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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 08/04/2020 in tutte le aree

  1. Onestamente è una faccenda che mi tocca poco, per me la Fotografia Naturalistica è opportunità di incontri e non attività di "caccia al risultato”, non ho smania di fotografare questa o quella specie in particolare, ho invece appetito, insaziabile, per i brividi della scoperta. L'incontro con un selvatico o con un paesaggio mozzafiato, lo lego più al caso che ad una severa pianificazione, una questione di <P> probabilità. Pur operando per massimizzarla, non ho mai agito affinché quel numero <P> diventasse pari ad 1, valore a cui, insegnano i matematici, corrisponde il significato di <Certezza>. L'incontro è per me deve essere Sorpresa e se non lo fosse credo perderei il piacere di esercitare questo genere di fotografia. Strada poderale del Nivolet, Valsavarenche - Dicembre. Non è così per tutti, lo so bene, e non è mia volontà giudicare comportamenti differenti dal mio, bollarli come anti-etici od altro, no vorrei solo riflettere su cosa spinga tanti fotografi naturalisti ad una deriva che non riesco a condividere. E’ assolutamente corretto e ragionevole che un fotografo persegua il traguardo che si prefigge, se lo scopo è quello di una bella foto, nulla di male a far qualsiasi cosa per ottenerla, certamente restando nei necessari limiti di correttezza e legalità. Su cosa sia - deontologicamente - lecito o illecito si sono spesi fiumi di parole. Non parlo delle pratiche che vanno a ledere le altre forme di vita, do per scontato che nessun fotografo, nel 2020, possa anche solo concepirle. Il fatto è che il concetto di “legalità”, per i fotografi della natura del terzo millennio, è diventato più articolato ed identifica come reato principe, uno solo: l’Inganno. Rospi nel loro ambiente, e io con loro, Val Sesia - Marzo. Ingannare significa far credere al lettore di guardare qualcosa non per quello che è, ma per quello che, chi l’ha ritratta, vorrebbe che fosse. Ma questo, si deve osservare, è alla base della creazione fotografica, una verità assoluta, e se non fosse così smetteremmo tutti di fotografare. L’equazione allora non torna, esiste un’evidente contraddizione, ed in termini analitici non se ne esce. La fotografia Naturalistica, ultima area di applicazione fotografica ancora vivida e feconda, deve trascinarsi appresso questo fardello di incongruenza, ci deve convivere. Come con un male incurabile da contenere, prima che mangi tutto e distrugga l’anima sana, la fotografia Naturalistica si interroga e si ridefinisce in continuo per limitare, strizzare, comprimere il suo male, l’Inganno. Questo spiega perché i fotografi naturalisti sono abbastanza tignosi: se li prendi per il culo una volta se la legano al dito per sempre. Sono così perché hanno misurato per il lungo la fatica, gli sforzi e la dedizione necessaria per registrare la natura, quella del picchio verde che ti concede un solo lampo giallo tra un ramo e l’altro. Per quanto mi riguarda sono e resto un fotografo casuale, vivo in una terra esausta che offre poco alla natura, dove le inquadrature non si scelgono, ma si cercano. Perciò non inseguo, ma indago ed ogni incontro è una festa. A causa di questa mia de-formazione sono piuttosto sensibile ai "perculamenti": per quelli come me, chi inganna parlando la mia stessa lingua è degno di scomparire dall'orizzonte, senza appello. Spaventati e lontani, campagna novarese e vercellese- Marzo Aprile e Agosto. Raccontare una bugia può far così tanto danno? Si, se si fotografa la Natura. Fa danno alla Natura in prima battuta e poi guasta gli altri fotografi che si sono innamorati di questa pratica affascinante. Il danno alla natura è presto detto: fotografare stretto stretto lo splendido martin pescatore, documentarne l’esistenza sul fiume Lambro non allontana lo squallore a cui, tutt’ora, è ridotto quel torrente (ed altri di casa nostra). Ma a guardare il Martino vien da pensare che poi, tutto sommato, ‘sto Lambro non può esser messo così