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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 01/12/2019 in tutte le aree

  1. Un giorno d’autunno in questa affascinante cittadina di 180 k abitanti. Pur sotto una cappa di nuvole grige e conseguente luce pessima riesce comunque ad esprimere una atmosfera particolare: mi pare di entrare in un altro mondo. Una visita fugace alla città che meriterebbe, invece, qualche giorno di attenzione. Ma si fa il possibile con quello che si ha. # 1 veduta dal fiume Salzach, entrando nella città vecchia # 2 e dall’alto della rocca Mönchsberg # 3 # 4 per le vie della parte vecchia # 5 # 6 passando per la celebre Getreidegasse # 7 per arrivare al mercatino, unica nota di colore, dove si può trovare perfino il radicchio rosso tardivo di Treviso (re spadone per quelli della Marca); # 8 si arriva poi alla piazza dove sorge il Duom, su progetto di Santino Solari in stile barocco (la prima a nord delle Alpi). In precedenza sorgeva una cattedrale fin dal 767, distrutta da un incendio nel 1167; fu ricostruita per volere dell’arcivescovo Konrad III von Wittelsbach ma nel 1598 venne danneggiata dalle fiamme. L’allora arcivescovo Wolf approffitò dell’incendio per raderla al suolo e fu il cugino Markus Sittikus von Hohenems che le diede l’attuale aspetto; # 9 l’interno # 10 # 11 # 12 ampi spazi ma anche luoghi meditativi # 13 # 14 l’immancabile omaggio a Mozart # 15 in piazza # 16 giornata uggiosa anche per gli animali... # 17 il piccolo cimitero adiacente il Duomo # 18 spostandosi verso la fortezza di Hohensalzburg costruita nel lontano 1077 dall’arciverscovo Gebhard con funzioni difensive militari, modificata tra l’alto dall’arcivescovo Leonhard von Keutschach, oggi è adibito a museo ; # 18 Interni # 19 # 20 dove in una sala è rappresentato un assalto in battaglia con le armi dell’epoca. # 21 la visita volge al termine e un timido raggio di luce regala un verde fino a quel momento nascosto. Certmente la luce è stata la grande assente, ma a volte bisogna fare con quello che c’è...
    2 punti
  2. Esigo, Baceno, Verbania: nel torrente Polarizzatore (quello della Nikon che mi ha venduto MAX) sul 105 micro, chiuso il diaframma all'uopo e via, quel che viene viene.
    2 punti
  3. Vollombrosa - una delle tante cascatelle
    2 punti
  4. 2 punti
  5. Il riferimento alla pellicola cult di John Milius non è per niente casuale... in effetti ieri era mercoledì. E io avevo voglia di provare la D500 sul campo che preferisce, lo sport. L'idea di scrivere questo blog, invece, già mi balenava per la mente da alcuni mesi, e i campionati FISW, che quest'anno non solo assegnavano i titoli italiani, ma decidevano le qualificazioni per Tokyo 2020 per la specialità shortboard, sono stati la giusta occasione. Galeotto è stato un libro, una classica lettura estiva dal titolo Giorni Selvaggi, scritto dal giornalista e scrittore americano, premio Pulitzer per i suoi servizi di guerra dalla Somalia, William Finnegan. Giorni Selvaggi è la sua storia, la sua vita. Una vita divisa da sempre tra il grande amore per la letteratura e la religione (perchè di questo si tratta) del surf. Una vera e propria folgorazione nata alle Hawaii quando ancora era un ragazzino. Un libro avventuroso, straordinario; un ritmo che non annoia, piuttosto incuriosisce. Finnegan (oggi 67enne) ha girato il mondo