Ella fu: Letizia Battaglia
col suo ventaglio in mano, slightly out of focus...(alla maniera dei reporter), con tutta la grana della mia T-Max 400 tirata a 1600 sulla mia Nikon
qui è il 19/8/92 e siamo in via Libertà a Palermo per commemorare ad un mese, la strage di via Mariano d'Amelio che quest'anno, dopo trenta, non la vedrà in prima fila dove è sempre stata.
Letizia Battaglia non aveva paura se non del silenzio e dell'omertà che circondano le vicende che riguardano malaffare, corruzione, sfruttamento e mafia, delle quali la sua azione e la sua Fotografia sono state strumento di denuncia.
Una fotografa premiata per la sua espressività concettuale, prima tra le donne, con il premio Eugene Smith per la fotografia sociale nel 1985 e poi anche col Mother Johnson Achievement for Life nel 1999, quindi nel 2009, col Cornell Capa Infinity Award; nominata dal New York Times nel 2017, tra le 11 donne più rappresentative del mondo (unica italiana).
Nata fotograficamente alla fine degli anni 60 con l'amicizia di fotografi Magnum del calibro di Josef Koudelka e Franco Zecchin, (nella foto qui sotto)
(foto: Episcopio courtesy)
con il quale realizzò l'agenzia Informazione Fotografica che poi continuò, come laboratorio d' IF negli anni 80, nello sviluppo e nella ricerca della comunicazione fotografica per un lungo periodo, contribuendo anche alla formazione di molti fotografi contemporanei.
Aprì a Palermo una casa editrice (Edizioni della Battaglia) e pubblicando molti autori con tematiche specifiche di evoluzione, rivoluzione del costume, immagine, politica. Poi una rivista bimestrale, Mezzocielo.
In prima linea dovunque ci fossero storie di donne sfruttate o emarginate, così come nella organizzazione di centri culturali, come quello dedicato a Peppino Impastato, il giornalista ucciso dalla mafia e raccontato ne "I cento passi"
La sua parentesi di reporter del quotidiano palermitano L'Ora, durante la quale realizzò i reportage che l'hanno a lungo imprigionata con l'etichetta di fotografa di mafia (lei precisava "contro la mafia") è una fase solamente della sua produzione e sicuramente un fortissimo incentivo all'azione ed impegno politico e sociale per il quale l'abbiamo conosciuta amata ed eventualmente anche odiata, per un certo presenzialismo che negli ultimi anni ho capito essere stato più un peso terribile che una occasione di protagonismo per la donna Letizia, piuttosto che per la figura di sè che nel tempo si era andata formando.
Le fotografie restano a testimoniare l'impegno, tanto quanto i riconoscimenti tributati tra i tanti, anche da Wim Wenders nel suo film sullanostra città, Palermo shooting.
La sua creatura più cara, il recupero dei Cantieri della Zisa, diventati Culturali con il suo contributo artistico, dedicato alla creazione di un punto di riferimento per la Fotografia intesa come Arte Espressiva: fondando il Centro Internazionale di Fotografia.
Innumerevoli mostre, convegni e corsi, quelli organizzati per assicurare uno spazio espositivo e realizzativo anche a chi volesse muovere i primi passi in questo ambito.
L'ho ascoltata raccontarsi negli ultimi anni di questa sua lunga vita (aveva 87 anni) e ho capito che lo spessore umano è sempre maggiore di ciò che l'espressione artistica possa dimostrare: nonostante premi e riconoscimenti.
Avrebbe continuato a fare: a due passi da casa mia è in fieri l'organizzazione del primo museo della Fotografia di Palermo, in un bellissimo villino liberty. L'avrebbe dovuto curare lei...
Ora ci manca.
- 6
- 5
9 Commenti
Commenti Raccomandati