Alcuni Nikonlander hanno chiesto, in relazione a questa foto, come avessi fatto ad ottenere quello sfocato, pensando che, visto il diaframma f5.6, non fosse ottenuto tanto ripresa quanto in post produzione.
Subito, ho pensato di fare un semplice post ma poi, ragionando per bene sulla risposta, ho preferito argomentare meglio in un articolo.
Il fatto è che ci sono 2 risposte, più ingredienti concorrono a quel risultato.
Cominciamo dal primo, quello tecnico: Lo sfocato dipende dal diaframma ma anche e di più dal punto di ripresa e dalle distanze relative tra gli oggetti nel fotogramma - primo piano e sfondo - e la fotocamera. Soprattuto fotografando a distanza ravvicinata.
Lo possiamo vedere di seguito, confrontando nelle stesse identiche condizioni di ripresa uno scatto a f11, questo:
Con uno a f4, questo:
Ci avviciniamo ma non siamo sul genere della foto in esame. Già perché quella foto è costruita sulla base dell'idea di queste:
Z6II su 500/5.6PF 1/500 f5.6 ISO 100
che come potete vedere non sono fatte al computer ma in ripresa (prima: immagine senza regolazioni; dopo: immagine regolata)
Z6II su 105/2.8MC 1/10" f16 ISO 100
Quindi, poi vedremo la foto da cui siamo partiti, non è la postproduzione a generare quell'effetto. Ed allora, come si fa?
É semplice:
- tenere il diaframma abbastanza aperto, io uso f5.6 o più aperto, ma non è la cosa più determinante
- scegliere bene la luce, in modo che sia morbida evitando di avere forte alternanza di ombre e luci nette, in particolare nelle zone fuori fuoco. Per me l’ideale è l’ombra e dare un colpetto di flash per far vivere il soggetto
- scegliere il soggetto giusto, che naturalmente non abbia intorno cose che non puoi sfocare e che anzi ne abbia che ti aiutino a sfocare
- eventualmente pulire in giro (rametti, foglie,….): la fotografia è sottrazione e non addizione, tutto quello che non serve a veicolare il nostro messaggio non deve essere inquadrato
- stare molto bassi, quelle foto le faccio appoggiando la macchina a terra. E stando spesso a mia volta sdraiato a terra ed appoggiato ai gomiti.
L’ultimo è la chiave di tutto, un po’ come le spezie o un buon vino in cucina, perché così facendo finisci con l’avere in primissimo piano delle cose vicinissime alla lente frontale, e comunque il più lontano possibile dal piano di fuoco, che così diventano crema. Il fatto di averle fa parte della scelta del soggetto, così come trovare il fiore giusto, se vuoi un sfocato così. Se non ci sono, a volte mi aiuto mettendole (basta piegare l’erba o metterne un mucchietto davanti, ovviamente lasciando fuori la parte di lente dov’è è il fiore; oppure le foglie). Inutile dire che le ML aiutano un sacco nel fare questo, io uso la Z6II con il monitor estratto e basculato verso l’alto. E quindi ci guardo da sopra.
Dietro, se sei così basso, è più facile perché la macchina è sostanzialmente inclinata, anche se poco, verso l’alto e quindi l’erba dietro sparisce, coperta da quella fuori fuoco davanti.
Poche settimane fa, senza erba, facevo la stessa cosa con le foglie secche.
Ovvio, bisogna volerlo fare perché alla fine di una mattinata di foto fatte così sei da buttare in lavatrice insieme ai vestiti... ma io mi diverto come un bambino a girare ginocchioni cercando il fiore giusto.
Questa la tecnica. O, come ho spiegato due anni fa in questo articolo (se non l'avete letto fatelo ora perché è del tutto complementare a quanto sto scrivendo qui), l'artigianato.
Ora viene la parte complicata perché il punto chiave di tutto non è il "come tecnico" ma il "perché artistico"!
Io ho fatto quella foto, e numerose sue sorelline, pensando a come avrei potuto fotografare quel soggetto facendolo apparire come una "stella danzante", si quella che Nietzsche indica nella sua famosa frase. Cioè non semplicemente riproducendolo, come nelle due immagini che aprono questo articolo, aprendo il diaframma per sciogliere lo sfondo.
Ma interpretandolo.
In sostanza cercando di trasmettere il mio messaggio: cosa mi fa pensare quel fiore quando lo vedo. O, meglio, com'è quando chiudo gli occhi e lo immagino? Come ho spiegato qui.
Mi perdonerete, mi sono già linkato 2 volte. Ma è solo che, rileggendo me stesso in preparazione di questo articolo, non ho trovato parole migliori di quelle scritte su questi temi 2 anni fa.
Quindi il secondo ingrediente è impegnarsi per realizzare la propria visione artistica, cosa che francamente non sono sicurissimo di essere riuscito a fare al netto della peculiarità dello sfocato.
Ma, giusto a fugare ogni dubbio, questa l'immagine in questione:
Z6II su 105/2.8MC 1/160 f5.6 ISO 100
E questo il "prima e dopo" le mie regolazioni:
È rimasta, ingiustamente demonizzata, la valutazione sulla postproduzione. Cosa ne penso?
Lo illustro con una metafora: è come la vernice su una Ferrari. Tutti sappiamo che una Ferrari è tale per il motore, il telaio, i freni, l'assetto, e tutta una serie di aspetti peculiari impossibile da elencare qui. Ma qualcuno di voi comprerebbe, o definirebbe bella, una Ferrari non verniciata e presentata in lamiera, magari ossidata, come uscita dalla pressa (o come fanno a farne la carrozzeria)? Io credo di no. O almeno io non lo farei e penserei "peccato averla vista così!".
Ecco, per le fotografie la postproduzione è come la verniciatura della Ferrari: il vero valore sta sotto, ma senza vernice nessuna di loro sarebbe bella come merita di essere. Quindi chi, con l'orgoglio di fotografo del secolo scorso, sfoggia scatti "come usciti dalla macchina" ed argomenta con "non so usare photoshop" pensi che io neppure so usare photoshop (che non è fisicamente installato sul mio Mac) ma ho imparato ad usare sw meno potenti ma più semplici, come Capture One (e prima Lightroom). Con il quale non creo ma ottimizzo le mie immagini, nella direzione del mio intento di fotografo.
Mi piacerebbe leggere che ne pensate, non siate timidi:
- Il mio fiore vi sembra la stella danzante che ho immaginato?
- Vi siete mai posti come obiettivo fotografico la creazione di un'idea?
- ....
Massimo Vignoli per Nikonland (c)
30/3/2022
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