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  1. Bad Gastein è un noto centro turistico situato a ridosso degli Alti Tauri nella regione saliburghese, celebre per i suoi stabilimenti termali e per gli sport invernali. I primi insediamenti risalgono a circa 2000 anni fa, colonizzata dai Romani e successivamente dai Celti, la valle era un luogo di transito delle merci; ma è a partire dal XVII secolo che diventa meta dell’aristocrazia europea. Frequentato da Otto von Bismarck, da Guglielmo di Prussia e Francesco I° con sua moglie Elisabetta (la celebre Sissi), in tempi moderni ha conservato nell’architettura i fasti del secolo scorso abbinando costruzioni moderne e funzionali per gli sport invernali. L’ho visitata fuori stagione, con poca gente in giro, lontano dai clamori turistici. Dall’Italia si può accorciare la strada approffittando della navetta ferroviaria che si prende a Mallinitz : caricata l’auto sul treno dopo circa una decina di minuti si arriva a destinazione: Verso sera il cielo è grigio, siamo ai primi di ottobre, e all’arrivo giusto il tempo per una passeggiata fugace per prendere confidenza col luogo, rimandando al giorno successivo una visita con tutta calma. Al risveglio le aspettative vengono confermate: dopo la pioggia a valle, la neve ha spolverato le cime circostanti e il sole prende animo Il paese è attraversato dal torrente Gastainer Ache che alimenta le celebri cascate. L’acqua è sicuramente un elemento importante sia sotto il profilo paesaggistico che salutistico. Bad Gastein è famosa sia come stazione sciistica che per le sue acque termali fin dall'ottocento. La struttura alberghiera riflette vecchi fasti che ancora oggi sono ben curati e conservano un certo fascino pur in presenza di segnali di abbandono Il contrasto urbanistico tra vecchio e nuovo non mi è sembrato stridente, anzi. Come questo sovrapasso ferroviario, che consente ai pedoni di raggiugere agevolmente l’altra metà del paese, perfettamente integrato con il resto Non potevo trascurare la chiesa dedicata a San Nicola... dall’interno semplice e di buon gusto, con annesso cimitero come si usa da queste parti (e non solo) Un ultimo sguardo e un arrivederci magari sugli sci…
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  2. Mentre la Z5 continuatrice del D500 concept: Doppio slot/DX/velocità/sensore top di formato Con un 70-200/2,8 FL davanti l ftz mi viene già l uzzo di provarla
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  3. Dopo poco più di un mese di utilizzo della Nikon Z 7 ed un migliaio di scatti, scrivo le mie osservazioni, anzi meglio i miei primi appunti sul viaggio intrapreso con la nuova creatura e l’obiettivo 24-70/4 S (presente nel Kit), note da utilizzatore non professionale, ma molto molto normale. Premetto che quanto già scritto già da Mauro (Z 7) e Max (Z 6) è “SCIENZA" ed anche più comprensibile del manuale d’uso, anche se la lettura di quest’ultimo resta necessaria. Io con questo blog ho buttato giù due righe terra terra, attesa la differente esperienza e professionalità, oltre alla diversa mole di scatti effettuati con Z 7 dal sottoscritto (la mia non ha ancora completato il rodaggio) e da Mauro. La sua, se fosse un’auto, avrebbe già sostenuto il primo tagliando. Ergonomia: la macchina cade in mano bene, le dita stanno comodamente sull’impugnatura ed anche lavorando a lungo con il 70-200/4 più FTZ (non ho ottiche più lunghe e neppure più pesanti), l’insieme non stanca, seppure la ghiera delle focali non sia posizionata nella parte anteriore a quella del fuoco, come nelle ultime creazioni. Mentre con il compatto 24/70 è una meravigliosa compagna di viaggio. Sarà perché ho le mani lunghe ed affusolate, ma per me le dimensioni sono giuste. D’altronde io mi sono trovato benissimo con l’F.3 e pure bene con la Df, come non potevo trovare confortevole anche la Z 7. Riporto le misure dei tre corpi per giustificare quanto sopra detto: F3 – 148,5x115x7,1 Df – 143,5x110x66,5 Z 7 – 134x100,5x67,5. Come si può notare le differenze sono minime, specie in