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  • Nikonland Admin
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    Stress da postproduzione ?

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    Che siate professionisti o solo appassionati di fotografia, anche voi lamentate stress o affaticamento dovuto a tutto ciò che c'è dopo lo scatto ?
    Un recente studio di una società americana pare dimostrare che siete in buona compagnia.
    Oltre la metà degli intervistati lamenta affaticamento e/o stress dovuto all'attività al computer "necessaria" per finalizzare i propri lavori fotografici.
     

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    è un report commerciale, prodotto per conto di una società che sviluppa software AI dedicati proprio ad alleggerire i compiti ripetitivi di routine propri della fase di "selezione e sviluppo" dei propri scatti.
    Quindi va preso con il dovuto distacco.

    Ma prendiamo per buoni i numeri e consideriamoli aderenti anche alla nostra realtà, non necessariamente sovrapponibile a quella statunitense.

    "Non scatti una fotografia, la crei", disse una volta il fotografo americano Ansel Adams (1902–1984).
    La fotografia implica molto più che premere semplicemente il pulsante di scatto. Una parte significativa della creazione della foto perfetta oggi è la post-elaborazione digitale con software come Adobe Lightroom Classic. Ciò riflette lo stile personale di un fotografo ed è quindi fondamentale per il suo successo.
    Tuttavia, la modifica manuale delle immagini è un processo molto impegnativo e che richiede molto tempo.
    Le impostazioni e le regolazioni delle immagini devono essere personalizzate individualmente per ogni foto per produrre un aspetto coerente durante l'intero scatto. La modifica delle immagini richiede non solo molto tempo, ma anche risorse mentali e fisiche. Il termine "affaticamento da modifica"
    emerge frequentemente nel settore della fotografia, descrivendo l'esaurimento psicologico e fisico derivante dalla modifica prolungata delle immagini.

    E' la tassa digitale implicita, di cui nessuno ci aveva parlato quando è stato promosso il passaggio alla fotografia digitale.

    L'altra tassa è il costo di tutta l'informatica, dal computer al software, dallo storage al backup.

    Se poi siamo fotografi professionisti, sottoposti a scadenze di consegna affinché il nostro lavoro venga accettato - magari prima di un concorrente se siamo reporter - alla fatica si aggiunge l'ansia di fare in tempo.
    Qualche cosa che il semplice appassionato non prova necessariamente, salvo quando anche solo per cortesia, non si senta costretto a consegnare parte dei suoi scatti ad amici o persone coinvolte in un progetto.

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    L'editing delle immagini costituisce una parte significativa del lavoro svolto dai fotografi professionisti. Sono pochi coloro che dedicano meno di cinque ore alla settimana alla post-elaborazione. La maggior parte dei fotografi che hanno partecipato a questo studio rientra nella categoria "5-10 ore" (28,6%), costituendo poco più di un quarto del campione totale. Nel complesso, il 62% degli intervistati dedica più di dieci ore alla settimana all'editing delle immagini.

    Nella fotografia di matrimonio, l'editing delle immagini può richiedere molto tempo. Uno su quattro fotografi (24,9%) necessita di 10-20 ore alla settimana, mentre uno su cinque necessita di più di 20 ore (19,3%)! Le cifre sono altrettanto elevate nella fotografia per l'asilo. I fotografi paesaggisti, tuttavia, sono l'unico gruppo con la percentuale più alta che rientra nella categoria 10-20 ore.

    Le numerose ore dedicate all'editing delle immagini hanno un impatto sulla salute dei fotografi. Il 42,8% dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di provare "frequentemente" esaurimento mentale dopo lunghe sessioni di editing. Questa è stata la risposta più comune in questa categoria, coerente in tutti i settori della fotografia. Inoltre, il 15,6% ha risposto "molto frequentemente". Solo l'1,2% ha dichiarato "mai".