male. Deduzione logica se si estrae, scollegandola, la forma dal suo contenitore. Ed ecco allora le carrellate di immagini, gli album delle figurine di animali, che sul web si sprecano, raccolte di forme e colori bellissime, di un mondo che … chissà dov’è. Antropocene è il nome da dare allo strato geologico che stiamo accumulando Fiume Sesia - Agosto. Poi c’è il danno nella testa dei fotografi. Questo è variabile, funzione della personalità di ciascuno, ma vede una base comune nel tentativo di ripetere quello specifico risultato. “Questa foto mi piace tantissimo, voglio riuscirci anche io”, quante volte ce lo siamo detto. E’, tutto sommato, un sentimento virtuoso purché il risultato anelato sia oggettivamente raggiungibile. Lo sappiamo che la quantità di tempo investito è il primo carburante e con la preparazione sia tecnica che scientifica sono condizioni necessarie, ma ahimè mai sufficiente a garantire il conseguimento dello scopo. I più acuti arguiscono che qualcosa non torna, che manca un componente. La Fortuna? Può essere, ma talvolta c’è altro. Osservare gli Orsi russi, non si improvvisa occorre appoggiarsi a chi da decenni ha pianificato il "set" . Carelia finlandese - Agosto Foto del gruppo senza e con Stambecco, Valsavarenche - Febbraio. Non sto parlando di massimi sistemi, sto ragionando su pratiche decisamente diffuse. Prendiamo un fatto eclatante, solo l’ultimo che mi viene in mente, che riguarda un concorso internazionale. Devo ammettere che i concorsi sono un palco su cui possono andare in scena da piccole innocenti truffe ad autentiche vigliaccate. Riconoscerle non è facile, serve una certa consuetudine con i soggetti inquadrati, altre volte sono necessarie indagini degne di Maigret. Sul caso del WPOY 2017, che vide vittorioso e poi radiato a vita il fotografo del formichiere notturno - impagliato - (!), ho avuto l'opportunità di domandare ad un membro di quella giuria, cosa diavolo avesse spinto un bravo fotografo a compiere un inganno così patetico. La risposta mi ha sorpreso e deluso allo stesso tempo: "si tratta di persona ricca e facoltosa, è solo debolezza dell'animo umano". Debolezza, è cedere alla ragione della vanità, e la vanità è una brutta bestia, nessuno ne è esente, soprattutto chi fotografa e ama le sue fotografie, ma ingannare, truffare? Son cose che accadono tutti i giorni anche ben lontano dai concorsi internazionali. Nel febbraio del 2019 con l’amico Paolo abbiamo visitato l’alta Valsavarenche. E’ un luogo particolare che, specialmente in inverno, consente agli “scoppiati” come noi di assaporare l’alta montagna e di incrociare camosci e stambecchi, perché sono loro a scendere verso valle. Ma non sapevamo della Volpe. La Volpe di Pont elemosina qualche stuzzichino nel parcheggio del rifugio. Si presenta di primo mattino a mendicare tra le automobili. Quella mattina Paolo ed io abbiamo scoperto che è cosa nota, tanto che alcuni fotografi si presentano preparati, un bocconcino al volo di carne surgelata e la volpe è ben disposta a farsi riprendere in mezzo alla neve croccante. Splendidi ritratti di volpe tra sbuffi di neve da caricare in qualche forum e chissà, forse, aprendo una rivista, troveremo un bel paginone con il faccione peloso che ti guarda dritto negli occhi. Quella foto io non ve la posso mostrare, ma vi mostro altro, cioè quello che più mi ha “colpito”. Per il lettore, per chi guarderà quei ritratti (non le mie foto), sarà lecito immaginare che al Gran Paradiso, in pieno inverno, camminando sui suoi sentieri, sia possibile incontrare il piccolo cane rosso; eh no, non è così, al più cercatelo fuori della porta della cucina del rifugio. Ma tornando ai fotografi e alle loro foto, sbaglia chi giudica male, alla fin fine queste persone non hanno commesso nulla di grave, non hanno arrecato danno all'animale (anzi) e nemmeno all'ambiente, hanno solo perseguito il loro lecito e meritevole desiderio di ritrarre l’opportunista predatore, come, altrimenti, è pressoché impossibile. Com'è allora che a vedere una foto di quel tipo e sapendo quel