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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 23/01/2021 in tutte le aree

  1. E' da un pò che non scrivo un articolo per Nikonland, esco da un periodo di letargo con un editoriale fuori dai consueti schemi. Anche perchè alcuni articoli poco approfonditi hanno ripreso le previsioni di chiusura del bilancio 2020 di Nikon (che avrà termine il 31/3/2021) e la relativa - importante ! - perdita attesa per fare le solite lugubri e improvvide previsioni di bancarotta. Nikon non è solo fotografia. Non lo è mai stata. Anzi, se vogliamo è solo dagli anni '50 del secolo scorso che si occupa di fotografia ma insieme ha mantenuto le sue prerogative di industria ottica affiancando le sue conoscenze in materia di litografia industriale a quelle di metrologia. Metrologia che non significa solo telemetri ottici ma, oggi, principalmente laser. Secondo gli ultimi dati di bilancio, solo il 40% del fatturato di Nikon proviene dalla fotografia. Il resto viene prodotto dalle divisioni che si occupano di strumenti di precisione per l'industria, strumenti di misura, medicina e oftalmologia. In questi giorni mi è capitato di vedere un video riguardante il sistema robotizzato Apdis ed ho scoperto che è installato negli stabilimenti Jagua e Land Rover. Oltre che in altri 36 siti industriali dell'industria automobilistica. Non ho idea di quante fabbriche di automobili ci siano attive nel mondo civilizzato. Ma non saranno 5.000. Quindi credo che 36, moderne al punto da avere sistemi di verifica robotizzati con laser radar, sia una bella percentuale. Questo sistema permette di verificare automaticamente e in modalità centralizzata tutte le misure di scocche, telai e parti assemblate direttamente sulla linea di produzione della fabbrica. Ho visto che in Maserati usano sistemi così sofisticati ma non sono riuscito a vedere il marchio sopra al sensore. Comunque sia, parliamo di tecnologia a lunghezze d'onda ultra corte che utilizzano la riflessione di raggi laser su dispositivi mossi da robot. Nikon ha investito moltissimo anche nella tecnologia robotizzata per muovere fotocamere, sensori e laser, acquistando una importante realtà inglese attiva nel settore. Dubito lo abbia fatto per tenere tutta quella tecnologia per il futuro. Il futuro in questo campo è adesso. Guardate, se vi va, questi filmati. Dopo migliaia di ore di test rigorosi, Nikon Metrology ha introdotto un nuovo sistema radar laser che offre un cambio di paradigma nel controllo della qualità in officina. Il radar laser APDIS, una soluzione metrologica automatizzata senza contatto, ispeziona le caratteristiche a una velocità doppia rispetto alla versione precedente e fornisce misurazioni ad alta precisione equivalenti a quelle fornite da una macchina di misura a coordinate (CMM) a braccio orizzontale. I prodotti radar laser di Nikon Metrology si distinguono sul mercato in quanto utilizzano un raggio laser focalizzato e un'interferometria eterodina per misurare accuratamente la portata. Questa configurazione produce il radar più sensibile possibile, in grado di eseguire misurazioni su quasi tutte le superfici, indipendentemente dalla riflessione. Tale tecnologia è ben consolidata su piccola scala, ad esempio in un laboratorio, ma su grandi distanze fino a 50 metri è unica. Significa che le caratteristiche e le superfici possono essere misurate in modo preciso ed efficiente in coordinate assolute. Ideale per misurazioni ripetitive, laboriose e complesse di oggetti da una lunga distanza stand-off e in grado di accedere anche ad aree difficili da raggiungere senza la necessità di bersagli fotogrammetrici, catadiottri, sonde portatili o preparazione della superficie, APDIS non può essere utilizzato solo in numerosi settori manifatturieri tra cui aerospaziale, automobilistico, energie rinnovabili, ricerca e in effetti qualsiasi ambiente su larga scala. Una nuova fotocamera ad alta definizione abbinata alla nuova ottica confocale Nikon consente una migliore visualizzazione di ciò che viene ispezionato. L'usabilità è stata migliorata riducendo il peso dell'unità del 40% e le sue dimensioni di un quarto, mentre modifiche interne e test completi hanno ulteriormente aumentato il livello di affidabilità, che ora include la protezione IP54 contro l'ingresso di polvere e acqua. La gamma APDIS comprende quattro modelli, due dei quali sono MV430E e MV450E con un raggio di misurazione del raggio rispettivamente di 30 metri o 50 metri. Queste versioni includono la tecnologia Enhanced Feature Scan, che offre fino al doppio della velocità di misurazione delle caratteristiche rispetto ai precedenti radar laser, resa possibile da miglioramenti hardware e software. Consentono inoltre di utilizzare gli scanner APDIS avanzati come accelerometro senza contatto puntando il raggio laser su qualsiasi superficie per misurare le vibrazioni con una risoluzione micron fino a 2.000 Hz, il che può essere utile durante la valutazione di installazioni o apparecchiature. Nikon Metrology offre anche le varianti MV430 e MV450 che sono versioni standard senza miglioramenti per applicazioni in cui non sono richieste velocità massima e analisi delle vibrazioni. Le accuratezze tipiche di misurazione della lunghezza per tutti i modelli vanno da 28 μm a 2 metri a 313 μm a 30 metri e la portata minima è ora più corta a 0,5 metri. APDIS offre maggiore produttività, migliore usabilità e comprovata affidabilità. Misurazioni fino a 2 volte più veloci con Enhanced Feature Scan Maneggevolezza più facile con un design più piccolo del 25% e più leggero del 40% Misure più vicine con portata minima di 0,5 m Migliore protezione in officina con grado di protezione IP54 Visualizzazione più chiara delle misurazioni con l'ottica Nikon e la fotocamera HD Configurazione più rapida con tempi di riscaldamento più rapidi di appena 15 minuti Semplici installazioni di robot con compensazione automatica dell'orientamento (AOC) Feedback istantaneo di stato con LED indicatori esterni Analisi delle vibrazioni dell'ambiente e delle apparecchiature con nuova capacità di misurazione delle vibrazioni superficiali fino a 2000Hz Insomma se mai Nikon dichiarerà bancarotta, non sarà certo per mancanza di know-how o per carenze tecnologiche, perchè dubito che ci siano, al mondo, più di una mezza dozzina di altre imprese operanti in settori così sofisticati e strategici. Pensate poi che tutta questa tecnologia non possa avere ricadute nelle "normali" fotocamere di tutti i giorni ?