    La pressione psicologica sui fotografi è reale e onnipresente. Più di nove fotografi su dieci hanno dichiarato di sentirsi "generalmente" sotto pressione (91,3%), con la ragione più comune che sono scadenze o vincoli di tempo, confermata dal 62,2%.
    Altre cause significative di pressione mentale includono un grande "carico di lavoro" (il 52,7% lo conferma), "richieste dei clienti" (31,2%) e "conflitti personali" (29,6%).
    La pressione è normale nei primi anni di carriera. In particolare nei primi uno-tre anni, solo il 12,5% degli intervistati ha dichiarato di non provare alcuna pressione. Al contrario, quasi la metà dei fotografi con più di dieci anni di esperienza afferma di non sentire alcuna pressione quotidiana (44,9%). Tuttavia, con l'aumentare dell'esperienza, aumenta anche la pressione delle richieste dei clienti, particolarmente evidente tra i fotografi con cinque-dieci anni di esperienza.
    Un'altra osservazione: quasi due terzi dei fotografi che modificano le proprie immagini da soli, senza l'ausilio di intelligenza artificiale o servizi esterni, citano le scadenze o la pressione generale del tempo (65%) come causa principale dello stress psicologico. Questa cifra è leggermente superiore rispetto ai fotografi che ricevono supporto per la modifica delle immagini.

     

    Naturalmente lo studio si rivolge con maggiore interesse ai professionisti perché "il loro tempo è denaro" e più facilmente sono propensi ad alleggerirsi da queste incombenze, se possibile, ricorrendo a servizi esterni.

    Ma anche sulle nostre pagine, frequentate in massima parte da fotoamatori abbiamo sovente letto commenti del tipo "chissà quanto tempo impieghi in post-produzione" fino ad arrivare al parossismo di chi ha rallentato l'attività fotografica proprio per lo stress di dover rivedere ed elaborare gli scatti.

     

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    Leggiamo che paesaggisti e soprattutto, fotonaturalisti, dedicano moltissimo tempo alla fase di sviluppo delle fotografie, dedicando proporzionalmente più tempo alla "fotografia" seduti davanti al computer di quanto non riescano poi ad impiegare effettivamente la fuori con la fotocamera in mano.

    Del resto, le nostre fotocamere ci danno un'idea sommaria di come sia venuto lo scatto quando lo rivediamo al display, ma rendere giustizia ad una immagine ben ripresa, richiede per tutti una coda al computer.

    Software inefficienti ed elefantiasi nella quantità di scatti indotta dal digitale ("tanto gli scatti in più non li pago", hanno ingigantito il fenomeno.

    Che era già importante ai tempi del citato Ansel Adams che forse si divertiva di più in camera oscura che sul tetto della sua "giardinetta" ma dalla sua aveva il fatto di fotografare con lastre di grande formato in numero estremamente limitato.

    Se poi uno ha l'ardire o la passione di stamparsi i suoi scatti migliori in casa, le operazioni di produzione di quella che è l'unica vera fotografia, ovvero l'immagine stampata su carta, subiscono un incremento esponenziale.
    Esagerato dalla pretesa invogliata dai tanti guru del settore, a curare dettagli che per moltissimi passerebbero inosservati.

    Quindi, potrebbe sembrare materia marginale e poco diffusa ma lo studio specifica che attraversa tutte le classi di fotografi e di tutte le generazioni.
    E' reale ed è potenzialmente pericolosa, inducendo a comportamenti negativamente influenzati dalla prospettiva del tempo e dalla fatica che l'aver fotografato comportanto.

    Salvo che, come ci pare oramai faccia qualcuno, quegli scatti finiscano dimenticati oppure mai nemmeno rivisti.

    Per chi volesse approfondire nei dettagli, il whitepaper dello studio è consultabile -> QUI <-

    Ci piacerebbe avere un riscontro dai presenti al riguardo, anche per poter meglio valutare l'effettivo impatto di questa tematica.
    Sentitevi liberi di commentare senza vincoli di alcun genere.

     

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    • Administrator

    Per chi lavora con la fotografia il dopo scatto è sempre stato origine di ansia, preoccupazione e tensione, fin dal tempo della pellicola.

    Le crescenti esigenze in termini di qualità finale dell' immagine in ambito di fotografia digitale, non stento a credere che abbiano addirittura aumentato il fardello con la falsa considerazione che avendo determinati strumenti a disposizione, vadano per forza utilizzati: per assurdo diminuendo attenzione nel momento della composizione dell' immagine...tanto poi quello lo levo in pp (o lo aggiungo, ancora peggio)

    Da fotografo assiduo, ma non professionista, mi godo la libertà di pubblicare un articolo anche due mesi dopo che fosse già pronto fotograficamente, ma non ancora nella mia testa: il tempo conduce a ottenere migliori risultati della fretta...