che ci sta dietro, magari non mi sento proprio “perculato”, ma mi si sciupa parecchio la poesia? Forse vale solo per me (e Paolo che mi ha trascinato via), non son sicuro, ma ecco qui scodellato tutto il paradosso tra la necessaria libertà di espressione ed il valore del contenuto veicolato. Ho scritto con fatica (tanta) queste quattro righe perché da tempo, ormai, mi arrovello della fotografia nel suo uso, presente e futuro, più che dell’aspetto strettamente tecnico legato alla ripresa. Il momento è particolare, anche al netto della Pandemia, siamo in fase di stallo verso un cambiamento sia della ripresa fotografica che della fruizione delle immagini. Comunque vada questi ragionamenti sono e saranno da affrontare, non risolvere, ma quantomeno da prendere in coscienza. Valerio Brustia - Nikonland 2020
    7 punti
  2. Andiamo subito al sodo, poi nei commenti che vi prego di leggere, qualche puntualizzazione nello specifico. Chi ci conosce e ci segue da tempo sa i trascorsi di Nikonland ed è inutile soffermarci oltre. Se invece qualcuno si imbatte qui per caso solo oggi, vuol dire che non è un nikonista maturo. Sappia che Nikonland è un sito per fotografi esperti che vogliono condividere e confrontare le proprie esperienze fotografiche. O per chi esperto lo voglia diventare presto, bene, ed impegnandosi a fondo. Circa tre anni fa siamo tornati alle nostre origini escludendo dal nostro campo di interesse ciò che non è utilizzabile con una Nikon. La ricreazione era finita ed era tempo che lo dimostrassimo nei fatti. Oggi il mondo non è più quello di allora. Non è un modo di dire. il nuovo logo oltre ad evidenziare il numero 3 del cambiamento (quello della D3, della D3s, della D3x, non a caso) toglie ogni velo dalla bandiera italiana. Con vero orgoglio. Sappiamo che oggi ci leggono Nikon, Sigma, Nikonrumors e probabilmente altre fonti autorevoli, produttori, distributori, negozianti. Oltre a fotografi italiani e non. Molti nostri articoli hanno migliaia di letture. Ne siamo orgogliosi perchè abbiamo deciso che questo è il nostro impegno. Abbiamo cominciato 16-18 anni fa, pensando di imparare dal mondo del web nel momento della transizione al formato digitale. Chi vi scrive all'epoca non sapeva nulla di forum, di siti, di informatica dedicata alla fotografia. Abbiamo finito per convincerci che bisognava invece creare contenuti, perchè quello che c'era, non era soddisfacente. Ci siamo impegnati duramente, sia in termini di tempo che di investimenti - spesso non del tutto indispensabili - per poterne parlare agli altri. E' costata tanta fatica ma continuiamo a farlo. E così sarà, finchè sarà. Nessuno ci paga per farlo. Non ci guadagnamo niente. Nessuno ci regala niente. Ma Nikonland è totalmente libero e chiunque può leggerne ogni sua parte senza nemmeno iscriversi perchè ci piace che sia così e perchè è così che lo abbiamo creato. Non c'è una parola di pubblicità, non c'è alcuno sponsor. E se abbiamo qualche collaborazione con qualche distributore, è solo perchè ci consenta di valutare materiale che con le nostre sole forze non potremmo mai procurarci. Negli ultimi 30 gioni pensiamo di aver toccato il massimo del nostro sforzo in termini assoluti. Oltre a recensire contemporaneamente il Nikkor 800/5.6 e il Nikkor 180-400/4 TC, abbiamo provato anche per primi la Nikon D780, il Nikkor 70-200/2.8 S e il Nikkor 24-200mm. In questi giorni abbiamo in mano il primo esemplare spedito in Italia del Nikkor 20mm f/1.8 S. Se ancora non abbiamo visto la Nikon D6 non è per nostra mancanza di interesse Siamo i primi ad aver testato il lettore di schede CFexpress ProGrade con la sua scheda da 120 gigabyte. I primi al mondo. Non i primi italiani. Ne siamo fieri. Questo è il nostro impegno. Non lo facciamo per farci dire bravi, né per guadagnarci la pagnotta. Su Nikonland si possono leggere tutte queste cose in anteprima, sempre con esperienze dirette di fotografi esperti che si fanno il mazzo per dare una visione il più aderente alla realtà di tutto ciò che sono in grado di valutare. Lo ripetiamo, è il