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[analogico] La Tecnologia e la Passione


Paolo Mudu

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Questo potrebbe apparire come un periodo d’oro per il fotografo. La tecnologia attuale permette scatti perfetti. Gli automatismi garantiscono esposizioni corrette, algoritmi prevedono ogni condizione di luce, sistemi di messa a fuoco rincorrono la pupilla della modella velocemente ed in silenzio, otturatori che fanno concorrenza alle videocamere. Infine la post-produzione. Cosa può volere di più un fotografo?
So cosa voglio io: Fotografare!
Si ma cosa vuol dire oggi fotografare?
Utilizzo qualsiasi mezzo, anche lo smartphone se non ho una fotocamera sotto mano. Non mi ritengo certo uno snob. Ben vengano gli automatismi, l’autofocus e Photoshop, ma ultimamente non ci sto più dietro. Esce la Z7 ma io devo ancora tirare fuori il meglio dalla D3X, che mi sembra un miracolo di sensore. Questa estate, stimolato da amici amanti della montagna, ho ripreso a scattare in grande formato con pellicola B/N con la mia vecchia Linhof. È stata una riscoperta. Può sembrare paradossale ma ho respirato aria nuova. Non certo per la tecnologia utilizzata, ma per essermi concentrato sugli aspetti più importanti che formano la fotografia: la potenzialità del mezzo gestita dall’esperienza. L’attesa ha condito il tutto. I tempi del processo si dilatano ma proporzionalmente anche le soddisfazioni. L’attenzione aumenta e di conseguenza la consapevolezza. Scatti, ma devi aspettare lo sviluppo per avere un riscontro. L’ansia sviluppa un piacere, un entusiasmo che il digitale ha attenuato. Ripresa, sviluppo, scansione (non ho lo spazio per una camera oscura per stampare da lastre grande formato) ed infine l’appuntamento dallo stampatore, quello bravo. Ad ogni passaggio c’è un’emozione. Soddisfazione o delusione ma sempre passione. Non ho certo abbandonato la comodità del digitale, mi sono solo riappropriato di certe soddisfazioni proprie della Fotografia che non sono le stesse del Immagine. L’analogico stimola anche altri sensi: l’olfatto in camera oscura, il tatto maneggiando un negativo o una trasparenza è molto diverso dal gestire un file immateriale. Tanto che sto pensando di riprodurre le stampe migliori da digitale su pellicola, perché rimangano, perché non si perdano in qualche hard disk difettoso.

Ma se tutte queste motivazioni non sono sufficienti per tornare all'analogico, facciamo un confronto, diciamo alla pari. Stessa location, stessa condizione di luce. La foto con le suore scattata con un  sensore XTrans di Fiuggi, la foto della porta scattata con "sensore" Ilford FP4, negativo B&W grande formato 4"x5", scansita con Epson V800.

Vi chiedo, avvertite differenze tecniche, ma anche emozionali, tra le due immagini?

DSCF2016.JPG

2019-09-14-0001.jpg

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15 Commenti


Commenti Raccomandati

  • Amministratori

Sinceramente a me le due immagini non fanno assolutamente pensare a nessun aspetto tecnologico.
Né provo oscillazioni emozionali tra le due.

 

Io adoro alla follia una violinista olandese che suona uno Stradivari del 1707 ma le mie possibilità di ascoltarla dal vivo sono quasi sempre pressocchè zero.
Mi limito nel mio amore ? Giammai, ho tutte le sue registrazioni in audio e in video e le riproduco con un impianto che ho fatto da me, calibrato individualmente e digitalmente nel dominio dello spazio e del tempo da me medesimo.

Sarebbe diverso se fossi io a riprenderla dal vivo con dei microfoni a valvole ?
Si ma certamente non farei "la sciocchezza" di fissare il materiale su un nastro analogico o su una lacca fallace quando oggi si può registrare con una fedeltà che poi all'ascolto fa apprezzare ogni singola nuance del suo amore per il suo strumento.

