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Zen e fotografia?


Silvio Renesto

1.802 visite

Articolo ironico con contenuto serio. 

Questo blog esprime le mie opinioni personali, basate su quel che so, ma essendo opinioni non hanno pretesa di verità, ed è assolutamente  possibile non essere d'accordo in parte o del tutto. Non è mia intenzione offendere nessuno.

Credo che tutto possa essere  più o meno cominciato con questo libro (questa la versione italiana, ma il libro è stato un successo enorme in tutto l'Occidente):

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In cui l'autore, un professore tedesco di filosofia, racconta che essendo incapace di concepire lo Zen a livello intellettuale (lo credo bene!) gli viene consigliato di provare ad avvicinarsi tramite una delle arti in cui lo Zen è presente, nel caso il tiro con l' arco giapponese, il Kyudo (kyu- arco, do- via, metodo).  Il libro è breve, interessante, di piacevole lettura, e porta in appendice anche un discorso di un maestro giapponese sullo Zen e l'arte della scherma  (Ken-jutsu).

Il meritato successo di questo libro ha portato in tempi successivi, a partire dall'epoca buia della New Age, ad una serie infinita di altri libri dal titolo "Lo Zen e .... (mettere una qualsiasi attività a piacere)", il cui scopo, oltre alla vendita del libro, sarebbe di spiegare come con lo Zen tutte le cose vengano meglio, meravigliosamente meglio, e si sia tutti più felici. Che sarebbe proprio bello.

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Eh sì, non manca nemmeno "lo Zen e l'arte di scopare" di Jacopo Fo, figlio del più noto Dario. Confesso di non averlo letto.

NOTA: Caso a  parte è "Lo Zen e l'arte della manutenzione della Motocicletta"  interessante libro biografico di M. Pirsig, dove la "manutenzione della motocicletta" è un pretesto per scrivere d'altro, un po' come le balene in Moby Dick, per cui non c'entra con i vari manuali dello "Zen e...". 

Tutti questi manuali presuppongono forse che chi scrive abbia raggiunto lo Zen così da poterlo insegnare ad altri (?).  Implicano forse  che lo Zen sia   un modo, uno strumento, per fare meglio le cose, e che possa essere trasmesso con un libro?

Sarà, ma da modesto cultore  di alcune arti e forme di pensiero orientale da almeno quarant'anni, mi permetto di avere qualche dubbio in merito. Temo cioè che si faccia un po' di confusione, ingenuamente o astutamente, non lo so. La sensazione è che si usi il termine Zen  banalizzandolo come ricettacolo di "semplici trucchi" , infilandoci con una massiccia dose di superficialità. Quindi in tutta umiltà vorrei provare a chiarire un pochino, tutto qui.

Lo Zen. 
Lo Zen (in  cinese C'han)  ha origine  quando il Buddhismo dall'India  arrivò in Cina ed assorbì degli elementi del Taoismo (non vi tedio oltre con la storia,  è facile trovare il modo di approfondire, se interessa). Dalla Cina è stato poi portato in Giappone (il nome Zen è la versione  giapponese di C'han).  Come tutto il Buddhismo ma, in fondo, come  tutte le maggiori religioni, lo Zen è una via per la liberazione dalle sofferenze, che per i Buddhisti si ottiene raggiungendo uno stato di  "risveglio" o "illuminazione", in giapponese Satori (per inciso la prima scuola di arti marziali che ho frequentato a quindici anni si chiamava pomposamente "Ryu Satori" cioè "Scuola dell'Illuminazione", ma non "illuminava" molto ;) ). Non vado oltre, aggiungo solo che  rispetto ad altre pratiche lo Zen ha un carattere più diretto, ma non per questo è più facile anzi,  richiede intensa applicazione.
Lo Zen, pur essendo sorto  in un contesto religioso,  può essere esportato anche al di fuori dall'ambito della religione, come molte altre pratiche Buddhiste,  ad esempio la "mindfulness" che mi  sembra sia ancora molto in voga nella psicoterapia, nel coaching aziendale e in non so cos'altro, ma che in fondo non è che una "occidentalizzazione" di alcune pratiche buddhiste di consapevolezza. Ma non sono cose facili, possono richiedere una intera vita di pratica, non ci sono semplici trucchi.