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    • Nikonlander

    Da pensionato fotoamatore che si prende i suoi tempi con calma e scatta per il proprio piacere personale, non posso certo dire di essere soggetto a “stress da postproduzione”, anche se devo ammettere che non è un’attività che prediligo. Quello che invece mi stressa e mi disturba è la selezione delle fotografie (questa no, questa sì, e via così), quando esci e fai 100/200 foto non è certo un gran problema, ma se capita un’uscita particolare dove sai che scatterai a raffica e torni a casa con 5000/7000 scatti o più, eccoti arrivare lo “stress da selezione”.

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    • Nikonlander Veterano

    A me piace la post-produzione anche perché la mia, sia per il genere che pratico e sia per la ridotta necessità di sviluppo dei miei scatti, è piuttosto basica e non richiede gran dispendio di tempo ed energie.

    Poi per una sorta di onestà intellettuale-fotografica desidero che la mia street sia "pura", nel senso che se colgo lo scatto che vedo, quello è e non mi serve né aggiungere né togliere digitalmente alcunché al frame, ma solo rendere leggibile ed efficace l'immagine.

    Per questo mi dà grande soddisfazione essere riuscito con il colpo d'occhio a scattare al momento giusto per fissare quel momento irripetibile; viceversa mi sembrerebbe di truffare l'osservatore se truccassi lo scatto con qualche accorgimento digitale.

    Non nascondo però che devo... sentirmi ispirato per sedermi al pc per sviluppare le mie foto, e che l'uso di esso per lavoro mi stanca così tanto che per giustificare qualche altra ora su LR devo proprio stare bene.

    Aggiungo infine che anch'io come altri lascio "maturare" le immagini scaricate su pc: solo dopo un po' di giorni dall'averle scattate riesco a valutarne correttamente la qualità e a decidere se siano meritevoli di essere sviluppate o cestinate.

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    • Nikonlander Veterano

    Come Renato, anche io da foto amatore non vedo lo stress da post-produzione, anzi lo vedo come un plus che completa in qualche modo l'esperienza fotografica.
    E' un prendersi cura delle proprie produzioni, altrimenti sarebbe stato semplicemente uno scatto "tanto per" e poi dimenticato, irrealizzato e fondamentalmente inutile se non per il piacere di aver fatto l'esperienza che ha portato allo scatto. Ma completarlo con la post produzione lo rende completo, finito, dà il valore allo scatto e lo rende (a mio parere) fotografia, anziché immagine catturata. Ovviamente indipendentemente dal risultato finale, ognuno ha il suo livello fotografico e il suo gusto.
    Sempre come Renato invece mi da molta più noia e ansia la selezione degli scatti da tenere e da cancellare, ormai che si producono migliaia di scatti a sessione. Ho cambiato approccio, passando da "cancellazione dei brutti" a "selezione dei belli", ma comunque poi troppo spesso finisco per fare centinaia di selezioni fra foto identiche per capire quella che sia "un filino più a fuoco", o "un filino più composta meglio", ecc ecc. Devo ancora migliorare parecchio, su questo punto.

    Sarei interessato a capire meglio un professionista, perché da cliente, non mi pare ci sia chissà quale pressione, solitamente: al matrimonio è abbastanza abituale avere l'album finito dopo un anno, almeno in zona Milano e provincia. Non mi sembra che ci sia chissà quale pressione... Oppure sono abituato ad avere decisamente una pressione diversa nel mio lavoro, dove le scadenze sono giornaliere e ogni settimana si fanno stati avanzamento per capire chi è in ritardo e come recuperare. E posso capire che non a tutti piaccia la fase di post produzione, ma alla fine se avevi il rullino dovevi comunque svilupparlo, la fotografia ha da sempre previsto una fase di scatto e una di post-scatto prima di avere la fotografia in mano. Sto semplificando troppo?

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    • Nikonlander

    Purtroppo non ancora pensionato, mi ritaglio il tempo per la post alla sera, non sono stressato dalla post.

