Ci sono progetti ottici che lasciano il proprio segno, anche a distanza di un decennio, pur in un'epoca nella quale le novità si annunciano ormai a cadenza mensile.
Tra questi capisaldi ottici dobbiamo annoverare lo zoom supergrandangolare con il quale, nell'estate 2007, Nikon diede impulso ad una nuova generazione di ottiche, dedicate alla nuova generazione di sensori che necessitavano di una progettazione specifica e sulla base di parametri particolari.
Allora parlavamo di Nikon D3 e D700, ossia delle prime due DSLR Nikon FX, oggi siamo attestati su criteri ben differenti, parlando di D850 in primis e subito dopo di D810, D5 e quanto di altro Nikon offra su livelli di assoluta eccellenza nelle rispettive fasce di appartenenza.
uno schema ottico di assoluta innovazione, nella sua costruzione a due soli gruppi interni mobili, costituito da 14 lenti in 11 gruppi, dei quali tre asferici e due ED, trattamento ai nanocristalli, angolo di campo in FX da 114° ad 84° e diaframma a nove lamelle,
un chilo di peso (grande resistenza alla vendita, allora) e dimensioni gigantesche della lente frontale con paraluce incorporato a petalo, da 9,8cm di diametro per 13,2 di lunghezza.
Nessun supporto VR, motore SWM e messa a fuoco minima da 28cm all'infinito,
per un progetto ottico esteticamente attraente, tanto quanto all'apparenza imponente ...
...quando poi nell'uso corrente talmente ben bilanciato
da non risultare, oggi, disallineato dagli attuali concorrenti talvolta ancora più pesanti,
il paraluce incorporato a petalo e la conseguente assenza di filettatura filtri che provoca sempre fastidio in chi ritenga di volersene avvalere, sono aspetti a mio avviso assolutamente trascurabili dal momento in cui si comprenda di aver a che fare con un obiettivo da imparare a gestire in funzione del risultato, piuttosto che, al contrario,
piegare alle proprie abitudini di ripresa.
Insieme a tanta ammirazione un motivo di stupore, riguardo Nikon, costituito dalla davvero scarsa fattura del "tappo" di plastica che protegge tanta preziosità:
...davvero non si poteva fare di meglio?
E' per questi motivi ed insieme, per la curiosità di vederlo alle prese con il sensore della mia D810, che ci siamo fatti prestare dal distributore italiano di Nikon questo zoom ormai divenuto un "parametro" rispetto al quale le simili realizzazioni di altre case e di Nikon stessa, devono obbligatoriamente misurarsi.
Si, lo so... chi paga totmila euro un obiettivo vuole che sia perfetto, ineccepibile in tutte le sue caratteristiche, principali e complementari, soffre se qualcuno metta in dubbio le sue prerogative, cerca di nasconderne i difetti in postproduzione, inizia un percorso di autodifesa perchè in fondo in fondo, è come se si sentisse in colpa per l'esborso: continua a paragonarlo al... "ah se avessi rinunziato allo 0,2 di MTF avrei potuto spendere la metà e comprare quell'altro obiettivo, oppure quello di un diaframma meno luminoso...tanto un wide è sempre un wide e lo userò per la maggior parte delle volte ad aperture medie per ampliare la pdc" .
Nel prendere in considerazione grandangolari di questa categoria di prezzo tendo a considerare che chi ne abbia operato la scelta, sia persona consapevole e che queste righe servano forse più a chi si chieda perchè dotarsi di uno zoom di questo peso e costo, piuttosto che a chi lo possegga già.
Chiaro che un superwide serva a comprendere in inquadratura molti elementi in spazi anche ridotti, ossia l'esatto opposto di come lavori un tele o un mediotele, che usano invece selezionare i piani prospettici per sceglierne uno ed uno solamente, poco esteso.
La prima foto scattata appena aperto il pacco inviatomi da Nital, senza stare a pensare più di tanto, è proprio uno stereotipo di questo genere...
e mi basta per capire con che genere di oggetto io stia cominciando ad avere a che fare. Ugualmente mischiando sorgenti di luce artificiali differenti per intensità, temperatura colore e direzione
Decido quindi d'ora in avanti e per la durata del test, di non inquadrare alcun riferimento rettilineo o alcunchè miri a dimostrare l'assenza di distorsioni che in un mostro di schema capace di 114°di campo inquadrato sulle tre dimensioni del soggetto è ininfluente creare o meno, piuttosto che invece esaltare addirittura.
