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[Personale] La formazione di un fotografo


Sakurambo

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Prendo spunto da una breve video intervista di Alex Majoli vista su facebook.

Alla domanda circa le fonti dalle quali un fotografo avrebbe dovuto attingere per la sua formazione, lui risponde escludendo in modo espliciti i testi di fotografia, in particolare i volumi fotografici! E' un concetto che ho già visto o letto esposto da altri professionisti, seppure ognuno a modo suo. Ovviamente detto così colpisce l'attenzione ed è strano e, verrebbe di rispondere, anche poco sensato, eppure ha un senso.

Il concetto di base, per come lo interpreto io, è che ognuno di noi mette nelle foto che scatta il proprio essere, la propria sensibilità, le proprie tendenze o manie. Chi è precisino, chi odia il buio e vuole immagini luminose, chi evita lo sguardo del modella/modello e chi invece lo cerca sempre... insomma noi stessi.

Ed ecco che alimentare la nostra conoscenza leggendo libri di poesia o di narrativa, andando al cinema per vedere commedie o drammi, visitare musei per ammirare sculture e dipinti, ma anche ascoltare buona musica e cimentarsi in attività sportive per noi piacevoli contribuendo a costruire una coscienza ed allargare le nostre vedute e la nostra sensibilità, così da dare al nostro cervello concetti potrà assorbire ed elaborare per poi riversarli, spesso a livello inconscio, nelle nostre foto.

Io ho avuto modo di sperimentare questo meccanismo durante il mio viaggio in Africa. Sono partito per un safari fotografico senza aver mai fotografato animali, davvero, nemmeno in uno zoo o bioparco che sia. E nemmeno avevo letto volumi sull'argomento; per mancanza di tempo sono partito quasi a digiuno di esempi o di tecniche. Avevo solo quello che ho visto in TV o sul web.

Eppure mi sono reso conto che, scattando, inseguivo delle situazioni specifiche, soprassedevo dallo scattare in alcune situazioni perché la scena non era come la volevo. E mi sono accorto anche che, nella composizione, seguivo dei canoni precisi, come se il senso estetico che mi guida quando fotografo una modella in studio fosse lo stesso anche per un leone o per una giraffa ripresi libero nel loro ambiente.

Io credo che questo sia un'aspetto importante nella vita di un fotografo, non tanto perché non possiamo seguire solo le orme di altri, ma proprio per capire che un'arte come la fotografia non si alimenta da sola ma pesca da tutto ciò che ci circonda. Tanto più oggi che tutti hanno uno strumento fotografico e che il numero di immagini prodotto è addirittura ridondante.

My two cents.

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44 Commenti


Commenti Raccomandati



  • Nikonlander
23 minuti fa, effe dice:

.........Oggi le immagini di guerra devono essere soft, possibilmente ti diranno loro quando e cosa fotografare e magari anche come. Che tristezza.

La questione e' che certe foto oggi non le pubblicano! Oggi e' molto complicato essere fotografo/videografo di guerra. Le testate non sono piu' interessate a questo tipo di notizie. pero nel terreno ce ne sono di fotografi ottimi e con molte capacità pero sono nell'ombra mediatica pero continuano a fare il loro lavoro e spesso sono freelance come il fotogiornalista Ricardo Garcia Vilanova che ho conosciuto personalmente e sinceramente mi ha un po demoralizzato quello che raccontava.

 

Oltretutto lui di esperienza negativa ne ha passata, un sequestro di 194 giorni in Siria pero non ha smesso di offrire informazione di campo in terra ostile perche come dice lui e' il suo lavoro.

Il problema e' che lo fa come Freelance.

 

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  • Nikonlander

Comunque credo che la formazione di un fotografo sia parte integrante del suo percorso di vita, chiaramente dipende da cosa intendiamo per fotografo

Una persona con un cellulare o anche con una supercamera ma senza capacita di trasmettere un messaggio lo riteniamo fotografo? 

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  • Nikonlander Veterano
4 ore fa, thetarcior dice:

Ma sì, il mio non voleva essere un ragionamento estremo. E' ovvio che nella vita ci si permea delle altre cose, che influenzano le nostre scelte: vale per ogni cosa, dalla più semplice alla più articolata.