altezza e profondità. Mirino: è semplicemente eccezionale, chiaro, grande, nitido. Sembra un mirino ottico che però non si scurisce quando fa buio. Inoltre, la sua conformazione (sporge circa 2 cm. dal corpo macchina), consente ai portatori di lenti ed a quelli come il sottoscritto che inquadra con l’occhio sinistro ed è pure dotato di una discreta proboscide, di vedere comodamente il 100% dell’area inquadrata e di lavorare con il pollice della mano destra senza colpire il naso o la lente degli occhiali. Da questo punto di vista il mirino è superiore a quello già ottimo della D850 (sempre per coloro che hanno i soliti miei problemi nell’inquadrare, per gli altri è eccezionale). Una nota negativa riguarda l’orizzonte artificiale, che seppure a colori e facile da mettere in bolla, invade completamente il centro del mirino ed ostruisce in maniera significativa la scena inquadrata. E’ utile solo per livellare la macchina sul cavalletto. Avrei preferito che fosse stata adottata la soluzione utilizzata per la D850, dove abbiamo due cursori ai lati del mirino che non danno alcun fastidio ed utilizzabili anche a mano libera. Posto le foto dei mirini (quello della D850 ripreso dal manuale) per rendere meglio l’idea. Z 7 D850 - I riferimenti della livella sono i n. 1 e 5 Quindi, per evitare le linee cadenti operando a mano libera con la Z 7 è adoperabile solo il reticolo. Comandi principali e tasti funzione: dopo i primi scatti ho cercato di assegnare ai tasti programmabili tutte le mie funzioni preferite, cercando di riportare, seppure lontanamente, la funzionalità della D850. Utile è anche il menù selezionabile con il tasto “i”, anche se la manovra non è così immediata ed ancora stento ad operare correntemente, tanto che ricorro ai tasti funzione anteriori (facili da usare), a quelli posti vicino al pulsante di scatto (ho programmato anche quello destinato a video) e quelli posti sul retro, limitatamente al Joystick, al pulsante AF/ON e DISP. Gli altri con l’occhio sinistro al mirino non sono molto comodi da utilizzare. La torretta di sinistra non è confortevole e rapida come quella della D850, però lavorando quasi sempre in manuale, la uso poco. Comunque, è utile la selezione “U1/U2/U3”, dove si può personalizzare le impostazioni più diverse senza lavorare con i menù. Ad esempio ho settato sulla posizione “U1” le impostazioni che uso quando metto la macchina sullo stativo, per cui ho disattivato il VR interno alla macchina, ho impostato l’automatismo a priorità di diaframmi e la sensibilità ISO in manuale (64). Tale sistema mi consente con un solo clic di settare la macchina senza dimenticare qualche variazione necessaria quando uso il treppiede e con un altro clic torno ad operare a mano libera con le impostazioni preferite. Autofocus: Dell’autofocus dico solo che mi manca la messa a fuoco a gruppi, non ho ancora capito con cosa sostituirla, per il resto occorre leggere quanto già scritto da Mauro, ma per me è già ottimo così. Infatti, utilizzo raramente la raffica, in quanto i miei soggetti sono per lo più statici o non veloci (auto d’epoca), per cui non ho incontrato problemi. Le rare incertezze che per ora ho potuto verificare, le ho notate puntando il cursore dell’autofocus sui cofani delle auto, specie quelli piatti senza modanature. Comunque, è stato sufficiente spostare il punto di fuoco sulle intersezioni fra il cofano e il parafango o il frontale ed il gioco è fatto. Peraltro, una delle qualità sufficienti all’acquisto di tale macchina, è la possibilità di mettere a fuoco da un angolo all’altro del mirino, senza dover spostare l’inquadratura, bloccare la messa a fuoco, ricomporre l’inquadratura e scattare. Qui basta spostare il cursore con il joystick, mettere a fuoco il soggetto ed il gioco è fatto. Buffer: non parlo del buffer perché non scatto a raffica, ma ho notato, scattando in raw a monitor con Lexar 2933, che la spia di segnalazione della registrazione della foto si illumina solo per un battito di ciglia. Modi di scatto (otturatore elettromeccanico o