nostro impegno. Iscriversi su Nikonland è possibile, non è obbligatorio per poter leggere. E' gratuito ma non è necessario. Immaginiamo che chi si iscrive su Nikonland lo faccia perchè condivide il nostro spirito e il nostro impegno. E perchè ha le nostre stesse radici - di fotografi e di nikonisti - cioé vuole condividere con gli altri la propria esperienza. Non è obbligatorio, non è a pagamento. Ma iscriversi su Nikonland non è una cosa priva di impegno. Iscriversi su Nikonland senza mai scrivere nemmeno una parola non ha senso. Ma non ha nemmeno senso scrivere su Nikonland senza avere nulla da dire. O senza aggiungere valore. E' questo il prezzo, l'unico prezzo da pagare per essere iscritti a Nikonland. Questo non è un social network. Non è un portale. Non è un forum e non è una social chat stile Whatsapp. E' un sito serio fatto di gente seria che prende sul serio le cose che fa. Chi si iscrive su Nikonland deve essere consapevole che viene preteso che la sua partecipazione abbia il medesimo nostro impegno. In ogni cosa, dalla più semplice domanda alla pubblicazione di un album o di un articolo sul blog. Nikonland non è una repubblica e non è nemmeno un luogo pubblico. E' una oligarchia di cui gli iscritti detengono il potere e non è ammesso nessun altro tipo di partecipazione che non sia degno ed equivalente a quello di chi si impegna di più per il sito. Chi dà poco valore alle parole magari non comprenderà a pieno quanto stiamo scrivendo. Sarà meglio che dia una seconda lettura, prima di iscriversi o prima di continuare a partecipare come magari ha fatto sino ad ora, senza apportare valore aggiunto ad ogni suo contributo, oppure scrivendo cose di poco conto. Perchè nulla è più come prima su Nikonland 3.0 e non ci saranno eccezioni per nessuno : né per l'ultimo iscritto, né per chi ci conosce da lustri (e quindi dovrebbe aver capito cosa ci aspettiamo - a maggior ragione - da lui). ___________________________________________ Nikonland
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  3. Cosa ne dite di questa Luna? Un cielo limpidissimo che mi ha permesso di ammirarla con tutta la sua bellezza! Buona serata a tutti! Remigio
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  4. Partiamo dalla considerazione originaria: la fotografia in senso stretto ed etimologico, non è un'invenzione, ma una scoperta ! Le invenzioni poi, sono state tutte quelle al suo servizio che ci hanno portato oggi in mano uno strumento evoluto come una moderna mirrorless, o una reflex , o una medio formato digitali. La fotografia nasce dagli esperimenti medioevali che portarono, prima, alla conoscenza della capacità di trasmissione della luce in determinate condizioni operative (Camera Obscura), poi associata alle scoperte in materia di chimica organica degli alchimisti e scienziati che tra il Settecento e l'Ottocento già sapevano delle proprietà di alcuni composti di sensibilizzarsi alla luce solare. Quando il brainstorming di secoli si è concentrato sulla possibilità di disporre individualmente ed a basso costo di un apparecchio per la cattura di questi "spettri luminosi" ci si pose il problema, sia del supporto sul quale registrarli, sia della chimica necessaria a mantenerli. E tutto il primo terzo del XX secolo è rimasto impegnato alla ricerca della migliore soluzione di queste istanze. Il formato fotografico che usiamo oggi in digitale è strettamente connesso al cosiddetto piccolo formato di pellicola, introdotto da Oskar Barnack con la sua pocket camera del 1925 nella quale per comodità venne utilizzata la pellicola cinematografica Leica 24x36. Come nel cinema, anche in fotografia, fin dalle origini quindi, il supporto per la registrazione delle immagini fu una striscia di celluloide sensibilizzata con uno strato di emulsione formata da cristalli di alogenuro d'argento (nitrato d'argento + alogeni: cromo/bromo/iodio) tenuti insieme da gelatina animale (in tempi moderni sintetica). Avete presente le nostre mamme o nonne che periodicamente andavano a pulire l'argenteria, gelosamente tenuta