc. I Triboli (San Quirico d'Orcia) Z 7 24-70/4 a 24mm 1/100 f.9,0 iso 64 Loc. Monticchiello (Pienza) - Z 7 70-200/4 a 82mm 1/200 f.7,1 iso 100 Filare di cipressi alternati a qualche cipressa (cipresso femmina) Chiusure (Asciano) - Z 7 24-70/4 a 70mm 1/100 f.13 iso 100 Loc. Baccoleno (Asciano) Z 7 24-70/4 a 51mm 1/100 f.5,6 iso 80 Loc. La Foce (Pienza) Z 7 70-200/2,8 a 160mm 1/160 f.8,0 iso 72 Il Cipresso è la sentinella verde del paesaggio Toscano. Infatti, chi ha una certa familiarità con le dolci colline Toscane sa quanto il cipresso sia un elemento importante e riconoscibile nella composizione del paesaggio locale: la sua chioma affusolata e sempreverde è come una sentinella che in file ordinate ci accompagna lungo il viale sterrato d’ingresso alla casa padronale, segna gli angoli dei confini di giardini o di piccole e grandi proprietà, presidia gli incroci delle strade di campagna, gli ostelli, le chiese, le vecchie strade di campagna che corrono lungo le dorsali collinari per unire coloniche isolate o borghi. Il cipresso appare spesso isolato nella campagna a mo’ di punto di riferimento o di segnale per il viandante. Infine, fa da ombra alla quiete dei cimiteri, come presenza simbolica da secoli associata alla vita eterna oltre la morte. Deserto d'Accona (Siena) - D850 70-200/4 a 70mm 1/80 f.8,0 iso 110 Pieve di Vitaleta (San Quirico d'Orcia) - D850 Sigma 24-35/2 a 35mm 1/125 f.9,0 iso 64 Un cipresso e due cipresse Pieve di Vitaleta (San Quirico d'Orcia) - Z 7 24-70/4 a 52mm 1/100 f.7,1 iso 90 Pieve di Vitaleta (San Quirico d'Orcia) - Z 7 70-200/2,8 a 200mm 1/200 f.5,6 iso 110 Poggio Covilli (San Quirico d'Orcia) - D850 Sigma 24-35/2 a 30mm 1/250 f.7,1 iso 64 Pieve di San Leolino (Rignano sull'Arno) - Z 7 24-70/4 a 24mm 1/100 f.5,6 iso 450 Localita Terrapille (Pienza) Z 7 24-70/4 a 70mm 1/100 f.8,0 iso 64 Castello di Spaltenna - La Pieve - (Gaiole in Chianti) - Z 7 14-30/4 a 14mm 1/250 f.7,1 iso 64 Borgo Beccanella (Asciano) - Z 7 24-70/4 a 68mm 1/100 f.5,6 iso 80 Mucigliani (Siena) - Z 7 70-200/2,8 a 200mm 1/200 f.5,6 iso 110 Se in Toscana sparissero i cipressi, sarebbe come togliere a un piatto raffinato un ingrediente fondamentale. Ecco perché in Toscana, non possiamo concepire che il cipresso venga identificato semplicemente con la fine della vita, perché per noi è tutto il contrario, è il simbolo della vita stessa nel suo pieno splendore è il simbolo della bellezza, dell’eleganza, dell’eccellenza della nostra terra. Detto questo, il cipresso non è però nato in Toscana, la sua origine è nel bacino del Mediterraneo orientale, tra la Persia, la Grecia e l’Egitto dove vegeta spontaneamente. Fu importato in Italia dai Fenici e dai Greci, mentre in Toscana, dagli Etruschi. Sono alberi longevi che possono superare senza problemi i 500 anni, e pare addirittura che nel mondo esistano esemplari millenari, soprattutto tra i cipressi del Nord Africa che in alcuni casi raggiungono i 4.000 anni. Composto da foglioline simili a squame allargate e da piccole pigne tondeggianti, il cipresso ha due forme: quella piramidale tipica, come un’ampia lancia piantata a terra, o una fiammella che brucia, e quella orizzontale (cipressa, o cipresso femmina) con una chioma più panciuta dato che i rami invece di salire in verticale si allargano in orizzontale, in modo simile all’abete. La seconda è una varietà che ha minore valore ornamentale ma è altrettanto diffusa in Toscana perché più preziosa della prima nella falegnameria e nell’ebanisteria artigianale. Il cipresso ha avuto un’importanza ornamentale e simbolica ininterrotta per 3000 anni. Gli Egizi amavano la nobiltà della sua fibra e utilizzavano solo il cipresso per costruire i sarcofagi per la sepoltura dei defunti, mentre Etruschi e Romani piantavano cipressi intorno ai cimiteri ed alle tombe di personaggi illustri perché la sua resina profumata copriva l’odore che emanavano i tumuli. Gli artigiani usavano e tuttora usano il legno di cipresso perché praticamente incorruttibile: la fibra regolare, compatta, lo rende pregiato per la realizzazione degli scafi delle navi, per portoni di ville e palazzi, per mobili e strumenti musicali. Secondo la Bibbia, l’arca di Noè era costruita col cipresso, e la tradizione ci dice che la croce di