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Il Maestro Taisen Deshimaru, scomparso nel 1982, esperto anche di arti marziali, è fra quelli che ha diffuso lo Zen in Europa in tempi recenti. I suoi libri sono sì una valida lettura.

Lo Zen e...

Tornando ai libri, posso sbagliare, ma sembra che in quei "manuali" lo Zen sia visto come un qualche cosa, un metodo semplice per migliorare quel che si fa, presupponendo quindi uno scopo, un fine pratico, che è il contrario esatto dello Zen :) .  Se pensiamo  uno dei requisiti fondamentali  per raggiungere lo Zen è l'essere quello che in Giapponese si dice mushotoku (privo di intenzione, di fine, di desiderio, di attaccamento),  cercare di raggiungere lo Zen per ...  già escluderebbe la possibilità di arrivarci.  E in ogni caso è riduttivo. Il fatto può essere che  la parola Zen piace, è breve , semplice ed ha appigli nell'immaginario delle persone (di un certo genere), per cui "attira" ma il concetto che c'è dietro a quella parola è profondo. E' altro.

Lo Zen e la Fotografia?

In Internet e sulla carta stampata  non mancano  titoli come "Lo Zen e la Fotografia", oppure "Fotografia Zen", anzi, ce ne sono tanti. L'impressione che ho leggendo questi articoli è che si pensi esistano delle ricette per fare una non meglio identificata "Fotografia Zen" o che un approccio Zen alla fotografia ci darà la pace interiore.

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Può essere benissimo che tramite una pratica intensa e rigorosa di un'arte,  fotografia compresa, si arrivi alla piena maestria e questo potrebbe  essere un modo di "avvicinarsi"  allo Zen.  E  può essere benissimo anche  che chi ha "capito" lo Zen (si è "risvegliato") dato che tra le tante altre cose è diventato spontaneo, sereno, calmo, attento, presente a se stesso, concentrato e non ossessionato dal risultato, di conseguenza sia in grado fotografare molto  meglio di prima, anzi tutte le cose che fa gli vengono meglio che se fosse preoccupato,  precipitoso, distratto,  nervoso ed ansioso per il risultato.

Ma da questo a dare "ricette rapide" per fotografare Zen o arrivare allo  Zen ce ne passa.

Io purtroppo non so dirvi come sia essere Zen, ma penso di saperne  abbastanza da suggerire che nelle "semplici ricette"  NON  c'è lo Zen.  Quindi a mio personale ed arbitrario parere, sono comunque  letture simpatiche, e alcuni i consigli possono essere utili, quindi leggiamo pure i vari "Zen e la fotografia  di questo e di quello" ma stiamo attenti che ...

Non è necessariamente vero che se uso  una fotocamera manuale a pellicola e solo obiettivi manuali del secolo passato arrivo prima allo Zen, uno può essere (o non essere) consapevole praticando con una Sony A4R o una Nikon Z6II   tanto quanto con una vecchia  Nikon SP.

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Non è necessariamente vero che lo scatto singolo è Zen, la raffica no.
Non è necessariamente vero che lo street o la foto naturalisitica sono Zen e il Fashion o che altro no. Se la persona è "risvegliata" questo si riflette in qualsiasi cosa faccia. Quando Musashi capì l'arte della scherma, divenne anche un ottimo calligrafo e poeta.

Non è necessariamente vero che fotografare in bianco e nero sia più Zen che fotografare a colori. Può esserlo oppure no, come sopra.

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Non è detto che si debba per forza  fotografare  pile di sassolini , giardini, ruscelletti, cespugli di bambù, paesaggi nebbiosi  o gatti addormentati per fare  fotografia Zen.  Qualsiasi soggetto (o quasi) può esprimere lo Zen oppure (più spesso)  non esprimerlo.  Perchè non è tanto il soggetto che conta ma come (con che disposizione interiore) lo si fotografa, cosa che si dovrebbe riflettere nella foto e si spera, arrivare a chi la guarda.

 

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C'è qualche differenza tra le foto sopra e quelle sotto? Quali trasmettono qualcosa?

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Buon Anno a tutti!!

 


Tutte le immagini sono copyright dei rispettivi aventi diritto, riprodotte solo a scopo illustrativo.

 


 

 

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14 Commenti


Commenti Raccomandati

  • Amministratori

a Natale a mio figlio grande ho regalato:

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che ho letto tanto tempo fa insieme al tuo citato del tiro con l'arco

e la cui retrocopertina riassume così:

3.PNG.2d36d0eab8e0a5ecfd9c9f898eda8b7b.PNG  attinente al tema che sollevi.

