[Editoriale di Marzo 2015]
Dedico queste righe a Luca Bugamelli. Luca era un fotografo che viveva di ritratti ai bimbi, di cresime, comunioni e matrimoni. La rivoluzione digitale gli ha portato via il lavoro e il suo negozio, sul sagrato della chiesa. Una male grave e spietato lo ha portato via da questa vita. Luca era del '68, come me. Non posso non pensare a sua moglie, ai suoi bambini, alle sue sorelle, che proprio in questi giorni misureranno il gelo profondo del vuoto, il peso violento dell'assenza di una persona amata che non c'è più. Luca era un Fotografo e non un "photoshoppografo" per questa ragione le riflessioni che seguono mi rimandano a lui, alla sua storia, che poi, per evidenze anagrafiche, è la storia di tutti quelli che hanno iniziato a fotografare nel '900.
Ho scritto queste osservazioni più di un anno fa. Ho temporeggiato ad aprire una discussione, un confronto, perché è una faccenda che mi spiazza, mi mette in difficoltà. La notizia che il WPP edizione 2015 ha dovuto scartare il 20% delle foto selezionate per eccesso di elaborazione, mi ha fatto decidere. Eliminare dalla corsa delle finaliste 1 foto su 5, non è un dato da sottovalutare. Significa che qualcosa sta cambiando, in modo massiccio, comune e diffuso, nel modo di fare fotografia. Anche Ansel Adams operava pesanti interventi sull'immagine, ma rimaneva un fotografo e non un "illustratore". Ora l'accessibilità universale ed "easy" all'elaborazione dell'immagine rende il confine tra fotografo e illustratore molto più labile, e forse mi vien da pensare che nemmeno possa più esistere. E io da che parte sto? Non lo so ancora.
camera chiara ... al buio
Accendo il computer e scopro l'isola che non c'è.
Volte notturne affollate di stelle e galassie, nubi infuocate, cieli azzurri popolati da bianchissimi nembi illuminano e dominano paesaggi dai verdi squillanti, dalle rocce rosse, gialle e blu venate di ogni cristallo immaginabile. Queste sono le immagini che popolano i social network di ogni forma senso e tipo. Si, ma io non son mica nato ieri, e un po' di mondo l'ho visto (poco) e in questo mondo, questo qui sul quale tutte le mattine poso i piedi quando balzo giù dal letto, io questi bei colori Puro Pantone li ho incontrati raramente e, nel caso, difficilmente tutti insieme. Sarò nato sfortunato? Sarà che non sono "buono" a cercare le foto? Purtroppo mi sa che la faccenda è un po' differente e tira in ballo una parola che sembrerebbe azzeccarci poco con la fotografia. Quella parola è Pudore.
I colori del crepuscolo sono inconoscibili. La fotocamera li vede. Che faccio, li butto?
Mentre mi procuravo i geloni a mani e piedi il cielo sopra la testa non era mica una luminaria del genere. Le stelle le ho cavate dal RAW con le tenaglie di Lightroom.
Non credo che occorra lanciarsi in analisi approfondite sul diritto di manipolazione dell'immagine, sul contenuto iconografico, sulla comunicazione, sull'etica della fotografia. Per come la vedo io la faccenda si gioca tra quello che osserviamo con i nostri occhi, nel mondo, e quello che la fotocamera digitale riesce a catturare. La nostra fotocamera, nonostante gli sforzi prima della chimica e oggi dell'elettronica, può solo approssimare quello che vediamo. Con questo presupposto risulta evidente che non esiste una realtà assoluta, una visione da museo di Sevres dei Pesi e delle Misure e, del resto, il senso della vista può variare da un essere umano ad un altro (i semafori hanno tre lanterne per i daltonici). Quindi non si tratta di non essere fedeli alla realtà, questa è una critica infantile che comunque qualcuno ancora tira fuori. No la faccenda è più sottile. I fotografi ai tempi del film erano sottoposti a vincoli decisamente rigidi, si poteva scegliere una emulsione piuttosto che un'altra, utilizzare filtrature ad oc ed intervenire, limitatamente, sulla stampa finale. Era evidente come il campo d'azione fosse comunque ristretto. L'elettronica ha rotto ogni catena, sciolto tutti i legacci, abbattuto qualunque steccato e i cavalli sono scappati (e pure le mucche), in tutte le direzioni. In Post Produzione sullo schermo di un PC delle nostre foto possiamo fare praticamente di tutto, ed è qui, in questa libertà, che si nasconde il boccone avvelenato, perché è naturale agire per ottenere quello che avremmo voluto vedere (e che chiunque vorrebbe vedere) piuttosto che riprodurre quello che abbiamo realmente visto, di cui siamo stati testimoni, ma quando questa azione supera una certa soglia (invisibile) allora si è perso qualcosa che io chiamerei "il comune senso del Pudore". Ecco spiegato il riferimento.
Con le diapositive questa foto me la SCORDAVO! Ora con LR bastano trenta secondi di pennello selettivo.
SPUDORATO. Lungo la statale Padana superiore le spighe ondeggiavano nel vento e nel BUIO PESTO. Con un Trick ti apro le ombre e la magia è fatta.