    Faccio più fatica sulla selezione, in Borneo ho fatto migliaia di scatti a raffica con gli animali e selezionare è lungo e noioso

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    • Nikonlander Veterano

    Ho finito da pochissimo di selezionare e "sistemare" le foto fatte l'anno scorso nel viaggio estivo in Grecia... Pur avendo un attività di ripresa abbastanza ridotta, sono sempre indietro e molte cartelle rimangono come originali nef negli hard disk, nonostante passi moltissimo tempo libero al pc. Il problema è anche il tempo che si perde al pc in altre attività, perché è abbastanza dispersivo... Quando riesco a concentrarmi sulle foto e mi dedico solo a quelli riesco ad essere più efficiente

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    • Administrator
    1 ora fa, Leo ha scritto:

    [...]Sarei interessato a capire meglio un professionista, perché da cliente, non mi pare ci sia chissà quale pressione, solitamente: al matrimonio è abbastanza abituale avere l'album finito dopo un anno, almeno in zona Milano e provincia. Non mi sembra che ci sia chissà quale pressione... Oppure sono abituato ad avere decisamente una pressione diversa nel mio lavoro, dove le scadenze sono giornaliere e ogni settimana si fanno stati avanzamento per capire chi è in ritardo e come recuperare. E posso capire che non a tutti piaccia la fase di post produzione, ma alla fine se avevi il rullino dovevi comunque svilupparlo, la fotografia ha da sempre previsto una fase di scatto e una di post-scatto prima di avere la fotografia in mano. Sto semplificando troppo?

    Beh, si, secondo me.
    Se mi dai il servizio fotografico dopo un anno, a me la fattura la emetti in quel momento. E io ti pago dopo 90 giorni, fine mese ... se va bene ;)
    Ti sta bene ? E allora lavora pure con calma ...

    Mentre se lavori per una redazione e hai fatto ieri sera le partite del volley femminile di serie A ad Ancona, e dopo sei tornato a casa a Milano dopo 4 ore di autostrada, entro notte mi devi mandare le foto, altrimenti prendo quelle di un altro e e le tue non le pubblico.
    Ovviamente a te la prossima volta nemmeno ti ci mando alla partita ...
    Anzi, se le foto me le stai inviando negli intervalli dei set, durante la partita, già tagliati e conditi, è anche meglio !

    Idem per il concerto di sabato sera, ogni evento di attualità, le foto commissionate per promuovere una attività, i ritratti "commerciali", le pubblicità.
    Le voglio domani, che lunedì è già tardi.

    Ovviamente non parliamo del video che richiede attività di postproduzione degne di Hollywood che possono durare giorni, non ore ...

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    • Administrator

    Max crede che io sia un genio del computer. Ma non è vero.

    Crede anche che mi piaccia da matti usare programmi e maneggi vari. Ma non è vero.

    Trovo che i computer siano dei servi straordinari e consentano di fare cose che a mano richiederebbero sforzi incredibili e troppa variabilità di risultato. Ma io detesto essere servo loro come spesso invece mi capita.

    A me piace fotografare. E se anche mi piace moltissimo la musica riprodotta, trovo necessario il gesto artistico - sebbene nel mio caso scarso di risultati - di produrre da me, con le mie mani, dei suoni.

    Per cui, per quanto mi riguarda finito di fotografare in un set sfibrante, come quello di due settimane fa in cui sono arrivato a casa sfinito e a mala pena in grado di scaricare gli attrezzi dalla macchina, sogno già di farne un altro.

    Ma le foto per lo più, al massimo le sfoglio. Mi annoia a morte selezionare, tanto che non lo faccio.
    E in quanto a sviluppo e postproduzione - necessarie nella foto di femmine se no, quelle se le vedono, ti menano ! - me ne dispenserei del tutto, potessi.

    Però è un male necessario, cerco per lo più che modelle e luci siano già "good enough" all'origine e così lavoro meno.
    Ma quando ci vuole, ci vuole (ma senza alcun piacere di farlo, né tantomeno di farlo in modo particolarmente sofisticato).
    E qualche volta quando una modella mi chiede delle foto mi stresso. Perchè mi sento costretto a proporle le foto come la moda vuole che siano (è il caso di una promessa che ho appena fatto e che mi secca soddisfare, ad esempio).

    Credo che però il fotografo digitale debba essere attrezzato ANCHE per tutto ciò che succede dopo lo scatto (dalla conservazione degli scatti, il loro backup, lo sviluppo e l'eventuale stampa), tanto quanto lo era o lo è quello della pellicola.
    Anzi, di più. Perché non ha la scusa che tanto ci pensa "il negozio" :( e non deve cercarsi alibi o attribuire responsabilità ad altri (a Nikon, ad Adobe o ... a BRT che non ha consegnato il pacco delle stampe ordinate da Digitalpix elaborate con tanta fatica !)