 

Una sola cosa....: nrf_254_mitchell_08.jpg.f1c8b6a2f57bfb6d48d42be9c5517cd2.jpg

questo ensamble RF + obiettivo è un capolavoro, ancora oggi: e per giunta adesso saremmo in pochi a saperlo dominare.

Casomai è una nuova frontiera per chi si avvicini alla Fotografia come concetto: Zen potrebbe divenire per essi, il riuscire a servirsene con successo.

 

  • Eccellente, grazie ! 1
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  • Nikonlander Veterano

Che bell'Articolo stimolo sicuramente a pensieri e domande....

 

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  • Nikonlander Veterano
1 ora fa, Max Aquila ha scritto:

a Natale a mio figlio grande ho regalato:

...

che ho letto tanto tempo fa insieme al tuo citato del tiro con l'arco

e la cui retrocopertina riassume così:

...  attinente al tema che sollevi.

 

Una sola cosa....: 

questo ensamble RF + obiettivo è un capolavoro, ancora oggi: e per giunta adesso saremmo in pochi a saperlo dominare.

Casomai è una nuova frontiera per chi si avvicini alla Fotografia come concetto: Zen potrebbe divenire per essi, il riuscire a servirsene con successo.

 

Sono d'accordo, il libro di Pirsig è una narrazione profonda di un percorso di rinascita, come ho scritto, non ha nulla a che spartire con le varie "guide Zen". Come avrai letto, l'autore l'ha scritto dopo essere uscito da una crisi che l'ha portato in un ospedale psichiatrico. Libro difficile, io l'ho apprezzato molto.

E il tuo modo di vedere la Nikon RF mi piace, mi ricorda quasi il rapporto tra il Samurai  e la sua katana. Giusto. La cosiddetta "divina maestria", mi si dice, sta proprio nel padroneggiare talmente l'oggetto (o la pratica) da poterlo  usare senza più doverci pensare. Quando non devi più pensare, allora potresti essere un po' più vicino allo Zen.

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  • Nikonlander Veterano
38 minuti fa, Massimo Vignoli ha scritto:

Che argomento interessante. Scrivine ancora!

 

Grazie!

Lo faccio volentieri, però è un argomento molto ampio, cosa ti interesserebbe approfondire in particolare?

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  • Nikonlander Veterano
1 minuto fa, Silvio Renesto ha scritto:

Grazie!

Lo faccio volentieri, però è un argomento molto ampio, cosa ti interesserebbe approfondire in particolare?

 

4 minuti fa, Silvio Renesto ha scritto:

E il tuo modo di vedere la Nikon RF mi piace, mi ricorda quasi il rapporto tra il Samurai  e la sua katana. Giusto. La cosiddetta "divina maestria", mi si dice, sta proprio nel padroneggiare talmente l'oggetto (o la pratica) da poterlo  usare senza più doverci pensare. Quando non devi più pensare, allora potresti essere un po' più vicino allo Zen.

Può essere benissimo che tramite una pratica intensa e rigorosa di un'arte,  fotografia compresa, si arrivi alla piena maestria e questo potrebbe  essere un modo di "avvicinarsi"  allo Zen.  E  può essere benissimo anche  che chi ha "capito" lo Zen (si è "risvegliato") dato che tra le tante altre cose è diventato spontaneo, sereno, calmo, attento, presente a se stesso, concentrato e non ossessionato dal risultato, di conseguenza sia in grado fotografare molto  meglio di prima, anzi tutte le cose che fa gli vengono meglio che se fosse preoccupato,  precipitoso, distratto,  nervoso ed ansioso per il risultato.

Ma da questo a dare "ricette rapide" per fotografare Zen o arrivare allo  Zen ce ne passa.

Proprio la relazione tra fotografia e lo Zen. Come dici, non c'è quasi nulla di già scritto in relazione a questo e non si possono dare "ricette rapide". Ed allora, quale percorso puoi illustrare? 

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  • Nikonlander Veterano
1 ora fa, Massimo Vignoli ha scritto:

Proprio la relazione tra fotografia e lo Zen. Come dici, non c'è quasi nulla di già scritto in relazione a questo e non si possono dare "ricette rapide". Ed allora, quale percorso puoi illustrare? 