per oltre cinquant'anni cercando le onde più difficili da surfare, quelle che egli stesso definisce onde killer, che si infrangono con lo stesso fragore di due treni che si scontrano; racconta della sensazione di terrore assoluta che si prova a surfare un'onda veloce, alta dieci metri. Terrore che in una manciata di secondi si fonde con la gratificante euforia per averla surfata senza cadere. Stati d'animo contrastanti che “sparano” l'adrenalina a mille. Una vita fatta di passione, rischi e sacrifici, tirando a campare, nel suo girovagare, con i lavori più umili: cameriere, benzinaio, giardiniere e di tanto in tanto qualche articolo che le riviste di surf australiane pubblicano volentieri. Persino insegnante di storia nel Sud Africa dell'apartheid, in un college per ragazzi di colore. Più avanti, da giornalista e inviato di guerra non viaggiò mai senza la sua tavola da surf. In quegli anni affrontò persino le onde di El Salvador durante la guerra civile e della Somalia... un bersaglio perfetto. Troppo difficile però rinunciare alla gioia di surfare, quasi per esorcizzare quei momenti difficili, di drammatica sofferenza. Un surfista randagio che i giorni selvaggi li ha vissuti per davvero, affrontando onde che oggi non esistono più perchè il mare, nel suo incessante lavoro di erosione, modifica i fondali. E' geloso delle "sue" onde e sa che non potranno mai più ripetersi e nessuno potrà mai più surfarle. Il campo di gara era lo spot di Mini Capo, nei pressi di Mandriola. Al mio arrivo (intorno alle 11) gli atleti erano già in gara da un paio d'ore, sulla line up, alle prese con onde di circa 4 metri che arrivano in serie (swell) di 3, distanziate di circa 5 secondi. Vento di maestrale, oltre i 25 nodi, abbastanza destabilizzante quando si sta su una tavola piccola, leggera e difficile da controllare come la shortboard. Ma loro sono bravissimi e spettacolari, agili e veloci interpretano alla perfezione ogni minima increspatura sull'acqua. Lo spettacolo infinito di uno degli sport tra i più fotogenici in assoluto... e io mi diverto come un matto. E la D500 nelle mie mani è una scheggia, reattiva e infallibile, nonostate il vecchio 70-300 VR, ieri veramente alla frusta (in attesa che mi arrivi il 200-500). E non potrei scrivere niente di meglio di quanto è statoo scritto finora su Nikonland. Voglio solo pensare che siano le immagini a parlare. E qualche volta l'onda ha la meglio, il mare non si lascia addomesticare Come al solito, spero di aver fatto un lavoro almeno dignitoso. In ogni caso, per poche ore, mi sono divertito tanto. E leggete Giorni Selvaggi, ne vale davvero la pena. Pezzo consigliato, visto l'argomento: dal genio di Brian Wilson, Surf In Usa, Beach Boys
    1 punto
  6. Dopo un anno di fatiche Zetiste, decine di articoli, centinaia di migliaia di scatti (letteralmente), migliaia di interventi su Nikonland, tante, tante soddisfazioni e anche qualche incidente di percorso, sono esausto. Per cui mi ritiro nella mia casettina fino a quando finiranno le provviste, e comunque fino a primavera. I miei vicini saranno l'orso Yoghi con i suoi cestini della merenda e Gollum con il suo tessoro (il Noct 58/0.95, naturalmente) Quindi fotocamere in vetrina e niente foto per almeno 5 o 6 mesi. Qualche articoletto ogni tanto, piuttosto recensioni di buona musica su VariazioniGoldberg.it Au revoir.