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  2. Mi è arrivato il barattolo cinese... Annunziato alla fine dell'anno passato, con seducenti modalità di marketing a sorpresa... non appena si è appalesato per ciò che era ed è stato disponibile su Ebay, l'ho comprato (a 230 euro spedizione inclusa), come siamo soliti io e Mauro qui su Nikonland, affrancandoci da ogni richiesta ufficiale che, tranne per la lungimiranza di pochi distributori, sono sempre cadute nel vuoto. eccolo l' AD100 Pro, flash portatile e leggero, di potenza pari alla sigla (100W), pesante 524 grammi con la batteria e lungo meno di una lattina di coca, esattamente 12cm per 7,5 di diametro, dotato di parabola circolare come il V1 dalla cui idea cui deriva (ma è di una ventina di watt più potente), quindi inserito all'interno della dotazione di accessori e modificatori comuni alla testa circolare HR200 dell' AD200 e del già nominato V1 già recensito su Nikonland: specificamente i kit AK-R1 (modificatori) e V11 C e T (filtri colorati e compensatori). scatola...vissuta, ma sappiamo come i trasportatori spesso sognino un futuro nell'atletica pesante ma...niente paura, perchè Godox protegge bene le sue creature e all'interno dei suoi cofanetti austeri quanto eleganti, ecco finalmente il più recente pocket flash della casa di Shenzen, RPC... La prima impressione? ...luminosa perchè anche da spento il Fresnel davanti la parabola sembra intercettare ogni tipo di luce ambiente e...ritrasmetterla. Nella custodia antiurto oltre al Godox Ad100Pro, il suo snodo a vite, costruito per essere agganciato sul classico spigot da stativo, avvitandolo al barattolo su una delle due filettature presenti sul fondello inferiore, munite di scanalature utili a bloccare il fermo dello snodo, come vedremo appresso. La batteria al litio WB100 da 7,2V e 2,6 Ah è compatibile con l'alloggiamento della WB26 del V1 ma è probabilmente incrementata per una maggiore durata della carica il caricabatteria, semplicissimo come quello del V1, è una basetta da collegare all'esiguo alimentatore attraverso un cavetto USB-C, utile pertanto a collegarsi con un powerbank ad alta velocità di carica. Che abbiamo già in casa... Lo snodo di questo AD100Pro è costruito benissimo, davvero un'evoluzione rispetto quello dell' AD200: la rotazione di 90° attorno all'asse è continua e non dotata di posizioni di blocco prefissate, (che spesso sono un fastidio più che un vantaggio), e il fissaggio al flash è dotato di ghiera coassiale di serraggio che evita penose evoluzioni anche pericolose, cui il precedente accessorio ci aveva abituato per essere sbloccato. I due blocchi laterali sono un pò ingombranti, ma non interferiscono: garantiscono una buona presa, per le due operazioni cui sono dedicate: bloccare e sbloccare con facilità. Acceso il Godox... nel display compare stilizzata la ghiera di regolazione delle funzioni, con indicata la necessità di effettuare un breve scrolling verso il basso per sbloccare le funzionalità del lampeggiatore: una volta eseguito il comando... ecco comparire tutte le voci del display (largo solo 3cm) gestibili sia dal flash, sia (come di norma) dal trigger, a norma 2,4GHz come tutti gli apparati luce wireless radio Godox, quindi compatibile con tutti i trasmettitori serie XPro, X1T, X2T, XT32 ed XTR16 per una piena regolazione dei modi e di gruppi e canali di trasmissione del segnale, in TTL, Manuale o RPT, come da tradizione Godox. In questo flash i livelli di potenza sono ben nove, da 1/1 ad 1/256 obbligando quindi...all'acquisto dell'ultimo trigger in senso cronologico, l' X2T che appunto consente di impostare riduzioni di potenza fino a 1/256 Come si vede, la regolazione della potenza può avvenire anche a decimi di valore di potenza oltre che a terzi, di stop, come di solito siamo abituati. Una prerogativa questa, dei flash da studio, che ben si attaglia a questo pocket AD100, il quale spesso verrà utilizzato come luce di effetto, complemento di un flash principale, o d un'altro AD100... ...o di altri due Prerogativa e innovazione di questo AD100Pro (rispetto l'Ad200) la parabola zoom, regolabile manualmente da 28mm a 85mm, utile a non sprecare inutilmente angolo di campo illuminato, specie nelle combinazioni di accessori dei suoi kit, come griglie e snoot, oltre alle bandiere delimitratrici del fascio di luce prodotto Ovviamente presente la possibilità di sincro HSS, che si attiva premendo a lungo il pulsante zoom. sul fianco