Io non sono un maestro Zen, anzi sono meno di  un principiante scarso,  non posso quindi istruire nessuno di mio, a meno di scrivere un altro libro di ricette banali.

Però  posso riportare gli insegnamenti  classici, almeno per quanto riguarda il metodo.
La componente Taoista del Buddhismo Zen comprende il concetto di Via (metodo, percorso) che è una delle sfaccettature della "Grande Via", il Tao (cinese pinyin Dao, da cui il giapponese Do. Per cui Ju-do, Ken-do, Kyu-do  Cha-do (l'arte del tè) ecc.  sono tutte vie per arrivare ad una "divina maestria" che è però non è il fine ultimo, ma può essere una porta  verso lo Zen. 

Chiaramente cambiano le pratiche (preparare il tè non è tirare con l'arco) ma la radice del  metodo, per qualsiasi arte si tratti (marziale, pittura, tè, origami, fotografia, musica) è la stessa, semplice nel concetto e difficilissima nella pratica. Lo spiega molto bene il maestro di spada Takuan Soho, nella appendice del libro "Lo Zen e il tiro con L'arco" . 

Si traduce nel praticare (e studiare) incessantemente, con la massima umiltà, diligenza e distacco (non prendersela per i fallimenti e non inorgoglirsi per i successi), fino a essere talmente tutt'uno con quello che si fa, che non c'è più bisogno di ragionare a  priori, coscientemente su quello che devi fare per esprimere la tua arte, ma diventa un atto spontaneo. All'inizio i progressi si vedono, poi si arriva ad un punto in cui avendo acquisito una buona esperienza si percepiscono i propri limiti e sembra di rallentare sempre più nel progresso, ma se non ci si rassegna nè ci si spazientisce, si insiste senza mai accontentarsi, ma con distacco, finchè i limiti ad un certo punto sono superati e  ad un tratto si è ad un livello superiore. 

Prima sei tu e l'oggetto (o lo strumento) della tua arte, divisi in contrapposizione,  poi a poco a poco vi integrate, finchè l'arte è parte di te stesso. Un maestro dell'arte è di notevole aiuto almeno agli inizi. Da questa maestria qualcuno va oltre e scopre che è l'arte è diventata una guida per percepire la vita intera,  e allora, forse, si è dalle parti dello Zen.

Sono quasi sicuro che ti può sembrare  deludente (tutto qui?), ma il succo è questo (oppure ci si mette a studiare lo Zen sul serio).  

 

 

 

 

 

 

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  • Nikonlander Veterano

Due chiarimenti aggiuntivi:

Lo Zen è un'esperienza personale, non descrivibile e non trasmissibile a parole, si possono dare delle indicazioni di metodo ma, come dicono i praticanti Zen, "non confondere  il dito che indica la Luna con la Luna stessa, se ti fermi a guardare il dito, non vedrai mai la Luna", per questo non si può essere espliciti più di tanto, sarebbe deviante. 

Quello che so della pratica dello  Zen viene oltre che dalla mia ricerca personale e pratica marziale, dal fatto che due dei miei maestri di Karate erano anche adepti Zen, uno era uno studente "laico", l'altro era un monaco (italiano): le lezioni di quest'ultimo erano tremende: nessuna concessione al divertimento,  una sola tecnica per tutta la durata della lezione, ripetuta ad infinito finchè non ti era entrata nelle ossa e nella testa (ohi).

E non dimentichiamo  il guru Eckhart Tolle che disse: "ho vissuto con molti maestri Zen,ed erano  tutti gatti :)"

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  • Nikonlander

Grande spunto di riflessione :)

La fotografia é per il sottoscritto uno strumento di ricerca. Credo (ma non sono un orientale e ho senz’altro idee del tutto personali e nessun insegnamento da dare) che lo Zen sia qualcosa di analogo, una ricerca, un particolare cammino di semplificazione della propria conoscenza di sé e del Cosmo. Man mano che si procede gli strumenti si riducono finché si rimane con l’ultimo: il proprio corpo e la coscienza, con tutto quel che questo comporta. Successivo e delicato passo é quello di distaccarsi anche da essi e arrivare a personali esperienze di ‘rivelazione’ e fusione con il Cosmo.
Forse in fotografia lo Zen é guardare e scattare immagini con la propria mente, e in seguito cercare lo scatto con la macchina fotografica: questa seconda parte é ‘portare agli altri’, comunicare, portare a terra ciò che in quel momento é incomunicabile.