al riparo dentro cassetti e apposite custodie, eppure ciònonostante ...annerita anche in apparente assenza di luce? Ecco, quella nutella fotografica spalmata sulla celluloide reagisce alla luce in misura relativa a determinati e standardizzati parametri, (attenti qua ) formando sulla pellicola, al momento dello scatto UNA MAGIA: L'immagine latente ossia uno spettro fotonico in fieri, invisibile, intangibile, ma deteriorabile (entro la data della scadenza della pellicola, to be right) che necessita di adeguato e modulabilissimo trattamento di svviluppo chimico, per essere portato a fornire l'immagine tonale rovesciata del soggetto ripreso (negativo, appunto) dove la luce ha annerito l'argento, determinando nero profondo in corrispondenza delle ALTE LUCI, e neri/grigi graduali dove abbia inciso di meno, fino ad arrivare alle ombre più chiuse (le parti scure del soggetto) che non essendosi riuscite ad annerire durante (ed in funzione della durata) dell'esposizione, si manifestano come le zone più o meno trasparenti del negativo sviluppato (BASSE LUCI) Questa immagine latente della pellicola appena esposta e non ancora sviluppata ho voluto prendere a caposaldo del concetto che la fotografia chimica in Bianco e Nero dipenda da un elemento fisico, materiale, sul quale non si interviene se non con i trattamenti successivi e LABILE, non definitivo, per ciò stesso INSTABILE, mutabile, ma che è parte essenziale dell'emulsione così come è stata creata da chi ha voluto darle un'impronta (densità, acutanza, velocità) che potrà essere esaltata o anche in qualche maniera controllata ed anche parzialmente mutata dalla modalità delle procedure di sviluppo del film . Per "corretta esposizione" in fotografia si intende la regolazione della giusta quantita' di luce necessaria all'elemento sensibile per produrre un'immagine dalla scala tonale piu' equilibrata possibile tra gli estremi delle alte luci e delle basse luci: per una pellicola in bianconero diremmo ... "la giusta quantita' di luce per ottenere un negativo della corretta densita' (ne' troppo opaco ne' troppo trasparente), cosa che, contenendo la variabilita' cromatica tra gli estremi del bianco e del nero e nel mezzo la scala piu' estesa possibile di grigi dalla densita' crescente, rende piu' intuitivo l'approccio a questa tematica, costituendo di fatto un esempio didatticamente proficuo e facile da visualizzare: La cosiddetta "corretta esposizione" e' quindi un concetto piu' che un valore, una media delle potenzialita' della luce disponibile, delle variabili del soggetto e della capacita' percettiva dell'elemento sensibile . Non si tratta di un valore assoluto: è ampiamente modificabile. Di certo, per godere della intera dinamica dell'emulsione di una pellicola, dovremo fare le cose a puntino: scegliere la pellicola in rapporto al tipo di foto che vorremo scattare ed al risultato di gamma tonale che vorremo ottenere, giacchè a secondo della morbidezza o durezza del contrasto luminoso, ossia dell'intervallo totale tra gli estremi di gamma dell'immagine: dalle parti piu' scure a quelle piu' chiare, sceglieremo una pellicola specifica esempio di tre diverse scale tonali a contrasto differente scegliere il rivelatore (liquido chimico di sviluppo) consigliato per assecondare l'impostazione di quella pellicola (oppure uno dalle caratteristiche contrastanti per moderare le sue caratteristiche) e gestire i tempi di sviluppo e le modalità dello stesso, ancora una volta per assecondare, contrastare o potenziare le sue doti dinamiche. stabilire il supporto di Stampa e l'esposizione più consona per valorizzare le qualità che NOI avremo indotto nell'utilizzo concatenato di pellicola+esposizione+sviluppo Quindi la riuscita di un'immagine in Bianco e Nero, trattata chimicamente, risente direttamente in maniera assolutamente soggettiva, personale e compositiva, di una serie di operazioni meramente materiali (esposizione, scatto, conservazione film, modalità di sviluppo e stampa) che si legano indissolubilmente e necessariamente con attività di intelletto