destro del barattolo, prima delle fessure di ventilazione (sul fondo è presente una ventolina di raffreddamento) e dello slider di sblocco della batteria, vediamo lo sportello che nasconde la presa USB-C per gli aggiornamenti fw e quella minisincro per utilizzi non wireless. A questo proposito, tra le voci del menù ho visto presente pure quella del collegamento wireless in bluetooth con un device esterno, tramite l'applicazione Godox apposita (che io avevo scaricato già sul mio smartphone da tempo) e di cui mi riservo di provare l'utilità... Il diametro della parabola (quasi quello totale del barattolo), presenta alla sua base un piccolo ma molto potente led in funzione di modeling light, da 1,8 watt, regolabile in 10 livelli differenti di depotenziamento utilissimo in moltissime occasioni, specie con i modificatori. (Un difetto sentito dell' AD200 è a mio giudizio l'assenza di luce pilota nella lampada nuda) Impostati canale e gruppo di lavoro, sul flash e sul trigger siamo pronti a cominciare a scattare foto con questo flash magari anche in focus stacking con sequenze da 40 scatti... ma questo era nato come unboxing... ...quindi il resto è un work in progress... A presto, su queste pagine ! Max Aquila photo (C) per Nikonland 2021
    3 punti
  3. E quando la neve non c'è? Antico castagneto vicino a Madonna del Faggio. Appennino Tosco Emliano. Sigma Dp 1Q in SFD
    3 punti
  4. Premessa doverosa di carattere autobiografico. Politicamente corretto per me è un termine vuoto, come lo doveva essere per John Wayne. Io sono cresciuto guardando i film di John Wayne come molti miei coetanei ma io non lo rinnegherò mai. Penso a John Wayne che pilota gli F-86 in Alaska per fronteggiare la minaccia dei sovietici dalla Siberia. Che poi era lo stesso che guidava la commissione McCarthy per il cinema. Il carro russo per me è il nemico. Ho una certa simpatia per quelli di ultima generazione, post crollo sovietico. Ma certo non per quelli della Grande Guerra Patriottica o che hanno armato koreani e vietnamiti contro "i nostri". Figuriamoci per il T34, simbolo dell'Armata Rossa di Staline vero terrore della Wehrmacht. Costruito in quasi 90.000 esemplari, ha armato praticamente tutti gli eserciti avversari e non escluderei che ce ne siano ancora operativi da qualche parte. Specialmente in Medio Oriente dove serviva sia con l'Egitto che con la Siria, insieme a Josip Stalin e a SU100 (la versione cacciacarri disegnata dai russi sul disegno del tedesco JagdPanther ma con un bel pezzo da 100 o da 122mm sopra). Ecco il mio imbarazzo qui con IL carro russo, per di più prodotto da una casa modellistica russa, la Zvedza di cui ho comprato in questi mesi ben 4 modelli (T34, per l'appunto, T90MS, T72B e giusto per contrappunto, un bel Panzer IV Ausf. E). Infatti per superare lo scoglio psicologico ... ho intenzione di non farlo operativo ma perduto. Più o meno così : T-34 egiziano perduto nel Sinai, ispezionato da un soldato israeliano T-34 coreano offre riparo a due fanti americani non ribaltato o danneggiato ma comunque tutto arrugginito Tornando alla realtà dei fatti, il T-34 era cos' più avanzato dei carri tedeschi che nel 1941 al primo incontro Guderian rimase attonito, sebbene tutti quelli che incontravo venissero ribaltati dagli Stuka nella trionfale avanzata tedesca contro l'impreparata Unione Sovietica. Ma il modello era di una brutale efficacia che venne provata per tutta la guerra, soprattutto con la versione del 1943 che portava in dote un pezzo equivalente a quello del Tiger I. Ben protetto, semplice, con le corazze spioventi ad angolo in grado di deviare i colpi diretti. Molto più economico di quelli tedeschi da produrre in grandissima serie. Soffriva di problemi di natura meccanica dovuti alla scarsa qualità di materiali e processi produttivi. Ma in battaglia ce n'erano cos'ì tanti che le perdite non erano un problema. Nell'immediato dopoguerra venne prodotto anche in Cecoslovacchia, nazione che si incaricava di rifornire in parte gli eserciti amici. Così centinaia di T-34 finirono oltre che in Korea, in Medio Oriente. I T-34 dovevano appoggiare la fanteria, lasciando agli JS-3M il compito di spingere contro i carri israeliani (1948 e 1956). Erano mezzi comunque temibili che solo la scarsa preparazione del personale arabo e l'efficacia del dispositivo aereo e terrestre israeliano poterono sconfiggere. Così moltissimi relitti di carri ex-sovietici finirono per puntellare il deserto e le