La cifra interpretativa di questo Nikon AF-S 14-24/2,8 è invece la linearità di esposizione, da un angolo all'altro del rettangolo di formato
tra i quali estremi, risulta quasi impercettibile valutare differenze di resa, a meno di soggetti caratterizzati da trame fini e precise: come potremo vedere a seguire in questo articolo.
Distorsione...in che senso?... quando in unico panning di una sfilza di fotogrammi, riuniti poi da un qualsiasi software si ottengano effetti prospettici simili?
ed anche nell'eccesso...
la considerazione dell'insieme non può essere immune dall'ammirazione per la corretta proporzionalità delle parti agli estremi di inquadratura, che restano comunque
pur sempre intellegibili.
Partirò quindi nella descrizione delle sue qualità prescindendo dagli aspetti formali e dedicandomi invece alle potenzialità di questa ottica, in termini prettamente compositivi.
non tralasciando di evidenziare dove serva, anche la straordinaria capacità di rispettare (grazie anche al sensore della D810 ad esso abbinato), nella stessa inquadraturaalte e altissime luci
e fuoco/non fuoco con bokeh di tutto rispetto (per uno zoom supewide)
Cambio soggetto quindi, trasferendomi nel chiostro arabo-normanno del Duomo di Monreale
caratterizzato da una molteplicità di oggetti dalle dimensioni più disparate e dalla densità estrema in spazi tanto ampi, quanto ristretti
come ad esempio in una delle sue parti più suggestive, quella del Quarto della fontana
circondata da colonne istoriate ed intarsiate da figure e decorazioni
inquadrate le quali, la supposta moderata escursione dell'obiettivo, produce a parità di distanza dal soggetto effetti del tutto differenzianti l'inquadratura .
Quando invece, il 14-24 non mi prenda la mano, specie all'estremo della sua focale più wide,
rendendomi impossibile la costante ricerca della perfetta ortogonalità dell'inquadratura consapevolmente, intendo.
Ditemi infatti, nel rispetto del parallelismo della fontana, quanto vi possa disturbare l'assurda inclinazione dello sfondo e quanto invece non vi sembri un dejavu...
Ancora:
posto il soggetto a fuoco ad una distanza di un metro, poi di mezzo metro, quindi alla distanza minima di maf, guardate come con questo zoom, diaframmando, cambi la resa del soggetto e le sue proporzioni a parità di focale (14mm)
f/2,8 f/5,6
f/11 (progressione alla quale siamo abituati, prospettiva e ortogonalità quasi regolari)
f/2,8 f/5,6
(in questa coppia di immagini si acuiscono gli estremi: in termini di pdc ma anche, quindi, di maggiore differenziazione tra i piani di maf)
f/2,8 f/5,6
(la maggiore selettività ai rispettivi diaframmi di quest'altra coppia assomiglia, a mio modesto avviso, molto più alla selettività di un mediotele che ad un 14mm come la focale qui utilizzata)
Un utilizzo opportuno anche dello stesso valore di diaframma, insieme alla adeguata composizione dell'inquadratura determina con impercettibili variazioni (come la distanza di ripresa in questi esempi) delle macroscopiche differenze di resa e di comportamento di un superwide come questo 14-24mm. Con buona pace di chi pensi ai diaframmi di lavoro come ad una categoria invariabile, per la quale f/5,6 sia un valore medio ed f/11 uno chiuso. Sempre....
Invece non è così e nella sperimentazione con questo zoom me ne sono accorto continuamente, come già evidenziato più in alto, nel caso opposto,
mantenendo medesimi diaframma e distanza dal soggetto, variando invece la focale
14mm @f/5,622mm @ f/5,6
Le differenze interpretative possibili si fanno tanto più interessanti quanto, naturalmente, siano più distanti i parametri di ripresaf/2,8f/8
anche ben distanti dalla stereotipia del tutto a fuoco a f/16
ma ben consapevoli di avere a che fare con un campione di razza,
capace di mantenere elementi rettilinei, potenzialmente così facili da distorcere, entro dei limiti di correttezza davvero inaspettati a focali come in questa immagine a 15mm.