 

In fotografia è bello poter disporre di una gamma di strumenti completa che va dal banco ottico ottocentosco alla prossima Sonny Alpha 9 o alle Nikon Z del 2020.
E sono felice che ognuno possa utilizzare a seconda dell'estro quello che più lo rende felice.

Nel caso delle monache, che non sono il mio soggetto preferito, però, per indole avrei ripreso un migliaio di foto in ogni possibile combinazione. Per poi scegliere da 1000, quella o quelle che preferisco.

L'attesa e l'oblio mi sembrano più indicate per i poeti. Io non ho mai amato particolarmente Foscolo, però. :)

PS : ho usato in questi giorni un vecchio Rokkor 58/1.2 sulla mia Z7. Pittoresco. Ma quanto mi fa impazzire l'idea che presto ci sarà un Nikkor Z 85/1.2 S (o equivalente) non so descriverla !

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  • Nikonlander Veterano

Paolo, sono molto felice delle sensazioni che ti ha regalato "ripescare" la Linhof. Fotografare è un piacere che non si limita all'osservazione del risultato ma che nasce con il processo: Pensare la fotografia, realizzarla, renderla materiale e duratura con la stampa - la STAMPA. E allora ogni mezzo è buono, purché sia nelle corde del fotografo. 

Relativamente alla domanda - avvertite differenze tecniche o emozionali tra le due immagini. La seconda è studiata per creare un senso di mistero, tra il portico che si sfoca in lontananza, la porta così vissuta che fa pensare all'accesso ad un altro tempo più che ad un altro luogo e, piccolo piccolo, l'ingresso in un altro ambiente che l'osservatore può solo immaginare. Mentre la prima per me è solo un'istantanea che documenta un attimo di vita. 

Ora ti faccio io una domanda: Premesso che il mezzo è utile mentre la giusta concentrazione per definire il risultato e lavorare per raggiungerlo è indispensabile, questa consapevolezza - di per se - non è in grado di abilitare l'uso di qualsiasi mezzo, anche il più veloce, alla realizzazione di qualsiasi fotografia, anche la più studiata? O in parole più semplici, capito che la fotografia va pensata e realizzata "in certo modo", resta per te effettivamente necessario convivere con le intrinseche scomodità della Linhof e della pellicola per fotografare in quel modo? 

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  • Nikonlander Veterano

La tecnologia ci piace troppo e ci rende la vita sicuramente più facile. Però ci sarà pure un motivo per il quale un pittore continua ad usare tavolozza e pennelli piuttosto che la tavoletta grafica e Illustrator. Qualcuno obietterà pure che un fotografo è un fotografo e un pittore è un pittore, ma le sensazioni che ricerchiamo, talvolta, sono le medesime. Nell'uso della Linhoff non c'è solo tanta passione, c'è anche tanto amore per la fotografia. E il tempo, lunghissimo, di preparazione allo scatto non è un'attesa, scorre con piacere, incanala emozioni e riflessioni appaganti forse più dell'immagine che riusciremmo a produrre. Personalmente mi divertirei ancora a tornare indietro di qualche anno (ma per poco, è difficilissimo affrancarsi dal digitale, ahimé:)).

 

Modificato da effe
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  • Nikonlander Veterano

Esiste (o esisteva) un forum di fotografia in lingua inglese che si chiamava "Making not Taking", sottintendendo il piacere di fare oltre che di riprendere l'immagine. Io condivido l'idea di appropriarsi del tempo e del modo, anche a me piace pensare e decidere come "fare" lo scatto (quello che Massimo chiama giusta concentrazione),  però preferisco il digitale per tutto quello che segue, senza nostalgia alcuna per le pellicole, gli sviluppi e tutto il resto.  Può essere che io non abbia questa affezione per il processo chimico perchè prima del digitale ho scattato soprattutto diapositive e in camera oscura ci sono stato pochissimo,  di solito a guardare altri, e inoltre non ho mai usato niente di più grande del 24x36mm. Se avessi provato, forse  la penserei diversamente, chi lo sa.