Cristo era fatta anche di cipresso, oltre che di cedro e di pino. Per i giudei prima, e per i cristiani, dopo, il cipresso era simbolo d’eternità. Nei conventi del medioevo i cipressi servivano da barriera frangivento che delimitava lo spazio sacro da quello laico. Il cipresso aveva anche la funzione concreta di frenare il vento che intorno agli edifici sacri, costruiti di solito sulla sommità delle colline, è piuttosto intenso. I pittori del rinascimento, dal Beato Angelico a Paolo Uccello a Leonardo da Vinci, solo per citarne alcuni, usarono le ordinate matasse verdi dei cipressi per spartire lo spazio, i cieli, il paesaggio. Più di recente è stato Rosai a dipingere cipressi, soprattutto nelle stradine collinari intorno a Firenze. In Toscana, apprezziamo il cipresso e tutto ciò che esso rappresenta: storia, arte, bellezza, eleganza, raffinatezza, eccellenza. Che ci volete fare, chi nasce nel bello, ama il bello e finisce per non poter fare a meno del bello. Se è vero quello che dice il principe Myškin ne “L’idiota” di Dostoevskij, “che la bellezza salverà il mondo”, be’ allora in Toscana siamo già sulla via della salvezza. Parti del testo è stato tratto da Tuscanypeople.com
    7 punti
  2. A commento del mio "Diario di un fotografo di libellule" mi è stato chiesto di proporre un'edizione aggiornata del mio vecchio articolo sul Dragonflywatching, che sarebbe come osservare le libellule, per cui lo ripropongo, tenendo conto che a noi interessa soprattutto come fotografarle. L'articolo vecchio lo trovate qui: http://www.nikonland.eu/forum/index.php?/page/indice.html/_/nat/dragonflywatching-perche-no-r829?pg=1 Ed ecco la versione nuova, un po' diversa come stesura, per non essere ripetitivo, e con un po' di foto aggiornate. Prima di cominciare: Le libellule sono belle, ma anche importanti e fragili. Non va dimenticato che libellule sono degli agenti di controllo biologico (ad esempio le damigelle mangiano milioni di zanzare), sono indicatori ecologici di grandissima importanza, le ninfe di alcune specie ad esempio, possono vivere solo in acque pulite, ricche di ossigeno, altre sono legate a determinati ambienti e così via. Molte sono minacciate dalla degradazione del loro ambiente, dalle modalità di coltivazione del riso all'asciutta e così via. Non mancano siti edassociazioni, da noi in Italia la più importante è Odonata.it che, come recita la home page del sito, è una Associazione scientifica che promuove la ricerca odonatologica (sugli odonati, cioè sulle libellule) di base e applicata, la divulgazione, delle conoscenze sull’odonatofauna e la protezione delle libellule e dei loro habitat. Nel mio vecchio articolo trovate un piccolo elenco di altri gruppi e segnalo che c'è anche un gruppo di Facebook : Libellule d'Italia. Ultimo, ma più importante, sono esseri viventi, non giocattoli, sono degne di rispetto, una foto non vale mai la sofferenza di qualsiasi animale (noi compresi). Cosa serve per fotografare le libellule? Conoscere le libellule! Magari si inizia per caso, attratti dalla eleganza dei soggetti, ma poi per appassionarsi davvero bisogna capire cosa si sta guardando e fotografando, altrimenti si cade nella ripetizione e nella noia. la consultazione di guide serie ci aprirà un mondo, mostrandoci sia la diversità insospettabile di specie che il modo di riconoscerle correttamente distinguere giovani e adulti, maschi e femmine, sapere quali ambienti frequentano in modo da cercare le specie che ci interessa riprendere con criterio e non a caso. Si ama ciò che si conosce. Esiste una guida molto, molto bella di cui Carlo Galliani è coautore che ha persino una versione per smartphone. Altra guida molto valida comprendente l'Europa è il manuale di Dijkstra. Qual'è la stagione migliore? In generale gli adulti emergono dalle ninfe quando la temperatura dei corsi d'acqua si stabilizza permanentemente sopra i 15-16°C quindi primavera ed estate, si possono avere (poche) specie di libellule che volano fino ad ottobre inoltrato, attenzione però: Diverse specie di libellule hanno periodi di volo diversi, qualcuna vola per tutta l'estate, altre sono solo solo primaverili, altre estive, altre ancora autunnali, quindi se si vuole fare una cosa più approfondita, si torna al punto sopra: