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Rachmaninov sonate per pianoforte n. 1 e n. 2

(0 reviews)

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« Questo lavoro è naturalmente selvaggio e come infinito. L'idea base è costituita da due caratteri contrapposti che si richiamano ad un soggetto letterario, il Faust. Naturalmente non ho scritto una musica a programma nel vero senso della parola anche se si comprenderà meglio il senso della Sonata se si terrà presente tale soggetto. Nessuno si azzarderà mai ad eseguire tale lavoro perché è troppo difficile, lungo e discontinuo sul piano musicale. Sono stato tentato di trame una sinfonia ma questo proposito si è rivelato impossibile poiché il motivo è tipicamente pianistico».

                                                        Sergei Rachmaninov

 

Tre movimenti che oscillano tra il drammatico re minore e il trionfale re maggiore, circa 38 minuti, una sinfonia.
Composta nel 1907 e poi revisionata su consiglio amici tra cui Nicolai Metner, portata a termine a metà 1908 ed eseguita con esito molto tiepido nell'ottobre del 1908.
Poi eseguita di rado anche perché tecnicamente difficile quasi quanto la sonata di Liszt.
Retorica, senza quei temi "alla Rachmaninov" che rendono indimenticabile le sue note, complicata da capire e da rendere coerente.
I tre movimenti, ancora, dovrebbero rappresentare i tre personaggi del Faust di Goethe e il demoniaco la fa da padrona per tutto il tempo.
Con un momento di pausa nel secondo movimento che si sviluppa e si avviluppa su terze e quinte con il tema vero che si forma piano piano.
La destra canta, la sinistra ricama attorno, un racconto d'inverno.
L'ultimo movimento è traboccante di lampi, con accordi "alla Rachmaninov" che lo rendono spossante. In pratica non c'è un vero tema, ci sono botte su quella povera tastiera.
Ci sono cavalli al galoppo, cariche di cavalleria, marce militari.
Oppovero pianista che si trova davanti a questa partitura.

 

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«Egli suona la mia seconda sonata meglio del suo compositore».
                                Sergei Rachmaninov riferito a Vladimir Horowitz

 

La seconda sonata risale al 1913, poi rivista profondamente e accorciata nel 1931 - la versione che è in repertorio oggi - mentre Horowitz ne rielaborò una versione nel 1943 per se stesso che abbiamo in disco e che era approvata dal Maestro stesso.

Il primo tema dell'Allegro Agitato che apre la sonata entra con martellanti accordi, quasi schiaffi violenti con momenti ancora più convulsi.
Però viene rapidamente inserito un secondo tema sereno con armonie opposte, terse e pulite. E' un gioco continuo tra questi due elementi per tutto il tempo.

Il secondo ha un tema principale meditativo cui seguono varianti episodiche a mutarlo. Sembrano una serie di ricordi, dei quadretti brevi, quasi di una vita passata.
Ma questo calmo incedere viene rapidamente reso più mosso, coinvolgente ed appassionato, con forza ed impeto, finendo poi per stemperarsi lentamente sempre più quiete.

Il terzo movimento é il più breve ed rabbioso, con accordi staccati. Intravvediamo materiale tematico preso dai primi due movimenti, rimodulati.
C'è una pausa sognante, sensuale, per poi riprendere come all'inizio.

La sonata inizia in Sib minore, pessimisticamente e si conclude in un brillante ed eroico Sib maggiore. Sia alla vigilia dello scoppio della Guerra Mondiale e poco prima della rivoluzione di ottobre. Qualche eco lo sentiamo e Rachmaninov qui reagisce diversamente da come fatto nelle atmosfere oscure, per esempio dell'Isola della morte o dalle "Campane".
Rachmaninov stesso tenne la prima esecuzione a Kursk nel dicembre del 1913.
Bene accolta, l'autore non ne era molto soddisfatto e la modificò in America nel 1931. Da allora, diversamente dalla prima sonata, è rimasta nel repertorio di tutti i grandi pianisti.
La durata si ridusse di circa 6 minuti. In ogni caso, molto più corta della "sinfonia" che è costituita dai tre movimenti della prima sonata.
La versione di Horowitz riprende in larga parte la prima versione, alleggerendone alcuni passaggi virtuosistici indigesti per il pubblico.

 

***
 

Raramente eseguite insieme, la prima non è stata registrata tantissimo.
E' veramente difficile da rendere in modo coerente e si tende a perdersi, specie nel secondo movimento.
Mentre ci sono tante versioni della seconda. Vi segnalo tra tutte proprio quella di Horowitz.