24mm
di fornire un bokeh assolutamente...attuale al diaframma a cui preferisco in questo zoom questo parametro, ossia ad f/4
e di regalare effetti speciali di prospettiva, alla mia focale preferita tra tutti i wide (21mm) al suo diaframma migliore per la nitidezza complessiva del fotogramma, ossia a f/8.
Spero di riuscire a trasferire il concetto-guida che mi ha condotto nell'utilizzo di questo obiettivo ad apprezzarne le qualità a tutto tondo che la sua progettazione, per quanto datata, ancora oggi si trasfonde nelle fotografie scattate, ma sopratutto pensate, prima dello scatto.
Ossia la eccezionale nitidezza in ogni punto dell'inquadratura, anche della più ampia delle focali, a 14mm che tra le mie dita si impone prepotentemente sulle altre: il bilancio finale dice che esattamente la metà degli scatti sono stati effettuati a questa focale, il che mi pare ben naturale, essendo il non-plus-ultra del suo range di focali, così come, una volta individuato in f/8 il miglior bilancio di informazioni sul fotogramma, un quarto di tutti gli scatti sono stati realizzati a questa apertura.
Le foto che seguono, in condizioni migliori di luce rispetto alle precedenti (nelle quali risalta proprio per questo maggiormente il carattere dell'obiettivo, mai impastato nei grigi, anzi ben dettagliato, sempre) fanno parte di un mio lavoro fotografico ancora in progress, riguardante la commemorazione dei 50 anni dal terribile terremoto nei paesi della Valle del Belice (14/01/1968) e dei successivi interventi di "ricostruzione" di alcuni di questi paesi, in luoghi differenti dalle precedenti ubicazioni.
Nella fattispecie, Poggioreale, Vecchia e Nuova, nella quale il contrasto maggiore a mio vedere, appare nella identica desolazione che avvolge il paese rinnovato, tanto quanto quello abbandonato da cinquant'anni sulla cima della collina.
Piazza dell'Autonomia Siciliana
Fontana nuova
(bella la resa in controluce in termini di dettaglio, ma evidente il flare quando lo zoom venga sottoposto ad una sorgente di luce diretta)
Teatro Civico
(anche qua il fastidioso flare in controluce diretto)
Teatro Comunale
(dedicato a Franco Franchi e Ciccio Ingrassia)
Chiesa Madre vecchia
(sparsa sui viali circostanti, in ordine di importanza di reperto)
Chiesa Madre nuova
(vista dall'alto, da una incredibile passerella di cemento armato ellittica, che costituisce trait d'union, poichè alle spalle di questa inquadratura consente la vista sulle "lontane" macerie)
sotto la quale transitano i mezzi
In fondo a questo articolo voglio comunque esplicitare un giudizio di merito, più formale del modo nel quale ho invece condotto il test di utilizzo del Nikon AF-S 14-24mm f/2,8 G ED del 2007,
elencandone sommariamente...
pregi
- neutralità, dote importante per il professionista che voglia postprodurre il suo lavoro
- capacità di adeguamento a sensori di densità elevata senza perdita di nitidezza ai bordi
- motore SWM sempre silenzioso ed efficiente: mai un impuntamento durante i test
- strutturazione Internal Focusing, senza spostamenti del barilotto alla variazione di fuoco
- dimensioni e peso in linea con i riferimenti (anche attuali) del settore
- linea, lente frontale, costruzione
e difetti
- marcato flare in controluce diretto con sorgente compresa nell'inquadratura
- leggera distorsione ai bordi a tutte le focali
- assenza del VR, utile in determinate situazioni di ripresa dove sia fondamentale lavorare ad ISO bassi
- assenza di un supporto posteriore per i filtri (per gli amanti del genere, non per me...)
- tappo copriobiettivo pessimo e senza bloccaggio
...ed ancora un ringraziamento al distributore Nital per avercelo fornito in visione
Max Aquila photo (C) per Nikonland 2018
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