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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 01/02/2019 in tutte le aree

  1. Mi è capitato di vedere questo video-intervista di Thomas Mangelsen, un fotografo naturalista molto famoso ma che non conosco. Nel video c'è un passaggio nel quale mi ritrovo molto, che non necessariamente è da circoscrivere all'ambito naturalistico: It's about fishing and not catching a fish. It's about being out and just enjoying it. If you see something great that's better. If you see something great and get a picture of it that's better yet. And if you see something, get a picture of it, and actually make a print of it and hang it in your gallery, that's even better yet. But those are few and far between. Che tradotto è più o meno così: Si tratta di pescare e non catturare un pesce. Si tratta di essere fuori e semplicemente gustartela. Se vedi qualcosa di bello è meglio. Se vedi qualcosa di bello e ottieni una foto è ancora meglio. E se vedi qualcosa, ottieni una foto, la stampi e la appendi nella tua galleria, è ancora meglio. Ma quelle sono poche e lontane tra loro. Lo condividete? pensate così anche voi?
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  2. Diciamo poi che anche con un obiettivo così ultralargo poter mettere a fuoco dove si vuole nel frame, fosse anche all'angolo estremo in alto a sinistra, e al contempo poter contare su una stabilizzazione di immagine oncamera efficace anche su focali estreme, va tutto a vantaggio della libertà di impiego. Sette anni fa scrivendo il primo test della prima mirrorless Nikon (la Nikon 1 V1) intitolai l'articolo "50.000 sfumature di libertà". Con le Z siamo volati a 50 milioni
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  3. Con queste macchine Panasonic ha sparato tutte le sue cartucce in una salva sola. Per Nikon (e Canon) siamo solo all'antipasto.
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  4. senza specchio e... senza veli...
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  5. ragazzi...nella fotografia sportiva con i teleobiettivo, per giunta di soggetti che non procedono su una pista/corsia, ci si muove come dannati intorno al fulcro del sistema. Motivo per cui, ergonomia su di un corpo macchina, non significa solo dimensione dell'impugnatura e peso, ma capacità torsionale, disposizione dei comandi nei punti strategici, robustezza complessiva, anche in danno dell'estetica finale. In una parola, una forma Professionale.
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  6. Le Nikon Z attuali sono TOTALMENTE inadatte ad utilizzare qualsiasi cosa che sia più grossa di un 85/1.8S.
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  7. E perchè mai Panasonic dovrebbe fermarsi qui???
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  8. Dicembre è la stagione degli amori degli stambecchi. Così anche quest'anno, che pure meteorologicamente è stranissimo, li puoi trovare riuniti sulle rocce al sole, quelle che non trattengono troppo la neve e lasciano la possibilità di brucare qualche ciuffo d'erba. I maschi, ad annusare l'aria percependo l'estro delle femmine e ad affrontarsi, questa volta sempre abbastanza da lontano viste le differenze di stazza tra i contendenti presenti, per stabilire le gerarchie nel branco. Le femmine, per quel pomeriggio almeno, a spostarsi più in la per evitare gli approcci troppo... espliciti. Quasi 4 ore, con un bel sole molto piacevole che si alternava ad un vento piuttosto fresco, ed un mucchio di foto! In realtà, negli ultimi anni non è stato così semplice fotografarli perché la popolazione è in declino, al PNGP, ed il branco più grande della Valsavarenche è stato completamente "etichettato" per uno studio universitario volto a capirne le ragioni. Da una chiacchierata con una guardia, ho capito che il motivo è probabilmente nel riscaldamento globale. L'evoluzione ha sincronizzato le nascite con il momento in cui dovrebbe esserci l'erba più tenera e digeribile per i piccoli, ma oramai la neve dura sempre meno e quel momento, quando nascono, è passato da un pezzo. Speriamo che il nuovo anno porti a tutto il genere umano un po' più di saggezza! Tutte le immagini con D5 e 500/4E FL, su monopiede in carbonio Genesis MPC-3 e testa Sirui L-10 (coppia formidabile per il fotografo da montagna, argomento per un articolo per l'anno nuovo!).
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  9. poi la posi vicino ai fornelli e parte la raffica...