alture ai confini di Israele. Alcuni carri ancora efficienti vennero presi per la valutazione dall'IDF che però trovò il T-34 superato e il JS-3M troppo delicato per le sue esigenze. A differenza del T-54/T-55 che invece venne inglobato nelle file delle proprie brigate corazzate, una volta occidentalizzato. Sinceramente non sono abbastanza esperto di cose sovietiche da sapere che differenze ci siano tra gli esemplari forniti all'Egitto e questo modello, prodotto nel 1944 dalla fabbrica 183 e sinceramente non me ne curo, dato che non sarà il dettaglio a caratterizzare il mio. Che dovrà solo rappresentare la preda del mio predator M51 che sto verniciando in queste ore ... la scatola del Carro Medio Sovietico prodotto dalla ZVEDZA che orgogliosamente stampa la bandiera russa in copertina ! tutti i pezzi sono contenuti in una successiva scatola in cartone ondulato che racchiude delle belle stampate in plastica verde (ovviamente il mio avrà qualche sfumatura di giallo sabbia annegato nella ruggine) i cingoli sono a maglie e per il mio era una condizione necessaria ... ci son anche dei trasparenti : troppa grazia ! le decal non mi rappresentano niente ... le istruzioni sono in cirillico con traduzione in inglese. Sono succinte ma per la chiarezza vedrò durante il montaggio. A prima vista sembra un bel modello. Considerando il prezzo "cinese", più interessante di altre soluzioni, anche più costose (il MiniArt che se non ho capito male è una ditta Ucraina, costa il doppio, il Tamiya invece è un vecchio modello e per di più un 76mm). Insomma, comincia l'avventura con l'odiato T-34 cui posso solo mostrare una bella croce di ferro per tenerlo a distanza, sperando che Sharon e Dayan non sia troppo lontani dietro le mie spalle
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  5. Palazzina di Caccia di Stupinigi 07/10/2017 foto notturna a mano libera 32 mm Iso 1600 f/4 1/6 sec. D4s obiettivo Sigma 17/35 f/2,8-4
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  6. E spruzza dappertutto. Castelletto Merli (AL). Da capanno. Una calda estate di qualche anno fa.
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  7. ...solo che ormai è inverno. Due immagini, sostanzialmente degli studi su sfocato e stabilizzatore del 70-300AFP, approfittando della nevicata di ieri mattina. Z6II su 70-300AFP@300mm 1/100 f5.6 ISO 280 a mano libera - otturatore elettronico Z6II su 70-300AFP@250mm 1/60 f8 ISO 400 a mano libera - otturatore elettronico Lo sfocato è un po' duretto ma giocando con la focale e la composizione si riesce a gestire abbastanza bene. La stabilizzazione per me è senza pari, cosa che sta relegando il treppiede alle ore estreme del giorno e/o ai tempi lunghi.
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  8. bellissima cromia delle foglie che esaltano sullo sfondo bianco della neve. chapeau
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  9. Foto che rende l'idea di come sia cambiato il nostro vivere quotidiano. Scatto del giugno 1919 in un viaggio in Sicilia. Questa via è una traversa di Corso V. Emanuele (Max correggimi se ricordo male) all'ora dell'aperitivo D 7200,AF-S 16-85, ISO 320, a 85 mm 1/60, f 8, Flash SB 900 (NdR: via Maqueda, LA traversa del corso principale, che è via Vittorio Emanuele, che lo incrocia a Piazza Villena detta anche i Quattro Canti di città)
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  10. Focus stacking di 10 files della precedente, flash diffuso e bandierato in M 1/64 a distanza di pochi cm
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  11. primi scatti... Nikkor 24-70/4S su Nikon 7ii alla prima impressione: luce ben contrastata e quindi ben modulabile, essendo facile ammorbidirla e direzionarla. Flash poliedrico
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  12. Devo dire che rimango sempre affascinato sia in merito al processo costruttivo, che per le info con le quali corredi il tutto! Bravissimo!!!
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  13. Domenica non volevo alzarmi, pioveva, era buio. Che mi alzo a fare? Il telefono mi avverte di una notifica. Un collega appena uscito dalla quarantena mi manda un filmato in cui descrive la sua giornata in Appennino: poca gente che scia, nevicata abbondante, alberi già coperti. Dice: e tu che fai? Io mi vesto, prendo lo zaino con le Sigma e parto. Era già tardi ma come si può resistere? Almeno pesto la neve fresca, faccio qualche scatto. Sono già contento così!