    1 punto
  7. Oggi finalmente un po' di tempo libero ed un po' di sole nella stessa giornata. Volevo mettere alla prova la Z6 per vedere come se la cavava con il 200-500 nel fotografare i piccoli passeriformi. Arrivati sul "solito posto" dove c'erano posatoi adatti a fotografare cince e pettirossi dall'auto, troviamo che la zona è diventata una mezza discarica, altro che passeriformi. Piano B: lì vicino ci sono le vasche di fitodepurazione di Castano Primo, luogo amato dai birdwatcher, meno dai fotografi perchè sei completamente allo scoperto. Meglio di niente però. Essendo vicino a Malpensa i volatili più facilmente osservabili in realtà sarebbero questi: In questo caso il 200-500 si è comportato piuttosto bene, sufficientemente inciso anche a 500mm, però su una serie di tre foto (scatto silenzioso) quella in mezzo è fuori fuoco, mah. In ogni caso ecco le "casse" (24-70mm f4 S). 200-500mm a 200mm Gli uccelli abbondano, ma sono lontani tranne le numerosissime folaghe. Però se lo scopo è sperimentare provo lo stesso. Troviamo un Svasso piccolo (che non è un piccolo di Svasso ma un'altra specie). Le distanze sono queste: a 500mm Un supercrop rivela comunque una buona incisione: A volte succedono cose strane, come questa: Ma poi riprende il fuoco e tutto Ok. La luce cambia moltissimo secondo la direzione. Con questo Cigno in volo ho avuto difficoltà: Vedi crop: Colpa mia? Colpa dell'obiettivo? Colpa della macchina? Non saprei proprio. Se volete darmi la vostra opinione in merito, ecco i dati: 500mm, 1/1250s f9, 640 ISO, mano libera, AfC, scatto silenzioso (H esteso). Vista la scarsità dei soggetti "raggiungibili", mi do' agli scorci paesaggistici sfruttando l'effetto di compressione dei piani dato dal teleobiettivo. Focale 200mm. Focale 260mm Sulla Z 6 è presto perchè possa scriverne in modo approfondito, l'impressione generale comunque è positiva. Macchina intuitiva e piacevole da usare, anche in un contesto che non è il suo e con un obiettivo che non è proprio pensato per lei. Come ha scritto Massimo Vignoli, con soggetti piccoli e sfondi confusi, a volte va a prendere lo sfondo (o qualcosa di più contrastato), ma per il resto è piacevole da usare. Ma oggi non so dire quanto sia responsabilità anche dell'obiettivo o del fotografo. Ne scriverò ancora volentieri dopo averla usata per un po' in situazioni più consone. Posso comunque dire che dal punto di vista dell'ergonomia, nonostante io abbia mani grandi, con la Z 6 mi son sentito abbastanza a mio agio (anche col "cannone"). Con il suo 24-70 S la trovo ottima come maneggevolezza e impugnatura, è vero che l'ho usata troppo poco tempo per esprimere un giudizio fondato, in ogni caso penso che aggiungendo al massimo lo small rig, per me sarebbe perfetta anche per un uso prolungato.
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  8. In LR ho 87 lunghe esposizioni, dai 902 secondi ai 40 secondi. Ne sono molto affascinato, trovo l'allungare il tempo a dismisura molto creativo. Per il contest ho selezionato le seguenti. Il trabocco: 2017, D800, 85mm art, 120 secondi. Il molo dismesso: 2015, D800, 35mm art, 362 secondi.
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  9. Il riferimento alla pellicola cult di John Milius non è per niente casuale... in effetti ieri era mercoledì. E io avevo voglia di provare la D500 sul campo che preferisce, lo sport. L'idea di scrivere questo blog, invece, già mi balenava per la mente da alcuni mesi, e i campionati FISW, che quest'anno non solo assegnavano i titoli italiani, ma decidevano le qualificazioni per Tokyo 2020 per la specialità shortboard, sono stati la giusta occasione. Galeotto è stato un libro, una classica lettura estiva dal titolo Giorni Selvaggi, scritto dal giornalista e scrittore americano, premio Pulitzer per i suoi servizi di guerra dalla Somalia, William Finnegan. Giorni Selvaggi è la sua storia, la sua vita. Una vita divisa da sempre tra il grande amore per la letteratura e la religione (perchè di questo si tratta) del surf. Una vera e propria folgorazione nata alle Hawaii quando ancora era un ragazzino. Un libro avventuroso, straordinario; un ritmo che non annoia, piuttosto incuriosisce. Finnegan (oggi 67enne) ha girato il mondo per oltre cinquant'anni cercando le onde più difficili da surfare, quelle che egli stesso definisce onde killer, che si infrangono con lo stesso fragore di due treni che si scontrano; racconta della sensazione di terrore