elettronico): quando scatti la macchina non vibra neppure con l’otturatore meccanico, che è dotato pure di un suono molto soft ed usabile perfino a teatro. In modalità silenziosa è notevole. A proposito di quest’ultima modalità operativa, mi auguro che i progettisti quando installeranno sulle future mirrorless solo l’otturatore elettronico, inseriscano la possibilità di abbinare allo scatto un suono simile al rumore dell’otturatore meccanico, magari con il volume del “clic” regolabile. Inoltre, grazie alla modalità silenziosa ed alla sua forma, la fotocamera passa abbastanza inosservata, per cui tenendola ad altezza ombelico con il monitor leggermente aperto, si scatta che è una meraviglia senza destare sospetti o curiosità. stand-by: Una cosa particolare e un po’ fastidiosa è quando la macchina va in stand-by, perché non operativa. In questo caso il tempo di riattivazione è superiore a quello, brevissimo, che occorre passando da “Off” ad “On” con l’interruttore posto a corona del pulsante di scatto. Per ottimizzare i tempi morti dello stand-by, come ha già suggerito Mauro, basta avere l’accortezza di premere leggermente il pulsante di scatto o più comodamente il tasto “af/on” a portata di pollice e nel mentre si porta all’occhio, la Z 7 è già attiva. Tengo, tuttavia, a sottolineare che se perdo una foto è solo per colpa mia non della macchina. Batteria: La batteria in dotazione prima di chiedere di essere sostituita ha fatto 750 scatti, con un uso intenso del monitor, dello scatto silenzioso e di numerose foto eseguite con alti ISO. L’obiettivo: per ora il solo Nikkor Z 24-70/4 S Line del Kit. E’ un ottimo zoom direi pari al mio Sigma 24-35/2 anche se paga due stop di luminosità. E’ compatto, silenzioso e rapido nella messa a fuoco. Di seguito posto alcune immagini ed i relativi ingrandimenti di particolari al 100%, dove si può notare la nitidezza dell’ottica anche ai bordi. Speriamo, comunque, che i prossimi zoom non mantengano la necessità di essere sbloccati per attivare la ripresa, come accadeva anche con gli zoom della serie One. E’ solo un’inutile passaggio in più. Aston Martin Le Mans del 1933 (Focale 26,5 - F. 5,6 - ISO 1800 - 1/100) Crop 100% Aston Martin DB4 del 1959 (focale 41 - F. 5,6 - ISO 280 - 1/100) Crop 100% Ferrari 365 GTC 4 del 1971 (Focale 53 - F. 5,6 - ISO 140 - 1/100) Crop 100% Stand Porsche – auto restaurate in attesa di premiazione (Focale 28,5 - F. 5,6 - ISO 320 - 1/100) Crop 100% Motore Ferrari V12 Tipo 125 di 2953cc montato su una Ferrari 250 GT Boano del 1956 (Focale 24 - F. 5,6 - ISO 5000 - 1/100) Crop 100% Alfa Romeo Giulia Sprint Speciale del 1964 (Focale 70 - F. 5,6 - ISO 720 - 1/100) Crop 100% Maserati 3500 GT del 1960 (focale 48 - F. 5,6 - ISO 640 - 1/100) Crop 100% Motore Maserati 8V 4200 del 1963 che equipaggiava la Maserati Quattroporte del 1963 (Focale 29,5 - F. 5,6 - ISO 7200 - 1/100) Crop 100% Le foto sono state effettuate tutte a mano libera FTZ: una sola parola, efficientissimo. Non fosse per il rumore del VR del 70/200 non avverti differenze prestazionali. Ottimo anche con il Sigma. La Z 7 è divertente e facile da usare anche in modalità manual focus, ma di una cosa sono certo, non ci monterò i miei cari AIS, che resteranno nella vetrina della mia stanza dei giochi in bella mostra con la F 3. Per cui avanti con lo zoom dedicato, il 24-35/2 ed il 70-200/4 “effetizzati”. Resto, comunque, in attesa che Nikon mantenga gli impegni presi con la roadmap, ad iniziare dal 50/1,8 (previsto per dicembre) e successivamente del 20/1,8 e del 70/200 (previsti per il 2019), per mandare in pensione l’FTZ, seppure stia dimostrando tutta la sua efficacia. Non è previsto nella roadmap, ma confido anche in un 105 micro, per completare le necessità e le voglie. Tramonto a Volpaia (24/70 - focale 24 - F. 5,6 - ISO 160 - 1/100) Tramonto a Volpaia (24/70- focale 70 - F. 5,6 - ISO 200 - 1/100) Vallombrosa - la foresta (24/70 - focale 64 - F. 5,6 - ISO 64 - 15 Sec.) Limone selvatico (70/200 - focale 200 - F. 5,6 - ISO 64 - 1/320) Fiore di Cardo selvatico (70/200 - focale 200 - F. 5,6 - ISO 560 - 1/160) Loc. Casa Maggio (70/200 - focale 120 - F. 5,6 - ISO 64 - 1/160) Evoluzioni di storni (70/200 - focale 70 - F. 5,6 - ISO 640 - 1/160) (70/200 - focale 70 - F. 5,6 - ISO 400 - 1/160) (70/200 - focale 70 - F. 5,6 - ISO 560 - 1/160) (70/200 - focale 70 - F. 5,6 - ISO 640 - 1/160)