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  14. ieri, una giornata uggiosa, piovigginosa, "un cielo così basso, così grigio che un'anatra si è persa.: un paese piatto, il mio paese" così, guartando cosa c'è in un vecchio hard disk ho trovato questa foto del 2011, che mi ha dato un piccolo piacere, un soffio di speranza. E' stata fatta con la D300, la macchina foto che ho tenuto per più tempo.
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  15. Sviluppata adeguatamente mi piace molto!
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  16. Cambio sensore...D3X con 70-200 FL. Ho provato anche il moltiplicatore di focale 1,7, ma in controluce un disastro (non pubblicata)!
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  17. Bellissime cromie! Se posso permettermi, proverei a tagliarla leggermente a sinistra, dove l'immagine è più chiara rispetto al resto. E questa luce cattura un po' lo sguardo.
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  18. Sono d'accordo con Marco, molto belli i colori dello sfondo inaspettati visto lo scuro che c'e' davanti. Hai provato ( anche ) un taglio verticale "tra le due piante" o orizzontale tagliando il fogliame in basso ?
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  19. Nitidezza e rumore sono sempre al centro delle discussioni quando si parla di attrezzatura fotografica, sensori ed obbiettivi in particolare. Spesso sfugge che, nella fotografia digitale, c'è un passaggio in più: il trattamento nel SW di sviluppo. E che diversi SW hanno diversi comportamenti. Questa cosa, probabilmente, non è così rilevante per tutti: di sicuro tra i lettori ci sarà qualcuno che usa il plugin xyz, dotato di AI, o il supermanico di photoshop che ottiene anche risultati migliori. Io, molti anni fa, ho scelto la strada semplice: solo Ligthroom. Ed ora, ancora, solo Capture One. L'immagine è fatta con la D850 ed il 180-400 AFS VR, con il TC14 inserito ed un pelo diaframmato (f7.1) ad ISO 900, che per la D850 iniziano ad essere un valore interessante per una regolazione attenta di rumore e nitidezza. Sotto vedete un crop a pixel reali, dell'immagine regolata in LR, con i setting affinati nel tempo. E qui quella regolata con Capture One, con il quale gioco da alcuni mesi. Per me la differenza è eclatante, direi quasi uno stop di rumore in meno a parità di dettagli. Ovviamente, per vederla, dovete aprire il file. Vi do alcuni spunti: guardate le piume della testa, il becco e le zone scure dell'acqua davanti. Spesso, davanti a Capture One, si rimane interdetti: che valori metto? Io ho raffinato questa "ricetta": * lascio inalterati a 50 i valori proposti da Cone per la riduzione del rumore su tutti i parametri (Luminance, Details, Color), riducendo un poco Color solo per le immagini a iso molto bassi e ricche di dettagli nei colori. Il SW, in base alla macchina ed agli ISO ha i valori adatti precalcolati con il profilo. E nella mia esperienza "ci prendono" alla grande. * Anche i default dello sharpening cambiano con la macchina e con gli ISO, sempre in base ai loro profili. E sono molto buoni per immagini "generiche". Ma se, invece, ci sono dettagli fini è opportuno rivederli. Io qui li ho rivisti così: - raddoppio del valore di Amount (che a default per la D850 è 120) - -0,2 del Radius (default 0,8 per la D850) - -0,3 del Threshold (default 1 per la D850) Solo raramente li cambio ancora, osservando l'immagine al 200% (ho uno schermo retina, altrimenti è consigliabile al 100%). Ci sono libri scritti su questi valori, e pure qui la guida standard di Capture One, a cui vi rimando per gli approfondimenti "teorici". Ed in pratica? - Amount è facile: è la quantità. A valore più alto corrisponde più nitidezza applicata (varia da 0 a 1000, valore troppo alto=disastro). - Radius è l'ampiezza del dettaglio sul quale interviene. Nella mia esperienza per le immagini di natura, dotate di molti dettagli fini, conviene ridurla un poco rispetto al default. C'è una relazione fondamentale tra Amount e Radius: più' scende il secondo e più deve salire il primo per ottenere sostanzialmente lo stesso effetto complessivo, ma enfatizzando i dettagli fini. - Threshold è la soglia di dettaglio al di sotto della quale riduce o azzera l'applicazione della nitidezza. Ad un valore troppo basso corrisponde l'applicazione della nitidezza anche dove non serve, aumentando il rumore nelle zone senza dettaglio. Ad un valore troppo alto si "impastano" i dettagli molto fini. Qui occorre cercare ad occhio il valore giusto, che tipicamente, nelle immagini ricche di dettagli fini ed a ISO non troppo e un po' sotto il valore di default. Spero sia tutto chiaro, in caso.... chiedete!