Proverò a essere un po' più sintetico e preciso.

Parto dalla premessa fondamentale che, a mio parere, non ci si può considerare ad alcun titolo - compreso quello amatoriale- un "fotografo" se non si ha ben saldo in mente:

  1. concetti tecnici di base (uno dev'essere consapevole del  perché e del percome la luce entra nella macchina e sbatte la nostra immagine sulla pellicola/sensore; del perché e del percome ciò che vedo con i miei occhi non è uguale a ciò che vede il mio terzo occhio, e così via)
  2. concetti compositivi di base (che poi rientrano in parte nel tecnico, perché per me parte dalla consapevolezza dell'angolo di campo di un determinato obiettivo)
  3. esperienza pratica (bisogna studiare, ma solo per poi mettere tutto in pratica e assimilare. Vale per tutto e la fotografia non fa eccezione)

Ecco, dando per scontati i tre concetti cui sopra, io penso che certe volte emulare la perfezione compositiva di riferimento in un determinato genere, possa costituire un limite per la propria creatività. Questo non vuol dire che non bisogna conoscere le composizioni, né che bisogna essere totalmente avulsi da influenze esterne, anche perché - come fatto notare giustamente da molti - è impossibile agire, ad ogni livello, senza venire influenzati dalla propria esperienza. Invece, vuol dire essere consapevoli, a 360°, e agire di conseguenza secondo il proprio gusto personale che, ribadisco a scanso di equivoci, sarà sempre condizionato dal resto del mondo.

Ad esempio, a me piace trasmettere il movimento quando fotografo qualcosa in dinamismo: che sia un'automobile, una motocicletta, un uomo che passeggia, un uccello che vola, un cane che corre... Quindi tra le mie foto, quelle che sento veramente "mie" sono quelle che trasmettono il dinamismo con il mosso: concetto ampiamente condizionato da ciò che ho visto (ad esempio uno dei miei fotografi sportivi preferiti è Darren Heath, maestro del panning e autore di scatti meravigliosi, a mio parere, che sicuramente hanno influenzato i miei gusti), ma che alla fine contrasta con il "metodo standard" della foto sportiva/d'azione che vuole tutto fermo e congelato.

 

PS-

Urge una breve presentazione! :)

Il mio nome è Tarcisio. "THETARCIOR" è il nickname che utilizzo praticamente dappertutto: social, forum e adesso anche qui. E' nato quando ero adolescente - adesso di anni ne ho 27 - dalla commistione del nomignolo affibiatomi dagli amici "Tarcio" e della mia sfrenata passione per il motomondiale e in particolare per Valentino Rossi: the doctor -> thedoctor ->the + tarcio + r -> thetarcior.

In sostanza, minchiate di gioventù. :D Ma ormai ci sono rimasto affezionato.

Benvenuto Tarcisio, felice di fare la tua conoscenza (va beh, telematica ma meglio di niente)

E' proprio il punto 2 che tu dai per scontato come regola che mi fa strascicare i piedi. Impariamo a parlare in tenerissima età solo per semplice emulazione cioè senza studiare la grammatica e l'analisi logica del periodo.  Così per VEDERE serve avere gli occhi ed un cervello attaccato, poi per carità ci sta anche l'analisi a posteriori e lo studio analitico, così come per la grammatica il participio passato ed il congiuntivo, ma la comunicazione è già bell'eservita.

Recentissimamente (oddio, marzo?) ho avuto uno scambio di opinioni con un socio del club che insisteva su una sua foto compositivamente ineccepibile, secondo i "dogmi" dei terzi delle regole della sezione aurea, delle diagonali e ti tutte le geometrie di Pitagora; fatto sta che tecnicamente aveva ragione, ma quella foto era da CESTINO, perché? PERCHE' NON DICEVA UNA MINKIA! E non so dirlo se non in francese :)

 

Sulle foto di guerra: scusate, ma mica sta scritto da nessuna parte che un buon fotografo deve per forza picchiare il muso sulla terra insanguinata. Ci sono 1*10^15 contesti di racconto micidiali che vale la pena narrare senza necessariamente tirare in ballo per la millesima volta le disgrazie del medio oriente (!) o altri luoghi disgraziati; sta roba sta diventando stucchevole e, lo dico per i palestinesi, a lungo andare poi la gente si abitua e l'opinione pubblica diventa permeabile alle notizie come un cartone del latte. Insomma son vent'anni che "vinci il WPP" solo se hai struggenti immagini dalla striscia di Gaza. Quando qualche anno fa vinse uno che fotografò le evoluzioni parcour tra le rovine della palestinesi, mi dissi: "ok abbiamo superato in abbondanza la soglia del grottesco ed entriamo di diritto nel ridicolo".