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  4. Essendo un frequentatore dell’evento in oggetto, riporto in sintesi quanto raccolto sul posto dagli agricoltori e sulle pagine del Web, che descrivono come si formano queste meraviglie della natura ed i migliori periodi per ammirarle. Essendo un frequentatore dell’evento in oggetto, riporto in sintesi quanto raccolto sul posto dagli agricoltori e sulle pagine del Web, che descrivono come si formano queste meraviglie della natura ed i migliori periodi per ammirarle. La fioritura del Pian Grande di Castelluccio è senza dubbio uno degli appuntamenti più conosciuti e importanti che hanno come protagonista l’altopiano dei monti Sibillini. Un evento naturalistico molto apprezzato dai visitatori e tradizionalmente mantenuto dai residenti. Un trionfo di colori che si rinnova ogni anno, tra giugno e luglio. Ad essere precisi, però, dovremmo chiamarle “fioriture”, perché a sbocciare sono tanti tipi di fiori diversi. La zona del Pian Grande si trova a circa venti chilometri da Norcia, collocata proprio alle pendici del Monte Vettore e forma una conca circondata da monti più o meno elevati. La piana si trova ad un’altitudine di m. 1.452 e oltre a questa estesa spianata, sono presenti altri due piani, denominati Pian Piccolo e Pian Perduto. Il micro clima della zona è da considerarsi quasi assimilabile a quello della steppa ed è caratterizzato da ampie escursioni termiche giornaliere, per effetto della dispersione di calore da parte dell’ampia superficie carsica. Queste condizioni, unite ad un terreno fortemente drenante a causa del carsismo, scoraggerebbero molte coltivazioni. Eppure tali avverse condizioni sono state superate grazie alla tenace convivenza tra uomo e territorio, che ha portato alla selezione nel tempo di una varietà di lenticchia (Lens culinaris), che oggi è conosciuta come la lenticchia di “Castelluccio IGP”. L’evento della fioritura del Pian Grande, solitamente, viene collegato alla fioritura della lenticchia. In realtà non è proprio così, sarebbe riduttivo riportare alla sola fioritura della lenticchia, quello che è uno spettacolo floreale unico al mondo. Occorre precisare che il fiore della lenticchia è piccolo e bianco, che in un ambiente esente da pesticidi di sorta, si amalgama insieme ad altre specie vegetali spontanee. Si tratta di specie vegetali che prosperano proprio negli ambienti coltivati. Quello delle piante spontanee è spesso visto come un problema, eppure nella piana del Castelluccio la presenza di queste colture si trasforma in una potenzialità. Le radici di queste piante, infatti, fanno in modo che nel terreno si mantenga un costante livello di umidità, che permette alla lenticchia di svilupparsi. Inoltre consentono di prevenire la perdita dei nutrienti dal suolo, che è interessato da un forte drenaggio. Ovviamente non vengono seminate insieme alla lenticchia, ma si propagano naturalmente nei campi e di anno in anno li colonizzano. Ecco quindi che nell’attesa dello sviluppo della lenticchia, i visitatori e gli abitanti di Castelluccio possono godere di uno spettacolo floreale del tutto naturale, dato dalle fioriture spontanee. Durante tutto il periodo si assiste ad un concerto di colori, dato dal fatto che le fioriture delle diverse specie vegetali non avvengono nel medesimo periodo, ma si susseguono in periodi temporali diversi. A dare inizio alle fioriture sono le corolle gialle e delicate della senape selvatica, che si mischiano insieme ai primissimi papaveri, che iniziano a tingere di rosso la piana. Questo avviene verso gli inizi di maggio, e durante questo mese, con il passare dei giorni, si aggiungono sempre nuove note di colore. Verso metà maggio iniziano a comparire