Che cos'è un sensore parzialmente stacked ?
Se ne parla sul web da qualche giorno, cioé da quando Nikon ha usato questo dizione nella presentazione della nuova Nikon Z6 III.
Non c'è letteratura al riguardo e Nikon non da spiegazioni esaurienti sul piano tecnico, dicendo soltanto che è la soluzione tecnologica che consente le prestazioni velocistiche della nuova fotocamera.
Dalla presentazione della macchina abbiamo queste due immagini, catturate dal video :
la prima rappresenta in animazione un flusso luminoso che arriva al sensore ma anche delle parti separate poste sopra e sotto all'area fotosensibile
meglio rappresentate qui, in pianta.
L'area fotosensibile è quella coperta dal vetro di protezione (quello con le bande multicolore). Sulla cornice del chip sono poi poste in rilievo due altre strisce corrugate, una sopra e una sotto.
Sinceramente non sappiamo se questa sia una immagine fedele del sensore o se sia una vista artistica che lo rappresenta.
Ci basta il concetto.
E su questo, in base alle nostre conoscenze, possiamo ricostruire il resto.
L'articolo è tecnico ma non troppo, non siamo in grado di approfondire "segreti industriali" né di insegnare agli ingegneri come ci si ingegna.
Al fotografo non dovrebbero interessare troppo queste cose. Perché non è con questi concetti che si fanno fotografie migliori.
Così come al pittore non interessa la formula chimica del Blu Oltremare rispetto al Blu di Prussia, quando sceglie l'uno o l'altro per il suo quadro.
Ma a noi si, perché abbiamo imparato da quando esistono le fotocamere digitali che a seconda delle tecnologie scelte dai progettisti possiamo attenderci determinate prestazioni, prerogative e capacità delle nostre fotocamere.
E in base a quelle scegliere quelle che ci servono di più. E pagarle il giusto compenso richiesto dal produttore.
Ma prima approfittiamo per sfatare un paio di miti che circolano sempre sul web quando c'è una presentazione Nikon. Ne abbiamo già parlato su Nikonland.it e Nikonland.eu ma è sempre bene ripetersi.
Nikon ha capacità progettuali in materia di sensori (e di qualsiasi altra cosa). Le possiede da quando esiste questa tecnologia e le ha sperimentate industrialmente sin dagli anni '90 del secolo scorso con le collaborazioni con Kodak e Fujifilm per la produzione dei primi esemplari di fotocamere digitali commerciali.
Il sensore della prima ammiraglia, la Nikon D1 del 1999 è un progetto originale Nikon, che allora contava la sensazionale cifra di oltre 10 milioni di pixel, impiegato in varie tipologie di pixel binning nella D1, nella D1h e nella D1x dei primissimi anni 2000.
Progettato e sviluppato da Nikon Precision (come si chiama adesso la divisione progetti industriali di Nikon) per conto di Nikon Imaging e prodotto da Renesas (società del gruppo Mitsubishi che allora possedeva una fonderia).
Nikon ha poi progettato la gran parte dei suoi sensori di immagine, come il famoso LBCAST impiegato nella D2h (prodotto da Kodak) e il CMOS della Nikon D3 (prodotto da Sony). O il 24 megapixel della D5200 (prodotti da Toshiba con processo di metallizzazione in rame, anziché ad ossido).
Lo stesso per tutto le principali Nikon che ricordiamo bene per capacità, colori e prestazioni. D500, D850, D5, D6 fino alle attuali Nikon Z8, Z9 etc., hanno tutte sensori progettati dal reparto progettazione Nikon e poi dati da produrre a terzisti.
Nikon Precision produce i macchinari (stepper, o scanner ad immersione) che l'industria mondiale utilizza per la produzione dei microchip di fascia media (come i sensori di immagine, quelli per l'automotive, i chip di memoria e i display a cristalli liquidi).
Ma non possiede fonderie per la produzione dei wafer in Silicio e la successiva stampa dei microchip. Per avere dei prodotti finiti, si rivolge a terzisti. Terzisti che possono essere Sony, Samsung, TSMC, Omnivision.