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  20. Vincent Munier - Fotografare ai confini del mondo. È difficile scrivere dei propri miti perché sono nostri, personali. Perché in qualche modo ci hanno acceso una luce dentro, capace di illuminare il nostro cammino, anche quando è incerto, anche quando non abbiamo capito e non conosciamo la nostra strada. E quindi parlare di loro è come parlare delle nostre emozioni: difficile. Allo stesso tempo, provando a farlo per scrivere questo articolo, mi sono reso conto che non avrebbe avuto senso dare troppo spazio a note biografiche o descrivere dettagliatamente l’attrezzatura che usa. Sarebbe come descrivere una cena in un ristorante che si è guadagnato le tre stelle della famosa guida rossa Michelin parlando della marca delle padelle che usano in cucina o di dove ha fatto le scuole medie lo chef! Ma può essere interessante sapere che fotografa usando Nikon da quando aveva 12 anni. E che è stato il primo a vincere il BBC Wildlife Photographer of the Year “Erik Hosking Award” per tre anni di seguito. Così come, visto che Nikonland è frequentato da appassionati fotografi, può essere che i lettori siano interessati all’attrezzatura. Cercando in rete si scopre che per il suo ultimo progetto – fotografare il leopardo delle nevi in Tibet - ha usato D5 e D500; ottiche? 24-120/4, 70-200/2.8FL e 800/5.6FL. Progetto che lo ha portato ad affrontare i disagi di appostarsi e fotografare a 5.000mt di quota e con temperature di -35°C. Dichiarando in un’intervista, in merito ai razionali della scelta: “Visto che incontrare un leopardo delle nevi è un privilegio enorme, vuoi avere con te l’attrezzatura migliore che ci sia. Devi saper ottimizzare ogni cosa per essere sicuro di non perderti un solo istante, ed è per questo che mi sono affidato alla qualità e all’affidabilità di Nikon D5 e Nikon D500”. Personalmente credo, considerato lo stile personale che contraddistingue la sua opera, che la sua arte faccia premio su qualsiasi attributo tecnico o tecnologico della sua attrezzatura, fatta salva forse solo la robustezza e la capacità di sopravvivere ai reiterati abusi ai quali nelle sue avventure la deve sottoporre. Avventure, per me si tratta proprio di questo. Fortunatamente, siamo fotografi e quindi per raccontare ci possiamo aiutare con le immagini. Quindi utilizzerò come guida alcune fotografie di due suoi libri, Arctique e Tibet – Minéral animal. Senza pretesa di completezza, ovviamente, e neppure assumendo il ruolo di critico. Semplicemente raccontando cosa mi piace del suo modo di fotografare, che ho conosciuto guardando questa parte della sua per me notevolissima opera. Arctique. Il libro è corredato da un'estratto del Carnet d'expedition, che aiuta molto a capire il dietro le quinte. Raccontando sensazioni e situazioni. Un vero tesoro nel tesoro. Immaginate cosa significa marciare per giorni, in un mondo immenso e privo di altri esseri umani, tirando dietro la slitta contenente tutta la propria vita. Letteralmente. Affrontare le bufere. Camminare, camminare, camminare. Nel silenzio che immagino rotto solo dal rumore dei propri passi e del proprio respiro. Due lumini per creare la differenza termica necessaria ad asciugare gli stivali. Le immagini sono straordinarie. Non solo per il contesto, veramente incredibile, ma per la capacità di raccontare la vita dei soggetti. Le ho prese a caso, semplicemente sfogliando, incapace di fare una scelta. Il secondo libro che vi presento è Tibet – Minéral animal. Il libro è arricchito dalle poesie di Sylvain Tesson. Purtroppo il mio francese non mi consente di leggerle disinvoltamente ma per fortuna mia moglie è in grado di aiutarmi. Trovo che siano assolutamente utili a entrare nel mood cercato dall'autore. Questa una delle mie preferite, sul lupo. Interessante l'abbinamento della poesia sul lupo con la fotografia di una delle sue prede abituali. Il lupo è un lupo per l’ombra. La sua silouette di ragazzaccio si aggira e corre poco oltre l’orizzonte. Ha sempre l’aria di aver fatto un brutto tiro. Non lo si prende mai sul fatto. Veloce, lui è libero. Muovendosi, ovunque è casa sua. Si pensa a lui come a un François Villon, che fugge senza rimorsi alle calcagna. Lui corre, lui caccia, lui uccide, lui canta: una bella vita, nel vento. La sua notte è una festa di sangue e di morte. La crudeltà non è presente nelle sue caccie. Il lupo ha letto Umano, troppo umano di Friederich Nietzsche: “Almeno la vita non è la morale che l’ha inventata.” Gli animali sono “al di là del bene e del male”. Essi vibrano nella verità del presente. La morale è stata inventata dall’uomo che aveva qualcosa di cui rimproverarsi. Torna la contrapposizione di prede e predatori, che idealmente si affrontano. Ambienti enormi, quasi desertici. Altipiani infiniti nei quali un uomo può mettersi in prospettiva. Un mimetismo incredibile, così come deve essere stata incredibile la perseveranza necessaria a trovare questo soggetto. Entrambi i volumi sono stampati su una splendida carta opaca, molto materica e devo dire perfettamente intonata al tipo di immagini. Per me, entrambi, sono grandemente consigliabili. Si possono acquistare direttamente dalla sua casa editrice, Kobalann. Così ho fatto io. Chiudo questo articolo sintetizzando quelli che per me sono i punti di forza di questo fotografo. Innanzi tutto, personalmente, sono deliziato dalla sua capacità di utilizzare, come punto focale di immagini che altrimenti sarebbero di paesaggio, minuscole figure animali. Il risultato che ottiene è una magnifica illustrazione della vita e dell'ambiente in cui i suoi soggetti vivono. Per me questo è uno dei cardini della sua opera. Poi vedo una grande capacità di alternare a quelle immagini altre più didascaliche e di immediata lettura. Un altro, che si capisce leggendo il Carnet d'expedition, è la capacità di esserci, in quei posti. Sopportare quello che sopportano i suoi soggetti, respirare l' aria che respirano loro. Faticare e stringere i denti nei momenti difficili. Per finire, dalle sue foto traspare uno straordinario rispetto per tutti i suoi soggetti. Tutte cose, queste, che ogni fotografo naturalista dovrebbe imparare e tenere sempre presenti. Le immagini sono di proprietà esclusiva di Vincent Munier, da me pubblicate qui al solo fine di illustrare e divulgare la sua opera. Massimo Vignoli per Nikonland 2019
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  21. L'ho già postata sul mio blog mesi fa ma la riposto volentieri perchè è indubbiamente la mia foto dell'anno, una foto che volevo fare da molto tempo, per cui non potevo che scegliere lei. Andrea
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  22. La mia probabilmente è questa, ha un significato è lungo da spiegare, è una delle 4 foto di un polittico con un significato più esteso. Io dico solo che quel giorno per me è stato magico, non per questa ma per tutto il progetto. Questo mi basta.