le note bianche portate dalla camomilla bastarda e dal leucantemo. Si aggiunge, sempre a maggio, anche il grazioso blu dello “specchio di Venere”, che può virare al violetto e al celeste. Maggio è il mese del risveglio della natura e quindi dell’inizio della preparazione alla vera fioritura, che vede il suo culmine nei mesi di giugno e inizio luglio, quando arriva anche il fiordaliso che dona alla piana l’ultimo tocco di colore, con il suo particolare violetto. Ed ecco quindi che tra i mesi di giugno e luglio il Pian Grande del Castelluccio e i due piani Piccolo e Perduto, offrono questo spettacolo. Il periodo di massimo splendore della fioritura è solitamente tra fine giugno e la prima decade del mese di luglio. Quest’anno, purtroppo, prima il freddo prolungato fino alla fine di aprile e successivamente il grande caldo secco, in assenza di pioggia ha fatto terminare in anticipo la fioritura. Mentre, dodici mesi fa ho potuto ammirare una delle fioriture più belle e lunghe di sempre tanto che si era protratta fino al 20 luglio. Il Pian Grande il 10/07/2018 Il Pian Grande l' 8/07/2019 2018 2019 Dal produttore al consumatore Inoltre, mi preme sottolineare che Castelluccio è stata fortemente danneggiata dal sisma del 2016 e la zona rossa, seppur ridotta rispetto agli anni precedenti, fa ancora un effetto raccapricciante vedere la mole di rovine ancora non rimosse. Nonostante ciò, sul luogo si può soddisfare ogni tipo di esigenza alimentare, oltre ad acquistare ottime confezioni del prelibato legume, direttamente dai produttori. Mentre per dormire occorre riferirsi alle varie strutture ricettive presenti nella zona di Norcia. L' ammasso di rovine stringe il cuore Infine, una raccomandazione, per chi vorrà andare a vedere questo spettacolo della natura, mantenetevi nei percorsi e nei viottoli intorno agli appezzamenti coltivati, evitando di calpestare le colture, per rispetto alle persone che ci lavorano per ottenere con fatica un prezioso raccolto. Quest'anno il divieto di accesso non è servito
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  5. Grazie del tuo commento. In effetti ci sono molte passeggiate nei dintorni che sembrano fatte apposta per chi non vuole faticare... Questa ad esempio: Propongo poi questa foto per sentire cosa ve ne pare. E’ stata fatta in pieno giorno. Quando l’ho vista mi ha subito colpito ma poichè non sono troppo convinto che possa trasmettere quella sensazione che ho vissuto io, chiedo appunto un parere:
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  6. Girasole Z 7 con 24-70/4 alla focale di 70mm F. 9 1/160 iso 160
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  7. Nel novembre 2018 ho già anticipato le mie impressioni sull'uso della Z 7, dopo i primi mesi di utilizzo e rimando per questo all'articolo (https://www.nikonland.it/index.php?/blogs/entry/324-reportage-prime-impressioni-sulla-nuova-compagna-di-giochi-la-nikon-z-7/ ). Aggiungo che rispetto ad allora ho aumentato la mia confidenza con le nuove impostazioni dell'autofocus. Infatti, allora mi lamentavo della mancanza in AFC della messa a fuoco a gruppi ed adesso dopo molte prove l'ho sostituita degnamente con l'AF area estesa grande. Mentre per quanto riguarda la lettura esposimetrica mi sembra che il "matrix" funzioni in maniera egregia, tant'è che ora utilizzo molto meno sia la misurazione spot normale che quella che preserva le alte luci. Le ottiche, per ora poche, ma tutte di alto livello. Sono obiettivi silenziosi, veloci nella ricerca del fuoco e dalla resa ottica eccellente. Non ho altro da aggiungere, dico solo che in poco tempo la Z 7 ha sostituito in toto la mia eccellente D850, che resterà con, me come la vecchia e gloriosa F3, facendo bella mostra nella loro vetrinetta. Allego alcune foto fatte con il 50/1.8 S e lente addizionale Marumi Le ultime due con l'aggiunta del flash Godox V350 e relativo trasmettitore X-PRO N tre foto col 17-30/4 S: due fatte col 24-70/4S: Se interessano altre sono presenti nelle foto fatte con la Z 7 in alcune gallerie personali.
