Icona e' parola che viene dal greco eikon ( εικών ) e identifica dall'antichita' fino ai nostri giorni un'immagine.
Ma non una immagine qualsiasi bensi', come per i cristiani ortodossi,
un'immagine da mettere in mostra, da cui ricavare una risposta a mille domande, a milioni di perche', un'immagine quindi PARLANTE.
Gli ortodossi nelle loro chiese adorano le icone, noi occidentali, anche fuori dalle chiese...
Ho visitato la mostra ... iconografica di Steve McCurry in giro per il mondo da anni e presentata anche alla Galleria d' Arte Moderna di Palermo,
giustamente intitolata Icons
nella quale cento stampe di formato A2, di un periodo vasto tra l'inizio degli anni Ottanta fino a pochi anni fa, quindi con un criterio misto tra produzione da diapositiva e produzione e postproduzione digitale, (con evidenti segni dati dalla digitalizzazione nelle stampe delle foto piu' datate)
si alternano dalle pareti delle sale,
invariabilmente portando il visitatore ad accentrare la sua attenzione sull'elemento che a mio avviso distingue nettamente l'opera di Steve McCurry da quella dei normali o aspiranti reporter:
il rapporto diretto che l'autore instaura con il soggetto, il quale e' perfettamente consapevole del ruolo che si e' appena costituito.
Un rapporto che dopo lo scatto lega indissolubilmente e con lo stesso (o forse ancora maggiore) magnetismo, la Stampa della foto col suo Osservatore, anche a grande distanza di tempo e nonostante il mutare della situazione.
Unita' aristotelica di Tempo, Luogo ed Azione che si trasmettono in maniera inalterata anche dopo piu' di trent'anni dallo scatto nel suo ritratto piu' famoso
quello di Sharbat Gula, ragazzina afghana,
che col suo sguardo ti insegue dovunque tu ti trovi rispetto a Tempo, Luogo ed Azione
.
Non saro' certo io ad alimentare il mito di questa foto, ma aggiungo un tassello di reiterazione che tanto assomiglia alla tradizione orale omerica, delle gesta degli Eroi.
Che non e' piu' nemmeno il fotografo che l'ha scattata, il mito non puo' circoscriversi ad un semplice mortale, ma ingigantisce il personaggio fino a renderlo superiore anche a chi lo abbia (anche se inconsapevolmente) creato.
Tanto da indurre, per meri scopi utilitaristici, la stessa rivista del National Geographic a suo tempo committente del servizio sui morti e vivi di quel Paese, a commissionare 17 anni dopo lo scatto a McCurry la ricerca dell'Eroe e lo scatto successivo a testimoniare il degrado della Vita
che solo l'immortalita' alla... specchio di Dorian Gray della Fotografia, puo' garantire inalterato nel tempo.
Dal Mito di Sharbat in poi per McCurry inizia l'incubo di ripetere il Gesto,
devo dire con prestazioni esimie, come quelle che ben conosciamo come sue ICONE
nelle quali, sempre, appare il livello di estrema interazione tra soggetto e fotografo, il grido di una richiesta di attenzione e la Risposta che il suo obiettivo riesce a dare alla Domanda,
altrimenti inascoltata di quelle persone.
I visitatori girano tra i corridoi e si immedesimano nelle scene ritratte, si sente...
sia che si tratti delle opere piu' ...vicine a questo concetto di icone
sia che si tratti dei suoi reportage piu' consueti, traccia dei quali abbiamo indelebile nella nostra mente
ed ancora nella scoperta (o riscoperta) di luoghi ...diversamente famosi
o per sempre preclusi alla conoscenza della maggior parte di noi
piu' facilmente e in maniera indelebile, prendendo atto di una maniera di leggere la vita altrui che risenta sempre della necessita' di perpetuare quel gesto, quel momento, quel movimento che solo li', allora e non oltre ha riempito la tendina del suo otturatore e serva a lasciare una traccia nell'hard disk della nostra esistenza: qui ed ora.
In una corsa che ci porta davvero lontano
...piu' di quanto ci sia lecito sperare.
Max Aquila photo (C) per Nikonland 2016
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