documentarsi, inutile cercare a settembre una specie che da adulto "vola" solo tra Aprile e Giugno. In ogni caso tra fine Aprile e fine Agosto si ha la massima diversità di specie. Dove si trovano? Per divertirsi, per provare, quasi ovunque: va bene qualsiasi specchio d'acqua anche piccolo, anche in un parco cittadino, purchè non eccessivamente inquinato. Ho fatto foto molto belle al Parco della Villa Reale di Monza o al Parco Nord tra Milano e Cinisello, ad esempio. Lungo appena 100 metri del fiume Adda, quest'estate ho fotografato oltre dieci specie fra libellule e damigelle. Nel torrentello davanti alla Villa Reale di Monza si possono agevolmente fotografare diverse specie di Libellule. Altra vista dello stesso canale, con macrofotografo annesso. A Firenze, in questa fontana: Ho fotografato questo (ed altro): Nikon D500, 70-300mm P + Lente addizionale 300mm f10, 1/800s, 800 ISO Nikon D500, 70-300mm P + Lente addizionale 185mm f8, 1/250s, 400 ISO Il discorso cambia se si vuole salire di livello, mettersi a cercare specie particolari, allora occorre sapere quali specie trovi solo presso acque ferme o lente, quali invece frequentano solo acque correnti e così via, poi ci sono specie di nicchia, alcune ad esempio sono tipiche di torbiera ed è difficile trovarle altrove. Lanca del Ticino con acqua corrente e zone stagnanti. Si può trovare di tutto. Poi ci sono quelle ancora più rare, che trovi solo in in alcuni siti di alcune regioni. Per fotografare quelle occorre documentarsi (e magari farsi dare qualche dritta sul posto), ma son cose da appassionati . In quali orari? Dipende dalla stagione e da come le si vuole fotografare. Se voglio documentare il momento magico dell'emersione dell'adulto dalla larva devo essere sul posto nella stagione giusta e prima che sorga il sole, perchè lo "sfarfallamento" (termine improprio, ma tanto per capirci) ha inizio appena prima dell'alba: in quanto durante tutto quel delicato processo le libellule sono completamente indifese e facile preda degli uccelli. Una volta emerse ci vuole anche del tempo perchè le ali si distendano, le vene alari si induriscano e la libellula assuma il colore . Esemplare appena emerso dalla ninfa. Ha ancora le ali appiccicate. D700, 200mm micro nikkor F4 AfD, f16, 1/200s 2000 ISO, Treppiedi. Femmmina ancora "tenera" (non sono ancora induriti l'esoscheletro e le nervature delle ali). D700, 200mm micro nikkor F4 AfD, f16, 1/100s 1600 ISO Treppiedi. Se voglio fotografare le libellule in attività invece va bene tutto il giorno, finchè c'è luce e la temperatura adatta, tra l'altro certe specie hanno meno problemi di noi col caldo. Più difficile invece che volino col brutto tempo. Come avvicinarsi? Piano, lentamente, avanzando in linea retta, cioè senza bruschi cambiamenti di direzione. Da evitare anche il cambiare improvvisamente forma, ad esempio avvicinarsi in piedi e poi inginocchiarsi rapidamente per scattare può farle fuggire. Importantissimo è evitare di proiettare la propria ombra sul soggetto (soprattutto se è un giorno di sole), l'ombra viene percepita come una minaccia (l'arrivo di un uccello predatore) e nove volte e mezzo su dieci provoca la fuga immediata. Un partecipante (dei due) al mio unico workshop per Nikonland tanti anni fa... Anche smuovere la vegetazione per sistemare il cavalletto può portare alla fuga. Ci sono poi specie più timide e specie più confidenti: Sympetrum striolatum, una libellula di Settembre-Ottobre a volte ti si potrebbe posare sull'obiettivo o addirittura in testa. Altre invece hanno una distanza di fuga elevata. Il colore del vestito è relativamente poco influente, basta che non sia troppo acceso e che non ci siano macchie vivaci che si spostano intanto che ci muoviamo. Se ci si muove bene e la fortuna aiuta (cioè la libellula sta mangiando o "pensando ad altro") si può arrivare anche molto vicini. Stando molto attenti e muovendosi bene, si può arrivare a distanza di vera macro anche col soggetto "caldo". In questi casi, se le condizioni lo consentono, io provo a fare delle serie di scatti in sequenza avvicinandomi sempre di più. Anche altri momenti interessanti, come l'accoppiamento, richiedono pazienza ed attenzione, ma possono essere ripresi con lo stesso criterio. Un paio