[reportage] L'abbazia di San Galgano
A metà gennaio con alcuni amici appassionati di fotografia, abbiamo deciso di dedicare una giornata ai territori intorno Siena e finire la giornata all’Abbazia di San Galgano. Confidando nel periodo non climaticamente clemente, per trovare la chiesa sconsacrata poco frequentata e vuota al suo interno. Ciò, perché nei mesi che vanno da aprile a settembre vi si possono incontrare matrimoni, oppure l’interno invaso da sedie per le rassegne di concerti notturni. Certo che ascoltare la musica in quel tipo di teatro dovrebbe essere un'esperienza particolare.
Lungo la strada poco dopo Rosia s’incontra il ponte della Pia, che merita una sosta per osservare la struttura.
Il ponte, risale ai primi anni del XIII secolo, è costituito da un'unica arcata e collega le rive del torrente Rosia; in passato ha svolto un ruolo importante lungo il percorso della antica Via Massetana che collegava Siena alla Maremma, in particolare alle Colline Metallifere ed a Massa Marittima.
Una volta attraversato il ponte ci ritroviamo dall'altro lato della gola dove scorre il torrente e dove si trova la strada, detta “manliana”, ricostruita del corso del XV secolo, che conduce all'Eremo di Santa Lucia a Rosia.
Secondo la tradizione il suo nome deriverebbe dalla nobildonna senese Pia De' Tolomei, moglie di Nello d'Inghiramo, che aveva sposato dopo essere rimasta vedova. Quest'ultima, nominata anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia, non potendo avere figli con il suo secondo marito, venne da quest'ultimo accusata di tradimento e dopo essersi anche invaghito di un'altra donna, l'avrebbe uccisa gettandola dalla rupe su cui sorgeva il Castel di Pietra in Maremma. Secondo la tradizione, la rupe si chiama “il Salto della contessa”. La leggenda vuole che il fantasma di Pia de' Tolomei appaia sul ponte nelle notti di luna piena, completamente vestita di bianco e pare lo attraversi senza toccare terra.
Dopo un breve tratto di strada si giunge nella pianura che ospita l’Abbazia di San Galgano, sovrastata da una collina che ospita L’Eremo di Monte Siepi dov'é conservata la spada che, secondo la leggenda, il cavaliere Galgano conficcò miracolosamente nella roccia e si fece eremita.
La spada nella roccia esiste davvero e siccome poteva essere liberamente estratta, nel 1924, per prevenire un eventuale furto, il parroco di allora bloccò la lama versando del piombo fuso nella fessura. Negli anni '60 la spada fu spezzata da un vandalo, dopodiché il moncone fu risistemato sulla roccia e poi protetto con un’orrenda copertura di plastica rigida.
Comunque, recenti ricerche compiute dall'Università di Siena hanno evidenziato che i due margini della spada coincidono perfettamente, per cui si può ritenere che la parte spezzata appartiene alla spada originale. Inoltre, la lega metallica della spada è quella tipica delle spade nel XII secolo.
Subito dopo morte di Galgano, avvenuta nel 1181, attorno alla spada nella roccia fu costruita la Rotonda, che appare in tutta la sua semplicità ed essenzialità.
L' Abbazia di San Galgano fu costruita tra il 1212 ed il 1288 dai cistercensi, che si insediavano vicino ai fiumi (siamo nelle pianure che costeggiano il fiume Merse) ed alle grandi vie di comunicazione (qui passava la strada Maremmana Romana).
Da allora fu il centro economico, culturale e politico di tutta la zona, ma nel XIV secolo la situazione iniziò a peggiorare: prima la carestia del 13328 poi la peste del 1348, che vide i monaci duramente colpiti dal morbo, portò all'arresto dello sviluppo. Nella seconda metà del secolo l'abbazia, come tutto il contado senese, venne più volte saccheggiata dalle compagnie di ventura, che scorrazzavano per il territorio. Tali vicende portarono ad una profonda crisi nella comunità monastica, tanto che alla fine del secolo essa si era ridotta a sole otto persone.
La crisi continuò anche nel XV secolo. Nel 1474 i monaci fecero edificare a Siena il cosiddetto Palazzi di San Galgano e vi si trasferirono, abbandonando il monastero.
Nel 1503 l'Abbazia venne affidata ad un abate commendatario, una scelta che accelerò la decadenza e la rovina di tutto il complesso. Il governo degli abati commendatari si rivelò scellerato, tanto che uno di loro, alla metà del secolo, fece rimuovere per poi vendere la copertura in piombo del tetto della chiesa: a quel punto le strutture deperirono rapidamente.
Oggi questa enorme e possente Abbazia, priva del tetto e delle finestre, emana un fascino incredibile, forse perché stimola il contatto sacro con la natura circostante tipica dei templi pagani.
Verso l'imbrunire rientrano i piccione e si rintanano negli anfratti dei muri.
Dopo il tramonto si accendono le luci. Peccato che la bancata destra era non funzionante, a causa di infiltrazioni d'acqua piovana.
Senza le luci interne al tramonto
Con le luci interne dopo il tramonto
Il posto merita una visita, anche per i meravigliosi posti che caratterizzano il paesaggio senese (dalle crete, alla Val d'Orcia, ecc.)
Modificato da Gianni54
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