che DEVONO essere praticate in prima persona e in maniera perfettamente consapevole, come la scelta dei materiali prima ancora dell'inquadratura, della composizione, e dell'attività mirante al risultato da svolgere in camera oscura. A questo scopo, oggi anche in digitale, bisogna concentrarsi sugli elementi che determinano la nostra scelta di campo: se scegliamo di scattare in Bianco e Nero, dobbiamo cominciare a valutare il soggetto puramente in termini luminosi, come più sopra detto: Affinchè sia chiaro questo aspetto, vi suggerisco una metafora, quella dello scultore che, come Michelangelo prima si reca alla cava di marmo o di pietra per Scegliere il Materiale poi nel suo studio decide di liberare la sua idea dalla pietra che la racchiude, separando Luce da Ombra e sviluppandone l'immagine latente in materiale tangibile (e visibile) definizione dei particolari che preludono alla sua pubblicazione Anche oggi e in digitale, scegliendo di fotografare in Bianco e Nero senza più le limitazioni quantitative e materialistiche della fotografia chimica (ed i notevoli costi connessi) siamo obbligati a percorrere identico percorso formativo per accostarci ad una pratica che più di ogni altra fotografica, si avvicina alle altre arti figurative dove, fate attenzione, non impera il concetto della fedeltà cromatica ne' formale, come in pittura, scultura, incisione, musica: piuttosto impera il concetto della novità e della genuinità.
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  5. Perché? Perché Nikon non ascolta gli utilizzatori dei propri prodotti. Perché non capisce che il suo mercato sempre più sarà una somma di tante più o meno piccole nicchie. Perché non si è ancora adeguata ad un mondo che irrimediabilmente è cambiato e con il Covid sta cambiando ancora e di più, e se mira ai fotografi delle vacanze....
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  6. Non possiamo esultare per il momento terribile che attanaglia il mondo intero, ma come per la gioia che ogni neonato dà ai suoi genitori, dovunque e comunque nasca, complice l'attuale chiusura commerciale su tutto il territorio nazionale (e ben oltre), ritengo di essere una delle prime persone, sicuramente in Italia, ad avere il privilegio di ricevere il nuovissimo Nikon Z Nikkor 20mm f/1,8S, che sarebbe dovuto essere commercializzato in questi giorni, ma che ho brigato con perchè me lo facessero comunque avere, nonostante l'isolamento sociale cui tutti, me compreso, dobbiamo mantenere stretta osservanza: Ecco la scatola giallonera dalla quale l'ho estratto poche ore fa, in una giornata di sole siciliano che non chiedeva altro che di andare a fotografare in giro... manuale utente pieghevole e sacchetto in microfibra, come ormai di norma, scatola ecocompatibile, priva di ogni materiale in plastica, se non per il pluriball che avvolge l'obiettivo, proteggendolo, linea austera identica ad ogni altra realiZzazione per questa baionetta, paraluce a petalo in policarbonato, dal fissaggio a baionetta, e quindi eccolo finalmente fuori dalla scatola, un barilotto da 11cm per 8,5 di diametro e passo filtri a vite da 77mm, per un peso da poco più di 500grammi uno schema ottico da 14 elementi in 11 gruppi, tre lenti asferiche e tre ED ben differente da quello dell'analogo wide F-mount per dimensione e posizionamento, stanti anche i tre cm di inferiore lunghezza Anche questo obiettivo Z è dotato di una notevole serie di O-ring di impermeabilizzazione e di protezione contro polvere e sabbia stepping motor per una messa a fuoco silenziosa e stabile consistente di due unità motore, perfettamente sincronizzate per ottenere le migliori prestazioni in tema di velocità, precisione e per ridurre drasticamente ogni aberrazione cromatica che possa insorgere alle più ridotte distanze di maf di questo obiettivo, che raggiunge i 20cm di distanza minima, come il suo predecessore F mount. Ottimo handling, con l'enorme (forse anche esagerata) ghiera di messa a fuoco manuale, programmabile per regolare le altre funzioni offerte, come la regolazione