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    • Nikonlander

    A me non stressa perché mi piace, (parlo principalmente dello sviluppo del raw) il problema è che mi perdo con le varie prove di funzioni e sw vari e alla fine mi rimangono le cartelle con foto da selezionare ed elaborare. Mi dico sempre “basta adesso devo usare un metodo e finirla così”  ma poi ci ricasco, così ho migliaia di scatti ancora li ☹️
    Concordo che Il problema maggiore  con le attuali mirrorless è anche il numero elevato di foto per ogni sessione che può portare all’esaurimento 😂
    per me non è un problema in quanto non professionista, ma capisco chi effettivamente deve consegnare i lavori, è sicuramente una parte complicata e altamente stressante del lavoro. 

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    • Administrator
    2 ore fa, Leo ha scritto:

    ...

    Sarei interessato a capire meglio un professionista, perché da cliente, non mi pare ci sia chissà quale pressione, solitamente: al matrimonio è abbastanza abituale avere l'album finito dopo un anno...

    Leo...ma sul serio?

    Pensi che ci mettono un anno perchè si occupano di un solo matrimonio in 12 mesi?

    Hanno 12 mesi di arretrato se ti consegnano dopo un anno !!!

    Lo stress se lo mangiano spalmato sulla tastiera

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    • Nikonlander Veterano

    Non c'è giudizio nella mia frase, ma vera curiosità, perché con tempi lunghi così il problema da come lo vedo potrebbe essere solo gestione del tempo o sovraccarico di lavori, ma comunque sarebbero solo congetture mie "da cliente".

    Mentre posso capire che chi lavora con giornalisti e notizie siano obbligati a tempi più serrati e quindi stressanti. Ma forse non è così necessaria post produzione, perché lo scopo è documentare, più che far piacere agli occhi. Penso basti già un bel JPEG uscito bene dalla fotocamera, al massimo ritagliato.

    Però è un mondo che mi incuriosisce e mi piacerebbe saperne di più da chi ne è dentro e ha di questi problemi.

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    • Nikonlander Veterano

    Da dilettante non ho lo stress della consegna, mi prendo il tempo che voglio e che mi serve.
    Ogni tanto mi diverto ma in linea di massima è una penitenza necessaria dopo aver scattato. Mi divertivo di più in camera oscura, attività smessa completamente il giorno che ho comprato la D70.
    Evito l'accumulo di foto non selezionate e non "sviluppate" negli HD. Perché per me le foto sono come i figli: "piezz'e core" e "ogni scarrafone è bello a mamma sua". Quindi se non le elimino le voglio finite il più in fretta possibile.
    Da lavoratore, e per giunta quasi sempre davanti al computer, non posso dedicare tutto il tempo libero a selezionare e post-produrre per cui ogni tanto accumulo ritardi di mesi. Ma riesco sempre a recuperare.
    Per esempio dei circa 1500 scatti riportati dalla Normandia quasi la metà li ho cestinati, l'altra metà è in lavorazione da un mese e ne ho sistemati circa 400, insomma sono sempre... a metà.
    Mi limito a sistemare luci, contrasto, bianco, non faccio mai lavori pesanti, men che meno tolgo e aggiungo qualcosa con la AI, a me piace fare le foto e non grafica computerizzata, settore a parte che ha un suo perché ma in cui non mi cimento.
    Le foto di sport hanno molti più scarti, intorno al 90%, e ritocchi minimali, spesso torno a casa e in un paio d'ore sistemo tutto. Non scatto fino allo sfinimento ma in modo il più possibile selettivo, difficilmente porto a casa più di 3000 scatti da una manifestazione sportiva. Che poi riesco sempre a ridurre intorno ai 200 finali.
    Mi piacerebbe avere un sistema AI a cui dare le istruzioni anziché smanettare coi cursori. Penso che farei più in fretta e se l'algoritmo capisse il mio modus operandi dopo un po' avrei le foto finite in tempo quasi zero.

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    • Nikonlander Veterano

    Penso che tutti in qualche modo _ pur non essendo professionisti _ subiamo una certa pressione, fosse anche per la fretta di vedere cosa abbiamo combinato. E questo penso stia nell'ordine naturale delle cose.

    Per quanto mi riguarda la cosa più importante che mi può dare un software di sviluppo potenziato con AI è un serio ed efficace correttore di difetti, riferito soprattutto alla sporcizia sul sensore. Mi risparmierei un buon 40% del tempo e mi risparmierei anche qualche incazzatura perchè talvolta non riesco proprio ad ottenere un risultato soddisfacente. E questo mi stressa parecchio e mi fa anche incazzare.