di scatti in avvicinamento progressivo, non sono crop. Nikon D700, Sigma 400mm APO MACRO f8 1/320s, 1000 ISO. Attrezzatura e metodo. Dipende moltissimo da cosa si vuole fare e come si vuole fotografare. Ci sono diversi modi di fotografare le libellule. Io amo fotografare tutti gli animali per quello che sono, vivi e liberi. Cerco di esaltare la loro bellezza "naturale" e/o mostrare quello che fanno. Preferisco quindi riprenderli nei periodi di attività ed in contesti realistici. Questo si riflette nelle mie scelte sull'attrezzatura. Altri che fotografano con altri criteri, potrebbero usare attrezzature differenti. Per le foto a figura intera soprattutto delle libellule "vere" (che sono più grandi delle damigelle) io uso focali lunghe. La maggior parte delle mie foto di libellule sono state scattate con focali dai 300 ai 400mm. In occasioni più disinvolte, meno impegnative va bene anche uno zoom 70-300 magari con lente addizionale. Nelle didascalie ho evidenziato in grassetto l'attrezzatura e i dati di scatto, così vi potete fare un'idea di con che cosa e come ho scattato. Al momento in cui scrivo il mio obiettivo di elezione per le uscite mirate alle libellule è il 300mm f4 Pf, se serve accoppiato al TC 14. Punto. Prima usavo il 300mm f4 AFS sempre con TC14 all'occorrenza (e prima ancora il 300mm f4 SIGMA APO MACRO). Il 300mm f4 Pf rispetto al predecessore ha il vantaggio della compattezza e soprattutto della stabilizzazione, che mi evita sempre più spesso di usare il cavalletto. Il teleobiettivo, oltre a permetterti di mantenere una distanza tale da non innervosire i soggetti più sensibili, consente anche di staccarli dallo sfondo, che diviene omogeneo o comunque non invadente. Diventa anche più facile portarsi all'altezza giusta, raramente un soggetto macro ripreso dall'alto è bello, perchè il rischio di "schiacciarlo" contro lo sfondo, creando in questo modo una scena confusa piena di elementi di disturbo, è elevato. Col teleobiettivo aumentando la distanza si riduce la parallasse per cui il problema è minore. Allo stesso modo grazie all'effetto tele, chiudere il diaframma per garantirsi una certa profondità di campo per avere il soggetto ben a fuoco non avrà effetti negativi sullo sfondo, o ne avrà di meno. Questa coppia era in mezzo alle canne, una focale lunga permette il giusto ingrandimento e di eliminare sfondi confusi. Nikon D300, 300mm f4 + Tc14, f9, 1/1000s, 1000 ISO. Anche per questa Damigella, stessa situazione, il teleobiettivo risolve il problema della distanza e dello sfondo. Nikon D500, 300mm f4Pf + Tc14, f9, 1/1250s, 1100 ISO. Operativamente potremmo dividere la fotografia alle libellule in due parti. Su posatoio ed in volo. Le libellule usano spesso uno stesso posatoio per riposare, sorvegliare il territorio e da cui decollare una volta individuata una preda od un rivale per poi ritornare a posarvisi. Se si trova un soggetto interessante e si vede che ha un posatoio preferito, ci si può avvicinare, lentamente, evitando di innervosirlo, senza preoccuparsi, anche se vola via, a meno che non sia stata colpa nostra, quasi certamente ritornerà. Ci si apposta preparandosi con calma, posizionandosi secondo la luce, si prefocheggia sul posatoio e si attende che la libellula ritorni, magari con una preda, rendendo la foto più interessante. In questi casi il cavalletto è molto utile perchè si scatta da posizione fissa e si può aspettare che il soggetto ritorni senza fare fatica. Le riprese possono essere quelle classiche, di lato, per le libellule che si posano più o meno orizzontali sopra ad un supporto, oppure da sopra o dal dorso, soprattutto per quelle (di solito specie molto grandi che invece si appendono sotto al posatoio tenendo il corpo verticale). Molto spesso si cerca il perfetto parallelismo tra il corpo del soggetto e il sensore, oppure se si ha la possibilità di avvicinarsi, si possono inquadrare di tre quarti o di fronte per avere immagini un po' più originali. Quando si riprendono di lato quelle libellule che si posizionano "sopra", in orizzontale, se si è abbastanza rapidi le si riesce a cogliere nell'attimo in cui si posano, quando per un momento tengono le ali ben aperte lasciando scoperto il capo, con un effetto estetico migliore. Nikon D300, 200mm