Detto questo, vediamo oltre e ampliamo lo sguardo su TUTTO. E ripeto, professional/enthusiast/amatour/ non ha alcuna rilevanza nel discorso che stiamo facendo.

 

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  • Amministratori
1 ora fa, Fab Cortesi dice:

Comunque credo che la formazione di un fotografo sia parte integrante del suo percorso di vita, chiaramente dipende da cosa intendiamo per fotografo

Una persona con un cellulare o anche con una supercamera ma senza capacita di trasmettere un messaggio lo riteniamo fotografo? 

Si. Di regola un fotografo non è altri che qualcuno in grado di fare una fotografia. Con qualsiasi mezzo e con qualsiasi fine.
Un buon fotografo è un fotografo che ci mette tutta la sua arte per fare una fotografia.
Quanto sia buona e valida questa sua arte è soggettivo, sia per se stesso che per gli altri.

Se la fotografia fosse l'arte di trasmettere messaggi, un buon fotografo sarebbe anche un ottimo radiotelegrafista ?
E se dall'altro capo dell'apparecchio non ci fosse qualcuno che capisce il suo linguaggio, il fotografo sarebbe comunque un fotografo ?

Non vi ho seguiti in questa conversazione ma ho il fondato timore che non si possa arrivare da nessuna parte, semplicemente perchè non esiste un dove arrivare.
Già dibattere di questi argomenti mi pare una pura formalità. Meglio andare a fotografare e magari provare a fare qualche buona fotografia se ci si riesce.
Ovviamente la partita IVA in tutto questo ci azzecca come la maionese nel té.

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  • Nikonlander Veterano
2 minuti fa, Mauro Maratta dice:

Si. Di regola un fotografo non è altri che qualcuno in grado di fare una fotografia. Con qualsiasi mezzo e con qualsiasi fine.
Un buon fotografo è un fotografo che ci mette tutta la sua arte per fare una fotografia.
Quanto sia buona e valida questa sua arte è soggettivo, sia per se stesso che per gli altri.

Se la fotografia fosse l'arte di trasmettere messaggi, un buon fotografo sarebbe anche un ottimo radiotelegrafista ?
E se dall'altro capo dell'apparecchio non ci fosse qualcuno che capisce il suo linguaggio, il fotografo sarebbe comunque un fotografo ?

Non vi ho seguiti in questa conversazione ma ho il fondato timore che non si possa arrivare da nessuna parte, semplicemente perchè non esiste un dove arrivare.
Già dibattere di questi argomenti mi pare una pura formalità. Meglio andare a fotografare e magari provare a fare qualche buona fotografia se ci si riesce.

Dai Mauro!

Cortesi intende con "messaggio" la carica emotiva che un'immagine sa veicolare. Il mezzo fotografico è un modo.

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16 minuti fa, Valerio Brustia dice:

Benvenuto Tarcisio, felice di fare la tua conoscenza (va beh, telematica ma meglio di niente)

E' proprio il punto 2 che tu dai per scontato come regola che mi fa strascicare i piedi. Impariamo a parlare in tenerissima età solo per semplice emulazione cioè senza studiare la grammatica e l'analisi logica del periodo.  Così per VEDERE serve avere gli occhi ed un cervello attaccato, poi per carità ci sta anche l'analisi a posteriori e lo studio analitico, così come per la grammatica il participio passato ed il congiuntivo, ma la comunicazione è già bell'eservita.

