"La maggior parte delle cose si aggiusta parlando", recitava una vecchia pubblicità di Omnitel. Magari al telefono. (Ovvio in questo caso, trattandosi di un operatore telefonico ). Guardando dall'esterno mi pare che sia mancato questo.
In ogni redazione può svilupparsi un dibattito fra componenti con opinioni diverse, e certamente la dialettica è la forza di ogni consesso. Storicamente il partito unico non ha mai sortito buoni esiti.
Ma in una redazione il dibattito dovrebbe iniziare e finire al suo interno, perché la linea editoriale - anche a beneficio di chi legge - dovrebbe essere ben chiara e definita. Che non vuol dire scolpita nella pietra: è lecito cambiare opinione, ma all'esterno la redazione dovrebbe parlare con una voce sola.
Poi, il mondo della fotografia è talmente vasto e variegato che un redattore "dissidente" può utilmente contribuire alla causa, dedicandosi al settore che conosce bene e scrivendo di quello, tenendo per sé le convinzioni personali che si allontanano dalla linea editoriale del foglio in cui scrive. O meglio: convinzioni che si allontanano da alcuni aspetti della linea editoriale. E' ciò che accade in ogni redazione "viva" e attenta a raccontare il proprio campo di competenza.
E ogni direzione editoriale dovrebbe avere a cuore i propri redattori più bravi che danno prestigio e lettori alla testata, e che dovrebbe cercare di trattenere.
Ovviamente, qualora il dissidio sia insanabile, per onestà intellettuale è anche perfettamente giusto fare un passo indietro e lasciare il gruppo. E mi pare sia quello che è successo.
Da iscritto, ma soprattutto da lettore, mi dispiace che sia accaduto questo. Ecco, queste poche righe sono solo perché vorrei che non accadesse ancora.