    Qualche volta mi infastidisce, invece, non riuscire ad ottenere quello che immagino di poter ottenere con una post produzione comunque limitata: del tipo mettere in risalto il soggetto o magari non risucire a gestire bene il colore. Perché comunque abbiamo tutti memoria di ciò che abbiamo scattato e di come abbiamo visto quell'immagine ed è frustrante non riuscire a realizzare ciò che abbiamo in mente. Ma su questo l'AI può fare ben poco, vuol dire che riprenderò in mano quell'immagine domani e ritenterò (il vantaggio di non essere un professionista).

    Mi piacerebbe invece che l'AI mi mettesse a disposizione funzioni in grado di aumentare sensibilmente il workflow e ridurre i tempi sulla pulizia del fotogramma dovrebbe essere un passo obbligato per tutti gli sviluppatori dei software di trattamento immagine.

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    • Nikonlander

    Non facendolo per professione, ma nei ritagli di tempo non è uno stress. Anzi mi ha sempre divertito molto non solo effettuare la post produzione, nel mio caso in Lightroom, ma soprattutto comprendere cosa i singoli slide modificano e come impattano sull'immagine/file (ad esempio clarity modifica il contrasto dei toni medi, a differenza dello slide contrasto che interviene sull'intera gamma); questo perchè ho sempre ritenuto, soprattutto nel mondo digitale, avere maggiore coscienza di quello che si sta facendo.

    Così come tutte le funzioni selettive, che però come più volte accennato rallentano, non solo nell'esecuzione, ma anche sulle immagini successive il sistema in modo significativo. Però rispetto alla maggior parte di voi, mi limito a poche immagini... e sono piuttosto selettivo cancellando la maggior parte degli scatti effettuati e tenendo solo quelli che per una ragione od un altra mi piacciono. Il mio archivio dal 2006 ad oggi non arriva a 80.000 scatti, quanti alcuni di voi fanno in una settimana. 

    Quello che trovo complicato, ed anche oneroso finanziariamente oltre che in termini di tempo dedicato, è l'intero processo digitale, dall'acquisizione dell'immagine alla stampa. Quindi una volta scelto ed acquistato il corredo si è solo all'inizio...

    • PC/Mac sufficientemente dotati,
    • monitor di qualità
    • sistema per calibrarlo,
    • stampante adeguata e profilazione della stessa sulla base della carta utilizzata;
    • carta, magari fine art, di un taglio A3 a3+,

    insomma l'insieme richiede molto denaro ed un molto tempo. Inoltre il tutto è in costante evoluzione e subisce il veloce "invecchiamento" tecnologico.

    E sicuramente, essendo nel mio caso un Hobby e non unico si finisce per rinunciare a qualche pezzo, magari perdendo di vista quello che di fatto la fotografia dovrebbe essere. E' di fatto un argomento senza fine... potremmo giralo e guardaro da molti angoli... Ed immagino il professionista abbia un approccio differente. E' simile nelle attività sportive. Nel ciclismo tra amatori si discute di Brand, Tipologia di carbonio, ruote, marca del gruppo... Il professionista è indifferente a tutto questo, gli danno una bici ed indipendentemente dal brand a cui è totalmente indifferente (tranne che magari effetuare una scelta per il valore della sponsorizzazione) ha solo l'obbiettivo correre e vincere. Nel golf uguale... Insomma conta relativamente poco lo strumento, conta come centrare l'obiettivo....

     

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    • Nikonlander Veterano

    La PP è una gran rottura di palle
    ma non si può farne a meno
    Sono felice di fare un altro mestiere, che mi da altri stress e apocalittiche enormi rotture di palle, ma almeno non mi inquina il gusto di fotografare.

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    Anche io da pensionato fotoamatore, come si è definito RenatoS57, trovo una gran rottura di scatole la selezione delle foto, per quanto riguarda la post-produzione non mi provoca eccessivo stress. Dove mi danno l'anima è l'analisi di ogni singolo scatto ed il confronto delle varie foto anche due o tre volte per trovare quella giusta come composizione e con tutti i dettagli a fuoco. Poi un altro tipo di pressione ce l'ho quando figli, nipoti, parenti ed amici ti chiedono il piacere di scattare qualche foto mentre praticano la loro attività preferita, risultato maggior impegno e cura per ricavare foto perfette e stress per l'incalzante richiesta di consegna delle foto.