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  8. Cosa succede se date in mano una Nikon Z ad uno che non ama le mirrorless, o meglio, i mirini elettronici? Ora ve lo spiego: Come molti di voi sapranno, chi mi conosce da tempo, io sono molto fotosensibile, i miei bastoncelli hanno un tempo di rigenerazione lento, ognuno è fatto a suo modo, ma a causa di questa caratteristica ho sempre detestato i mirini elettronici, in primis delle videocamere, dove non esiste alternativa, se non l'uso di un mini-monitor (cosa che peraltro faccio) ma già dai tempi della mia prima bridge, la Fuji s602z (siamo nell'archeologia digitale) mi accorsi che nei luoghi bui, quali teatri, una fonte luminosa dentro un solo occhio è sempre stata motivo di fastidio, al punto di provocare anche emicranie. Questo ve lo racconto per farvi inquadrare meglio la situazione, non sono certo l'unico ad avere questo problema, anche la mia assistente per esempio, e quando con le macchine ci si lavora, trovandosi spesso in situazioni di scarso confort, si tende ad utilizzare la strumentazione che quantomeno sia confortevole alle nostre caratteristiche ed esigenze. Perché insisto sul comfort? Già perché quando si impugna la Nikon Z la sensazione iniziale solo al tatto è quella di confort, nulla di nuovo per chi è abituato ai corpi nikon, ma resta una sorpresa che in un corpo leggero e compatto la mano cada esattamente come fosse un abito cucito su misura. Vero è che la mia mano pur non essendo piccola (22cm di spanna), ha dita sottili e lunghe, qualcuno si è lamentato di non saper dove mettere il mignolo, il mio sta esattamente dove vorrebbe stare, a proprio agio. La macchina è leggera ma solo in confronto ad una reflex, perché ha a mio avviso il giusto feeling tra manovrabilità e sensazione di solidità, insomma non è un giocattolo. È una nikon a tutti gli effetti. Di mirrorless ne ho provate altre, non tanto perché volessi integrare al sistema reflex ma più che altro per curiosità, ed anche a titolo di conoscenza, visto che ai miei corsi non voglio essere impreparato su nessun tipo di argomentazione, le conclusioni poi sono puramente soggettive ma per farsi delle idee le cose vanno provate. Devo ammettere che Nikon con il suo incipit Mirrorless Reinvented ha azzeccato il giusto termine, perché per quanto la tecnologia mirrorless sia in piena evoluzione, mi sento di dire che questa Zeta sia diversa dalle altre, già mettendo l'occhio nel mirino, si percepisce in molte situazioni, la sensazione di avere un mirino ottico, quel Oled interno da 3.6 milioni di punti è impressionante, reso ancor più confortevole dal sistema di lenti del mirino. Ovviamente ci sono differenze con gli ottici a pentaprisma, ma se di mirrorless vogliamo parlare, perché su certi aspetti sono più agili delle reflex, allora quel mirino è il migliore che abbia mai visto fino ad ora. Altro aspetto che mi ha sempre fatto storcere il naso nelle mirrorless è la latenza allo scatto, il mirino elettronico ha un refresh, che sia pur rapido è comunque un tempo "morto" che rallenta l'insieme vista-scatto, anche qui la Z si comporta molto bene, siamo molto vicini ad una reflex prosumer, direi che è quasi trascurabile in svariate situazioni di scatto, in altre continuo a preferire le reflex, ma diciamo che in mancanza di un confronto diretto, non è percepibile. L'autofocus ibrido, ovvero a rilevamento e contrasto simultaneamente, lo rende in certe occasioni un po' incerto, non nella precisione impeccabile ma nell'aggancio, proprio a causa della precisione del contrasto, tuttavia è fruibilissimo ed anche per uno come me che usa molto spesso l'afc è stata una piacevole sorpresa. Veniamo all'aspetto pratico e parliamo di mirino. Per quanto sia eccezionale, ci sono alcune situazioni in cui con forti controluce, le luci alte del mirino saturano o clippano chiamatelo come volete, è una delle rare occasioni in cui ci si accorge che c'è un monitor, di primo acchito la tendenza che ho notato è quella di essere "conservativi" se ci si affida al preview del risultato si tende a preservare le alte luci sottoesponendo, perché questa saturazione delle alte luci ti fa percepire come una foto sbagliata, in realtà poi facendoci l'abitudine, e si fa presto, è solo una caratteristica del oled e si capisce come sarà il risultato, peraltro oltre all'esposimetro tradizionale, abbiamo anche la possibilità di apporre