Non è l'unica a farlo. Nomino solo alcune delle più famose società al mondo che progettano microchip altamente sofisticate che sono definite "fabless", ovvero che non hanno fonderie proprie.
Le prime che mi vengono in mente sono Apple, AMD, Nvidia, Qualcomm. Ma ne potrei aggiungere tante altre meno note al pubblico comune. Per esempio Fujifilm ha una lunga tradizione nella progettazione di sensori, con Nikon e da sola, poi prodotti da terzisti, allora come oggi.
Panasonic/Leica idem.
Altri come Phase One e Hasselblad invece si accontentano di acquistare sensori già pronti sul mercato, magari personalizzati ma di fatto già concepiti (per lo più da Sony Semiconductor, che è società separata anche fiscalmente da Sony Imaging).
Se Nikon si rivolge abitualmente a Sony lo fa per contiguità e convenienza, in quanto Sony Semiconductor è il principale produttore di sensori al mondo ed ha tutte le fonderie strategicamente ubicate in Giappone (di questi tempi la geopolitica gioca un fattore importante nella scelta dei fornitori; avere TSMC o Samsung come fornitore, visto che hanno il grosso degli stabilimenti a Taiwan e in Korea del Sud può esporre a problemi futuri) e poi perché c'è una lunga collaborazione con Sony Semiconductor.
Sony Semiconductor non è Sony Imaging, così come Nikon Imaging non è Nikon Precision. Ma Nikon Imaging e Nikon Precision parlano correntemente con Sony Semiconductor e la stessa Sony Imaging si serve da Sony Semiconductor.
In più queste tecnologie non sono segreti industriali, non sono scienza aliena, non si tratta di sistemi esclusivi come quelli per la produzione dei microprocessori di fascia altissima, per ora impiegati solo da ASML.
Quindi se Sony presenta un sensore stacked, anche Nikon può farlo (e lo fa). Se Sony pensa un sensore Global Shutter anche Nikon può farlo (e lo farà, specie adesso che possiede RED che utilizza correntemente sensori global shutter).
Se Nikon "si inventa" un sensore "parzialmente stacked", probabilmente anche Sony impiegherà qualche soluzione simile per le sue prossime fotocamere di fascia media.
Perché di fascia media ? Perché se la Nikon Z6 III fosse una ammiraglia, non ci sarebbero vincoli di budget e quindi impiegherebbe un sensore stacked o un sensore global shutter.
Questo sensore "parzialmente stacked" di fondo è una soluzione creativa per avere i vantaggi permessi dalla sovrapposizione di microchip sul sensore a costi inferiori a quelli dei sensori delle ammiraglie (per Nikon Z8 e Z9).
Con queste premesse, parliamone meglio.
Si tratta di una formula di marketing ?
Per certi versi si, serve a chiarire il concetto che la macchina è veloce per mezzo di una tecnologia che il pubblico già conosce. Ma non così veloce come una Z8 o una Z9, a cui il cliente resta indirizzato se cerca prestazioni allo stato dell'arte.
Cerchiamo di andare nel dettaglio descrivendo per sommi capi come é fatto e perché un sensore di immagine.
Si tratta essenzialmente di un microchip stampato con un processo industriale di tipo ottico-elettronico in un macchinario di questo tipo
lo stepper Nikon NSR-2205iL1 andrà in consegna dal mese prossimo e rappresenta una soluzione compatta.
E' in grado di stampare su wafer (cioé cilindri di silicio a superficie levigata) di diametro inferiore ai 300mm, con una risoluzione nell'ordine dei nm (nanometri, ovvero miliardesimi di metro, ovvero milionesimi di millimetro).
Con questa stampa vengono disegnati nel silicio i componenti del sensore, sia quelli fotosensibili (i fotodiodi) che le cavità di condensazione delle cariche elettriche ricavata, che la successiva metallizzazione di contatto che i circuiti di amplificazione, filtraggio, conversione.