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    Per quanto mi riguarda e per genere fotografico non uso molto la pp se non per i fondamentali, mi piacerebbe però seguire qualche corso per saperne un po’ di più. Chiaramente essendo un semplice appassionato, pensionato pure io, posso farne relativamente a meno. Ovviamente per un un professionista il discorso cambia, per tutti i motivi elencati da altri prima di me e magari in quei casi lo stress ci sta. 

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    • Nikonlander

    Tutto vero, la PP stressa, soprattutto quando hai tempi stretti. Le foto dei concerti di musica in genere escono 12/18h dall'evento. Però è anche bello vedere la tua immagine che avevi in mente che prende forma proprio (o quasi...) come la volevi tu. E' quello che accadeva in camera oscura, con dispendio di tempo ed energie enormemente superiore, e risultati in confronto, modesti.

    Una soluzione ci sarebbe, scartare, scartare ed ancora scartare, a quel punto ci si sprende un caffè e si torna a falcidiare! Non è facile, non sempre dai files grezzi si intuiscono subito le potenzalità, ma non è ne più e ne meno di quello che abbiamo sempre fatto in analogico, solo che i numeri erano nettamente inferiori.

    Ai concerti faccio circa 500 scatti nei 3 brani canonici, mi ripropongo di importarne max 40 in LRC, di cui la metà non li lavoro neppure, dei rimanenti finiranno in giro massimo 10, puchè DIVERSE tra loro, altrimenti meno.

    Lo vedete anche voi qui, sbrodolate di foto quasi identiche (anche se c'è scritto di pubblicarne una sola), tra queste una bella spesso c'è, ma si rischia di non notarla. Hai fatto un bel lavoro, scegli la tua Regina, 2,3, stop.

    Ogni volta che mi metto lo zaino foto sulle spalle per uscire mi dico sempre, ne basta una, una sola, ma bellissima. 

    Quando capiterà vi renderò partecipi.

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    • Nikonlander Veterano

    Ah me personalmente la PP non stressa, la trovo parte necessaria, imprescindibile, per creare un buon risultato.
    In questo mi aiuta il fatto di non essere mai stato una fotografo dalla raffica facile, in questo caso l'unico modo per salvarsi, soprattutto ai giorni nostri, credo che sia quello di selezionare tanto e editare solo le immagini spuntate.

    La PP, se ci si pensa bene, è un arte a sé.
    Fino a non troppi anni fa quest'arte, nella sua forma più alta, era esclusiva dei "grandi" fotografi. Solo loro potevano godere del servizio dei grandissimi sviluppatori e stampatori.

    Oggi, al contrario, siamo fortunatissimi, grazie al digitale e alla camera chiara, a poter godere tutti di questa fantastica possibilità.
    Sviluppo professionale e personale, a livelli altissimi, alla portata di tutti.

    Altro che stress, penso siamo fortunatissimi sotto questo aspetto, c'è davvero poco da lamentarsi.

    Di fatti, se da una parte ammiro chi ancora usa la pellicola, sviluppa e stampa da sé, dall'altra, quado vedo risultati che definire meno che mediocri è un gran complimento, mi domando: ma chi glielo farà fare? La passione e il divertimento, sicuro. Però a volte credo che questo li renda cechi riguardo ai risultati ottenuti.

    A proposito di tempo, stress e PP, chi ha saputo dell'uscita di Aperty?
    Sembrerebbe un software ultra professionale che si rivolge ai professionisti della ritrattistica, dategli un occhio perchè i risultati, a quanto pare sono davvero, buoni e senza precedenti. Soprattutto per chi deve editare tante foto, farebbe risparmiare loro moltissimo tempo.
    È realizzato dal team di Luminar-neo ed è piuttosto costoso.
    Ma per chi lo sfrutta... Mi paiono soldi ben spesi.

     

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    • Nikonlander Veterano

    Io più che altro odio la fase di cernita delle foto.

    Quando torno dalle sessioni (ormai rare) con 800-1000 scatti mi viene la pecolla a sceglierle. Poi la post in sé non mi spaventa più di tanto, anche perché mi sto rendendo conto che più passa il tempo, più la rendo leggera.

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    Non fotografo per lavoro e quindi per me la post produzione non è un peso: posso scegliere quando e quanto farla.

    Concordo con chi ha scritto che è più "pesante" scegliere tra tanti scatti quali tenere: non mi piace avere foto simili, ma a volte mi dispiace perdere un dettaglio differente.