Il mare della Baia di Porto Conte in Sardegna è Verde. Forse non proprio così verde, ma non è colpa mia: ho alzato solo il contrasto e aumentato l'esposizione
Io sono stato nel bosco a sinistra. Quello a destra è saltato fuori in salotto.
Ma no Valerio, esageri, sei solo un rompicoglioni.
Che sarà anche vero, ma non sono troppo convinto che la faccenda si possa liquidare così. Facciamo qualche esempio. Decidiamo di andare in vacanza in un certo luogo di cui abbiamo visto fotografie magnifiche, spettacolari; giunti in loco scopriamo che sì, è bello, ma oggettivamente c'è sempre un po' di foschia, il cielo infuocato non lo vediamo mai e i cespugli sono sì verdi, ma un verde normale, un verde bello, ma che non urla come le fronde di quercia la prima settimana di maggio. Allora da fotografo non commerciale, che non deve soddisfare alcun cliente e che fotografa per il piacere di raccontare a sè stesso e a chi ha voglia e tempo di passare di qui, perché scivolare in questa traduzione esclamativa della percezione visiva? Perché!
Perchè è bello. E' bello cavare da una scena sciatta, piatta, povera di colore e di toni, un'immagine accattivante, affascinante. Altre volte è utile, nel senso che consente di apprezzare dettagli altrimenti offuscati e incerti, come nelle mie riprese fangose nelle acque dolci di casa che prendono vita solo attraverso l'uso di Lightroom.
La Lama Grande di San Nazzaro Sesia è popolata di carpe di 10-20kg. Vederle nella "murky water" è una bella sfida.
Ecco qui, presto trovato, un esempio di inganno innocente, ma pur sempre di inganno. Il lettore ignaro, guardando la sola foto di destra, potrebbe ragionevolmente supporre che la Lama grande di San Nazzaro Sesia sia una polla sorgiva stile Mnzima Springs e non uno stagno fangoso ed eutrofico con acque che in estate toccano i 30°C ed in cui solo le alghe brune riescono a sopravvivere soffocando tutte le altre piante acquatiche. Sarà anche stata innocente la mia intenzione iniziale, quella di far vedere "meglio" i dettagli della carpa, ma alla fin fine ho raccontato una bugia, una bugia bella grossa.
Ma bravo, e l'interpretazione del fotografo dove la metti?
C'è anche questa questione da tener in conto, però vorrei far notare: ma possibile che tutti TUTTI si abbia la stessa "interpretazione"? E' sì diamine, si punta sempre e comunque a togliere dai piedi la foschia, a tirar fuori qualche colore (il BN è un 'altra faccenda), a rinforzare i contrasti e a scandagliare ogni dettaglio con il miglior "sharpening" disponibile (no questa no, io, per pigrizia, mi chiamo fuori). Infatti non è la tendenza comune che mi fa scattare l'impulso di scrivere, ma l'eccesso, l'uso smodato. Un limite dovrà pur esistere, una soglia che più che dal buon gusto, dovrebbe essere definita dal "comune senso del pudore" (ecco che torna). Una soglia che mi dice che con +25 sulla scala della saturazione siamo fuori dalla grazia di Dio, che la curva dei toni non l'ha scritto Mosè che debba essere SEMPRE una S impennata, che Chiarezza e Vividezza sono dei booster da usare con grano salis. Insomma, una cosa è compensare la limitazione di gamma di un file con gli strumenti utili per equilibrare i toni, aprire le ombre e abbassare le alte luci, avvicinando il risultato a quanto immaginiamo di vedere in condizioni "climatiche" ideali (e fortunate), un'altra è agire con questi strumenti per mostrare qualcosa che nessuno ha mai visto perché, semplicemente, non esiste. Il passo è breve, e sono qui a parlarne perché la vertigine è forte. E' forte la tentazione di tirare fuori colori da qualcosa che quel colore non ce l'ha, o meglio, ne ha di meno. Sembra una cosa da nulla, un gioco, eppure di quel gioco ne stiamo forse diventando involontariamente schiavi?
E qui ho interpretato di brutto perchè il Flat Iron era una stecca nera nel cielo che prometteva acqua.
I pioppeti son pure affascinanti, ma vuoi mettere con un bosco vero? Beh "interpretando" con un WB a sentimento va che bel che salta fuori
Concludo con il Paradosso del terzo Millennio.
Vedo la fotografia di oggi, complice la rivoluzione digitale, avvitata in un paradosso. Il paradosso sta nel mostrare un mondo meraviglioso come questo pianeta, ahimè, non è più. Mentre mari, fiumi, foreste, le campagne, i paesi e le città, imbruttiscono, si consumano o semplicemente degradano sotto il peso, la pressione, della crescenti necessità di una popolazione mondiale in inarrestabile crescita, per contrappasso le immagini di bravissimi fotografi di ogni estrazione e nazionalità ci raccontano una di storia meraviglie, di colori al boombastick, un racconto per immagini di una qualità mai raggiunta prima d'ora. Se questo non è un paradosso allora tocca rivedere il Devoto Oli perché il caso in esame mi pare calzi proprio a pennello.
© Valerio Brustia 2015 - Nikonland
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