F4 micro-nikkor AfD, f16, 1/125s, 400 ISO, Flash. Scattare al posatoio può essere utile anche per riprendere decolli o più facilmente atterraggi, si punta il posatoio e quando la libellula arriva in zona si inizia a scattare a raffica finchè non si è posata, la maggior parte degli scatti saranno da scartare, ma qualcuno a fuoco ed allineato di solito si riesce ad ottenerlo. Sequenza di atterraggio. Nikon D500, 300mm Pf f10, 1/1000s, 1270 ISO Treppiedi. Se si vogliono fotografare le libellule in volo bisogna armarsi di pazienza (e di ottimismo!), scegliere una zona dove le libellule non possano vagare troppo in lungo ed in largo, oppure dove ce ne sono tantissime. Non si deve cedere alla tentazione di "inseguire" il soggetto, perché il loro volo è troppo rapido ed imprevedibile. Conviene osservare per un po' i loro voli di pattuglia, capire se hanno rotte piuttosto costanti. Allora si preselezionerà a una distanza di messa a fuoco utile a dare un discreto rapporto di riproduzione e si aspetterà puntando su una delle aree "di volo". Una volta che la libellula entra nella zona inquadrata alla distanza giusta, l'af si occuperà (si spera) di perfezionare il fuoco. Ideale è che si fermino in volo stazionario per un attimo. La raffica è essenziale così come tempi di scatto rapidissimi, potendo, diaframmi non inferiori a f8 e ... ISO di conseguenza. Qui il 300mm f4 (con Tc 14) è insostituibile, addirittura ci vorrebbe un 500 macro!! Libellula depressa (femmina) in volo sopra l'acqua. Nikon D7100, 300mm f5.6, 1/1600s, 1600 ISO. L'attrezzatura cambia se si vogliono fare invece dettagli o riprese ravvicinate. Questo sarebbe (anzi è) il regno dei 200 micro o 180 macro, perchè combinano una distanza di messa a fuoco ancora sufficientemente grande, sfondi abbastanza belli come sfuocato, con rapporti di riproduzione da vero macro. Nikon D300, 200mm f4 micro Nikkor AfD, f18, 1/250s, 400 ISO, flash. In alternativa possono andare bene anche buoni zoom xx-200 o xx-300 con una lente addizionale di qualità. In questo caso sono belle anche inquadratura angolate con a fuoco solo la testa o frontali per sfruttare geometrie creati dalle posizioni delle ali. Nikon D7100, Sigma 180mm f2.8 APO MACRO, 1/1250s, 900 ISO, treppiede. Focali più corte come i 105mm o i 60mm sono a mio parere più problematiche, perchè richiedono di avvicinarsi di più, evidenziano maggiormente elementi di disturbo sullo sfondo, si corre il rischio di agitare gli steli vicini al soggetto facendolo fuggire (se lo si fotografa sveglio/vivo/attivo) è più faticoso posizionarsi perfettamente paralleli. Focali del genere funzionano meglio con soggetti ancora freddi per la notte o in altro modo impossibilitati a fuggire. Sigma Sd Quattro H e 105 mm Macro OS , f8, 1/60s 100 ISO Mirrorless o DSLR? Da quando ho la Nikon Z6, uso quella con piena soddisfazione per tutto quello che è posato, la qualità di immagine e la precisione di messa a fuoco tagliano ogni discussione. In volo... le mie ultime libellule in volo le ho fotografate con la D500, non ha ancora avuto modo di provare come si comporta la Z 6. Immagino che le riprese di atterraggi e decolli puntando al posatoio non presentino problemi. I soggetti in volo... vedremo. Orthetrum cancellatum (maschio). Nikon Z 6, 300mm f4 Pf + TC 17 (!), f8, 1/1250s , 720 ISO. Crocothemis erythraea (maschio) che mangia una damigella (blu). Nikon Z 6, 300mm f4 Pf + TC 17 (!), f8, 1/250s , 900 ISO appoggio di fortuna. Il flash lo uso soprattutto come luce di schiarita su soggetti posati per gestire il controluce, attenuare le ombre o i contrasti quando necessario. Non amo molto gli sfondi neri e tranne pochissime eccezioni non li cerco. Le libellule non sembrano preoccuparsi troppo del lampo. Di solito non uso flash molto potenti, quando avevo fotocamere con il flash incorporato spesso usavo quello, con la D500 molte volte l'SB 400 bastava, magari con davanti un mini diffusore "fai da te" per ammorbidire la luce. Con e senza flash: Lampo di schiarita: D800, 400mm SIGMA APO MACRO, f16, 1/250s flash, treppiedi Nikon D500, 300mm f4Pf + TC 14, f11, 1/640s 640 ISO, flash, treppiedi. Spero che questa versione aggiornata sia di vostro gradimento, se avete osservazioni o domande, saranno molto apprezzate.