Esiste in pubblico dominio, letteratura di conforto da cui abbiamo tratto alcune immagini di esempio.
a sinistra un quartetto (secondo la matrice di Bayer) di fotodiodi, sotto alle loro microlenti singole e ai filtrini colorati che consentono alle fotocamere di "immaginarsi" i colori colorati (argomento che è ben conosciuto ma che non sarà trattato in questa sede).
Il fotodiodo riceve la luce (i fotoni) ed essendo sensibili, genera una corrente elettrica che è proporzionale all'intensità della luce che riceve.
Più luce arriva, più corrente viene prodotta. Meno luce arriva, più basso sarà il livello della corrente prodotta.
Questa corrente viene accumulata nella cavità del fotodiodo e viene trasmessa dal fondo allo strato di metallizzazione per accedere alo strato inferiore che contiene l'elettronica necessaria a filtrare la corrente, eliminando parassiti e spurie, ed amplificare "il segnale".
La trasformazione della luce in elettricità è un processo a basso rendimento e le correnti generate sono molto deboli. Per essere utilizzate devono essere amplificate.
Questo è un tradizionale sensore di quelli che conosciamo da anni.
Quello a sinistra è a strato singolo, quello a destra è a doppio strato.
Il doppio strato consente di avere una maggiore capacità di accumulazione (pariamo del sensore di un telefonino).
Gli strati sono composti da wafer differenti, letteralmente sovrapposti ed incollati con un processo di termocompressione.
Ogni strato è stampato separatamente, in una sorta di processo tridimensionale.
La connessione tra gli strati avviene per metallizzazione (ovvero collegamento singolo, punto-punto con un metallo conduttivo, come il rame o l'oro).
Ma esistono diversi tipi di sovrapposizione. Quello descritto qui è il wafer on wafer (ovvero incollare un wafer su un altro), ci sono quelli che si riferiscono alla sovrapposizione di microchip sopra ad un wafer.
il processo industriale non è banale.
Ogni wafer viene stampato con il processo più indicato a seconda dei componenti che deve contenere, poi viene lavato, levigato, tagliato.
Sovrapposto, ricotto, compresso.
questo processo si chiama bonding.
E viene ripetuto tante volte quanti sono gli strati.
Quanti sono gli strati ?
Sono quanti sono necessari per ottenere il microchip finale.
Si tratta di un procedimento industriale a basso rendimento, con un alto indice di scarto. Tipico della produzione delle memorie dei computer ma la produzione dei sensori avviene allo stesso modo.
Alla fine il nostro sensore viene ricavato dal taglio del wafer sottostante (quello target), i singoli sensori vengono misurati e testati. Quelli difettosi, scartati, gli altri montati su scheda.
questo è il sensore della Nikon D5200 prodotto da Toshiba.
Le piste di bonding interno sono in rame, quelle esterne, come vedete, sono in oro.
Intorno ai chip, sulla schedina esterna, ci sono altri circuiti necessari per il dialogo del sensore con la scheda madre principale della fotocamera.
Con il processo di stacking è possibile integrare tutta l'elettronica necessaria (e altra ancora) sul singolo chip.
Ma per ogni strato, aumentano i costi e lo scarto.
Un sensore stacked a più livelli può essere così idealmente rappresentato
abbiamo lo strato fotosensibile (i pixels), quello con la memoria e quello con i circuiti.
Ogni strato è diverso, stampato con processi differenti (28, 30, 40 nanometri) per uno spessore totale di 130 micron.
A sinistra abbiamo la vista in altezza, a destra quella in pianta (le tre immagini sono le piante dei tre strati, poi impilati ed incollati uno sull'altro).
Ma potremmo avere anche più strati ancora dipende.
Speriamo di aver chiarito la logica e la complessità del processo.
Rivediamolo ancora :
3 Livelli :
- sensore propriamente detto
- memoria di transito
- logica di conversione
non sono rappresentati i circuiti analogici di amplificazione e filtraggio della carica elettrica, posti sotto al sensore (primo strato).