Ogni tanto scatto senza rullino: é un esercizio. Il mio modo di riconoscere che tutto é impermanente; ma provo grande piacere nel vedere e inquadrare parti del mondo e pensare che tutto scorre e io sono nel flusso.

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  • Nikonlander Veterano

Bellissimo e interessantissimo articolo.

Un po' di zen forse l'ho percepito leggendolo.

Se la fotografia fosse la mia via per avvicinarsi (anche solo lontanamente) allo zen, questa sarebbe praticabile solamente quando produco degli autoritratti.
Se faccio paesaggio o street o qualsiasi altro genere che non presupponga l'interazione con altre persone al massimo potrebbe essere un'attività rilassante, ma nulla a che vedere con lo zen.
Quando faccio ritrattistica con un soggetto coinvolto è più una sensazione di piacere, interesse, soddisfazione.
Quando faccio ritrattistica con mia moglie, dovrei sempre consultare prima un trattato, anche questo di origine orientale, molto noto: L'Arte della Guerra.

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  • Nikonlander
22 ore fa, cris7 ha scritto:

[…]
Quando faccio ritrattistica con mia moglie, dovrei sempre consultare prima un trattato, anche questo di origine orientale, molto noto: L'Arte della Guerra.

B|;):D

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  • Nikonlander Veterano

Ottimo spunto Silvio, per addentrarsi di piu' ( e l'interesse c'e' ) occorre giustamente sempre piu' impegno.

 

Direi che e' periferia di Zen "quello bravo che fa cose molto difficili, facendole sembrare molto facili" .

Ironico, aggiungerei : Che cos'e' il genio ? E' fantasia, intuizione, decisione e velocita' di esecuzione ( Cit.Perozzi )

 

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  • Amministratori
5 minuti fa, bimatic ha scritto:

Ottimo spunto Silvio, per addentrarsi di piu' ( e l'interesse c'e' ) occorre giustamente sempre piu' impegno.

 

Direi che e' periferia di Zen "quello bravo che fa cose molto difficili, facendole sembrare molto facili" .

Ironico, aggiungerei : Che cos'e' il genio ? E' fantasia, intuizione, decisione e velocita' di esecuzione ( Cit.Perozzi )

 

fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità di esecuzione...

NdR

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  • Nikonlander Veterano

"Lo Zen e ..." a partire dai primi due libri che hai citato sono appunto delle letture che da tanto tempo desidero fare, ma che ho finora rimandate per mancanza di tempo. Questo tuo intervento mi dà adesso lo stimolo a non attendere oltre e a cominciare a leggere il volumetto di Herrigel.

Interessante la definizione dello Zen, affascinante quanto sfuggente ...

Se è Zen "essere tutt'uno con quello che si fa" e in questa pratica (ma anche ricerca) "i limiti ad un certo punto sono superati e ad un tratto si è ad un livello superiore" , associerei questo concetto alle capacità di grandi ed inimitati fuoriclasse della letteratura come Giacomo Leopardi, della pittura come Raffaello Sanzio, della musica come Wolfgang A. Mozart, o dello sport come Ayrton Senna, uomini che ciascuno nel proprio campo sono stati grandi pur avendo un avuto una vita assai breve per dimostrarlo.

Anzi, lo erano certamente già fin dalla nascita per quella rara dote che si chiama talento, ma pervicamente coltivata durante tutta la loro corta esistenza praticamente fino a morirne, e dove lo studio e la passione diventano appunto un tutt'uno con il talento stesso così da generare capolavori con l'apparente naturalezza che solo i grandi hanno nella creazione delle loro opere. Sì, anche Ayrton, un artista dell'automobilismo sportivo capace di imprese che ancora si ricordano a distanza di anni.

Ecco, io vedo lo Zen come la capacità di padroneggiare la fotocamera senza pensare a come adoperarne le molte funzioni, come riuscire a vedere una fotografia con la stessa facilità con cui si beve un bicchiere d'acqua, come realizzare gli scatti che si hanno in mente similmente all'apparente disimpegno che avevano i grandi che ho citato.

Sarà un percorso difficile? E chi ha detto che è facile?? :marameo:

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