continua di ISO, oppure della compensazione esposizione, o ancora, dei valori del diaframma. Bello il menisco della lente asferica, dietro il primo elemento frontale, così come il diaframma a nove lamelle, caratteristica distintiva di tutti gli obiettivi S-line per Z. Il mio parco ottiche Z si accresce quindi di questo esimio fratello, della lunghezza focale che preferisco, quella da 94° di angolo di campo. Made in China, da dove ormai... arriva ogni prodotto in Occidente... E dove Nikon produce gran parte del suo catalogo quindi siamo doppiamente fortunati a vedere questo 20mm, sfuggito davvero per poco alle attuali disposizioni di fermo industriale e commerciale. Sul lato sinistro, anche per questo Z 20/1,8, è presente unicamente il selettore di passaggio da maf automatica a manuale Rispetto al recente 24/1,8 le dimensioni sono molto simili, sia con paraluce, sia senza i colori brillanti e ben contrastati parlano dei Nano-Crystal del suo coating uniformità di resa e bassa distorsione agli estremi, grazie anche alla collaborazione con i sw di sviluppo, consentono anche facili stitching orizzontali, come questo di ben 10 fotogrammi le sue caratteristiche da superwide si manifestano anche in un Focus Stacking da 46 fotogrammi, dove il bordo del paraluce di questo spettacoloso 300/4 AF-D stava ad appena 5 cm dalla lente anteriore dello Z Nikkor 20/1,8S, ben al di sotto dei 20cm di distanza minima dal piano focale. Nei prossimi giorni troverò modo di iniziare il test vero e proprio che presuppone anche scattare in esterni, cosa che per adesso ci è preclusa. Pazientate, ma tornate a leggermi su Nikonland. Max Aquila photo (C) per Zetaland 2020
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  7. Le penne del merlo, sia maschio che femmina, sono iridescenti. Cambiano colore secondo l'incidenza della luce. Forme isabelline non ne ho mai viste nel merlo, credo che sia una femmina.
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  8. La sagoma è del merlo. Non è un giovane perché se fosse di quest'anno avrebbe il becco grigio marrone. Può essere una femmina vecchia.
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  9. Per cambiare le cose, Valerio, bisogna impegnarsi. In prima persona. Fotografa tu negli ambienti consoni ...e scrivine. Fotografia e descrizione non possono mentire: chi porta avanti il suo pensiero lascia una traccia. Che conta per chi segue. Una ragazzina di 17 anni ha attualmente il merito, indipendentemente dalla esasperazione del messaggio, di aver contribuito a riportare all'attenzione del mondo occidentale la questione ambientale. La sua importanza e refluenza sul nostro benessere. Subito dopo abbiamo a che fare con un'epidemia che affonda probabilmente radici nell'alterazione di questi equilibri. O porta jella o ha ragioni da vendere. Ognuno può contribuire: anche fotografando e raccontando, come puoi e sai fare tu.
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  10. Ho scattato in Dx riducendo l’area, e poi successivamente l’ho croppata. Per un rusultato migliore (ma non ne sono così sicuro) avrei dovuto montare sul 500 il TC 1,7 II, portanto il campo inquadrato = a 1.275 mm. Ma non avevo con me il moltiplicatore né il treppiede, a quel punto indispensabile.
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  11. Perdonate la mia pedanteria ma avete notato il contesto in cui è stata inserita questa foto ? AL VOSTRO GIUDIZIO ... non alle vostre faccende affaccendati ... Non avete nulla da dire sulla foto di Remigio ? Io ne avrei ma mi sono seccato di essere il solo ad intervenire ! [!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!]
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  12. No. 5,6 cm + 11 di lunghezza dell'obiettivo+1,5 cm circa tra flangia baionetta e piano focale, fanno circa 17/18cm di distanza effettiva. 20cm la distanza minima di maf, il risultato quel pelo di fuori fuoco sullo stacking: scattato a f/5 quindi anche con un minimo di pdc. Nessuna anomalia
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