assoluta che si prova a surfare un'onda veloce, alta dieci metri. Terrore che in una manciata di secondi si fonde con la gratificante euforia per averla surfata senza cadere. Stati d'animo contrastanti che “sparano” l'adrenalina a mille. Una vita fatta di passione, rischi e sacrifici, tirando a campare, nel suo girovagare, con i lavori più umili: cameriere, benzinaio, giardiniere e di tanto in tanto qualche articolo che le riviste di surf australiane pubblicano volentieri. Persino insegnante di storia nel Sud Africa dell'apartheid, in un college per ragazzi di colore. Più avanti, da giornalista e inviato di guerra non viaggiò mai senza la sua tavola da surf. In quegli anni affrontò persino le onde di El Salvador durante la guerra civile e della Somalia... un bersaglio perfetto. Troppo difficile però rinunciare alla gioia di surfare, quasi per esorcizzare quei momenti difficili, di drammatica sofferenza. Un surfista randagio che i giorni selvaggi li ha vissuti per davvero, affrontando onde che oggi non esistono più perchè il mare, nel suo incessante lavoro di erosione, modifica i fondali. E' geloso delle "sue" onde e sa che non potranno mai più ripetersi e nessuno potrà mai più surfarle. Il campo di gara era lo spot di Mini Capo, nei pressi di Mandriola. Al mio arrivo (intorno alle 11) gli atleti erano già in gara da un paio d'ore, sulla line up, alle prese con onde di circa 4 metri che arrivano in serie (swell) di 3, distanziate di circa 5 secondi. Vento di maestrale, oltre i 25 nodi, abbastanza destabilizzante quando si sta su una tavola piccola, leggera e difficile da controllare come la shortboard. Ma loro sono bravissimi e spettacolari, agili e veloci interpretano alla perfezione ogni minima increspatura sull'acqua. Lo spettacolo infinito di uno degli sport tra i più fotogenici in assoluto... e io mi diverto come un matto. E la D500 nelle mie mani è una scheggia, reattiva e infallibile, nonostate il vecchio 70-300 VR, ieri veramente alla frusta (in attesa che mi arrivi il 200-500). E non potrei scrivere niente di meglio di quanto è statoo scritto finora su Nikonland. Voglio solo pensare che siano le immagini a parlare. E qualche volta l'onda ha la meglio, il mare non si lascia addomesticare Come al solito, spero di aver fatto un lavoro almeno dignitoso. In ogni caso, per poche ore, mi sono divertito tanto. E leggete Giorni Selvaggi, ne vale davvero la pena. Pezzo consigliato, visto l'argomento: dal genio di Brian Wilson, Surf In Usa, Beach Boys
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  10. Salve amici, sono in un periodo minimal per cui tendo a vedere le cose in bianco e nero ed a ricercare la semplicità nelle composizioni. Più che cerco di approfondire questi argomenti e più mi rendo conto di come sia difficile affrontarli, così ho pensato che la silhouette fosse un tema interessante da sviluppare, senza richiedere bianco e nero o minimalismi vari...solo silhouette nel paesaggio. Semplicità non è sinonimo di scarsa qualità o fantasia, la vedo come sinonimo di ricerca se applicato alla fotografia. Il contest, per praticità con le scadenze, parte da oggi ed ha durata dal 21 gennaio al 3 febbraio. Buon divertimento, Andrea 😋
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  11. Per vari motivi ho fatto praticamente tardi.....Posto 2 foto che ho trovato al volo..... Solito posto in due giorni diversi, solita macchina la V3
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  12. Solito posto dell'altra foto, non so nemmeno se rientra nei parametri (la persona è soggetto o complemento oggetto??? 🤔😊)....stavo fotografando i giochi dell'acqua, della spiaggia con la luce che stava sparendo... in questa spiaggia immensa, a seconda delle enormi maree. Ero in cima ad uno scoglio e nonostante il buio ogni tanto passava qualcuno.....
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  13. Ogliastra-diquandoancorandavamoalmare
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  15. Ancora Faggi.... mi sa che siamo in pochi ad apprezzare la nebbia....😁
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  16. No no, niente borsettate che il sangue, soprattutto se mio, mi fa impressione Metterò la seconda foto dell'anno Ed eccola qui
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  17. Non esageriamo Aldo, c'è ancora gente (come me) che al momento se la passa in città Capo Caccia (Alghero)
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