Recentissimamente (oddio, marzo?) ho avuto uno scambio di opinioni con un socio del club che insisteva su una sua foto compositivamente ineccepibile, secondo i "dogmi" dei terzi delle regole della sezione aurea, delle diagonali e ti tutte le geometrie di Pitagora; fatto sta che tecnicamente aveva ragione, ma quella foto era da CESTINO, perché? PERCHE' NON DICEVA UNA MINKIA! E non so dirlo se non in francese :)

 

Sulle foto di guerra: scusate, ma mica sta scritto da nessuna parte che un buon fotografo deve per forza picchiare il muso sulla terra insanguinata. Ci sono 1*10^15 contesti di racconto micidiali che vale la pena narrare senza necessariamente tirare in ballo per la millesima volta le disgrazie del medio oriente (!) o altri luoghi disgraziati; sta roba sta diventando stucchevole e, lo dico per i palestinesi, a lungo andare poi la gente si abitua e l'opinione pubblica diventa permeabile alle notizie come un cartone del latte. Insomma son vent'anni che "vinci il WPP" solo se hai struggenti immagini dalla striscia di Gaza. Quando qualche anno fa vinse uno che fotografò le evoluzioni parcour tra le rovine della palestinesi, mi dissi: "ok abbiamo superato in abbondanza la soglia del grottesco ed entriamo di diritto nel ridicolo".

Detto questo, vediamo oltre e ampliamo lo sguardo su TUTTO. E ripeto, professional/enthusiast/amatour/ non ha alcuna rilevanza nel discorso che stiamo facendo.

 

Valerio, mi trovi d'accordo. La situazione a cui mi riferivo/riferisco è, difatti, quella di un fotografo "base" che, per come lo intendo io, è una persona che ha ben chiari i 3 punti che dicevo.

Infatti, l'esempio di me stesso che ho riportato, rimanda comunque all'ispirazione presa da cose che ho visto, seppur in campi differenti. Ed è qui che volevo arrivare: posso fare un ritratto meraviglioso, comunicativo ed espressivo, senza rispettare le regole di base dei ritratti, ma facendo una foto "diversa", consapevole e quindi mia. Esattamente come, in misura opposta, la foto che non diceva una minchia di cui parlavi.

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  • Nikonlander Veterano

Mi sa che non ci intendiamo, 

l'immagine "buona" dritto o storto rispetterà le regole compositive, ma lo deduciamo a valle e non a monte. 

Non è solo questione di ordine degli addendi, ma di modo di operare. Preoccupiamoci di fotografare cose che suscitano il nostro interesse, giriamoci intorno, esploriamo visivamente. Alla fine se ne caveremo foto buone sicuro che  queste avranno dei caratteri "grammaticali" aderenti alla "norma". 

Fare l'inverso è assolutamente disgraziato. 

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E non ci intendiamo no, perché è da un pezzo che cerco di dire la stessa cosa! :D

26 minuti fa, Valerio Brustia dice:

Preoccupiamoci di fotografare cose che suscitano il nostro interesse, giriamoci intorno, esploriamo visivamente.

Ecco, in sintesi.

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  • Nikonlander
1 ora fa, Valerio Brustia dice:

Dai Mauro!

Cortesi intende con "messaggio" la carica emotiva che un'immagine sa veicolare. Il mezzo fotografico è un modo.

Corretto.

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  • Nikonlander Veterano
53 minuti fa, thetarcior dice:

Valerio, mi trovi d'accordo. La situazione a cui mi riferivo/riferisco è, difatti, quella di un fotografo "base" che, per come lo intendo io, è una persona che ha ben chiari i 3 punti che dicevo.

Infatti, l'esempio di me stesso che ho riportato, rimanda comunque all'ispirazione presa da cose che ho visto, seppur in campi differenti. Ed è qui che volevo arrivare: posso fare un ritratto meraviglioso, comunicativo ed espressivo, senza rispettare le regole di base dei ritratti, ma facendo una foto "diversa", consapevole e quindi mia. Esattamente come, in misura opposta, la foto che non diceva una minchia di cui parlavi.

Beh senti, io ho letto le tue parole e qui ho evidenziato il passaggio e non so .. forse capisco fischi per fiaschi, ma se leggo così com'è ti dico che NO quel ritratto ben difficilmente sarà meraviglioso. Ovviamente dipende da quale base di dati partiamo perchè "le regole di base dei ritratti" sono un campionario piuttosto vasto che parte dagli Assiri per arrivare a stamattina ed in esse troveremo sostanzialmente le modalità di osservazione di un'immagine. Se il tuo ritratto non rispetta NON LE REGOLE DI BASE DEL RITRATTO, ma la struttura di lettura di un'immagine dubito serenamente che darà soddisfazione a chiunque, te per primo. 