l'istogramma in tempo reale, senza alcuna possibilità di errore. Queste sono alcune delle situazioni dove nelle alte luci si percepisce l'effetto: Nella seconda poi si evidenziano le aberrazioni cromatiche che ho cercato all'impossibile, ma dell'ottica parlerò dopo. Un altro aspetto al quale bisogna fare abitudine è nell'utilizzo in studio, c'è da disattivare la funzione di preview a mirino/monitor per potere inquadrare, l'immagine rispetto ad un mirino ottico è più chiara, non si ha alcuna percezione di come, in base alle luci pilota, verrà lo scatto, come ho già scritto si tratta di un nuovo approccio al quale si può fare abitudine ed integrarlo esattamente con gli scatti a reflex. Tuttavia c'è il pregio di vedere bene dove si sta puntando, c'è da dirlo. In questa occasione però, se le luci pilota sono un po' flebili, le mie sono da 150W, l'autofocus (che è un -1EV) mostra maggiore difficoltà, è anche vero che un F4 di apertura massima ci mette del suo. Vero anche che in studio con quelle luci pilota mi sono trovato talvolta in difficoltà anche con la 850 ed ancor più con le precedenti reflex, capitava che neanche mi prendessero il fuoco. Altra caratteristica del EVF è il refresh, non ho trovato dati sulla frequenza, immagino sia un 120hz ..poco importa ma se siete abituati saltare di palo in frasca con l'occhio nel mirino, preparatevi a vedere l'immagine spezzarsi, perché si supera il tempo di refresh, ovviamente mentre ci si muove (panning a parte ma il panning è più lento) non si scatta, quindi poco male. Passiamo all'ottica: Il 24/70 del kit è un f4, limitante per chi ama sfuocare sempre anche a figure intere, ma è l'ottica zoom più straordinaria che abbia mai visto, non so quanto le loCA vengano corrette a software, ma è chiaro che le caratteristiche dei gruppi ottici sono di altissima qualità, sfruttano il bocchettone largo (il più largo tra le ML) per (suppongo) fare arrivare i raggi maggiormente perpendicolari al sensore e caspita, la resa ai bordi è degli dei migliori fissi F-Mount. Una cosa invece che mi sarei aspettato, ma forse era più una speranzate utopica che va contro le leggi della fisica, era di avere una minore deformazione ottica ai lati sui grandangoli dal 24 in giù, e tutto sommato in condizioni normali c'è un miglioramento, ad esempio se faccio un gruppo a 24mm, le persone ai lati non sono così cicciotte, ma in condizioni estreme come vi mostrerò sotto, non c'è differenza tra un 24 F-Mount ed il 24 S Questo è il 24 art su 850: E questo il 24/70 a 24 Come si può notare i quadri al muro, come i pannelli in vetrina sono panoramici quando il rapporto è di 2:3 e quindi sotto quell'aspetto credo che non si possa fare nulla.. Mi riserbo di provare il 14-30 con il mio vaso da fiori (Tamron 15-30) quando riuscirò a provarne uno. Ma credo di essere un po' troppo esigente su questo aspetto, è già tanto che la nitidezza ai bordi sia paragonabile a un fisso d'eccellenza. D'altro canto è già incredibile che da uno zoom si possa ottenere un nitidezza così a tutta apertura, con un controllo delle aberrazioni impressionante. Vengo ora alle conclusioni: Cosa mi piace di questo sistema? L'integrazione con ACR che pensavo fosse uno svantaggio ma si è rivelato un bel pregio La possibilità di inquadrare da molto basso, usando il display come se fosse il mirino, la reflex in quel campo è lenta nella messa a fuoco e nello scatto, oltre ad avere ingombri da non permettere di scendere più di tanto La portabilità e la maneggevolezza, uniti alla sensazione di solidità senza perdere il solito feeling Nikon Tutte le funzioni mirrorless che semplificano l'uso La scelta di integrare un menù rapido touch ad icone e personalizzabile, per sopperire la parziale mancanza di pulsanti fisici Lo straordinario stabilizzatore su sensore mi consente di usare il 105 ed il 135 con tempi di sicurezza più ragionevoli. Cosa non mi piace? La patella (perché non si può chiamare custodia) dell'ottica... ho cominciato a ridere appena l'ho vista... Perché la consiglierei anche ad un professionista? Perché consente di espandere le possibilità creative laddove solo una mirrorless può arrivare, pur amando sempre la reflex ed il suo mirino ottico non si può rimanere indifferenti a questo sistema. Brava Nikon! E grazie a Nikonland per avermi forzato a provare uno strumento per cui non nutrivo alcun interesse.
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