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  23. Per il genere paesaggi cartoline la mia foto migliore secondo me, è questa veduta di Ischia
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  24. Arles, città romana della Bassa Provenza, fondata nell' 800 a.C. ai margini dell'interessantissima area palustre della Camargue, famosa anche per essere stata uno dei luoghi prediletti da Van Gogh nei suoi dipinti, ospita ogni estate, dal 1970 (ideati dal fotografo di Arles Lucien Clergue, dallo scrittore Michel Tournier e dallo storico Jean-Maurice Rouquette), i Rencontres de la Photographie, che nel 2018 saranno pertanto giunti alla 49^ edizione nell'ambito della quale, scorrendo il programma all'interno dello specifico sito ci si può render conto della enorme quantità di appuntamenti e mostre che nell'arco di tutta l'estate, dal 2 di luglio appunto, fino al 23 di settembre impegneranno il paese nel suo suggestivo centro storico, gli organizzatori, i fotografi che interverranno e, naturalmente, gli spettatori, in quella che nella considerazione di tanti è la massima espressione della Fotografia in tutte le sue forme e manifestazioni, in Europa e quindi, probabilmente, nel Mondo intero. Parallelamente alla manifestazione ufficiale, Arles ospita da sempre anche il cosiddetto Festival Off che grazie all'enorme visibilità data dal passaggio di una massa di addetti ai lavori che difficilmente si potrebbe mai concentrare allo stesso momento nel medesimo luogo, mette nella condizione di essere notati, selezionati e scelti, dando a persone che potrebbero avere molte difficoltà a trovare i canali più idonei per la visibilità del proprio lavoro, un'opportunità che supera anche l'onore di essere scelti per la partecipazione a questo Festival. I luoghi dove si svolgono le mostre sono tutti quelli storici e gli altri, appositamente sorti nell'arco di quasi cinquanta edizioni di Rencontres: per accedervi si paga un day pass o un week pass con il quale vi si ha libero ingresso, ma le discussioni su autori e stato dell'arte della Fotografia si tengono dappertutto in Arles, tra un pastis e una croque Monsieur anche nei bistrot del centro e per questo, basta passeggiare e divertirsi a guardare ed ascoltare. La caratteristica che non soltanto giustifica il nome stesso della manifestazione, ma che anche lega il Festival ufficiale a quello Off è certamente quella che ha elevato i Rencontres di Arles al livello che occupano nella considerazione internazionale e consiste nella lettura dei portfolio da parte di fotografi e critici fotografici, appositamente invitati allo scopo o semplicemente convenuti alla manifestazione. Accanto alla rete ufficiale di incontri, cui si accede per prenotazione e pagando una cifra variabile a seconda degli incontri che si intendono sostenere la cosiddetta Photo Folio Review, che dal 2006 ha sostituito la precedente strutturazione di lettura portfolio, (nella quale era molto più limitato il numero di chi valutava e, conseguentemente, la capacità di accesso), con un esercito di 130 esperti valutatori, il cui elenco sarà disponibile dall'inizio di maggio, subito prima dell'inizio delle prenotazioni (16 maggio), esiste un sistema parallelo organizzato dal Festival Off, ma sopratutto la possibilità, frequentando i posti in questione nella settimana clou, quella che va dal 2 al 7 luglio 2018, di incontrarsi e scambiarsi opinioni con gli artisti che espongono, con curatori di mostre e di gallerie fotografiche di tutto il mondo, con una moltitudine di fotografi, per osservare i loro lavori, discutere dei propri, informarsi, prendere contatti preziosi per la nostra formazione fotografica, o solamente e semplicemente per stabilire dei percorsi che ci porteranno negli anni successivi a visitare posti per incontrasi di nuovo con le persone con le quali avremo allacciato rapporto. Negli anni Novanta, insieme ad un gruppo di amici palermitani con la stessa passione ed un'associazione culturale in comune, organizzammo decine di mostre di artisti sconosciuti (allora) in Italia, semplicemente incontrati ad Arles durante questi incontri di fotografia. Ho avuto già a scrivere su Nikonland riguardo all'argomento della lettura dei portfolio, essere una tappa che per alcuni puo' diventare determinante nello sviluppo della propria attivita' fotografica (non necessariamente professionale) per altri, gia' consapevoli dei traguardi da conseguire e dei mezzi da adoperare per conseguirli, del tutto superflua. Il fine sarebbe quello, non gia' di portare il compitino perfettino