Il concetto che sto cercando di sgranare è che non posso pensare alla composizione come ad una somma di norme il cui risultato è matematicamente una buona immagine, al contrario la buona immagine posso decomporla in strutture di disposizione delle forme che ritornano, che sono comuni. 

Su questo non mi pare che noi si stia esprimendo lo stesso pensiero. Personalmente, nella pratica, la "regola" non la applico consciamente:  "ah qui ci va l'incrocio dei terzi e qui una linea prospettica di fuga", no no non l'ho mai fatto nemmeno agli inizi.  Nei fatti me la trovo nelle foto e credo sia normale perché riproduco, ci provo, quello che vorrei vedere secondo l'architettura compositiva che ho acquisito guardando. Quegli schemi sono innati, sono istintivi e sono comuni al pensiero umano, si alimentano e crescono, maturano, attraverso l'osservazione. Questo è il fondamento della formazione di un fotografo, il punto di partenza del  post di Fabio.

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  • Amministratori

in buona sostanza, come tua nonna, Tarcisio, fa le pantofole migliori del suo paese (e mi resta adesso la curiosità morbosa di assaggiarle) pantofola.jpg.af2737e96968e33f8cc7a8da82478c06.jpg

deriva dalla tradizione innata trasmessale nei cromosomi dall'aria di Lercara,

così noi fotografiamo una persona avendo nei nostri neuroni ben presente una buona fetta della nostra evoluzione...

Non si sfugge: mica tua nonna si mette a fare le pantofole con le noccioline americane e lo sciroppo d'acero... !!! NOn sia mai! (non ce la farebbe essa stessa)

Siamo quel che facciamo, facciamo ciò che siamo (sentiamo, percepiamo, mediamo)

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  • Nikonlander Veterano
19 ore fa, Fab Cortesi dice:

Comunque credo che la formazione di un fotografo sia parte integrante del suo percorso di vita, chiaramente dipende da cosa intendiamo per fotografo

Una persona con un cellulare o anche con una supercamera ma senza capacita di trasmettere un messaggio lo riteniamo fotografo? 

Secondo me si se il suo obiettivo è quello di avere anche un ricordo del momento, ma fatto in maniera consapevole e tecnica.

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  • Nikonlander Veterano
17 ore fa, Valerio Brustia dice:

Mi sa che non ci intendiamo, 

l'immagine "buona" dritto o storto rispetterà le regole compositive, ma lo deduciamo a valle e non a monte. 

Non è solo questione di ordine degli addendi, ma di modo di operare. Preoccupiamoci di fotografare cose che suscitano il nostro interesse, giriamoci intorno, esploriamo visivamente. Alla fine se ne caveremo foto buone sicuro che  queste avranno dei caratteri "grammaticali" aderenti alla "norma". 

Fare l'inverso è assolutamente disgraziato. 

Quindi implicitamente la foto di street è solo una botta di fortuna: scatto su ogni cosa che mi passa davanti e alcune poi suscitano un certo interesse.... mhmm. Insomma il messaggio glielo  diamo dopo. Ecco almeno  per me è il contrario, per cui la situazione non è di un attimo ma statica e fotografo se avendo la fotocamera dietro attrae il mio interesse. Ma il mio interesse o la mia visione potrebbe essere banale per un altro e quello che molti considerano una foto pregna di significato , a me potrebbe non dire niente.

 

Concordo con l'affermazione di Max: Siamo quel che facciamo, facciamo ciò che siamo (sentiamo, percepiamo, mediamo) e aggiungo che ognuno poi interpreta in maniera differente quel che facciamo.

Modificato da bergat
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  • Nikonlander Veterano

Bernardo, sì l'interpretazione è soggettiva, ma concorderai che esiste una base COMUNE altrimenti non riusciremmo nemmeno a comprenderci?

Sono stato un po' impreciso in quanto ho scritto sopra: c'è sì una buona fetta innata nella decodifica di un'immagine, ma ad essa si aggiunge quel che in prima battuta avevo definito come fattore della crescita Culturale. E' mica come nella musica? Che più se ne ascolta, più si diventa  palati esigenti si scava si scava, si accumulano tesori e se ne cercano di nuovi. Però è innato riconoscere un'accordatura stonata, nevvero?