    4 punti
  3. Continua il rodaggio, Z7 II 14 30 Z iso 4000 f 11 1/8 sec a mano libera a 22 mm, passaggio su DFINE per eliminare un pò di rumore. Macchina e obiettivo di livello notevole, il panoramix (cit.) non ha più alibi..ahimè!!
    4 punti
  4. E spruzza dappertutto. Castelletto Merli (AL). Da capanno. Una calda estate di qualche anno fa.
    2 punti
  5. Mi è arrivato il barattolo cinese... Annunziato alla fine dell'anno passato, con seducenti modalità di marketing a sorpresa... non appena si è appalesato per ciò che era ed è stato disponibile su Ebay, l'ho comprato (a 230 euro spedizione inclusa), come siamo soliti io e Mauro qui su Nikonland, affrancandoci da ogni richiesta ufficiale che, tranne per la lungimiranza di pochi distributori, sono sempre cadute nel vuoto. eccolo l' AD100 Pro, flash portatile e leggero, di potenza pari alla sigla (100W), pesante 524 grammi con la batteria e lungo meno di una lattina di coca, esattamente 12cm per 7,5 di diametro, dotato di parabola circolare come il V1 dalla cui idea cui deriva (ma è di una ventina di watt più potente), quindi inserito all'interno della dotazione di accessori e modificatori comuni alla testa circolare HR200 dell' AD200 e del già nominato V1 già recensito su Nikonland: specificamente i kit AK-R1 (modificatori) e V11 C e T (filtri colorati e compensatori). scatola...vissuta, ma sappiamo come i trasportatori spesso sognino un futuro nell'atletica pesante ma...niente paura, perchè Godox protegge bene le sue creature e all'interno dei suoi cofanetti austeri quanto eleganti, ecco finalmente il più recente pocket flash della casa di Shenzen, RPC... La prima impressione? ...luminosa perchè anche da spento il Fresnel davanti la parabola sembra intercettare ogni tipo di luce ambiente e...ritrasmetterla. Nella custodia antiurto oltre al Godox Ad100Pro, il suo snodo a vite, costruito per essere agganciato sul classico spigot da stativo, avvitandolo al barattolo su una delle due filettature presenti sul fondello inferiore, munite di scanalature utili a bloccare il fermo dello snodo, come vedremo appresso. La batteria al litio WB100 da 7,2V e 2,6 Ah è compatibile con l'alloggiamento della WB26 del V1 ma è probabilmente incrementata per una maggiore durata della carica il caricabatteria, semplicissimo come quello del V1, è una basetta da collegare all'esiguo alimentatore attraverso un cavetto USB-C, utile pertanto a collegarsi con un powerbank ad alta velocità di carica. Che abbiamo già in casa... Lo snodo di questo AD100Pro è costruito benissimo, davvero un'evoluzione rispetto quello dell' AD200: la rotazione di 90° attorno all'asse è continua e non dotata di posizioni di blocco prefissate, (che spesso sono un fastidio più che un vantaggio), e il fissaggio al flash è dotato di ghiera coassiale di serraggio che evita penose evoluzioni anche pericolose, cui il precedente accessorio ci aveva abituato per essere sbloccato. I due blocchi laterali sono un pò ingombranti, ma non interferiscono: garantiscono una buona presa, per le due operazioni cui sono dedicate: bloccare e sbloccare con facilità. Acceso il Godox... nel display compare stilizzata la ghiera di regolazione delle funzioni, con indicata la necessità di effettuare un breve scrolling verso il basso per sbloccare le funzionalità del lampeggiatore: una volta eseguito il comando... ecco comparire tutte le voci del display (largo solo 3cm) gestibili sia dal flash, sia (come di norma) dal trigger, a norma 2,4GHz come tutti gli apparati luce wireless radio Godox, quindi compatibile con tutti i trasmettitori serie XPro, X1T, X2T, XT32 ed XTR16 per una piena regolazione dei modi e di gruppi e canali di trasmissione del segnale, in TTL, Manuale o RPT, come da tradizione Godox. In questo flash i livelli di potenza sono ben nove, da 1/1 ad 1/256 obbligando quindi...all'acquisto dell'ultimo trigger in senso cronologico, l' X2T che appunto consente di impostare riduzioni di potenza fino a 1/256 Come si vede, la regolazione della potenza può avvenire anche a decimi di valore di potenza oltre che a terzi, di stop, come di solito siamo abituati. Una prerogativa questa, dei flash da studio, che ben si attaglia a questo pocket AD100, il quale spesso verrà utilizzato come luce di effetto, complemento di un flash principale, o d un'altro AD100... ...o di altri due Prerogativa e innovazione di questo AD100Pro (rispetto l'Ad200) la parabola zoom, regolabile manualmente