Ma perché queste complicazioni ?
Pensiamoci su.
I fotoni colpiscono il fotodiodo.
Il fotodiodo si eccita e produce una corrente che viene accumulata sul fondo dello stesso.
Dal fondo la corrente viene prelevata, filtrata e amplificata.
Questa corrente è ancora allo stato analogico.
Deve essere convertita in informazioni digitali.
Che devono essere sistemate da qualche parte, in attesa che il sensore riesca a leggere tutta la superficie.
Si perché l'enorme quantità di dati non viene processata immediatamente ma con un sistema di scansione progressiva, dall'alto verso il basso, la cui velocità dipende dalla velocità del sistema complessivo.
Determinata dai colli di bottiglia.
Nel tempo i convertitori sono stati resi più rapidi e meno voraci di corrente ma le informazioni devono essere riportate nella memoria.
Tutto questo richiede tempo.
Un tempo brevissimo per noi (nell'ordine delle decine o meno di millisecondi) ma che va ripetuto 1-10-20-30-60-120-240 volte al secondo.
Per tutto il sensore, per tutti i pixel.
Quello strato di DRAM (memoria volatile) indicato nell'ultima figura, è responsabile della velocità complessiva del sistema.
Più c'è memoria e più questa memoria è adiacente ai pixel, più è rapido il sistema.
Se è lento, è necessario suddividere la lettura del sensore in striscioline più alte, se è veloce, le striscioline si assottigliano fino a scomparire.
Che è il caso del sensore cosiddetto a global shutter, che altro non è che un sensore stacked particolarmente prestante e in grado di processare tutto il sensore in una passata sola.
Se la memoria è separata ed è lenta, il processo è lento, la macchina è lenta (sensore non stacked).
Se la memoria è integrata é tanta ed è veloce, il processo è più veloce, la macchina è più veloce (sensore stacked cno rolling shutter o stacked con global shutter).
Se la memoria è integrata ma è meno di quella di un sensore stacked tradizionale ... abbiamo l'uovo di Colombo. Il sensore parzialmente stacked.
Ok, ma veniamo alla Nikon Z6 III ?
la nostra bestiolina promette e mantiene prestazioni velocistiche (la parola performance è lo slogan che ha caratterizzato tutto il lancio della nuova macchina) superiori a quelle delle pariclasse (Nikon Z6 I e II, Nikon D780, Canon EOS R6 II e Sony A7 IV) perchè ha questo sensore parzialmente stacked che loro non hanno.
Ma soprattutto - che era l'obiettivo finale - con un costo industriale e uno scarto ridotti, tali da giustificare un costo per Nikon e per l'utente finale, più conveniente rispetto alle ammiraglie (altrimenti sarebbe stato più facile usare il sensore della Z9 anche qui, no ?)
Insomma, come il turbo con l'intercooler dei bei tempi in cui venivano lanciate le prime gran turismo con motore a frazionamento ridotto ma vivaci e prestanti "quasi" come le più grandi berline a 6, 8 e 10 cilindri.
Senza sminuire il concetto perché a noi interessa il risultato, come abbiano industrialmente ottenuto questa parziale sovrapposizione di memoria sul sensore non ci riguarda direttamente, ci basta quanto ci stanno dicendo da Nikon, visto che le parole sono suffragate dai fatti.
Immaginiamo solo che il wafer con la memoria, sia sovrapposto ma la metallizzazione di connessione sia limitata alle due zone effettive in cui sono stati stampati i chip della memoria ram che fa da tampone(*) durante la lettura del sensore :
che è qui rappresentata - secondo noi - pittoricamente (dato che lo strato di memoria sta normalmente sotto allo strato sensibile).
La connessione così resta veloce come in uno stacked completo ma la corrispondenza tra pixel e fotodiodi non può essere totale come lo è in uno stacked come quello della Z9.
Nel senso che questa memoria non basta per fare tutto alla velocità ... della luce.
Nikon ha saggiamente scelto di contenere i megapixel nel confortante valore di 24 megapixel, se avesse usato una risoluzione più alta, non avrebbe potuto ottenere questa velocità.