 

  • Sono d'accordo 1
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Allora forse sono io ad aver inteso il messaggio sbagliato.

Il  concetto che ho compreso io, dall'autore di questo blog, è - detto terra terra- che se uno deve affrontare un certo tipo di fotogrgafia, non è forse tanto necessario studiare ossessivamente le foto migliori dei più grandi fotografi per  quel preciso genere, cercando dunque di emularne le composizioni a tutti i cost; bensì "lasciarsi andare", e fotografare col cuore.

E' ovvio che, facendo un passo indietro, questi bei discorsi che stiamo facendo sono tutti belli e buoni a patto che il soggetto sia un fotografo: professionista o amatore, l'importante è che sapppia quello che fa. Vero è che la tecnica non rende dei grandi fotografi, ma ciò che intendo dire è che bisogna almeno sapere cosa determina l'esposizione: se dessi la macchina fotografica a mia nonna, non sarebbe in grado di ottenere nemmeno una fotografia ben esposta, se non per "culo"; altro che composizione.

Ecco che allora (e qui adesso esprimo un'opinione personale, soggettiva) il fotografo - soprattutto l'amatore - che possiede tutta una serie  di nozioni, conoscenze e soprattutto curiosità, penso debba fotografare pensando solo al piacere di farlo. Sicuramente otterrà delle composizioni armoniche e belle, proprio perché istintivamente ha raggiunto questa sensibilità. E certamente non scatterà la foto pensando ai libri di fotografia, ma applicando istintivamente ciò che possiede come bagaglio culturale per ottenere ciò che vuole.

 

Ora, quando dico posso fare un ritratto meraviglioso, comunicativo ed espressivo, senza rispettare le regole di base dei ritratti, ma facendo una foto "diversa", consapevole e quindi mia, intendo dire proprio questo.

Per regole di base intendo, nel caso dei ritratti, tutti quegli accorgimenti che in genere bisogna avere quando si fa un ritratto: f=85mm, diaframma aperto, soggetto distante dallo sfondo, e così via: tutto bello, tutto giusto, eppure ho fatto dei ritratti meravigliosi con un f=17mm a 1:8 e tutto perfettamente a fuoco. Mica l'ho inventato questo modo di fare i ritratti, è l'inconsapevole conseguenza di quel bagaglio(ancora molto leggero) che mi porto dietro: ma quando ho scattato quella foto, non ho pensato "Aspetta, ricordo di aver visto quel ritratto fatto in quel modo. Figo! Lo faccio", né detto "Voglio fare un ritratto con un f=17mm 1:8". Volevo fare quella foto perché in quell'istante ho colto una sfumatura che volevo congelare, e l'ho fatto. La foto mi soddisfa? Sì, molto.

 

Quindi @Valerio Brustia, ricapitolando: se non ho travisato pure il tuo di pensiero, credo di pensarla allo stesso tuo modo, seppur esprimendo il concetto da un'altra inquadratura. L'esempio della musica è azzeccato: c'è sicuramente una certa propensione, ma anche un grosso bagaglio che ci si porta sempre dietro. Questo mica significa che prima di ascoltare un pezzo, uno si faccia l'algoritmo che decreta, su base matematico analitica, IL pezzo da ascoltare. Vai di istinto: lo stesso istinto che hai perchè ce l'hai, lo stesso istinto che alimenti perché fai.

 

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  • Nikonlander Veterano

Ecco Tarcisio!

Ieri sera o forse prima, su Rai 5 c'era una bella intervista ad un musicista e questi diceva "ascolto tutto devo voglio ascoltare il più possibile". Sta cosa l'ho sentita dire da tutti i musicisti che ho conosciuto. Sulla fotografia è lo stesso, ma non per emulare o riprodurre, ma per ampliare il vocabolario. Il tuo ritratto con il 17 son convinto che sia interessante, a posteriori ti posso dire che proviene dall'impostazione del fotogiornalismo anni '60-'70 quando per la prima volta furono disponibili grandangoli decenti e veramente corti. E' bagaglio, non regola.