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  • Nikonlander Veterano
9 ore fa, Massimo Vignoli dice:

Ora ti faccio io una domanda: Premesso che il mezzo è utile mentre la giusta concentrazione per definire il risultato e lavorare per raggiungerlo è indispensabile, questa consapevolezza - di per se - non è in grado di abilitare l'uso di qualsiasi mezzo, anche il più veloce, alla realizzazione di qualsiasi fotografia, anche la più studiata? O in parole più semplici, capito che la fotografia va pensata e realizzata "in certo modo", resta per te effettivamente necessario convivere con le intrinseche scomodità della Linhof e della pellicola per fotografare in quel modo? 

Ciao Massimo,

ti rispondo con un esempio: un'altra mia passione è la montagna, per questa passione sono disposto a mettermi sulle spalle uno zaino da 15 Kg. E camminare per ore affrontando fatica, pioggia, grandine vento, ecc. Conosco persone che amano altrettanto la montagna ma arrivano sulle cime solo col clima favorevole, in funivia. Si fermano sulla terrazza del rifugio a sorseggiare una birra ed ammirano il paesaggio. Va bene anche così certo, ma non è la stessa cosa. Facile capire perché, se non consideri la fatica ed il sudore come scomodità ma come un mezzo per fonderti alla montagna, per sentirla più tua e viverla appieno. 

Non critico il digitale, anzi. Dico che ogni tanto ci sarebbe bisogno di "ripasso". 

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  • Nikonlander Veterano
41 minuti fa, Silvio Renesto dice:

... inoltre non ho mai usato niente di più grande del 24x36mm. Se avessi provato, forse  la penserei diversamente, chi lo sa.

Ciao Silvio, 

infatti il formato fa una gran differenza. L'ho capito quando vidi per la prima volta una trasparenza 8x10, ancora oggi di qualità non paragonabile. Non tanto per la nitidezza assoluta, quanto per la plasticità che offre. Provare per credere!

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  • Nikonlander Veterano
Il 15/9/2019 at 18:05, Paolo Mudu dice:

...

Non critico il digitale, anzi. Dico che ogni tanto ci sarebbe bisogno di "ripasso". 

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Per me è questo l'unico "ripasso" di cui c'è bisogno... :supermarameo:

Scherzi a parte, capico Paolo cosa intendi con la preparazione dello scatto, la fatica per crearlo, l'attesa per vederne l'esito finale.

Ma come c'è chi preferisce studiare la sua inquadratura, la luce, lo sfondo per un'immagine prossima a ciò che aveva in mente apprestandosi a farlo, c'è anche chi scatta qualche migliaio di foto in una sola sessione fotografica mettendoci la stessa cura e la stessa passione. E per entrambi c'è lo stesso piacere e la stessa intima soddisfazione.

Poi ammetto che ci sia anche il piacere nel toccare e maneggiare i materiali che si utilizzano, così come la tua Linhof sicuramente riesce a cogliere dettagli straordinari con la sua pellicola di grande formato, ma personalmente non tornerei alla celluloide stante le infinite possibilità creative che offre oggi il digitale, dalla ripresa allo sviluppo dell'immagine con una altrettanto grande qualità.

Probabilmente la pellicola con i suoi tempi complessivi dona a quel tipo di fotografo le stesse emozioni di quello che usa la tecnologia digitale per i suoi lavori, ma non ne farei un tema di materiali utilizzati.

Non abbiamo sempre detto che è l'immagine finale ciò che conta, indipendentemente dalla fotocamera, dall'obiettivo e dal sistema sensibile usato? E compatito chi, guardando un tuo lavoro, ti chiede che macchina hai adoperato?

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  • Nikonlander Veterano

Ribadisco, nel caso non fossi stato abbastanza chiaro, che il mio scritto non è una critica rivolta a chi ha un altro approccio diverso dal mio alla cattura di immagini. E' semplicemente la condivisione del mio entusiasmo che si rinnova anche guardando al passato. Al limite mi si può chiedere: ma perché ti rivolgi anche a processi antichi, quando oggi hai a disposizione tecnologie che 30 anni fa sognavi?
 