all'analisi di un esperto, bensi' testimonianza del proprio percorso di crescita, funzione degli obiettivi prefissi, e di fare ordine tra essi, magari facendosi aiutare a stabilire delle priorità.Il lettore di portfolio, se all'altezza del compito, vi dovrebbe aiutare a fare i passi decisivi per sfrondare dal superfluo il vostro lavoro.Quindi, non e' tanto necessario orientare la selezione delle proprie immagini alla personalita' del lettore di esse, quanto invece fondamentale scegliere il lettore di portfolio in linea col proprio modo di vedere fotografico. Ma non ci dobbiamo aspettare da chi ci accoglie con le nostre immagini una risposta, sulla possibilita' o meno di intraprendere un'attivita' da fotografo professionale, quanto i suoi consigli per affinare la nostra sensibilita' di analisi sulle fotografie che sottoporremo alla sua attenzione e sulle aree di miglioramento, secondo la Sua sensibilita' e la Sua capacita' di analisi del nostro lavoro.A mio parere, scegliere un'opportunita' di confronto del genere rappresenta una tappa fondamentale per ognuno di noi che voglia sinceramente mettersi in discussione ed affidarsi alla possibilita' di crescere ascoltando dei consigli. Leggo spesso di fotografi che disprezzano questo modo di interagire e sono convinto che la confusione spesso sia ingenerata dalle possibilità immense di comunicazione a distanza offerte dal web e dai social network in generale: formulare giudizi dalla tastiera del computer è difficilissimo perchè viene meno il principio alla base dei Rencontres di Arles: l'incontro fisico dei soggetti. E' questo il motivo principale per il quale, nonostante da più di quindici anni scriva di fotografia attraverso questa mia tastiera, ciononostante mi rifiuto recisamente di effettuare valutazioni ed esprimere giudizi sul lavoro altrui, se non mi venga espressamente richiesto (e talvolta neppure in quei casi) Questo perchè ho avuto diverse volte l'onore di essere parte di manifestazioni simili (lontanamente) ad Arles nelle quali ho potuto interagire con fotografi che mi ponevano i loro quesiti, mostrandomi i loro work in progress Anche questa è una condizione essenziale per una migliore interazione col fotografo: se questi ritenga di essere arrivato alla fine della propria ricerca ben difficilmente accetterà di mettersi in discussione, quand'anche abbia accuratamente scelto il soggetto dal quale far prendere visione del proprio lavoro. In ogni caso ritengo sia molto meglio che questa operazione di lettura di un portfolio venga svolta senza fine di lucro (come mi è sempre capitato di fare) la libertà di opinione che se ne deriva quando si sa di non aver percepito del denaro per l'attività in questione, consente a chi legge di trovarsi sullo stesso piano di chi...ha scritto. Ed in questo senso credo che le tariffe richieste ad Arles per il photofolioreview, siano più deputate all'organizzazione di tale faraonico happening piuttosto che alla diretta remunerazione dei singoli esperti che si prestino alla bisogna, quantomeno nel grosso della cifra in questione (probabilmente ne percepiranno solo una parte...non ne ho la minima idea). Immagino in questo senso sia invece organizzato il Festival Off, all'interno del quale il motivo conduttore è proprio il sostegno agli Autori che hanno inviato durante l'inverno le proprie immagini per partecipare al concorso (aperto a tutti) e che poi verranno selezionate ed appese in mostra alla vista di tutti coloro che calcheranno questo paese-palcoscenico che risulta ogni estate essere Arles e che risultano il principale motivo della continuità di questa longeva manifestazione, senza la pari, di sicuro già soltanto per questo aspetto. Il vincitore del Festival Off l'anno successivo viene invitato a partecipare alle mostre ufficiali e, sono certo, impiegherà tutto l'inverno per produrre dei lavori che, stampati, non potranno che accrescere l'importanza di ciò che aveva fatto fino a quel momento. In più ci sono anche le borse di studio in denaro sonante... Questa è la strada, percorsa in queste 49 edizioni da quasi tutti i fotografi più famosi di cui tutti noi abbiamo sentito parlare oltre che ammirato le loro produzioni. Mi sa che quest'anno farò di tutto per tornare ad Arles: è ormai troppo che manco da li...: spero che fra di voi incontrerò qualcuno, che abbia voglia di capire se... la sua seconda foto si riesca a distinguere dalla moltitudine di...prime! O semplicemente di curiosare da turista. A bien tot Max Aquila (c) per Nikonland 2018
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