Quindi il risultato finale è una prestazione che si pone a metà strada tra quello di una Z6 di I e II generazione e una Z8/Z9.
(*) memoria tampone che non deve essere confusa con il buffer della fotocamera, altra memoria, fisicamente separata che serve al processore per conservare le immagini finite in attesa di registrarle sulle schede di memoria.
In questa memoria disposta sul sensore viene depositata l'immagine digitale del sensore, ancora monocromatica e non trattata, mano a mano che viene letta e convertita nel processo AD.
Quanto veloce ?
Dai primi test informali sembra che il tempo di lettura (read out) del sensore della Nikon Z6 III sia di circa 9.2 millisecondi.
Cioè tutte le informazioni vengono lette dalla prima all'ultima riga, in 9.2 millisecondi.
Per confronto, nella Z9 il processo impiega circa 3.7 millisecondi.
Mentre nella Z6 II questo tempo è di poco più di 33 millisecondi.
Quindi, ad occhio e croce, il sensore della Z6 III è circa 3.5 volte più veloce di quello della Z6 II e circa 3 volte più lento di quello della Z9.
Parlando di striscioline di pixel letti ad ogni passata, abbiamo 12 righe per Z9/Z8, circa 20 per Z6 III ed oltre 60 per Z6 II.
Con le relative conseguenze in termini di banding e di "resistenza" agli artefatti da rolling shutter.
Che per tutte queste macchine esistono, come esisteranno sempre, più o meno ridotti, salvo che non si adottino sensori di una velocità tale da poter leggere tutta l'area fotosensibile in una unica passata.
Ma per impieghi non assolutamente estremi, possiamo dire che la qualità di immagine per lo più non ne sarà influenzata.
Un ultima precisazione. Quali che siano gli strati, la tecnologia di questi sensori è tutta la stessa sul piano della cattura di immagine. BSI, DUAL BASE ISO, si applicano allo stesso modo.
Rispetto ad un sensore con un ridotto numero di strati o con uno strato solo - quando possibile - nei sensori a molti strati sovrapposti e con operazioni impegnative sul piano energetico come l'uso della memoria ad alta densità e velocità, un sensore più complesso tenderà a produrre più calore e a consumare quindi più energia. Con influenze sulla generazione di rumore di lettura, creazione di segnali parassiti, difficoltà di amplificazioni pulite e conseguenti riduzioni della gamma dinamica.
Aver scelto una soluzione elegante come quella pensata da Nikon per la Z6 III dovrebbe mettere al riparo da tutto ciò, quindi ci aspettiamo - e il primo riscontro è positivo - che sul piano della gamma dinamica e del rumore, la Z6 III possa comportarsi molto, molto bene, rispetto alle altre Nikon.
***
Speriamo di aver dato qualche informazione in più, in carenza di spiegazioni tecniche ufficiali, almeno per avere una chiave di lettura personale o per avere qualche nozione ulteriore sul funzionamento delle attuali tecnologie dei sensori di immagine che utilizziamo tutti i giorni.
Rimandiamo per altri approfondimenti ai precedenti articoli :
- Il sensore delle Nikon D1 e la tecnica del pixel binning (ed 2023)
- La nuova Sony α9 III : l'evento per i dieci anni del sistema Sony α
- Sensibilità ISO, Dual Gain, Dual Base/Native ISO : Nikon Z9 e Nikon Z6 II
- Dipende se hai il sensore, baby, non dai tappi di birra !
- Il sensore d'immagine stacked pensando alle future Nikon Z professionali
- L'otturatore : meccanico ed elettronico (rolling shutter, global shutter)
- Nikon, Sony e l'Avvocato Prisco, buonanima
- E' bene sapere chi sia Nikon Corporation
- Nikon, i sensori, l'industria giapponese
Recommended Comments
Posted by Nikonland Admin,
ecco perchè scegliere la Nikon Z 6 iii
Recommended by Max Aquila
3 reactions
Go to this comment