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    • Nikonlander Veterano

    La post produzione è parte integrante del lavoro finale se si parla di fotografia artistica, lo si faceva in fase di stampa coi rullini o lastre, lo si fa ora in camera chiara.

    Diciamo che se ne abusa ora perché si possono fare le cose con maggiore semplicità, quindi si è un po' perso il concetto di foto "finita" in fase di scatto.. sarebbe invece un concetto da tenere a mente per poter elevare il livello di qualità delle foto, ma anche per chi produce immagini per lavoro, ridurre al minimo il tempo da passare al computer.

    Non è una questione di stress mentale ma piuttosto uno stress fisico, ormai alla mia età, 49 a fine mese, la vista si affatica facilmente, la schiena duole, la mano che impugna la penna grafica si stanca...

    Quando le foto sono tante per chi lo fa di mestiere, se non si impara a scattare come si faceva un tempo, lo si perde in salute.

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    • Administrator
    12 ore fa, Dario Fava ha scritto:

    La post produzione è parte integrante del lavoro finale se si parla di fotografia artistica, lo si faceva in fase di stampa coi rullini o lastre, lo si fa ora in camera chiara.

    Diciamo che se ne abusa ora perché si possono fare le cose con maggiore semplicità, quindi si è un po' perso il concetto di foto "finita" in fase di scatto.. 

    Scusa Dario, leggo spesso questa tipologia di affermazioni in relazione alla fotografia chimica.

    Immagino ci si riferisca al bianco e nero, perché nella fotografia a colori, sia su negativo sia su diapositiva, non era dato in alcun modo di intervenire nel processo di sviluppo se non... danneggiando la pellicola.

    Mentre in fase di stampa la variabile era semplicemente riferibile al tipo di carta da utilizzare e anche li era molto difficile trovare proposte diversificate da parte dello stesso laboratorio. Quindi la variabile... era la scelta del laboratorio di sviluppo e stampa.

    Ma non si trattava di post-produzione, quanto di una parte strutturale del trattamento, senza la quale uno scatto rimaneva immagine latente, inutilizzabile.

    Così come nel bianco e nero: dove le tante variabili di trattamento in fase prima di sviluppo e successivamente anche nella stampa, erano anch'esse fasi fotografiche del risultato che si desiderava ottenere: chi fotografava in bianco e nero consapevolmente, esponeva già in fase di ripresa in funzione di ciò che avrebbe voluto realizzare poi in sviluppo e stampa: ovviamente in prima persona. Diversamente meglio darsi ad altre forme compositive.

    Vorrei quindi suggerire come non ci sia alcun genere di comunanza tra la fotografia chimica e quella attuale, elettronica, quando si parli adesso di postproduzione: s nza la quale un file è già fisicamente esistente ed utilizzabile anche senza alcun altro intervento.

    Cordialità...

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    • Administrator

    La differenza è sostanziale: uno scatto su pellicola storto restava tale su diapositiva e poteva essere ritagliato dritto solo dopo una stampa adeguatamente ingrandita per mantenere una dimensione finale standard .

    Uno scatto leggermente fuori fuoco restava tale e finiva nel cestino.

    Contrasto, saturazione e tinta erano parametri dipendenti da scelte pregresse allo scatto, irreversibili.

    Non parliamo della possibilità di eliminare oggetti indesiderati o di aggiungerne se del caso.

    Una pratica completamente differente dalla attuale possibilità di intervento, che a quanto leggo...stressa tanti novelli fotografi...

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    • Nikonlander Veterano

    Max, o non hai capito cosa ho scritto io, oppure non ho capito io cosa hai voluto puntualizzare tu.

    È chiaro che ci sono differenze da prima ad ora, ma la post produzione è sempre stata fatta in tantissimi modi a partire dai negativi fino al dipingere le stampe.

    Io mi riferisco  alla fotografia artistica non alle foto ricordo della vacanza, ed ho scritto che la semplicità con la quale si può togliere od aggiungere cose, oggi ci porta a non studiare più lo scatto prima di schiacciare il bottone.

    Eliminare elementi indesiderati, scattare dritto, inquadrare ed esporre correttamente… tanto lo sistemo.
     

    Il mio maestro era un esperto di pp da negativo stampa ma anche da polaroid… è chiaro che non c’entrano niente con Photoshop o camera raw, ma il concetto di pianificare lo scatto al quale mi riferivo io è valido tutt’ora.

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