In memoria di Arthur, Re Arthur
Confesso di essere un vero misantropo. Non per causa d'altri.
Non è come per Alceste (il Misantropo di Moliere) che non crede negli uomini perchè é stato tradito.
Sono proprio così. Uno dei giorni più tragici della mia vita è stato il 1° ottobre 1969, il primo giorno di scuola. Ricordo che non capivo cosa ci facessi là e perchè c'erano tutte quelle persone.
Ma questa è un'altra storia, ne riparlerò magari in un altro blog quando finalmente terminerà definitivamente la scuola.
Al contrario del mio rapporto con le persone (che non odio, ci mancherebbe, solo che per ogni minuto passato con persone fuori di casa mia, ho bisogno di passare un numero congruo di minuti al sicuro tra le mie cose).
Dicevo che diversamente, il mio sodalizio con i cani è una cosa che trascende ogni considerazione. Va oltre le parole, oltre ciò che si può confessare. Nella realtà é un rapporto ineffabile.
Sono sempre stati i miei veri amici, i miei compagni di ogni attività, ogni giorno, da che mi ricordo.
Nove anni fa, era un momento difficile. C'era stato da pochissimo un passaggio generazionale in casa, molto doloroso e anche i cani di casa si avvicinavano al momento di godersi il meritato riposo.
Arthur, il primo Jack Russell Terrier della mia vita, comprese fin dal primo momento che doveva cambiare le cose.
Riempì la vita dei vecchi cani (che ci accompagnarono solo per pochi altri anni) costringendoli a tornare a giocare e anche delle persone, specie di mia madre, rimasta improvvisamente sola in casa per la prima volta in vita sua.
Arthur modello, a sei mesi
Arthur correva tutto il giorno. Giocava. Anzi, no, combatteva con le palle.
Ne aveva una enorme collezione che teneva rigorosamente inventariata sotto il letto. Guai se gliene mancava una. Riusciva a ritrovarla in pochissimo tempo dopo aver rovistato ovunque, spostato porte, cuscini, smontato letti.
In quel periodo lavoravo a Bologna e quando tornavo, al venerdì, impazzito di gioia saltava ovunque, inarrestabile, per manifestarmi quanto gli ero mancato.
Dormiva sul mio petto quando io guardavo il Gran Premio. Anche quello del Giappone o dell'Australia di mattino presto.
Abbaiava come un cane grande, riconoscendo se stava arrivando BRT o GLS (capirete il viavai di corrieri che c'è sempre in casa mia).
Assalendo senza tema quelli neri, per i quali non ha avuto mai una grande confidenza. Non per razzismo, solo che non gli andavano troppo a genio, come al sottoscritto.
Quando poteva, scappava dal cancelletto per andare dall'altro lato della strada a lasciare il suo segno, di monito ai tanti cani della via che si avventuravano con i padroni dalla nostra parte.
Morto il vecchio terrier bianco a 16 anni, il vecchio Fritz e il vecchio Sean non erano mai stati dei gran giocherelloni e lo guardavano seriosi.
Così gli procurai altri due fratellini della sua taglia. Con i quali condivideva i giochi ma mai le sue palline. Anche quando quelli cercavano di rubargliele.
Arthur insegna al suo piccolo amico Blakey, come si gioca, ma guaio se si prendeva una della sue palline !
Ma è sempre stato lui il capo naturale. Quello che chiamava gli altri per uscire a giocare. O chiamava me quando era il momento di rientrare.
Un capo, no, un vero Re, un Re bretone, che faceva onore al suo nome, o un re vichingo, indomabile, dal primo giorno in cui l'ho scelto a prima vista tra i suoi fratelli.
Ad oggi.
Indomabile anche nella difficoltà, quando un fa anno gli è stata diagnosticata una malattia incurabile.
Con pazienza lo abbiamo accudito e lui ci ha ricambiato con una forza d'animo inimitabile, se non per un capo vichingo, pur sentendo che giorno dopo giorno gli mancavano le forze.
Trascinandosi fino agli ultimi giorni, sempre con una pallina in bocca, anche a rischio di cadere a terra sfinito, per riprendere fiato.
Abbiamo cercato di dargli almeno una parte dell'amore incondizionato che ha mostrato ogni giorno della sua vita per ognuno di noi.
Di ricompensarlo per il ruolo guida e per averci aiutati ad andare avanti in momenti difficili, dandoci l'esempio delle cose che contano.
11 pollici di altezza, 8 chili di peso. Ma la forza di un gigante.
Ci ha lasciati oggi alle 13:08, avrebbe compiuto 9 anni il 24 di ottobre, dopo due settimane di infermità cui si è opposto con ogni fibra della sua sconfinata forza d'animo, nell'ultima battaglia, contro forze purtroppo soverchianti.
Forse vi sembrerà retorico quello che sto scrivendo ma per la prima volta in vita mia, pur provando un dolore inconsolabile provo allo stesso tempo la stessa gioia che provava lui vedendomi tornare a casa dal lavoro.
Ho sepolto decine di cani, ho sofferto ma oggi è veramente un giorno indimenticabile come lo è stata tutta la sua vita.
Arthur, è stato un privilegio conoscerti e vivere con te. In tuo onore stanno suonando le fanfare della Royal Fireworks di Handel.
Sono sicuro che dove sei ora sei già il capo.
Conto di venirti a cercare quando sarà il momento. Aspettami.
Arthur I, 24 ottobre 2009 - 30 settembre 2018. Il suo ultimo viaggio verso il regno degli eroi non poteva cominciare senza le sue palline preferite che certo non poteva lasciare incustodite.
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