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disponibile in svariate versioni Sony/CBS.
E' violenta, appassionata, ha le leggendarie ottave di Horowitz, ancora più sonore di quelle di Rachmaninov stesso e del loro padre spirituale Liszt.
La durata dei tre movimenti è secca 08:28, 06:10 e 5:19

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Valentina Lisitsa, sacerdotessa di Rachmaninov ha registrato entrambe le sonate, la seconda nella versione originale del 1913.
I suoi tempi sono di 09:55, 06:46, 7:24 (ricordo che ci sono circa 6 minuti tra le due versioni).
C'è molta più dolcezza e riflessione in questa versione che secondo me fa perdere un pò di concentrazione.
Ma non so dire se dipenda dalla partitura, perché lei mi pare particolarmente ispirata e quando serve vola sui tasti.

 

Valentina ha registrato anche la n. 1, in un disco dedicato al 1908 che contiene anche il Gaspard di Ravel.

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è un disco del maggio scorso e mi sembra molto ben concepito.
Il tono è perentorio, un pò retorico ma per niente scontato.

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abbiamo poi l'album con entrambe le sonata di Nikolai Lugansky del 2012.
Ha tempi lunghi (10:28, 06:54, 07:12) perché - secondo l'autore del libretto - Nikolai si è fatto la sua versione, prendendo la 1913 e tagliano il necessario senza arrivare alle "cesure" della 1931.
Le due letture sono in linea con la visione musicale più del pianista che del Grande Russo, introverse, speculative, studiate, meditative.
Ma Luganski non si tira certo indietro nei pienissimi e i suoi accordi sono tutti tellurici.

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in un disco Chandos registrato in modo eccellente abbiamo una edizione appena più recente (2014) con la cinese Xiayn Wang (che non è parente di Yuja).
Più convincente nella seconda, un pò alla Horowitz (07:42, 06:32, 05:11) che nella prima ma nel complesso un disco molto raccomandabile.

E andiamo alla versione principe eppure controversa.

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mia metterei Weissenberg come primo in nessun disco (tranne forse in certe cose di Stravinsky che però frequento di rado) ma qui abbiamo tempi spaziali persino per Horowitz.

E' crudo, diretto, lascia senza fiato (06:00 netti, 04:45, 04:31 nella seconda, meno di 30 minuti in tutto nella prima : due record assoluti).
Impeto puro, forza eroica, un vulcano in piena eruzione. Niente sentimento, fredda forza bruta.
Purtroppo, registrazione digitale del 1989 con quella resa "vetrosa" tipica dell'epoca in casa DG.

Ci sono poi altre versioni, penso ad Ashkenazy, a Ogdon, alla giovane Grimaud.

Ma qui voglio aggiungere l'ultima, uscita ieri l'altro di Boris Giltburg.

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cui riconosco una notevole coerenza interna, tra le due sonate e soprattutto, con la versione arrangiata dell'Isola della Morte che occupa ben 19 minuti del disco e che pare l'elemento cruciale per Boris.
E' un momento di maturazione per l'eccellente pianista che abbiamo molto lodato in tante precedenti registrazioni di Rachmaninov con Naxos.
Ma non mi convince per i tempi molto compassati che tendono a far perdere l'essenza della musica. (39 minuti per la prima; quasi 21 per la seconda).

Si, Rachmaninov era più delle sue ottave e dei suoi accordi, del suo ritmo esagerato. Era un sinfonista e sarebbe voluto essere ricordato come un sinfonista.
Ma la sua musica pianistica ha una sua essenza anche maturata sulla tastiera e nelle esibizioni per il pubblico.
Non sono sicuro che sia necessario sublimarla come se si trattasse di un unicum pensato in anticipo.
Nonostante alla fine, tra le due sonate passino pochi anni e L'isola della morte sia coeva alla prima sonata, sono composizioni differenti progettate in luoghi diversi e tra vicende di vita alterne.
IMHO.

E voi, che ne pensate al riguardo ?

1 Comment

Recommended Comments

happygiraffe

Nikonlander Veterano

  • Nikonlander Veterano

Grazie per la disanima! 

Personalmente, sono opere che ho sempre trovato piuttosto faticose all'ascolto. Tra i dischi che hai citato, ma che non ho ascoltato tutti, sicuramente Weissenberg è quello che mi ha impressionato di più, per quella furia incalzante che riesce a trovare una coerenza anche dove non c'è. Molto bello anche Lugansky, ma qui forse mi convince meno che nel resto del suo Rachmaninov.

Giltburg ha un approccio, non solo in Rachmaninov, un po' rapsodico, fatto di continue accelerazioni e decelerazioni, che può andar bene nei Préludes e negli Etudes-Tableaux, ma che in pezzi più strutturati, come le sonate, possono far perdere la visione d'insieme del pezzo. Per questo stesso motivo faccio fatica a ascoltare il suo Beethoven.

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