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Yuja Wang dal vivo a Berlino


happygiraffe

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Yuja Wang, the Berlin recital.
Musiche per pianoforte di Rachmaninov, Scriabin, Ligeti, Prokofiev.
Deutsche Grammophon 2018

***

Esce per DG la registrazione di un concerto della pianista Yuja Wang tenutosi alla Philarmonie di Berlino a giugno del 2018.

Già da alcuni anni inserita nella centrifuga dello star system musicale, la trentaduenne pianista cinese riesce a mantenere un livello qualitativo sempre altissimo, migliorando anno dopo anno. Sarà merito anche della scelta di tenere pochissimi concerti da solista, nonostante il suo fittissimo calendario, privilegiando il repertorio con orchestra e la musica da camera, scelta che probabilmente la preserva da una logorante e per molti versi alienante routine, permettendole un proficuo e continuo scambio con altri musicisti.

Tornando al concerto berlinese, Wang propone un bel programma tutto novecentesco e per tre quarti russo. Esegue brani di Rachmaninov, Scriabin, Ligeti e Prokofiev, tutti autori che ha in repertorio da diversi anni e per i quali, penso a Prokofiev e Rachmaninov, ha una spiccata familiarità. 

Si comincia con alcuni pezzi di Rachmaninov: dal celebre preludio op.23 n.5, non proprio un pezzo semplice per iniziare un concerto, passando ai due études-tableaux op.39 n.1 e op.33 n.3 e chiudendo con il magnifico preludio op.32 n.10.

Se il preludio op.23 n.5 è reso con straordinaria bellezza e passione, mi hanno convinto leggermente di meno gli étude-tableaux (si può fare il confronto con il magnifico disco di Stephen Osborne del 2018 per Hyperion) e il preludio op.32 n.10, a mio avviso reso con maggiore tensione emotiva da Nikolai Lugansky (Harmonia Mundi 2018).

Si passa così alla Sonata n.10 Op.70 di Scriabin. Questa breve sonata in un solo movimento (12 minuti scarsi) rappresenta uno dei momenti più alti del pianismo di Scriabin, che la definì “sonata d’insetti” per il suo tentativo di cogliere il battito vitale e solare dell’elemento naturale che ci circonda. E’ un pezzo molto interessante (e incredibilmente impegnativo) anche per il suo ricorso al trillo come elemento non tanto ornamentale, bensì strutturale della composizione. L’interpretazione di Yuja Wang è bella e intensa, regalandoci qui il momento più alto di tutto il concerto. Siamo lontani dall’elettrizzante eccitazione della celebre interpretazione di Horowitz. Wang ci conduce con grande semplicità dai misteriosi sussurri delle battute iniziali al successivo svolgimento palpitante e frenetico, in  un climax reso con molta coerenza e incredibile limpidità.

Seguono tre brevi études del compositore ungherese György Ligeti (n.3 “Touches bloquées), n.9 “Vertige”, n.12 “Désordre”). L’abilità tecnica di Wang non ha problemi a domare questi pezzi famosi per la difficoltà, ma qui non è solo questione di bravura: la pianista cinese ci mette molto altro e il confronto con l’edizione considerata di riferimento, quella del chirurgico Pierre Laurent Aimard, parla chiaro.

Il programma si conclude con la Sonata per pianoforte n.8 op.84 di Sergej Prokofiev. Ultima delle tre sonate “di guerra” del compositore russo, quest’opera si differenzia dalle altre due per l’impronta decisamente meno drammatica. E’ una sonata lunga e complessa da rendere in modo coeso da un estremo all’altro. Qui alla Wang, che si distingue per brillantezza e effervescenza e per la delicatezza con cui affronta l’Andante sognando del secondo movimento, manca probabilmente la tensione e l’energia di un Gilels (che fu il primo a eseguire in pubblico questa sonata) o di un Richter (celebre la sua registrazione per DG). Ma i nostri sono altri tempi, Gilels e Richter avevano storie e culture molto lontane da quella della giovane pianista cinese.

Il disco si conclude qui, ma DG ci concede la possibilità di acquistare separatamente un supplemento, che penso sia disponibile solo in formato “liquido”, con i sfavillanti bis che hanno chiuso il concerto e che immagino abbiano lasciato il pubblico in estasi:

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Tirando le somme, complessivamente un ottimo concerto, elettrizzante dalla prima all'ultima battuta, che a mio avviso ha raggiunto l'apice con la Sonata n.10 di Scriabin. 
Molto buona la qualità dell'incisione, che ci fa dimenticare la presenza del pubblico (applausi solo alla fine e rumori del pubblico poco percepibili), con un pianoforte reso in modo convincente, con buona dinamica e immagine. Solo nei primi minuti si avverte un po' di saturazione nei fortissimo, problema poi risolto dagli ingegneri del suono nel resto del concerto.

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