Il dizionario Treccani propone una definizione piuttosto arcaica dei Fotografia:
"Procedimento che, mediante processi chimico-fisici, permette di ottenere, servendosi di un apposito apparecchio (macchina fotografica), l’immagine di persone, oggetti, strutture, situazioni: una lastra o una pellicola trasparente rivestite di un’emulsione sensibile alla luce (o ad altra radiazione attinica, per es. i raggi X) sono impressionate dalla luce riflessa dal soggetto attraverso l’obiettivo della macchina, e sono sviluppate ed eventualmente riprodotte su altro supporto di materiale fotosensibile per stampa a contatto o per ingrandimento in quante copie si vogliono, di identico o differente formato; si distinguono, sotto l’aspetto tecnico e del risultato, una f. in bianco e nero e una f. a colori, secondo che si riproduca il soggetto rendendo con sfumature più o meno intense di grigio le differenze di colore e di luminosità, oppure che lo si riproduca, grazie a una tecnica più complessa, con i suoi colori naturali."

La definizione offerta da Wikipedia mi sembra più attuale e corrispondente al vero:
Una fotografia è un'immagine statica ottenuta tramite un processo di registrazione permanente delle interazioni tra luce e materia, selezionate e proiettate attraverso un sistema ottico su una superficie fotosensibile Il seguente processo è reso possibile dallo strumento denominato macchia fotografica o fotocamera Infatti la fotocamera è un'attrezzatura atta a riprendere le fotografie e con il termine "fotografia" si indicano tanto la tecnica per riprendere le fotografie quanto le immagini riprese, nonché, per estensione, il prodotto stampato.L'estrema versatilità di questa tecnologia ha consentito fotografia nei campi più diversi delle attività umana come la ricerca scientifica fino a consacrarla in alcuni casi come autentica forma d'arte, nonostante il fatto che generalmente le fotografie non siano direttamente frutto della nostra immaginazione e del nostro operato, come usualmente lo sono un dipinto o un'illustrazione, ma sono sempre e comunque il prodotto diretto di una macchina e hanno come referente, per necessità, il mondo fisico.

Una cosa credo quindi sia imprescindibile: per fotografare serve una fotocamera. Sia essa una scatola da scarpe o un chip inserito nel telefono. Senza una macchina fotografica non si può parlare di fotografia ma genericamente di immagine. La mia impressione è che la tecnologia stia scivolando verso la creazione di immagini, fedeli riproduzioni digitali della realtà o della nostra immaginazione. Oggi siamo ad un passo intermedio. Scattiamo una foto che verrà rielaborata al computer. Starà a noi ritoccarla o stravolgerla (i ritocchi alla pelle delle modelle sono l'esempio più comune). Un domani, ma già oggi se ne parla, sarà possibile fare a meno della fotocamera per crearci la nostra modella preferita, lo sfondo, le luci. Anche in questo caso nulla di male, purché ci si diverta, ma non fa per me.

Forse per questo rivolgo lo sguardo al passato.

Per il Valpolicella ne parliamo con le gambe sotto al tavolo! 😉

 

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  • Nikonlander

C'e' molto piu' del formato, che da solo fa una gran differenza, in una macchina a corpi mobili.
E' la possibilita' di cambiare prospettiva e piano di messa a fuoco. Molte foto di Ansel Adams con una macchina "moderna" semplicemente non si possono fare o vengono fuori altre foto.

Per questo credo che in realta' quel genere di fotografia non sia morto e non sia neanche un hobby per nostalgici ma piuttosto un'arte che solo pochi come Paolo sanno praticare e hanno voglia di praticare. E volendo ci sono anche dei "macchinazzi" che permettono di spostare un dorso con un sensore piu' piccolo su una grande formato e poi fare stitching degli scatti. Ci si risparmia, o ci si priva, dello sviluppo chimico, ma tutto il resto rimane.

Quindi io capisco perfettamente la soddisfazione di usare queste macchine, anche se non le ho mai usate, un tempo perche' erano inarrivabili come costo, oggi anche perche' dubito che sarei in grado di tirare fuori anche una sola immagine decente.