da 28mm a 85mm, utile a non sprecare inutilmente angolo di campo illuminato, specie nelle combinazioni di accessori dei suoi kit, come griglie e snoot, oltre alle bandiere delimitratrici del fascio di luce prodotto Ovviamente presente la possibilità di sincro HSS, che si attiva premendo a lungo il pulsante zoom. sul fianco destro del barattolo, prima delle fessure di ventilazione (sul fondo è presente una ventolina di raffreddamento) e dello slider di sblocco della batteria, vediamo lo sportello che nasconde la presa USB-C per gli aggiornamenti fw e quella minisincro per utilizzi non wireless. A questo proposito, tra le voci del menù ho visto presente pure quella del collegamento wireless in bluetooth con un device esterno, tramite l'applicazione Godox apposita (che io avevo scaricato già sul mio smartphone da tempo) e di cui mi riservo di provare l'utilità... Il diametro della parabola (quasi quello totale del barattolo), presenta alla sua base un piccolo ma molto potente led in funzione di modeling light, da 1,8 watt, regolabile in 10 livelli differenti di depotenziamento utilissimo in moltissime occasioni, specie con i modificatori. (Un difetto sentito dell' AD200 è a mio giudizio l'assenza di luce pilota nella lampada nuda) Impostati canale e gruppo di lavoro, sul flash e sul trigger siamo pronti a cominciare a scattare foto con questo flash magari anche in focus stacking con sequenze da 40 scatti... ma questo era nato come unboxing... ...quindi il resto è un work in progress... A presto, su queste pagine ! Max Aquila photo (C) per Nikonland 2021
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  6. Belle foto di una terra che non ci si stanca di visitare, se ce lo permettessero.
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  7. Con le Z e le lenti native non serve più disattivare lo stabilizzatore da treppiede (e neppure con un panel selezionato di lenti F!). Io ho più o meno lo stesso problema di vista e per lo scatto silenzioso e ritardato ho risolto mettendo entrambe le opzioni sotto il menù i: Le icone sono più grandi e si vedono meglio!
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  8. E' stata una piacevole lettura e visione, complimenti.
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  9. Buono il bilanciamento tra luce naturale ed artificiale, che in queste immagini per me ha un ruolo importante. Considerato che sei "in rodaggio", mi permetto un consiglio: a 22mm hai una profondità di campo enorme, anche a f4. In una immagine del genere, sostanzialmente senza primo piano, probabilmente avresti potuto fare 1/8 f4 ISO 1000, con un considerevole beneficio nella qualità del file (e "la morte sua" sarebbe stata un treppiedino e ISO 64 )
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  10. Una bella serie. Anch'io ho un debole per certi paesaggi toscani e tu li hai intepretati molto bene.
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  11. Bell'articolo, davvero molto interessante! e ben documentato fotograficamente
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  12. Riprese molto ben curate di paesaggi altrettanto ben curati dal uomo.
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  13. bello il racconto della storia dei cipressi in Toscana, i paesaggi toscani sono sempre belli e ogni tanto faccio una capatina in Toscana.
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  14. Foto meravigliose...sarà che adoro il paesaggio toscano complimenti!
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  15. ...solo che ormai è inverno. Due immagini, sostanzialmente degli studi su sfocato e stabilizzatore del 70-300AFP, approfittando della nevicata di ieri mattina. Z6II su 70-300AFP@300mm 1/100 f5.6 ISO 280 a mano libera - otturatore elettronico Z6II su 70-300AFP@250mm 1/60 f8 ISO 400 a mano libera - otturatore elettronico Lo sfocato è un po' duretto ma giocando con la focale e la composizione si riesce a gestire abbastanza bene. La stabilizzazione per me è senza pari, cosa che sta relegando il treppiede alle ore estreme del giorno e/o ai tempi lunghi.
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  16. Rendering in nero. Z7 II + Z 24-200@135mm, f/8, 1/30'', ISO 160, Helicon Remote + Helicon Focus, 26 scatti
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  17. Ripreso dalla barca al largo di Genova Piu' emozionante vederli che fotografarli, ovvero li fotografo perche' mi emozionano.