A me pare bella questa cosa.  La regola no, mi fa venire l'ansia.

Modificato da Valerio Brustia
  • Sono d'accordo 2
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  • Nikonlander Veterano
2 ore fa, Valerio Brustia dice:

Bernardo, sì l'interpretazione è soggettiva, ma concorderai che esiste una base COMUNE altrimenti non riusciremmo nemmeno a comprenderci?

Sono stato un po' impreciso in quanto ho scritto sopra: c'è sì una buona fetta innata nella decodifica di un'immagine, ma ad essa si aggiunge quel che in prima battuta avevo definito come fattore della crescita Culturale. E' mica come nella musica? Che più se ne ascolta, più si diventa  palati esigenti si scava si scava, si accumulano tesori e se ne cercano di nuovi. Però è innato riconoscere un'accordatura stonata, nevvero?

 

Certo questo si, perchè se qualcuno, escludendo tutti i fotografi che usano il cellulare e che prima anche delle compattine non facevano niente, si interessa e gli piace fotografare, un substrato e un interesse ci deve essere verso l'immagine e la sua rappresentazione, innata, o di crescita culturale che sia.

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  • Nikonlander Veterano
Cita

La regola no, mi fa venire l'ansia.

Concordo. Uno può avere le proprie regole,implicite e ottenere le proprie foto così come desidera.

 La  foto ben  fatta  (e penso allo still life) rispetta però le regole, altrimenti abbiamo una foto come anche quelle di Curry, in cui possiamo solo dire mi piace, non mi piace.

Nella fotografia che sia opera d'arte, poi , penso ad esempio a Cartier Bresson, ci deve essere universalità del giudizio del pubblico che coincida con l'autore, altrimenti ritorniamo al mi piace, non mi piace.

Questa perlomeno è la mia opinione.

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  • Nikonlander Veterano
Il 15/12/2017 at 13:14, bergat dice:

Concordo. Uno può avere le proprie regole,implicite e ottenere le proprie foto così come desidera.

 La  foto ben  fatta  (e penso allo still life) rispetta però le regole, altrimenti abbiamo una foto come anche quelle di Curry, in cui possiamo solo dire mi piace, non mi piace.

Nella fotografia che sia opera d'arte, poi , penso ad esempio a Cartier Bresson, ci deve essere universalità del giudizio del pubblico che coincida con l'autore, altrimenti ritorniamo al mi piace, non mi piace.

Questa perlomeno è la mia opinione.

Bernardo scusa non voglio, non è mia intenzione, attivare alcuna polemica, ma vorrei farti riflettere con un dettaglio: Bresson era un fotogiornalista. Le sue foto sono state giudicate "opera d'arte" a posteriori, 20-30 anni dopo. 

A mio parere questo fatto, perché qui ho citato un fatto e non un'opinione, dovrebbe dare un elemento di riflessione che aiuta a metter ordine nella diffusa confusione sulle varie applicazioni della fotografia.

La questione non è "mi piace" / "non mi piace" ma "mi dice"/ "non mi dice". E se "non mi dice" proviamo ad indagare un po' sul perchè quella foto  me la trovo a pagina 32 di Newsweek (se c'è ancora il giornale) guardando a quel che c'è attorno a quell'immagine. Poi potrà ancora non dirmi nulla (come il servizio di Alan Harvey su Rio non diceva niente al nostro Michele) e ci può stare, ma vedrai che indagando ci si arricchisce sempre.

Sulla foto "street":

ho scoperto che esisteva il "genere" grazie a internet. Per me quelle immagini appartengono al Racconto del Quotidiano cioè a quella fotografia spontanea che diventa registro cronologico della società umana. Tanto per fare un  nome grosso Doisenau lo rinchiuderesti nella categoria Street? A me pare meglio definirlo narratore della città che per 50 anni è stata oggetto del suo interesse. Oggi oltre ad un indubbio valore iconografico (sull'artistico io non sono la persona giusta) in quelle foto si racchiude un valore storico importante. Street? bah.

Ecco, secondo me (questa invece è una mia opinione bella e buona) è crescita di un fotografo, formazione, liberarsi da questi schemi precostituiti , dai compartimenti stagni in cui spesso vengono ingabbiate le proprie e di altri immagini. 

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