Peraltro, io sono uno di quelli che vanno in montagna a piedi. Altra soddisfazione, altre sensazioni, a dire il vero anche altri panorami, dato che chi sale in funivia ne vede uno solo, a piedi le prospettive cambiano a ogni passo.

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  • Nikonlander Veterano
15 ore fa, Paolo Mudu dice:

Ribadisco, nel caso non fossi stato abbastanza chiaro, che il mio scritto non è una critica rivolta a chi ha un altro approccio diverso dal mio alla cattura di immagini.
...

Sì, Paolo, sei stato chiarissimo, e ho capito che la tua posizione non era una critica come la mia non era una polemica.

Aggiungo che, per quanto mi riguarda, in un certo qual modo anche il mio fotografare - come il tuo - è meditato e per nulla bulimico.

Perché per me fotografare per strada è scattare solo quando si intuisce una situazione interessante aldilà della prontezza e velocità che occorre per farlo.
E' l'attenta osservazione di quanto mi sta intorno, persone, cose, luce, sfondo.
E' l'attesa di situazioni potenzialmente utili per ottenere ciò che ho in mente o ciò che penso possa accadere davanti al mio obiettivo.
E' anche l'attesa per valutare sul pc gli scatti effettuati una volta tornato a casa, e verificare che siano interessanti e significativi così come mi erano sembrati sul momento, poiché il display della macchina è troppo piccolo per valutarli, ed io sono troppo pigro per portarmi appresso gli occhiali da presbite per guardarli...

E' quindi, a mio modo di vedere, una low photography simile a quella di chi scatta con pellicola, con tempi di ripresa e sviluppo relativamente simili.

E, infine - ma molto infine - è anche il piacere fisico di tenere in mano ed utilizzare un bello strumento, piacevole al tatto, prestante per l'uso a cui lo dedico e pronto a fare ciò che gli chiedo; che, in senso traslato, è simile al piacere che ottiene chi fotografa con pellicola e maneggia rullini, negativi, pinzette acidi e vasche di sviluppo. ;)

Modificato da Pedrito
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  • Nikonlander Veterano
7 ore fa, Pedrito dice:

Sì, Paolo, sei stato chiarissimo, e ho capito che la tua posizione non era una critica come la mia non era una polemica.

Aggiungo che, per quanto mi riguarda, in un certo qual modo anche il mio fotografare - come il tuo - è meditato e per nulla bulimico.

Perché per me fotografare per strada è scattare solo quando si intuisce una situazione interessante aldilà della prontezza e velocità che occorre per farlo.
E' l'attenta osservazione di quanto mi sta intorno, persone, cose, luce, sfondo.
E' l'attesa di situazioni potenzialmente utili per ottenere ciò che ho in mente o ciò che penso possa accadere davanti al mio obiettivo.
E' anche l'attesa per valutare sul pc gli scatti effettuati una volta tornato a casa, e verificare che siano interessanti e significativi così come mi erano sembrati sul momento, poiché il display della macchina è troppo piccolo per valutarli, ed io sono troppo pigro per portarmi appresso gli occhiali da presbite per guardarli...

E' quindi, a mio modo di vedere, una low photography simile a quella di chi scatta con pellicola, con tempi di ripresa e sviluppo relativamente simili.

E, infine - ma molto infine - è anche il piacere fisico di tenere in mano ed utilizzare un bello strumento, piacevole al tatto, prestante per l'uso a cui lo dedico e pronto a fare ciò che gli chiedo; che, in senso traslato, è simile al piacere che ottiene chi fotografa con pellicola e maneggia rullini, negativi, pinzette acidi e vasche di sviluppo. ;)

Ti assicuro che dalle tue immagini traspare tutto ciò che hai scritto...ed anche di più! 

  • Sono d'accordo 1
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  • Nikonlander Veterano

Massimo, sono le cascate del Dardagna, Appennino Emiliano. Iper fotografato da sempre, ma solo questa volta in BN. Mi sembra un altro posto!

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