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  18. No, non sono andato in Myanmar o in qualche altra foresta tropicale dell'Estermo Oriente (anche se temperatura e umidità erano più o meno quelle), purtroppo.Le foto le ho scattate in un parco faunistico (uno un po' speciale, ma lo spiego dopo).Normalmente non faccio foto allo zoo perchè ...non mi interessa. Non le considero fotografie naturalistiche, giusta o sbagliata che sia, è la mia opinione.Questa volta ho fatto un'eccezione per un soggetto... d'eccezione. Durante le mie lezioni sull'evoluzione dei Felidi, parlo del Leopardo Nebuloso perchè ha dei tratti unici che ricordano le tigri dai denti a sciabola, C'è chi ha pubblicato bei lavori scientifici in merito.A lezione uso immagini da internet che vanno bene, ma.. . siccome non avevo mai visto dal vero un Leopardo Nebuloso, mi era rimasta una certa curiosità. Così, quando ho saputo che un centro Italiano fa parte di un progetto internazionale per fare riprodurre in cattività questi animali (gravemente minacciati di estinzione), e ne ha tre, nati in altri zoo, sono andato subito a vederli. E, naturalmente fare qualche foto ricordo . Niente di troppo bello perchè ho dovuto districarmi fra decine di visitatori, di ogni età e livello di chiassosità, vetrate e quant'altro, ma qualcosa ho portato a casa ed eccolo qua. Il Leopardo Nebuloso è una specie diversa dal Leopardo . Non è nemmeno il Leopardo delle Nevi, E' una bestia a sè, Anche il nome scientifico è differente: Neofelis nebulosa. Non è tanto grande, un grosso maschio è lungo poco più di un metro, al massimo un metro e venti, più la coda, che è altrettanto lunga. Un maschio adulto pesa sui 25 kg, la femmina è molto più piccola. Ha un manto con grandi macchie che ricordano le nuvole, da cui il nome. Perchè mi interessa? Perchè come ho scritto, ha qualche carattere che ricorda le tigri dai denti a sciabola, soprattutto le più antiche (di tigri dai denti a sciabola non ce n'era una sola, ma c'era una varietà altettanto grande come grossi felini attuali e no, non sono antenate dei felini attuali ma evolute in parallelo). Il Leopardo Nebuloso ha i canini in proporzione più grandi di tutti i felini viventi, pur pesando dieci volte meno di una tigre, ha i canini lunghi uguale.Per poter snudare questi canini l'apertura delle sue fauci arriva quasi a 90° contro i 65° nei felini attuali, e vicino ai 110-120° nelle tigri dai denti a sciabola. Da un lavoro di Per Christiansen, Il leopardo Nebuloso è a sinistra, i disegni non sono in proporzione. Per Christiansen è un mio collega Danese che si occupa di queste cose, Se guardiamo il muso del Leopardo Nebuloso possiamo farci una vaga idea di come poteva essere quello di una tigre dai denti a sciabola, meno tondo, più allungato e spiovente, forse anche più che nel Leopardo Nebuloso .Sempre come le Tigri dai denti a Sciabola le spalle e le zampe anteriori in proporzione sono robustissime. Più che negli altri felini attuali. Il muso è spiovente e le zampe anteriori sono muscolose Per Christiansen sostiene che se si sapesse di più sul modo di vivere e cacciare del Leopardo Nebuloso, potrebbe essere di aiuto nel valutare le teorie che si sono fatte sul modo di cacciare delle tigri dai denti a sciabola. Purtroppo si sa pochissimo perchè è un animale timido e braccato. Le foto sono state tute scattate al Parco faunistico La Torbiera ad Agrate Conturbia (NO).Come ho scritto all'inizio la considero un parco faunistico un po' differente dai soliti perchè fa parte di un circuito di zoo e parchi faunistici a livello internazionale in cui si tenta di far riprodurre specie ad alto rischio di estinzione non sempre per reintrodurle in natura (a volte sì, in alcuni centri specializzati si tenta con i cuccioli, ma per gli adulti, soprattutto predatori, vissuti in cattività fino all'età adulta difficilmente riuscirebbero a sopravvivere nel loro ambiente originario) ma per preservarle dall'estinzione totale. Per evitare incroci con consanguinei che porterebbero a tare ereditarie, alcuni degli esemplari che nascono in uno zoo/parco vengono mandati in zoo/parchi di altri paesi per accoppiarsi con gli esemplari che là risiedono, in modo da cercare di garantire una varietà genetica che mantenga sana la discendenza. Come ho detto solo in pochissimi centri specializzati (di solito vicini all'area di diffusione naturale della specie) si può poi tentare la reintroduzione.Alla Torbiera l'anno scorso sono nati due cuccioli di Leopardo dell'Amur o della Manciuria, una varietà del Leopardo "normale" adattata ai climi freddi. In natura si ritiene che ne siano rimasti meno di settanta. Sono bellissimi (vedi la prima foto della serie)Da tempo si tentava di far riprodurre il leopardo nebuloso, ma tra la coppia non c'era feeling; ora è arrivata una terza femmina, si vedrà se "funziona". Le foto sono state scattate attraverso vetrate e c'erano dominanti fortissime, ho fatto qualcosa in pp per rimediare, ma so che sono così così. Mi interessava però condividere l'argomento, perchè a me appassiona. Se vi ho annoiato, me ne scuso fin d'ora. Ho fotografato una Tigre dai Denti a Sciabola una volta, ma solo le ossa .
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