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  10. Voglio inaugurare con questo articolo una nuova sezione di questo Club dedicato alle mirrorless Nikon (di tutte le epoche, dalle RF alle Z), lo ZETA BOOK NIKKOR ad immagine e...non somiglianza del più celebre sito RED BOOK NIKKOR, del quale ho fatto recente menzione qui , nel quale l'appassionato cultore Michio Akiyama raccoglie fin dal 2001 le eccellenze Nikkor specialistiche, dedicate a generi come la fotografia scientifica ed industriale che qui, su Nikonland, non abbiamo e dubito che avremo mai modo di raccogliere o anche solo vedere. E siccome molte delle testimonianze sul RED BOOK NIKKOR sono realizzate con semplici set all'aperto nella natura (della quale i giapponesi sono cultori e protettori), in questo vernissage ho voluto comportarmi nella stessa maniera, sperando in tal modo di realizzare uno...stargate impossibile nella nostra realtà. In questo ZETA BOOK NIKKOR saremo felici invece di raccogliere tutte le experiences dei nostri lettori, relative alla più agevole operatività concessa sulle Nikon Z dall'adattatore FTZ (F to Z) che con un semplice click consente di collegare quasi tutte le ottiche a baionetta F sulla nuova e più ampia/accogliente baionetta Z ML. Vedendo che per la nuova serie delle Z-lenses è stata rispolverata la dicitura Nikkor S, resa celebre da alcune tra le migliori realizzazioni ottiche Nikon degli anni 60, è con grande piacere che ho individuato tra i primi obiettivi con i quali ho inaugurato la mia nuovissima Nikon Z 6, proprio il più classico dei classici, ossia il Nikkor-S 50mm f/1,4 la cui S sta per septem, ossia 7 lenti in 6 gruppi, questo mio esemplare appartenente alla III serie del Novembre 1967, un meraviglioso e compatto obiettivo standard da 320 grammi di peso e 2feet (60cm) di minima maf, diametro filtri da 52mm e paraluce dedicato, intonazione ambrata dell'antiriflesso, perfettamente integrato nelle dimensioni della Z6, tanto simili alle prime reflex per le quali era stato disegnato. Capace oggi come allora di prestazioni ottiche ancora all'altezza di un sensore moderno come questo sulla Z6, che grazie ai moderni ausilii di EVF, focus peaking e istogramma nel mirino, consente di realizzare immagini che poco hanno da invidiare a quelle degli obiettivi attuali anche in controluce, ancora meglio se con un colpetto di flash di rischiaramento senza vetri speciali, col coating...scaduto, dopo 50 anni di vita, direi quasi ineccepibile anche alle aperture maggiori. Andiamo al secondo dei vetri con i quali oggi ho fatto sposare il mio nuovo sensore e, per andare sul sicuro e già sperimentato in passato su DSLR, ecco il famoso altrettanto: Micro-Nikkor-P 55mm f/3,5 schema P come penta, cioè 5 lenti in 4 gruppi, questo raffigurato appartiene alla III versione dell'aprile 1970, rifinitura diamantata della ampia ghiera di maf, RR 1:2, (1:1 con anello di prolunga M2) con le bellissime incisioni dipinte in azzurro dei rapporti di riproduzione e delle distanze minime di maf in cm e pollici, sul barilotto in alluminio, a mio parere uno dei più suggestivi, insieme al coevo 105/4, Micro Nikkor mai costruiti, solo 235 grammi di peso e lente anteriore così incassata nel barilotto da rendere inutile ogni paraluce, capace di elevati contrasti cromatici senza bisogno di nessuna postproduzione neppure oggi, a 49 anni dalla sua uscita dalla fabbrica di Tokyo ma non solamente capace di colore e saturazione (nessun intervento sostanziale in pp) quanto di dettaglio e nitidezza a mio vedere ancora emozionanti di uno sfuocato mirabile insomma da farmelo considerare il miglior macro di cui disponga nel mio arsenale. Il terzo obiettivo che ho portato a giocare insieme a FTZ e Z6 è un classico superwide dell'epoca, intramontabile nei ricordi, seppur carente nelle sue attuali prestazioni con i sensori moderni: Nikkor-UD 20mm f/3,5 ossia... il padellone ! così chiamato per distinguerlo dalle versioni successive più contenute nelle dimensioni del paraluce, qui da ben 72mm di diametro, che gli meritavano l'onore di uno dei più bei tappi che abbiano mai chiuso la lente frontale di un obiettivo ! La sigla UD in quanto costituito da ben 11 lenti in 9 gruppi, 390 grammi di peso e maf minima da 30cm. Unica serie (di questo design) del novembre 1967, il mio esemplare costruito nel 68. Sicut leones... ma di un tempo... oggi le sue prestazioni sono penalizzate da una generalizzata mancanza di dettaglio e contrasto elevata distorsione eccessi di flares e ghost in controluce diretto se non ben gestito in inquadratura, tutti difetti classici per obiettivi così spinti in quell'epoca nella quale tali focali erano pezzi più unici che rari difetti che non azzerano la suggestione delle inquadrature ardite che questo obiettivo ha sempre ispirato e nelle quali la morbidezza intrinseca, con i soggetti adatti, non sia per forza un difetto Io mi sono divertito anche ad accentuare la natura Sixty di questo padellone, utilizzando qualche Pictur Control oseè tra i tanti che annovera la mia Z6 come questo, curioso, "Solitudine" Max Aquila photo (C) per Zetaland 2019 Ah, volete uno spoiler di una delle prossime puntate...? Ho appena comprato su ebay questo...
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  11. Leo, io la trovo un po' grossa per essere una ML modulare. La taglia delle Z è perfetta, aspettiamo il vero upgrade Zn magari modulare se non monoblocco, ma a partire dalla dimensione della scocca delle Z attuali
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  12. Concordo ... qui muore qui giace. Non vedo sviluppi futuri del prodotto all'orizzonte. Poi cosa ha più di una z6/z7?....a vedere i file prodotti, mi sembrano anche leggermente inferiori, qualitativamente parlando.
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